Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 1 - 05

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seconda edizione nel 1704, per opra di suo figlio _Giov. Giorgio_ morto
l'an. 1707, e che lasciò ancora diverse opere su _l'origine della
musica, e sulla composizione_.

AIGUINO da Brescia, pubblicò nel 1562 in Venezia un'opera, che intitolò
_Musica_, e il _Tesauro illuminato di canto figurato_, Venezia 1581.
AIMON (Pamfilo-Leopoldo), nato a Lisle li 4 ottobre 1779, ebbe per suo
primo maestro il proprio padre, suonatore di violoncello del conte di
Rantzau, ministro di Danimarca, per cui aveva composte delle opere che
sono rimaste manoscritte. Leopoldo fece dei rapidi progressi nella
musica, e all'età di anni 17 dirigeva il teatro di Marsiglia. Non
contento di questi primi successi, applicossi allo studio delle opere
de' più valenti maestri d'Italia e della Germania, e non si diè alla
composizione se non dopo tale studio preliminare. Le opere da lui
composte sino al presente consistono in 24 quartetti e due quintetti,
uno dei quali e nove degli altri sono dati alle stampe. Egli ha scritto
oltracciò pel teatro, e diè recentemente al pubblico un picciolo libro
col titolo di _Etude élémentaire de l'harmonie, ou Nouvelle Méthode pour
apprendre, en très-peu de temps à connaître tous les accords, et leurs
principales résolutions_: cioè “Studio elementare dell'armonia, o sia
Nuovo Metodo per imparare a conoscere in pochissimo tempo tutti gli
accordi, e le loro principali risoluzioni, Parigi 1811, in 18º.”
L'autore prima di pubblicarlo, sottopose questo metodo al giudizio del
celebre Mr. Gretry, il quale non solo ne approvò il fondo, ma ne lodò in
oltre l'ingegnosa maniera, ch'egli aveva scoverta per comporre e
decomporre a suo piacere tutti i diversi modi dell'armonia mercè la
combinazione semplice e chiara che risulta dalla disposizione di 28
Carte solamente, e di formarne tutti i principali accordi composti e
derivati con le principali risoluzioni di tutte le dissonanze, e tutto
ciò senza che vi sia d'uopo dell'altrui soccorso, postochè si abbia
qualche cognizione dei primi principj della musica. “Diversi autori,
dice Mr. Aimon, hanno trattato degli Accordi, della loro teoria e della
loro pratica, fondandosi sopra sistemi più o meno generalmente adottati:
io non mi propongo di confutare i loro differenti sistemi, io li
rispetto tutti: ma mi è parso dopo la lettura delle loro opere, che si
poteva trovare un metodo più succinto, che spogliato di lunghi
ragionamenti, animarebbe a darsi con minore ripugnanza allo studio
dell'Armonia, rendendola più facile.” (_Dans la Pref._) Non bisogna
considerar quest'opuscolo come classico o teoretico, ma solo come
didattico, col di cui ajuto potrà, ciascuno non avendo ancora che i
primi principj di musica, familiarizzarsi in brevissimo tempo con tutti
gli Accordi usati da' nostri migliori autori, e conoscere le loro
principali risoluzioni.

ALARDO (Gugl. Lamperto) teologo protestante, poeta coronato, nacque
nell'Holstein nel 1602. Oltre a più dotte opere pubblicò a Schleusingen
nel 1636, un trattato in 39 capitoli: _De Musicâ veterum_, al di cui
fine vi aggiunse il compendio della musica di Mich. Psello in greco con
la sua versione latina. Egli morì l'anno 1672. (_V. Walther, Heumann
Gonsp. rei liter. Hanov. 1746._)
ALBERICO monaco di Monte Casino, morto in Roma verso la fine
dell'undecimo secolo (secondo il Fabricio circa all'anno 1088.) Oltre a
più opere ch'egli ha lasciate, scrisse ancora un libro _su la Musica_.
(_V. Tiraboschi tom. 3._)
ALBERTO il Grande, dotto vescovo di Ratisbona, dell'ordine dei
predicatori nato a Lavengen nel 1190, della famiglia de' conti di
Bolsted; professò molte scienze alla maniera del suo secolo in Roma, a
Parigi, a Strasburgo ed in Colonia. Egli è autore di più opere tra le
quali trovasi eziandio un trattato: _De Musicâ_, ed un comentario sulla
_Musica di Boezio_. Morì costui nel 1280.
ALBERTO Veneto, così detto dal luogo di sua nascita visse su la metà del
sec. 16 dell'ordine dei predicatori, abbiamo di lui: _Compendium de arte
musices_. (_V. Joecher._)
ALBINO è il primo tra i Latini, che abbia scritto sulla Musica, ma il
suo libro si è perduto. Il di lui _Compendio di musica_, che forse non
era che un estratto degli scrittori armonici de' Greci, esisteva a'
tempi di Cassiodoro. “Mi ricorda, dice egli (_Divin. lect. c. 8._) di
aver posseduto nella mia biblioteca in Roma, e di avere attentamente
percorso il breve trattato di Musica del magnifico uomo Albino, ma che
forse si è ora smarrito per l'irruzione dei Barbari.” Di lui fa anche
menzione Boezio (_lib. 2 de Musica c. 12._)
ALBRECHT (Giov. Lorenzo) poeta coronato dell'imperatore, direttore di
musica nella chiesa principale di Muhlhausen nella Turingia, nacque nel
1732. Filippo-Christof. Rauchfust, organista di Gœrmar, gli diè per
tre mesi le prime lezioni di musica; dopo il 1753 egli studiò di poi la
teologia a Lipsia, e nel 1758 ottenne la carica di cantante e di
direttore a Muhlhausen, dove morì verso l'anno 1778. Egli è autore di
più opere intorno alla musica, fra le quali è da rimarcarsi
l'_Introduzione ragionata ai principj della musica_, 1761 in tedesco.
Molte sue composizioni musicali per chiesa, fra le quali la _Passione di
G. C. secondo gli evangelisti_, e più concerti per clavicembalo,
trovansi stampate a Muhlhausen e a Berlino. Nel terzo vol. delle
_Lettere critiche_ vi ha con più dettaglio la di lui biografia.
ALBRECHT (Giov. Gugl.) dottore e professore in medicina a Erfurt, quivi
nato nel 1703, fece i suoi studj nelle università di Jena e di
Wittemberga. Nel 1734 pubblicò in Lipsia: _Tractatus physicus de effectu
musices in corpus animatum_. Egli fu di poi professore a Gottinga, ove
morì li 7 gennaro del 1736. Mr. Kœstner dice della sua opera, che
l'autore vi tratta d'una gran quantità di soggetti assai meglio di quel
che si era proposto. Egli rapporta diverse guariggioni operate per
effetto della musica, ne assegna le ragioni fisiche, e vi aggiugne delle
buone ed utili osservazioni mediche. Diamone qualche esempio. Una donna
sorda non sentiva affatto proferire le parole, se non quando si
accompagnava il discorso con timpani: onde convenne che suo marito
prendesse al servizio un sonatore di timpani. Ecco la ragione, che
assegna l'A. di questo fenomeno. “In questa donna, egli dice, ed in
altri sordi di simil fatta la membrana del timpano uditorio troppo
rilasciata in maniera che coll'occasione del tremito dalla umana voce
eccitato, si estendesse veramente alquanto, ma non con quella forza, che
richiedevasi, per divenire _omotona_, e perciò concepire e comunicar non
poteva la medesima all'aere interno, e quindi non ne seguiva percezione
alcuna. Ma unendovi lo strepito più forte di quell'istrumento,
distendevasi la membrana, benchè non in quel grado che le lo facesse
intendere ma, che tuttavia bastava a tramandarle e farle ricevere il
tremore prodotto dalla voce umana, e così in fatti chiaramente l'udiva.”
Nelle transazioni filosofiche di Londra del 1678 si rapporta l'istesso
esperimento pei sordi, ed Asclepiade suonò i timpani nelle orecchie di
uomini sordi per ricomporre loro l'udito con lo scuotimento de' nervi.
Nei morbi di melanconia, dice ancora Albrecht, di avere trovata la
musica un rimedio molto efficace. “Certuno, dice egli, di un
temperamento assai melanconico, e non in tutto ignaro di musica,
trovavasi così nojato dai diversi generi di medicamenti de' quali aveva
fatto uso, che altri non voleva più usarne, quando preso una volta da un
molto grave parossismo, ansiosamente mi richiese, che gli prescrivessi
un solo ma energico medicamento. Null'altro allora io gli prescrissi che
la seguente ricetta fattagli udire in musica: _geduldig, fröhlich
allezeit_: cioè _Siate sofferente, ed allegro sempre_. All'udirla
l'infermo proruppe in un così grande scroscio di risa, che saltò ben
tosto allegro dal letto, e libero appieno del suo male.” La melodia
della quale qui si parla, trovasi in note presso Prinz _Hist. musicæ_
Cap. 14. § 53.
ALBRECHTSBERGER (Giov. Giorgio) nato a Klosterneuburg apprese
l'accompagnamento e la composizione sotto Monn organista della corte,
posto, ch'egli stesso conseguì poi nel 1772 nel quale anno fu nominato
membro dell'accademia musicale di Vienna; nel 1793, divenne maestro di
cappella della cattedrale di S. Stefano di Vienna, e nel 1798
dell'accademia di musica di Stockolm. Albrechts-Berger era uno de' più
dotti contrappuntisti moderni, egli ha formati un gran numero di
allievi, fra' quali distinguesi l'ill. Mr. Beethoven. Haydn aveva per
lui la più grande stima, e dicesi che consultavalo su le sue opere. Morì
li 7 Marzo 1803. Egli compose per chiesa un oratorio in tedesco a 4
voci, e per la società di musica di Vienna, 20 mottetti e graduali in
latino. La più parte della sua musica instrumentale è stampata in
Vienna. Il suo _trattato elementare di composizione_, pubblicato in
lingua tedesca a Lipsia nel 1790, è una delle migliori opere, e
relativamente alla generazione de' tuoni, all'armonia e al contrappunto
moderno è quel che era per gli antichi il _Gradus ad parnassum_ di Fux;
ma è questo molto più metodico ed assai meglio disposto dell'opera di
quest'ultimo.
ALBRICI (Valentino) cel. compositore italiano sul principio del secolo
18, lasciò un _Te Deum_ a due cori, di cinque voci ciascuno, a grande
orchestra. _V. il cat. di Breitkopf._
AL-BUFARAGIO Scrittore arabo assai dotto del decimo secolo, che al
riferire dell'ab. Andres, scrisse un _libro di elementi di Musica_, ed
una _raccolta di tuoni_ (_Dell'orig. ec. tom. 2._)
ALCEO di Mitilene era al dir di Laerzio (_l. 1 de Pithag._) di un genio
torbido ed inquieto: professava altamente l'amore della libertà e cadde
in sospetto di nutrire secretamente il desiderio di distruggerla
(_Strab. l. 13._) Prese il partito de' malcontenti per sollevarsi contro
Pittaco re giusto e pacifico di quella capitale. Abilissimo che egli era
nel canto instrumentale, armandosi della lira, andava attorno le case
dei principali di Mitilene, cantando delle villanie e delle sanguinose
satire contro questo principe. Li cittadini resero giustizia al savio
loro re, e bandirono Alceo dalla patria. Vi ritornò quindi alla testa
de' fuorusciti, e cadde in mano dell'oltraggiato principe, che si prese
di lui una luminosa vendetta col perdonargli (_Arist. de repub, l. 3, c.
14; Laert. ib §.76._) La poesia, la musica e l'amor del vino gli
servirono di conforto nelle disgrazie; egli è inventore del ritmo, dal
suo nome detto _Alcaico_: cantò i suoi amori, le sue militari fatiche, i
suoi viaggi e le calamità del suo esilio (_Orazio l. 2 od. 13_).
Divenuto egli amante dell'illustre Saffo, e ritenuto dal rispetto, che
ispiravagli la modestia di quella saggia donna, di palesarle di presenza
il suo amore, così le scrisse. _Vorrei spiegarmi, ma vergogna me
l'impedisce._ Quella gli ripose: _Non c'è vergogna senza delitto;
essendo voi ardito per tutto il resto._ Leggonsi in Ateneo i versi di
Alceo, in cui descrive come era ornato l'atrio della sua casa di
usberghi, lance, magli, scudi, pugnali: il suo stile si piega ad ogni
sorta di argomenti, e le sue composizioni che formano l'ammirazione
della posterità, sono figlie d'una spezie d'ubbriachezza (_Dionys.
Alicarnassensis t. 5._) Egli era nello scrivere come nell'agire _rebus
et ordine dispar_, secondo il giudizio di Orazio. Un certo Callia fece
delle annotazioni ai versi di Alceo (_Strab. loc. cit._): fiorì questo
Poeta-Musico sette secoli innanti l'era cristiana nell'olimpiade 44.
Ateneo lo chiama _Musices scientissimus_ (_libro 14_).
ALCIDAMAS di Elea; filosofo ed oratore, era discepolo di Gorgia di
Lentini, nell'Olimpiade 88 cinque secoli innanzi G. C. Suida dice che
egli aveva scritto alcuni libri molto eleganti sulla musica,
_elegantissimos de musicâ libros_.
ALCMANE di Sardi musico e poeta greco, dotto nella musica stromentale
fioriva sette secoli innanzi l'era cristiana. Nel bollore delle passioni
della sua fresca età fu egli de' primi a far declinare il canto,
istituito per i più gravi e serj argomenti, al brio de' conviti e delle
allegre adunanze. Moltiplicò i fori nella tibia, facendo servire la
maggior vaghezza del canto tibiale ad usi lascivi e profani, e
prostituendo il sacro mestiere de' cantori e de' vati alla mollezza,
all'adulazione ed alla scostumatezza. Alcmane girava i palazzi dei
ricchi cittadini, e suonava e cantava alle loro tavole quasi ogni
giorno: a tal fine aveva egli composte e notate in musica canzonette di
argomenti, che ben si confacevano a persone riscaldate dal vino e dalla
lussuria. Il plauso, che a' suoi osceni canti facevasi, ben dimostrava
la licenza e la depravazione de' costumi, che già si era introdotta fra
i Greci liberi. Alcmane co' regali, e co' nobili allegri pranzi e
compagnie si era corrotto al segno, che ad altro non pensava che agli
amori ed alla ghiottoneria; ma, come spesso avvenir suole a' giovani
sconsigliati, un'ignominiosa ed affliggente malattia lo assalì, che
facevagli scaturire da tutto il corpo infiniti schifosissimi insetti, e
tosto il condusse ad una immatura morte, frutto de' suoi stravizzi, e
dei suoi smodati piaceri. Nell'_Antologia greca_ trovansi due epigrammi
per la morte di questo suonatore, de' quali uno manda l'anima di
Alcmane qual favorito delle muse a godere nel Parnasso, e l'altro a
pagare il fio degli infami suoi vizj con le furie nel tartaro.
ALDOBRANDINI (Tommaso) Romano, illustre letterato del secolo
decimosesto. Ad un genio profondo unì egli delle vaste cognizioni in
letteratura: era fratello di Papa Clemente VIII, e secretario dei Brevi
nel 1568. Oltre a più opere lasciò un _dotto comentario sul trattato
dell'udito, ossia dell'acustica di Aristotile_, lodato molto da Veltori,
Buonamici e Casaubono.
ALDOBRANDINI (Giuseppe) musico di Bologna, apprese i principj della sua
arte da Giacomo Perti, che fu anche il maestro del cel. P. Martini, e
divenne nel 1695 membro dell'accademia dei Filarmonici, a cui per lungo
tempo presedette. In tutte le sue composizioni seppe unire la natura e
l'arte, e con una invenzione tanto facile quanto felice, seppe dare a
tutte le sue produzioni una piccante originalità. Il duca di Mantova lo
fece maestro di musica della sua cappella. Negli anni 1701, 1703, e 1706
pubblicò egli diverse _Opere di Musica_, che sono state raccolte ed
incise in Amsterdam. Fantuzzi parla di questo musico nella sua _notizia
degli Scrittori di Bologna_ ivi pubblicata nel 1781.
ALEMBERT (Jean le Rond d') dell'accademia francese, delle accademie di
scienze e belle lettere di Parigi, di Berlino, di Pietroburgo, della
società reale di Londra ec; era figliuolo naturale di Destouches-Canon,
e di madama Tencin, e nacque in Parigi li 17 novembre del 1717. Egli è
veramente somma gloria per la musica italiana, che questo grand'uomo,
eloquente filosofo e profondo geometra abbia intrapreso a valorosamente
difenderla dai pregiudizj de' suoi nazionali, e dagli attacchi dei
partigiani della musica francese. Ciò egli fece nel lepidissimo discorso
_De la liberté de la Musique_; Paris 1759, in 12º, e che si trova
ancora nel quarto tomo _des Mélanges de littérature, d'histoire et
philosophie_. Nel 1750 intraprese egli l'_Enciclopedia_, ossia il gran
Dizionario delle scienze, quell'opera di cui si è detto tanto bene e
tanto male, insieme con Diderot suo amico, ed un gran numero di alcuni
altri dotti uomini. In essa oltre più articoli di musica dottissimamente
da lui trattati, vi ha al primo volume un suo _Discorso preliminare_ che
fecelo riguardare in Francia come uno dei primi scrittori della nazione.
In vece di ammassare de' luoghi comuni, di cui gli autori mediocri
adornano le loro prefazioni, egli fece un discorso eloquente, ove unì
insieme la forza e l'eleganza, il sapere ed il gusto, il dono di pensar
bene ed il talento di ben scrivere. Nella genealogia, che fa l'A. delle
umane cognizioni, che consistono nell'imitazione, in ultimo luogo vi
mette la musica; non già perchè la sua imitazione sia meno perfetta
negli oggetti, che essa si propone di rappresentare; ma perchè pare fino
adesso limitata ad uno più piccol numero d'immagini; il che deesi meno
attribuire alla sua natura, anzichè al troppo poco d'invenzione e di
mezzi, di cui si serve la più parte di coloro che la coltivano. Su di
ciò fa egli alcune filosofiche riflessioni, alle quali rimettiamo gli
amatori dell'arte per trarne profitto. Non si è applaudito meno agli
articoli delle matematiche, e ad alcuni altri di storia, di belle
lettere, e di musica, de' quali arricchì egli l'Enciclopedia: se tutta
l'opera fosse stata composta su questo gusto, quel dizionario non
avrebbe provate tante critiche e tante opposizioni. Un'altra opera non
meno interessante per la Musica dobbiamo a Mr. d'Alembert, essa ha per
titolo: _Elémens de Musique théorique et pratique suivant les principes
de M. Rameau_: cioè “Elementi di musica teoretica e pratica secondo i
principj del Signor Rameau”, in 8º, a Lione 1779. Gli elementi d'ogni
scienza debbono essere esposti con un ordine preciso e metodico;
imperocchè non è che per mezzo del metodo che noi possiamo renderci
padroni del nesso delle idee, e del rapporto delle parti. L'A. avendo
seguito in questo libro i principj di Rameau, gliene attribuisce tutta
la gloria. Egli dice, “che di lui altro non v'ha fuorchè l'ordine e gli
errori, che vi si possono trovare”: questa espressione è troppo modesta;
poichè in questo trattato tutto il mondo ha veduto quel che non vede
negli scritti del celebre musico, cioè un'uomo che intende se stesso, e
che sa farsi intendere. Tutta via questo libro, comechè contenga molte
cose utili, e delle viste veramente filosofiche, non va esente degli
errori che sono inerenti al sistema stesso del Rameau: il primo a
rilevarli in Italia fu il dotto spagnuolo Eximeno, che non ostante la
celebrità del musico, non che del filosofo, ne ha fatta una dottissima
confutazione. Ecco il giudizio, che egli reca del libro del Signor
d'Alembert. “Questo gran filosofo e matematico, egli dice, ripurgando la
teoria del Signor Rameau da' supposti falsi e contraddizioni palpabili
dell'autore, la riduce ad una serie di proposizioni chiare e concise,
che hanno fatto la teoria di musica di Rameau degna di paragonarsi colla
teoria di fisica del Newton: benchè mi fossi avveduto alla fine, che le
ultime proposizioni di quella distruggono le prime, e che tra il
fenomeno fisico, che le serve di fondamento, e le regole di armonia non
v'interviene che un concorso casuale, simile a tanti altri, co' quali si
abbagliano spesse volte i filosofi, facendo di due cose, che concorrono
casualmente insieme, l'una causa dell'altra” (_Origine e Regole della
mus., nella pref. pag. 6._). Il nostro illustre geometra era ancora
nella forza del suo genio, allorchè morì in Parigi li 29 di ottobre del
1783, di sua età 66. La sua influenza nell'Accademia delle scienze, e
principalmente nell'Accademia francese, di cui fu secretario perpetuo,
le sue relazioni col Re di Prussia, coll'Imperatrice delle Russie, che
lo aveva proposto per precettore del gran Duca suo figliuolo, (onore
ch'egli ricusò malgrado l'offerta di cento mila lire di rendita), e con
più altre persone assai distinte per il loro rango, e principalmente co'
forastieri, fecero di Alembert un personaggio importante. Un'esatta
probità, un nobile disinteresse ma senza fasto, una luminosa beneficenza
furono le sue principali virtù.
ALESSANDRIDE, musico dell'antica Grecia, secondo Ateneo (_lib. 14_) fu
il primo che giunse a formare su lo stromento a vento de' tuoni acuti e
bassi per mezzo di buchi: pare che prima di lui non si conoscesse in
questo genere che il flauto di Pan.
AL-FARABI, filosofo musulmano del X secolo, ed uno di quei dotti arabi,
i quali più che i latini illustrarono in quel tempo co' loro scritti la
Musica, e vi apportarono l'ajuto delle matematiche cognizioni. Da un
codice manoscritto di Al-Farabi intitolalo _Elementi di Musica_, che si
conserva nella biblioteca dell'Escuriale, si vede, che gli arabi, benchè
seguaci della dottrina de' Greci, non l'abbracciarono senza esame;
ch'ebbero forse più giuste cognizioni della parte meccanica de' suoni
che gli stessi loro maestri, e che in varj punti ne corressero gli
errori, ed empirono il vuoto della loro dottrina. L'eruditissimo Casiri
autore della _Biblioteca Arabico-Ispanica_ pregato dall'illustre Andres
ne diede il seguente estratto. “Al-Farabi, egli dice, nel libro secondo
di quest'opera espone i sentimenti de' teorici, e, come dice egli
stesso, empie il vuoto della loro dottrina a profitto de' censori di
quegli autori. Diretto da' lumi della fisica deride la vanità
dell'immaginazione de' pitagorici su i suoni de' pianeti, e su l'armonia
dei cieli. Spiega fisicamente come per le vibrazioni dell'aria si
producano i suoni più o meno acuti degli stromenti, e quali riguardi
debbano aversi nella figura e nella costruzione di essi per avere i
suoni, che si richieggono. L'uso frequentissimo, ch'egli fa delle parole
greche scritte in arabo, mostra quanto fosse greca la dottrina arabica
della musica, e la figura d'una scala, o dell'armonia di quindici tuoni,
che ci presenta, mentre prova, che non aveva abbracciata la setta de'
Tolemaici, non facendo consonanti le terze, prova altresì, che non era
tampoco della pitagorica, poichè faceva consonanti l'undecima, e la
duodecima, ossia le ottave di quarta e di quinta.” (_Presso Andres
dell'Orig. ec. tom. 4, c. 8._) Al-Farabi fu ucciso da' ladri in un bosco
della Siria nell'anno 954 di G. C. Questo filosofo era un genio felice,
e uno di quegli uomini universali, che con eguale facilità penetrano in
tutte le scienze, sopra le quali aveva composte più opere; e dicesi che
una gran parte delle medesime si conservi tuttora nella biblioteca di
Leyde, e in quella dell'Escuriale. In riguardo alla musica, egli non era
solo perito nella teoria, ma eziandio nella pratica. Un giorno trovato
avendo il sultano circondato da più dotti uomini, che si erano resi al
suo palagio per ragionare su le scienze, il nostro filosofo vi disputò
d'una maniera così eloquente ed energica, che ridusse tutti i dotti al
silenzio. Il sultano per divertire l'adunanza fece venire de' musici:
allora Al-Farabi si unì a costoro, e toccò il suo liuto con tale
delicatezza, che attrasse su di se gli sguardi e l'ammirazione di tutti
gli astanti. Il sultano avendolo pregato di far sentire qualche cosa
del suo, trasse di tasca un pezzo allegro, fecelo cantare, e lo
accompagnò con tale forza, che fece ridere all'eccesso tutti coloro che
erano presenti: ne produsse un altro sì toccante, e sì tenero, che
strappò loro le lacrime, e finì con un terzo, che giunse ad
addormentarli tutti.
ALFREDO detto il filosofo dotto inglese, nel secolo 13 fu celebre in
Francia, in Italia, in Inghilterra, e dimorò lungamente in Roma. Nel
1268, tornò in compagnia del legato del Papa in Brettagna, e quivi poco
tempo dopo morì. Tra le sue opere trovasene una _de Musicâ_.
ALGAROTTI (Conte Francesco): nacque egli in Venezia nel 1712 da un ricco
negoziante. Dopo aver fatti i suoi primi studj in Roma e nella sua
patria, fu mandato dai suoi parenti in Bologna, dove studiò per sei anni
sotto a' migliori maestri di quella università, la filosofia, la
geometria, l'astronomia, la fisica sperimentale e l'anatomia. Egli
viaggiò ben presto sì per curiosità, come per brama di perfezionare i
suoi talenti. Egli era ancora assai giovane allorchè venne a Parigi nel
1733, e quivi compose in italiano la più gran parte del suo
_Neutonianismo per le Dame_: dopo un lungo soggiorno in Francia passò in
Inghilterra e quindi in Germania. I Sovrani di Prussia e di Polonia
cercarono di attaccarselo con onori e beneficenze. Federico il fece
cavaliere dell'ordine del Merito, gli diè il titolo di Conte, e fecelo
suo ciambellano. Il Re di Polonia, presso del quale erasi stabilito,
l'onorò col titolo di Consigliere intimo per gli affari di guerra.
Avendo lasciata la corte di questo principe per rivedere la sua patria,
la morte il raggiunse a Pisa li 23 di maggio del 1774 all'età di 52
anni. Egli la ricevette con coraggio: alcune ore prima della sua morte
fecesi condurre al teatro, perchè si distraesse alcun poco dai tristi e
melanconici pensieri, ne' quali trovavasi immerso. Meglio dell'Algarotti
l'Imperatore Leopoldo conciliar seppe benissimo i doveri del cristiano
col suo gusto per la musica: egli amava talmente l'armonia, che presso a
morire, dopo aver fatto l'ultime preghiere col Confessore, fece venire i
suoi sonatori, e morì alla metà del concerto. Il Conte Algarotti era uno
de' più grandi conoscitori dell'Europa in pittura, in scultura, in
architettura ed in musica. Abbiamo tra le altre sue opere un _Saggio
sopra l'Opera in Musica_, dove vi ha delle eccellenti osservazioni sul
canto ed il suono. “Il celebre Algarotti, dice l'ab. Arteaga, col solito
suo spirito, e leggiadria di stile olezzante de' più bei fiori della
propria e della peregrina favella, schizzò un breve saggio sopra l'opera
in musica, nel quale si trovano scritte riflessioni assai belle, che lo
fanno vedere quell'uomo di gusto ch'egli era in così fatte materie. Ma
limitato unicamente alla pratica non volle, o non seppe risalire fino a'
principj, come forse avrebbe dovuto fare per meritar l'onore d'essere
annoverato fra i critici di prima sfera.” (_Disc. prelimin. p. 39._) Mr.
Bordes ha fatta una traduzione in francese di questo _Saggio_
dell'Algarotti, a cui aggiunse delle giudiziose osservazioni. V'ha
un'altra traduzione in francese del marchese di Chastellux, ed una
tedesca di Hiller.
ALIPIO uno dei Greci scrittori di musica, la di cui opera intitolata
_Introductio Musica_ si trova in greco ed in latino nella collezione del
Meibomio. Gli autori del _Dizionario universale storico critico e
bibliografico_ stampato in Parigi nel 1810 (_IX. edit._) il dicono
filosofo di Alessandria in Egitto, e contemporaneo di Jamblico, e
riferiscono assai particolarità sulla sua vita: ma essi si sono
certamente ingannati, e bisogna a questo proposito consultar più tosto
il dotto spagnuolo Requeno, che più d'ogni altro ha fatto uno studio
particolare su i Greci Armonici. “Chi è quest'Alipio? (egli dice), da
chi nacque? quando visse? ove soggiornò? Meibomio può dire quanto a lui
piace, ma il vero si è, che non si sanno nè i genitori, nè la patria, nè
l'epoca in cui fiorì. In tali casi, io son uso ad esaminare lo scritto
per iscoprire l'età, in cui pubblicò lo scrittore la sua opera. Meibomio
lo fa anteriore a Nicomaco, a Gaudenzio ec., ma dallo scritto della sua
_Introduzione_ io conchiudo, che questo Alipio è un greco sciolo,
posteriore assai a Nicomaco.” Potranno vedersene le sue ragioni nel tomo
primo de' _Saggi_ pag. 332. Alipio è uno di quegli abbreviatori
ignoranti delle opere degli Antichi che nella sua _Introduzione_ ossia
libro elementare della musica tralascia moltissime cose necessarie, ed
il mancamento ne è così enorme, che Meibomio crede, ci manchi la maggior
parte del libro di costui. “Io però, soggiunge il Requeno, che non ho
concepita grande idea di Alipio, lo credo affatto terminato: convenendo
benissimo simile componimento ad una testa picciola d'uno sciolo del
secolo, in cui si scrisse, qual era il secolo delle eruzioni de' barbari
nell'impero: nel qual tempo ciascuno intitolava libri di musica le opere
in cui non si trattava che d'una sola picciola parte, come si vede ne'
sei libri di musica di S. Agostino.”
ALLEGRI (Gregorio) nato in Roma, era della famiglia del Correggio. Nel
1629, fu ricevuto nella cappella del papa, come cantante e
principalmente come compositore. Egli era stato scolare di Nanini, e
morì li 18 febbrajo 1640. Il suo famoso _Miserere_ si eseguiva nella
cappella sistina, nella settimana santa, ed era vietato sotto pena di
scomunica il farne delle copie. Il dottor Burney ne ottenne una dal
card. Albani prefetto della cappella pontificia, e lo fece stampare in
Londra nel 1771. M. Choron l'ha inserito nella sua _Collezione de'
classici_ nel 1810. Lo stesso Burney nel primo vol. de' suoi _Viaggi
musicali_, rapporta il seguente aneddoto, che gli era stato comunicato
dal cav. Santarelli. “L'Imperadore Leopoldo I, che era non solo gran
dilettante e protettore della musica, ma buon compositore ancora, aveva
ordinato al suo ambasciadore a Roma di pregare il Papa, che gli
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