Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 1 - 02
riunioni di suoni che possono farsi sentire insieme, e si chiama
_Armonia_ la scienza che tratta delle proprietà di questi Accordi. Si
sono moltiplicati i sistemi intorno a questa materia, secondo i diversi
punti di vista sotto i quali si è ravvisata, e secondo i pregiudizj o
gli errori che si sono adottati. Che diremo del sistema del
Basso-fondamentale e de' rivolti del Sig. _Rameau_? Il primo a
rovesciarlo in Italia fu l'illustre spagnuolo Eximeno: quindi il dotto
geometra Conte Giordano Riccati[19], e un pò dopo il P. D. _Giovenale
Sacchi_ scrittore dottissimo di Musica. “Che giova, dice costui,
insegnarmi, e pormi dinanzi agli occhi tanti modi, in cui ciascuno
accordo diretto può rivoltarsi, se poi nè il rivolto al diretto, nè
l'uno all'altro rivolto generalmente si può sostituire? Per queste
ragioni a me sembra, che _il novello sistema de' rivolti sia affatto
ingannevole_. A primo aspetto per l'autorità degli Scrittori[20], che lo
favoriscono, per l'opinione della novità che lo accompagna, molto più
per certa apparenza non so se io dica di filosofia o di misterio, sotto
di cui ci si presenta, quasi in un ricco e nobil manto inviluppato, e
coperto impone altrui; e dà molto a sperare di se medesimo. Ma
considerato che sia da vicino, e tanto quanto ricercato nel suo interno,
si scopre non esser solido, e la illusione svanisce.” Rapporta quindi
molte ragioni in prova di ciò, e così conchiude. “Queste sono le mie
difficoltà contro la celebre opinione del Sig. _Rameau_, il cui peso io
non dubito che gli ammiratori e seguaci suoi sentiranno assai
bene[21].”
Egli è dunque contro ogni ragione che si è voluto proclamare Rameau qual
fondatore della scienza dell'armonia, o come quegli ch'era giunto
finalmente a trovar nella natura il principio e 'l centro ove unirsi
tutte le regole sparse quà e là come a caso prima di lui. Se questi
elogj sono stati ripetuti da intere Accademie e da Scrittori del primo
ordine, come un d'Alembert, un Condillac, un Rousseau[22] e più altri,
ciò non prova assolutamente altra cosa, se non il rischio che vi ha nel
parlar di quello che non si conosce. Tutti gli accordi, tutte le regole
d'armonia e i principj di composizione esistevano già molti secoli prima
di lui: perchè fossero vie meglio intesi non v'era d'altro bisogno che
di essere presentati con chiarezza e con ordine. E questo è quello ch'è
stato già fatto da mani più maestrevoli e più dotte, e precisamente dal
P. _Martini_, dal _Vallotti_, dal _Paolucci_, dal _Sabbatini_,
dall'_Eximeno_, da' tedeschi _Knecht_, _Marpurg_ e da molti altri più
recenti, che riscontrar si potranno in più articoli di questo
Dizionario.
_L'erudizione musicale_ finalmente ch'è l'altra parte della Musica
considerata come scienza, ne abbraccia la Storia e la Bibliografia, che
non è se non un ramo della medesima. La Storia generale di
quest'Arte-Scienza tratta de' successivi progressi della medesima in
tutti i luoghi ed in tutti i tempi: la particolare non ne considera che
un solo ramo, o allorchè essa si limita a un certo spazio di tempo o di
luogo. La Bibliografia contiene la notizia di tutte le Opere che trattan
della Musica, che è ancora il soggetto del presente Dizionario. Essa è
molto utile servendo di guida a' curiosi ed ai studenti di questa
facoltà perchè sappiano di quali Opere provveder si debbano, quali
consultar fia loro d'uopo, quali sien le classiche, quali le mediocri,
quali le cattive e le inutili, e particolarmente allorquando questa
porzione di Storia letteraria vien trattata con iscelta erudizione e
sana critica. Un'opera metodica in questo genere è ancora a desiderarsi,
e tanto più essa è necessaria, quanto che i libri di Musica, come quei
di Pittura, di Scultura ec. siccome non convengono che ad un certo
numero di amatori e di artisti, tosto si spargono per le case ove
quest'arti coltivansi, ed escono finalmente dal commercio ordinario de'
libri che sono in uso presso gli uomini dotti: quindi è che con
difficoltà s'incontrano fin anco nelle più ricche Biblioteche, dacchè
sono una volta dispersi, e facilmente se ne perde la traccia.
Finalmente han luogo nel nostro Dizionario tutti gli Scrittori di
considerazioni filosofiche, di cui è suscettibile questa Bell'Arte; come
di tutte le opere che trattano della parte _estetica_ della medesima,
cioè de' diversi artifizj che essa adopera per piacere a' nostri sensi;
o della _patetica_, cioè di quei mezzi che essa mette in opera, per
muovere gli affetti, ed agire su le nostre passioni: di tutti i
prodigiosi effetti in somma, così fisici che morali, che essa produce
sull'animo e sul corpo umano.[23] E a tal riguardo è d'uopo ancora che
annoverati vengono que' celebri professori di Medicina, i quali guidati
da filosofico ragionamento e dalla esperienza, non che dall'antica
storia hanno date al pubblico le loro ricerche sulla forza e l'energia
di quest'arte nelle malattie, e sul vantaggio che trar ne può la
medicina[24].
Ecco il quadro e l'insieme di tutti i vicendevoli rapporti di tanti
oggetti diversi, o per dir meglio dei diversi aspetti sotto a' quali può
ravvisarsi questo medesimo oggetto, affinchè il Lettore sia in istato di
giudicar meglio delle mie intenzioni e dell'idea che mi sono formato
nell'intraprendere questa qualunque siasi opera.
Dovendo dir ora alcuna cosa su la cultura della Musica presso le antiche
nazioni e le moderne, ben si sa che di tutti i popoli dell'antichità,
che l'han coltivata, non sopravvanzano che pochi Scrittori su la Teoria
della medesima, e niuno su la pratica, e questi dei Greci e di alquanti
Arabi soltanto[25], imperocchè quei de' Latini non sono che de' meschini
copisti dei primi. La musica in generale, dice molto sensatamente uno
degli autori dell'Enciclopedia metodica, ha una doppia proprietà, che le
fa esercitare un doppio potere su i popoli più instruiti, come su quelli
men civilizzati. Essa lusinga piacevolmente i sensi, e per gustarla non
v'abbisogna che quella sensibilità d'orecchio suscettibile di più o meno
di perfezione e di delicatezza, ma che la natura non niega se non ad un
picciol numero di esseri disgraziati. Apre essa in oltre un campo libero
alle combinazioni dello spirito, ai calcoli ed ai sistemi, e in questo
senso non è conosciuta che dalle nazioni dotte, e da coloro che in
queste nazioni hanno assuefatto il loro spirito alla riflessione ed allo
studio. Cosichè può dirsi che vi sia Musica presso tutti i popoli,
perchè l'istinto del genio musicale è comune a tutti i secoli ed a tutte
le nazioni: ma che non vi ha sistema di Musica se non presso quei popoli
che hanno unito alla coltura di quest'Arte quella delle altre scienze.
E per parlare primieramente degli Ebrei, di quella nazione che primeggia
fra tutte per l'antichità e certezza de' suoi storici monumenti, e per
l'affinità che ha con noi cristiani, ben sappiamo l'uso grandissimo che
sin da' più rimoti tempi fecero essi della Musica, l'immenso numero di
persone che fra loro vi s'impiegava, le scuole erette per formar degli
allievi in quell'arte, che di esercitar non isdegnavano nè i re, nè i
profeti, nè i religiosi ministri della nazione[26]. Le lodi di un Dio
sommo ed onnipotente, e che non ammette compagnia di altri Dei ne furono
il soggetto, e ciò la rese invariabile per lo spazio di più di mille
anni, in cui conservossi pura ed intatta l'ebrea credenza. Ma i
progressi fatti in questa facoltà da un popolo, come fu l'Ebreo per
religione e per genio segregato dal commercio di ogn'altra nazione,
perirono insieme con questa Repubblica, e nulla contribuirono alla
perfezione di quella Musica, che si propagò per tutte le colte nazioni
dell'Antichità.
Benchè egli sia certo, che non furono i Greci i primi inventori della
Musica, e che dovettero anzi apprenderla in su i principj da nazioni
della loro in que' tempi più ripulite e più antiche[27]: pur nondimeno i
Greci, la di cui immaginazione era così bella, di cui l'ingegno era così
sublime, e l'anima così sensibile, tanto presi rimasero dagli incanti
della Musica che divenne ben presto tra le loro mani la prima delle
Arti. I musici de' primi loro tempi furono i Poeti, che erano insieme i
legislatori, gli storici e i teologi della nazione. La Musica, dice _Mr.
de Barthelemy_, diede anima successivamente ai versi d'Esiodo, d'Omero,
d'Archiloco, di Terpandro, di Simonide, e di Pindaro: essa era
inseparabile dalla poesia, e l'una e l'altra tramandavansi a vicenda i
proprj vezzi. (_Viagg. d'Anac. cap. 27._) La Storia, le massime, le
esortazioni, i proverbj, le leggi, gli oracoli degli antichi Greci non
si appalesavano che in versi ed in musica. Onde è che la persona del
musico-poeta era tenuta come sacra dal popolo ed in somma venerazione e
rispetto. Oltr'a ciò tutta l'Enciclopedia de' Greci consisteva nella
Musica: essa comprendeva l'oratoria, la morale, la politica, la fisica,
la medicina; nè veruno riputavasi in queste uomo di vaglia che non fosse
insieme un bravo Musico. Tale era lo stato di quest'arte sino a
Pitagora: ell'era perfettissima pria che venisse al mondo
quest'ingegnoso filosofo, come cel dimostra la storia di più valenti
artisti, che riscontrar si possono nel nostro Dizionario. “Benchè
Pitagora, dice un recente Scrittore, non sia stato nè il primo, nè il
solo tra' Greci che abbia dinotato il potere della Musica su
gl'individui, e la sua influenza su i costumi delle nazioni intere, e
che abbia impiegata la Musica, o per guarire delle malattie, o per
eccitare o calmare le passioni, fu il primo frattanto, secondo l'opinion
generale e riconosciuta per vera, che cercò di soggettare quest'arte a
certe regole.” (_Meiniers, Histoire des Sciences dans la Grèce, traduite
par Laveaux._) Egli stabilì una nuova teoria della musica, con
introdurre in essa le ragioni numeriche, e credendo di trovare un legame
intimo tra l'astronomia e la musica, formò il fantastico sistema
dell'armonia celeste e terrena, il quale altro effetto non produsse che
di spargere sull'arte l'incertezza, la confusione, e le tenebre.[28]
Prova di ciò ne sia l'oscurità che s'incontra nelle opere dei filosofi
posteriori a quest'epoca, di quelli eziandio che non furono seguaci di
Pitagora. Essi rendonsi inintelligibili, se non si sanno le regole
armoniche fondate sopra i numeri de' musici pitagorici. Da ciò derivano
ancora tutte le questioni e i dubbj su la greca musica, che han diviso e
dividon tuttora i letterati, malgrado i tanti Scrittori della medesima
di questa nazione, le cui opere salvate si sono dalle ingiurie de'
tempi, come un Aristosseno, un Aristide Quintiliano, un Gaudenzio, un
Nicomaco, un Bacchio, un Euclide, un Tolomeo, un Briennio ec. Se non che
il più volte da noi lodato _Requeno_ con un zelo degno di sì grand'uomo,
e con indefesso studio è venuto a capo d'interpetrarci cogli sperimenti
e co' fatti, i principj musicali di siffatti scrittori, e di ordinare in
un corpo di Storia le preziose memorie della Greca Musica. Tuttochè egli
abbia avuta la modestia di non dare alla sua luminosa opera che il
titolo di _Saggi_, parmi, che dir si possa a ragione, aver egli
soddisfatto appieno alle brame d'ogni uomo di lettere, espresse alcun
tempo avanti dalla geometrica penna del Signor d'Alembert[29].
In Roma, secondo l'espressione di un dotto Inglese[30], fu la musica
quasi innestata, e trapiantata onde non potè avere quell'influsso su i
costumi, sul governo e sull'educazione che ebbe presso i Greci loro
maestri. Nulla in fatti hanno aggiunto i Romani alla Musica di costoro,
contentandosi solo di copiarli e di tradurli. I Scrittori latini della
teoria musicale, come S. Agostino, Cassiodoro, Albino, Marciano Capella,
Macrobio e più di tutti Boezio più non dissero di ciò, che avevano
imparato da' Greci, cui ciecamente seguivano.
Ma lo stato della musica divenne ancor più deplorabile alcun tempo dopo
la rovina dell'impero Romano. Fra tante nazioni barbare che se ne
impadronirono, solo trovò un'asilo, il che sembra incredibile, presso i
Saraceni o gli Arabi. Costoro dopo di aver distrutto nelle loro prime
conquiste tutti i monumenti delle Scienze e delle Arti, e tutti i tesori
letterarj che conservavansi nella famosa biblioteca d'Alessandria,
appassionatamente si diedero quindi a ristabilirle, e con particolarità
nella Spagna. Sopravanzano ancora alcuni loro scritti su la Musica, che
essi coltivarono con impegno e come Arte, e come Scienza, recato
avendovi l'ajuto delle matematiche cognizioni. L'Ab. _Andres_, che fè
tradurne alcuni dal dotto _Casiri_ autore della Biblioteca Arabo-Ispana,
per la sua Storia Letteraria, così ne giudica. “Si vede, egli dice, che
gli Arabi, benchè seguaci della dottrina de' Greci, non l'abbracciarono
senza esame; ch'ebbero forse più giuste cognizioni della parte meccanica
de' suoni, che gli stessi loro maestri, e che in varj punti ne corresser
gli errori, ed empirono il vuoto della loro dottrina. Ma degli scritti
arabici su la Musica rimasti sepolti nelle biblioteche, poco, o nulla
sappiamo per poterne ritrarre qualche lume, e conoscere i progressi, che
dovrà forse quella scienza all'erudite loro fatiche, ma che sono a noi
poco noti.” (_Dell'origine, dei progressi ec. tom. 4._)[31].
Nel decorso di questi secoli d'ignoranza dee la Musica alla Religion
Cristiana qualche misero avanzo di cultura: non considerossi più allora
come un'arte di genio, di cui i progressi interessar dovessero la
sensibilità e 'l piacere, ma come una specie di liturgico rito, cui
bastava aggiugnerne quello soltanto e non più che richiedevasi per
soddisfar al bisogno. “Non per erudizione e cultura, non per compiere il
quadrivio delle scuole, non per illustrare le matematiche discipline, ma
per cantare degnamente i divini ufficj si coltivava lo studio della
musica: e nel lungo catalogo, che si potrebbe formare degli Scrittori di
musica di que' tempi, non s'incontrano che monaci ed ecclesiastici.”
(_Andres ib._)
Dissipatasi finalmente in Europa poco a poco la spessa nebbia, che per
lungo tempo oscurato aveva l'intendimento degli uomini, e postosi il
genio in attività, rinnovossi l'amor delle scienze e le arti liberali
cominciarono a riprendere il loro antico vigore. La Musica, egli è vero
è stata fra queste l'ultima a coltivarsi, perchè non trovò essa come le
altre, degli antichi esemplari e modelli da imitare, perita essendo
quasi del tutto la pratica musicale de' greci e de' latini, e non
essendosi scoperte ancora le opere di costoro, che in qualsivoglia
maniera ne contenevano i precetti. Per tal ragione si è quest'arte
dovuta creare nuovamente del tutto in Europa. Rozzi è vero ne furono i
principj, ma questi non debbonsi che all'Italia[32]: i primi albori di
questa scienza non apparvero che in questo clima felice. Guido monaco
d'Arezzo sul cominciare dell'undecimo secolo fu l'inventore di un metodo
precettivo di Musica, e dettò delle regole certe. A ragione, dice
l'_Arteaga_, “vien egli comunemente considerato come il fondatore ed il
padre della moderna musica. In que' tempi tenebrosi egli è ciò, che nel
mare agli occhi de' naviganti smarriti è una torre, che veggasi
biancheggiar da lontano. I suoi meriti principali sono d'aver migliorata
l'arte del cantare, ampliata la stromentale, gittati i fondamenti del
contrappunto, e agevolata la via a imparar presto la Musica troppo per
l'addietro spinosa e difficile.” (_Rivol. tom. 1, pag. 106._) Dopo
costui altri valenti Italiani si accinsero a migliorarne il metodo, e a
slargarne i confini. Tali furono un Marchetti maestro del re Roberto di
Napoli, e Prosdocimo ambi di Padova, e Mascardio e Franchino Gaffurio di
Lodi, e Anselmo Parmigiano, e Fisifo da Caserta e più altri. Nel secolo
XV e su i principj del seguente cominciossi ancora in Italia a
dissotterrare e a tradurre in latino le opere dei Greci Armonici. Niuno
di questi Scrittori era stato sino allora pubblicato nè in greco, nè in
latino. Giorgio Valla da Piacenza nel 1497, diè il primo una versione
latina dell'Introduzione Armonica di Cleonide, o del preteso Euclide,
insieme con l'Architettura di Vitruvio, ove questo latino Scrittore
tratta ancora di musica. Valgulio da Brescia nel 1507, diè al pubblico
una non spregevole traduzione del Dialogo su la Musica di Plutarco con
un suo Discorso su l'Antica Musica, e contenente la spiegazione di più
termini musicali di questo autore. Troviamo in oltre che nelle opere del
prelodato Gaffurio stampate sulla fine del decimoquinto secolo vengono
da lui citati i Greci Musici Aristosseno, Tolomeo e Porfirio suo
scoliaste, il vecchio Bacchio, Briennio e Plutarco. È prova oltracciò
del suo sapere la traduzione di Aristide Quintiliano a sua istanza
intrapresa da Francesco Burana Veronese circa 1494, che manoscritta si
serba in Verona per testimonio del Maffei (_Veron. illustrat._)
A promuovere vie più i progressi dell'Arte stabilironsi allora in Italia
molte Accademie. Nel 1543, quella de' _Filarmonici_ in Vicenza, d'onde
passò ella poi a Verona. Nel 1662, formossi in Bologna una società dello
stesso genere col titolo di _Accademia de' Filomusi_, e l'anno di
appresso quella de' _Musici Filachisi_, che cedettero quindi il loro
luogo al cel. Istituto di quella città. E come è assai naturale il
cercar di dare maggior rilievo e annobilire i titoli della prima gloria,
si diè allora in Italia il fastoso nome di _Virtuosi_ a coloro che
esercitavan l'arte del canto o del suono. Sorsero ancora in que' tempi
molti grand'ingegni che co' loro lumi cercarono, per quanto fu loro
possibile di fissare le vere regole sì per la teoria, come per la
pratica, un Galilei, un Caccini, un Zarlino, un Doni, e altri molti
dotti italiani. A riformar poi il cattivo gusto del gotico contrappunto,
ch'era in gran voga presso le nazioni tutte d'Europa non vi contribuì
che solo l'Italia. “Se la musica italiana, dice _Mr. Beattie_, ancora
nella sua infanzia, non fosse venuta a cadere sotto la direzione d'un
gran genio, come _Palestrina_, non sarebbe così prontamente giunta alla
sua virilità. Una lunga serie di Compositori subalterni può menare ad
alcune scoperte in un'arte; ma non potrà farla giammai sortire dalla
mediocrità, poichè cotali persone non esercitano un'influenza capace
d'interessare i dotti ed il volgo ai successi d'un'arte novella. Ma
_Palestrina ha fatto della sua arte un oggetto d'ammirazione non solo
del suo proprio paese, ma d'una gran parte ancora dell'Europa_, e tutti
gl'intendenti, buoni giudici di questa materia, vedevano con piacere che
_il suo sistema era fondato sopra ben ragionati principj_, e che
quantunque potesse esser condotto a maggior perfezione, non poteva
frattanto riguardarsi come perfetta se non perchè vi era conforme. Dopo
quest'epoca in fatti, la Musica è stata coltivata in Italia con
altrettanta attenzione che successo. Bisogna dunque farsi maraviglia
_dell'eccellenza senza pari della Musica Italiana_?” (_Essay on poetry,
and music, sect. III._)
Un altro efficace mezzo trovato anche in Italia si è l'istituzione de'
_Conservatorj_, nome che si è dato alle scuole pubbliche di musica,
senza dubbio perchè son eglino destinati a naturalizzar perpetuamente
quest'arte, a perfezionarne il gusto, e a _conservarla_ in tutta la sua
purità. Prima di tai stabilimenti eranvi a dir vero in diverse città
d'Italia delle scuole assai celebri per il canto ed il suono, per la
composizione e per il miglioramento della teoria musicale, ma non eran
queste delle fondazioni a perpetuità, e tenevansi solo in case di alcuni
particolari. Roma dove la particolar esecuzione della musica sacra avea
da lungo tempo introdotta la necessità degli studj, e de' maestri, ebbe
la celebre scuola dei _Fedi_, e degli _Amadori_. Modena quella di
_Peli_: Milano di _Brivio_, e Firenze quella di _Redi_. Bologna ebbe per
caposcuola _Pistocchi_, e quindi il cel. _Bernacchi_, e per la
stromentale il _Corelli_, ec. Ma l'esperienza ha dato a diveder
chiaramente la maggior utilità de' _Conservatorj_, dove la buona scuola
si perpetua, e più agevolmente si propaga. Sono essi in Italia delle pie
fondazioni, ove i ragazzi vi sono alloggiati, mantenuti e gratuitamente
instruiti. Vi si ammettono inoltre de' pensionarj, di modo che tutte le
classi de' cittadini andar possono a cercarvi comodamente un'educazion
musicale, che deesi molto preferire alle lezioni particolari. I teatri,
e le chiese traggono egualmente da' _Conservatorj_ i soggetti, di cui
hanno bisogno.
Venezia si reca il vanto di possederne quattro destinati all'educazione
delle giovani orfane donzelle, mantenute ivi a spese de' ricchi amatori
di musica, nobili, negozianti e altri. Rigorosamente tenute in riguardo
a' costumi, vi sono instruite da' migliori maestri dell'Italia; Jommelli
e Sacchini furon di questo numero. Tutti i sabati e le domeniche alla
sera vi si fanno de' pubblici concerti, ed egli è curioso pei
forastieri, che vi assistono, il sentire non solo tutti i diversi generi
di voce, ma ancora tutte le specie di strumenti maneggiati da donne,
senza che la durezza delle corde del contrabbasso, o gli aspri suoni
della tromba e del corno sbigottissero la debolezza de' loro polmoni, o
la delicatezza delle loro dita. Queste ragazze vengono in que'
_Conservatorj_ alimentate, finchè vanno a marito.
Napoli sopra tutto è la più famosa in Italia per siffatti stabilimenti,
che colà son forse i più antichi. Tre una volta ve n'erano per i
figliuoli, poichè il quarto, detto de' _Poveri di G. C._ che recavasi a
gloria di aver formati i _Vinci_ e i _Pergolesi_, nomi illustri per la
musica, era stato soppresso per istabilirvi un Seminario. Quivi era già
che presso a seicento allievi occupavansi interamente dello studio della
musica[33]. Ciascuno de' _Conservatorj_ aveva due principali maestri,
uno per la composizione, l'altro per il canto, oltre a più maestri per
ogni sorta di strumenti. Fra i primi si contano i _Scarlatti_, i _Leo_,
i _Duranti_, i _Finaroli_, ec. e per loro allievi l'_Hasse_, _Traetta_,
_Piccini_, _Sacchini_, _Guglielmi_, _Anfossi_, _Paesiello_, _Cimarosa_,
_Zingarelli_ ec. resi celebri per tutta l'Europa colle immortali loro
produzioni. Questa scuola di Napoli da più di un secolo è stata la più
feconda in rinomati musici: essa sola ne ha certamente prodotto più che
tutto 'l rimanente dell'Italia e fin anche dell'Europa intera[34]. Se
vi sono in Italia alcune città meno principali ove non hanno potuto
aver luogo i _Conservatorj_, vi ha pur nondimeno una scuola, dove un
Maestro di cappella assai abile istruisce i giovani principalmente in
quel che riguarda il servizio della orchestra della chiesa cattedrale, e
che può in certa maniera supplire al difetto de' Conservatorj. Da questi
seminarj è quindi straordinario il veder uscire un numero considerevole
di gran maestri dell'arte e de' famosi artisti che percorrono le
provincie per ispirarne il gusto e moltiplicarne gli amatori? Ed ecco
come in Italia tutto il mondo è musico; le orecchie assuefatte alla
musica, divengono musicali: ecco perchè si odono su le pubbliche piazze
i calzolai, i fabbri, i falegnami, i ciabattini, le donnicciuole ed
altre persone di questa specie, cantar delle arie a più parti, con una
precisione ed un gusto ammirabile, con ispezialità in Roma e in Venezia,
ove si desidererebbe esser tutto orecchio, al dire di _Mr. Burney_ nel
suo Giornale de' Viaggi, per sentire e prendere tutto ciò che vi ha di
più bello in riguardo alla musica. “Bisogna attribuire questa ricchezza
alle numerose istituzioni musicali che la pubblica munificenza e l'amor
delle Arti vi hanno da per tutto erette, ed al grand'uso che vi si fa
della musica nelle chiese, ne' teatri, negli oratorj.” Così scriveva
pochi anni sono un dotto Francese, esortando la sua nazione a seguir
l'esempio dell'Italia, se pur voleva una buona scuola di musica (_M.
Raymond, Lettre à M. Millin, dans le Magaz. Encyclop. 1810._)
Se la Germania è la seconda patria di quest'arte incantatrice, che le
deve sì grandi progressi: se la Germania è egualmente celebre per
l'immenso numero de' suoi artisti, virtuosi e compositori di prima
sfera, ne è in parte debitrice all'Italia. I Conservatorj di Napoli sono
stati sempre pieni di Tedeschi; i più gran maestri della Germania
Hendel, Bach, Hasse, Gluck, Nauman, Haydn, Mozart, Gretry[35] o sono
venuti in Italia ad apprender nelle sue scuole la musica, o formarono
il loro gusto spezialmente per la vocale su quello de' maestri italiani.
“È più d'un secolo, al dire di _M. Suard_, che il gusto della musica e
della buona musica italiana si è generalmente stabilito in Germania, e
secondo il giudizio di molti, vi si è conservato più puro e più austero
che nella stessa Italia; che quivi più che in Italia si eseguisce musica
italiana, che da Leopoldo I, sino a Giuseppe II, gli Imperatori hanno
amato e coltivato la musica, hanno chiamato alla loro corte, protetto e
ricompensato da gran principi i gran maestri italiani.” Siffatta
protezione[36] e gara, ed istinto della bella musica italiana ha fatto
che i Tedeschi siano naturalmente tutti musici.
Quel che ha contribuito ancora a spargere il gusto della musica in tutta
la Germania, egli è un'antichissima usanza, che non si trova in verun
altro paese. In tutte quasi le pubbliche scuole de' villaggi come delle
città, s'impara la musica ai ragazzi nel tempo stesso che s'insegna loro
il leggere e lo scrivere. Niun maestro di scuola vien ammesso ad
esercitare la sua professione, che non sappia almeno gli elementi di
quest'arte, e sonare qualche instrumento: e quel ch'è più a rimarcarsi,
egli è, che da per tutto ove i Gesuiti hanno avuto de' collegj e delle
scuole, son essi stati i più attivi in questa parte del pubblico
ammaestramento, essi, che da per tutto altrove si sono mostrati poco
favorevoli alla coltura delle belle arti[37]. Ma siccome trovarono in
Germania l'insegnamento della musica stabilito nelle scuole, e 'l gusto
di quest'arte protetta dal Governo sparso per tutto il paese ebbero la
politica di favorirne lo studio e la pratica.
Non v'ha paese al mondo, senza eccettuarne l'Italia, dove il popolo
abbia un gusto più generale per la musica come nella Germania; perchè
niuno ve n'ha dove le orecchie siano più continuamente inzuppate di
musica d'ogni specie. In tutte le città, delle truppe di virtuosi
ambulanti vanno per le strade e riempiono le osterie, cantando e sonando
molti instrumenti. Da per tutto dove vi sono delle università e de'
collegj, gli studenti si radunano per andar per le strade, e sopra tutto
la notte, a cantar degl'inni, de' canoni, o de' pezzi da teatro a
concerto, accompagnandosi con ogni sorta di stromenti; e prendono senza
difficoltà del danaro da quei che se ne sono divertiti[38]. Fin anco i
soldati hanno delle scuole particolari ove apprendano il canto: e poche
sono le persone di servizio che non sappiano sonar qualche stromento.
Tutti i principi hanno una musica militare; e la maggior parte fanno
accompagnare la loro tavola dal suono delle trombe e dei timpani. “Bello
è il _Prater_ a Vienna, dice con trasporto il D. _Lichtenthal_, esso è
un pubblico passeggio in un'isola del Danubio. Quà s'ode musica
concertata, là sonatori d'arpe, altrove liuti e ghironde, più lontano si
volge una folla ebbra di allegrezza dietro il suono di timpani e trombe;
non v'è nulla di più magico, di più animato. Le musiche consuete nelle
pubbliche piazze, nelle osterie, ne' caffè, divagano la plebe infelice
dal sentimento della vita.” (_Influenza della musica ec. pag. 26._)
Quel che dà ai Tedeschi un luogo molto distinto nella storia dell'arte,
si è il rapido e mirabil progresso ch'eglino han fatto fare alla musica
strumentale; quell'immensa copia di concerti, di sinfonie, di sonate di
clavicembalo, di cui hanno arricchito tutte le orchestre dell'Europa,
dove quasi più non si eseguisce altra musica di questo genere, o che sia
composta almeno sul loro gusto. Noi non staremo quì ad annoverare
l'infinito numero de' virtuosi del primo merito di questa nazione in
tutti i generi: il nostro Dizionario soverchiamente ne abbonda. Ma tra i
gran servigj che i Tedeschi han reso alla Musica, obbliar non si devono
le preziose e moltiplici invenzioni loro per la perfezione de' diversi
strumenti. Noi lor dobbiamo l'uso dei clarinetti, dei tromboni, de'
corni nell'orchestre, e di aver portato alla più gran perfezione il
cembalo, il piano-forte e l'arpa. Deesi finalmente ai Tedeschi un gran
_Armonia_ la scienza che tratta delle proprietà di questi Accordi. Si
sono moltiplicati i sistemi intorno a questa materia, secondo i diversi
punti di vista sotto i quali si è ravvisata, e secondo i pregiudizj o
gli errori che si sono adottati. Che diremo del sistema del
Basso-fondamentale e de' rivolti del Sig. _Rameau_? Il primo a
rovesciarlo in Italia fu l'illustre spagnuolo Eximeno: quindi il dotto
geometra Conte Giordano Riccati[19], e un pò dopo il P. D. _Giovenale
Sacchi_ scrittore dottissimo di Musica. “Che giova, dice costui,
insegnarmi, e pormi dinanzi agli occhi tanti modi, in cui ciascuno
accordo diretto può rivoltarsi, se poi nè il rivolto al diretto, nè
l'uno all'altro rivolto generalmente si può sostituire? Per queste
ragioni a me sembra, che _il novello sistema de' rivolti sia affatto
ingannevole_. A primo aspetto per l'autorità degli Scrittori[20], che lo
favoriscono, per l'opinione della novità che lo accompagna, molto più
per certa apparenza non so se io dica di filosofia o di misterio, sotto
di cui ci si presenta, quasi in un ricco e nobil manto inviluppato, e
coperto impone altrui; e dà molto a sperare di se medesimo. Ma
considerato che sia da vicino, e tanto quanto ricercato nel suo interno,
si scopre non esser solido, e la illusione svanisce.” Rapporta quindi
molte ragioni in prova di ciò, e così conchiude. “Queste sono le mie
difficoltà contro la celebre opinione del Sig. _Rameau_, il cui peso io
non dubito che gli ammiratori e seguaci suoi sentiranno assai
bene[21].”
Egli è dunque contro ogni ragione che si è voluto proclamare Rameau qual
fondatore della scienza dell'armonia, o come quegli ch'era giunto
finalmente a trovar nella natura il principio e 'l centro ove unirsi
tutte le regole sparse quà e là come a caso prima di lui. Se questi
elogj sono stati ripetuti da intere Accademie e da Scrittori del primo
ordine, come un d'Alembert, un Condillac, un Rousseau[22] e più altri,
ciò non prova assolutamente altra cosa, se non il rischio che vi ha nel
parlar di quello che non si conosce. Tutti gli accordi, tutte le regole
d'armonia e i principj di composizione esistevano già molti secoli prima
di lui: perchè fossero vie meglio intesi non v'era d'altro bisogno che
di essere presentati con chiarezza e con ordine. E questo è quello ch'è
stato già fatto da mani più maestrevoli e più dotte, e precisamente dal
P. _Martini_, dal _Vallotti_, dal _Paolucci_, dal _Sabbatini_,
dall'_Eximeno_, da' tedeschi _Knecht_, _Marpurg_ e da molti altri più
recenti, che riscontrar si potranno in più articoli di questo
Dizionario.
_L'erudizione musicale_ finalmente ch'è l'altra parte della Musica
considerata come scienza, ne abbraccia la Storia e la Bibliografia, che
non è se non un ramo della medesima. La Storia generale di
quest'Arte-Scienza tratta de' successivi progressi della medesima in
tutti i luoghi ed in tutti i tempi: la particolare non ne considera che
un solo ramo, o allorchè essa si limita a un certo spazio di tempo o di
luogo. La Bibliografia contiene la notizia di tutte le Opere che trattan
della Musica, che è ancora il soggetto del presente Dizionario. Essa è
molto utile servendo di guida a' curiosi ed ai studenti di questa
facoltà perchè sappiano di quali Opere provveder si debbano, quali
consultar fia loro d'uopo, quali sien le classiche, quali le mediocri,
quali le cattive e le inutili, e particolarmente allorquando questa
porzione di Storia letteraria vien trattata con iscelta erudizione e
sana critica. Un'opera metodica in questo genere è ancora a desiderarsi,
e tanto più essa è necessaria, quanto che i libri di Musica, come quei
di Pittura, di Scultura ec. siccome non convengono che ad un certo
numero di amatori e di artisti, tosto si spargono per le case ove
quest'arti coltivansi, ed escono finalmente dal commercio ordinario de'
libri che sono in uso presso gli uomini dotti: quindi è che con
difficoltà s'incontrano fin anco nelle più ricche Biblioteche, dacchè
sono una volta dispersi, e facilmente se ne perde la traccia.
Finalmente han luogo nel nostro Dizionario tutti gli Scrittori di
considerazioni filosofiche, di cui è suscettibile questa Bell'Arte; come
di tutte le opere che trattano della parte _estetica_ della medesima,
cioè de' diversi artifizj che essa adopera per piacere a' nostri sensi;
o della _patetica_, cioè di quei mezzi che essa mette in opera, per
muovere gli affetti, ed agire su le nostre passioni: di tutti i
prodigiosi effetti in somma, così fisici che morali, che essa produce
sull'animo e sul corpo umano.[23] E a tal riguardo è d'uopo ancora che
annoverati vengono que' celebri professori di Medicina, i quali guidati
da filosofico ragionamento e dalla esperienza, non che dall'antica
storia hanno date al pubblico le loro ricerche sulla forza e l'energia
di quest'arte nelle malattie, e sul vantaggio che trar ne può la
medicina[24].
Ecco il quadro e l'insieme di tutti i vicendevoli rapporti di tanti
oggetti diversi, o per dir meglio dei diversi aspetti sotto a' quali può
ravvisarsi questo medesimo oggetto, affinchè il Lettore sia in istato di
giudicar meglio delle mie intenzioni e dell'idea che mi sono formato
nell'intraprendere questa qualunque siasi opera.
Dovendo dir ora alcuna cosa su la cultura della Musica presso le antiche
nazioni e le moderne, ben si sa che di tutti i popoli dell'antichità,
che l'han coltivata, non sopravvanzano che pochi Scrittori su la Teoria
della medesima, e niuno su la pratica, e questi dei Greci e di alquanti
Arabi soltanto[25], imperocchè quei de' Latini non sono che de' meschini
copisti dei primi. La musica in generale, dice molto sensatamente uno
degli autori dell'Enciclopedia metodica, ha una doppia proprietà, che le
fa esercitare un doppio potere su i popoli più instruiti, come su quelli
men civilizzati. Essa lusinga piacevolmente i sensi, e per gustarla non
v'abbisogna che quella sensibilità d'orecchio suscettibile di più o meno
di perfezione e di delicatezza, ma che la natura non niega se non ad un
picciol numero di esseri disgraziati. Apre essa in oltre un campo libero
alle combinazioni dello spirito, ai calcoli ed ai sistemi, e in questo
senso non è conosciuta che dalle nazioni dotte, e da coloro che in
queste nazioni hanno assuefatto il loro spirito alla riflessione ed allo
studio. Cosichè può dirsi che vi sia Musica presso tutti i popoli,
perchè l'istinto del genio musicale è comune a tutti i secoli ed a tutte
le nazioni: ma che non vi ha sistema di Musica se non presso quei popoli
che hanno unito alla coltura di quest'Arte quella delle altre scienze.
E per parlare primieramente degli Ebrei, di quella nazione che primeggia
fra tutte per l'antichità e certezza de' suoi storici monumenti, e per
l'affinità che ha con noi cristiani, ben sappiamo l'uso grandissimo che
sin da' più rimoti tempi fecero essi della Musica, l'immenso numero di
persone che fra loro vi s'impiegava, le scuole erette per formar degli
allievi in quell'arte, che di esercitar non isdegnavano nè i re, nè i
profeti, nè i religiosi ministri della nazione[26]. Le lodi di un Dio
sommo ed onnipotente, e che non ammette compagnia di altri Dei ne furono
il soggetto, e ciò la rese invariabile per lo spazio di più di mille
anni, in cui conservossi pura ed intatta l'ebrea credenza. Ma i
progressi fatti in questa facoltà da un popolo, come fu l'Ebreo per
religione e per genio segregato dal commercio di ogn'altra nazione,
perirono insieme con questa Repubblica, e nulla contribuirono alla
perfezione di quella Musica, che si propagò per tutte le colte nazioni
dell'Antichità.
Benchè egli sia certo, che non furono i Greci i primi inventori della
Musica, e che dovettero anzi apprenderla in su i principj da nazioni
della loro in que' tempi più ripulite e più antiche[27]: pur nondimeno i
Greci, la di cui immaginazione era così bella, di cui l'ingegno era così
sublime, e l'anima così sensibile, tanto presi rimasero dagli incanti
della Musica che divenne ben presto tra le loro mani la prima delle
Arti. I musici de' primi loro tempi furono i Poeti, che erano insieme i
legislatori, gli storici e i teologi della nazione. La Musica, dice _Mr.
de Barthelemy_, diede anima successivamente ai versi d'Esiodo, d'Omero,
d'Archiloco, di Terpandro, di Simonide, e di Pindaro: essa era
inseparabile dalla poesia, e l'una e l'altra tramandavansi a vicenda i
proprj vezzi. (_Viagg. d'Anac. cap. 27._) La Storia, le massime, le
esortazioni, i proverbj, le leggi, gli oracoli degli antichi Greci non
si appalesavano che in versi ed in musica. Onde è che la persona del
musico-poeta era tenuta come sacra dal popolo ed in somma venerazione e
rispetto. Oltr'a ciò tutta l'Enciclopedia de' Greci consisteva nella
Musica: essa comprendeva l'oratoria, la morale, la politica, la fisica,
la medicina; nè veruno riputavasi in queste uomo di vaglia che non fosse
insieme un bravo Musico. Tale era lo stato di quest'arte sino a
Pitagora: ell'era perfettissima pria che venisse al mondo
quest'ingegnoso filosofo, come cel dimostra la storia di più valenti
artisti, che riscontrar si possono nel nostro Dizionario. “Benchè
Pitagora, dice un recente Scrittore, non sia stato nè il primo, nè il
solo tra' Greci che abbia dinotato il potere della Musica su
gl'individui, e la sua influenza su i costumi delle nazioni intere, e
che abbia impiegata la Musica, o per guarire delle malattie, o per
eccitare o calmare le passioni, fu il primo frattanto, secondo l'opinion
generale e riconosciuta per vera, che cercò di soggettare quest'arte a
certe regole.” (_Meiniers, Histoire des Sciences dans la Grèce, traduite
par Laveaux._) Egli stabilì una nuova teoria della musica, con
introdurre in essa le ragioni numeriche, e credendo di trovare un legame
intimo tra l'astronomia e la musica, formò il fantastico sistema
dell'armonia celeste e terrena, il quale altro effetto non produsse che
di spargere sull'arte l'incertezza, la confusione, e le tenebre.[28]
Prova di ciò ne sia l'oscurità che s'incontra nelle opere dei filosofi
posteriori a quest'epoca, di quelli eziandio che non furono seguaci di
Pitagora. Essi rendonsi inintelligibili, se non si sanno le regole
armoniche fondate sopra i numeri de' musici pitagorici. Da ciò derivano
ancora tutte le questioni e i dubbj su la greca musica, che han diviso e
dividon tuttora i letterati, malgrado i tanti Scrittori della medesima
di questa nazione, le cui opere salvate si sono dalle ingiurie de'
tempi, come un Aristosseno, un Aristide Quintiliano, un Gaudenzio, un
Nicomaco, un Bacchio, un Euclide, un Tolomeo, un Briennio ec. Se non che
il più volte da noi lodato _Requeno_ con un zelo degno di sì grand'uomo,
e con indefesso studio è venuto a capo d'interpetrarci cogli sperimenti
e co' fatti, i principj musicali di siffatti scrittori, e di ordinare in
un corpo di Storia le preziose memorie della Greca Musica. Tuttochè egli
abbia avuta la modestia di non dare alla sua luminosa opera che il
titolo di _Saggi_, parmi, che dir si possa a ragione, aver egli
soddisfatto appieno alle brame d'ogni uomo di lettere, espresse alcun
tempo avanti dalla geometrica penna del Signor d'Alembert[29].
In Roma, secondo l'espressione di un dotto Inglese[30], fu la musica
quasi innestata, e trapiantata onde non potè avere quell'influsso su i
costumi, sul governo e sull'educazione che ebbe presso i Greci loro
maestri. Nulla in fatti hanno aggiunto i Romani alla Musica di costoro,
contentandosi solo di copiarli e di tradurli. I Scrittori latini della
teoria musicale, come S. Agostino, Cassiodoro, Albino, Marciano Capella,
Macrobio e più di tutti Boezio più non dissero di ciò, che avevano
imparato da' Greci, cui ciecamente seguivano.
Ma lo stato della musica divenne ancor più deplorabile alcun tempo dopo
la rovina dell'impero Romano. Fra tante nazioni barbare che se ne
impadronirono, solo trovò un'asilo, il che sembra incredibile, presso i
Saraceni o gli Arabi. Costoro dopo di aver distrutto nelle loro prime
conquiste tutti i monumenti delle Scienze e delle Arti, e tutti i tesori
letterarj che conservavansi nella famosa biblioteca d'Alessandria,
appassionatamente si diedero quindi a ristabilirle, e con particolarità
nella Spagna. Sopravanzano ancora alcuni loro scritti su la Musica, che
essi coltivarono con impegno e come Arte, e come Scienza, recato
avendovi l'ajuto delle matematiche cognizioni. L'Ab. _Andres_, che fè
tradurne alcuni dal dotto _Casiri_ autore della Biblioteca Arabo-Ispana,
per la sua Storia Letteraria, così ne giudica. “Si vede, egli dice, che
gli Arabi, benchè seguaci della dottrina de' Greci, non l'abbracciarono
senza esame; ch'ebbero forse più giuste cognizioni della parte meccanica
de' suoni, che gli stessi loro maestri, e che in varj punti ne corresser
gli errori, ed empirono il vuoto della loro dottrina. Ma degli scritti
arabici su la Musica rimasti sepolti nelle biblioteche, poco, o nulla
sappiamo per poterne ritrarre qualche lume, e conoscere i progressi, che
dovrà forse quella scienza all'erudite loro fatiche, ma che sono a noi
poco noti.” (_Dell'origine, dei progressi ec. tom. 4._)[31].
Nel decorso di questi secoli d'ignoranza dee la Musica alla Religion
Cristiana qualche misero avanzo di cultura: non considerossi più allora
come un'arte di genio, di cui i progressi interessar dovessero la
sensibilità e 'l piacere, ma come una specie di liturgico rito, cui
bastava aggiugnerne quello soltanto e non più che richiedevasi per
soddisfar al bisogno. “Non per erudizione e cultura, non per compiere il
quadrivio delle scuole, non per illustrare le matematiche discipline, ma
per cantare degnamente i divini ufficj si coltivava lo studio della
musica: e nel lungo catalogo, che si potrebbe formare degli Scrittori di
musica di que' tempi, non s'incontrano che monaci ed ecclesiastici.”
(_Andres ib._)
Dissipatasi finalmente in Europa poco a poco la spessa nebbia, che per
lungo tempo oscurato aveva l'intendimento degli uomini, e postosi il
genio in attività, rinnovossi l'amor delle scienze e le arti liberali
cominciarono a riprendere il loro antico vigore. La Musica, egli è vero
è stata fra queste l'ultima a coltivarsi, perchè non trovò essa come le
altre, degli antichi esemplari e modelli da imitare, perita essendo
quasi del tutto la pratica musicale de' greci e de' latini, e non
essendosi scoperte ancora le opere di costoro, che in qualsivoglia
maniera ne contenevano i precetti. Per tal ragione si è quest'arte
dovuta creare nuovamente del tutto in Europa. Rozzi è vero ne furono i
principj, ma questi non debbonsi che all'Italia[32]: i primi albori di
questa scienza non apparvero che in questo clima felice. Guido monaco
d'Arezzo sul cominciare dell'undecimo secolo fu l'inventore di un metodo
precettivo di Musica, e dettò delle regole certe. A ragione, dice
l'_Arteaga_, “vien egli comunemente considerato come il fondatore ed il
padre della moderna musica. In que' tempi tenebrosi egli è ciò, che nel
mare agli occhi de' naviganti smarriti è una torre, che veggasi
biancheggiar da lontano. I suoi meriti principali sono d'aver migliorata
l'arte del cantare, ampliata la stromentale, gittati i fondamenti del
contrappunto, e agevolata la via a imparar presto la Musica troppo per
l'addietro spinosa e difficile.” (_Rivol. tom. 1, pag. 106._) Dopo
costui altri valenti Italiani si accinsero a migliorarne il metodo, e a
slargarne i confini. Tali furono un Marchetti maestro del re Roberto di
Napoli, e Prosdocimo ambi di Padova, e Mascardio e Franchino Gaffurio di
Lodi, e Anselmo Parmigiano, e Fisifo da Caserta e più altri. Nel secolo
XV e su i principj del seguente cominciossi ancora in Italia a
dissotterrare e a tradurre in latino le opere dei Greci Armonici. Niuno
di questi Scrittori era stato sino allora pubblicato nè in greco, nè in
latino. Giorgio Valla da Piacenza nel 1497, diè il primo una versione
latina dell'Introduzione Armonica di Cleonide, o del preteso Euclide,
insieme con l'Architettura di Vitruvio, ove questo latino Scrittore
tratta ancora di musica. Valgulio da Brescia nel 1507, diè al pubblico
una non spregevole traduzione del Dialogo su la Musica di Plutarco con
un suo Discorso su l'Antica Musica, e contenente la spiegazione di più
termini musicali di questo autore. Troviamo in oltre che nelle opere del
prelodato Gaffurio stampate sulla fine del decimoquinto secolo vengono
da lui citati i Greci Musici Aristosseno, Tolomeo e Porfirio suo
scoliaste, il vecchio Bacchio, Briennio e Plutarco. È prova oltracciò
del suo sapere la traduzione di Aristide Quintiliano a sua istanza
intrapresa da Francesco Burana Veronese circa 1494, che manoscritta si
serba in Verona per testimonio del Maffei (_Veron. illustrat._)
A promuovere vie più i progressi dell'Arte stabilironsi allora in Italia
molte Accademie. Nel 1543, quella de' _Filarmonici_ in Vicenza, d'onde
passò ella poi a Verona. Nel 1662, formossi in Bologna una società dello
stesso genere col titolo di _Accademia de' Filomusi_, e l'anno di
appresso quella de' _Musici Filachisi_, che cedettero quindi il loro
luogo al cel. Istituto di quella città. E come è assai naturale il
cercar di dare maggior rilievo e annobilire i titoli della prima gloria,
si diè allora in Italia il fastoso nome di _Virtuosi_ a coloro che
esercitavan l'arte del canto o del suono. Sorsero ancora in que' tempi
molti grand'ingegni che co' loro lumi cercarono, per quanto fu loro
possibile di fissare le vere regole sì per la teoria, come per la
pratica, un Galilei, un Caccini, un Zarlino, un Doni, e altri molti
dotti italiani. A riformar poi il cattivo gusto del gotico contrappunto,
ch'era in gran voga presso le nazioni tutte d'Europa non vi contribuì
che solo l'Italia. “Se la musica italiana, dice _Mr. Beattie_, ancora
nella sua infanzia, non fosse venuta a cadere sotto la direzione d'un
gran genio, come _Palestrina_, non sarebbe così prontamente giunta alla
sua virilità. Una lunga serie di Compositori subalterni può menare ad
alcune scoperte in un'arte; ma non potrà farla giammai sortire dalla
mediocrità, poichè cotali persone non esercitano un'influenza capace
d'interessare i dotti ed il volgo ai successi d'un'arte novella. Ma
_Palestrina ha fatto della sua arte un oggetto d'ammirazione non solo
del suo proprio paese, ma d'una gran parte ancora dell'Europa_, e tutti
gl'intendenti, buoni giudici di questa materia, vedevano con piacere che
_il suo sistema era fondato sopra ben ragionati principj_, e che
quantunque potesse esser condotto a maggior perfezione, non poteva
frattanto riguardarsi come perfetta se non perchè vi era conforme. Dopo
quest'epoca in fatti, la Musica è stata coltivata in Italia con
altrettanta attenzione che successo. Bisogna dunque farsi maraviglia
_dell'eccellenza senza pari della Musica Italiana_?” (_Essay on poetry,
and music, sect. III._)
Un altro efficace mezzo trovato anche in Italia si è l'istituzione de'
_Conservatorj_, nome che si è dato alle scuole pubbliche di musica,
senza dubbio perchè son eglino destinati a naturalizzar perpetuamente
quest'arte, a perfezionarne il gusto, e a _conservarla_ in tutta la sua
purità. Prima di tai stabilimenti eranvi a dir vero in diverse città
d'Italia delle scuole assai celebri per il canto ed il suono, per la
composizione e per il miglioramento della teoria musicale, ma non eran
queste delle fondazioni a perpetuità, e tenevansi solo in case di alcuni
particolari. Roma dove la particolar esecuzione della musica sacra avea
da lungo tempo introdotta la necessità degli studj, e de' maestri, ebbe
la celebre scuola dei _Fedi_, e degli _Amadori_. Modena quella di
_Peli_: Milano di _Brivio_, e Firenze quella di _Redi_. Bologna ebbe per
caposcuola _Pistocchi_, e quindi il cel. _Bernacchi_, e per la
stromentale il _Corelli_, ec. Ma l'esperienza ha dato a diveder
chiaramente la maggior utilità de' _Conservatorj_, dove la buona scuola
si perpetua, e più agevolmente si propaga. Sono essi in Italia delle pie
fondazioni, ove i ragazzi vi sono alloggiati, mantenuti e gratuitamente
instruiti. Vi si ammettono inoltre de' pensionarj, di modo che tutte le
classi de' cittadini andar possono a cercarvi comodamente un'educazion
musicale, che deesi molto preferire alle lezioni particolari. I teatri,
e le chiese traggono egualmente da' _Conservatorj_ i soggetti, di cui
hanno bisogno.
Venezia si reca il vanto di possederne quattro destinati all'educazione
delle giovani orfane donzelle, mantenute ivi a spese de' ricchi amatori
di musica, nobili, negozianti e altri. Rigorosamente tenute in riguardo
a' costumi, vi sono instruite da' migliori maestri dell'Italia; Jommelli
e Sacchini furon di questo numero. Tutti i sabati e le domeniche alla
sera vi si fanno de' pubblici concerti, ed egli è curioso pei
forastieri, che vi assistono, il sentire non solo tutti i diversi generi
di voce, ma ancora tutte le specie di strumenti maneggiati da donne,
senza che la durezza delle corde del contrabbasso, o gli aspri suoni
della tromba e del corno sbigottissero la debolezza de' loro polmoni, o
la delicatezza delle loro dita. Queste ragazze vengono in que'
_Conservatorj_ alimentate, finchè vanno a marito.
Napoli sopra tutto è la più famosa in Italia per siffatti stabilimenti,
che colà son forse i più antichi. Tre una volta ve n'erano per i
figliuoli, poichè il quarto, detto de' _Poveri di G. C._ che recavasi a
gloria di aver formati i _Vinci_ e i _Pergolesi_, nomi illustri per la
musica, era stato soppresso per istabilirvi un Seminario. Quivi era già
che presso a seicento allievi occupavansi interamente dello studio della
musica[33]. Ciascuno de' _Conservatorj_ aveva due principali maestri,
uno per la composizione, l'altro per il canto, oltre a più maestri per
ogni sorta di strumenti. Fra i primi si contano i _Scarlatti_, i _Leo_,
i _Duranti_, i _Finaroli_, ec. e per loro allievi l'_Hasse_, _Traetta_,
_Piccini_, _Sacchini_, _Guglielmi_, _Anfossi_, _Paesiello_, _Cimarosa_,
_Zingarelli_ ec. resi celebri per tutta l'Europa colle immortali loro
produzioni. Questa scuola di Napoli da più di un secolo è stata la più
feconda in rinomati musici: essa sola ne ha certamente prodotto più che
tutto 'l rimanente dell'Italia e fin anche dell'Europa intera[34]. Se
vi sono in Italia alcune città meno principali ove non hanno potuto
aver luogo i _Conservatorj_, vi ha pur nondimeno una scuola, dove un
Maestro di cappella assai abile istruisce i giovani principalmente in
quel che riguarda il servizio della orchestra della chiesa cattedrale, e
che può in certa maniera supplire al difetto de' Conservatorj. Da questi
seminarj è quindi straordinario il veder uscire un numero considerevole
di gran maestri dell'arte e de' famosi artisti che percorrono le
provincie per ispirarne il gusto e moltiplicarne gli amatori? Ed ecco
come in Italia tutto il mondo è musico; le orecchie assuefatte alla
musica, divengono musicali: ecco perchè si odono su le pubbliche piazze
i calzolai, i fabbri, i falegnami, i ciabattini, le donnicciuole ed
altre persone di questa specie, cantar delle arie a più parti, con una
precisione ed un gusto ammirabile, con ispezialità in Roma e in Venezia,
ove si desidererebbe esser tutto orecchio, al dire di _Mr. Burney_ nel
suo Giornale de' Viaggi, per sentire e prendere tutto ciò che vi ha di
più bello in riguardo alla musica. “Bisogna attribuire questa ricchezza
alle numerose istituzioni musicali che la pubblica munificenza e l'amor
delle Arti vi hanno da per tutto erette, ed al grand'uso che vi si fa
della musica nelle chiese, ne' teatri, negli oratorj.” Così scriveva
pochi anni sono un dotto Francese, esortando la sua nazione a seguir
l'esempio dell'Italia, se pur voleva una buona scuola di musica (_M.
Raymond, Lettre à M. Millin, dans le Magaz. Encyclop. 1810._)
Se la Germania è la seconda patria di quest'arte incantatrice, che le
deve sì grandi progressi: se la Germania è egualmente celebre per
l'immenso numero de' suoi artisti, virtuosi e compositori di prima
sfera, ne è in parte debitrice all'Italia. I Conservatorj di Napoli sono
stati sempre pieni di Tedeschi; i più gran maestri della Germania
Hendel, Bach, Hasse, Gluck, Nauman, Haydn, Mozart, Gretry[35] o sono
venuti in Italia ad apprender nelle sue scuole la musica, o formarono
il loro gusto spezialmente per la vocale su quello de' maestri italiani.
“È più d'un secolo, al dire di _M. Suard_, che il gusto della musica e
della buona musica italiana si è generalmente stabilito in Germania, e
secondo il giudizio di molti, vi si è conservato più puro e più austero
che nella stessa Italia; che quivi più che in Italia si eseguisce musica
italiana, che da Leopoldo I, sino a Giuseppe II, gli Imperatori hanno
amato e coltivato la musica, hanno chiamato alla loro corte, protetto e
ricompensato da gran principi i gran maestri italiani.” Siffatta
protezione[36] e gara, ed istinto della bella musica italiana ha fatto
che i Tedeschi siano naturalmente tutti musici.
Quel che ha contribuito ancora a spargere il gusto della musica in tutta
la Germania, egli è un'antichissima usanza, che non si trova in verun
altro paese. In tutte quasi le pubbliche scuole de' villaggi come delle
città, s'impara la musica ai ragazzi nel tempo stesso che s'insegna loro
il leggere e lo scrivere. Niun maestro di scuola vien ammesso ad
esercitare la sua professione, che non sappia almeno gli elementi di
quest'arte, e sonare qualche instrumento: e quel ch'è più a rimarcarsi,
egli è, che da per tutto ove i Gesuiti hanno avuto de' collegj e delle
scuole, son essi stati i più attivi in questa parte del pubblico
ammaestramento, essi, che da per tutto altrove si sono mostrati poco
favorevoli alla coltura delle belle arti[37]. Ma siccome trovarono in
Germania l'insegnamento della musica stabilito nelle scuole, e 'l gusto
di quest'arte protetta dal Governo sparso per tutto il paese ebbero la
politica di favorirne lo studio e la pratica.
Non v'ha paese al mondo, senza eccettuarne l'Italia, dove il popolo
abbia un gusto più generale per la musica come nella Germania; perchè
niuno ve n'ha dove le orecchie siano più continuamente inzuppate di
musica d'ogni specie. In tutte le città, delle truppe di virtuosi
ambulanti vanno per le strade e riempiono le osterie, cantando e sonando
molti instrumenti. Da per tutto dove vi sono delle università e de'
collegj, gli studenti si radunano per andar per le strade, e sopra tutto
la notte, a cantar degl'inni, de' canoni, o de' pezzi da teatro a
concerto, accompagnandosi con ogni sorta di stromenti; e prendono senza
difficoltà del danaro da quei che se ne sono divertiti[38]. Fin anco i
soldati hanno delle scuole particolari ove apprendano il canto: e poche
sono le persone di servizio che non sappiano sonar qualche stromento.
Tutti i principi hanno una musica militare; e la maggior parte fanno
accompagnare la loro tavola dal suono delle trombe e dei timpani. “Bello
è il _Prater_ a Vienna, dice con trasporto il D. _Lichtenthal_, esso è
un pubblico passeggio in un'isola del Danubio. Quà s'ode musica
concertata, là sonatori d'arpe, altrove liuti e ghironde, più lontano si
volge una folla ebbra di allegrezza dietro il suono di timpani e trombe;
non v'è nulla di più magico, di più animato. Le musiche consuete nelle
pubbliche piazze, nelle osterie, ne' caffè, divagano la plebe infelice
dal sentimento della vita.” (_Influenza della musica ec. pag. 26._)
Quel che dà ai Tedeschi un luogo molto distinto nella storia dell'arte,
si è il rapido e mirabil progresso ch'eglino han fatto fare alla musica
strumentale; quell'immensa copia di concerti, di sinfonie, di sonate di
clavicembalo, di cui hanno arricchito tutte le orchestre dell'Europa,
dove quasi più non si eseguisce altra musica di questo genere, o che sia
composta almeno sul loro gusto. Noi non staremo quì ad annoverare
l'infinito numero de' virtuosi del primo merito di questa nazione in
tutti i generi: il nostro Dizionario soverchiamente ne abbonda. Ma tra i
gran servigj che i Tedeschi han reso alla Musica, obbliar non si devono
le preziose e moltiplici invenzioni loro per la perfezione de' diversi
strumenti. Noi lor dobbiamo l'uso dei clarinetti, dei tromboni, de'
corni nell'orchestre, e di aver portato alla più gran perfezione il
cembalo, il piano-forte e l'arpa. Deesi finalmente ai Tedeschi un gran
- Parts
- Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 1 - 01
- Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 1 - 02
- Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 1 - 03
- Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 1 - 04
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