Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 09

Total number of words is 4475
Total number of unique words is 1749
38.5 of words are in the 2000 most common words
54.2 of words are in the 5000 most common words
61.4 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
La solitaria libertà dell'anima non è essa il primo dei beni e la
ricompensa più certa?
Questa è filosofia, e Caffaro di Caschifellone non era anche
giunto allo stadio filosofico delle sue mestizie. Per fortuna, ad
interrompergli il filo delle tristi meditazioni, uscì Gandolfo dalle
stanze del re. Caffaro gli andò incontro, non senza un tal poco di
titubanza, bene argomentando che il secondo colloquio non gli avrebbe
fatto piacere come il primo.
Gandolfo non lo amava di certo. La rivalità in amore, come in ogni
altra ragione di cose, non ha mestieri di vederci chiaro; essa è
naturalmente istintiva.
Eppure, Gandolfo del Moro, vedendo il giovane che si spiccava dal suo
posto, nel vano d'un finestra, per muovergli incontro, andò sorridendo
verso di lui.
— Messere, — diss'egli, — mi aspettavate? Che volete da me?
— Due cose; — rispose Caffaro, niente raffidato da quel sorriso, che
poteva essere simulato; — una v'ho a dire per conto mio, l'altra per
conto d'una persona che preme ugualmente a noi tutti.
— Sta bene; — disse Gandolfo, inchinandosi; — cominciamo dalla....
— Dalla prima, — interruppe Caffaro, temendo che l'altro fosse per
lasciarsi sfuggire di bocca mezza scortesia.
— Stavo per dirlo; — soggiunse Gandolfo del Moro.
— Io verrò con voi alla spedizione di Gaza; — ripigliò il signore di
Caschifellone.
E buttata fuori la sua proposta, stette ad aspettare ansiosamente
l'effetto che avrebbe fatto sul suo interlocutore.
— Grazie! — rispose brevemente Gandolfo, senza punto scomporsi.
Caffaro rimase sconcertato. Si aspettava una cera scontenta, e vedeva
in quella vece un amabile sorriso.
— E non basta; — soggiunse egli, diffidando ancora. — Vi offro la
mia galèa, per tentare l'impresa con voi. La _Caffara_ ha una ciurma
numerosa e un palamento di trenta remi per lato.
— Non solo, — interruppe Gandolfo, — ma è anche miglior veliera della
_Mora_.
— Non osavo dir questo; — rispose Caffaro, ringraziando con un cenno
del capo.
— Eh, non c'è niente di male a riconoscere la verità. La _Mora_
non l'ho fatta io; l'ho comperata tal quale da Ingo di Flessa. Ha
l'arrembata troppo pesante, che la fa beccheggiare più del consueto,
e con mare un po' grosso c'è sempre da temere per l'alberatura. Sono
difetti che ho riscontrato a mie spese; — soggiunse Gandolfo del Moro,
con un accento di melanconia che non pareva tutta da padron di galèa; —
tanto che in ogni impresa giungo sempre per l'ultimo. —
La considerazione di messer Gandolfo veniva così naturalmente dal
contesto del discorso, che Caffaro, anche rilevando l'allusione, la
trovò affatto casuale.
— Siamo dunque intesi?
— Sì, messere, col permesso di Ugo Embriaco, che abbiamo tutti
riconosciuto nostro capitano, come una continuazione dell'autorità e
della fortuna del glorioso Testa di maglio. —
Caffaro andava di meraviglia in meraviglia.
— Posso dunque venir difilato alla seconda parte; — diss'egli.
— Come vi piace.
— Lo scudiero desidera parlarvi.
— Lei? — chiese Gandolfo, non potendo reprimere un moto di stupore.
— Sì; — rispose Caffaro; — non so veramente che cosa abbia a dirvi,
ma mi ha raccomandato di avvisarvi subito, appena foste uscito dalle
stanze del re, e voi vedete che mi sono piantato in vedetta. Lo
scudiero Carmandino, poichè questo è il suo nome, è andato poc'anzi
verso la chiesa del Santo Sepolcro e ci aspetta colà.
— Andremo insieme? — chiese Gandolfo che aveva notato l'intenzione
duale della particella usata da Caffaro.
— Sì, se non vi dispiace; — rispose questi urbanamente.
— Anzi, l'ho caro; — proruppe Gandolfo, infiammandosi ad un tratto. —
Per qualunque cosa al mondo, non avrei amato andar solo.
— Perchè? — dimandò Caffaro, inarcando le ciglia a quella uscita
inattesa.
— Messere; — disse quell'altro, senza risponder subito alla domanda; —
voi non avete amicizia per me. —
Caffaro rimase muto, chè veramente non avrebbe saputo negare.
— E mi duole; — soggiunse Gandolfo.
— Vi duole? — ripetè Caffaro, cercando di prender tempo. — Ma,
anzitutto, donde lo argomentate?
— Da molti indizi, e, per non dirne che uno, dalla meraviglia con
cui mi avete chiesto perchè io non amassi andar solo, a vedere....
lo scudiero. Se aveste amicizia per me, — incalzò Gandolfo del Moro,
— intendereste il mio cuore e mi vedreste infelice... oh, sì, molto,
senza fine infelice. Ora sono tranquillo, mi sono vinto, non dubitate;
ma la prova è stata dura, e non poteva essere altrimenti. Aver
veduta una volta la fanciulla degli Embriaci e non essersi innamorato
perdutamente di lei, era impossibile, non solo a me, ma ad ogni uomo di
cuore. —
Caffaro pensò che Gandolfo ragionava diritto. E senza volerlo, mise
fuori un sospiro.
— Voi m'intendete ora, non è egli vero? — chiese Gandolfo.
— Sì, messere, v'intendo; — rispose Caffaro, che temeva di essersi
tradito e voleva mettere in chiaro ogni cosa. — Ma il vincersi era
necessario per voi, come lo sarebbe stato per ogni gentiluomo, anzi,
userò la vostra medesima frase, per ogni uomo di cuore. Farei torto a
madonna Diana se dicessi, o pensassi, che vi sono altre donne come lei.
Non ce n'è una, mi capite? non ce n'è una, messere Gandolfo del Moro, e
sono io il primo a riconoscerlo. Ma è d'una donna simile il non destare
che nobili e santi pensieri nel cuore d'un uomo, e il miglior modo
d'amarla, dirò meglio, d'averla amata, è quello di operare nobilmente,
anche a patto di dover soffocare nel petto l'amore che si è sentito per
lei.
— Beato chi lo ha potuto far subito, — esclamò Gandolfo del Moro,
coll'aria di un uomo che parlasse sui generali, o solamente per
contrapposto al suo caso particolare. — Quanto a me, ho durato, ve
lo confesso, una battaglia più lunga; il cuore ha dato fiamme, ha
gittato molta scoria, prima che vi si affinasse il prezioso metallo.
Ma basti di ciò; son vincitore oramai, son vincitore, e ve ne faccia
testimonianza l'offerta di quest'oggi. Godo che voi siate all'impresa
con me, perchè, dopo la stima di Arrigo, non ce n'è altra che mi stia
a cuore come la vostra. Ma perchè sono stato debole, vedete, perchè
ho combattuto così fieramente tanti anni, mi duole oggi di dovermi
presentare a quel ritrovo che mi avete accennato. Avrei voluto partire
senza vedere.... nessuno; ritornare con Arrigo, con Arrigo libero
e sano, per dire: Ecco qua, ho messo a repentaglio la mia vita coi
ladroni e colle fiere del deserto; ma l'ho trovato, l'ho condotto alla
sua fidanzata;» ciò detto, lasciarli ambedue felici e sparire.
Gandolfo parlava con tanto ardore, che Caffaro non ebbe più modo o
ragione di dubitare.
— Voi avete un animo grande, Gandolfo del Moro; — diss'egli,
stringendogli la mano. — Il viaggio che faremo insieme alla
ricerca di Arrigo Carmandino avrà gioie per me, che non avrei osato
sperare. —
Uscirono ambidue taciturni dalla porta verso maestro, detta fin dai
tempi d'Isaia la porta del campo del gualchieraio, e si avviarono per
l'erta del Calvario.
Calvario in latino, _Gulgultha_ in antico ebraico, corrispondono al
Golgota della Vulgata, e ricordano, nella loro etimologia, che il
monte aveva derivato il suo nome dalla somiglianza della sua cima con
un teschio, o cranio umano denudato di capegli. Il Golgota non era per
anche nel centro della città, come lo si vede nei giorni nostri, ma
non si vedeva già più quel colmo tondeggiante di rupi, che gli aveva
meritato il suo nome.
Fin dal secondo secolo dell'êra volgare, Adriano aveva edificato sul
Golgota un tempio a Venere, e i pellegrini, che in folla accorrevano
nei primi secoli del Cristianesimo a visitare il luogo del martirio di
Cristo, si rammaricavano di scorgere i simulacri pagani sulle cime del
Calvario e del Moria, dove anticamente sorgeva il tempio di Salomone.
Elena, la madre di Costantino, fece murare sul Golgota la prima chiesa
cristiana, e il culto del santo Sepolcro ebbe principio da lei. Arso
nel settimo secolo, il magnifico tempio fu riedificato, e dal famoso
califfo di Bagdad, Arun al Rascid, l'eroe delle _Mille e una notte_,
donato in giurisdizione al suo amico Carlo Magno. Ma il terribile
Hakem, terzo califfo d'Egitto, non rispettò la vecchia politica
dell'Abasside, e fece radere al suolo la chiesa. Più mite di lui, il
suo successore Daher, ordinò che fosse riedificata, e Abu Tamin la vide
condotta a termine, l'anno 1048, ma nelle proporzioni d'una meschina
cappella.
Durava in quella forma, quando sopraggiunsero i Crociati, che non
indugiarono ad innalzare un tempio sontuoso, in quella forma che oggi
ancora si vede, quantunque l'incendio del 1808 abbia resi necessari
alcuni restauri, anche nella parte esteriore.
Al tempo di cui narro, il nuovo tempio non era anche sorto, e la
meschina cappella di Daher, il califfo fatimita, era tutto quello che
i devoti cristiani potessero avere di meglio, per confortarvi la loro
pietà. Per altro, in fondo al piccolo tempio, si vedeva già, incavato
nel sasso, il forame sferico nel quale era stata piantata la croce del
Nazzareno; a destra e a manca del quale, e formanti un triangolo con
esso, i buchi per le croci minori dei due ladroni; dentro al triangolo
la fenditura del sasso, cagionata dal tremuoto di cui raccontano gli
Evangelii. Nel mezzo del tempio era poi la tomba di Cristo, antro
ristretto, scavato nel macigno, secondo l'antico costume dei popoli
orientali. Non mancava la cripta, nelle viscere del monte, colla sua
tomba di porfido, che dicevasi contenere le ceneri del pontefice
Melchisedec, e coll'altra assai più modesta, ma altrettanto più
autentica, di Goffredo di Buglione.
Il biondo scudiero, inginocchiato in un angolo, pregava. Davanti
a lui, i frati del santuario, gli avevano detto essere il luogo in
cui l'angelo aveva annunziato alle Marie la risurrezione del loro
dolce Maestro. Ed egli, con lagrime che gli erano spremute dal cuore,
supplicava quell'angelo, suo fratello all'aspetto, che si degnasse di
guidare Arrigo, di restituirlo ai suoi cari, come l'angelo Raffaele
aveva ricondotto l'adolescente Tobia.
Il rumore dei passi e lo strepito delle armature tolse dal suo
raccoglimento il giovane scudiero. Si volse allora, e, veduti i due che
aspettava, si alzò per muovere incontro a loro.
— Grazie, messere; — diss'egli a Gandolfo; — avevo qualche cosa
a dirvi, per cui bisognava un luogo più solitario e un'ora più
tranquilla. —
Gandolfo del Moro s'inchinò, ma senza rispondere parola. Egli era
profondamente turbato.
Lo scudiero uscì dalla cappella, per una postierla che era accanto
all'altare, e i due cavalieri lo seguirono all'aperto.
Il dorso del monte era scabroso e frastagliato; qua e là si vedevano
larghe fenditure nel masso, non intieramente colmate dalla polvere
e dal terriccio di undici secoli, poco lunge, muti testimoni
dell'accorgimento romano, stavano i ruderi d'un tempio a Venere, e tra
gli architravi caduti, i capitelli infranti, le colonne rovesciate,
crescevano le eriche e i tamarischi, inconsapevoli eleganze che la
natura frammette alle rovine per temperarne l'orrore.
Colà, presso l'attico di una colonna, che era rimasta in piedi e
gettava un po' d'ombra sul campo, lo scudiero si fermò, e Gandolfo che
lo seguiva, del pari.
Caffaro aveva capito che la parte essenziale della conversazione
doveva restringersi a quei due, e, quantunque fosse invitato egli pure
ad assistervi, si trattenne alcuni passi indietro, facendo le viste
di osservare una iscrizione latina, che correva lungo un pezzo di
architrave, e di cogliere un ramo di quelle eriche tutte gremite di
fiori.
Lo scudiero non parve badare a quella fermata. Egli del resto poteva
vedere, come spesso accade di vedere senza bisogno di guardare, il
suo amico Caffaro di Caschifellone, intento a curiosare fra le rovine,
a dieci passi dai suoi compagni. E si rivolse intanto a Gandolfo del
Moro, che stava cogli occhi bassi davanti a lui.
— Guardatemi in viso, messer Gandolfo; — diss'egli, con accento
risoluto.
Gandolfo alzò gli occhi smarriti, tentando di fissarli negli occhi del
biondo scudiero; occhi azzurri, limpidi e scrutatori, che gli parvero
quelli dell'angelo che indaga e misura le colpe degli uomini.
— Voi dunque, — proseguì lo scudiero, — andate in traccia di Arrigo da
Carmandino? —
— Sì, — rispose timidamente Gandolfo.
— Perchè? Perchè voi e non altri? —
Gandolfo si armò di coraggio. Quell'incalzar di domande voleva una
pronta e adeguata risposta.
— Per essergli utile; — diss'egli di rimando. — Perchè nessun'altri ci
ha pensato, od ha mostrato di pensarvi. E infine, — aggiunse, con un
sospiro, — perchè sento di dover espiare qualche cosa. —
Lo scudiero abbassò gli occhi a sua volta.
— Sì, — continuò Gandolfo del Moro, animandosi, — espio il delitto
di aver osato amare una donna che non poteva esser mia. Eppure, avrei
fatto volentieri ogni sacrifizio, tentata di gran cuore ogni impresa
più temeraria, per meritare l'amor suo. Disdegnato da lei, son divenuto
il più infelice uomo che sia sulla terra; sono stato sul punto di
diventare altresì il più malvagio.
— Vile amore, se a tale può condurre un uomo! — esclamò lo scudiero. —
Dovevate ricordare, messer Gandolfo, che quella donna aveva conosciuto
Arrigo da lunga pezza e non poteva esser d'altri. Quale animo bennato
avrebbe potuto farle una colpa di ciò?
— Oh, non aggiungete più altro, lo so; — interruppe Gandolfo; — quello
che voi mi dite ora, io me lo son ripetuto le migliaia di volte, nelle
mie veglie disperate. Se almeno ottenessi il suo perdono! pensai. Se
ella potesse cessare di odiarmi! Questo il fine dei miei tristi amori;
il buon angelo ha vinto. Ma perchè nulla mi ritiene alla vita, perchè
il meglio ch'io possa fare è di morire, utile almeno ad altri, io sono
l'unico forse tra tutti i vostri compagni che possa tentare l'impresa
di giungere per la via del deserto, ad Arrigo, e di ricondurlo tra'
suoi.
— Non sarete solo, — disse lo scudiero. — Caffaro di Caschifellone vi
accompagnerà. Forse a quest'ora lo avrete già saputo dalle sue labbra.
E anch'io sarò a parte del vostro tentativo. —
Un lampo balenò dagli occhi di Gandolfo del Moro; ma non fu altro che
un lampo. Ed egli stesso, vedendo lo sguardo indagatore dello scudiero,
si affrettò a mostrargli intieramente l'animo suo.
— Voi dubitate di me! — diss'egli, con accento improntato d'amarezza.
— No, messere, — rispose quell'altro, — vi mostro come sappia anche
correre animosamente un pericolo chi potrebbe oggi di bel nuovo amare
la vita.
— Ma pensate che il cammino è difficile; che forse non riusciremo....
— Ho pensato.
— E che cosa diranno i vostri d'una risoluzione così temeraria?
— Diranno che appartengo ad Arrigo da Carmandino, e che ho il diritto
di morir con lui. Dove correte un pericolo, voi e il signore di
Caschifellone, non potrò correrne anch'io?
— Sia fatto il voler vostro; — disse Gandolfo, chinando la fronte.
Il biondo scudiero si mosse, e andò su d'un rialto del masso, donde si
scorgeva la valle di Giosafat e l'erta d'un monte, di là dal torrente
di Cedron.
— Vedete laggiù quegli olivi? — diss'egli a Gandolfo.
— Li vedo; — rispose questi, mentre collo sguardo interrogava a sua
volta il suo interlocutore.
— Laggiù, — prosegui lo scudiero, con accento solenne, — alle falde di
quel monte, il redentore degli uomini fu tradito ai suoi nemici, da un
uomo, che appunto allora lo baciava nel viso.
Gandolfo del Moro diede un sobbalzo.
— Che volete voi dire? — esclamò.
— Che mi fido di voi; — rispose lo scudiero. — Se voi mentiste, se
voi covaste il tradimento nell'anima, qui, sulla vetta del Calvario,
davanti al Getsemani, ove Cristo fu preso, non lunge dal campo dal
sangue, ove Giuda vendicò da sè stesso il cielo oltraggiato, neanche
tutta l'acqua del sacro Giordano, neanche il pianto di tutti gli
angioli del cielo, basterebbe a riscattare il vostro tradimento. —
A quelle parole dello scudiero, Gandolfo sentì come una stretta al
cuore; ma fece il viso dell'uomo che si sentiva sicuro di sè e non
temeva la maledizione.
Caffaro di Caschifellone, a cui quelle parole percossero l'orecchio,
pensò al brutto senso che dovevano fare nell'animo di Gandolfo del
Moro; ma non potè altrimenti trattenersi dal mormorare un «bene!» che
gli sgorgava proprio dal cuore.


CAPITOLO XII.
La via del deserto.

Molti dei miei lettori benevoli non conosceranno la città di Gaza che
per un fatto, strano in verità, ma non sufficiente a dare un adeguato
concetto della sua importanza topografica, voglio dire l'impresa di
Sansone, che, colto una notte là dentro dai Filistei, i quali avevano
chiuse le porte, diè di piglio alle imposte, le sollevò, insieme colla
sbarra e le portò in ispalla, come se fossero il più lieve fascio di
legna, sulla vetta del monte che è dirimpetto ad Ebron.
Gaza, la forte (poichè questo significa il suo nome nella lingua
aramea), fu una delle più ragguardevoli città di Palestina, sul
confine meridionale dei Cananei. Formava parte della tribù di Giuda,
ma era caduta in potere de' Filistei, che la tennero fino ai tempi di
Ezechia. La città era lontana venti stadii (oggi si direbbe tremila
seicento metri) dalla spiaggia del mare, edificata sopra una eminenza
di terreno e rafforzata da un muro massiccio, che sfidò lunga pezza le
armi fortunate e i poderosi ingegni di Alessandro il Macedone. È vero
bensì che Gaza la forte pagò i suoi quattro mesi di resistenza con una
carneficina universale.
Tolomeo l'ebbe senza contrasto, ma dopo aver vinto Demetrio in
battaglia, sotto le sue mura, uccidendogli cinquemila uomini e
facendone prigioni ottomila. Antioco il Grande la distrusse, perchè
stata fedele a Tolomeo Filopatore. Risorse poco dopo, e al tempo dei
Maccabei resisteva virilmente all'assedio postole da Gionatan. Simone
III, più fortunato, se ne impadronì, mise a fil di spada gli abitanti
idolatri e ne rifece una città giudea.
Distrutta una seconda volta, e da Alessandro Janneo, che l'ebbe a
tradimento dopo dodici mesi d'assedio e le uccise in un giorno di
vendetta tutti i suoi cinquecento senatori, fu riedificata da Gabinio,
proconsole romano nella Siria, e da Augusto donata, come una città
greca, ad Erode. A vicenda cananea, giudea, filistea, greca, romana,
Gaza la forte diventò mussulmana come tante altre sue sorelle di
Palestina, ma restò fiera come prima per le sue mura saldamente girate
intorno al colle, e per la sua Maiuma, o porto di mare, importantissimo
scalo, quantunque di assai difficile approdo.
Al tempo di cui vi narro, la teneva l'emiro Mohammed el Kaddur, pel
califfo fatimita d'Egitto, o più veramente pel suo visir Afdhal, e più
ancora per sè, destreggiandosi come poteva tra i maneggi di Baldovino,
i comandi di Afdhal e le tentazioni di Bahr Ibn.
L'arrivo della _Caffara_ nella Maiuma di Gaza aveva insospettito
l'emiro, che si recò immantinente verso la spiaggia con un fitto stuolo
de' suoi cavalieri. Ma veduto di che si trattasse e letto il cortese
messaggio di Baldovino, fu lieto che si offrisse una occasione così
poco costosa di mostrare la sua benevolenza al re di Gerusalemme;
e, fatte le più amorevoli accoglienze ai viaggiatori, diede loro una
scorta, per andare, come disegnavano di fare, fino al deserto di Cades.
Colà infatti dicevano tutti che si trovasse Bahr Ibn, coi suoi seguaci,
in troppo scarso numero per tentare da capo una spedizione in Egitto.
Lo scudiero, come potete argomentare, voleva seguire i suoi compagni
di viaggio nella malagevole impresa. Caffaro di Caschifellone non
avrebbe amato che la giovinezza di lui si cimentasse in quella fatica,
e, peggio ancora, nei pericoli ond'era circondata. Almeno si fosse
saputo con certezza in qual luogo era, e se stabilmente piantato, il
protettore di Arrigo!
Nel dubbio, e perchè l'emiro Mohammed assicurava esser libera dai
predoni tutta la pianura di Sèfela, fu convenuto che la carovana
sarebbe andata fino al pozzo di Rehobot, donde poi solamente alcuni più
destri e animosi si sarebbero spinti innanzi, verso le gole di Cades.
La sera stessa di quel giorno che i nostri viaggiatori erano entrati in
Gaza, la carovana si pose in cammino verso il deserto.
Abd el Rhaman, il _krebir_, o condottiero della carovana, aveva detto
con quell'accento pacato, quasi solenne, così comune tra gli Arabi:
— Se piace a Dio, o Franchi, io vi condurrò. Le vie, le conosco,
così pure le sorgenti, e non vi accadrà di patire la sete. Infine, io
rispondo d'ogni cosa, salvo degli eventi di Dio. —
Le carovane, queste armate del deserto (sapete già che il cammello ne
è detto poeticamente la nave), non si avventurano mai senza una guida.
Il deserto è un mare di sabbia, ed ha, come l'altro, i suoi marosi, le
sue tempeste, i suoi frangenti. Ogni carovana obbedisce ciecamente al
suo condottiero, che è sempre un uomo di provata onestà e di accortezza
non comune. Il _krebir_ dirige il suo corso guardando alle stelle;
conosce per antica esperienza le vie, i pozzi, i pascoli, i luoghi
pericolosi e il modo di evitarli; i capi tra cui si dovrà passare, per
giungere alla meta; l'igiene a cui bisognerà conformarsi, i rimedii
contro le malattie, le fratture, il morso dei serpenti e la puntura
degli scorpioni. In quelle vaste solitudini, ove nulla sembra indicarvi
il cammino, dove le sabbie sconvolte non serbano la traccia del
viaggiatore, il _krebir_ ha sempre mille partiti per trovar la sua via.
Di nottetempo, se il cielo è fosco, solamente osservando una manata
di erba o di terriccio sabbioso, che tasta col dito, o fiuta, od anche
accosta alla lingua, egli indovina il luogo senza dare d'un quarto di
miglio più a destra o a mancina.
Abd el Rhaman era uno strano vecchio. Il suo sguardo severo ma buono
inspirava reverenza e la sua parola toccava il cuore. Ma se sotto la
tenda la sua lingua era snodata e franca, quando era in cammino parlava
breve, per via di sentenze, e le sue labbra non accennavano mai al
sorriso. Era poi un pozzo di proverbi, una miniera di citazioni del
Corano.
— Il Profeta ha detto, «non partite che in giovedì, e sempre
accompagnati. Soli, un demone vi segue; in due, avete due demoni che vi
tentano; in tre, siete custoditi contro i cattivi pensieri. Ma quando
siete in tre, sceglietevi un capo.» —
Il capo della spedizione era Gandolfo del Moro. Caffaro aveva bensì
fatto il proponimento di vigilare per tutti e su tutto; ma egli non
poteva negare quella prova di fiducia a Gandolfo, che era stato
il primo a disegnare l'impresa, e che, dopo tutto, si diportava
severamente, come uomo che, entrato sulla buona via, mostrava la ferma
risoluzione di perseverarvi.
Venti cammelli, coi loro cammellieri, formavano la scorta. Ogni
cammello portava una misura di cuscussù e due misure di datteri, un
otre di burro e due d'acqua, insieme con una secchia di cuoio per
abbeverare il suo laborioso portatore, e cento altre cose necessarie
del pari ad ogni lungo viaggio, dai grossi aghi per cucire i calzari,
fino all'esca per accendere il fuoco. E siccome per un viaggio di
quella fatta non bastava aver provveduto alla fame e alla sete, tutti
gli uomini della scorta procedevano armati di scimitarra e di lancia.
Caffaro aveva inoltre levato dalla galèa un drappello di arcadori
genovesi, che dovevano essere il nerbo della difesa in ogni occorrenza.
Il pericolo di brutto incontro non era infatti lontano; niente più
lontano, in quel deserto della Palestina, di quanto potesse esserlo in
que' tempi ogni solitaria campagna, o strada maestra della Cristianità.
A mezza giornata di cammino dalle mura di Gaza regnava la solitudine.
Tutta la contrada arida e brulla; qua e là soltanto collinette basse
e petrose, coronate da pochi ciuffi di lentisco, rompevano la triste
uniformità della pianura di sabbia.
Gli auspicii del viaggio erano stati buoni per gli uomini della scorta.
Gli Arabi pongono molta attenzione a cotesto, ed hanno superstizioni in
buon dato.
«Non prendere mai cammino (dicono essi) se la prima persona in cui
t'imbatti nell'uscire di casa è una donna brutta, o vecchia, od
altrimenti una schiava, se vedi un corvo che vola soletto e come
smarrito per aria, se due uomini altercano sulla via, e l'un d'essi
grida al compagno: Dio maledica tuo padre; perchè, quand'anco tu fossi
straniero a costoro, la maledizione potrebbe ricadere sul tuo capo.
«Ma se i tuoi occhi sono rallegrati dalla vista di una giovine donna,
o d'un bel cavaliere, o di un bel cavallo, se due corvi, il felice e
la felice, volano insieme davanti a te; se augurii, parole o nomi di
fausto presagio risuonano al tuo orecchio, prendi la via animoso; Dio,
che veglia sopra i suoi servitori, li avverte sempre con un presagio,
quando si mettono in cammino.»
Tuttavia, il _krebir_ non si teneva dispensato dal seguire i dettami
della prudenza. Al giungere della notte rizzava la sua tenda di cuoio
sul capo dei Cristiani confidati alla sua tutela; disponeva intorno a
essa i cavalli e i cammelli, e in giro a questi i suoi cammellieri, che
dormivano ravvolti nei loro mantelli e coperte, listate di bianco e di
nero.
Due guardiani, destinati a vicenda, vegliavano per tutti alla sicurezza
del campo. Ed anche su loro vegliava Abd el Rhaman. Si sarebbe potuto
dire che il vecchio _krebir_ usasse dormire da un occhio solo. Infatti,
d'ora in ora, si udiva la sua voce.
— Guardie, dormite?
— Vegliamo; — rispondevano i custodi.
— Iddio benedica il nostro viaggio; — soggiungeva il _krebir_.
E il silenzio tornava a regnare per un'ora sul campo.
La sera del quarto giorno di cammino, la carovana si attendava accanto
al pozzo di Rehobot. Era un luogo celebre e santificato, per gli Arabi,
dalla pietra sepolcrale di Sidì al Hadgì, un santo mussulmano, che
aveva fatto in suo vivente trentatrè viaggi alla Mecca, alcuni dei
quali come condottiero della carovana dei pellegrini, che ogni anno,
formata da varii punti di Palestina, si recava alla tomba del Profeta.
Il pozzo di Rehobot era una delle sue stazioni consuete, e la pietà dei
credenti aveva voluto consacrarne il ricordo, innalzando una cappella
nel luogo ove il santo pellegrino soleva piantare ogni anno la sua
tenda.
Intorno al pozzo sorgevano alcune palme, e poco lungi si vedevano
ruderi di antiche costruzioni. Quel luogo doveva essere stato un
ritrovo di viandanti e di pastori fino dagli antichissimi tempi, come
il pozzo, due giornate lontano da quello, «del Vivente che mi vede» ove
Agar ebbe il colloquio coll'angelo, e Isacco pose la sua stabile dimora
colla vaga figliuola di Batuele.
Colà i nostri viaggiatori trovarono un'altra carovana di Arabi, che da
Sefat scendevano verso l'Egitto.
— Siate i benvenuti! — gridarono i primi occupanti. — Siamo poveri, ma
daremo ogni cosa nostra agli _invitati di Dio_.
— Grazie; — rispose Abd el Rhaman. — Il Profeta ha detto: chi sarà
generoso otterrà venti grazie dal cielo; la sapienza, una parola
sicura, il timor di Dio, un cuor fiorito di contentezza; non odierà
nessuno, non sarà orgoglioso, non geloso; la tristezza si allontanerà
da lui, egli accoglierà tutti umanamente, sarà amato da tutti; tenuto
in pregio, quand'anche fosse di oscuri natali; le sue ricchezze si
accresceranno, la sua vita sarà benedetta; sarà paziente, discreto,
sempre di buon animo e non farà stima veruna dei beni terrestri; se
gli avverrà d'inciampare, Dio lo sosterrà, le sue colpe gli saranno
perdonate, e finalmente Dio lo custodirà da ogni male, che possa cadere
dal cielo, o sbucar dalla terra. —
Fatta questa intemerata, che i suoi correligionarii ascoltarono colla
massima devozione, il vecchio _krebir_ domandò:
— O uomini credenti in Dio, sapreste voi dirci dove si trovi lo
_Sciarif_, il fratello del glorioso califfo del Cairo?
— Bahr Ibn? — chiesero gli altri alla lor volta. — Bahr Ibn, il signore
del deserto?
— Sì, lui, il discendente del Profeta.
— Noi veniamo da Aroer, dove abbiano udito parlare di lui. Ma lo
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 10
  • Parts
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 01
    Total number of words is 4536
    Total number of unique words is 1717
    41.2 of words are in the 2000 most common words
    56.2 of words are in the 5000 most common words
    63.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 02
    Total number of words is 4588
    Total number of unique words is 1708
    41.6 of words are in the 2000 most common words
    58.6 of words are in the 5000 most common words
    66.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 03
    Total number of words is 4519
    Total number of unique words is 1817
    34.0 of words are in the 2000 most common words
    49.0 of words are in the 5000 most common words
    57.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 04
    Total number of words is 4498
    Total number of unique words is 1824
    38.4 of words are in the 2000 most common words
    54.4 of words are in the 5000 most common words
    62.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 05
    Total number of words is 4480
    Total number of unique words is 1703
    38.9 of words are in the 2000 most common words
    55.8 of words are in the 5000 most common words
    64.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 06
    Total number of words is 4492
    Total number of unique words is 1628
    40.9 of words are in the 2000 most common words
    57.7 of words are in the 5000 most common words
    65.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 07
    Total number of words is 4454
    Total number of unique words is 1658
    37.9 of words are in the 2000 most common words
    54.3 of words are in the 5000 most common words
    62.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 08
    Total number of words is 4479
    Total number of unique words is 1628
    40.8 of words are in the 2000 most common words
    57.0 of words are in the 5000 most common words
    65.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 09
    Total number of words is 4475
    Total number of unique words is 1749
    38.5 of words are in the 2000 most common words
    54.2 of words are in the 5000 most common words
    61.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 10
    Total number of words is 4550
    Total number of unique words is 1774
    37.4 of words are in the 2000 most common words
    54.1 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 11
    Total number of words is 4484
    Total number of unique words is 1681
    38.5 of words are in the 2000 most common words
    55.0 of words are in the 5000 most common words
    63.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 12
    Total number of words is 4475
    Total number of unique words is 1642
    39.1 of words are in the 2000 most common words
    55.3 of words are in the 5000 most common words
    63.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 13
    Total number of words is 4552
    Total number of unique words is 1581
    41.7 of words are in the 2000 most common words
    56.2 of words are in the 5000 most common words
    63.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 14
    Total number of words is 4512
    Total number of unique words is 1672
    38.0 of words are in the 2000 most common words
    55.7 of words are in the 5000 most common words
    63.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 15
    Total number of words is 4510
    Total number of unique words is 1621
    39.1 of words are in the 2000 most common words
    54.2 of words are in the 5000 most common words
    62.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 16
    Total number of words is 4486
    Total number of unique words is 1637
    39.9 of words are in the 2000 most common words
    55.9 of words are in the 5000 most common words
    63.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Diana degli Embriaci: Storia del XII secolo - 17
    Total number of words is 1536
    Total number of unique words is 705
    51.0 of words are in the 2000 most common words
    64.1 of words are in the 5000 most common words
    70.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.