Dal primo piano alla soffitta - 10
Total number of words is 4398
Total number of unique words is 1853
35.8 of words are in the 2000 most common words
50.8 of words are in the 5000 most common words
58.7 of words are in the 8000 most common words
celebrità culinaria. C'era specialmente un manicaretto di lepre che la
_lustrissima_ Chiaretta dichiarò la miglior cosa ch'ella avesse mangiata
in sua vita, e che le fece dimenticare per qualche minuto una cura
fierissima che la turbava. Il gatto Romeo, il bel soriano che la
contessa portava seco in villeggiatura, era sparito fin dalla sera
innanzi, e nessuno ne sapeva nuova. Si sperava che egli fosse in giro
per fini galanti e tornasse la mattina dopo, ch'era quella appunto in
cui il signor Oreste doveva lasciar la villa. Quella mattina, invece a
ora di colazione e quando il cuoco era già lontano, capitò un biglietto
misterioso indirizzato:
_A la lustrissima D. N.
Contessa Chiareta Bolatti
in_
_Sue Grassiose Mani._
Non c'erano che poche righe:
_Lustrisima sigora Contessa._
_Mi preggio avisarlla che il ragù di lepre da Ella mangato geri era
il gato Romeo. Ciò per sua cuiette. Le baco le mani e sonno il suo
cuocho per servilla_
ORESTE MEOLO.
La contessa Chiaretta ebbe un assalto di convulsioni e cadde nelle
braccia della nuora.
XVIII.
La salute non mai vigorosa di Sua Eccellenza Chiaretta ricevette una
scossa gravissima da questo tragico avvenimento. Solo il piacere della
vendetta, che dicono essere il piacere degli Dei, avrebbe potuto far
nascere in lei una benefica reazione, ma il vile uccisore di Romeo era
fuggito e le imperfette leggi della società moderna non tengono conto
del gatticidio. Onde alla _lustrissima_ Bollati non restò altro conforto
che quello di querelarsi e d'imputare al carbonarismo questa nuova
nefandità. Nè, ritornata di lì a poco a Venezia, e ridotta a vivere nel
secondo piano del suo palazzo, ella vi si trovò in tali condizioni da
poter rinfrancarsi di corpo e di spirito.
Adesso sì i Bollati cominciavano ad avvertir davvero i segni precursori
della miseria. Quegli stanzoni del secondo piano, non più abitati, non
più aperti quasi, dopo la morte del vecchio conte Leonardo, avrebbero
voluto lusso di addobbi a rivestirne le larghe pareti, e allegria di
fuochi crepitanti nel caminetto a mitigar il rigore delle lunghe sere
invernali. Invece la mobilia povera e scarsa mal nascondeva i guasti dei
muri screpolati e ammuffiti, e dall'ampie bocche dei caminetti senza
bragie e senza legna, anzichè il calore e la luce, veniva a buffate
l'aria umida e fredda. La sala che, simile a quella del primo
appartamento, divideva longitudinalmente il quartiere in due parti
uguali, era priva di tende e d'ogni specie di suppellettili e metteva i
brividi al solo affacciarvisi, nè la si poteva attraversare che
impellicciati e a capo coperto, provocando una fuga generale dei topi
che non avevano l'abitudine di esser disturbati nelle loro scorrerie.
C'era però una stanza ove i topi non si rintanavano, non fuggivano, ma
guardavano petulantemente l'uomo come un intruso, ed era la cosidetta
biblioteca o piuttosto archivio di famiglia, chè in fatto di libri non
ce n'eran stati troppi in palazzo neppure ai tempi della Serenissima, e
i Bollati, uomini d'azione più che di studio, avevano sempre avuto una
scarsa passione per la lettura. Ma quegli scaffali erano stati pieni di
filze, di buste, di pergamene, di registri che rendevano conto di tutte
le mutazioni avvenute nel patrimonio dallo scorcio del secolo
decimosesto fino alla caduta della Repubblica e ch'erano stati
spesso consultati dagli antichi e coscienziosi amministratori.
Subentrato poi il disordine col predecessore di _sior_ Bortolo e
inaugurato da _sior_ Bortolo stesso il regime dell'anarchia,
l'archivio cadde in assoluta dimenticanza o per meglio dire fu visitato
soltanto da qualche servo infedele che trafugava filze e registri per
venderle ai pizzicagnoli. Ora i rosicchianti compivano l'opera.
Moltiplicatisi prodigiosamente per virtù della vita comoda e delle
facili nozze, essi digerivano con la medesima disinvoltura la carta e il
cartone, lo spago e la pergamena, le prime note e i libri mastri, le
lettere dei gastaldi e quelle delle Eccellenze, i contratti e le
_mariegole_, le _commissioni_ degli ambasciatori e le _promissioni_
ducali. Per distruggerli ci sarebbe voluta una legione di gatti, ma si
preferiva di lasciarli in pace sperando che così rinuncierebbero ad
invadere il resto dell'appartamento. Solite e vane speranze dei deboli
nella moderazione dei forti.
La tristezza dei luoghi era accresciuta dalla solitudine e dal silenzio
che vi regnavano. Non c'era stato neanche bisogno di ridurre il numero
dei servitori; a eccezione di due rimasti o per fedeltà, o per
abitudine, o per la speranza di razzolare ancora qualche cosa, gli
altri, visto che il bottino era fatto, s'eran licenziati da sè. E anche
don Luigi aveva privato la famiglia delle sue prestazioni domestiche e
de' suoi conforti spirituali. Pover'uomo! Non aveva poi tutti i torti.
Sul resto poteva transigere, ma aveva almeno il diritto di mangiar bene,
e dopo la partenza del cuoco non c'era più caso di veder portare in
tavola un piatto decente. Il dotto istitutore del conte Leonardo se ne
andò carico di tutti i suoi manoscritti inediti, imprecando alla sorte
che lo aveva fatto nascere un secolo troppo tardi. Cent'anni prima egli
sarebbe invecchiato pacificamente presso i suoi Mecenati a' quali
avrebbe potuto dedicar le sue opere stampate a loro spese in edizione di
lusso.
In quanto agli antichi conoscenti alcuni non si facevano più vivi, altri
venivano per curiosare; primissima fra questi la contessa Ficcanaso a
cui non pareva vero di andar in giro per la città esclamando con aria
contrita:--Madonna Santa! Quei Bollati a che punto sono ridotti! È una
cosa che stringe il cuore.... Una famiglia come quella!... Io vado a
salutarli per amicizia, perchè non si vedano abbandonati da tutti, ma ci
patisco, in fede mia ci patisco.... Ma! Che lezione pei Rialdi i quali
han messo sossopra cielo e terra per accalappiare il conte Leonardo! Eh!
Se non fosse che per quella pettegola della contessa Zanze si dovrebbe
dire che c'è una giustizia a questo mondo.
Così a poco a poco la loquace femmina lasciava trasparire l'intima
soddisfazione recatale dalle disgrazie de' suoi amici.
E ormai cadevano come foglie secche le ultime illusioni di Fortunata. La
campagna aveva esercitato un'azione pacificatrice sul suo spirito, aveva
avuto la virtù di attutire in lei le impressioni spiacevoli, di render
più intense le impressioni gioconde. E poi la piccola Margherita era
tanto sorridente, pareva tanto felice di trovarsi all'aria aperta, in
mezzo all'erba, agli alberi, ai fiori, che la tenera madre non aveva
tempo da pensare ad altro, nemmeno all'abbandono del marito, nemmeno
alla povertà minacciosa. Oggi la scena era cambiata. La bimba non
sorrideva più, e perdeva il suo bel colore di rosa, e piagnucolava pei
geloni, e mostrava di non comprendere, senza poterlo dire ancora, perchè
l'avessero condotta in quelle stanze fredde e melanconiche invece di
lasciarla dov'era. La bimba non sorrideva più, e Fortunata, priva di
quel sorriso attraverso il quale le cose le erano apparse tinte d'una
luce gaia, si trovava a faccia a faccia con la nuda realtà, e guardava
paurosamente all'avvenire. Che sarebbe di lei, che sarebbe della sua
creatura?
Tentar di scuoter Leonardo, richiamarlo alla coscienza dei suoi doveri,
era impresa disperata. Testimonio, consapevole o no, d'una rovina che
del resto nessuna forza umana poteva evitare, il giovane conte Bollati
s'abbrutiva ogni giorno peggio nei vizii, e per resistere alle preghiere
e ai buoni consigli trovava un'energia che non aveva mai trovato per
fare il bene. Guai se sua moglie gli rivolgeva un'esortazione, un
rimprovero, guai s'ella rimaneva alzata ad aspettarlo quand'egli tornava
a casa nel cuor della notte! Egli la colmava di improperi e si scagliava
contro quelle santocchie che con le loro finzioni di tenerezza e i
sospiri e gli sdilinquimenti e le arie da vittime cercano di dettar la
legge agli uomini e di condurseli dietro come cagnolini. Non l'avevano
ancora capita ch'egli voleva esser libero? Non avevano capito che s'era
tenuto una stanza separata da quella di sua moglie e della bambina
appunto perchè intendeva andare e venire quando e come gli piacesse
senza render conti a nessuno?
Dopo un paio di queste scene, Fortunata non osava più farsi vedere, ma
d'altra parte ella non poteva pigliar sonno finchè non fosse sicura che
suo marito era in casa. E le accadeva sovente, dopo spento il lume, di
mettersi a sedere sul letto, col busto avviluppato in uno sciallo, con
le orecchie tese, con gli occhi fissi nel buio. Nei silenzi notturni le
giungeva distinto dal campanile della parrocchia il suono delle ore, le
due, le tre, le quattro talvolta; finalmente ella sentiva aprir la porta
dello scalone e Leonardo col suo passo strascicato attraversar la sala
ed entrar nella sua camera di cui richiudeva rumorosamente l'uscio
dietro di sè. Non c'era dubbio pur troppo ch'egli venisse a fare
un'improvvisata alla sua sposa, a dare un bacio alla sua figliuola.
Fortunata, singhiozzando, cacciava la testa sotto le coperte.
Intanto, come se le disgrazie fossero poche, la contessa Chiaretta
deperiva a vista d'occhio, e quella primavera bisognò per cagion sua
rinunziare alla campagna. Ella non aveva una malattia ben determinata;
aveva degli accessi di estrema debolezza da cui si rimetteva
temporaneamente per ricader poi nella prostrazione di prima. Il medico
di famiglia che la curava per amicizia tentennava il capo dicendo:--Non
ci vedo chiaro. Tanto può durare degli anni, tanto può morire da un
momento all'altro. Non lasciatela mai sola.
Sua Eccellenza, assistita a vicenda dalla nuora, dalla contessa Zanze e
da una vecchia fantesca, tirò innanzi sin verso la fine dell'estate
continuando ad attribuire ai carbonari tutti i guai pubblici e privati,
e lagnandosi col suo padre spirituale monsignor Lipari (il buon canonico
di San Marco che aveva favorito il matrimonio di Fortunata e Leonardo)
della eccessiva tolleranza dei Governi verso i nemici del trono e
dell'altare. Ma quando nel giugno 1846 Pio Nono salì al Pontificato e un
mese dopo la sua elezione promulgò l'amnistia pei delitti politici, la
contessa Chiaretta non potè resistere a questo nuovo colpo, e prese
commiato da un mondo ove l'ordine naturale delle cose era sconvolto e i
patrizi veneti andavano in rovina e i Papi facevano all'amore coi
rivoluzionari.
Lo scarso numero di gondole che seguirono al cimitero il feretro della
defunta dimostrò a luce di meriggio quanto in basso fossero caduti i
Bollati. E pensare che ott'anni prima mezza Venezia era accorsa ai
funerali del conte Leonardo!
--Buffoni!--brontolava Sua Eccellenza Zaccaria prendendo nota dei pochi
ch'eran venuti e dei molti ch'eran mancati.--Credono che non siamo più
quelli d'una volta. Come resteranno intontiti quando principierò a
mettere in circolazione l'oro della mia miniera!
Con questa fissazione in testa, il conte Zaccaria non ebbe campo di
sentir troppo profondamente la perdita ch'egli aveva fatta. Solo
esternava il rammarico che sua moglie non fosse vissuta abbastanza da
veder rifiorire le condizioni economiche della famiglia. Invece
Leonardo, che si rideva della miniera paterna, provò lo sbigottimento
che i pusillanimi provano sempre allo spettacolo della morte. Dalla
finestra egli accompagnò con lo sguardo il funebre corteggio che usciva
dal portone del palazzo per avviarsi alla chiesa; poi si rannicchiò
pallido e smarrito presso la moglie che, interpretando quell'atto come
un segno di resipiscenza e rasciugandosi le lagrime che le sgorgavano
sincere e abbondanti dal ciglio,--Oh Leonardo--gli disse--per la memoria
della tua povera mamma che adesso è lassù a pregare per noi, per amor di
questa bambina innocente che è pur figlia tua, fa senno, Leonardo. Se è
proprio destinato che la miseria debba picchiare alla nostra porta,
pazienza.... Vogliamoci bene almeno noi che siamo rimasti al mondo,
viviamo l'uno per l'altro, e tutte le privazioni ci parranno lievi....
Credilo pure, la vita che fai non può darti alcuno soddisfazione, non
può che rovinare la tua salute.
Quest'era l'argomento che poteva colpire di più un uomo come Leonardo. E
infatti per alcuni giorni, fosse effetto delle parole di Fortunata,
fosse l'impressione del lutto recente, egli sfuggì i soliti amici e
passò la maggior parte della giornata in casa, contentandosi, miracolo
davvero nuovo per lui, di uscir tre sere di seguito in compagnia della
moglie. Senonchè le abitudini dissolute hanno fra gli altri guai anche
questo, che chi vuol levarsele d'addosso deve non solo combattere le sue
inclinazioni, ma deve pur rassegnarsi a soffrire per qualche tempo cento
piccoli acciacchi sinchè il corpo si avvezzi al cambiamento di stato.
Leonardo, uso a cercare un vigore fittizio nelle bibite spiritose, uso a
respirar l'aria viziata ma calda delle osterie e delle alcove, provava
un malessere indefinibile, un senso di spossatezza, di freddo, di cui
non riusciva a liberarsi. Se si guardava nello specchio, si sgomentava
della sua tinta terrea, dei suoi occhi infossati, delle sue guancie
cascanti; gli pareva di sentirsi vecchio e attribuiva alla breve
astinenza quello ch'era effetto del lungo libertinaggio.
Uno de' suoi compagni di stravizzi, vistolo una mattina per la strada,
gli corse dietro, e battendogli sulla spalla--ehi Bollati--gli
disse--come va?... Hai fatto divorzio dal mondo... Capisco... la perdita
della madre... È una gran disgrazia... ma che farci? siamo tutti
mortali, e i vecchi bisogna che se ne vadano prima dei giovani.... Tu
però... non ci avevo badato... hai l'aria molto patita, sai?...
--Ti pare?--balbettò Leonardo sbigottito di sentir dal labbro di
un'altra persona la conferma di ciò che s'era detto lui stesso.
--Sì, parola d'onore.... Del resto, se stai bene....
--Oh sì, sto bene... sono un po' fiacco....
--Si vede.... Andiamo a prendere un bicchierino di _cognac_?
--No, no....
--Andiamo; pago io.... Voglio procurarmi il piacere di servir Sua
Eccellenza il nobiluomo Leonardo Bollati.... Sua Eccellenza non si
degna?
Leonardo cedette, e dopo bevuto quel bicchierino ripetè l'ordinazione, e
questa volta pagò lui, per sè e per l'amico. Il magico liquore entrava
nel suo stomaco come un padrone che rientra in casa dopo qualche tempo
d'assenza; casa e padrone si riconoscono e sono contenti di ritrovarsi.
--Auff!--esclamò il Bollati tirando un gran respiro.--Adesso sono un
altro uomo.
--Lo credo io--soggiunse il compagno.--Hai subito rifatto una cera da
cristiano.
--Davvero?
--Sicuramente.... Non c'è nulla che ristori come un sorso di
_cognac_.... Si prende un terzo bicchierino?
--Un terzo poi... è troppo.
--Ma che ubbie.... Questo lo giocheremo a pari e dispari.
Così fu fatto e Leonardo perdette.
--A dar retta alle donne si dovrebbe adottare il regime dell'acqua e
latte--egli disse leccandosi le labbra.
--Non tutte le donne però--rimbeccò l'altro.--Ti rammenti della
Mariannina?
--Quale? La figurante della _Fenice_?--domandò il conte Leonardo con gli
occhietti lustri.
--Quella appunto.... Che bevitrice!... È a Venezia di nuovo....
--Diavolo! Da quando?
--Da poco.... Stasera è a cena con noi altri al _Cappello_.... Dovresti
venire anche tu....
--Io?... No.... Sono in lutto....
--Capisco.... Se si trattasse d'una gran cena, se ci dovesse essere
molta gente.... Ma è una cenetta senza pretesa.... non siamo che in
cinque, io, per non dimenticarmi, Arduzzi, Caldieri, Dal Maido e la
Mariannina.... Vieni, vieni....
--No... oltre al lutto... se tu sapessi... ho tanti fastidi....
--Ragione di più per distrarsi.
--Quel maledetto _sior_ Bortolo mi lesina il centesimo....
--Eh... non siamo _in floribus_ nessuno. Appunto per questo s'è limitata
la spesa... Quattro svanziche a testa compreso il vino.... Poi si
pagherà una bottiglia alla Mariannina, tanto per vederla un po'
brilla.... Sai che originale è quando ha bevuto più del bisogno.... Tre
anni fa, al Ridotto, non ti ricordi?
Leonardo si mise a ridere. Se si ricordava! Una notte allegra come
quella non l'aveva passata mai.
L'idea di veder la Mariannina un po' brilla esercitava un fascino
singolare sull'animo del giovane conte. E dopo altri tentennamenti, egli
si risolse ad andare al ritrovo.
E vi andò infatti, ed ebbe il piacere di veder la Mariannina un po'
brilla, ma sembra che non uscisse neppur lui dalla cena in condizioni
normali, se gli amici stimarono opportuno di accompagnarlo a casa e di
aiutarlo a metter la chiave nel buco della serratura.
Spuntava il giorno e Fortunata non aveva ancora chiuso occhio. Le sue
speranze di ricondurre il marito sulla retta via erano durate una
settimana.
XIX.
A grado a grado, da quella facilità di illudersi che possono avere anche
i savi, il conte Zaccaria era arrivato a quell'allucinazione permanente
che non hanno se non i pazzi. La sua era una pazzia ilare, innocua,
tranquilla, ma era pur sempre una pazzia, e quand'egli discorreva in
tuono di profonda convinzione dell'immense ricchezze che dovevano
venirgli da cento parti, era impossibile prendere abbaglio sul vero
stato del suo cervello. Tuttavia, in complesso, egli era più da
invidiare che da compiangere. In mezzo al crollo della sua fortuna, egli
stava sereno ed impavido come l'uomo giusto d'Orazio. Non si poteva
andar più a villeggiar sulla Brenta perchè la tenuta era stata mandata
all'asta dai creditori? Egli si stringeva nelle spalle, e diceva che non
gliene importava nulla perchè la Brenta gli era venuta in uggia e voleva
fra poco comperarsi una villa di suo gusto, in collina. Gli stessi
creditori, insaziabili arpie, s'impadronivano del podere situato in
Friuli, proprio quello in cui avrebbe dovuto esserci la famosa miniera?
Il nostro gentiluomo sorrideva con aria di superiorità:--Bah! Il podere
se lo piglino pure.... Quattro campi sterili.... Ma il diritto sulla
miniera l'ho sempre io.... Carta canta.--E tirava fuori una carta, ove
coloro che avevano fatto il sequestro dichiaravano realmente di
rinunziare ai prodotti della _eventuale miniera aurifera che si trovasse
sul fondo_. Questa dichiarazione da burla s'era ottenuta senza fatica,
giacchè, dal conte Zaccaria in fuori, non c'era nessuno che prendesse
sul serio l'esistenza della miniera.
A metter di buon umore Sua Eccellenza Bollati contribuiva altresì il
fermento politico che andava propagandosi per l'Italia. Dopo la morte
della contessa Chiaretta, ch'era una reazionaria di tre cotte, il conte
Zaccaria aveva spiegato una certa propensione alle idee liberali. Diceva
ch'era tempo di finirla, che i popoli erano stanchi d'esser trattati
come pecore, e che il Governo austriaco non meritava più la fiducia dei
Veneziani. Chi sa? Forse egli non era alieno dal credere alla
risurrezione della Serenissima, nel qual caso, se non facevano doge lui,
chi dovevano fare? Ma sopratutto era entusiasta di Pio IX, vero
italiano, vero capo della Chiesa, vero padre dei fedeli. Quello era un
uomo che doveva stabilir il regno della giustizia nel mondo, e per
cominciar bene il _lustrissimo_ Zaccaria sperava che Sua Santità avrebbe
fatto giustizia a lui nella rivendicazione dagli eredi Steno. Poichè la
sostanza Steno era andata a finire da un pezzo nelle mani della Pia
fondazione dei Catecumeni, fondazione, come ognun vede, d'indole
religiosa, e quindi tale da permettere al Papa di guardarci dentro e di
farle restituire il male acquistato. I legali avevano un bel dire che,
quand'anche il credito dei Bollati verso gli Steno fosse stato
sacrosanto, esso era ormai caduto in prescrizione da più d'un secolo; il
conte Zaccaria li lasciava discorrere e sorrideva sotto i baffi. Se il
Papa prendeva le sue parti, importava molto la prescrizione! E a Sua
Santità egli aveva spedito un _memorandum_ di venti pagine tutte scritte
di suo pugno, e non dubitava nemmeno di riceverne presto o tardi una
risposta favorevole. Certo che non bisognava aver fretta; il Sommo
Pontefice era tanto occupato!
Una sola cosa turbava l'ottimismo di Sua Eccellenza Bollati, ed era
l'impossibilità di ottenere l'aiuto del figlio nell'esecuzione dei suoi
disegni. Quel Leonardo era sempre un ragazzaccio, e il conte Zaccaria
non lo nominava senza una certa inflessione di voce e una certa
scrollatina del capo più eloquenti d'ogni parola.--Quel Leonardo--egli
diceva nei momenti di maggiore espansione--non è cresciuto come speravo.
E sì che non si è risparmiato nulla per la sua educazione, e non gli son
mancati i buoni consigli.... Ma! Fatalità!... Capisco; le donne, il
giuoco, il vino sono una gran tentazione per un giovinotto
dell'aristocrazia che non può vivere come un anacoreta, specialmente
quando gli corre nelle vene il sangue dei Bollati;... ma, santo Iddio,
c'è modo e modo... _est modus in rebus...._ Io, per esempio... sì... mi
sono divertito... sempre nei limiti però... sempre tenendo alto il
decoro della famiglia... sempre trovando il tempo d'occuparmi degli
affari, quantunque la gente non lo credesse.... Adesso mi renderanno
giustizia.... Eh, se non ci fossi stato io che scovavo fuori quei due
filoni della miniera e dell'affare Steno, l'aveva da esser bella con
questi anni di cattivi raccolti, con questa petulanza di creditori che
fanno atti, sequestri e ogni specie di porcherie senza un riguardo al
mondo, e come s'io fossi un bifolco simile a loro.... Del resto io me ne
rido... so che a loro marcio dispetto lascierò ai miei eredi il
patrimonio quadruplicato. In fede mia, Leonardo non lo meriterebbe, no
davvero, non lo meriterebbe.
Quanto più il conte Zaccaria si persuadeva dei demeriti del figliuolo,
tanto più egli si mostrava gentile con la nuora. Lodava la sua pazienza
col marito, la sua bontà con la piccina, la sua attitudine a capir le
cose (poveretta! ella ascoltava a bocca aperta i suoi spropositi senza
osare di contraddirgli) e largheggiava sempre maggiormente nelle
promesse. Basta; se ne sarebbe accorta un giorno, dopo la sua morte.
In mezzo a queste volate d'una fantasia inferma c'era però un
sentimento vero. Il conte Zaccaria aveva preso sul serio a voler bene a
Fortunata. Era una di quelle tenerezze della vecchiaia che somigliano
tanto alle tenerezze dell'infanzia, una di quelle tenerezze alimentate
piuttosto dai sacrifizii che esigono che da quelli che fanno. Nondimeno
Fortunata se ne contentava, e nel suo cruccio di vedersi mancar l'amore
del marito, le dimostrazioni affettuose del suocero erano di gran
conforto per essa. Tanto più che la benevolenza del conte si estendeva
alla nipotina, alla quale egli mostrava una tenerezza che non aveva mai
mostrato ai suoi due figliuoli. La bimba, dal canto suo, aveva pel nonno
una simpatia appena agguagliata dalla ripugnanza invincibile ch'ella
provava pel babbo. Già il babbo non le aveva mai fatto una carezza; era
sempre cupo, stralunato, negletto nel vestire, con la barba ispida e i
capelli arruffati; il nonno invece la pigliava volentieri in collo, le
regalava delle chicche e l'affidava col suo viso ordinariamente sereno,
con la persona linda e pulita, con l'intonazione amichevole dei lunghi
discorsi ch'egli teneva alla mamma, passeggiando su e giù per la stanza,
gestendo anche con vivacità, ma senza perdere una tal quale compostezza
di gentiluomo.
Suocero e nuora uscivano sovente a braccetto, e andavano ora a fare una
giratina sulla Riva degli Schiavoni, ora a prendere il caffè da Suttil
in piazza San Marco, ove qualcuno dei conoscenti si accostava al loro
tavolino per barattar quattro chiacchiere. Gli altri avventori si
guardavano strizzando l'occhio e tentennando la testa; poi, quando i
Bollati non c'erano più in bottega, principiavano i commenti.
--È matto....
--Un matto allegro.... Non parla che delle sue ricchezze....
--Invece siamo agli sgoccioli, non è vero?
--Altro che agli sgoccioli!... Tutte le campagne all'asta... citazioni,
oppignorazioni da tutte le parti....
--Uno di questi giorni andrà all'incanto anche il palazzo.
--Lo comprerà il _Milord_.
--Probabile.
--C'è sempre quella gioia del _sior_ Bortolo?
--Sì, c'è ancora... finchè può raspare.
--È stato la rovina della famiglia.
--Ci ha cooperato sicuro.... Ma se avessero avuto un po' di cervello i
padroni....
--E il figliuolo? Vi par poco?
--Non discorriamone neanche.... Quello ha tutti i vizi.... Ed è
crivellato di debiti per suo conto particolare.
--Sì, come se non bastassero quelli della casa.
--Non si capisce nemmeno come tirino innanzi.
--Ma! Vendendo o impegnando il poco che resta.... Le fortune colossali
lascian sempre qualche piccolo avanzo....
--Pensare che si trattava di milioni!
--E il genero e la figlia dove sono?
--In Boemia, in Moravia, che so io?... Indebitati fino agli occhi anche
loro....
--Che _patatrac_!
--La bella speculazione che ha fatto la ragazza Rialdi sposando Leonardo
Bollati!
--Bella tanto! È stata la madre.... Lei, poveretta, s'era innamorata
proprio del cugino....
--E gliene aveva date le prove....
--Casi che nascono!
--Del resto, sarà una buona diavola, ma fisicamente non vai nulla....
--Nulla affatto.... Mostra dieci anni di più di quelli che ha.
Dev'essere giovanissima.
--Oh sì.... Ventuno, ventidue anni al massimo....
--Ebbene se gliene darebbero trenta....
--Il curioso si è che oggi i Rialdi sono in migliori condizioni dei
Bollati.
--Non c'è dubbio.... Tanto più se, come dicono, il conte Luca sta per
diventar consigliere d'appello.
--Consigliere d'appello! Con quei meriti! Non ha fatto mai altro che
giocare agli scacchi.
--Eh, è un posto che gli viene per anzianità.
--Il figlio, ch'è in marina, si farà strada....
--L'ufficiale? Sì, è un giovane d'ingegno, ma una testa calda, una testa
calda.... Uhm!... Vi ricordate la faccenda del duello? E la scena al
Casino?
--Quella volta se non c'era qualche santo che lo proteggeva l'andava a
finir male per lui. Prender la difesa dei Bandiera? Nella sua posizione?
Mentre si tenevano tali discorsi sul conto dei Bollati e dei Rialdi, il
nobiluomo Zaccaria, tornando a casa con la nuora, giudicava severamente
le _cariatidi_ del Caffè Suttil.
--Quella è gente buona da mettere in museo--egli diceva--gente che non
capisce i tempi, come la povera Chiaretta.... E poi tutti rovinati, sai,
tutti, senza eccezione....
I tempi che il conte Zaccaria credeva di capire si facevano sempre più
grossi, e dall'Alpi al Mar Jonio era un fremito di vita nuova che si
manifestava negli scritti, nelle adunanze, nelle dimostrazioni di
piazza. Il nome d'Italia, lasciato un giorno ai poeti ed ai rétori, era
oggi sulle labbra del popolo e non significava più una memoria, ma una
speranza, ma un affetto sentito e gagliardo, preparatore d'opere virili.
E l'amore di patria portava seco come natural conseguenza l'odio contro
il dominio straniero. Palesemente ove non c'eran gli Austriaci,
velatamente nelle terre lombardo venete, si parlava d'una prossima
alzata di scudi; con quali armi non si sapeva ancora, ma gl'Italiani si
contavano, e già pareva loro d'esser tutti soldati per la guerra santa.
I muri si coprivano d'iscrizioni di _Morte ai Tedeschi_.--_W.
l'Italia_--_W. Pio Nono_; strana eppur quasi universale illusione che
associava l'idea del riscatto al nome d'un Papa. E anche Venezia,
accusata fino a quei giorni di spiriti fiacchi, usciva dal lungo
torpore. Il sonnolento Ateneo non isdegnava di entrar esso pure nella
corrente rivoluzionaria e iniziava la discussione d'argomenti sociali ed
economici; le onoranze a Riccardo Cobden nel luglio 1847 furono un
pretesto per inneggiare alla libertà, e il Congresso dei dotti
raccoltosi nel settembre in Palazzo ducale servì a stringer saldi legami
di pensiero e d'affetto tra i migliori uomini della Penisola.
Questa sinfonia allegra del dramma sanguinoso che doveva rappresentarsi
nel 1848 era fatta apposta per isconvolgere interamente la testa debole
_lustrissima_ Chiaretta dichiarò la miglior cosa ch'ella avesse mangiata
in sua vita, e che le fece dimenticare per qualche minuto una cura
fierissima che la turbava. Il gatto Romeo, il bel soriano che la
contessa portava seco in villeggiatura, era sparito fin dalla sera
innanzi, e nessuno ne sapeva nuova. Si sperava che egli fosse in giro
per fini galanti e tornasse la mattina dopo, ch'era quella appunto in
cui il signor Oreste doveva lasciar la villa. Quella mattina, invece a
ora di colazione e quando il cuoco era già lontano, capitò un biglietto
misterioso indirizzato:
_A la lustrissima D. N.
Contessa Chiareta Bolatti
in_
_Sue Grassiose Mani._
Non c'erano che poche righe:
_Lustrisima sigora Contessa._
_Mi preggio avisarlla che il ragù di lepre da Ella mangato geri era
il gato Romeo. Ciò per sua cuiette. Le baco le mani e sonno il suo
cuocho per servilla_
ORESTE MEOLO.
La contessa Chiaretta ebbe un assalto di convulsioni e cadde nelle
braccia della nuora.
XVIII.
La salute non mai vigorosa di Sua Eccellenza Chiaretta ricevette una
scossa gravissima da questo tragico avvenimento. Solo il piacere della
vendetta, che dicono essere il piacere degli Dei, avrebbe potuto far
nascere in lei una benefica reazione, ma il vile uccisore di Romeo era
fuggito e le imperfette leggi della società moderna non tengono conto
del gatticidio. Onde alla _lustrissima_ Bollati non restò altro conforto
che quello di querelarsi e d'imputare al carbonarismo questa nuova
nefandità. Nè, ritornata di lì a poco a Venezia, e ridotta a vivere nel
secondo piano del suo palazzo, ella vi si trovò in tali condizioni da
poter rinfrancarsi di corpo e di spirito.
Adesso sì i Bollati cominciavano ad avvertir davvero i segni precursori
della miseria. Quegli stanzoni del secondo piano, non più abitati, non
più aperti quasi, dopo la morte del vecchio conte Leonardo, avrebbero
voluto lusso di addobbi a rivestirne le larghe pareti, e allegria di
fuochi crepitanti nel caminetto a mitigar il rigore delle lunghe sere
invernali. Invece la mobilia povera e scarsa mal nascondeva i guasti dei
muri screpolati e ammuffiti, e dall'ampie bocche dei caminetti senza
bragie e senza legna, anzichè il calore e la luce, veniva a buffate
l'aria umida e fredda. La sala che, simile a quella del primo
appartamento, divideva longitudinalmente il quartiere in due parti
uguali, era priva di tende e d'ogni specie di suppellettili e metteva i
brividi al solo affacciarvisi, nè la si poteva attraversare che
impellicciati e a capo coperto, provocando una fuga generale dei topi
che non avevano l'abitudine di esser disturbati nelle loro scorrerie.
C'era però una stanza ove i topi non si rintanavano, non fuggivano, ma
guardavano petulantemente l'uomo come un intruso, ed era la cosidetta
biblioteca o piuttosto archivio di famiglia, chè in fatto di libri non
ce n'eran stati troppi in palazzo neppure ai tempi della Serenissima, e
i Bollati, uomini d'azione più che di studio, avevano sempre avuto una
scarsa passione per la lettura. Ma quegli scaffali erano stati pieni di
filze, di buste, di pergamene, di registri che rendevano conto di tutte
le mutazioni avvenute nel patrimonio dallo scorcio del secolo
decimosesto fino alla caduta della Repubblica e ch'erano stati
spesso consultati dagli antichi e coscienziosi amministratori.
Subentrato poi il disordine col predecessore di _sior_ Bortolo e
inaugurato da _sior_ Bortolo stesso il regime dell'anarchia,
l'archivio cadde in assoluta dimenticanza o per meglio dire fu visitato
soltanto da qualche servo infedele che trafugava filze e registri per
venderle ai pizzicagnoli. Ora i rosicchianti compivano l'opera.
Moltiplicatisi prodigiosamente per virtù della vita comoda e delle
facili nozze, essi digerivano con la medesima disinvoltura la carta e il
cartone, lo spago e la pergamena, le prime note e i libri mastri, le
lettere dei gastaldi e quelle delle Eccellenze, i contratti e le
_mariegole_, le _commissioni_ degli ambasciatori e le _promissioni_
ducali. Per distruggerli ci sarebbe voluta una legione di gatti, ma si
preferiva di lasciarli in pace sperando che così rinuncierebbero ad
invadere il resto dell'appartamento. Solite e vane speranze dei deboli
nella moderazione dei forti.
La tristezza dei luoghi era accresciuta dalla solitudine e dal silenzio
che vi regnavano. Non c'era stato neanche bisogno di ridurre il numero
dei servitori; a eccezione di due rimasti o per fedeltà, o per
abitudine, o per la speranza di razzolare ancora qualche cosa, gli
altri, visto che il bottino era fatto, s'eran licenziati da sè. E anche
don Luigi aveva privato la famiglia delle sue prestazioni domestiche e
de' suoi conforti spirituali. Pover'uomo! Non aveva poi tutti i torti.
Sul resto poteva transigere, ma aveva almeno il diritto di mangiar bene,
e dopo la partenza del cuoco non c'era più caso di veder portare in
tavola un piatto decente. Il dotto istitutore del conte Leonardo se ne
andò carico di tutti i suoi manoscritti inediti, imprecando alla sorte
che lo aveva fatto nascere un secolo troppo tardi. Cent'anni prima egli
sarebbe invecchiato pacificamente presso i suoi Mecenati a' quali
avrebbe potuto dedicar le sue opere stampate a loro spese in edizione di
lusso.
In quanto agli antichi conoscenti alcuni non si facevano più vivi, altri
venivano per curiosare; primissima fra questi la contessa Ficcanaso a
cui non pareva vero di andar in giro per la città esclamando con aria
contrita:--Madonna Santa! Quei Bollati a che punto sono ridotti! È una
cosa che stringe il cuore.... Una famiglia come quella!... Io vado a
salutarli per amicizia, perchè non si vedano abbandonati da tutti, ma ci
patisco, in fede mia ci patisco.... Ma! Che lezione pei Rialdi i quali
han messo sossopra cielo e terra per accalappiare il conte Leonardo! Eh!
Se non fosse che per quella pettegola della contessa Zanze si dovrebbe
dire che c'è una giustizia a questo mondo.
Così a poco a poco la loquace femmina lasciava trasparire l'intima
soddisfazione recatale dalle disgrazie de' suoi amici.
E ormai cadevano come foglie secche le ultime illusioni di Fortunata. La
campagna aveva esercitato un'azione pacificatrice sul suo spirito, aveva
avuto la virtù di attutire in lei le impressioni spiacevoli, di render
più intense le impressioni gioconde. E poi la piccola Margherita era
tanto sorridente, pareva tanto felice di trovarsi all'aria aperta, in
mezzo all'erba, agli alberi, ai fiori, che la tenera madre non aveva
tempo da pensare ad altro, nemmeno all'abbandono del marito, nemmeno
alla povertà minacciosa. Oggi la scena era cambiata. La bimba non
sorrideva più, e perdeva il suo bel colore di rosa, e piagnucolava pei
geloni, e mostrava di non comprendere, senza poterlo dire ancora, perchè
l'avessero condotta in quelle stanze fredde e melanconiche invece di
lasciarla dov'era. La bimba non sorrideva più, e Fortunata, priva di
quel sorriso attraverso il quale le cose le erano apparse tinte d'una
luce gaia, si trovava a faccia a faccia con la nuda realtà, e guardava
paurosamente all'avvenire. Che sarebbe di lei, che sarebbe della sua
creatura?
Tentar di scuoter Leonardo, richiamarlo alla coscienza dei suoi doveri,
era impresa disperata. Testimonio, consapevole o no, d'una rovina che
del resto nessuna forza umana poteva evitare, il giovane conte Bollati
s'abbrutiva ogni giorno peggio nei vizii, e per resistere alle preghiere
e ai buoni consigli trovava un'energia che non aveva mai trovato per
fare il bene. Guai se sua moglie gli rivolgeva un'esortazione, un
rimprovero, guai s'ella rimaneva alzata ad aspettarlo quand'egli tornava
a casa nel cuor della notte! Egli la colmava di improperi e si scagliava
contro quelle santocchie che con le loro finzioni di tenerezza e i
sospiri e gli sdilinquimenti e le arie da vittime cercano di dettar la
legge agli uomini e di condurseli dietro come cagnolini. Non l'avevano
ancora capita ch'egli voleva esser libero? Non avevano capito che s'era
tenuto una stanza separata da quella di sua moglie e della bambina
appunto perchè intendeva andare e venire quando e come gli piacesse
senza render conti a nessuno?
Dopo un paio di queste scene, Fortunata non osava più farsi vedere, ma
d'altra parte ella non poteva pigliar sonno finchè non fosse sicura che
suo marito era in casa. E le accadeva sovente, dopo spento il lume, di
mettersi a sedere sul letto, col busto avviluppato in uno sciallo, con
le orecchie tese, con gli occhi fissi nel buio. Nei silenzi notturni le
giungeva distinto dal campanile della parrocchia il suono delle ore, le
due, le tre, le quattro talvolta; finalmente ella sentiva aprir la porta
dello scalone e Leonardo col suo passo strascicato attraversar la sala
ed entrar nella sua camera di cui richiudeva rumorosamente l'uscio
dietro di sè. Non c'era dubbio pur troppo ch'egli venisse a fare
un'improvvisata alla sua sposa, a dare un bacio alla sua figliuola.
Fortunata, singhiozzando, cacciava la testa sotto le coperte.
Intanto, come se le disgrazie fossero poche, la contessa Chiaretta
deperiva a vista d'occhio, e quella primavera bisognò per cagion sua
rinunziare alla campagna. Ella non aveva una malattia ben determinata;
aveva degli accessi di estrema debolezza da cui si rimetteva
temporaneamente per ricader poi nella prostrazione di prima. Il medico
di famiglia che la curava per amicizia tentennava il capo dicendo:--Non
ci vedo chiaro. Tanto può durare degli anni, tanto può morire da un
momento all'altro. Non lasciatela mai sola.
Sua Eccellenza, assistita a vicenda dalla nuora, dalla contessa Zanze e
da una vecchia fantesca, tirò innanzi sin verso la fine dell'estate
continuando ad attribuire ai carbonari tutti i guai pubblici e privati,
e lagnandosi col suo padre spirituale monsignor Lipari (il buon canonico
di San Marco che aveva favorito il matrimonio di Fortunata e Leonardo)
della eccessiva tolleranza dei Governi verso i nemici del trono e
dell'altare. Ma quando nel giugno 1846 Pio Nono salì al Pontificato e un
mese dopo la sua elezione promulgò l'amnistia pei delitti politici, la
contessa Chiaretta non potè resistere a questo nuovo colpo, e prese
commiato da un mondo ove l'ordine naturale delle cose era sconvolto e i
patrizi veneti andavano in rovina e i Papi facevano all'amore coi
rivoluzionari.
Lo scarso numero di gondole che seguirono al cimitero il feretro della
defunta dimostrò a luce di meriggio quanto in basso fossero caduti i
Bollati. E pensare che ott'anni prima mezza Venezia era accorsa ai
funerali del conte Leonardo!
--Buffoni!--brontolava Sua Eccellenza Zaccaria prendendo nota dei pochi
ch'eran venuti e dei molti ch'eran mancati.--Credono che non siamo più
quelli d'una volta. Come resteranno intontiti quando principierò a
mettere in circolazione l'oro della mia miniera!
Con questa fissazione in testa, il conte Zaccaria non ebbe campo di
sentir troppo profondamente la perdita ch'egli aveva fatta. Solo
esternava il rammarico che sua moglie non fosse vissuta abbastanza da
veder rifiorire le condizioni economiche della famiglia. Invece
Leonardo, che si rideva della miniera paterna, provò lo sbigottimento
che i pusillanimi provano sempre allo spettacolo della morte. Dalla
finestra egli accompagnò con lo sguardo il funebre corteggio che usciva
dal portone del palazzo per avviarsi alla chiesa; poi si rannicchiò
pallido e smarrito presso la moglie che, interpretando quell'atto come
un segno di resipiscenza e rasciugandosi le lagrime che le sgorgavano
sincere e abbondanti dal ciglio,--Oh Leonardo--gli disse--per la memoria
della tua povera mamma che adesso è lassù a pregare per noi, per amor di
questa bambina innocente che è pur figlia tua, fa senno, Leonardo. Se è
proprio destinato che la miseria debba picchiare alla nostra porta,
pazienza.... Vogliamoci bene almeno noi che siamo rimasti al mondo,
viviamo l'uno per l'altro, e tutte le privazioni ci parranno lievi....
Credilo pure, la vita che fai non può darti alcuno soddisfazione, non
può che rovinare la tua salute.
Quest'era l'argomento che poteva colpire di più un uomo come Leonardo. E
infatti per alcuni giorni, fosse effetto delle parole di Fortunata,
fosse l'impressione del lutto recente, egli sfuggì i soliti amici e
passò la maggior parte della giornata in casa, contentandosi, miracolo
davvero nuovo per lui, di uscir tre sere di seguito in compagnia della
moglie. Senonchè le abitudini dissolute hanno fra gli altri guai anche
questo, che chi vuol levarsele d'addosso deve non solo combattere le sue
inclinazioni, ma deve pur rassegnarsi a soffrire per qualche tempo cento
piccoli acciacchi sinchè il corpo si avvezzi al cambiamento di stato.
Leonardo, uso a cercare un vigore fittizio nelle bibite spiritose, uso a
respirar l'aria viziata ma calda delle osterie e delle alcove, provava
un malessere indefinibile, un senso di spossatezza, di freddo, di cui
non riusciva a liberarsi. Se si guardava nello specchio, si sgomentava
della sua tinta terrea, dei suoi occhi infossati, delle sue guancie
cascanti; gli pareva di sentirsi vecchio e attribuiva alla breve
astinenza quello ch'era effetto del lungo libertinaggio.
Uno de' suoi compagni di stravizzi, vistolo una mattina per la strada,
gli corse dietro, e battendogli sulla spalla--ehi Bollati--gli
disse--come va?... Hai fatto divorzio dal mondo... Capisco... la perdita
della madre... È una gran disgrazia... ma che farci? siamo tutti
mortali, e i vecchi bisogna che se ne vadano prima dei giovani.... Tu
però... non ci avevo badato... hai l'aria molto patita, sai?...
--Ti pare?--balbettò Leonardo sbigottito di sentir dal labbro di
un'altra persona la conferma di ciò che s'era detto lui stesso.
--Sì, parola d'onore.... Del resto, se stai bene....
--Oh sì, sto bene... sono un po' fiacco....
--Si vede.... Andiamo a prendere un bicchierino di _cognac_?
--No, no....
--Andiamo; pago io.... Voglio procurarmi il piacere di servir Sua
Eccellenza il nobiluomo Leonardo Bollati.... Sua Eccellenza non si
degna?
Leonardo cedette, e dopo bevuto quel bicchierino ripetè l'ordinazione, e
questa volta pagò lui, per sè e per l'amico. Il magico liquore entrava
nel suo stomaco come un padrone che rientra in casa dopo qualche tempo
d'assenza; casa e padrone si riconoscono e sono contenti di ritrovarsi.
--Auff!--esclamò il Bollati tirando un gran respiro.--Adesso sono un
altro uomo.
--Lo credo io--soggiunse il compagno.--Hai subito rifatto una cera da
cristiano.
--Davvero?
--Sicuramente.... Non c'è nulla che ristori come un sorso di
_cognac_.... Si prende un terzo bicchierino?
--Un terzo poi... è troppo.
--Ma che ubbie.... Questo lo giocheremo a pari e dispari.
Così fu fatto e Leonardo perdette.
--A dar retta alle donne si dovrebbe adottare il regime dell'acqua e
latte--egli disse leccandosi le labbra.
--Non tutte le donne però--rimbeccò l'altro.--Ti rammenti della
Mariannina?
--Quale? La figurante della _Fenice_?--domandò il conte Leonardo con gli
occhietti lustri.
--Quella appunto.... Che bevitrice!... È a Venezia di nuovo....
--Diavolo! Da quando?
--Da poco.... Stasera è a cena con noi altri al _Cappello_.... Dovresti
venire anche tu....
--Io?... No.... Sono in lutto....
--Capisco.... Se si trattasse d'una gran cena, se ci dovesse essere
molta gente.... Ma è una cenetta senza pretesa.... non siamo che in
cinque, io, per non dimenticarmi, Arduzzi, Caldieri, Dal Maido e la
Mariannina.... Vieni, vieni....
--No... oltre al lutto... se tu sapessi... ho tanti fastidi....
--Ragione di più per distrarsi.
--Quel maledetto _sior_ Bortolo mi lesina il centesimo....
--Eh... non siamo _in floribus_ nessuno. Appunto per questo s'è limitata
la spesa... Quattro svanziche a testa compreso il vino.... Poi si
pagherà una bottiglia alla Mariannina, tanto per vederla un po'
brilla.... Sai che originale è quando ha bevuto più del bisogno.... Tre
anni fa, al Ridotto, non ti ricordi?
Leonardo si mise a ridere. Se si ricordava! Una notte allegra come
quella non l'aveva passata mai.
L'idea di veder la Mariannina un po' brilla esercitava un fascino
singolare sull'animo del giovane conte. E dopo altri tentennamenti, egli
si risolse ad andare al ritrovo.
E vi andò infatti, ed ebbe il piacere di veder la Mariannina un po'
brilla, ma sembra che non uscisse neppur lui dalla cena in condizioni
normali, se gli amici stimarono opportuno di accompagnarlo a casa e di
aiutarlo a metter la chiave nel buco della serratura.
Spuntava il giorno e Fortunata non aveva ancora chiuso occhio. Le sue
speranze di ricondurre il marito sulla retta via erano durate una
settimana.
XIX.
A grado a grado, da quella facilità di illudersi che possono avere anche
i savi, il conte Zaccaria era arrivato a quell'allucinazione permanente
che non hanno se non i pazzi. La sua era una pazzia ilare, innocua,
tranquilla, ma era pur sempre una pazzia, e quand'egli discorreva in
tuono di profonda convinzione dell'immense ricchezze che dovevano
venirgli da cento parti, era impossibile prendere abbaglio sul vero
stato del suo cervello. Tuttavia, in complesso, egli era più da
invidiare che da compiangere. In mezzo al crollo della sua fortuna, egli
stava sereno ed impavido come l'uomo giusto d'Orazio. Non si poteva
andar più a villeggiar sulla Brenta perchè la tenuta era stata mandata
all'asta dai creditori? Egli si stringeva nelle spalle, e diceva che non
gliene importava nulla perchè la Brenta gli era venuta in uggia e voleva
fra poco comperarsi una villa di suo gusto, in collina. Gli stessi
creditori, insaziabili arpie, s'impadronivano del podere situato in
Friuli, proprio quello in cui avrebbe dovuto esserci la famosa miniera?
Il nostro gentiluomo sorrideva con aria di superiorità:--Bah! Il podere
se lo piglino pure.... Quattro campi sterili.... Ma il diritto sulla
miniera l'ho sempre io.... Carta canta.--E tirava fuori una carta, ove
coloro che avevano fatto il sequestro dichiaravano realmente di
rinunziare ai prodotti della _eventuale miniera aurifera che si trovasse
sul fondo_. Questa dichiarazione da burla s'era ottenuta senza fatica,
giacchè, dal conte Zaccaria in fuori, non c'era nessuno che prendesse
sul serio l'esistenza della miniera.
A metter di buon umore Sua Eccellenza Bollati contribuiva altresì il
fermento politico che andava propagandosi per l'Italia. Dopo la morte
della contessa Chiaretta, ch'era una reazionaria di tre cotte, il conte
Zaccaria aveva spiegato una certa propensione alle idee liberali. Diceva
ch'era tempo di finirla, che i popoli erano stanchi d'esser trattati
come pecore, e che il Governo austriaco non meritava più la fiducia dei
Veneziani. Chi sa? Forse egli non era alieno dal credere alla
risurrezione della Serenissima, nel qual caso, se non facevano doge lui,
chi dovevano fare? Ma sopratutto era entusiasta di Pio IX, vero
italiano, vero capo della Chiesa, vero padre dei fedeli. Quello era un
uomo che doveva stabilir il regno della giustizia nel mondo, e per
cominciar bene il _lustrissimo_ Zaccaria sperava che Sua Santità avrebbe
fatto giustizia a lui nella rivendicazione dagli eredi Steno. Poichè la
sostanza Steno era andata a finire da un pezzo nelle mani della Pia
fondazione dei Catecumeni, fondazione, come ognun vede, d'indole
religiosa, e quindi tale da permettere al Papa di guardarci dentro e di
farle restituire il male acquistato. I legali avevano un bel dire che,
quand'anche il credito dei Bollati verso gli Steno fosse stato
sacrosanto, esso era ormai caduto in prescrizione da più d'un secolo; il
conte Zaccaria li lasciava discorrere e sorrideva sotto i baffi. Se il
Papa prendeva le sue parti, importava molto la prescrizione! E a Sua
Santità egli aveva spedito un _memorandum_ di venti pagine tutte scritte
di suo pugno, e non dubitava nemmeno di riceverne presto o tardi una
risposta favorevole. Certo che non bisognava aver fretta; il Sommo
Pontefice era tanto occupato!
Una sola cosa turbava l'ottimismo di Sua Eccellenza Bollati, ed era
l'impossibilità di ottenere l'aiuto del figlio nell'esecuzione dei suoi
disegni. Quel Leonardo era sempre un ragazzaccio, e il conte Zaccaria
non lo nominava senza una certa inflessione di voce e una certa
scrollatina del capo più eloquenti d'ogni parola.--Quel Leonardo--egli
diceva nei momenti di maggiore espansione--non è cresciuto come speravo.
E sì che non si è risparmiato nulla per la sua educazione, e non gli son
mancati i buoni consigli.... Ma! Fatalità!... Capisco; le donne, il
giuoco, il vino sono una gran tentazione per un giovinotto
dell'aristocrazia che non può vivere come un anacoreta, specialmente
quando gli corre nelle vene il sangue dei Bollati;... ma, santo Iddio,
c'è modo e modo... _est modus in rebus...._ Io, per esempio... sì... mi
sono divertito... sempre nei limiti però... sempre tenendo alto il
decoro della famiglia... sempre trovando il tempo d'occuparmi degli
affari, quantunque la gente non lo credesse.... Adesso mi renderanno
giustizia.... Eh, se non ci fossi stato io che scovavo fuori quei due
filoni della miniera e dell'affare Steno, l'aveva da esser bella con
questi anni di cattivi raccolti, con questa petulanza di creditori che
fanno atti, sequestri e ogni specie di porcherie senza un riguardo al
mondo, e come s'io fossi un bifolco simile a loro.... Del resto io me ne
rido... so che a loro marcio dispetto lascierò ai miei eredi il
patrimonio quadruplicato. In fede mia, Leonardo non lo meriterebbe, no
davvero, non lo meriterebbe.
Quanto più il conte Zaccaria si persuadeva dei demeriti del figliuolo,
tanto più egli si mostrava gentile con la nuora. Lodava la sua pazienza
col marito, la sua bontà con la piccina, la sua attitudine a capir le
cose (poveretta! ella ascoltava a bocca aperta i suoi spropositi senza
osare di contraddirgli) e largheggiava sempre maggiormente nelle
promesse. Basta; se ne sarebbe accorta un giorno, dopo la sua morte.
In mezzo a queste volate d'una fantasia inferma c'era però un
sentimento vero. Il conte Zaccaria aveva preso sul serio a voler bene a
Fortunata. Era una di quelle tenerezze della vecchiaia che somigliano
tanto alle tenerezze dell'infanzia, una di quelle tenerezze alimentate
piuttosto dai sacrifizii che esigono che da quelli che fanno. Nondimeno
Fortunata se ne contentava, e nel suo cruccio di vedersi mancar l'amore
del marito, le dimostrazioni affettuose del suocero erano di gran
conforto per essa. Tanto più che la benevolenza del conte si estendeva
alla nipotina, alla quale egli mostrava una tenerezza che non aveva mai
mostrato ai suoi due figliuoli. La bimba, dal canto suo, aveva pel nonno
una simpatia appena agguagliata dalla ripugnanza invincibile ch'ella
provava pel babbo. Già il babbo non le aveva mai fatto una carezza; era
sempre cupo, stralunato, negletto nel vestire, con la barba ispida e i
capelli arruffati; il nonno invece la pigliava volentieri in collo, le
regalava delle chicche e l'affidava col suo viso ordinariamente sereno,
con la persona linda e pulita, con l'intonazione amichevole dei lunghi
discorsi ch'egli teneva alla mamma, passeggiando su e giù per la stanza,
gestendo anche con vivacità, ma senza perdere una tal quale compostezza
di gentiluomo.
Suocero e nuora uscivano sovente a braccetto, e andavano ora a fare una
giratina sulla Riva degli Schiavoni, ora a prendere il caffè da Suttil
in piazza San Marco, ove qualcuno dei conoscenti si accostava al loro
tavolino per barattar quattro chiacchiere. Gli altri avventori si
guardavano strizzando l'occhio e tentennando la testa; poi, quando i
Bollati non c'erano più in bottega, principiavano i commenti.
--È matto....
--Un matto allegro.... Non parla che delle sue ricchezze....
--Invece siamo agli sgoccioli, non è vero?
--Altro che agli sgoccioli!... Tutte le campagne all'asta... citazioni,
oppignorazioni da tutte le parti....
--Uno di questi giorni andrà all'incanto anche il palazzo.
--Lo comprerà il _Milord_.
--Probabile.
--C'è sempre quella gioia del _sior_ Bortolo?
--Sì, c'è ancora... finchè può raspare.
--È stato la rovina della famiglia.
--Ci ha cooperato sicuro.... Ma se avessero avuto un po' di cervello i
padroni....
--E il figliuolo? Vi par poco?
--Non discorriamone neanche.... Quello ha tutti i vizi.... Ed è
crivellato di debiti per suo conto particolare.
--Sì, come se non bastassero quelli della casa.
--Non si capisce nemmeno come tirino innanzi.
--Ma! Vendendo o impegnando il poco che resta.... Le fortune colossali
lascian sempre qualche piccolo avanzo....
--Pensare che si trattava di milioni!
--E il genero e la figlia dove sono?
--In Boemia, in Moravia, che so io?... Indebitati fino agli occhi anche
loro....
--Che _patatrac_!
--La bella speculazione che ha fatto la ragazza Rialdi sposando Leonardo
Bollati!
--Bella tanto! È stata la madre.... Lei, poveretta, s'era innamorata
proprio del cugino....
--E gliene aveva date le prove....
--Casi che nascono!
--Del resto, sarà una buona diavola, ma fisicamente non vai nulla....
--Nulla affatto.... Mostra dieci anni di più di quelli che ha.
Dev'essere giovanissima.
--Oh sì.... Ventuno, ventidue anni al massimo....
--Ebbene se gliene darebbero trenta....
--Il curioso si è che oggi i Rialdi sono in migliori condizioni dei
Bollati.
--Non c'è dubbio.... Tanto più se, come dicono, il conte Luca sta per
diventar consigliere d'appello.
--Consigliere d'appello! Con quei meriti! Non ha fatto mai altro che
giocare agli scacchi.
--Eh, è un posto che gli viene per anzianità.
--Il figlio, ch'è in marina, si farà strada....
--L'ufficiale? Sì, è un giovane d'ingegno, ma una testa calda, una testa
calda.... Uhm!... Vi ricordate la faccenda del duello? E la scena al
Casino?
--Quella volta se non c'era qualche santo che lo proteggeva l'andava a
finir male per lui. Prender la difesa dei Bandiera? Nella sua posizione?
Mentre si tenevano tali discorsi sul conto dei Bollati e dei Rialdi, il
nobiluomo Zaccaria, tornando a casa con la nuora, giudicava severamente
le _cariatidi_ del Caffè Suttil.
--Quella è gente buona da mettere in museo--egli diceva--gente che non
capisce i tempi, come la povera Chiaretta.... E poi tutti rovinati, sai,
tutti, senza eccezione....
I tempi che il conte Zaccaria credeva di capire si facevano sempre più
grossi, e dall'Alpi al Mar Jonio era un fremito di vita nuova che si
manifestava negli scritti, nelle adunanze, nelle dimostrazioni di
piazza. Il nome d'Italia, lasciato un giorno ai poeti ed ai rétori, era
oggi sulle labbra del popolo e non significava più una memoria, ma una
speranza, ma un affetto sentito e gagliardo, preparatore d'opere virili.
E l'amore di patria portava seco come natural conseguenza l'odio contro
il dominio straniero. Palesemente ove non c'eran gli Austriaci,
velatamente nelle terre lombardo venete, si parlava d'una prossima
alzata di scudi; con quali armi non si sapeva ancora, ma gl'Italiani si
contavano, e già pareva loro d'esser tutti soldati per la guerra santa.
I muri si coprivano d'iscrizioni di _Morte ai Tedeschi_.--_W.
l'Italia_--_W. Pio Nono_; strana eppur quasi universale illusione che
associava l'idea del riscatto al nome d'un Papa. E anche Venezia,
accusata fino a quei giorni di spiriti fiacchi, usciva dal lungo
torpore. Il sonnolento Ateneo non isdegnava di entrar esso pure nella
corrente rivoluzionaria e iniziava la discussione d'argomenti sociali ed
economici; le onoranze a Riccardo Cobden nel luglio 1847 furono un
pretesto per inneggiare alla libertà, e il Congresso dei dotti
raccoltosi nel settembre in Palazzo ducale servì a stringer saldi legami
di pensiero e d'affetto tra i migliori uomini della Penisola.
Questa sinfonia allegra del dramma sanguinoso che doveva rappresentarsi
nel 1848 era fatta apposta per isconvolgere interamente la testa debole
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Dal primo piano alla soffitta - 11
- Parts
- Dal primo piano alla soffitta - 01Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4419Total number of unique words is 178336.5 of words are in the 2000 most common words52.1 of words are in the 5000 most common words58.4 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 02Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4467Total number of unique words is 181835.1 of words are in the 2000 most common words48.1 of words are in the 5000 most common words55.2 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 03Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4545Total number of unique words is 178135.3 of words are in the 2000 most common words51.1 of words are in the 5000 most common words59.2 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 04Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4580Total number of unique words is 173735.3 of words are in the 2000 most common words50.0 of words are in the 5000 most common words56.8 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 05Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4552Total number of unique words is 179138.6 of words are in the 2000 most common words54.6 of words are in the 5000 most common words62.1 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 06Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4530Total number of unique words is 178036.5 of words are in the 2000 most common words52.1 of words are in the 5000 most common words59.1 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 07Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4425Total number of unique words is 173837.3 of words are in the 2000 most common words53.2 of words are in the 5000 most common words60.9 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 08Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4382Total number of unique words is 181536.2 of words are in the 2000 most common words50.7 of words are in the 5000 most common words58.1 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 09Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4526Total number of unique words is 185835.4 of words are in the 2000 most common words51.1 of words are in the 5000 most common words58.3 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 10Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4398Total number of unique words is 185335.8 of words are in the 2000 most common words50.8 of words are in the 5000 most common words58.7 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 11Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4437Total number of unique words is 185435.9 of words are in the 2000 most common words51.5 of words are in the 5000 most common words58.4 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 12Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4385Total number of unique words is 184938.0 of words are in the 2000 most common words52.7 of words are in the 5000 most common words58.8 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 13Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4463Total number of unique words is 187236.5 of words are in the 2000 most common words52.8 of words are in the 5000 most common words61.0 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 14Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4490Total number of unique words is 181437.0 of words are in the 2000 most common words52.7 of words are in the 5000 most common words60.7 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 15Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4409Total number of unique words is 171137.0 of words are in the 2000 most common words51.8 of words are in the 5000 most common words59.2 of words are in the 8000 most common words
- Dal primo piano alla soffitta - 16Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 1197Total number of unique words is 65244.5 of words are in the 2000 most common words57.4 of words are in the 5000 most common words63.5 of words are in the 8000 most common words