Cronica di Matteo Villani, vol. 2 - 15
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di suo onore, perocchè nè aiuto nè consiglio dava loro: ma in questi
dì mandò messer Niccola Acciaiuoli di Firenze suo grande siniscalco
al legato, per trattare pace da lui a messer Malatesta da Rimini, e
ambasciadore all’imperadore, e appresso al comune di Firenze, per
avere da catuno aiuto di gente contro alla compagnia, e per sentire
la volontà e ’l processo dell’imperadore: ma da se nel Regno niuna
provvisione fece, fuori che festeggiare e danzare con le donne, in
detrimento della sua fama.
CAP. XCI.
_Come il gran siniscalco cambiò sua fama in Firenze._
Noi avremmo volontieri trapassato quello che seguita senza memoria,
se senza potere essere incolpato d’adulazione per tacere l’avessimo
potuto fare. Il grande siniscalco del re Luigi partitosi dalle mollizie
del suo signore, e inviscato da quelle, venne al legato in Romagna,
e cercato secondo la commissione a lui fatta dal re Luigi di tentare
la pace dal legato a messer Malatesta da Rimini, non ebbe autorità di
poterla in alcuno atto disporla: e partitosi dal legato, venne a Siena
all’imperadore, e spuosegli la sua ambasciata, dal quale fu ricevuto
graziosamente per amore del re, e ancora della sua persona, perocch’era
cittadino popolare di Firenze, e vedevalo montato in cotanta dignità, e
a Roma il menò con seco, e fu alla sua coronazione: e tornato a Siena
con lui senza avere impetrata alcuna cosa di sua domanda, se ne venne
a Firenze del mese d’aprile del detto anno, con grande comitiva di
baroni e di cavalieri napoletani, giovani ornati di diverse e strane
portature, e abiti di loro robe, con maravigliosi paramenti d’oro e
d’argento, e di pietre preziose e di perle, e in Firenze cominciò a
fare molti conviti, e continovolli lungamente in città e in contado,
avendo le giovani donne le quali faceva invitare con grande istanza
sera e mattina a’ suoi corredi, e tutto dì le tenea in danza e in festa
co’ suoi cavalieri; le quali femminili mollizie molto nella patria
indebolirono la sua fama; e considerando i cittadini il tempo nel
quale la compagnia tribolava il Regno, e le novità dell’imperadore,
e le mutazioni degli stati delle città e delle terre di Toscana, e
la nuova gravezza, e sollecita provvedenza e guardia ch’avea il suo
comune di Firenze, facevano manifesto che allora bisognavano cose
virtuose e virili, e non disoneste mollezze di donne. Crediamo che il
male esempio del suo signore, e la vanità che ’l movea a accattare
benevolenza de’ giovani e vani baroni e cavalieri ch’erano con lui gli
feciono dimenticare le sue usate virtù, e la fortezza del suo animo. E
per merito di questo, avendo domandato al suo comune per parte del re
alcuno sussidio di gente d’arme contro alla compagnia, cosa che altra
volta si sarebbe fatta senza domandare, per più riprese gli fu negata;
potendo conoscere che poco onore della sua città riportò al re suo
signore contra l’usato modo: e dove la sua persona era per addietro
nominatissima in altezza d’animo e in molte virtù, per la vana mollezza
femminile, a questa volta nella sua patria recò in memoria de’ suoi
cittadini la detestabile vita di Sardanapalo.
CAP. XCII.
_Come l’imperadore giunse a Roma._
Carlo nominato nel battesimo Vincislao, figliuolo del re Giovanni,
figliuolo dell’imperadore Arrigo di Luzimborgo re di Boemia, eletto
imperadore, giunto a Roma il giovedì santo, entrò nella città
sconosciuto, e a modo di romeo vestito di panno bruno con molti suoi
baroni, e andò il venerdì e il sabato santo a vicitare le principali
chiese di Roma in forma di pellegrino, e per modo che da niuno
forestiero o paesano potea essere conosciuto chi fosse l’imperadore:
e la mattina innanzi dì, vegnente la Resurrezione, uscì di Roma con
la maggiore parte della sua gente, per entrare la mattina della
santa Pasqua palesemente in Roma, per venire alla sua coronazione
manifestamente. Il popolo di Roma per ordine de’ loro Rioni, co’ suoi
principi e con tutto il chericato con solenne processione gli uscirono
incontro fuori della città, e trovaronlo apparecchiato; e fattogli la
debita salutazione e reverenza, con somma allegrezza e festa, e con
grande moltitudine di cavalieri romani e paesani e strani, oltre alla
sua cavalleria, condussono lui innanzi e l’imperatrice appresso nella
città di Roma, e menaronlo alla Basilica del principe degli Apostoli
san Piero, la mattina innanzi la messa, e là smontati. Qui si faccia
fine al nostro quarto libro, per fare cominciamento al quinto della sua
coronazione.
dì mandò messer Niccola Acciaiuoli di Firenze suo grande siniscalco
al legato, per trattare pace da lui a messer Malatesta da Rimini, e
ambasciadore all’imperadore, e appresso al comune di Firenze, per
avere da catuno aiuto di gente contro alla compagnia, e per sentire
la volontà e ’l processo dell’imperadore: ma da se nel Regno niuna
provvisione fece, fuori che festeggiare e danzare con le donne, in
detrimento della sua fama.
CAP. XCI.
_Come il gran siniscalco cambiò sua fama in Firenze._
Noi avremmo volontieri trapassato quello che seguita senza memoria,
se senza potere essere incolpato d’adulazione per tacere l’avessimo
potuto fare. Il grande siniscalco del re Luigi partitosi dalle mollizie
del suo signore, e inviscato da quelle, venne al legato in Romagna,
e cercato secondo la commissione a lui fatta dal re Luigi di tentare
la pace dal legato a messer Malatesta da Rimini, non ebbe autorità di
poterla in alcuno atto disporla: e partitosi dal legato, venne a Siena
all’imperadore, e spuosegli la sua ambasciata, dal quale fu ricevuto
graziosamente per amore del re, e ancora della sua persona, perocch’era
cittadino popolare di Firenze, e vedevalo montato in cotanta dignità, e
a Roma il menò con seco, e fu alla sua coronazione: e tornato a Siena
con lui senza avere impetrata alcuna cosa di sua domanda, se ne venne
a Firenze del mese d’aprile del detto anno, con grande comitiva di
baroni e di cavalieri napoletani, giovani ornati di diverse e strane
portature, e abiti di loro robe, con maravigliosi paramenti d’oro e
d’argento, e di pietre preziose e di perle, e in Firenze cominciò a
fare molti conviti, e continovolli lungamente in città e in contado,
avendo le giovani donne le quali faceva invitare con grande istanza
sera e mattina a’ suoi corredi, e tutto dì le tenea in danza e in festa
co’ suoi cavalieri; le quali femminili mollizie molto nella patria
indebolirono la sua fama; e considerando i cittadini il tempo nel
quale la compagnia tribolava il Regno, e le novità dell’imperadore,
e le mutazioni degli stati delle città e delle terre di Toscana, e
la nuova gravezza, e sollecita provvedenza e guardia ch’avea il suo
comune di Firenze, facevano manifesto che allora bisognavano cose
virtuose e virili, e non disoneste mollezze di donne. Crediamo che il
male esempio del suo signore, e la vanità che ’l movea a accattare
benevolenza de’ giovani e vani baroni e cavalieri ch’erano con lui gli
feciono dimenticare le sue usate virtù, e la fortezza del suo animo. E
per merito di questo, avendo domandato al suo comune per parte del re
alcuno sussidio di gente d’arme contro alla compagnia, cosa che altra
volta si sarebbe fatta senza domandare, per più riprese gli fu negata;
potendo conoscere che poco onore della sua città riportò al re suo
signore contra l’usato modo: e dove la sua persona era per addietro
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cittadini la detestabile vita di Sardanapalo.
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_Come l’imperadore giunse a Roma._
Carlo nominato nel battesimo Vincislao, figliuolo del re Giovanni,
figliuolo dell’imperadore Arrigo di Luzimborgo re di Boemia, eletto
imperadore, giunto a Roma il giovedì santo, entrò nella città
sconosciuto, e a modo di romeo vestito di panno bruno con molti suoi
baroni, e andò il venerdì e il sabato santo a vicitare le principali
chiese di Roma in forma di pellegrino, e per modo che da niuno
forestiero o paesano potea essere conosciuto chi fosse l’imperadore:
e la mattina innanzi dì, vegnente la Resurrezione, uscì di Roma con
la maggiore parte della sua gente, per entrare la mattina della
santa Pasqua palesemente in Roma, per venire alla sua coronazione
manifestamente. Il popolo di Roma per ordine de’ loro Rioni, co’ suoi
principi e con tutto il chericato con solenne processione gli uscirono
incontro fuori della città, e trovaronlo apparecchiato; e fattogli la
debita salutazione e reverenza, con somma allegrezza e festa, e con
grande moltitudine di cavalieri romani e paesani e strani, oltre alla
sua cavalleria, condussono lui innanzi e l’imperatrice appresso nella
città di Roma, e menaronlo alla Basilica del principe degli Apostoli
san Piero, la mattina innanzi la messa, e là smontati. Qui si faccia
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