Colei che non si deve amare: romanzo - 22

Total number of words is 4400
Total number of unique words is 1733
34.8 of words are in the 2000 most common words
48.8 of words are in the 5000 most common words
57.2 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
Erano in conciliabolo davanti a cinque o sei pezze di stoffa, da cui
pendeva il cartello autentico della ditta inglese, e consultando un
fascio di figurini parlavano animatamente col signor Gian Giorgio,
proprietario della sartoria e consigliere di mode a’ suoi clienti
preferiti.
I tre gentiluomini erano in gravi angustie prima di comandarsi gli
ultimi abiti per la stagione estiva, quegli abiti che li avrebber
fatti ammirare nelle stazioni climatiche e nelle villeggiature d’acque
termali. Solevano consultarsi deferentemente l’un con l’altro, perchè
ognuno teneva in gran conto l’opinione dell’emulo, ed anche per non
cader nel rischio di portare in due la medesima foggia.
Don Antonino era solito prender parte a tornei di tennis; or stava in
dubbio tra un pantalone color «kaki» ed un altro di color grigio perla,
a tramatura diagonale. Il marchese Minardi, ch’era stato ufficiale
di complemento, aveva quattro irlandesi saltatori che vincevan molti
premi nei concorsi ippici, quando però non erano montati da lui;
egli guardava ora l’ultimo figurino dei «riding breeches» e sceglieva
distrattamente la stoffa per un «morning-coat».
Max della Chiesa, in procinto di recarsi ai bagni, voleva scegliere un
«tout-de-même» da spiaggia, ma era incerto fra un seta «shantung» di
color paglia ad una tela rigata bianco-avana, forse un po’ rigida.
Ognuno discuteva i dubbi dell’altro con somma cortesia ed anzi con
quel rispetto che al suo competitore deve un uguale artefice. Inoltre
avevano tutti e tre qualcosa da provare; ma i tagliatori erano occupati
in quel momento, e, dovendo aspettare, si dilungarono a far quattro
chiacchiere.
«La marchesa Gordiani andava a San Pellegrino quell’anno, ed il tenente
Frangi, naturalmente, avrebbe chiesta la sua licenza in quei giorni; la
signora Platania era già partita per il Lido, sola, ma vi aspettava il
marito; donna Isabella da pochi giorni era in villa sul lago, ed aveva
invitato lui, don Antonino, a pranzo per il sabato prossimo. Egli non
sapeva se partire già vestito in abito da sera, con un soprabito, o
portarsi l’occorrente in una valigia e cambiarsi all’albergo.
Tutta la combriccola del Gigliuzzi, Mazzoleni e San Bassano andavano
a Zermatt; benchè il fidanzamento della maggiore Gigliuzzi non fosse
ancor ufficiale, il contino Piaggi, nipote del barone Silvestro, vi
andava egli pure. Tre o quattro ballerine avevano affittata insieme
una villetta sul lago, a due passi dal castello di Venaria... Sarebbe
stato allegro laggiù! E la bella Rossana, che non sapeva a chi dar la
scelta fra i suoi tre amanti, faceva prima un viaggio in automobile con
quel pazzo di Marietta, poi andava ad Aix-les-Bains col suo banchiere,
finalmente il Duca le aveva presa una villeggiatura in collina, perchè
vi si recasse a far vendemmia...»
Da un gabinetto di prova uscì Rafa Giuliani, in fretta e furia, dicendo
al sarto che l’accompagnava:
— Mi raccomando: per dopodomani!
— Sarà servito, signor Conte.
Vide i tre gentiluomini, li salutò con un cenno, e si diresse verso
l’uscita.
— Ohè, Rafa, senti un po’... — gli gridò dietro il Vernazza.
— Non posso, ho fretta, — quegli rispose.
— Ma che c’è di nuovo? Non ti si vede più!
— Ho fretta, — ripetè il Giuliani, e scomparve.
— Cosa diavolo ha mai per il capo quel Rafa? — si mise a dire Max della
Chiesa. Da qualche tempo è divenuto intrattabile.
— È vero, — ammisero gli altri due gentiluomini.
Il signor Gian Giorgio, che ascoltava, stando appoggiato col gomito
su due pezze di stoffa, si lasciò increspare la bocca da un sorriso
discreto e misterioso.
— Perchè ride, signor Giorgio? — disse don Antonino.
— Oh, nulla, nulla... — egli fece, come chi voglia schermirsi dal
raccontare una cosa delicata.
— Lei ne sa qualcosa, via! — lo istigarono i tre, incuriositi.
— E loro no? loro non san niente? — malignò l’artefice d’eleganze,
arrotolando il metro che gli pendeva dal collo.
— Noi? Ma niente affatto! — risposero i tre. — Via, ci racconti.
— No, no, mi secca... Perchè potrebbe anche non esser vero, ed in ogni
modo queste cose è meglio non divulgarle.
— Gian Giorgio! Gian Giorgio! non facciamo il misterioso! Con noi...
via!
— Pare, — disse l’altro a bassa voce, — pare... Ma sanno, io lo ripeto
perchè l’ho inteso dire... qualcuno lo raccontava oggi in sala di
prova... sarà, non sarà...
— Dunque cosa pare?
— Che il conte Giuliani abbia un’amante nuova... un’amante
incredibile...
— E sarebbe chi?
— Ah, Dio buono, io non lo posso dire... non lo posso proprio dire...
— Coraggio!
Il signor Gian Giorgio abbassò estremamente la voce, chinandosi,
rimpicciolendosi fra i tre:
— Sarebbe nientemeno che la sorella del signor del Ferrante...
Tre forti esclamazioni lo interruppero; poi uno disse:
— Impossibile!
— Insomma è quello che si racconta; io credevo che loro lo sapessero
già. Li hanno scoperti che pranzavano insieme; tutti ne parlano come
d’una cosa certa e v’è persino chi li ha veduti entrare in una certa
loro casa...
Una settimana dopo, in città, in montagna, nelle villeggiature, su
le spiagge, tutti raccontavano ai quattro venti che il conte Raffaele
Giuliani era divenuto l’amante della sorella di Arrigo del Ferrante.


III

Loretta ritornò a casa tardi perchè Rafa l’aveva trattenuta troppo a
lungo presso di sè. I genitori ed il fratello Paolo finivano di cenare;
una cena ch’era stata silenziosa e quasi lugubre, perchè ognuno di
essi, pur non osando parlarne, pensava all’assente e ne aspettava con
impazienza il ritorno.
Da una quindicina di giorni ella conduceva una vita insolita; era
sempre fuori di casa, mattina e sera, senza dare alcun pretesto e
non tollerava più che nessuno le movesse rimproveri. Anche d’aspetto
era mutata; ne’ suoi occhi splendeva una luce inconsueta, su la sua
bocca rideva una specie di crudeltà; in tutta la sua fisionomia, un
tempo così fresca e limpida, s’era mesciuto un non so che di guasto e
d’ambiguo, come se il mutamento avvenuto in lei avesse potuto prendere
una forma visibile nei suoi lineamenti.
Ora vestiva con somma eleganza e più volte nel giorno arrivavano
per lei pacchi ed involti col nome dei primi negozi cittadini: abiti
dalle sartorie più note, cappelli dalle modiste più rovinose, scarpe e
stivalini da’ calzolai di lusso.
La sua camera era ingombra di tutte queste cose; un estremo disordine
vi regnava; ma ella da qualche tempo aveva preteso che nessuno vi
entrasse, anzi, nell’uscir di casa, ne portava sempre la chiave con sè.
Paolo non le parlava quasi più, o se le rivolgeva parola era per dirle
qualche acerba sgarberia. Aveva tranquillamente consigliato al padre di
cacciarla fuori di casa, e la sua faccia per solito mansueta si faceva
stranamente oscura quando parlavano di lei.
Il padre, pover’uomo, si mostrava debole in questa come in tutte
l’altre circostanze della sua vita; vedeva la figlia perdersi,
sentiva accadere qualcosa di grave dietro le sue spalle curve sul
desco d’occhialaio, ma nel cuore timido ed angosciato non trovava
la forza di porvi alcun riparo. Per di più gli erano venuti addosso
molti acciacchi; la gotta senile non cessava dal tormentarlo, aveva
un poco d’asma, che gli impediva di dormire la notte. Qualchevolta,
per consolarsi del suo tacito dolore, andava in casa di Luisa, la sua
figlia maggiore, ch’era una brava moglie ed anche una buona donna,
benchè forse un pochettino egoista. Per lei la casa del padre non era
più la sua casa: dei mali che vi accadevano poteva solo interessarsi
fino ad un certo punto, perchè la famiglia del marito era molto
numerosa e ve l’avevano accolta come una vera figlia. Inoltre aveva
già due bimbi, uno di quattr’anni, l’altro di trenta mesi; due bei
maschietti grassi robusti e floridi che le occupavan tutta la giornata.
Presso di loro il povero vecchio si riconfortava; prendeva il più
piccolo su le ginocchia, e quantunque la schiena gli facesse male, si
metteva a farlo ballare e cavalcare, ripetendo le stesse cantilene che
tanti anni addietro aveva insegnate a’ suoi bimbi.
Si sfogava nel confidare alla Luisa con molti sospiri i malanni della
sorella, e questa gli aveva detto:
— Mándala qui da me; le parlerò io.
Ella pareva contare immensamente su la propria autorità di madre
feconda e rispettata. Ma il padre aveva risposto con la solita
rassegnazione:
— Inutile, figlia mia. Ah, quella nostra Loretta! quella nostra
Loretta!...
La madre non si accorava gran che di tutte queste cose. Ella non aveva
mai presa troppo sul serio la sua missione d’educatrice, ed ogni tanto,
fra i suoi capelli grigi, risaltava fuori quella donna ch’ella era
stata una volta, capricciosa, bizzarra e priva d’ogni senso morale.
Que’ bei vestiti della figlia la empivano di stupore, e come tutte le
donne che in gioventù son state disoneste, acquistava con l’inoltrar
degli anni un senso istintivo di ruffianeria. Ella ritrovava in
questa giovinezza della figlia la sua propria giovinezza, scapata ed
avventurosa, ov’erano dopo tutto i più dolci ricordi della sua vita.
Solamente l’annoiavano i rimbrotti del marito, il quale, timido con
tutti, con lei si permetteva qualchevolta d’essere bisbetico, e non
cessava dal ripeterle senza misericordia:
— Tu non sei stata una brava madre: éccone i frutti!
Ella del resto non si sentiva del tutto vecchia; aveva ancora una certa
pretensione di bellezza e cercava di nascondere con molta diligenza i
segni del suo disfacimento. Aveva raccolto man mano i capelli caduti,
per farsene fare una treccia finta; le mancavan parecchi denti e già
da lungo tempo seccava il marito affinchè le desse il denaro necessario
per comperarsi una mezza dentiera.
Ma questi, che aveva sempre tollerato i suoi capricci, ora, negli
ultimi anni, si prendeva quasi una rivincita; la teneva molto a corto
di quattrini e la trattava con prepotenza, forse per vendicarsi dei
lunghi anni durante i quali aveva taciuto.
Della madre, Loretta si curava men che poco; ella era già grandicella
quando la madre ancora si concedeva gli ultimi spassi, e così
aveva imparato a compatirne gli errori con una specie di disprezzo
indulgente, che ora prendeva quasi la forma d’una reciproca protezione.
In casa, Loretta non voleva subire l’autorità di nessuno; però bastava
che si mettesse a sorridere perchè padre e madre le fossero ai piedi.
Ma c’era sempre il Riotti, che, invecchiato, ingrassato, non aveva
per nulla perduta l’abitudine d’ingerirsi nelle faccende altrui. La
famiglia dell’occhialaio era divenuta un poco la sua propria famiglia,
perchè a lui mancava per l’appunto il focolare, quel dolce regno
domestico nel quale, fra molti sudditi, avrebbe voluto essere il
tiranno. In una famiglia numerosa, con molti bimbi intorno, sarebbe
stato magari felice; ma nella sua retrobottega un po’ tetra non v’era
che quella placida Eugenia, sempre zitella, che da mattino a sera
leggeva o ricamava, ricamava o leggeva.
Quanto a Loretta, egli non era molto severo; la compativa con una certa
longanimità e della sua perdizione faceva risalire la colpa ad Arrigo.
Secondo lui tutto quanto succedeva in casa dell’occhialaio era colpa di
Arrigo.
Come usava ogni giorno dopo la cena, per l’appunto quella sera egli
era da poco venuto nella retrobottega de’ suoi vicini a centellinare
il cálice consueto illustrando le più gravi notizie lette nei giornali,
quando finalmente Loretta entrò, ansante come se avesse corso ed un po’
scapigliata.
Nessuno aperse bocca; ma quel silenzio era pieno di rimprovero.
— Sono un po’ in ritardo, — ella convenne. — Scusatemi.
— Un po’... dice un po’!... — la interruppe il Riotti, ironico. — Sono
le otto e mezzo, nientemeno!
— E allora? — ella fece, passandogli davanti con un fare altezzoso.
Aveva un mazzo di rose un po’ disfatte alla cintura e si mise davanti
ad uno specchio per ravviarsi i capelli.
— Allora io dico semplicemente ch’è vergognoso! — decretò il Riotti,
gonfiandosi di rabbia per quella risposta provocante. E soggiunse con
disprezzo:
— Vestita come una ballerina!
Loretta lo guardò scherzevolmente, si mise a ridere forte e disse:
— Buona sera.
— Dove vai? — le domandò il padre.
— Vado in camera mia, visto che qui ricevo solo impertinenze.
— Via, — disse la madre, — vieni e mangia; ti ho fatto serbare il
pranzo.
Ella si rimise davanti allo specchio ed incominciò a togliersi il
cappello, ma lentamente.
— Hai un profumo che dà il mal di testa! — osservò nervosamente Paolo,
che poggiato contro la tavola sorseggiava un ultimo bicchier di vino.
— Veh, poverino!... — fece Loretta. — Come sei delicato!
Contro di lei egli diveniva súbito iracondo; i suoi piccoli occhi si
facevan malvagi, la sua bocca prendeva un’espressione dura.
— Altro che ironie! — brontolò. — Sarebbe ora che ci spiegassimo una
buona volta! Così non è possibile andare avanti.
— Giusto, — sentenziò il Riotti.
— Almeno lasciatela mangiare... — intervenne la madre. — Discuterete
poi.
— Macchè! figúrati, mamma! anzi, anzi!.... Non ho fame io. Se c’è da
spiegarci, spieghiamoci pure; avanti!
E con un’aria baldanzosa venne vicino al fratello.
— Sei tu che devi parlare, — disse il Riotti all’occhialaio, facendogli
un segno energico.
— Va bene, — rispose questi. — Ma ora... ha ragione sua madre:
lasciatela mangiare.
— Grazie, grazie tanto. Non ho fame; sono qui e vi ascolto.
Seguì un lungo silenzio.
— Su dunque, — ella disse al fratello, — parla tu che sei tanto
linguacciuto!
— Eh... se dovessi parlare io! — minacciò il fratello squadrandola.
— Ma parla dunque! Nessuno ti prega di tacere. Tanto lo so che mi
odii... Dunque parla.
L’altro, in silenzio, trangugiò un lungo sorso di vino.
— Insomma Loretta, — esclamò di punto in bianco il Riotti, — tu fai una
vita che disonora la tua famiglia!
Ella si morse le labbra.
— Senta lei!... — disse con una voce sibilante; — la prego di dare
queste lezioni a sua figlia, che forse ne ha bisogno; non a me; perchè
lei qua dentro è un seccatore e nient’altro.
Il Riotti scattò in piedi con un’agilità superba; la voce gli
gorgogliava nella gola e non poteva dir parola.
Finalmente inveì:
— Spudorata impertinente! A un vecchio che dovresti rispettare come tuo
padre...
— Allora vediamo... — intervenne donna Grazia. — Si calmi, signor
Riotti. Anche lei l’ha offesa.
— Macchè offesa!
— Insomma, — disse il padre, radunando a stento la sua poca energia, —
chi deve parlare sono io e non altri!
La sua voce fu ascoltata. Il Riotti voleva andarsene, ma la curiosità
lo vinse e tornò a sedere.
Loretta s’avvicinò al padre, gli mise una mano su la spalla, con
l’altra gli carezzò il viso.
— Via papà, non sgridarmi... — disse. — Che faccio poi di male?
Il vecchio tentennò il capo ed ella si piegò su di lui. Era così
bellina, sorrideva... Egli non osò più dirle nulla.
Ma Paolo ebbe un gesto d’impazienza.
— Tu, papà, sei troppo debole con quella ragazza, — disse. Lei ti fa
vedere quello che vuole.
Fece una pausa, poi soggiunse:
— E visto che tu non parli, parlerò io.
Si levò in piedi e s’avvicinò alla sorella con un fare minaccioso.
— Cos’è questo?! — disse, dando con due dita un pizzico nella
stoffa della camicetta. — E questo? e questo? e questo! — continuò
con veemenza, segnando la sottana, le scarpine, la pettinatura, i
braccialetti.
— Roba mia, — rispose Loretta, impallidendo un poco.
— Roba tua?... — fece l’altro con disprezzo. — Non è vero! Tu non hai i
denari, noi non abbiamo i denari per comprarti questa roba!
Egli era straordinariamente eccitato; la sua collera un po’ grossolana
gl’infiammava il viso. La madre s’avvicinò a lui cautamente e lo tirò
per una manica.
— Lasciala stare... — disse, quasi supplichevole.
— Dunque, rispondi! — comandò Paolo caparbiamente, senza badare a quel
consiglio. — Cosa vuol dire che ti vesti come una marionetta e peggio?
che ti profumi? che ogni momento portan roba per te? che vai, che
vieni, che porti cose d’oro indosso e ci consideri tutti noi come se
fossimo i tuoi servi? Cos’è?...
E le stava presso in attitudine minacciosa. Ella mostrò di averne un
poco paura, perchè i suoi occhi si fecero grandi, fermi, e s’accostò al
padre che taceva.
— Non rispondi, eh?... — fece Paolo con un sogghigno. — E fai bene
a vergognarti, perchè anche noi, tutti noi, — disse con più forza —
abbiamo vergogna di te!
Girò sui talloni, dette un pugno su la tavola e si tornò a sedere. Il
petto gli ansava per lo sdegnò col quale aveva parlato; si riempì di
nuovo il bicchiere, ne accostò l’orlo alle labbra, ma non bevve, e lo
depose con forza. Alcune goccie di vino macchiarono la tovaglia.
— Finora, — gridò, — in casa nostra nessuno aveva mai fatto questo bel
mestiere!
Loretta era divenuta estremamente bianca; le sue labbra tremavano un
poco, e ansava.
Poi si mosse risoluta, andò a prendere il cappellino, i guanti rimasti
su la credenza, e, mordendosi un labbro nell’ira taciturna, s’avviò
verso l’uscio.
Ma su la soglia si rivolse:
— Se avete vergogna di me, — disse, — abbiate solo un poco di pazienza;
fra qualche giorno me ne vado e non darò più noia a nessuno.
— Te ne vai?... — balbettò il padre, alzandosi dalla sedia a fatica.
— Sì! — ella rispose implacabile. — Fra pochi giorni avrò ventun anni e
nessuno me lo potrà impedire.
-Vediamo, vediamo... — intervenne il Riotti con una voce amichevole.
— Non bisogna mai scaldarsi la testa, — seguitò, guardando Paolo che
aveva i due gomiti su la tavola e fissava immobilmente il bicchiere. —
Tu, Paolo, sei stato un poco aspro, e tu Loretta...
— Macchè Loretta! — ella interruppe adirata. E uscì sbattendo l’uscio.
Il suo profumo, la rosa di Francia, le rimase dietro come una sciarpa.


IV

Egli era lontano, fuggiva, correva di paese in paese, non dormiva la
notte, il giorno era più che mai spossato non trovava pace. Questo
amore gli si era veramente confitto nelle carni come un cilicio di rovi
e di spini.
Lontano da lei, la sua sofferenza diventava più insopportabile; aveva
paura della solitudine, ma insieme odiava la gente. Nel silenzio, udiva
il rombo del suo proprio dolore; nel frastuono, l’urlo del suo mondo
interiore vinceva la sopraffazione delle vite altrui.
In tutte le sembianze ritrovava quell’unica, in ogni voce riudiva la
sua voce; ogni passo di donna, ogni veste femminile gli rammentava il
passo, la figura di lei. Si sentiva perduto; il suo démone interiore
l’aveva curvato su quella bocca, su quella sola ch’era peccato baciare;
aveva per una sorte irrevocabile amato colei, quella sola, che non è
lecito amare. Tutte le vie, per quanto lontane, lo riconducevano verso
il peccato; nel fischio di ogni treno partente sentiva urlare la sirena
del ritorno. Ogni giorno, cento volte in un giorno, pensava: — «Domani
tornerò.»
Eppure, fra le angosce della tentazione, per darsi animo alla più
lunga fuga, non faceva che ripetere a sè stesso: «Ella mi ha lasciato
partire, non s’è aggrappata alle mie ginocchia per trattenermi, non mi
ha detto: Resta; non ha pianto.»
No: era invece rimasta immobile, con gli occhi spauriti, senza dir
nulla. Una sua parola, una sua lacrima sarebber forse bastate per
impedirgli di partire. Ma ella non aveva pianto. E invece comprendeva
di averle fatto paura. Comprendeva questo solo: «Le ho fatto paura; le
ho fatto quasi orrore...»
Certo egli l’aveva persuasa con le più calde parole; ma tutto questo
in fondo non era che simulazione, od era, se non altro, una scaltrezza
involontaria ch’egli aveva usata per meglio guardare nell’ombra
dell’anima sua.
E sperava di udirla rispondere: «Sì, è vero, è tutto vero quello
che dici; ma non andartene via da me, non lasciarmi. O, se vuoi che
fuggiamo, prendimi teco, portami via con te. Questo appunto io voglio
darti: l’intera mia vita. Essere una piccola cosa tua, per sempre, in
tua balìa. Sono ebbra, sono folle come te... Préndimi, portami via!...»
Invece aveva taciuto, con gli occhi fermi, la bocca immobile, spaurita.
Quel silenzio lo persuadeva che non s’era ingannato nel dirle: «Il
tuo amore è un capriccio, una folata di vento, un’ondata sentimentale
nel calore dei vent’anni...» E non poteva essere altrimenti che così.
Questo amore irremissibile, che tormentava il suo spirito malato, non
poteva nascere nei sensi e nell’anima d’una piccola sorella. Bisognava
per ciò essere passati oltre tutte le tentazioni e tutte le delusioni
dell’amore, averne conosciuti i vizî, averne consumate fino all’ultima
le innumerevoli frodi. Bisognava essere, com’egli era, un freddo
conoscitore di tutte le lussurie, per comprendere questa, più delicata
e più rara d’ogni altra, questa, che chiudeva in ogni bacio un sorso di
lentissimo veleno. Ma invece ella passava una crisi, una piccola crisi
d’amore, poi sarebbe tornata verso la vita di tutti, avrebbe ripreso
ad amare le cose lecite, sarebbe stata d’altri con lo stesso desiderio
ismemorato col quale s’era offerta a lui.
Quella sua bella bocca vermiglia si sarebbe tesa con la stessa
lascivia, con la stessa ingordigia, verso la bocca d’un altro amante;
avrebbe dati a lui quei baci tenaci ch’ella sapeva dare. Un altro
avrebbe tuffate le mani calde ne’ suoi gonfi capelli, che portavano in
sè qualche raggio di sole come la spiga matura; que’ suoi capelli che
sapevano d’un odor di piuma ed avevan nei loro riflessi l’irrequietezza
d’una cosa viva. Sopra il suo collo, su la gola, tra i seni colmi e
già così profondi che potevano tra l’uno e l’altro nascondere tutta
una faccia, altre labbra sarebbero passate, calde, struggenti, a
prodigarle quelle carezze ch’ella amava... Poich’ella era fatta per
godere spensieratamente il dolore altrui, ed aveva in sè, in tutta la
sua persona, in ogni movimento, e nella voce, e nello sguardo, il segno
visibile d’una violenta sensualità.
Pensò: «Non voglio più tornare. Dov’ella vive l’aria è corrotta. Non
voglio più rivederla; devo cancellare questa immagine dalla mia mente,
strapparmi dal cuore questa pianta velenosa che ha messo radici per
tutte le mie vene. Forse io stesso ho creato in me questo amore; io
stesso le dò la potenza di cui ella mi dispera. Guárdala meglio: forse
non è bella. Vinci la tua perdizione: forse non è temibile.»
Pensò: «Ella mi rompe nel mezzo la mia vita e riperderò per lei tutto
il cammino compiuto. Non ho più alcun desiderio che non sia questo
folle peccato; le cose che più mi tentarono, se le guardo, mi sembran
oggi del tutto lontane dalla mia vita. Bisogna che ritorni ad essere
l’uomo che fui.»
E così ragionando se n’andava da un luogo all’altro, senza trovar
pace. Dormiva la notte, nei brevi sonni, immerso nel respiro della sua
bocca, fra i suoi capelli, parlando con lei. Le diceva parole piene di
delirio, ed ella, nel baciarlo, gli offriva in ogni modo perverso, con
esperte lascivie, la sua bocca di peccatrice.
Dappertutto era sempre con lui, per ogni angolo, per ogni strada.
Gli avvenne anche di non più ricordarsi come fosse precisamente il
suo volto; ma ciò che in lui durava era l’impressione d’esserle stato
vicino, il bisogno di tornarle vicino, era quell’odor particolare che
la sua pelle tramandava, e certi suoni della sua voce, del suo ridere,
certe memorie quasi lontane di parole che non osarono dirsi, nel tempo
in cui stava per nascere la timida loro complicità. Non era più nemmeno
la sua sorella che amava, ma un’altra fatta come lei.
E se pur la baciava ogni notte ne’ suoi torbidi sogni, la squallida
faccia del padre non veniva nemmeno più a minacciarlo silenziosamente.
Volle chiedere a sè stesso come mai questo amore gli fosse nato
nell’anima, e non trovò in sè stesso alcuna ragione palese. Era un uomo
sano, equilibrato, che si era sempre condotto nella vita con tenace
fermezza; nè il suo costume, nè i suoi pensieri, nè le sue letture,
nè un esempio qualsiasi, lo avevano mai sospinto a concepire la
possibilità di così fatti amori.
Ed il fenomeno era nato in lui subitamente, come sboccia un gran fiore
perverso in un campo arido.
Allora divenne superstizioso; pensò che tutto questo avesse un’origine
soprannaturale, fosse un castigo inflittogli da Dio, e pensò alla
chiesa, al prete, alla confessione.
Ebbe una speranza illimitata in questo sorgere istintivo del sentimento
religioso, che forse gli dormiva insospettato nell’anima, come una
profonda e miracolosa eredità.
Entrò nelle fredde chiese, con la paura dell’errante che tutti
respingono; si segnò con l’acqua benedetta, rimase per lunghe ore
nell’ombra dei colonnati, presso gli altari sfavillanti, aspettando
la grazia, contaminando la preghiera con la sua bocca non guaribile.
Una volta s’inginocchiò nel confessionale; ma una paura più forte gli
suggellò nell’anima il suo grande peccato.
Anche nella chiesa, tra il vapore degli incensi aromatici, sotto la
custodia dei simboli sacri, il suo fantasma lo perseguitava. Stando
a ginocchi tra le colonne, dove la basilica era più deserta, pur tra
la voce dell’organo che talvolta par chiudere in sè la mistica gioia
d’una purificazione umana, egli sentiva il bacio di quella bocca
vietata risalirgli dalle radici dell’essere come un piacere inebriante,
e quando i ceri costellavano l’altare d’una luce vaporosa, pur sotto
l’ala misericorde che l’assolveva del suo peccato, egli si coricava
perdutamente, in una coltre impura, vicino a lei...


V

— Non così presto, Rafa! — esclamò giocondamente Loretta serrandogli un
braccio. — Non così presto!... Ho paura.
La strada si lanciava innanzi, bianca e vampante, sotto la sferza del
sole d’estate. L’automobile volava; la campagna carica di messi d’oro
mandava una luce abbagliante, fin dove, all’estremo limite, la copriva
il cielo.
Rafa era curvo sul volante; Loretta vicino a lui, ravvolta il capo
in un velo azzurro, guardava la strada fuggire, splendere, ardere:
ne sorrideva impaurita. L’automobile era carica de’ suoi bauli; egli
finalmente la conduceva nella chiara villa preparata per lei.
Dietro di loro la città, ravvolta in un fascio di sole, mandava nel
cielo scintillante il fumo de’ suoi laboriosi opifici; le spirali
gonfie si allargavan lentamente nello spazio, come strani fiori fatti
d’aria e di caligine che il vento sfasciasse a poco a poco. Le prime
colline apparivano all’orizzonte, fertili di antichi boschi e di
giovini praterie; più distanti, quasi cancellate nella rossa veemenza
del giorno, le azzurre Alpi segnavano al confine dello spazio una diga
scintillante.
La strada, fiancheggiata da pochi alberi polverosi, correva diritta
fra campi coltivati, assottigliandosi laggiù, nella distanza, come un
brillante sentiero. Tutto all’intorno l’occhio spaziava: i campanili
delle chiese, le finestre delle fattorie mandavano di lontano un
balenìo fermo, come se dentro le consumasse un incendio.
Un branco d’oche traversava la strada; l’automobile vi passò nel mezzo,
disperdendole per ogni lato con un furioso battere d’ali, così come
il vento sperde una manata di piume. La piccola guardiana scalza, che
s’era insiepata, strillò di paura.
Loretta si volse a guardare se qualche oca fosse rimasta schiacciata;
ma non vide che una nube di polvere, gonfia come un lenzuolo pieno di
vento, che saliva in alto, vorticando.
— Certo ne hai ammazzata qualcuna... — ella disse con voce piena di
compassione. — Corri troppo forte!
Rafa si mise a ridere; il meccanico ch’era nell’interno della vettura
si sporse avanti e rispose:
— No, signora, nessuna: ho guardato io.
Loretta si consolò. Erano giunti in fondo alla dirittura, compariva un
villaggio e bisognò rallentare.
— Per dire la verità, io non ho mai compreso bene come possano le
automobili camminar da sole, — confessò Loretta.
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Colei che non si deve amare: romanzo - 23
  • Parts
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 01
    Total number of words is 4486
    Total number of unique words is 1776
    33.9 of words are in the 2000 most common words
    47.6 of words are in the 5000 most common words
    55.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 02
    Total number of words is 4519
    Total number of unique words is 1744
    33.2 of words are in the 2000 most common words
    45.6 of words are in the 5000 most common words
    52.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 03
    Total number of words is 4409
    Total number of unique words is 1707
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    50.4 of words are in the 5000 most common words
    57.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 04
    Total number of words is 4502
    Total number of unique words is 1857
    32.1 of words are in the 2000 most common words
    45.9 of words are in the 5000 most common words
    52.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 05
    Total number of words is 4429
    Total number of unique words is 1761
    33.5 of words are in the 2000 most common words
    45.8 of words are in the 5000 most common words
    53.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 06
    Total number of words is 4394
    Total number of unique words is 1899
    32.0 of words are in the 2000 most common words
    45.3 of words are in the 5000 most common words
    52.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 07
    Total number of words is 4405
    Total number of unique words is 1868
    31.1 of words are in the 2000 most common words
    45.3 of words are in the 5000 most common words
    51.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 08
    Total number of words is 4417
    Total number of unique words is 1821
    32.8 of words are in the 2000 most common words
    46.9 of words are in the 5000 most common words
    54.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 09
    Total number of words is 4349
    Total number of unique words is 1725
    34.6 of words are in the 2000 most common words
    48.0 of words are in the 5000 most common words
    54.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 10
    Total number of words is 4328
    Total number of unique words is 1521
    37.1 of words are in the 2000 most common words
    51.6 of words are in the 5000 most common words
    57.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 11
    Total number of words is 4434
    Total number of unique words is 1619
    34.7 of words are in the 2000 most common words
    49.9 of words are in the 5000 most common words
    56.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 12
    Total number of words is 4404
    Total number of unique words is 1723
    33.0 of words are in the 2000 most common words
    48.0 of words are in the 5000 most common words
    55.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 13
    Total number of words is 4409
    Total number of unique words is 1593
    35.7 of words are in the 2000 most common words
    50.6 of words are in the 5000 most common words
    57.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 14
    Total number of words is 4341
    Total number of unique words is 1661
    33.8 of words are in the 2000 most common words
    47.4 of words are in the 5000 most common words
    53.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 15
    Total number of words is 4311
    Total number of unique words is 1700
    32.6 of words are in the 2000 most common words
    46.5 of words are in the 5000 most common words
    53.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 16
    Total number of words is 4221
    Total number of unique words is 1735
    31.6 of words are in the 2000 most common words
    44.9 of words are in the 5000 most common words
    51.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 17
    Total number of words is 4297
    Total number of unique words is 1649
    36.3 of words are in the 2000 most common words
    49.4 of words are in the 5000 most common words
    56.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 18
    Total number of words is 4472
    Total number of unique words is 1674
    35.6 of words are in the 2000 most common words
    50.9 of words are in the 5000 most common words
    58.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 19
    Total number of words is 4432
    Total number of unique words is 1704
    31.6 of words are in the 2000 most common words
    46.6 of words are in the 5000 most common words
    53.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 20
    Total number of words is 4422
    Total number of unique words is 1674
    30.9 of words are in the 2000 most common words
    45.3 of words are in the 5000 most common words
    52.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 21
    Total number of words is 4393
    Total number of unique words is 1700
    35.7 of words are in the 2000 most common words
    49.7 of words are in the 5000 most common words
    57.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 22
    Total number of words is 4400
    Total number of unique words is 1733
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    48.8 of words are in the 5000 most common words
    57.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 23
    Total number of words is 4403
    Total number of unique words is 1675
    34.3 of words are in the 2000 most common words
    48.7 of words are in the 5000 most common words
    55.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 24
    Total number of words is 4463
    Total number of unique words is 1717
    34.9 of words are in the 2000 most common words
    50.0 of words are in the 5000 most common words
    58.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 25
    Total number of words is 4447
    Total number of unique words is 1724
    30.8 of words are in the 2000 most common words
    43.9 of words are in the 5000 most common words
    51.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 26
    Total number of words is 4488
    Total number of unique words is 1588
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    48.5 of words are in the 5000 most common words
    55.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Colei che non si deve amare: romanzo - 27
    Total number of words is 2173
    Total number of unique words is 1006
    37.5 of words are in the 2000 most common words
    48.9 of words are in the 5000 most common words
    54.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.