Castel Gavone: Storia del secolo XV - 17

Total number of words is 4505
Total number of unique words is 1773
37.1 of words are in the 2000 most common words
51.5 of words are in the 5000 most common words
58.4 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
fai un regalo a Tommaso Sangonetto. Ma se tu credi che questo serrame
possa arrestarmi....--
E smesso di urtare nell'uscio, Giacomo Pico ficcò le dita tra il
catenaccio e la parete, cercando di schiantare la staffa piantata nel
muro.
--Un regalo!.... al Sangonetto!....--ripetè macchinalmente la
Gilda.--Che hai detto Giacomo? Dov'è il Sangonetto?
--Nella tua camera, perdio!--urlò Giacomo Pico.--Hai inteso ora?
E proseguiva, così dicendo, a trarre il catenaccio con tutta la forza
delle sue dita ripiegate ad uncino.
--Nella mia camera!.... lui!....--sclamò la povera donna, a cui quelle
parole mostravano una verità a gran pezza più triste che ella non
avesse potuto immaginare da prima.--Ah vile, tre volte vile! Dio di
Giustizia, tu lo hai udito, tu lo hai condannato!--
E mentre il Bardineto, con un ultimo sforzo, veniva a capo di schiuder
l'uscio restìo, quella donna si scagliò furibonda come una tigre su
lui, e, tratto un pugnale di sotto alla cintura, glielo cacciò nelle
reni.
Era quello il pugnale che, il giorno della sua caduta, la povera Gilda
aveva strappato di pugno a Giacomo Pico.
Si voltò in soprassalto il ferito, sentendo il freddo acuto della lama
penetrargli nelle viscere. Voleva piombare su lei, e le sue mani si
spiccarono dall'uscio che avea ceduto in quel momento a' suoi sforzi.
Ma non gli venne fatto; e neppure gli bastò l'animo per sostenere lo
sguardo iracondo di quella Nemesi vendicatrice.
Rimase attonito; mille pensieri, mille immagini confuse gli
traversarono la mente. Il triste dramma della sua vita gli lampeggiò
nello sguardo, in quello sguardo così fiero da prima, e in ultimo così
raumiliato.
Sentì allora venir meno le forze. Con moto istintivo le mani si
stesero, per aggrapparsi al catenaccio, da cui si erano un istante
spiccate. Ma non fece più in tempo e cadde sulle ginocchia.
La Gilda buttò il pugnale lungi da sè, ruppe in un grido di terrore e
forsennata si gittò ai piedi di Giacomo.
--Hai fatto bene;--le disse egli con voce interrotta.--Sono un vile...
tre volte vile!... Eppure non ero nato per finire così!...
--Giacomo! Ed io ti ho ucciso! gridò ella con accento disperato,
strappandosi i capegli dalle tempia.
--No... hai fatto bene... ti dico.--soggiunse il morente, con voce
sempre più fioca.--Vile... tre volte vile!--
Così dicendo, girò attorno gli occhi smarriti, come cercando la luce
che gli sfuggiva. Mosse ancora le labbra, balbettando parole confuse;
allungò le braccia quasi volesse trattenersi anche un istante tra i
vivi; indi reclinò il capo sul petto e stramazzò, colle membra
prosciolte, sul pavimento. Giacomo Pico era morto.

CAPITOLO XVI.
Nel quale si narra come la signora Ninetta al disonore preferisse la
morte.

È tempo di dire, poichè vien proprio a taglio coi fatti che abbiamo
raccontati pur dianzi, da che avesse origine quel tafferuglio, che
aveva distolto da un ufficio di cortesia Don Giovanni di Trezzo.
Mastro Bernardo, coll'amico Antonio Cappa e colla sua compagnia di
finarini, s'era avviato per l'erta di castel Gavone, come aveva
promesso alla Gilda. Pervenuto, con quella maggior sollecitudine che
gli era consentita dalle tenebre, dal vento impetuoso e dalla asprezza
del cammino, sotto alla macchia dei roveri, aveva udito il grido
straziante di soccorso, che, come i nostri lettori già sanno, era
stato gettato da madonna Nicolosina. A lui, per altro, era parso di
riconoscere la voce della sua bella nipote. Rispose, con quanto fiato
ci aveva in corpo, e pensò di essere udito; senonchè, quel rovaio
indiavolato, che a lui portava i suoni dall'alto, impediva che
giungesse la sua risposta lassù. Ma questo era il meno; giungere
bisognava, e mastro Bernardo e il Cappa, sollecitati i loro uomini,
s'inerpicarono di buona gamba per la costiera, e trafelati, ma
contenti d'aver fatto quanto era in poter loro, afferrarono la cima
del poggio.
Colà, alzati gli occhi alle mura del castello, mastro Bernardo vide la
finestra della nipote, illuminata, ma chiusa. Stava per gridare; ma in
quel mentre, un soldato aveva veduto biancheggiare alcun che tra gli
sterpi. Era l'appiccatura delle lenzuola, per cui dovevano tirarsi in
casa, secondo l'indettatura di Gilda, ma che oramai non poteva servire
più a nulla.
Mastro Bernardo capì che quell'utile ordigno qualcuno lo aveva buttato
dalla finestra, e che questo messer qualcuno non era un tale a cui
mettesse conto la loro ascensione. E fin qui la prova della sua
intelligenza non offriva niente di strano. Ma il buono venne subito
dopo, e fu una vera alzata d'ingegno, che doveva raccomandare il suo
nome alla memoria dei posteri.
--Presto, ragazzi, a tôrre una scala!--gridò egli ai vicini.--Andate
dai Bonorini, dai figli della Rossa, che stanno qui presso. Presto,
una scala, due scale, vi dico; tre scale, anzi, quante scale si
trovano. Più saranno, meglio per tutti!--
I casolari a cui mastro Bernardo accennava, erano appunto a breve
distanza, giù per la costa del monte. Però le scale furono tratte al
piè delle mura, prima che il bravo ostiere dell'Altino avesse il tempo
di perdere la pazienza. Due di esse, legate insieme, raggiungevano a
mala pena l'altezza del davanzale; ma il valentuomo non desiderava
niente di più.
Per contro, vedendosi aiutato dalla fortuna, alzò l'animo a cose più
grandi. Gli veniva udito al primo piano del castello un insolito
tramestìo. I nemici entravano dunque allora dall'altra banda? E non si
poteva opporre sorpresa a sorpresa? Le scale c'erano, e per afferrare
una finestra del primo piano non ne occorreva che una. Su dunque; egli
al secondo, con pochi seguaci; il rimanente della compagnia, sotto il
comando del Cappa, si sarebbe introdotto da quella finestra nel primo.
Era questa, nello spazio di pochi minuti, la seconda alzata d'ingegno
di mastro Bernardo; ma ohimè, non così felice come la prima, epperò
(s'ha da metterlo in sodo, quantunque a malincuore) meno degna del
ricordo dei posteri. A scusa di mastro Bernardo non va dimenticato,
per altro, che questa è la sorte di tutte le umane intraprese; chi fa
falla, dice il proverbio, e non tutte le ciambelle riescono col buco.
Lasciamo il Cappa col grosso della compagnia, e seguitiamo mastro
Bernardo. Egli giunse, colla sua spada appesa sugli òmeri, all'altezza
della finestra di Gilda, proprio nel punto che si spegneva la lampada.
Egli stesso la udì rompersi sul pavimento ed ebbe ancora il tempo di
scorgere attraverso i vetri un'ombra nera, che si scagliava verso il
fondo della camera. Afferrare la colonna che partiva in due la
finestra, sfondare d'un pugno vigoroso la vetrata, urtar di spalle e
rovesciarsi dentro, insieme colla imposta atterrata, fu un punto.
Nicolosina n'ebbe animo e lena a respingere il suo assalitore; e il
prode Tommaso, capito in di grosso che quello non era più luogo per
lui, ebbe a mala pena il tempo di darla a gambe per l'uscio; e non
baciò nemmanco la toppa.
Mastro Bernardo alzatosi appena sulle ginocchia, e notato con grande
soddisfazione di non essersi levato di sesto, si diede in quelle
tenebre a chiamar la nipote; ma per lei, non senza meraviglia del
valentuomo, rispose la voce di madonna Nicolosina. Poche e rotte
parole chiarirono ogni cosa, e l'entrata dei nemici, guidati da due
traditori nel castello, e lo stratagemma della Gilda, e l'infame
attentato del Sangonetto. Ma la Gilda? ov'era la Gilda? Nelle stanze
della padrona, per fermo. E mastro Bernardo vi corse a furia,
brancolando a guisa di cieco, urtando della persona nei muri, guidato
dai cenni della contessa d'Osasco, non meno ansiosa, non meno
trepidante di lui.
L'uscio era aperto. Si gettarono dentro, egli, madonna Nicolosina e i
pochi che avevano seguito mastro Bernardo lassù. Un doloroso
spettacolo si offerse ai loro occhi in quel punto. La Gilda, pallida,
scarmigliata, noncurante di loro, stava acchiocciolata presso un
cadavere. Invano la chiamarono per nome, la scossero, la incalzarono
colle dimande; li guatava attonita, senza risponder parola; componeva
le labbra ad un riso melenso; indi tornava a guardare il cadavere.
Madonna Nicolosina chinò gli occhi a sua volta e ravvisò Giacomo Pico,
il suo fiero amatore; rabbrividì, pensando al pericolo ch'ella avea
corso, e a quel nero tradimento che, nella profondità delle sue
dolorose cagioni, nella fulminea prontezza del meritato castigo, e nei
lutti che si seminava d'intorno, attingeva una specie di cupa maestà,
siccome è dato anche al delitto di averla, quando esso derivi da una
grande sventura. E cadde allora, combattuta da tante sensazioni
angosciose; cadde a terra e pregò, colla fronte umiliata ai piedi di
Gilda, che or lei, ora il morto, guardava con occhio istupidito e
rideva.
Intanto, gli uomini che avevano seguito mastro Bernardo scendevano al
piano inferiore, rincorrendo giù per le scale il Sangonetto fuggente.
E là in cambio di trovar lui, che s'era accovacciato in qualche angolo
per aspettare il destro di uscirne, s'imbattevano nelle tenebre in una
masnada di gente, che diè loro addosso con furia. Era il grosso della
compagnia, guidato dal Cappa, che spandendosi per le sale e non
pensando agli amici del pian di sopra, li toglieva in iscambio,
assalendoli vigorosamente, al grido di San Giorgio e Carretto. Nè
valse a tutta prima il rispondere in quella medesima guisa; il furore
è cieco, e sordo per giunta, e la prudenza, poi, teme sempre
d'insidie. Allorquando i combattenti si persuasero d'esser tutti della
medesima insegna, non era più tempo di far opera utile; che la gente
di messer Pietro Fregoso era accorsa con impeto gagliardo ed alte
grida di guerra, dal pianterreno, ove già aveva fatto prigione lo
scarso presidio, e Giovanni di Trezzo giungeva dall'altra banda,
pigliando in mezzo i mal capitati soccorritori. Violento fu l'urto, e
più assai la confusione che la pugna. Le fiaccole portate dagli uomini
di Giovanni di Trezzo, illuminando le sale, diedero agio ai genovesi
di compir l'opera, cansando l'errore in cui erano incappati i nemici,
col picchiarsi alla cieca tra loro. Molti in questa occasione furono i
morti; i superstiti, come di leggieri s'argomenta, caddero tutti
prigioni.
Fornita questa bisogna, e padroni oramai del castello nella sua parte
più ragguardevole, i genovesi pensarono di occupare altresì il piano
superiore, per sincerarsi che non vi fossero altri difensori
appiattati. A tale impresa, che richiedeva, oltre il valore, un tal
po' di riguardo, imperocchè lassù dimorava il grosso della famiglia,
donne, la più parte, e innocuo servidorame, andò Giovanni di Trezzo in
persona, col fiore de' suoi.
In mal punto fu visto allora da Anselmo Campora il nostro prode
Tommaso Sangonetto, che si era poc'anzi imbrancato tra i combattenti.
--Animo, a voi, Sangonetto, che conoscete il castello; insegnate la
strada.--
Tommaso Sangonetto s'augurò in quell'ora d'essere almeno quattro palmi
sotterra. Pure, gli bisognò fare di necessità virtù, e si mosse cogli
altri verso le scale.
--Che diamine avete?--gli domandò il Picchiasodo, che nella allegrezza
della vittoria avea preso a trattarlo più dimesticamente, e saliva con
esso lui, appoggiandogli la sua larga mano sulle spalle.--Non mi
sembrate troppo saldo sulle gambe.
--Io? che, vi pare? sono un po' scombussolato;--balbettò il
Sangonetto.--Capirete bene.... in un momento come questo!... Neppur io
m'aspettavo che la dovesse andar così liscia.
--Eh, non dico di no. Del resto, ci avete dato un buon colpo d'aiuto,
e non dubitate; messer Pietro Fregoso vi compenserà a misura di
carbone.--
Il dialogo dei due amiconi fu interrotto da un cozzo improvviso di
spade là in alto. Mastro Bernardo ne faceva delle sue. Inviperito da
tante disgrazie, ed anche un po' riscaldato, innalzato dalle
circostanze a' suoi occhi medesimi, l'ostiere soldato menava colpi a
dritta e a manca, sull'ingresso dell'appartamento di madonna
Nicolosina, a cui i nemici, guidati dal chiarore dei doppieri, si
erano allora rivolti.
--Sotto! sotto! pigliatelo vivo!--gridò Giovanni di Trezzo.--Vo' farlo
impiccare per la gola, questo furfante, che s'ostina a resistere dove
comanda la repubblica genovese.
--No, perdio, non comanda la repubblica!--rispose fieramente mastro
Bernardo.--Comando io, qui; difendo due donne dai vostri tentativi
ribaldi.--
E seguitava a menar colpi a tondo, per tenere in rispetto gli
assalitori. La lotta, per altro, era troppo disuguale e non poteva
durare più molto.
Madonna Nicolosina si fece innanzi e trattenne il braccio del suo
furibondo campione.
--Smettete, vi prego;--diss'ella,--Colui che ha parlato è di sicuro il
comandante di questi soldati. Egli non vorrà certo recare offesa a due
donne.
--Ben dite, mia nobil signora;--fu pronto a rispondere Don Giovanni di
Trezzo.--Dove noi comandiamo, degli insultatori di donne si sogliono
caricar le bombarde.
--Ah, sì? Vediamo dunque la prova!--entrò a dire mastro
Bernardo.--Cercate pel castello il vostro amico e aiutante Tommaso
Sangonetto, che in qualche buco si sarà pure ficcato, e fategli fare
questa piacevolezza, che l'ha meritata davvero.
--Che dici tu ora?
--Dico, messere, che mentre voi facevate il vostro mestier di soldato
a pianterreno, il vostro aiutante è salito quassù a ruba di donne, e
già aveva ardito di mettere le sue sconcie mani sulla figliuola del
nostro marchese, sulla illustrissima contessa di Osasco.
--Se la cosa sta come tu la racconti,--disse Giovanni di Trezzo,--sarà
fatta giustizia.
--Ohè! che cos'è questo ch'io sento?--diceva intanto il Picchiasodo a
Tommaso Sangonetto.--Ma tu tremi a verga, furfante!
--Fate cercare quest'uomo!--gridò una voce imperiosa dal fondo, che
fece dare indietro i soldati e lo stesso comandante, per modo che il
passo fu subito sgomberato.--Madonna,--proseguì allora colui che aveva
parlato in tal guisa, nell'atto che s'inoltrava verso la contessa
d'Osasco,--vogliate condonare la poca vigilanza nostra ad un'ora di
trambusto. Non sarà mai detto che l'esercito comandato da Pietro di
Campo Fregoso sia contaminato da cosiffatte ribalderie. I miei soldati
hanno ordini severi e consuetudini oneste di pugna. Ora, se il
capitano si giova di tutti gli spedienti e accoglie ogni servizio che
lo conduca più prontamente al suo fine, egli non può altrimenti
sottrarre ad un castigo esemplare chi commette la viltà di oltraggiare
una donna. Contessa d'Osasco, il vostro offensore sarà giudicato
domani.
--O stamani,--mormorò il Picchiasodo,--perchè oramai si può cantar
mattutino.--
Il Sangonetto faceva in quel mentre un passo indietro, sperando di
mettersi lontano dal tiro e di darla a gambe non visto. Ma il
Picchiasodo ci aveva gli occhi nella collottola.
--Ehi, dico, non mi dare la volta! Qua, mal arnese, e sentimi questo
po' di tanaglia. A voi, dopo tutto; non cercate più altro, ecco
l'uomo!--
Da questo breve discorso il savio lettore argomenterà i gesti del
Campora, che io non mi fermo a descrivere. E nemmanco mi dilungherò a
raccontare come il Sangonetto, tirato a forza davanti a madonna
Nicolosina, che non voleva accusarlo, si buttasse vilmente ginocchioni
ai suoi piedi, e ne implorasse la intercessione presso il capitano
generale. Il lettore ne sarebbe stomacato come lo fu messer Pietro
Fregoso.
--Basta!--diss'egli, stizzito,--Levatemi questo codardo da' piedi!
Anselmo, tu sei pratico di queste faccende e sai che cosa ci voglia
per mantenere la disciplina e custodir l'onore di un esercito. Ti dò
questo briccone in governo; fanne giustizia a tuo senno.
--Eh! un bel regalo!--borbottò il Picchiasodo tra i denti.
Messer Pietro tornò poco stante alle cure del comando; chè, preso il
castello Gavone, non era già finita ogni cosa, ma bisognava tener
salda la preda e provvedere in pari tempo alla sicurezza
dell'esercito, contro ogni colpo disperato del Borgo.
Le precauzioni non erano inutili. Gente risoluta ce n'era in buon dato
nel Borgo, anche dopo la partenza, voluta a forza un mese addietro dal
marchese Galeotto, di messer Barnaba Adorno e degli altri della sua
casa; ai quali, perchè fuorusciti di Genova e mortalmente odiati dai
Fregosi, dovevasi risparmiare ad ogni costo il brutto quarto d'ora
d'una resa, oramai preveduta da tutti. Rimanevano adunque nel Borgo i
congiunti e i principali aderenti del marchese; e bene pensava messer
Pietro, che, pigliato di sorpresa il castello, bisognasse
assicurarsene il possesso, rafforzandolo con molta mano di soldatesche
e sussidio d'artiglierie, prima che i difensori del Borgo fossero per
riaversi dallo stupore.
Frattanto, il nostro bravo Giovanni di Trezzo conduceva madonna
Nicolosina, la madre e l'altre donne, a riparo nella chiesuola di San
Giorgio, che era dentro al castello, e colà usava ogni maniera di
cortesi trattamenti ad essa e agli altri ragguardevoli uomini di casa
Carretta, che erano stati colti in quella notte lassù.
Tra queste ed altre cure simiglianti, giunse il mattino, lieto per gli
uni, doloroso per gli altri, siccome avviene pur troppo di tutti i
giorni dell'anno. Anselmo Campora era già sulla spianata davanti al
castello, per mettere in sesto la signora Ninetta ed alcune
bombardelle tirate in fretta lassù dal battifolle di Pertica, mentre i
soldati di Trezzo e i mastri di legname, sparsi nei dintorni,
lavoravano ad asserragliare il poggio dalla parte del Borgo. Lavoro
arrangolato e sollecito, poichè si temeva che da un momento all'altro
potessero i finarini tentare un colpo disperato sull'erta.
--Aspettate;--diceva il Picchiasodo;--or ora manderemo a quegli
ostinati una nespola del nostro orto, e saprà loro d'acerbo. A
proposito, s'ha a far giustizia di quell'altro. Ohè, Falamonica, dov'è
il prigioniero?
--Sotto chiave nei fondi del castello, come avete ordinato;--rispose
il Falamonica, che i nostri lettori avranno creduto morto, laddove
egli non aveva preso che un bagno freddo.
--Orbene, vallo a pigliare e portalo qua. Quell'altro ha già avuto il
fatto suo dalla donna; al suo degnissimo sozio glielo daremo noi, in
lire, soldi e danari.--
Poco stante, un drappello di soldati conduceva sulla spianata Tommaso
Sangonetto, il prode Sangonetto, bianco il volto come un cencio
lavato, e già più morto che vivo.
--Messer Pietro mi ha posto un bel carico sulle braccia!--borbottò il
Campora, vedendo giungere quel disgraziato.--Che vi pare, amico
Giovanni? S'ha proprio a caricarne la bombarda, di quel batuffolo di
stracci?
--Perdio!--rispose Giovanni di Trezzo.--Fate come v'aggrada, Anselmo,
poichè il capitano generale v'ha lasciato in governo il panno e le
forbici. Ma io domanderò a voi che cosa si è sempre fatto delle spie,
dei disertori e dei furfanti pari a costui. Per me, ve lo dico
schietto; se fossi il mastro de' bombardieri, vorrei risparmiare una
palla.
--E sia;--ripigliò il Picchiasodo.--a voi dunque, signora Ninetta;
preparatevi a ricevere in casa un briccone.--
Il Sangonetto, come i lettori possono figurarsi, guatava con occhio
smarrito ora il Picchiasodo ora Giovanni di Trezzo, e ansimava, sudava
freddo e tremava; sopratutto tremava e gli battevano i denti, e gli si
piegavano le ginocchia. I soldati, più assai che tenerlo stretto nelle
ugne, dovevano reggerlo sotto le ascelle, che non avesse a cascare da
senno, come un batuffolo di stracci.
In quel mentre, il Falamonica si messe a gridare.
--Ah, cane! eccolo là!
--Chi?--domandò il Picchiasodo.
--Vedete, messere; il vostro cucco, il vostro prediletto, il mariuolo
che m'ha gettato nel pozzo.--
Colui che il Falamonica segnava a dito, era per l'appunto il Maso,
fatto prigioniero nella beltresca, riconosciuto da alcuni soldati pel
fuggitivo del giorno addietro, e condotto da essi al Campora, colla
speranza di averne la mancia.
Anche il Maso riconobbe il Falamonica, e se fu contento di non averlo
mandato a male, non si tenne altrimenti per salvo.
--Son fritto!--diss'egli un'altra volta in cuor suo.--Non c'è più
scappatoie.--
Per altro, nell'avvicinarsi alla comitiva, l'animoso giovinotto volle
ancor dire la sua.
--Ah, sia lodato il cielo, Falamonica! Siete voi, proprio voi, in
carne ed ossa!
--E nervi, per stringerti il nodo alla gola, assassino!--rispose il
Falamonica, guardandolo a squarciasacco.
Il Picchiasodo entrò in mezzo al discorso.
--Furfante!--diss'egli, aggrottando le ciglia o ingrossando la
voce.--Così hai risposto alle mie amorevolezze per te?
--Scusate, padron mio riverito;--rispose il Maso, facendo faccia
tosta;--ero prigione, ma non già sulla parola, nel campo vostro. Sono
fuggito, per tornarmene quassù, a fare il debito mio di finarino e di
soldato. C'è la storia del pozzo, lo capisco; ma il pozzo era poco
profondo, e difatti, ecco qua il Falamonica, più sano, e credo anche
meglio pasciuto di prima, mentre io non ho più messo altro in corpo,
dopo la vostra ultima minestra. Messere Anselmo, fatemi impiccare, se
ciò vi dà gusto e se è necessario alla vostra felicità; ma ditemi in
grazia una cosa: ne' miei panni, ieri, che cosa avreste fatto voi?

--Si domanda? Avrei dato fuoco alla baracca ed al campo;--rispose
il Picchiasodo alzando la spalle e facendo cipiglio, per
nascondere un sorriso che gli spuntava già sotto i baffi.--Dal
resto,--aggiunse,--siccome io non ero ne' tuoi panni, ieri, non
vorrei esserci oggi per tutto l'oro del mondo.
--Già, capisco;--borbottò il Maso;--puzzano d'impiccato un miglio
lontano.
--Torniamo a noi,--ripigliò il Picchiasodo,--e sbrighiamo anzitutto
quell'altro.
--Messere,--disse il Falamonica sottovoce al padrone,--sapete che la
bombarda è carica.
--Eh lo so, bighellone! Prima si manda la nespola al Borgo, e poi
metteremo dentro costui. Messere dell'archibugio,--soggiunse il
Picchiasodo, volgendosi al Sangonetto con una celia da camposanto,--o
quanto non era meglio per voi che vi foste fatto vivo con me, laggiù,
all'osteria dell'Altino? Ma già,--proseguì borbottando,--se voi foste
stato un uomo di polso, non vi sareste macchiato di tradimento e
d'infamia. Animo, a te, bombardiere! Avanti l'uncino, e fuoco!--
Il bombardiere obbedì, togliendo l'uncino arroventato dal braciere e
accostandolo al focone. Seguì un lampo e insieme col lampo un fragore,
uno schianto, come di folgore, che intronò le orecchie di tutti gli
astanti e a qualcheduno fe' peggio. La palla era uscita, ma in pari
tempo era andata in frantumi la canna. La signora Ninetta, la povera
signora Ninetta, amore e delizia di Anselmo Campora, era andata dove
vanno tutte le cose vecchie, e talvolta anco le giovani; e ben se ne
avvide il suo cavalier servente, quando fu diradata la nube che lo
scoppio della polvere aveva prodotta, e si udirono le strida di
parecchi soldati, feriti dalle scheggie del pezzo.
--Ah, per l'anima di!....--gridò il Picchiasodo, che non sapeva più in
nome di chi bestemmiare con frutto.--Birbe matricolate! La mia
bombarda! La regina delle bombarde! Vedete un po'! E stamane, poi,
proprio stamane! Ma che diamine avete voi fatto? Forse nel trarla
quassù l'avreste lasciata ruzzolare pei sassi?
--No, messere Anselmo; s'è portata con ogni cura e non le si è fatto
alcun male;--gridarono ad una voce i soldati.
--Già,--entrò a dire Giovanni di Trezzo,--tanto va la gatta al lardo
che vi lascia lo zampino. Anche le bombarde sono mortali, e voi
saprete quello che ha detto il poeta: Cosa bella e mortal...
--Sì, sì, ho capito!--interruppe il Campora.--Questa è opera del
Cattabriga, che, fedele alla sua praticaccia, mi avrà risciacquato la
bombarda coll'aceto.
Il Picchiasodo si apponeva; chè infatti il mal uso di lavar le
bombarde coll'aceto era spesso cagione di simili guasti, e non tutti
se ne volevano persuadere. Il Cattabriga, bombardiere a cui Anselmo
Campora avea dato cagione di quella disgrazia, era lì per rispondere,
chiedendo scusa al suo comandante, allorquando il Maso uscì fuori con
una delle sue solite arguzie.
--Messer Anselmo--diss'egli--credete a me, non è l'aceto. La signora
Ninetta è una bombarda per bene. Ha veduto il brutto coso con cui
volevate appaiarla, e al disonore ha preferito la morte.--
Il Picchiasodo lo guardò un tratto in silenzio, come se stesse in
forse, meditando la profondità dell'osservazione. L'amore per la sua
povera bombarda gli diede il tracollo.
--Tu hai colpito nel punto,--gridò,--ed ecco una osservazione che ti
salva la vita. A te! ami quest'uomo?--gli chiese, additandogli il
Sangonetto.
--Come il fumo negli occhi!--rispose il Maso.--È un traditore del mio
paese; faceva l'occhiolino ad una certa persona che è sempre piaciuta
a me; ha fatto, come sento or ora, un'azionaccia... Come volete che io
l'ami?
--Ti sentiresti di fartela con lui?
--Perdio!--sclamò il Maso.--Ve lo infilzo come un tordo allo spiedo.
--Sta bene, hai qui la mia spada. Tienla per amor mio, te la regalo. E
tu, mascalzone,--proseguì il Campora, contento di aver trovato una via
così spiccia,--levati di qua; vattene al Borgo, se ti ricevono, e se
questo giovinotto ti consentirà di arrivarci!--
Il Sangonetto cadeva, come suol dirsi, dalla padella nella brace.
--Messere,--balbettò egli, con voce piagnolosa,--chiudetemi in una
prigione per tutta la vita, vi supplico...
--No,--rispose il Picchiasodo,--mi faresti scoppiar la prigione dalla
vergogna. Va via! Fategli largo, voi altri! E tu, piglialo, da bravo!
--Ammazza! ammazza!--gridarono in coro i soldati, vedendo il
Sangonetto che batteva il tacco verso la china.
--Non dubitate,--gridò il Maso, correndogli sull'orme,--è un uomo
morto.--
I soldati del Campora e di Giovanni di Trezzo ebbero allora uno
spettacolo di corsa, che nel Circo massimo, ai giuochi gladiatorii,
non ebbe l'uguale il più famoso popolo della terra, Il Sangonetto,
veduto andargli a male la sua ultima speranza, s'era dato a fuggire, e
volava via come il vento. Come fu al ciglione del poggio, piegò
improvvisamente a dritta, e giù a fiaccacollo, guadagnando una
cinquantina di passi sul Maso che lo seguiva furente.
I soldati corsero sui greppi per averne l'intiero.
--Lo perde!--No, non lo perde!--Vedrete; là dietro alla macchia dei
roveri lo raggiunge di certo.--Che! vedetelo là, il furfante; va via come
una lepre.--Sì, ma l'altro è buon cane da giungere, e non gli dà troppo
campo.--Ah, diamine, eccoli là nel torrente!--Incespica!--Chi?--Il
giovinotto, perdiana! Ma ecco, si rialza; non s'è fatto nulla.--E
quell'altro, vedete un po'! Già, la fortuna aiuta i bricconi. Piglia la
via della Caprazoppa.--E qual'altra volete che pigli? Se va al Borgo, è
un uomo spacciato. Se volta a tramontana, intoppa nel battifolle di
Gorra.--O come? Non si vede già più?--Lo nascondono quei massi sporgenti.
Guardatelo ora, là tra quei due cespugli, che s'inerpica.--Ha da essere
stanco la parte sua. Ma l'altro, dov'è?--Guardate è là sotto, a cento
passi più giù.--Lo perde!--No, non lo perde. Vedete? lo fiuta da lunge, e
si rimette sull'orma.--
Questi i ragionari dei soldati, lungo la costiera occidentale di
castel Gavone. Intanto, era vero che il Sangonetto aveva fatto ogni
poter suo, e che il petto non gli reggeva più oltre a sostener quella
gara mortale. Giunto a fatica presso uno di que' massi biancastri che
sporgono fuor della ripida costa, sotto la roccia dell'Aurèra, si
gittò per morto a rifugio entro una fratta di arbusti e sterpi
intralciati. Colà ristette, trattenendo a forza il respiro, sperando
che il suo nemico avesse smarrito la traccia.
E ciò temettero dal canto loro i soldati genovesi. Il Campora già si
pentiva di aver fatto al briccone un così largo partito. Ma poco
stante comparve il Maso al piè dello scoglio; i soldati lo videro star
perplesso un istante, indi con passo guardingo inoltrarsi, strisciar
quasi a mo' di serpente lunghesso i fianchi scoscesi del masso. Quel
che seguisse, non fu dato ad essi di scorgere; bensì parve loro di
udire a qualche distanza un grido lamentevole. Indi a non molto, una
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Castel Gavone: Storia del secolo XV - 18
  • Parts
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 01
    Total number of words is 4507
    Total number of unique words is 1806
    36.2 of words are in the 2000 most common words
    49.8 of words are in the 5000 most common words
    57.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 02
    Total number of words is 4566
    Total number of unique words is 1698
    38.1 of words are in the 2000 most common words
    52.2 of words are in the 5000 most common words
    57.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 03
    Total number of words is 4626
    Total number of unique words is 1756
    39.0 of words are in the 2000 most common words
    54.6 of words are in the 5000 most common words
    61.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 04
    Total number of words is 4753
    Total number of unique words is 1759
    36.6 of words are in the 2000 most common words
    51.5 of words are in the 5000 most common words
    58.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 05
    Total number of words is 4471
    Total number of unique words is 1637
    37.3 of words are in the 2000 most common words
    51.5 of words are in the 5000 most common words
    58.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 06
    Total number of words is 4496
    Total number of unique words is 1773
    36.5 of words are in the 2000 most common words
    52.9 of words are in the 5000 most common words
    61.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 07
    Total number of words is 4480
    Total number of unique words is 1781
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    51.1 of words are in the 5000 most common words
    58.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 08
    Total number of words is 4570
    Total number of unique words is 1733
    39.4 of words are in the 2000 most common words
    53.5 of words are in the 5000 most common words
    61.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 09
    Total number of words is 4556
    Total number of unique words is 1704
    40.9 of words are in the 2000 most common words
    57.7 of words are in the 5000 most common words
    64.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 10
    Total number of words is 4595
    Total number of unique words is 1782
    39.0 of words are in the 2000 most common words
    54.3 of words are in the 5000 most common words
    62.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 11
    Total number of words is 4596
    Total number of unique words is 1851
    37.8 of words are in the 2000 most common words
    52.9 of words are in the 5000 most common words
    60.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 12
    Total number of words is 4566
    Total number of unique words is 1753
    39.9 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    64.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 13
    Total number of words is 4551
    Total number of unique words is 1661
    38.0 of words are in the 2000 most common words
    51.5 of words are in the 5000 most common words
    57.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 14
    Total number of words is 4593
    Total number of unique words is 1699
    38.1 of words are in the 2000 most common words
    52.5 of words are in the 5000 most common words
    59.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 15
    Total number of words is 4506
    Total number of unique words is 1698
    39.5 of words are in the 2000 most common words
    54.5 of words are in the 5000 most common words
    62.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 16
    Total number of words is 4578
    Total number of unique words is 1785
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    52.1 of words are in the 5000 most common words
    58.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 17
    Total number of words is 4505
    Total number of unique words is 1773
    37.1 of words are in the 2000 most common words
    51.5 of words are in the 5000 most common words
    58.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Castel Gavone: Storia del secolo XV - 18
    Total number of words is 2298
    Total number of unique words is 1061
    44.2 of words are in the 2000 most common words
    57.7 of words are in the 5000 most common words
    63.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.