Brani inediti dei Promessi Sposi, vol. 1 - 14

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cose di questo mondo se dovessero nelle loro birberie essere esenti da
ogni perplessità[212].
La carrozza correva tuttavia velocemente, gl'indegni guardiani di Lucia
consultavano non senza sollecitudine su lo stato di essa, guardandola
fisamente, cercando nel suo volto pallido e immobile le apparenze della
vita, aspettando ansiosamente ch'ella ne desse alcun segno; quando la
poveretta cominciò a rinvenire come da un sonno profondo, diede un
sospiro e aperse gli occhi. Penò qualche tempo a distinguere i luridi
oggetti che la circondavano, e a raccapezzare le idee già confuse e
incerte che avevano preceduto il suo deliquio, a confrontarle con le
prime che si affacciavano alla sua mente ritornata; finalmente, a poco
a poco riprendendo le forze, riprese tutto il pensiero, e comprese
la sua orribile situazione. I bravi, senza ardire di porle le mani
addosso e guardandola con un certo rispetto, le andavano facendo animo,
e ripetendo: coraggio, non è niente, non vogliamo farvi male; siamo
galantuomini. Il primo uso che fece Lucia della vita fu di gettarsi con
forza verso lo sportello per vedere dove fosse, se gente passasse, se
potesse lanciarsi al di fuori ad ogni pericolo: ma appena potè scorgere
che il luogo ch'ella attraversava rapidamente era un bosco, che anima
vivente non v'era: che le braccia villane, che l'avevano già conficcata
la prima volta al fondo della carrozza, ve la conficcarono di nuovo.
Levò ella allora un altro grido, ma la stessa manaccia tornò in furia
con lo stesso fazzoletto e il padrone di quella manaccia disse nello
stesso momento: Facciamo i nostri patti: noi non vi faremo male, non
vi toccheremo, ma voi non cercherete nè di fuggire, nè di gridare: già
è inutile, ma pure se voleste tentarlo, noi siamo qui amici, o nemici,
come vorrete.
——Lasciatemi andare, disse Lucia, con voce soffocata dallo sdegno e
dallo spavento: lasciatemi andare subito, subito: io non son vostra,
lasciatemi andare.
——Non possiamo, rispose il malandrino.
——Dove mi conducete? dove sono? voglio andare al convento dei
cappuccini.
——Ohibò! ohibò! disse sogghignando colui, che le ragazze non istanno
bene coi cappuccini. Venite con noi di buona voglia.
——No, no, rispose Lucia, alzando la voce; ma il fazzoletto fu alzato.
——Lasciatemi andare, per amor di Dio, ripigliò ella con voce più fioca.
Dove mi conducete?
——In casa di galantuomini, vicino a casa vostra, rispose il malandrino.
——No, no, disse ancora Lucia: lasciatemi andare.
——Ma se questo è contra i nostri ordini, rispose un altro.
——Chi vi può dare questi ordini? domandò Lucia: ricordatevi della
giustizia, ricordatevi dell'inferno, ricordatevi della morte.
——Pensieri tristi, replicò quello dal fazzoletto: voi ci volete far
malinconia, e noi vi conduciamo a stare allegra.
——Santissima Vergine ajuto! gridò Lucia, ma il malandrino, con volto
iracondo, le protestò che s'ella gridava un'altra volta, il fazzoletto
sarebbe rimasto sulla sua bocca fino a ch'ella fosse giunta al luogo
destinato. E, sforzandosi d'esser garbato, aggiunse: già siamo vicini,
parlerete con chi può comandare: noi siamo servitori che facciamo il
nostro dovere, è inutile che ci diciate le vostre ragioni.
——Oh per amore di Dio, della Madonna, riprese Lucia in tuono
supplichevole, con voce interrotta da singulti, e senza pur pensare
ad asciugare le lagrime che le rigavano tutta la faccia, per amore di
Dio, lasciatemi andare: io sono una povera creatura, che non vi ha mai
fatto male; vi perdono quello che mi avete fatto, e pregherò Dio per
voi: se avete anche voi una figlia, una moglie, una madre, qualche
persona cara a questo mondo, pensate quello che patirebbero se fossero
in questo stato; pensate all'anima vostra; fate una buona opera, che vi
può salvare: fatemi questa carità, acciocchè Dio vi usi misericordia,
lasciatemi qui.
——Non possiamo, risposero tutti e tre; commossi alquanto da quel
lamento. Non possiamo, ripetè il capo; ma non abbiate paura, fatevi
animo, già non vi conduciamo in un deserto; state tranquilla: se volete
parlare, noi vi risponderemo; se volete tacere, noi non parleremo; non
temete, nessuno vi toccherà; e così dicendo si ristringeva contra la
carrozza, lasciando più spazio a Lucia perchè fosse meno disagiata,
perchè non fosse oppressa da una vicinanza, ch'egli stesso sentiva
in quel momento quanto dovesse essere incomoda e ributtante. Gli
altri due, si andavano pure ristringendo dal loro lato, facendo
luogo a Lucia, e tenendosi come in distanza, stornando gli occhi da
quel volto accorato, ma fermi nel loro atroce proposito di eseguire
la commissione: come il villanello che a fatica si è arrampicato
all'albero per togliere un uccelletto dal nido, e lo tiene nelle
mani, e lo sente dibattersi e tremare, e sente il cuore della povera
bestiuola battere affannosamente contra la palma che lo stringe; prova
pure qualche pietà; allenta le dita alquanto, per non affogare la
povera bestiuola, per non farle male; ma aprire il pugno, lasciarla
tornare al suo nido: oh no! Il figlio del padrone gli ha chiesto
l'uccelletto, gli ha promessa una bella moneta s'egli sapeva snidarlo e
portarglielo vivo.
Lucia, dopo avere ancora indarno pregato; ditemi dove mi conducete,
richiese di nuovo.
——In casa di galantuomini, e non vi possiamo dire altro, rispose quegli
che le stava vicino.
Lucia, vedendo che le preghiere riuscivano inutili come la resistenza,
e stanca dell'ambascia e dello stento, incrocicchiò le braccia sul
petto, si strinse nell'angolo della carrozza in silenzio: e, perduta
ogni speranza di soccorso umano, si rivolse a Dio, da cui tutto
sperava; e pregò fervidamente, da prima col cuore; indi, cavato di
tasca il rosario, che teneva sempre con sè, cominciò a recitarlo con
voce sommessa. I bravi tacevano, guardando di tratto in tratto quello
ch'ella faceva, e sospirando tutti il fine di quella spedizione: e
Lucia, di tempo in tempo fermandosi nella sua preghiera a Dio, per
voltarsi a coloro in forza dei quali ella si trovava, ricominciava a
supplicarli. Ma non udiva rispondersi altro che: non possiamo: la sua
preghiera era esaudita, ma il momento non era venuto[213].
Erano già due ore che la carrozza correva, sempre per istrade deserte,
attraversando boscaglie e campi abbandonati alla felce ed alla scopa
(una gran parte del territorio Milanese era allora ridotto a quello
stato dalle guerre, dalle gravezze insopportabili, dall'ignoranza,
dalla specie di barbarie insomma in cui erano gli abitanti e i
legislatori). Il sole declinava verso l'orizzonte quando Lucia sentì
un romore continuo sempre crescente, come di un'acqua rapidamente
corrente. Era l'Adda infatti, a cui la carrozza si avvicinava: il
bravo, che stava sulla serpe accanto al cocchiere, urtò col gomito,
chiamando quelli di dentro; uno di essi pose la testa fuori dello
sportello, e l'altro gli disse: il battello c'è. Ah! bravo, dissero
tutti e tre quei di dentro. Lucia, vedendo che si stava per fare
qualche cosa da cui doveva decidersi il suo destino, ricominciò
le sue preghiere, ma il vicino lieto di essere alla fine della sua
incombenza e di non aver più a combattere con le istanze di quella
infelice, le impose silenzio, dicendo: Zitto, zitto, abbiamo altro
in capo che di darvi retta ora; siamo occupati. La carrozza si fermò
presso la riva, quel della serpe fece un segno, a cui fu risposto dal
battello, e tosto ne uscirono tre bravi con una vecchia, e si avviarono
verso la carrozza, Lucia strillava, i bravi le comandavano di tacere,
replicando: non abbiate paura, e già tutto è inutile, son tutti nostri
amici. Lucia allora si rannicchiò tutta alla carrozza, invocando la
Vergine nel cuore, e proponendo di lasciarsi piuttosto uccidere che
di uscire volontariamente da quel luogo, il quale, per quanto orrendo
le fosse, le pareva un asilo, poichè vi aveva passate due ore, e non
sapeva dove, a che sarebbe strascinata quando ne fosse fuori. Mentre
si stava così tutta rannicchiata, udì chiamarsi da una voce femminile,
aperse gli occhi e vide allo sportello la vecchia, rivolta verso di
lei. Una donna parve in quel momento a Lucia un angiolo del paradiso;
si sollevò, e con volto supplichevole, e con una certa fiducia le
disse: Oh brava donna, che fate voi qui? ajutatemi; se questi sono
vostri amici, pregateli che mi lascino venire con voi; salvatemi,
salvatemi.
——Scendete e venite con me, rispose la vecchia; indi, rivolta ai bravi,
raggrizzando la fronte e scontorcendo la bocca: Maledetti, disse, le
avete fatto paura?
——Ma la vedete sana e salva....? rispondeva il capo, quando Lucia,
chinandosi e sporgendosi dalla carrozza a prendere con le mani le
braccia della vecchia; non dite niente, interruppe, quel che è stato è
stato, purchè mi lascino venire con voi.
——Scendete, venite, disse la vecchia.
——Ma con voi sola, rispose Lucia.
——Andiamo, andiamo, disse ancora la vecchia; e presa Lucia, la
trascinava, mentre i bravi della carrozza l'ajutavano a scendere, quasi
portandola.
——No, no, disse Lucia.
——Zitto, zitto, disse la vecchia, venite colle buone.
——Ma voi siete d'accordo con questi scellerati, gridava Lucia.
——Zitto, zitto, continuava a dire la vecchia, e così Lucia fu portata
al battello.
Guardò intorno e non vide altro che la boscaglia, la riva e il fiume e
il battello; alzò gli occhi, e vide al di sopra della cima dei monti
la cima tagliata a sega del _Resegone_, alle falde del quale era la
sua casa, dov'era sua madre, dove aveva passati i primi suoi anni
nella pace; e l'accoramento le tolse anco la forza di gridare; tutta
grondante di lagrime, affannata, quasi fuor di sè, fu posta a sedere
nel battello sotto la tenda: la vecchia le si pose a canto, il capo di
quelli che erano venuti in carrozza saltò pure nel battello, stette
al di fuori coi bravi venuti per acqua; i quali tosto, puntati i remi
alla riva, ne fecero allontanare il battello, pigliarono l'alto del
fiume, diedero dei remi nell'acqua e il battello partì. Appena Lucia
ebbe ripreso un po' di fiato, si pose ginocchioni dinanzi la vecchia,
domandandole dov'era condotta, pregandola di farla deporre su qualche
riva, pregandola pei nomi i più temuti ed amati dai cristiani, ma la
vecchia, inflessibile, immobile, non rispose altro che: zitto, zitto.
Lucia ricominciò a pregare Colui che ode anche quando non risponde, si
abbandonò alla sua provvidenza. Dopo forse due altre ore di viaggio il
battello approdò, la notte precipitava, e Lucia, sbigottita, tremante,
non sapeva più in che mondo si fosse: fu tolta in questo stato dal
battello, posta in una lettiga, e portata al castello del Conte del
Sagrato.
La vecchia accompagnava la lettiga, entrò insieme in casa, la fece
deporre in una stanza, dove rimase sola con Lucia; dicendo a coloro
che l'avevano portata che andassero ad avvertire il signor Conte[214].
Ma il signor Conte aveva già intesa dal Tanabuso la relazione del
rapimento, del viaggio e dell'arrivo. Ebbene, aveva egli detto al
Tanabuso, fatto?
——Fatto, rispose il Tanabuso.
——A dovere?
——A dovere.
——Non c'è stato bisogno di spiegar le unghie?
——Tutto è andato quietamente; e qui fece il Tanabuso la sua narrazione.
E aggiunse: Tutto è corso a verso, com'ella vede, signor padrone; ma
una sola cosa ci ha dato un po' di disturbo.
——Che è? chiese il Conte.
——Quella ragazza, rispose il Tanabuso... quella povera ragazza....
un tal guaire, un tal piangere, un tal pregare.... restar lì come
morta..... guardarci un po' come diavoli, un po' con gli occhi
pietosi..... che... che...
——Che? disse il Conte; sentiamo un po' questa che vuol essere nuova,
ribaldaccio.
——Che mi ha fatto compassione.
——Ohè! disse il Conte, bisognerà che ti dia doppia mancia per quello
che ha patito il tuo povero cuore.
——Possa io diventare un birro se non è così, rispose il Tanabuso: mi
ha fatto compassione. Dico la verità, signor padrone, avrei avuto più
caro che l'ordine fosse stato di darle una schioppettata, alla lontana,
prima di sentirla discorrere.
Ora, riprese il Conte, lascia da parte la compassione, cacciati la via
fra le gambe, vanne diritto al castello di quel Don Rodrigo: sai dov'è
posto? (Il Tanabuso accennò di sì), fagli dire che sei mandato da me,
dagli questo segno nelle mani, e torna a casa. La giornata è stata
faticosa, ma tu sai che il tuo padrone vuole essere servito, ma sa
anche pagare...
——Oh! illustrissimo!....
——Taci, e vanne tosto..... ma no, aspetta: dimmi un poco come ha fatto
costei per moverti a compassione. Che abbia un patto col diavolo?
——Niente, niente, signor padrone, era proprio il crepacuore che aveva
quella ragazza. Se non avessi avuto un comando del mio padrone.....
——Ebbene?....
——L'avrei lasciata andare.
——Oh! andiamo a vederla costei; e tu aspetta, partirai domattina...
dopo aver ricevuto i miei ordini.... tanto fa che quello inspagnolato
aspetti qualche ora di più..... Domattina sii all'erta per tempo.
Il Tanabuso partì, facendo un inchino, e il Conte s'avviò alla stanza
dove Lucia stava in guardia della vecchia. Bussò, disse: son io, e
tosto il chiavistello di dentro corse romoreggiando negli anelli, e la
porta fu spalancata. Lucia si stava seduta sul pavimento, acquattata,
accosciata nell'angolo della stanza il più lontano dalla porta, nel
luogo che entrando le era sembrato il più nascosto, si stava quivi
aggomitolata, con la faccia occultata e compressa nelle palme, tutta
tremante di spavento, e quasi fuori di sè. Al romore che fece la porta,
alla pedata del Conte, che entrava, trasalì, ma non levò la faccia,
non mosse membro, anzi fece uno sforzo per ristringersi ancor più
tutta insieme; e stette con un battito sempre crescente, aspettando e
paventando quello che avvenisse.
——Dov'è questa ragazza? disse il Conte alla vecchia.
——Eccola, rispose umilmente la malnata.
——Come? disse il Conte, l'avete gettata là come un sacco di cenci.
——Oh, s'è posta dove ha voluto.
——Ehi! quella giovane, disse il Conte, avvicinandosi a Lucia: dove
diavolo vi siete posta a sedere? alzatevi, non voglio farvi male.....
lasciatevi vedere.
Lucia non si mosse.
——Peggio per voi, disse il Conte, se volete fare il bell'umore. Ah!
ah! non sapete dove siete: pretendereste voi di resistermi? Abbassate
subito quelle mani, ch'io voglio vedervi.
Queste parole furono dette con un tuono così minaccioso, che le mani di
Lucia obbedirono quasi senza il comando della volontà: e Lucia lasciò
vedere la sua faccia spaventata e dolente. Alzò ella allora gli occhi
al volto del Conte, che la stava guardando attentamente; e dopo un
momento gli disse con una voce in cui al tremito dello sgomento era
mista la sicurezza d'una indignazione disperata: che male gli ho fatto
io?
——E che male voglio io fare a voi, scioccherella? rispose il Conte, con
voce più mite. Credete forse di essere condotta al macello? Verrà un
giorno che riderete di tutto questo vostro spavento, e riderete forse
anche di me, che vi rispondo ora così sul serio.
——Ridere! Oh Dio! rispose Lucia——ridere! e guardando un momento come
smemorata, diede in un nuovo scoppio di pianto.
——Sì, sì, tutte voi altre fate così, replicò il Conte.
——Ma perchè, riprese Lucia, mi fa ella patire le pene dell'inferno? Mi
dica che cosa le ho fatto? Oh non mi faccia più patire così: Dio glielo
potrebbe rendere un giorno....
——Dio, Dio: sempre Dio coloro che non hanno niente altro: sempre
rinfacciar questo Dio, come se gli avessero parlato. Dov'è questo
vostro Dio?
——È da per tutto, è qui, rispose Lucia; è qui a vedere s'ella si
muove a pietà di me, per usarle pietà in ricambio un giorno. Oh abbia
misericordia d'una poveretta, mi lasci andare, lasci ch'io mi ricoveri
in qualche chiesa, su le montagne, in un bosco. Oh lo vedo; tutto
dipende da lei: con una parola ella mi può salvare: dica questa parola.
Non so dove sono, ma troverò la strada per andare da mia madre: oh
Dio! non è forse lontana: ho visto i miei monti: oh s'ella sentisse
quel ch'io patisco! non conviene ad un uomo che ha da morire far tanto
patire una creatura innocente: mi lasci andare! oh se pregherò Dio per
lei! la benedirò sempre. E animata nel suo discorso, si levò da sedere,
si pose in ginocchio, giunse le mani al petto e continuò: Che cosa le
costa dire una parola? Non iscacci una buona ispirazione, un sentimento
di pietà. Oh, Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia!
——Che pazza curiosità ho avuto di venirla a vedere, pensava tra sè il
Conte. Dugento doppie! ne ho bisogno.——Costoro vogliono essere ben
pagati——eh! hanno ragione: espongono la loro vita: ma vorrei piuttosto
toglierne cinquanta a quattro usuraj, e farli scannare tutti e quattro.
——Non mi dica di no, continuava Lucia, sempre singhiozzando,
sono una povera figlia. S'ella provasse a pregare, a pregare, a
cercar misericordia senza poterla ottenere! E se le accadesse
una disgrazia!... ma no, no, io pregherò per lei il Signore e la
Vergine..... mi lasci andare.....
——State di buon animo, rispose il Conte, senza intenzione di nulla
promettere, senza sapere egli stesso che senso avessero le sue parole,
ma spinto da un bisogno di far cessare quell'angoscia e quel lamento,
di consolare quella creatura.
——Oh, disse Lucia, Dio la benedica, ella mi lascia andare.
——State di buon animo, ripetè il Conte, cercate di riposare....
domani.... parleremo....
——E voi, rivolto alla vecchia, voi, disse, fate ch'ella non abbia da
lagnarsi pure di una parola torta. Ora vi si allestirà la cena....
ristoratevi, e dormite tranquilla.
——No, no, rispose Lucia, mi lasci andar subito....
——Domani.... domani ci parleremo, replicò il Conte, e con un rapido
movimento andò verso la porta ed uscì.
Lucia, tutta piena della speranza di ottenere la sua liberazione, si
alzò e volle correr dietro al Conte, ma quando si trovò sull'uscio
non ardì movere un passo più in là, nè chiamare: tornò indietro come
spaventata, e si raccosciò di nuovo nel suo angolo.
——Volete dunque cenare? le disse la vecchia.
——No, no; badate bene a partire di qua, rispose Lucia, ricordatevi di
quello che vi ha detto il vostro padrone: chiudete la porta. La vecchia
obbedì, e tornata: mettetevi a letto e dormite dunque, disse.
——No: io non mi voglio muovere di qui, replicò Lucia.
——Che pazzie?....
——Non voglio, replicò di nuovo Lucia risolutamente: quel coraggio
di disperazione ch'ella si sentiva da quando a quando era stato
accresciuto e corroborato da quella compassione ch'ella aveva veduta
nel Conte, dalle parole di speranza che egli le aveva date, e dagli
ordini ch'egli aveva lasciati con impero alla vecchia.
——Ih! ih! che fumo ha costei, disse tra sè la mala vecchia. Maledette
le giovani che hanno sempre ragione e quando sono svergognate e quando
fanno le smorfiose.
——Badate a non ispegnere quella lucerna, disse Lucia.
——Sì, sì, rispose la vecchia, e senza più rivolger la parola a Lucia,
si coricò brontolando[215].
Lucia rimase nel suo angolo. Era questo per lei in quella orrenda[216]
giornata il primo momento di riposo; ma quale riposo! I pensieri che
l'avevano assalita tumultuosamente ad intervalli nel giorno, tornavano
tutti in una volta ad assediare la povera sua mente. Le memorie così
recenti, così vive, così atroci di quelle ore, di quel viaggio, di
quell'arrivo, si affollavano alla sua fantasia. L'avrebbero oppressa
se fossero state memorie d'un pericolo trascorso: e che dovevano
fare, nel mezzo del pericolo stesso, nella durata, nella orribile
incertezza dell'avvenimento! Qual passato! e qual presente! quel
silenzio, quella compagnia, quel luogo: qual notte! e per giungere a
quel domani! L'infelice intravedeva ben qualche cosa della orditura
spaventosa del laccio dove era stata tirata, ma rifuggiva dal pensiero
di scoprirne più in là. Di quando in quando le parole di speranza
del Conte la rincoravano: le andava ripetendo fra sè, s'immaginava
di essere l'indomani fuori di quell'antro con sua madre, ma un altro
avvenire possibile rispingeva questa immaginazione, e a tutta forza
veniva a collocarsi nella sua mente. Tremava, si faceva animo, sperava,
disperava, pregava. Le forze del corpo finalmente cedettero ad un tale
combattimento dell'animo e Lucia fu presa da una febbre violenta. Le
sue idee divennero più vive, più forti, ma più interterrotte, più
mescolate, più varie, si urtarono più rapidamente, e la confusione,
togliendole una parte della coscienza, rese sofferibile un'angoscia
che altrimenti ella non avrebbe potuto sofferire e vivere. Nel calore
della sua preghiera, le parve ad un tratto che la preghiera sarebbe
stata più accetta, certamente esaudita, se con la preghiera ella avesse
offerto in sacrificio quelle che altre volte erano state le sue più
liete speranze. L'unica speranza di quel momento, quella di uscire da
quel pericolo, le parve con questo divenire più fondata, più ferma:
aperse gli occhj, li girò con sospetto e con ansietà nel barlume di
quella stanza; tese l'orecchio e non udì altro che il russare della
vecchia; si levò chetamente, stette ginocchioni; e votò alla Vergine
di viver casta, senza nozze terrene, s'ella poteva uscire intatta da
quel pericolo. Proferito il voto, o quello che a Lucia parve tale, ella
si sentì come racconsolata; si raccosciò nel suo angolo, e passò il
resto della notte in un letargo febbrile, interrotto da sussulti e da
vaneggiamenti.


VI.
CONVERSIONE DEL CONTE DEL SAGRATO.

Il Conte, partito da quella stanza, andò secondo il suo costume a
visitare i posti del suo castello, a vedere se le guardie erano poste
ai luoghi stabiliti, se tutto era in ordine, e si chiuse nella sua
stanza. Ma l'immagine di Lucia non l'aveva mai abbandonato nel suo
giro: ma quando egli si trovò solo nella sua stanza, senza più nulla da
fare che d'ascoltare i suoi pensieri, e di dormire, se avesse potuto,
quella immagine più viva, più potente si pose a sedere nella sua mente,
e vi stette.
Che sciocca curiosità da femminetta, m'è venuta, andava egli pensando,
di andare a vedere questa giovane? Ho dovuto sentire dalla sua bocca
di quelle cose che nessun uomo vivente avrebbe ardito dirmi sul volto.
Le ho sentite e mi seccano. Perchè non è figlia d'uno spagnuolo? o di
qualcuno di quei sozzi birbanti che m'hanno bandito: che avrei goduto
di sentirla guaire, di vederla tremante ai miei piedi. Ma costei non mi
ha mai fatto male... Ecco lo andava ripetendo... pareva sapesse che
questa era la corda da toccare per farmi compassione... Compassione!...
ma certo io ho avuto compassione: la sento ancora... e qualche cosa
di peggio... Che diavolo ho io addosso questa notte?... Ha fatto
compassione perfino al Tanabuso! Oh aveva ragione quella bestia, quando
disse che sarebbe stato men male averle data una schioppettata...
Poveretta! una schioppettata.... no, credo che mi avrebbe fatto
compassione anche morta. Eh sciocchezza! i morti almeno non si stanno
a guardare, non si sentono, non vi si mettono ginocchioni davanti... è
un conto saldato. Dicono mo' i preti che un giorno hanno a risuscitar
tutti quanti! Poh! imposture! imposture, non è vero, non è vero.
Vorrebb'essere una bella processione.
E qui cominciarono a schierarsi dinanzi alla sua memoria tutti quelli
ch'egli aveva cacciati o fatti cacciare dal mondo, dal primo ch'egli,
essendo ancor giovanetto, aveva passato con una stoccata, per una
rivalità d'amore, fino all'ultimo, che aveva fatto scannare, per
servire alla vendetta di un suo corrispondente; tutti coi loro volti,
nell'atto del morire, e quelli che egli non aveva veduti, ma uccisi
soltanto col comando, la sua fantasia dava loro i volti e gli atti.
Via, via, sciocchezze, diceva: sono io diventato un ragazzo? domani a
giorno chiaro riderò di me. E se domani a sera costoro mi tornassero
in mente? Che dovessi passar sempre la notte così? Diavolo! comincio
ad invecchiare: vorrebb'essere un tristo vivere, e un tristo...
morire. Che cosa m'ha detto quella poveretta? Oh Dio perdona tante
cose per un'opera di misericordia. Che sa mai quella contadina? L'ha
inteso dire dal curato e lo ha creduto. Imposture. Ho sempre detto
imposture, e quando aveva proferita questa parola, bastava, ma adesso
non serve... tornano sempre quei pensieri. Sono io quello? Sono stato
tanto tempo un uomo, non ci ho pensato; ho avuto l'animo di farne
tante, tante... Ebbene! ne ho fatte troppe... se non le avessi fatte...
in verità sarebbe meglio. A buon conto l'opera di misericordia sono
in tempo di farla. Poniamo che appena fatto il giorno io entri nella
sua stanza: la poveretta si spaventa; ma io le dirò subito, subito:
vi lascio in libertà, vi farò condurre a casa. Oh come si cangerà in
volto! che cosa mi dirà! mi darà delle benedizioni, che mi faranno
bene. Voglio badar bene a tutto quello che mi dirà, e ricordarmene per
pensarvi la notte. Oh sono fanciullaggini... ma a buon conto io non
posso dormire. Ma quando verrà giorno! Che notte eterna! Mi pare quella
notte ch'io passai ad agguattare dietro un angolo quel temerario di
Vercellino, che doveva tornare dal festino di corte... Ecco, io stava
lì cheto, cheto; quando sentiva una pesta, guardava fiso, fiso; non
era egli, ed io ritto e cheto nel mio angolo: sento una pedata che mi
par quella, sporgo il capo, guardo, è colui; fuori, addosso col mio
stocco: mandò un gemito, e mi cadde sulle gambe, gli diedi una spinta
e me ne andai... Oh che coraggio aveva allora! ero un uomo! e in un
momento sono diventato.... che cosa son diventato? Che è accaduto?
Non son sempre quello? Ecco, anche quel Vercellino vorrei non averlo
ammazzato: se doveva pensare così un giorno, era meglio che avessi
pensato così sempre. Vieni, o luce maledetta, ch'io possa uscire da
questo covaccio di triboli, e andare a vedere quella ragazza. Ma devo
lasciarla andare? Vedremo; vedremo come mi sentirò. Se potessi dormire
almeno un'ora, forse mi sveglierei coll'animo di questa mattina. In
questi e simili pensieri passò il Conte del Sagrato quasi tutta la
notte; finalmente, non essendo il giorno lontano, la stanchezza lo
vinse, e si assopì. Ma i pensieri che avevano riempiuta la sua veglia,
trasmutati ora alquanto e rivestiti di forme più strane e più terribili
lo accompagnarono nel sonno. Era già levato il sole, e il Conte stava
affannoso sotto il giogo di quei sogni rammentatori, quando a poco a
poco egli cominciò a risentirsi, scosso, come e quasi chiamato da un
romore monotono, continuo, insolito. Stette alquanto tra il sonno e la
veglia, e finalmente tutto desto, e gettato un gran sospiro, riconobbe
un suono festoso di campane, e pensò che potesse essere, nè gli
sovvenne di cosa che potesse essere allora cagione di festa. Si alzò,
si vestì rapidamente, e prima d'andare alla stanza di Lucia (che la
risoluzione gliene era rimasta) si fece alla finestra della sua stanza,
che dominava il pendìo, prima rapido, poi più lento e quasi piano fino
al lago; e qua e là villaggi sparsi e case solitarie. Guardò intorno,
e vide contadini e contadine, in abito da festa, per tutti i viottoli
avviarsi verso la strada che conduceva al Milanese; altri uscire dalle
porte e parlarsi quelli che s'incontravano in aria di premura e di
festa. Che diavolo hanno in corpo costoro? disse egli fra sè, e tosto,
chiamato uno de' suoi fidati, domandò la cagione di quel movimento e
di quel concorso; e intese[217] che s'era risaputo la sera antecedente
che il cardinale Federigo Borromeo, arcivescovo di Milano, era giunto
improvvisamente a Lecco, per visitare le parrocchie di quei contorni;
e che tutti accorrevano a vedere quell'uomo, il quale dovunque si
portasse attraeva sempre folla[218].
Il Conte congedò con un cenno del capo il fidato, e rimase ancora
un momento alla finestra a guardare; dicendo fra sè: come sono
contenti costoro! e perchè? Perchè è arrivato un uomo che si porrà
un bell'abito, e darà loro delle parole, e alzerà le mani tagliando
l'aria in croce. Oh! come saltano: sembrano cavrioli: eh! avranno
forse, certo, dormito meglio di me! Tanto contenta questa canaglia...
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