Brani inediti dei Promessi Sposi, vol. 1 - 12

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——Non fa bisogno, rispose il Conte del Sagrato; mi basta il nome, e
qui cavò una vacchetta, sulla quale sa il cielo che memorie erano
registrate, e fattosi dire un'altra volta il nome e il cognome della
nostra poveretta, lo scrisse, e notò pure il monastero.
——Ma non vorrei che nascessero abbagli.
——So quel che posso promettere, rispose il Conte, il quale coglieva
ogni destro di dare una idea inaspettata del suo potere e della
certezza dei suoi mezzi.
——Certo, replicò Don Rodrigo, pel signor Conte non v'è cosa impossibile.
——Ad un mio avviso ella mandi persona fidata con le dugento doppie, e
la persona sarà consegnata.
——Così farò; e mi raccomando... vede bene... non vorrei che... il
signor Conte darà ordini precisi, e impiegherà persone di giudizio.
——Al corpo di mille diavoli! Ella non sa dunque come io son servito.
Tutti i miei uomini sono ben persuasi che colui il quale in una simile
circostanza pigliasse la più picciola libertà, sarebbe punito con le
mie mani.
——Non ne dubito, rispose Don Rodrigo.
——Segreto e fedeltà ai patti! disse il Conte.
——Son uomo d'onore, rispose Don Rodrigo, e si accomiatò. Uscì del
castello, scese alla taverna, trovò la sua scorta, pagò largamente lo
scotto, e si avviò verso casa.
Non aveva egli ancora oltrepassata la soglia del castello del Conte,
che questi aveva già dato principio all'impresa, prendendo la penna e
scrivendo una lettera a quell'Egidio di Monza, che il lettore conosce,
per invitarlo a venire al castello per un negozio di somma premura. È
duopo sapere che il Conte era uno di quei vecchi amici del padre di
Egidio coi quali questi aveva mantenuta corrispondenza; anzi era di
tutti il più intrinseco e il più riverito. Il giovane Egidio, appena
rimasto solo, aveva implorata l'assistenza del Conte per adempire
la vendetta del padre, e il Conte, che nel giovanetto aveva già
intravedute disposizioni non ordinarie, e che aveva pensato di farne
uno degli agenti che teneva in varie parti del paese, lo aveva in
quell'occasione soccorso di denari e d'uomini, e sempre in seguito gli
si era mostrato pronto ad ajutarlo dove fosse stato di mestieri.
Si formò quindi tra loro l'intelligenza di darsi mano a vicenda in ogni
occorrenza; nel che Egidio faceva le sue parti con molto zelo, e con
una certa sommessione verso il Conte, per la sua età, per la sua fama,
e per gli obblighi che Egidio gli aveva, e perchè in ogni frangente
contava d'avere in lui un difensore invincibile.
Per ciò il Conte, quando Don Rodrigo gli parlò di Monza, corse tosto
col pensiero ad Egidio, e conoscendo per esperienza la devozione e
risolutezza di lui, sapendo che la sua casa era contigua al monastero,
fece ragione che la impresa era come compiuta, e promise a Don Rodrigo
con quella asseveranza che abbiamo veduto, e che gli diede una
maraviglia non affatto scevra di diffidenza.
Il messo partì; e il giorno susseguente Egidio si mosse di buon
mattino, e verso il mezzogiorno salì in trionfo fino al castello del
Conte, con due cavalieri e con quattro pedoni che l'accompagnavano;
distinzione riserbata a quegli che erano non solo amici, ma alleati, e
la gente dei quali era impegnata, al bisogno, ad eseguire i disegni del
Conte. Infatti gli uomini di Egidio e quelli del Conte s'erano trovati
insieme in più d'una impresa, ed erano per lo più antiche conoscenze,
e avvezzi in ogni caso a far conto su uno scambievole ajuto. Quindi a
misura che Egidio, avvicinandosi al castello, incontrava di quei bravi
che vi soggiornavano, questi, dopo d'avere umilmente inchinato l'amico
del padrone, facevano festa, pur camminando, al suo corteggio, ed era
una ripetuta stretta di mani e un dare e rendere di saluti, a cui si
appiccavano i più bisbetici e scomunicati nomi del mondo.
Ben venuto il Tanabuso! Ben trovato il Tempesta[190]. Oh, addio,
Strozzato. Buon giorno, Biondino bello. Bravo Nibbione[191], mi
rallegro di vederti bene in gamba. Eh! Spettinato[192], grazie al
cielo, in gamba, sano e salvo agli statuti di Milano, fin che viene la
mia ora. Bravo un'altra volta. Ehi! e quel tale Brusco che ti faceva
l'amore dietro tutte le siepi? Mandato a dormire senza cena, rispose il
Nibbione, stendendo il braccio sinistro e appoggiando orizzontalmente
la mano destra alla guancia. Bene, rispose lo Spettinato, così va
fatto: meglio pagare che riscuotere. Così m'ha insegnato mio padre,
replicò il Nibbione. Con questi bei ragionamenti giunse la nostra
brigata alla vista del castello; quivi si trovò il Conte, che, avendo
veduto salire l'amico, gli si faceva incontro. Quando Egidio lo scorse,
balzò da cavallo, gittò la briglia a uno de' suoi uomini e corse a lui;
si abbracciarono, entrarono insieme nel castello, gli scherani dell'uno
e dell'altro seguitarono riverentemente in silenzio, ed entrati pure
in frotta, andarono tutti insieme a gozzovigliare, secondo gli ordini
dati dal Conte.
Quando i due amici furono soli nella stanza appartata dove il Conte
trattava gli affari più reconditi, scoperse ad Egidio il motivo della
chiamata in questo modo:
——Mio caro Egidio, e posso dir figlio: Ho un affare a Monza, pel quale
m'è duopo un amico fidato, e un uomo destro e valente; e ho posto gli
occhi sopra di te.
——Vorrei vedere, rispose Egidio, chi sarebbe in Monza colui che ardisse
vantarsi di esservi più amico di me.
——La mentita gliela darei io, replicò il Conte.
——Ora mettetemi alla prova.
——Ho bisogno di avere in mano una persona, disse il Conte.
——Viva o morta? domandò Egidio.
——Viva, viva, rispose il Conte; è un affare allegro.
——Bene, disse Egidio, purchè non sia il castellano, nè alcuno di sua
famiglia, nè il feudatario, nè il podestà, nè un ufiziale spagnuolo...
——Ih! ih! disse il Conte, che vorresti tu ch'io facessi di questa
gente? Quando io gli avessi tutti in questo castello, farei aprire
tutte le porte per lasciarli andare. Non sono buoni da nulla, nè vivi,
nè morti.
——Che so io? riprese Egidio: Bene, purchè non sia ancora nè
l'arciprete, nè tampoco un prete, nè un frate, nè una monaca, perchè
non vorrei aver che fare col Cardinale, che sarebbe uomo da mettere
a soqquadro tutta Roma e tutta Madrid, finchè non ne avesse veduto
l'acqua chiara; purchè non sia nessuno di questi, vi prometto,
umanamente parlando, che siete servito.
——Ebbene, disse il Conte, quello che io vorrei che tu prendessi non
è nessuno di questi uccellacci che hai nominati; è il più picciolo
_reatino_ che tu possa immaginare. Solamente, è rimpiattato in una
certa fratta che ci vorrà destrezza assai a cavarnelo.
——Vediamo, rispose confidentemente Egidio.
Il Conte cavò la sua vacchetta, e dopo aver rivolto qualche carta,
lesse: Lucia Mondella, e continuò: è una contadina di questi contorni
che si trova in Monza nel monastero contiguo alla tua casa, sotto la
protezione della Signora; protezione molto fredda però; è raccomandata
al Guardiano dei cappuccini.
——Ne ho inteso parlare, rispose Egidio, il quale ne sapeva sul conto di
Lucia molto più del Conte, ma non voleva mostrarsene più inteso, perchè
i suoi rapporti con la Signora erano un segreto al quale non ammetteva
nemmeno gli amici più intrinseci.
——Prendi tu l'impegno? domandò il Conte.
——Senza dubbio, rispose Egidio.
——E la Signora?
——La Signora, come vi hanno detto benissimo, non si piglia molto a
cuore questa donna; così almeno ho inteso dire da quelli di casa mia,
che bazzicano con l'ortolano, o con qualche altro mascalzone del
monastero. E poi, faremo la cosa in modo che nè la Signora, nè altri
possa sospettare donde il colpo venga.
——Sai tu ch'ella si allontani dal monastero, qualche volta? Hai mezzo
per farla uscire?
——M'impegno di trovarlo. E non vi posso promettere nè pel tal giorno,
nè per la tale settimana; ma piglierò il tempo, e sarete servito; e non
andrà molto.
——Bravo! e hai tu bisogno d'uomini in ajuto?
——Ho bisogno certo d'uomini, non tanto per compire l'opera, come per
distornare i sospetti. Quando io vi darò avviso, voi mi manderete dei
vostri uomini forestieri, dei più destri e determinati; costoro si
lasceranno vedere qualche tempo prima; si parlerà in paese di loro;
quando la donna sarà scomparsa...
——Va bene, si dirà che è stata rapita da forestieri sconosciuti, da
Bergamaschi.
——Rapita, o fuggita con essi: quel che si vorrà: o anche l'uno e
l'altro, perchè ho veduto in più d'un caso che il raccontare una storia
in diverse maniere serve molto a confondere le teste, e a tener lontani
i sospetti dalla verità del fatto.
——Tu parli come un vecchio, e sai operare da giovane, rispose il Conte.
Io ti manderò gli uomini che mi richiederai: e non avranno altro ordine
che di ubbidire ai tuoi.
Così fu conchiuso l'orribile accordo. Egidio annunziò al Conte che
l'indomani ripartirebbe di buon mattino, e che appena giunto a casa
avviserebbe ai mezzi di condurre a buon fine l'impresa.
La sicurezza però di Egidio, diede al Conte una maraviglia non molto
dissimile da quella che Don Rodrigo aveva presa della sua. Si aspettava
bene il Conte che Egidio avrebbe abbracciata l'impresa e trovato il
modo di compierla, ma ch'ella dovesse parergli così agevole, non lo
avrebbe immaginato. Si preparava anzi a fargli animo, e a suggerirgli
i mezzi per vincere gli ostacoli che Egidio gli avrebbe opposti, e
fra questi il primo gli pareva che dovesse essere la Signora: ma il
lettore sa che questo, che al Conte sembrava ostacolo, dovette tosto
affacciarsi alla mente di Egidio come un mezzo validissimo. Ed è questo
uno dei molti vantaggi dei lettori di storie: il sapere certe cose
ignorate dai personaggi più importanti di esse; il veder chiaro dove i
più accorti ed oculati personaggi camminano all'oscuro: vantaggio che
dovrebbe ispirare ad ogni lettore bennato molta riconoscenza a coloro
che glielo procurano, che alla fin fine sono gli scrittori di quelle
storie.
Nel resto di quel giorno il Conte trattenne in festa l'amico, in
quella festa però che poteva essere in quel luogo e fra quei due.
All'indomani, dopo molti affettuosi congedi, Egidio partì, promettendo
che ben presto manderebbe al Conte buone novelle dell'affare, discese
al lago, entrò nel battello del Conte; traghettato all'altra riva
dell'Adda coi suoi, si ripose a cavallo e prese la via di Monza.
In quel tempo di provocazioni, di vendette, di agguati, di tradimenti,
l'uomo che si allontanava quattro passi da casa sua, camminava sempre
con sospetto, a guisa d'un esploratore in vicinanza del nemico; e più
d'ogni altro i facinorosi e soverchiatori di mestiere, quelli che
avevano in ogni parte conti accesi di offese o di minacce, come era
Egidio.
Benchè mandasse alcuni passi innanzi a battergli la via uno de' suoi
cavalieri, il quale spiava se vi fossero insidie, o se giungessero
nemici, pure andava egli stesso guardandosi a destra e a sinistra,
cercando di penetrare con lo sguardo ogni siepe, alzandosi di tempo
in tempo su le staffe per veder dietro i muri dei campi, piegandosi
per vedere dietro ogni cappelletta, volgendosi di tempo in tempo a
vedere dietro le spalle, e affissando da lontano chiunque veniva,
perchè poteva essere un nemico, o il sicario nascosto di un nemico.
Alla metà circa della via incontrò egli una caravana di carretti e
di pedoni, e li riconobbe da lontano per quelli che erano veramente,
cioè pescivendoli che tornavano da Milano dopo avere smaltita la loro
merce, e che camminavano di conserva per assicurarsi dai masnadieri.
Esaminando però attentamente ogni persona della caravana a misura che
gli passava dinanzi, gli parve di riconoscere una donna che si stava
accosciata sur un carretto, coperta il capo d'un fazzoletto rannodato
sotto il mento, la quale, veggendo venire armati, guatava con una
curiosità mezzo spaventata. Egidio la mirò più fissamente, s'avvide
che s'era apposto, che era dessa, e si rallegrò pensando che a Monza
troverebbe un impiccio di meno nell'esecuzione del suo mandato.
Era la nostra povera Agnese, che avendo in vano aspettato le lettere
o almeno imbasciate promesse dal Padre Cristoforo, impaziente di
venire in chiaro del come andassero le cose, qual partito si dovesse
finalmente pigliare, tornava al paese per saperne qualche cosa, per
dare nello stesso tempo una occhiata alla casa ed alle masserizie[193].
Lucia, alla quale i pericoli passati, la fuga, il trovarsi come
smarrita, lungi dalla sua casa, fra gente nuova, il timore continuo
di peggio, avevan restituita quasi tutta la timidezza della infanzia,
aveva più volte afferrata la gonna della madre per non lasciarla
partire, aveva pianto e pregato; ma finalmente, stanca essa pure
della incertezza e più ansiosa di saper qualche cosa di quello non ne
confessasse, rassicurata dal trovarsi in un asilo così guardato e così
santo, s'acquetò e lasciò che la madre ne andasse; e Agnese se n'era
venuta, senza cruccio della figlia, che le pareva d'aver lasciata, come
si dice, su l'altare[194].
Quando Egidio si avvenne nella nostra povera Agnese, andava appunto
fantasticando sul modo di soddisfare al più presto ai desiderj del
suo degno amico, e di dargli con la prontezza del servizio una prova
di audacia e di destrezza singolare; e nei varj disegni che ruminava
il pensiero, questa Agnese gli si gittava sempre a traverso come il
maggiore impedimento. Come staccare da essa Lucia, che le stava sempre
appiccata alla gonnella? Rapire Lucia, quando fosse in compagnia
della madre, era esporsi ad un vero scandalo: la resistenza che la
madre avrebbe tentato di opporre, poteva render necessaria qualche
violenza, che avrebbe renduto l'affare più serio, o almeno avrebbe
fatto perder tempo, forse sfuggire l'opportunità; le sue grida potevano
attirare dei guastamestieri, o almeno dei testimonj; e ad ogni modo
essa, rimanendo in Monza, avrebbe esclamato, ricorso, parlato e fatto
parlare. Al contrario, quando Lucia non avesse in paese persona a
cui calesse di lei particolarmente, i discorsi sarebbero stati d'un
giorno ed era molto più agevole dare all'avventura quella spiegazione
che fosse convenuta e che nessuno avrebbe potuto smentire. Si andava
dunque Egidio risolvendo ad aspettare che Agnese si fosse allontanata
da Monza, ma, non sapendo quando ciò fosse per accadere, si rodeva di
dover rimettere ad un tempo non ben determinato l'impresa e l'onore
dell'impresa. Ma, alla vista di Agnese, che tornava a casa, Egidio
si sentì libero d'una grande incertezza, risolvette di por mano al
disegno appena sarebbe giunto a Monza, e continuò a maturare il suo
disegno[195]; i suoi pensieri camminavano più spediti, e per mettere
del paro ad essi il suo cavallo, gli diede una voce ed un colpo di
sprone, dicendo ai seguaci a piedi, che erano obbligati di trottare un
po' affannosamente: animo, figliuoli, che la giornata o bella.
Giunto a Monza, entrato in casa, scavalcato, deposte le armi più gravi
e più lunghe, egli corse tosto per la via, da lui solo conosciuta, alla
porta abominevole che egli aveva aperto nel solajo, entrò con le solite
precauzioni nel solajo dell'abitazione vicina, fece i soliti segni. La
Signora, che stava sull'avviso, intese, avvertì le sue complici; le
quali andarono a chiuder le porte del quartiere che comunicavano col
chiostro, e la sciagurata corse incontro ad Egidio tutta ansiosa.
——Sia lodato il cielo, diss'ella, che vi riveggo! Oh che giorni ho
passati! e che notti! Che paura ho avuto questa volta! e, mentre ella
parlava, una specie di consolazione angosciosa e di rincoramento
agitato dipingevano sulle sue guance come due pezze di rossore, che
contrastavano tristamente col pallore di tutta la faccia.
——Le solite sciocchezze? disse Egidio con impazienza.
——Oh! sciocchezze! So io quel che soffro; e fossero anche sciocchezze,
a chi tocca aver compassione di me? Mai mai, non avete voluto
compiacermi. Se provaste un'ora quello che io sento tutto il giorno!
tutta la notte! Non posso più, non posso più vivere con colei così
vicina[196]. Qua giù, qua sotto, a pochi passi, nella vostra cantina:
e quando voi non ci siete...! l'ho veduta sempre, sempre, l'ho veduta
smuovere a poco a poco il mucchio di sassi, e poi metter fuori il
capo, e poi venir su... avrei gridato, se non avessi temuto di far
correre tutto il monastero... e poi entrare qua dentro per questo
pertugio, senza mai volersi fermare, e poi sedersi qui... quello
sgabello son ben sicura d'averlo bruciato; e pure, quando colei
arriva, si trova sempre a quel posto, ed ella vi si adagia, e non vuol
partirne. Mi pare che se fosse lontana dove io non sapessi, non potesse
venire così a tormentarmi.
——Donne indiavolate, vive o morte, disse lo scellerato: ecco le
accoglienze gioconde che mi fate.
——Non andate in collera, disse Geltrude, perchè chi altri ho io? a chi
mi posso confidare? e continuò con voce più sommessa: quelle altre, non
mi consoleranno, vedete, se racconterò loro che siete in collera con
me; state in pace e fatemi questo piacere una volta. Voi sapete far
tante cose! Non sarete più contento, quando mi vedrete tranquilla?
——Ma sono queste cose da pensare, e da dire? rispose Egidio. È un
affare finito, che non dà più impaccio, e volerne andare a cercare uno
di questa sorta? perchè? per una pazzia? Che volete ch'io faccia? Ch'io
desti il cane addormentato? Senza una ragione al mondo? come l'ho da
portare? dove?
——Scendete una notte solo, disse Geltrude, già voi non avete paura,
fortunati gli uomini! prendetela, portatela al fiume, gittatela in un
pozzo abbandonato.
——Bel divertimento! bella festa in vero, disse Egidio, con un sorriso
di rabbia e di scherno: bella commissione che mi date! Pazzie! E tutto
per trar fuori quello che è ben nascosto! Savio disegno! Sapete voi
dirmi un luogo dove possa star più nascosta che ora non è?
——È vero, disse Geltrude, gran cosa che non si sappia che fare d'un
morto?
——Che farne? rispose Egidio, niente: sta bene dov'è. Dimenticatela,
pensate quello che pensano tutte le vostre suore: è andata alle Indie
su una nave olandese, e pensa a vivere allegramente: lo credono tutti...
——Ma non è vero, risposo Geltrude.
——Che fa questo? disse bruscamente Egidio.
——Fa tutto, replicò tristamente Geltrude, e proseguì: anch'io prima...
credeva che purchè lo sapessimo noi soli, la cosa sarebbe come se non
fosse avvenuta, ma ora...
——Ora è tempo di finirla, interruppe, sempre aspramente Egidio.
——Oh ecco come son trattata! disse con accoramento Geltrude; mi
strapazzate perchè patisco; siete voi quello che mi strapazzate, voi...
Che colpa ho io se sono una poveretta? Vorrei anch'io non curarmi di
nulla, esser come voi... voi siete un uomo, voi mi date animo... ma no,
no: voi avete troppo coraggio, troppa presenza di spirito... mi fate
quasi... paura... penso... penso che se... mi odiaste... ah i morti non
vi danno travaglio!
——Che pazzie! che pazzie! disse Egidio, con istizza sempre crescente.
——Ebbene, disse Geltrude in tuono supplichevole, compiacetemi, levatemi
questa spina dal cuore, allontanate colei da questa abitazione; voi
vedete ch'io non posso allontanarmi io.
——Via, rispose Egidio, fingendo di acconsentire alla domanda, vi
compiacerò; è un impiccio, è un fastidio, è un pericolo, ma per voi lo
farò.
——Oh davvero! disse Geltrude, non lo dite per acquetarmi, come avete
fatto altre volte... vi ricordate? promettetelo da vero.
——Possa essere...!
——Non giurate, per amor del cielo, interruppe Geltrude, come
spaventata; non fate imprecazioni, perchè noi siamo in uno stato che
una picciola parola può bastare... potrebbe essere intesa ed esaudita
in quel momento che la proferiamo.
——Via, ve lo prometto da uomo onorato, rispose Egidio, affettando
tranquillità: ve lo prometto; e non se ne parli più. Ho bisogno anch'io
che voi mi compiacciate in un affare d'importanza; e non mi si deve
dire di no, non si deve opporre nemmeno un dubbio.
——Che posso fare? chiese con istanza e non senza inquietudine Geltrude.
——Quella villanotta che v'è stata data in guardia, rispose Egidio,
quella Lucia...
——Ebbene...?
——Ho promesso di consegnarla ad un amico, al quale non voglio, nè posso
rifiutar nulla; e voi dovete darmi ajuto a liberarmi dalla mia parola.
A questa proposta, Geltrude incrocicchiò le mani con forza, le presse
al petto, si strinse tutta, levò al cielo uno sguardo nel quale
brillava momentaneamente un raggio dell'antica innocenza, e con voce
supplichevole e commossa disse: Ah no: non ne facciamo più, non ne
facciamo più, per pietà. Chi sa che quel che abbiamo fatto non possa
ancora esser perdonato? C'era una scusa, ma qui non ve n'è. Perchè fare
ancora delle cose che si vorranno dimenticare e non si potrà? Non ne
abbiamo abbastanza?[197].
——Ah! ah! rispose Egidio, così siete disposta a compiacermi? Adesso vi
nascono gli scrupoli eh! Più conto fate d'una villana, che conoscete
appena da otto o dieci giorni, che di me. Questa è quella che voi
amate.
——Io amarla! rispose Geltrude, io colei! non la posso soffrire, è una
superba, non fa che parlare della sua innocenza, e quando ne parla
mi guarda con certi occhi come se sapesse qualche cosa, e fingendo
rispetto, volesse insultarmi. L'ho accolta, sapete, perchè bisogna
nel nostro stato farsi amici più che si può; no ch'io non l'amo; ma
lasciatemela, per carità; questa lasciatemela, mi diventerà cara, e
quando un altro pensiero verrà a tormentarmi, riposerò i miei occhi
sopra di lei, e dirò fra di me: ecco, anche questa l'avrei dovuta
sacrificare; ed è qui[198].
——Pazzie, pazzie, disse Egidio: parlate come una bambina sciocca.
Lasciate che sul principio si lamenti, e un giorno poi riderà dei suoi
terrori, e sarà contenta.
——No, non sarà contenta, rispose Geltrude, con la rapida risoluzione
di chi ha il vivo sentimento che le parole che ha udite sono menzogne.
——Va bene, va bene, disse Egidio con uno sdegno, in parte vero, in
parte diabolicamente affettato: non ne facciamo più: e già vedo che
non possiamo andar d'accordo; è tempo perduto con voi: siamo troppo
differenti nel pensare: ma a tutto si può rimediare; i mattoni son lì
tutti come contati, e ad ogni volta mi do la briga di riporli al loro
posto antico: basta che io porti un po' di calce, il muro sta come
prima, tutto e finito.
——No, no, no..., riprese affannosamente Geltrude: dite, che volete
ch'io faccia?
——È vero, continuò l'uomo abbominevole, come se persistesse nel suo
proposito, è vero che vi sono anche quelle altre...
——Zitto, zitto, per pietà, disse Geltrude, che non sentano: volete
farmi diventare il ludibrio di quelle...
——Quelle, quelle, rispose Egidio, saranno certamente più pronte a
rendermi un servizio.
——Dite, dite, che volete ch'io faccia?
——Chiamatele, riprese imperiosamente Egidio, e troveremo insieme il
mezzo di condurre a capo questa grande impresa.
——Dite...
——Chiamatele, dico, riprese Egidio; e Geltrude, strascinata ancora
una volta un passo più innanzi nella via della perversità, avvezza ad
ubbidire, ubbidì e andò a chiamare le sue complici.
Egidio sapeva quello che aveva detto, e quelle due sciagurate erano
infatti più tranquillamente e più risolutamente perverse di Geltrude.
Geltrude dei loro discorsi, del loro contegno sentiva talvolta
orrore e disprezzo, ne riceveva una specie di scandalo; ma questi
sentimenti ricadevano terribilmente su la sua coscienza, perchè ad
ogni volta Geltrude era costretta a ricordarsi che dessa era quella
che aveva fatto far loro i primi passi nel cammino dove ora la
precorrevano. Non parlo che di questi sentimenti, perchè gli altri,
tutti orribili e tutti fastidiosi, che dovevano nascere in quegli
animi, in quella situazione, non sono da descriversi; basti dire, che
con tante cagioni di vicendevole ripugnanza, una sola cosa le teneva
unite, la partecipazione d'un sangue, l'avere una sola coscienza:
vivevano insieme, come lo sbigottimento e l'audacia, il desiderio di
rimpiattarsi e il desiderio di assalire, il rimorso e il delitto vivono
insieme nell'animo d'un masnadiero.
Rivisitate immantinente le porte, tentati i chiavistelli, per
accertarsi che fossero ben chiuse, le tre sciagurate s'avviarono
insieme verso il luogo più rimoto del quartiere, dove Egidio le
stava aspettando. L'orrendo concilio[199] fu ragunato; le sciagurate
aspettavano ansiose di udire ciò che Egidio avesse a propor loro, e
nello stesso tempo stavano, col capo levato all'indietro, origliando
se un qualche romore si sentisse, se qualche suora venisse a bussare
per accorrer tosto, per intrattenerla con qualche pretesto, prima di
aprire, e dar così tempo ad Egidio di sparire senza lasciare alcun
sospetto. Egidio espose loro, in due parole, il suo desiderio: ch'egli
aveva bisogno di tenere Lucia, per servire un suo caro amico, che esse
dovevano dargli ajuto, che la cosa doveva esser fatta presto e in modo
che il sospetto non cadesse nè sopra di esse, nè sopra di lui.
In una brigata di onesti che deliberi su qualche risoluzione da
prendersi, ognuno diventa più onesto, il sentimento comune rinforza
quello d'ogni individuo che parli, le parole d'ognuno divengono più
rigide, più degne, più scrupolose, suppongono sempre un convincimento
profondo della persuasione della virtù e così, pur troppo, in una
brigata di tristi ognuno diventa più tristo, perchè chi ragiona dinanzi
ad un uditorio, per picciolo ch'e' sia, generalmente parlando, non
teme nulla più che di stonare dagli altri. Geltrude, che alla prima
proposta di quel fatto ne aveva conceputo tanto orrore, risoluta ora di
obbedire allo spirito infernale che la possedeva, non avrebbe voluto
che altri mostrasse più ardore, più prontezza, più sagacità nel farlo;
Geltrude, avvezza ad essere strascinata, e a far sempre qualche cosa
di più di ciò che sul principio aveva ricusato di fare, rispose tosto
che pigliava essa l'impegno, che ne aveva i mezzi più di chicchessia.
Le altre triste protestarono tosto che esse erano pronte a secondarla
in tutto. Egidio le chiese se essa avrebbe saputo fare andare Lucia
sola in una strada solitaria. Domani, rispose Geltrude. Domani è troppo
presto, disse Egidio; la rete non potrà esser tesa che dopo domani.
Dopo domani, rispose ancora Geltrude. La congrega si sciolse, ed Egidio
corse tosto a spedire un messo al Conte del Sagrato per chiedergli i
bravi dei quali avevano convenuto. Il messo partì nella notte stessa,
giunse all'alba al castello; il Conte diede tosto gli ordini ai bravi
che dovevano andare all'impresa; impose loro di obbedire ad Egidio,
e di non nominarlo, di aspettare i suoi comandi, e di non andare a
casa sua, nè di cercarlo in alcun luogo; e i bravi scesero all'Adda, e
s'imbarcarono. Nello stesso tempo spedì egli una carrozza leggiera da
viaggio, con un cocchiere quale conveniva a tal signore; gli ordinò di
farsi tragittare su un altro punto del fiume, di non mostrare di avere
alcuna relazione con quegli altri amici che partivano, di appostarsi
vicino a Monza, nel luogo che era indicato nella lettera di Egidio, e
di aspettare pure gli ordini di questo.
Quanto alle ciarle da spargersi per via e alle fermate onde far
stornare dal vero le congetture dei curiosi, il Conte ne lasciò
l'invenzione alla prudenza ed alla sagacità dei suoi uomini; perchè
gli aveva scelti tra i più provati e più destri, e tali che sapessero
conformare la condotta e i discorsi alle circostanze, che egli non
poteva prevedere. Contemporaneamente, e pure per un'altra via, il messo
di Egidio tornò al suo padrone, e gli portò la risposta, nella quale il
Conte, con un gergo da loro soli inteso, lo avvertiva di ciò ch'egli
aveva ordinato. Egidio, lasciato riposare il messo, lo rispedì alle
poste dov'erano giunti gli uomini del Conte, e li fece istruire di ciò
che avevano a fare. Tutta quella giornata fu spesa in preparativi. Il
giorno appresso, la nostra storia lo registra (ed era il ventuno di
novembre), Egidio diede avviso a Geltrude che tutto era in pronto,
e ch'ella dovesse mantenere la sua parola, operar tosto secondo le
istruzioni che egli le aveva date.
Geltrude scese nel suo parlatorio appartato, e fece chiamare Lucia.
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