Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 13

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vegga... non per questo essa si commuoverà. La forza è il diritto; il
diritto e la forza nacquero gemelli ad un parto, ed abbracciati
insieme. Io lo so; l'ho provato, e tutto giorno, e sempre io lo vedo e
lo sento: il diritto è la forza.--Guarda per tutto, fanciulla, e tu
vedrai come in cielo e in terra altro non ti rimanga rifugio, che nel
mio seno: ricovrati qua dentro, e troverai l'asilo che Dio e gli
uomini, sordi del pari e spietati, ti ricusano.--Se io ti ami
immensamente, tu pensalo--da te in fuori, io odio tutto in cielo e
sopra la terra. Abbandonati pure in balìa di me: tu cercheresti invano
un altr'uomo che mi valga: io ho ereditato i doni di tutte le età. La
gagliardìa della gioventù non mi abbandona ancora: in me il consiglio
della età matura: in me la tenacità della vecchiezza... Amami dunque,
Beatrice;... bella... e terribile fanciulla... amami.--
--Padre! se vi affermassi che vi odii, io non vi affermerei il vero;
che io vi tema, neppure. Io vedo che il Signore ha creato in voi un
flagello come la fame, la peste e la guerra, e questo flagello egli ha
rovesciato sopra di me. Io piego, senza mormorare, la testa ai suoi
misteriosi decreti; onde sfiduciata di ogni soccorso umano vie più mi
accosto a Dio, e confido le mie sorti nella sua misericordia.--Padre,
per carità uccidetemi!
Qui la desolata si prostrò davanti al Conte a braccia aperte, quasi
aspettando il colpo.
Perchè Beatrice balza in piedi allo improvviso, e si avviticchia
intorno alla vita del padre suo? Perchè con ambe le mani gli cuopre la
testa? Perchè ha spinto fuori un grido di terrore,--ella che non teme
niente,--il quale risuona di eco in eco nelle stanze più remote dello
ampio palazzo?
Marzio, che inosservato era rimasto nella sala, udendo le parole che
svelavano più apertamente il disegno infernale di Francesco Cènci, si
era accostato pian piano tenendo nelle mani un vaso pesantissimo di
argento; e, levate le braccia con quanto aveva di forze, accennò
spezzargli il cranio;--e lo facea, perchè il Conte, improvvido, stava
come tratto fuori di se a contemplare la divina fanciulla.
Don Francesco, commosso al grido e agli atti di Beatrice, levò
involontariamente la faccia al cielo, e gli parve vedere, e vide
certo, uno sfolgorìo balenargli su gli occhi.... Ah! fosse il fulmine
tanto tardato di Dio? Cotesta idea durò quanto un lampo, ma comprese
una eternità di tormento per quell'anima scellerata. Non per questo il
fiero vecchio si scosse; e assicurato in breve, volse le torbide
pupille dintorno a se e vide Marzio, che impassibile ordinava i vasi
sopra la credenza.
--Marzio..... tu qui?
--Eccellenza!
--Tu qui?
--Agli ordini di vostra Eccellenza.
--Vattene.
Il servo inchinavasi; e partendo faceva un segno a Beatrice, quasi
volesse significare: «Ah! perchè mai mi avete impedito?»
Ma Beatrice, durando in lei lo impeto di amore, stringe con forza
sovrumana il braccio di don Francesco come per istrascinarlo, ed
esclama:
--Vieni, sciagurato vecchio--tu non hai un momento da perdere: la
morte ti cuopre con le sue ali. Vieni, la bilancia delle tue colpe
precipita giù nello inferno.--Vesti il cilizio--vecchio!--Cuopriti i
capelli di cenere..... tu hai peccato abbastanza. La penitenza è un
battesimo ardente; ma il fuoco purifica più, e meglio dell'acqua. Se
la tua prece non giungesse ad inalzarsi fino al trono di Dio, e
minacciasse ricaderti sul capo in grandine di maledizione; io ti starò
al fianco, e aggiungerò la mia, e saranno ascoltate insieme; ambedue
accolte, o ambedue rejette. Che se ad ogni modo la giustizia vuole
vittime di espiazione..... ecco, io volentieri offro la mia vita in
riscatto dell'anima tua:--ma affrettati, vecchio... l'orlo della fossa
è sdrucciolevole.... vecchio, pensa che te ne va della tua eterna
salute....
Don Francesco stavasi ad ascoltarla sorridendo. Quando ella ebbe
finito, con voce beffarda le rispose:
--Bene sta, mia diletta Beatrice;--tu sola puoi educarmi alle gioie
celesti del paradiso... Verrò a trovarti stanotte.... e pregheremo
insieme....
Beatrice lasciò cadere il braccio paterno. Coteste parole, e gli atti
pieni d'infamia ebbero la maligna virtù di assiderarle ogni gentile
entusiasmo, e respingerla nella dura realtà della vita. Ella quinci
dipartivasi con faccia dimessa, gemendo queste parole:
--Perduto!--perduto! Oh, senza rimedio perduto!
Don Francesco si versava precipitoso un'altra tazza di vino, e la
bevve di un sorso.[11]

NOTE
[1] Nel maggio del 1849, quando venni trasportato a Volterra, mi
furono cortesi di offerirmi di logorare la mia vita a scelta; o
nel maschio, dimora del Conte Felicini di scellerata memoria, o
nell'ospedale dei condannati: scelsi l'ospedale. Un lieve assito,
divideva le mie dalle celle degl'infermi, sicchè le notti mi
riescivano fuori di modo affannose pei rammarichii, e pei gemiti
dei giacenti; spesso anche pel rantolo degli agonizzanti. Una
volta il moribondo, dibattendosi nelle estreme convulsioni,
precipitò giù dal letto con orribile fracasso; al rumore del
tracollo si svegliò la guardia che dormiva, e andò per dargli
aiuto ... ma il meschino di aiuto non aveva più bisogno: egli era
spirato!
[2] DANTE, _Purgatorio, Canto XII._
[3] SENOFONTE. _Repubblica di Sparta, cap. IX._
[4] SAMUELE II. _Cap. XII, n._ 23.
[5] Il signore De Genè, trattando degli errori popolari che corrono
intorno gli animali, deplora meritamente che la Chiesa abbia tolto
per simbolo di cosa tanto solenne uno errore popolare. Di vero il
Pellicano ha sortito dalla natura una specie di tasca appesa sotto
il collo, nella quale ripone, e conserva i pesci che pesca: quando
egli nudrisce i suoi piccoli figli se gli mette tutti dintorno al
seno spingendo fuori della tasca il cibo in cima del becco, ch'è
di colore vermiglio, ed in questo modo gl'imbocca: di qui l'errore
popolare.
[6] Così narra la tradizione, che i figli di Francesco Cènci,
Cristofano e Rocco, rimanessero spenti a Salamanca; ma a vero dire
qui la tradizione va errata. A Salamanca furono mandati a studio,
donde tornarono poveri, e male in arnese, avendoli il padre fatti
rimanere privi di ogni provvisione. I Manoscritti ch'io possiedo
insegnano, che Rocco rimase ucciso da un Norcino: altrove leggo
Orsino, e Cristofano da un Paolo Corso. È notabile, e vuolsi
ritenere per sicuro, quanto leggiamo nel _Giornale
dell'Arciconfraternita di San Giovanni decollato in Roma, libr._
16. _car._ 66. «I signori «Jacomo, e Bernardo dissero, che avendo
inteso, che nella querela, o processo di homicidio commesso già
nella persona del quondam Rocco loro fratello è imputato il
nominato Emilio Bartolini alias _Charagone_ gli danno la _pace_, e
consentono per ogni loro interesse alla cassazione di detta
querela... e tutto dissero fare per amore di Dio, et vogliono, che
detta pace sia in tutto e per tutto nel modo, che l'hanno data a
Paolo Bruno, et Amileone.»
[7] Nel refettorio del convento dei frati Domenicani in Milano,
scrive l'EUSTACE, fu già il celebre Cenacolo di Lionardo da Vinci,
considerato come suo capo d'opera. Soppresso il convento, la sala
fu convertita in deposito di artiglieria, e la pittura diventò
bersaglio dei soldati francesi per esercitarsi al tiro! Che di
peggio avriano potuto fare i Croati? Miravano principalmente al
capo del nostro Redentore, a preferenza degli altri. Lady Morgan,
nel suo viaggio in Italia, smentisce questo fatto, assicurando
avere ella cercato indarno traccia di simile profanazione: però
poco oltre afferma, una porta essere stata praticata fra le gambe
del Salvatore; ed ecco come andò la cosa. E' bisognava trasportare
pei chiostri dalla cucina al refettorio la vivanda ai frati, e nel
trasporto freddava. Per riparare a tanto disordine in pieno
Capitolo venne maturamente deliberato si aprisse una porta, che
metteva il refettorio in comunicazione con la cucina, la quale si
trovava per l'appunto dietro la pittura di Lionardo. In questa
guisa la _Cena_ di Cristo venne guasta per amore del _Desinare_
dei frati.--LADY MORGAN, _L'Italia, T. I. p._ 134.
[8] Costume antico degli ospiti, i quali al termine della festa o
del convito donavano loro veste e pallafreno, e talvolta ancora
danari; e riponevano in loro facultà restare, o andare; e questa
era gentile formula di complimento.
[9] Domiziano invitò a cena i principali senatori e cavalieri di
Roma, e gli accolse dentro una sala per le pareti, al soffitto, e
sul pavimento parata tutta di nero. Nella sala sorgevano colonne
funerarie, chiamate _cippi_, col nome impresso di ogni convitato,
e sorreggenti fiaccole funerarie. Nè qui rimase il crudele giuoco.
I padroni erano separati dai proprii servi, e invece loro
comparvero giovani ignudi anneriti a modo di Etiopi; e tenendo in
mano una spada sfoderata si posero silenziosi e terribili a
intrecciare un ballo tondo intorno ai convitati, e poi ognuno di
loro si recò presso al letto di un commensale per ministrargli. I
cibi furono in tutto simili ai consueti a imbandirsi ai defunti
nei funerali. Grande fu, ed è da credersi, la paura dei convitati;
e Domiziano, per accrescerne lo spavento, favellava di gente
trucidata e di stragi commesse per sollazzo del signore. Terminato
il pranzo, con lieta cera accomiatò quegli sciagurati più morti,
che vivi.--DIONE CASSIO in CUVIER. _Storia degl'Imperatori Romani,
lib._ 17. § 2. Evidentemente questo racconto somministrava a
Vittore Ugo la idea della scena dei cataletti nella _Lucrezia
Borgia_.
[10] _Fuori le frutta_ nei tempi passati significò ordine, di strage
a tradimento, ed eccone il perchè. Alberigo dei Manfredi, Signori
di Faenza, nella sua ultima età si rese frate Gaudente: egli fu
tanto crudele e dispietato uomo, che venuto in discordia co'
consorti, cupido di levarli di terra finse volere riconciliarsi
con loro; e dopo la pace fatta li convitò magnificamente, e nella
fine del convito comandò venissero fuori le frutta, le quali erano
il segno dato a coloro, che gli avevano a trucidare. Adunque di
subito saltarono dentro, e uccisero tutti quelli che frate
Alberigo volle che morissero. LANDINO.--Una nota del Cod. Cass. ci
fa sapere, che gli uccisi a tradimento furono due fratelli,
Manfredo ed Alberghetto, nipoti del frate. Il BOCCACCIO ci afferma
Alberghetto essere stato figlio di Manfredo, ed aggiunge, che,
fanciullo com'egli era, assalito che vide il padre, corse a
nascondersi fra la cappa di Alberigo, sotto la quale fu ucciso. Il
DANTE nel Canto XXXIII dell'Inferno così ragiona di questo iniquo
frate:
........_Io son frate Alberigo,
Io son quel dalle frutta del mal'orto,
Che qui riprendo dattero per figo_.
[11] _Suum unicuique tribuere_. Parecchie idee dei discorsi tenuti
nel presente capitolo da Francesco Cènci furono tratte dalla
Beatrice Cènci di Shelley. Questo scrittore è mal noto in Italia:
amico fu a Lord Byron: annegò nel Tirreno, recandosi a Genova su
barca senza ponte: ne arsero il cadavere sulla spiaggia a Bocca
d'Arno, presente Byron. Io lo conobbi; fu magro e piccolo, e dava
nell'etico: metafisico, più che poeta; ma poeta ancora d'infinito
valore.


CAPITOLO XI.
LO INCENDIO.
Satanasso (perchè altri esser non puote)
Strugge, e ruina la casa infelice.
Volgiti, e mira le fumose ruote
Della rovente fiamma predatrice;
Ascolta il pianto, che nel ciel percuote.
ARIOSTO.

Oh quanto fu gran dolore il caso, che incolse al misero falegname ed
alla sua famiglia!--Moglie, marito e pargoletto dormivano tutti
insieme nella medesima stanza sopra la bottega.
Dormivano..... ma un sogno spaventoso travagliava la moglie, e le
parea che un mostro immane, con occhi infuocati, peloso nel corpo
composto di nodi flessibili come il verme, e di ale scure a modo di
vipistrello, le tenesse le branche deretane fitte nei fianchi e le
anteriori nella gola, affaticandosi di strangolarla: tentava muoversi,
la meschina, e non poteva: s'ingegnava gridare, e non le riusciva. In
ultimo si voltò con supremo sforzo sopra un fianco: gli occhi sentiva
gravi così, da non li potere schiudere; eppure la facoltà visiva l'era
assorta dolorosamente da due globi di luce ora violetta, ora cerulea,
come fiamma di spirito di vino. Le arterie delle tempie le battevano
con ispasimo, non altrimenti che se fossero tese, e un demonio
stringendole con pinzette infuocate si dilettasse a farle vibrare di
angoscia. Nella gola durava un raschìo acerbo, quasi cagionato da
arìsta di grano tranghiottita[1]: pure finalmente ella giunse a
schiudere gli occhi, e vide per terra una rete di fuoco che trapelava
fuori dalle commessure dei mattoni, e la stanza tutta appariva
ingombra di fumo: insopportabile calore accendeva l'aria; quindi a
poco a poco il pavimento si screpola, e dai vani aperti per la caduta
dei mattoni ecco sbucar fuori lingue di fiamma, le quali dopo pochi
secondi crescono in orribile incendio.
--Al fuoco! al fuoco!--grida la donna, girando attorno gli occhi
spaventati; e si precipitava giù dal letto per prendere nella culla il
suo figliuolino.
--Al fuoco!--risponde il marito esterrefatto; e così ignudo com'era
corse all'uscio della stanza, e lo aperse. Schiuso l'adito, ecco il
fuoco allagare la camera: già tutta la casa andava in fiamme: rifece i
passi, con un braccio ricinse la vita alla moglie, con l'altro al
figliuolo, e via di corsa si tuffa senza rispetto nel fuoco per
guadagnare le scale. Le pietre degli scalini arroventate si spaccano
strepitosamente: lo incendio nel piano terreno infuriava in vortici a
mo' di turbine, e mandava un rombo come di uragano. I pannilini della
madre e del figliuolo già avevano preso fuoco; ma la madre, comunque
strascinata, tendeva sollecita le mani e andava estinguendolo su le
carni del fantolino. I capelli dei miseri fumavano abbronziti; nei
piedi, nelle braccia e nel viso essi pativano angosciose
scottature.--Avanti! avanti! purchè possano giungere alla porta di
casa!--Già vi stanno presso;--anche un passo, e la toccano;--l'hanno
toccata...
Oh dolore! non la possono aprire:--la squassano; la scrollano;
invano... l'avevano sprangata per di fuori.
Circondato da vortici di fiamma, il misero padre ansante in così
orribile guisa, che stava per iscoppiargli il cuore dal petto,
riprende fra le braccia il figlio.... la moglie lasciò stare.... si
sentiva rifinito di forza.... Mugolando, improvvido di quello che si
faccia, gira e rigira per l'andito;... poi, senza consiglio, si prova
a risalire le scale.
La moglie gli trae dietro da vicino per modo, che dove egli alza il
piede ella mette l'orma; e il marito sentiva dall'alito affannoso di
lei rinfrescarsi l'aria infuocata dietro le spalle;--sempre
schermendo dalle fiamme il figliuolo, e qualche volta il marito.
Questi rientra in camera... ma qui giunto sente mancarsi la lena ed il
coraggio: gli balenano gli occhi nella morte, e barcolla per cadere;
pure in quell'ultimo istante gli bastò l'animo di riporre il bambino
nelle braccia della madre prima di spirare:--parole non potè
profferirne..... solo con lo sguardo, lungo come quello della lampada
prima di spengersi, rivelò una desolazione, che labbro non può
dire;--una desolazione, che se avesse potuto manifestarsi avrebbe
dichiarato così: Io non te lo raccomando, perchè tu non lo puoi
salvare! Poi, squilibrato, correndo su le calcagna ei dette indietro
quattro passi o sei, e percosse aspramente il muro tentando ghermirlo
con le mani pendenti.
La mattina furono viste le impronte nere di sangue delle mani e dei
piedi su la parete e sul pavimento.
In mezzo alle strette della necessità così avviene degli appetiti
fisici come delle passioni dell'animo, che le più intense divorino le
meno profonde; epperò la donna già più non bada all'uomo che le fu sì
caro, ma con tutta l'anima circonda il corpo della sua creatura;--apre
la finestra, e si affaccia.
I capannelli raccolti per la via videro una figura, in sembianza di
Eumenide, disegnarsi in nero sopra un colore di fuoco, e n'ebbero
compassione e paura.--Ella spinse fuori dalla gola un grido--uno
solo--ma così desolatamente acuto, così stridentemente disperato e
selvaggio, che le viscere degli spettatori si sentirono trafitte come
da una spada.--Avrebbero voluto aiutarla, e ne consultavano i pratici;
ma i vecchi, con la tremenda pacatezza romana, sporto il labbro
inferiore, le braccia incrociate sul petto, guardavano obliquamente lo
incendio, e dicevano: Non ci possiamo far nulla; acqua non basta; e, a
meno di essere diavoli dello inferno, in coteste fiamme non si entra.
Sapete, che cosa resta a fare? Vedere spengersi il fuoco da se, e poi
suffragare quelle povere anime uscite dal mondo senza sacramenti.
Ora è da sapersi come Luisa Cènci, persuasa dalla gelosia, travestita
da uomo erasi aggirata da più notti, ed anche in cotesta si aggirava
intorno alla casa del falegname per sorprendere suo marito; ma fino a
lì eranle tornate le speculazioni inutili. Nonostante ciò neppure per
ombra piegava la mente al dubbio, che altri l'avesse tratta in
inganno; ma sì piuttosto molinava coi suo cervello, che forse Giacomo
non vi praticasse di notte, o che gli amanti convenissero altrove, o
in quel momento fossero corrucciati: insomma; ingegnosa a trovare
mille modi di tormentarsi con lo errore, anzichè consolarsi per la
piana via della verità! Condizione tristissima degli uomini in
generale, e delle donne in particolare, di compartire facilmente fede
al male, e ritenere tenaci i concetti che si sono formati, comunque
lesivi della propria dignità, o dannosi alla propria persona.
Ella pertanto accorse, come gli altri, richiamata dagli urli e dal
chiarore dello incendio intorno alla casa;--e quando la ravvisò, il
suo cuore ne sentì maravigliosa esultanza:--quello che dà la colpa,
ella pensava, la giustizia ritoglie.--
Ella rimase immobile a contemplare il caso; e se col desiderio non
attizzò coteste fiamme, nemmeno--sia lode al vero--ella le spense.
Prima che lo incendio si manifestasse nella sua indomita rabbia alcuni
borghesi erano andati in traccia di corde e di scale, e già tornavano
provveduti di una scala da paratori, trovata nella prossima
parrocchia: l'appuntellarono al muro, e poi voltarono la faccia in su
senza muoversi, perchè la copia delle fiamme irrompenti di sotto e di
sopra chiariva disperata la impresa.
Ma quando la madre, sbucando fuori dal fuoco, e sorreggendo il pargolo
con le braccia tese, gridò: salvatemi il figliuolo!--Oh! allora una
persona--una persona sola--sentì sciogliersi il cuore, e questa fu
Luisa Cènci. Tacque in lei la donna, e favellò la madre: fattasi di un
balzo a piè della scala, così parlò con favella spedita:
--Orsù; breve è il tratto, non difficile la impresa; Romani, chi di
voi salisce a salvarli avrà cento ducati d'oro.
E siccome nessuno mostrava muoversi, ella dinuovo:
--Cristiani... animo... via... a cui gli salva duecento ducati....
Nè anche questo premio bastò a scuoterli; chè la paura del pericolo
superava la cupidigia. Luisa si trattenne un momento a pensare come
non le rimanessero a disporre che altri cento ducati, i quali spesi
non ne avanzava pure uno per suoi figliuoli; nè dal suocero forse
avrebbe potuto per allora ottenere altro soccorso. Non importa, pensò
il momento dopo; e con voce più forte, quasi volesse rimettere il
tempo perduto, con raddoppiata prestezza gridò:
--Trecento ducati a cui gli salvi... trecento ducati d'oro, dico...
trecento ducati servono per maritare due figliuole... Romani!--Nessuno
si allenta? Sgombratemi davanti... davanti, dico... Cristo mi aiuti!
E leggiera come un uccello salì su per la scala, mentre le stanghe,
appoggiate al muro su in cima, già abbronzite fumavano. Arrivata in
prossimità della finestra, nel medesimo punto ella disse:
--Datemi... e le fu risposto:
--Eccovi il figlio.
Si erano indovinate. Madri entrambi, sapevano come supremo anelito pel
cuore materno sia la salvezza della sua creatura. Scese. Un giovane
popolano, vergognando che altri non si fosse mosso, si attentò a
salire fino a mezza scala, raccolse il pargolo, e lo portò in luogo di
salvazione.
E Luisa risalì mentre su per le stanghe delle scale scorreva la fiamma
come lingua di vipera; cessava dove poneva la mano, ritornava più
vivida appena levata. Giunta faccia a faccia della donna, che
supponeva le avesse tolto lo amore del suo marito, tese valorosamente
le braccia... le braccia a lei, che aveva stretto nelle sue il padre
dei suoi figliuoli... l'altra vi si gittò delirante di affanno.
La Madre di Cristo contemplò dall'alto dei cieli cotesto amplesso, e
si compiacque essere donna. Certo, non occhi umani nè celesti avevano
veduto da secoli un tanto prodigio di carità.
Luisa stringe di forza la cintura della rivale, e scende...
--Presto, Luisa, chè la scala arde;... presto, Luisa, chè crepitano
carbonizzati le stanghe, e i piuoli della scala. Oh Santa Vergine!
perchè si ferma ella? Un secondo è funesto.--Immemore di se, immemore
del pericolo imminente, immemore di tutto, non potè resistere alla
cupidità immensa, che sentiva di guardare in volto la sua rivale al
chiarore dello incendio, e conoscere se la superasse in
bellezza.--Cuore di donna!
Quantunque ella apparisse stravolta orrendamente dal dolore e dallo
spavento, i capelli avesse in parte bruciati e la pelle offesa da
disoneste scottature, pure le sembrò, com'era, leggiadrissima.
--Ah, gridò, come è bella!--e vacillò su la scala.
Era giunta vicina a terra tre scalini, quando con orribile fracasso
sprofondò giù il pavimento; le fiamme scomparvero, globi di fumo
mescolati a miriadi di faville avvolsero la casa, la scala e le donne.
Un urlo spaventoso echeggiò fino all'altra sponda del Tevere, chè
reputarono coteste creature spente dal fuoco e dalla rovina.
Indi a breve ecco lo incendio, come l'orgoglio un momento umiliato,
divampare più terribile di prima, e di mezzo alle fiamme uscire Luisa
incolume con la donna nelle braccia.
Gridi di giubbilo, acclamazioni frenetiche ferirono il cielo:--chi è
l'animoso giovane?--Non lo so.--Ricordati averlo visto mai?--Mai.--E
sì che non ha barba in viso, e per uomo da tali fatti è piuttosto
scarso di vita, che no. Viva il valente giovane, vero sangue
latino.--E più alti sorgevano lo entusiasmo e gli applausi.
Il Signore ebbe misericordia della moglie del falegname, la quale
tratta fuori di se non conobbe il fato lacrimevole del marito. Luisa
sempre più infervorandosi nella sua generosità, siccome avviene ai
buoni, non patì che la donna salvata fosse tratta all'ospedale; e
risovvenendole di certa vedova sua casigliana, che le aveva
raccomandato, capitando, di appigionarle due stanze, fece conto di
accomodarla là dentro: molto più, che essendosi messa a risico di
spendere per cotesta famiglia fino a trecento ducati, e trovandosi
adesso ad averli risparmiati, pensava, che quando anche per condurre a
fine la opera buona avesse dovuto impegnarcene attorno un
centocinquanta, le ne avanzava l'altra metà pei fatti suoi.
E per mandare subito ad effetto la presa determinazione ordinò che
stendessero la donna sopra un lenzuolo tratto fortemente dai lati da
quattro uomini robusti, i quali si prestarono volonterosi a cotesto
ufficio. Ella si recò in collo il bambino sorreggendolo col braccio
destro, e chiese di alcuno che caritatevolmente sostenesse anche lei;
però che le girasse il capo, e le paresse che di sotto i piedi le
venisse meno la terra. Dalla folla stipata intorno a lei uscì un uomo
membruto, ed aiutante della persona, coperto il capo, il collo e il
viso di copia grande di capelli e di barba, vestito a mo' dei
_ciociari_ dei contorni di Roma.
--Prendete su!--egli disse profferendole il braccio con voce assai più
commossa, che non lasciassero sperare le sue sembianze dure, e
bronzate.--Appoggiatevi pur sopra, che reggerebbe la colonna trajana.
Se non vi da fastidio, mi basta l'animo di portare voi e il putto ad
un tempo.
--Lo credo. Dio ve ne renda merito. Basta così. Ora voi altri
avviatevi pian piano in via san Lorenzo Panisperna a casa Cènci.
--Casa Cènci!--dando di un passo indietro esclamava il ciociaro.
--In che trovate motivo di maravigliarvi? Forse credete voi tanto
straniera da casa mia la carità, da levarne stupore?--Che cosa vi dà,
in grazia, diritto di pensare così, villano?
E siccome il ciociaro tentennava il capo e non rispondeva, donna
Luisa, come punta sul vivo, aggiunse:
--E se volete sapere chi fu che ardì salire la scala, mentre voi
uomini rimanevate tutti immobili dalla paura,--io vi dirò che fu una
donna; però che in me vediate la moglie di don Giacomo Cènci, e nuora
del Conte don Francesco.
Il ciociaro adesso traballò visibilmente: con la manca si Strinse
forte la fronte tenendovela per un pezzo, quasi volesse costringere le
sensazioni e i pensieri a non prorompere fuori della testa.
Io non vi farò mistero dello essere di questo ciociaro. Voi, lettori
miei, avete potuto chiarirvi a prova come io non ami la maniera
sospensiva del raccontare; però, continuando a procedere per la via
piana vi dirò a un tratto che il ciociaro era Olimpio, e i quattro
pietosi reggitori i lembi del lenzuolo erano suoi compagni, e complici
dell'orribile incendio. E non crediate già che sentimento alcuno
d'ipocrisia gli sospingesse a cotesti atti, o astutezza per celarsi
meglio; conciosiachè avessero commesso il delitto con tale
accorgimento, da non lasciare luogo a sospetto che fosse avvenuto
piuttosto per malizia, che per fortuna; ma proprio sinceri essi erano,
ed esaltati dallo esempio magnanimo di Luisa. L'uomo, per quanto
tristo egli sia, contiene sempre qualche parte di buono; e fra persone
da arti lodevoli, o triste non assuefatte a contenersi, o a fingere,
il trapasso dal male al bene, e ai modi di significarli avviene
inopinato ed improvviso. Io non so se l'uomo nasca con _anima prava_.
Questo si trova nelle Sacre carte, e santi Dottori della Chiesa lo
hanno approvato; ma io ne dubito, e affermarlo decisamente non potrei.
Solo parmi che dentro noi di queste due cose succeda l'una: o la bontà
ricama sopra un velo di scelleraggine, o la scelleraggine ricama sopra
un velo di bontà. Chi meno ha pratica di fare i conti con la sua
anima, e si lascia più trasportare dai subiti moti del sangue forse
sarebbe il migliore, se o la ignoranza troppa, o le abitudini inique,
o gli stimoli altrui non gli chiudessero la via a ben fare, o in
quella del male nol sospingessero.
Veramente, per sostenere questa sentenza, in me fa mestieri fede di
bronzo; perchè uomo al mondo, io penso che non fosse mai scorticato
vivo come me dal Popolo, il quale appunto argomenta poco, e sente
molto.
Il Popolo, dopo avermi salutato amico e padre, ad un tratto mi disse
vituperio; mi caricò di catene, e mi chiamò a morte! Con questi miei
orecchi udii i figli del Popolo, che io mi studiai sempre, come potei
meglio, onorare e avvantaggiare, allagando il Palazzo della Signoria
spartirsi poca moneta al lume dei lampioni, e dire l'uno all'altro:
«_A te si perviene_ _meno, perchè sei piccolo; nè ti è bastato il
fiato a urlare quanto me_ MORTE! MORTE!»
Giuoco Roma contro uno scudo, che cotesta moneta e coteste istruzioni
vennero da tali, che saranno stati a un punto fratelli della
misericordia, guardie civiche, membri di mutuo insegnamento, e degli
asili infantili... Oh come si allarga l'albero della ipocrisia sopra
la terra, e l'aduggia tutta con l'ombra maledetta!
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