Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 12

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simili masserizie chiunque ne avesse vaghezza non possa farne esame
nei pubblici musei. Nelle case dei nostri patrizii adesso non se ne
vedono più, o rare; però che le abbiano vendute allo straniero. Che
cosa non venderebbero essi, i nostri patrizii, se trovassero il
compratore? Presso a questo turpe mercato, benedetto... io sto per
dire... sì, benedetto il saccheggio dello aborrito nemico! Il soldato
ladro non ti porta via la speranza di ricuperare il mal tolto, nè il
desiderio di adoperartivi con tutti i nervi; ma lo straniero che ti
compra a patto le reliquie paterne ti compra a un punto un brano del
tuo cuore, e tu gli vendi un pezzo di patria! La rapina dispone gli
animi a libertà ed a vendetta; la vendita volontaria a servitù. Così
gli Spartani punivano meno la violenza fatta alla vergine, che la
seduzione[3]; e rettamente: imperciocchè con la violenza si contamini
il corpo, con la seduzione il corpo a un punto e l'anima. Oggi nelle
leggi è alla rovescia; _prova fra mille, che la materia ha vinto lo
spirito, e da per tutto se ne vedono segni manifesti_.--
Ma io torno allo argomento; chè la mia tragedia desidera discorso non
di suppellettili, sibbene di anime e di passioni.
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Don Francesco, con la gentilezza che si addiceva al suo nobile
lignaggio, e con la grazia che gli veniva dal suo spirito, accolse i
convitati. Eranvi diversi di casa Colonna; eranvi i due Santa Croce,
Onofrio principe Dell'Oriolo, e don Paolo di cui fu parlato sul
principio di questa storia; eravi monsignore Tesoriere; e poco dopo
vennero i cardinali Sforza e Barberini amici, o consorti di casa
Cènci, con parecchie altre persone che non rammenta la storia;
finalmente, dietro l'ordine del Conte, assisterono donna Lucrezia,
Bernardino e Beatrice.
Beatrice vestiva a scorruccio. S'ella non avesse indossato cotesto
abito a modo di protesta contra la gioia paurosa del convito paterno,
sariasi sospettato che lo avesse fatto con accorgimento donnesco;
tanto egli giovava a dare risalto al candore maraviglioso della sua
pelle. Per tutto ornamento ella portava intrecciata nelle chiome
bionde una rosa appassita, simbolo pur troppo degl'imminenti suoi
fati.
--Benvenuti nobili parenti, ed amici: benvenuti eminentissimi
Cardinali, colonne di santa madre chiesa, e splendore _urbis et
orbis_. Se il cielo mi desse cento lingue di bronzo e cento petti di
ferro, come invocava Omero, non li crederei bastanti a rendervi grazie
per l'onore, che vi degnate compartire con la vostra presenza alla mia
famiglia.
--Conte Cènci, la vostra inclita casa si trova così in alto locata,
che davvero non abbisogna di altri raggi per isplendere lucidissima
stella in questo cielo romano--rispondeva, giusta il costume dei
tempi, concettosamente il signor Curzio Colonna.
--Voi, nel tesoro della vostra benevolenza, mi procedete parziale
oltre il dovere, onorandissimo don Curzio: comunque sia, gran mercè
dello amor vostro. Io, Signori miei, vi era quasi diventato straniero:
temeva che il mio apparirvi dinanzi vi spaventasse, come di uomo
tornato dall'antro di Trofonio; ma che volete? Me rodeva una immensa
tristezza... l'iniquo male! Ed io, che provo com'egli trapani le
viscere, l'ho portato sempre studiosamente chiuso nel petto, per tema
che mi avvenisse come a Pandora quando aperse incautamente il vaso, e
versò, senza volerlo, sul mondo la famiglia infinita dei malanni. La
tristezza è la polvere sottile che solleva il vento di levante; da per
tutto s'insinua, a tutto si attacca, e opprime di sgomento anime e
corpi. Il malinconico, per causa più forte del lebbroso, ha da
cacciarsi fuori dei tabernacoli d'Israele, e dai festini degli eredi
di Anacreonte--io parlo per voi, chierici, a cui mi piace professare
venerazione e rispetto: in quanto a voi altri laici, forse avrei
proceduto senza cerimonie... ma no... ho pensato che se io aveva causa
sufficiente a gittarmi via, alberi e fiumi per appendermi, od
affogarmi mercè di Dio non ne mancavano; e non doveva pormi
indiscretamente tra il sole e voi per abbuiarvi la vita.--Io poi non
mi sono impiccato perchè, bene considerata la cosa, la morte è un
brutto quarto di ora--e di più, su le cose che si fanno una volta
sola, ho inteso sempre dire ch'è savio pensarci sopra due;--ma neppure
volli contristarvi con la mia presenza. Adesso, che un filo di luce
viene a rischiarare obliquamente il buio della mia anima, scoto la
chioma da questa cenere; colgo anche una fiata--forse l'ultima--una
rosa, e ve la intreccio dentro.--Certo durante il verno non si
vorrebbe nudrire vaghezza di rose, nè il gentil fiore si educa in
mezzo alla neve... pure in questa alma Italia, e ve ne fa prova
Beatrice mia, in ogni stagione crescono le rose; e se non ne trovi nel
tuo giardino, va in quello altrui, e coglile o strappale. Sì,
strappale a forza; perchè, qual legge condannerà il vecchio che prima
di morire ha involato una rosa in ricordo della gioventù spenta, e in
conforto della vita che si spegne? Tanto varrebbe, che Sua Santità
scomunicasse un moribondo perchè manda lo sguardo estremo alla luce
che fugge. E tu, Beatrice, quale strana fantasia ti prese di mettere
una rosa appassita nei tuoi capelli? Temi per avventura il paragone
delle tue guance con le foglie della rosa fresca?--Cessa dalla paura,
donzella;--tu puoi provocare siffatto genere di confronti, perchè sei
nata a vincerli tutti.--
La fanciulla gli dardeggiò uno sguardo a guisa di saetta; egli lo
ricevè stringendo gli occhi, e facendo sfavillare le pupille. Don
Onofrio Santa Croce rispose:
--Noi siamo venuti, Conte, come parenti ed amici a prendere parte
delle contentezze vostre; e bene mi auguro, che le abbiano ad essere
grandissime; imperciocchè io non vi conobbi mai di umore sì gaio, da
pretendere di emulare il buon vecchio di Teo.--
--Ed io ebbi torto a non procurarmi cotesto umore, Principe; e quello
ch'è peggio, io me ne sono accorto tardi. La Parca,--voi lo sapete--o
piuttosto non lo sapete--perchè voi altri eminentissimi Cardinali
tenete queste storie in conto di eresie. Eminentissimi, rispettate i
vinti; gli esuli ritornano, e la fortuna non ha inchiodato l'asse
della ruota: anche Giove fu Dio, e conosce la via che conduce in
paradiso. In trono o fuori, Dii e Principi sono cosa sacra; e non
appartiene a Dii e a Principi insegnarne il disprezzo alle
moltitudini. Assai queste lo imparano da se! E poi non v'incollerite
mai contro chi crede troppo... prendetevela con chi crede
poco;--perseguitate chi crede punto:--anzi io non arrivo a capire come
mai vi siate legate le mani, restringendo a tre le persone delle quali
va composto il vostro Dio--e mio;--dovevate instituire un palio fra
chi credeva di più, e premio un milione di anni d'indulgenze per colui
che giungeva primo.--
--Ma dove era io rimasto?--Attendete... alla Parca. Ora dunque la
Parca ci fila giorni di lana nera, mescolati con altri pochi di colore
di oro; il senno umano sta nel separarli: piangiamo nei tristi,
esultiamo nei lieti, altrimenti convertiremo la vita in uno eterno
ufficio da morti. _Omnia tempus habent_... e sebbene io non ammetta,
col sapientissimo re Salomone, che possa esservi anche il tempo di
uccidere, mi unisco al suo avviso quando dichiara tutte cose _vanitas
vanitatum_, se togliete forse un bicchiere d'acqua pura quando siete
assetati... a patto però che non sia della _tofana_, che fabbricano a
Perugia, o dell'altra di cui sapeva il segreto il sommo pontefice
Alessandro VI di santissima memoria.
Monsignor Tesoriere osservò maligno:
--Questa vostra giocondità--forse soverchia--è solita a manifestarsi
così intemperantemente dalle persone che ella visita di rado: essa
ritiene del febbrile; e in ciò tanto più mi confermo quando penso, che
la morte contristava non ha guari la vostra casa.
--Ah! Monsignore, che cosa mi rammentate voi? Noi non ci possiamo
lasciar cadere qualche memoria per terra, senza che un amico,
importunamente pietoso, ve la raccolga e ve la restituisca dicendo:
«Badate, v'è caduta un'amara rimembranza dal cuore; rimettetela al suo
posto». E poi a veruno è lecito maravigliarsi di ciò, meno che a
Monsignore, il quale nelle cose divine è quella cima di uomo che noi
tutti sappiamo. Infatti non ho io imitato re David? Voi vedete, che io
tolgo i miei esempi da buona famiglia; come lui, morto il figliuolo,
ho esclamato «Digiunai, e piansi finchè visse» pensando: forse chi sa
non me lo renda il Signore! Ora poichè è morto, perchè digiunerei io?
Forse potrò revocarlo indietro? Io andrò sempre più verso di lui; ma
egli non verrà più verso di me....[4]
La pelle di Beatrice a cotesta tremenda ipocrisia fremè di un brivido
doloroso.
--Ma dunque, via, gridarono a coro tutti i convitati: toglieteci
dall'ansietà. Ci tarda entrare a parte della vostra allegrezza con
conoscenza intera.
--Nobili amici! Se voi aveste detto ci tarda soddisfare questa nostra
curiosità, che ci arrovella, voi avreste favellato certamente più
credibile, forse più sincero.--Comunque sia, voi vi affaticate invano;
chè io non intendo guastare la mia buona notizia sopra corpi digiuni.
Mai no; Iddio manda le rugiade a mattino e a sera sopra i calici dei
fiori disposti a raccoglierle, non già a mezzogiorno sopra pietre
riarse. Preparatevi prima co' doni di Cerere e di Bacco, come direbbe
un poeta laureato, e poi udirete il mio annunzio, _l'evangelo secundum
Comitem Franciscum Cincium_. A mensa, dunque; nobili amici, a mensa.
--Signora Lucrezia, sussurrò Beatrice nell'orecchio alla matrigna,--oh
qualche terribile infortunio ci pende sopra la testa!--I suoi sguardi
non ischizzarono mai tanta malignità quanto oggi. Egli rideva come la
faina, quando ha cacciato i denti nella gola del coniglio per
succhiargli il sangue.
--Dio mi perdoni; non so neppure io da che cosa provenga, ma le gambe
tremano anche a me.
--Chi vi ha detto, signora madre, che mi tremino le gambe? A me le
gambe non tremano, nè l'anima.--
E sedettero a mensa: il Conte Cènci a capo della tavola, secondo il
costume, che allora correva, di dare al padrone di casa il posto più
onorevole; a canto, distribuita a destra e a mancina, teneva la
propria famiglia; succedevano poi i convitati come il maggiordomo li
distribuiva, osservato il grado di dignità d'ognuno di loro. Squisite
e moltiplici furono le vivande, tutte apprestate sotto fogge diverse;
imperciocchè taluna presentasse l'aspetto del Colosseo, tale altra una
galera: qua vedevi uno scoglio di carne di vitello combattuto da
flutti di gelatina: una fortezza di marzapane tagliata aperse il varco
a uccelli vivi, che spandendosi per la sala la riempirono di giulivi
gorgheggi: da un pasticcio enorme uscì fuori il nano di casa vestito
da papa, che dette gravemente ai convitati la benedizione apostolica,
e fuggì via. Strani concetti insomma, o empii, secondo suggeriva al
Conte la sua schernitrice natura: e ond'io non mi dilunghi
soverchiamente, terminerò (per somministrare saggio di quanto osasse
costui) narrando come non aborrisse rappresentare davanti Cardinali
della Chiesa il simbolo della Eucarestia mercè una grossissima anatra
lessa che teneva disposti intorno a se certi pavoncelli arrostiti, in
modo da figurare il mistico Pellicano, che si apre il petto per
alimentare i suoi figli col proprio sangue[5].
I bicchieri andarono in volta spessi, e veloci come la spola in mano
del tessitore: bebbero di più maniere vini così nostrali come
stranieri, cipro, greco, e soprattutto keres, alicante, ed altri vini
di Spagna; perocchè i nostri padri, bene o male facessero, i vini
spagnuoli educati sotto gli ardenti soli anteponevano ai francesi e ai
renani, nati piuttosto dai sospiri, che dagli sguardi del pianeta
della vita.
Poichè--per adoperare una espressione classica, la quale come sempre
vale a dimostrare acconciamente il soggetto--ebbero sazio il naturale
talento di cibo e di bevanda, i convitati, punti dalla curiosità, ad
una voce esclamarono:
--Parvi egli tempo adesso di far cessare la nostra ansietà? Su, via,
Conte Francesco, manifestateci il motivo della vostra allegrezza!
--Venne il tempo--disse il Conte con voce solenne; poi, composto
il volto ad austero atteggiamento, proseguì:--Però, miei nobili
amici, vi supplico a rispondere innanzi a questa mia domanda:--Se
Dio, scongiurato tutte le sere prima di adagiare le mie membra
sopra le piume, e tutte le mattine aperti appena gli occhi alla
luce--ardentemente,--lungamente per un voto, che sul capezzale
lasciava, e sul capezzale io rinveniva:--se Dio, che udiva la mia
preghiera raccomandata dai Sacerdoti in mezzo al santo sagrifizio
della messa, dai canti delle vergini sacrate, dalle orazioni dei
suoi poverelli:--se Dio, dopo avermi disperato di concedermi
ascolto, allo improvviso, per un tratto della sua misericordia
infinita, i miei desiderii oltre la speranza adempisse, non avrei,
dite, ragione di esultarne io?--Se così fosse, com'è certamente,
esultate, rallegratevi meco--perchè io sono uomo in tutta la
pienezza della parola--felice!...
--Beatrice--figlia mia--sorreggetemi... ho paura....
--Aiutatevi, rispose Beatrice a Lucrezia, come potete... perchè io non
posso... la testa mi va in giro, e tutti i convitati mi pare che
nuotino nel sangue!
--O Dio! o Dio!, soggiunse la Lucrezia, mi prende il freddo nelle ossa
come al venire della febbre quartana.--
--Immagino, nobili amici e parenti, che voi tutti sappiate, e se
taluno lo ignora lo apprenda, prosegue il Conte,--nella chiesa di san
Tommaso essersi fatti da me costruire sette sepolcri nuovi di marmo
prezioso, per lavoro pregiati,--e poi pregai il Signore, che prima di
morire mi concedesse la grazia di seppellirvi dentro tutti i miei
sette figliuoli; e finalmente votai, che avrei abbruciato palazzo,
chiesa, masserizie e arredi sacri come un fuoco di gioia.--Se fossi
Nerone, avrei giurato incendiare Roma una seconda volta.
I convitati guardavano l'un l'altro piuttosto attoniti, che atterriti;
poi miravano il Conte, vergognando per lui che si fosse lasciato
prendere dal bere soverchio.--Beatrice teneva declinato su la spalla
destra il volto, pallido come la rosa appassita che le pendea dai
capelli. Il Conte infernale con maggior lena gridava:
--Uno già ve ne ho sepolto: due altri a un tratto, la Dio mercè, mi è
dato seppellirveli adesso: due stanno in mia mano, ch'è quasi giacere
nel sepolcro: ci avviciniamo al termine. Dio, che mi compartisce segni
così manifesti del suo favore, vorrà certo, prima che io muoia,
adempire al mio voto.
--O Conte! avreste bene dovuto scegliere argomento di scherzo meno
lugubre di questo.
--Egli è pure il tristo vezzo ridere mettendo spavento!
--Rido io? Leggete....
E cavatesi dal seno alcune lettere, le gittò sopra la mensa.
--Leggetele.... esaminatele a bello agio;--chiaritevi di tutto; io ve
le ho date apposta. Voi apprenderete come due altri dei detestati
figli sieno morti a Salamanca[6]. Come sono eglino morti?--Questo a me
non importa niente;--quello che mi preme moltissimo si è, che sieno
morti, chiusi, e confitti dentro due casse di quercia come ho ordinato
di fare.--Adesso pochi più scudi mi avanza a spendere per essi,--e
questi spendo volentieri.... due ceri.... due messe.... se fossero
carrette di calce viva, e le anime loro potessero restarne
scottate.... io ne farei gettare sopra la fossa loro anche due mila. O
Papa Clemente, che mi condannasti a pagare loro quattromila ducati di
pensione annua, mi costringerai a pagargliela tuttavia? I vermini non
ti porgeranno memoriale, no;--a suo tempo divoreranno anche te.--O
pietoso Aldobrandino, vuoi tu farti vincere dal nepotismo anche pei
vermi?--Onnipotente Dio! ricevi la espressione della mia profonda
riconoscenza; tu esaltasti la mia anima non secondo i miei meriti, ma
secondo i tesori della tua misericordia infinita.--
Monsignore Tesoriere, tremante di emozione, favellò:
--Deh! nobili Signori, non gli badate perchè la sua ragione si è
sommersa nel vino, o maggiore sventura lo ha colto. Segno manifesto
che egli mentisce, voi uomini cristiani abbiatevi in questo, che Dio
non sopporterebbe ricevere simili ringraziamenti contro natura; e se
fosse vero quello che trabocca fuori dai labbri di questo forsennato,
Dio avrebbe fatto crollargli le volte sopra la testa.
--Ei non lo ha fatto per amore della pittura, che andrebbe perduta; e
poi perchè ci siete voi, eminentissimi Cardinali, colonne di Santa
Chiesa, che per sopportare cose gravi disgradereste Milone crotoniate.
Sapete che Dio non sempre tira diritto; e talora mandando giù fulmini
alla impazzata uccise il prete che celebrava messa, e risparmiò il
ladro che rubava. Tesoriere, tesoriere! tu hai da esser lieto, che Dio
guardi tanto alle mie parole quanto alle tue mani. Borsaiolo di santa
Madre Chiesa, se per me giova ch'ei sia sordo, a te importa che sia
cieco.... Ma quando ancora egli mi udisse, io l'ho avvezzato ad
ascoltarne bene altre!
I convitati guardando il Conte pareva avessero provato gli effetti
della vista di Medusa. L'odioso ospite, compiacendosi del terrore che
inspirava, continuò esultante in faccia:
--A me importa soltanto, che i miei figliuoli sieno morti; forse a voi
potrebbe premere eziandio conoscere il modo col quale furono morti.
_Favete aures_. Felice, ch'era giovane religioso, stava certa sera a
recitare molto devotamente il rosario nella chiesa della Madonna del
Pilastro. La _Mater misericordiae_, per fargli capire che le sue
preghiere erano esaudite da lei, gli lasciò cascare sopra la testa il
trave maestro del soffitto, e gli troncò dolcemente il nodo del collo.
Nella medesima sera, anzi pure, secondo che me ne scrivono, nella
medesima ora, Cristofano fu ammazzato di coltello da certo marito
geloso il quale lo tolse in cambio dello adultero, che in quel punto
si teneva a sollazzo nelle braccia sua moglie. Per le quali cose,
considerando il tempo, l'ora e il modo della morte uguali, io dichiaro
eretico insanabile, e incorso nella scomunica maggiore chiunque fra
voi presumesse temerariamente negare, che ciò sia avvenuto senza
espresso consiglio della Provvidenza....
Beatrice, come se tutta l'anima avesse trasfusa negli occhi, con le
pupille dilatate orribilmente lo guardava fisso: e il Cènci di tratto
in tratto gittava uno sguardo obliquo sopra di lei, e cotesti raggi
s'incontravano, si percuotevano, e corruscavano come ferri nemici
cozzanti tra loro. Bernardino come assonnato nascondeva il capo nel
grembo a donna Lucrezia, la quale con le gote lacrimose e le braccia
aperte presentava la sembianza della Madonna _dei sette dolori_. Dei
convitati alcuno, teso il pugno chiuso sopra la tavola, minacciava con
fiero cipiglio; altri sporgeva il braccio e il dito accusatori contro
il Conte: chi si mostrava incredulo; chi si turava gli orecchi; chi
guardava pauroso verso il cielo, sospettando che qualche fulmine non
iscendesse. Insomma nè tanti, nè tanto varii sono gli atteggiamenti
effigiati da Leonardo da Vinci nella stupenda composizione del
Cenacolo, quando il Signore profetizza: _Amen dico vobis, quia unum
vestri me traditurum est_[7].
Primi furono i Cardinali e il Tesoriere, che si levarono, e dissero:
--Andiamcene! andiamcene! Salvatevi tutti, perchè l'ira di Dio non può
tardare a rovesciarsi sopra questa casa di empietà.
Un sussurro inquieto--crescente come di vento foriero della
tempesta,--un fremito mal represso ingombrarono dapprima la sala;--poi
ad un tratto scoppiarono gridi d'obbrobrio e di rampogna, gemiti e
pianti: finalmente, sopraffatti tutti da una medesima passione,
gittavano da lungi con le mani contro lo iniquo Conte le maladizioni
come si lanciano sassi per lapidare i sacrileghi.
--Fermatevi,--grida trucemente beffardo Francesco Cènci.--Che fate voi?
Qui non vi ha scena, qui non vi sono spettatori; sicchè se pretendete
recitare la tragedia, voi vi affaticate invano. Sta a voi,
eminentissimi Cardinali, ostentare ribrezzo pel sangue? E perchè
dunque, ditemi, voi vestite di rosso? Non forse perchè la macchia del
sangue umano non si distingua sopra la vostra porpora? Via cerretani,
che vendete Cristo come orvietano in fiera. Via Farisei, che se Cristo
tornasse al mondo lo costringereste rifuggire per orrore nella Mecca a
farsi turco. E voi, Principe Colonna, non vi affannate: io vi consiglio
a calmarvi, perchè mi sono trattenuto quanto basta alla Rocca Petrella
per conoscere i vostri detti e gesti; e se voi non lo sapete, io vi
dirò che conosco più che non desiderereste di negromanzia, per avere
potenza di far parlare certe sepolture e certi morti.... Voi
m'intendete, Principe; e quel che mi hanno appreso sul conto vostro, ve
lo bisbiglierò dentro l'orecchio.--Ora mi rivolto a voi, egregio amico
monsignore Tesoriere:... io vi conforto a non dimenticarvi giammai, che
io sono figlio di mio padre; e che mio padre, Dio lo abbia in pace, fu
tesoriere; e in fatto di conti mi basta l'animo di tener fronte al
primo computista della Camera apostolica. Avventuroso voi, Tesoriere,
se altre faccende mi tengono distratto--non importa quali! Avventuroso
voi se non mi avanza tempo, o mi prende vaghezza di condurre il nostro
comune amico Cardinale Aldobrandino col filo di Arianna in mezzo al
laberinto del tesoro. Tesoriere rammentati la donnola di Esopo, e trema
di dover ripassare dal buco.--Coprite per altri il padule di erbe
insidiose ond'egli, incauto, vi ponga il piede sopra, e sparisca
quietamente.--ecclesiasticamente.--Io sono il cavallone fragoroso e
spumante: bene posso spezzarmi dentro gli scogli della sponda; ma prima
travolgo, e annego tutto quanto mi si para dinanzi. Rispettate il
vostro signore; cadetemi ai piedi, e adoratemi.
I convitati con segni espressi di disgusto si avvicinano alle porte
per abbandonare cotesta casa scellerata; ma il Conte Cènci gridava di
nuovo:
--Nobili parenti ed amici, senza che io vi accomiati di casa mia non
potete uscire. Deh! siatemi anche un momento cortesi della vostra
compagnia.
Qui presa una tazza faccettata di tersissimo cristallo la empì fino al
colmo di vino di cipro; e alzandola dicontro alla vivida fiammella
delle torcie, sicchè parve l'avesse riempita di fuoco, in questa
maniera favellò ad alta voce:
--O sangue della vite, che cresciuto ai raggi del sole scintilli e
gorgogli alle fiammelle della luce come l'anima mia scintillò--esultò
alla nuova della morte dei miei figli--oh! fossi tu il sangue loro
maturato al fuoco della mia maledizione, e sparso in olocausto alla
mia vendetta, io vorrei bevervi devotamente quanto il vino della
Eucarestia; e propinando a Satana, dirgli: «Angiolo del male, prorompi
fuori dello inferno; avventati dietro le anime di Felice e di
Cristofano miei figliuoli prima che si avvicinino alle porte del
paradiso, e rovinale giù nel pianto eterno, e tormentale con i
tormenti più atroci, che mai abbia saputo inventare la tua diabolica
immaginazione. Che se tu non sapessi trovarne di più, consultami: io
confido suggerirti nuovi supplizii, ai quali la tua fantasia non
arriva.--O Satana! alla tua salute m'inebrio in questo abisso di
gioia. Nel mio trionfo trionfa!--Adesso, nobili amici e parenti, non
ho più bisogno della vostra compagnia; se volete torre commiato da me,
siavi concesso; e lascio in potestà vostra andare o restare, senza
però donarvi _resta, nè pallafreno_[8].
--Costui, pei santi Apostoli, diventò pazzo furioso.
--Ah! che io lo reputai sempre perverso da far piangere gli
Angioli....
--Dite piuttosto da far digrignare i denti ai demonii...
--Ad ogni modo è una belva feroce, e bisognerebbe
legarlo....
--Sì, bene.... legarlo.... leghiamolo....
Francesco Cènci, compita ch'ebbe la sua diabolica invocazione, si era
posto a sedere placidamente, e con mollette di argento si recava alla
bocca alcuni pezzi di treggèa masticandoli a suo grandissimo agio.
Quando alcuni dei convitati con gesti minaccevoli gli si strinsero
attorno, egli, senza neanche sollevare il capo, chiamò:
--Olimpio!
A quella chiamata uscì fuori il masnadiero, che lo astuto vecchio per
ogni buon riguardo aveva tenuto celato, e seco lui apparvero bene
altri venti compagni di sinistra sembianza, vestiti ed armati da
bravi. Questi circondarono i convitati coi pugnali ignudi, aspettando
il cenno del fiero Conte per far sangue.
Il Cènci si rimase alquanto continuando a mangiare treggèa, e
compiacendosi a vedere la paura, che impallidiva tutti cotesti volti:
poi si alzò da mensa, e recatosi in mezzo ai gentiluomini con lenti
passi, si pose a guardarli stringendo gli occhi malignamente, e non
senza riso favellando:
--Voi altri, che siete dotti, dovreste rammentarvi del festino
apprestato da Domiziano ai Senatori[9]. Però, non dubitate, io vi
prometto di non ordinare: _fuori le frutta_[10]. Incauti! E non sapete
voi, che se il Cènci non è più come in sua gioventù ferro rosso, pure
si mantiene rovente quanto basta da bruciare?--anzi più spesso l'uomo
si scotta al ferro mezzo arroventato, che al ferro rosso:--notatelo
bene. La mia vendetta si assomiglia alla lettera suggellata dei re.
Una morte essa contiene di certo; quando, dove, e su cui scoppierà
s'ignora. Lasciatemi in pace, e passato che abbiate cotesto limitare
obliate tutto. Siavi l'accaduto come un sogno, che l'uomo aborre
ricordarsi desto. Avvertite, la parola è alata: simile al corvo
dell'Arca, non torna più addietro; ma si trattiene fuori spesso a
pascersi di cadaveri, e qualche volta ne fa. Se poi vi dilettaste di
sentirvi la gola mutata in canna da flauto--allora parlerete.--
I convitati a viso basso, quale fatto stupido per orrore, quale con la
rabbia nell'anima, ma spaventati tutti, si dipartivano. Beatrice
scossa la testa, e, come costumava, dalla fronte rigettatesi con
impeto dietro le spalle le chiome, gli rampognava gridando:
--Codardi! Sangue latino voi! Voi figli degli antichi Romani? Sì, come
i lombrichi sono figli del cavallo spento in battaglia! Un vecchio vi
atterrisce? Pochi masnadieri vi agghiacciano il sangue? Voi partite...
partite, e lasciate due deboli donne e un misero fanciullo in mano a
costui... tre cuori palpitanti sotto gli artigli dello avvoltoio.
Udiste? Ei non lo dissimula...--ci farà morire--e nonostante ciò--deh!
gentiluomini, ponete mente alle mie parole, e intendete più che esse
non possono... non devono dirvi--e nonostante ciò, egli è questo il
minor male che io pavento da lui. Di voi altri Sacerdoti non parlo; ma
voi, Cavalieri, quando cingeste la spada o non giuraste voi difendere
la vedova e l'orfano?.. Noi siamo peggio che orfani... essi non hanno
padre, noi abbiamo per padre un carnefice... rammentate le vostre
figlie, nobili Cavalieri... rammentate le vostre figlie, Padri
cristiani... ed abbiate pietà di noi... conduceteci a casa vostra.
--Giovanetta, il tuo dolore mi rende tristo, ma io nulla posso per
te... rispose un convitato; e un altro:
--Aspetta, e spera. La speranza farà sbocciare anche per te le rose
della contentezza.--Un Cardinale riprese:
--Se preghiere e voti, cara figliuola, potranno giovarti, noi non
cesseremo di raccomandarti nelle nostre orazioni.
E gli altri via via profferivano di siffatte parole... gelide e
lugubri come spruzzi di acqua benedetta gittati sopra la bara. I
convitati si partirono, e parve loro di respirare liberamente sol
quando uscirono all'aria aperta fuori del palazzo. Alcuno,
allontanandosi, di tratto in tratto si voltava con lo affetto del
marinaro,
_Che uscito fuor del pelago alla riva
Si volge all'acqua perigliosa, e guata_.
Tutti sgombrarono la sala: rimasero don Francesco e Beatrice, e, non
avvertito, anche Marzio; chè prossimo ad una credenza, faceva
sembiante di attendere a raccogliere i vasellami di argento.
--Ora ti sei di per te stessa chiarita?--interroga Francesco Cènci
Beatrice con labbra riarse.--Hai tu conosciuto l'aita di Dio quale
sapore si abbia? L'aita degli uomini ti sembra da farne maggior
capitale? Non importa, no, che tu bendi gli occhi a la giustizia
affinchè non si commuova; lasciaglieli pure aperti... fa che ci
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