Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 04

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--Dio lo abbia nella sua santa pace. E queste sono la moglie, e
creaturina vostre?
--Per l'appunto, Eccellenza. Appena mia moglie è rientrata in santo,
mi è parso bene di fare il mio dovere conducendola a renderle
reverenza e offrirle grazie col cuore, perchè, dopo Dio, noi ripetiamo
da lei la nostra felicità.
--Voi siete felici?
--Felicissimi, Eccellenza, se la memoria del perduto genitore non
venisse di tratto in tratto a turbarmi;--ma i suoi anni erano molti, e
morì come un fanciullo che si addormenti... Egli non aveva rimorsi su
l'anima.... e le sue notti io le so dire ch'ei le dormiva
tranquille... povero padre!--E sì dicendo si asciugava le lacrime.
--E voi, donna, vi sentite felice?
--Sì, prima la Vergine benedetta, e più che non si può immaginare col
pensiero, o riferire con parole. Michele vuol bene a me; io lo voglio
a lui; tutti e due ne vogliamo tanto e poi tanto a questo bello
angiolo nostro. Michele guadagna da camparci, e ce ne avanza;--sicchè,
Eccellenza, ella vede che non chiamandoci soddisfatti sarebbe proprio
un mormorare contro la provvidenza di Dio.--Queste cose dicendo la
donna appariva sfavillante.
--Voi siete dunque felici?--domandò il Conte per la terza volta con
voce cupa.
--E si può dire in grazia sua, Eccellenza. Entrando in casa di Michele
io ho appreso a venerare il suo nome. La prima parola che insegnerò al
mio bello angiolo, sarà benedire il nome del caritatevole barone
Francesco Cènci.
--Voi mi riempite il cuore di dolcezza, disse il Conte dissimulando la
rabbia che lo soffocava; e per infingersi meglio baciava in fronte, e
vezzeggiava il fanciullo:--buona gente! anime degne! Però quel poco,
che io feci, non merita tante grazie; e a fine di conto, a noi altri
favoriti con copia di beni corre obbligo grande sovvenire ai poverelli
di Cristo. A che buono il danaro, se non per riparare qualche
sventura? Havvene forse del meglio speso di questo? Non lo mettiamo a
usura su le banche del paradiso, dove ci vien reso a mille contanti il
doppio? Sono io dunque, carissimi, che devo ringraziarvi per avermi
offerta occasione di fare del bene.--Qui tratta fuori una cassetta del
banco, prese un pugno di ducati d'oro e gli offerse alla donna; la
quale, fattasi in volto tutta vermiglia, andava schermendosi; ma il
Conte insistendo, diceva:
--Prendete, figliuola mia, prendete. Voi mi avete fatto torto quando
non mi avvisaste della nascita di questo bel putto; che toccava a me
essergli compare. Compratevi una collana, e portatela al collo in
espiazione del peccato commesso: guardate di farvi riuscire ancora un
guarnelletto sfoggiato al fanciullino, perchè quantunque per bello ci
passi il segno, pure sapete come dice il poeta?
_Sovente accresce alla beltà un bel manto._
Io vo' che la gente, in vedendolo, esclami: oh avventurosa colei
ch'ebbe così bel portato;--e il vostro cuore di madre esulterà.
La giovane madre dapprima sorrise; poi da quelle soavi parole, che le
fioccavano sul cuore, si sentì conquisa, e pianse, senza però cessare
il sorriso; come quando, in primavera, piove a un punto e risplende il
sole, mentre le gocce cadenti disegnano in cielo l'arco maraviglioso,
che noi reputiamo testimonianza del patto di pace fermato da Dio con
gli uomini... E fosse pur troppo così!
--Continuate ad amarvi--prosegue il Conte con la voce solenne di un
padre;--la gelosia non turbi il sereno dei vostri giorni; nè mai altra
casa possa piacervi più della vostra: vivete tranquilli e nel santo
timore di Dio. Qualche volta rammentatevi nelle vostre orazioni di me,
povero vecchio, che non sono... oh! credetemelo, non sono quale vi
appaio per avventura felice; (--e qui il Cènci di pallido, come
ordinariamente egli era, diventò livido--) e se in alcun bisogno
vostro penserete a me, siate persuasi che voi troverete viscere
paterne.
I giovani sposi si chinarono per abbracciargli le ginocchia; ma egli
nol volle consentire affatto, e con voce ed atti benigni gli rimandò
con Dio. Passando per la sala essi non rifinivano mai di esclamare:
--Oh il pietoso signore! Il caritatevole gentiluomo!
Gli staffieri udendo simili parole sogguardavano l'uno l'altro facendo
spallucce; ed uno fra loro, il più audace, sussurrò fra i denti:
--Che il diavolo si sia fatto cappuccino?
--Felici! felici!--ruggì Francesco Cènci dando libero sfogo alla
collera male repressa;--e vengono a dirmelo proprio in faccia! Lo
hanno fatto a posta per tormentarmi con la vista della loro
contentezza! Questo giudico il più atroce insulto, che io mi abbia
sofferto da un pezzo a questa parte!--Marzio! Va, corri tosto, e
raggiungi Olimpio; riconducilo qui; affrettati, dico; se torni, prima
che suoni l'_Angelus_, insieme con lui, ti do dieci ducati.--Io vi
farò vedere se, senza piangere lacrime di sangue, uom possa venire a
dichiarare in faccia al conte Francesco Cènci, ch'egli è felice.
In questo punto, e certo non gli fu ventura, ecco entrare pian piano
il degno sacerdote: _Omnes sitientes venite ad aquas_, giubbilava
dentro il cuor suo, comecchè stringesse in fascio i lembi della toga
stracciata; ma da cotesta beatitudine lo trasse fuori il cupo
brontolìo di Nerone. Il prete (tanto scordevole egli era delle
ingiurie più triste!) si risovvenne allora del cane nemico, e parve la
moglie di Lot quando si volse indietro a guardare lo incendio di
Sodoma.
--Silenzio, Nerone!--Reverendo, accostatevi senza sospetto.
Il Prete, ripreso alquanto di coraggio, mosse qualche altro passo a
sghembo come costumano i granchi; e, invitato a sedersi, si pose sopra
l'angolo estremo della sedia, rannicchiato a modo di civetta sul canto
del tetto.
--Parlate, Reverendo; sono ai vostri comodi.
--Ed io punto ai miei,--pensò il prete, ma non lo disse; e invece
favellò:
--La fama...
Nerone udendo la voce del prete torna a brontolare, e il prete subito
si drizza impaurito; sgridato il cane si riacqueta, e il prete si
attenta da capo ad aprire la bocca. Badando sempre con occhio obliquo
la bestia, che malediceva in cuor suo, egli riprese:
--La fama, che suona delle magnanime vostre imprese per tutto il
mondo....
--E per Roma....
--Questo s'intende da se, caro lei, perchè Roma fa parte del mondo...
--E per questo appunto io lo diceva...
--E vi pareggia a Cesare...
--A quale dei due, Reverendo, a Giulio o ad Ottaviano?
--Questo non ispiega bene la fama; ma io mi figuro a quello che fece
tanti regali al popolo romano in vita e in morte.
--E sapete voi perchè egli poteva donare tanto?
--Eh! mi figuro perchè ne aveva...
--Certo, ne aveva perchè gli rubò da tutto il mondo; e questo debito è
cascato addosso a noi altri nipoti, e ci tocca a pagarlo con le usure,
vi dico io...
--Ah! tocca a lei pagare i debiti di Giulio Cesare?
--E voi siete venuto qui in mia presenza a paragonarmi con cotesto
insigne ladrone di provincie e di regni?...
Il Prete confuso malediceva l'ora, che gli venne in mente recitare una
orazione di lunga mano composta: era meglio che avesse favellato,
secondo il solito, così alla buona. Ah!--pensava--potessero farsi le
cose due volte!--Poi tutto umiliato sussurrava...
--Perdoni, per lo amore di Dio... io non credeva... avendo tolto a
imitare la orazione di monsignor Giovanni della Casa a Carlo V...
che...
--Ascoltatemi, favellò il Cènci, deposto a un tratto il suono
scherzevole, e assunto un cipiglio severo. Io sono vecchio, e voi più
di me: però del tempo non ne avanza a me nè a voi: parlate dunque
netto, e spedito. Tutte le cose lunghe mi vengono a fastidio,--anche
la Eternità.
Il Prete, preso alla sprovvista, non sapeva da qual parte rifarsi;
quel subito trapasso dal dolce all'agro lo aveva sbalordito: in oltre
la ultima proposizione del Conte gli pareva mal sonante, ed eretica.
Finalmente, come uomo a cui un buffo di vento sopraggiunga impetuoso a
portar via le carte accomodate sul banco, parlò con tronchi accenti:
--Eccellenza... lei vede in me un prete... e per di più curato di
campagna... La mia Chiesa rassembra proprio un crivello... l'acqua
piovana scende giù dal tetto, e si mescola col vino delle ampolle...
Un melogranato cotto in forno, a paragone della mia Canonica sdrucita,
può figurarsi una pina verde... talora, quando piove, mi trovo
costretto a starmi in letto coll'ombrello aperto, e non basta. Sa ella
con che cosa mi tocca ad asciugarmi il viso?.. lo sa?
--No certo.
--Con Rodomonte.
--E ch'è egli questo Rodomonte?
--Il gatto della canonica; ma egli alla peggio la rimedia pei tetti; a
me e a Marco, che non possiamo andare a procacciarcelo sul tetto,
spesso manca il desinare e la cena; ed io sospiro, e Marco raglia.--Ho
una tonaca sola... o piuttosto, come dice Cremete negli
_Autontimerumeni_, ignaro se il suo figlio tuttora viva,--non saprei
più dire se io l'abbia, o se io non l'abbia:--veramente ella era
lustra da potermivi guardare dentro; ma alla fine con qualche rammendo
poteva tirar su fino a dicembre... ed ora il cane di vostra Eccellenza
miri come me l'ha concia!.. E sporgendo il lembo, la sua voce prendeva
la intonazione dello _stabat Mater dolorosa_.
--Non pronunziaste voi il voto di povertà? Perchè vi lagnate di uno
stato, che tanto si accosta alla perfezione? Ah! questa perfezione non
vi piace; amereste meglio essere imperfetto con qualche migliaio di
scudi di entrata, che perfetto, e più che perfetto in povertà?
Prendetevela con l'Autore di questa grammatica, che voi altri preti
non volete capire. Gesù Cristo vi ha predicato non essere i vostri
beni sopra questa terra: guardate il cielo, e sceglietevi là il vostro
campo; lo spazio, grazie a Dio, non manca. Ma voi fate orecchie di
mercante, e dite in cuor vostro: la doppia è il Padre, la mezza doppia
il Figlio, il terzo di doppia lo Spiritossanto, e credo fermamente che
una discenda dall'altra.
_Godete, Preti, poichè il vostro Cristo
Dai Turchi e dai Concilii vi difende_[1].
Vergogna, Reverendo; vergogna questo darsi continuo pensiero di cose
mondane! Quando la Chiesa costumava calici di legno possedeva
sacerdoti di oro; e questo dice san Clemente di Alessandria. Ora
ch'ella ha calici di oro, i preti son diventati di legno:--e sapete
voi, Reverendo, di quale legno? Del legno, che il santo Evangelo
dichiara doversi recidere perchè infecondo, e gittare sul fuoco...
Il povero Curato sostenne cotesta bufera di male parole come un
veterano la scarica delle palle nemiche; poi con un sospiro esclamò:
--Ah! san Clemente Alessandrino era un santo dottissimo; ma non credo
che gli bisognasse stare a letto con l'ombrello aperto quando
pioveva...
--Sia; patite difetto di cose necessarie alla vita? Ebbene, ricorrete
agli opulenti prelati. Forse non ebbero assai? Ma che volete da noi,
l'ultima stilla di sangue? Andate, picchiate ai palagi dei Vescovi;
bussate alle porte degli Abbati... bussate, vi dico, e vi sarà aperto;
chiedete, e vi sarà dato: _pulsate et aperietur vobis_, è stato detto
da cui non può fallare.
--E' pare che cotesti dignitarii spesso si trovino per faccende fuori
di casa, perchè io mi son provato a battere alle porte loro; ma
vedendo che potevo rompermici le noccola prima che da qualcheduno mi
venisse aperto, me ne sono rimasto.
--Voi, clero minuto, siete proprio gregge; e così sogliono chiamarvi i
grassi prelati, perchè verso di voi si comportano da veri pastori.
Infatti qual è la parte di pastore, per cui diritto vede, che seco voi
non adoperino? Forse non vi mungono? non vi tosano? non vi
arrostiscono scorticati, e vi mangiano?--Orsù, ardite ribellarvi
contro la iniqua gerarchia: pubblicate al mondo in qual modo sopra un
solo capo, o per simonia, o per patto di lussuria, o in modo altro più
turpe, si cumulino benefizii, prebende e abbadie, le quali da un lato
fanno preti oziosi, superbi, viziosi, e ribaldi; dall'altro poveri,
vili, abietti, e ribaldi: palesate che le riforme dei Concilii non
hanno riformato nulla: manifestate come questo tristo collegio
d'ipocriti farisei ad altro non attende, che a impastar pane con la
farina del diavolo. Costringete i parasiti a tenervi a parte della
mensa, che lautissima da lungo tempo imbandiscono, e per lungo tempo
ancora imbandiranno loro la ignoranza e la follia degli uomini.
Il Curato, atterrito da quel turbine di eresie, volse attorno gli
occhi con riguardo, e poi sotto voce osservò:
--Eccellenza, per lo amore di Dio voglia rammentarsi che qui in Roma
vi è una qualche cosa, come sarebbe il Santo Uffizio, e il castello
Sant'Angiolo.
--Avete paura? Bene; ma se imparaste a tremare, apprendete ancora a
soffrire. La pecora lecca la mano che le taglia la gola. Esempio
sublime, e lodato meritamente, della perfetta obbedienza. O piuttosto,
perchè disertaste voi la bandiera della natura? Perchè abbandonaste la
vanga paterna per comandare dalla polvere? Quando voi preti vi
allontanate dalla campagna vi piangono dietro le viti, e gemono i
solchi. Tornate a lavorare l'altrui podere, servi fuggitivi. La terra
vince di amore qualsivoglia tenerissima madre; ella vi nutre, ella vi
veste, ella vi seppellisce: che cosa volete di più, indiscreti? Vi
lagnate che la natura vi abbia diseredato: bugiardi! vi è mai forse
mancata la terra? Dove stanno sepolte le migliaia di generazioni, che
vi precederono? Sotto terra. A cui di voi, nascendo, madre natura non
destina tre braccia di terra, e a taluno anche più?--A voi questa
storia non garba. Il breviario pesa meno della zappa. Voi volete
godere qui il paradiso, che agli altri promettete di là. Scalabroni,
vi piace gustare senza fatica il mele raccolto dalle api? Ma le api
adoprano l'aculeo per cacciar via i ladri; l'uomo non sa valersi del
suo giudizio per liberarsi da voi altri. Ditemi un po', Reverendo, non
vi pare che l'aculeo dell'ape, tutto bene considerato, meriti più
pregio assai della ragione umana?--Orsù; vivete come vi aggrada,
morite come vi piace, ma levatevi dintorno a me. Da me voi non avrete
uno scudo. Da camparvi vi fu dato. Io non ho danaro per sopperire alle
morbidezze vostre;--io non posso fare le spese ai vizii vostri; e voi
ne avete più, che figli Giacobbe, quantunque un vizio costi più di tre
figliuoli.
_Credete voi però, Sardanapali,
Potervi fare hor femine, hor mariti,
E la Chiesa hor spelonca, et hor taverna;
E far tanti altri, ch'io non vo dir, mali,
E saziar tanti, e sì strani appetiti,
E non far ira alla lenta superna?_[2]
Il povero Prete era come colui, che, essendo lontano da casa, sorpreso
da un rovescio di acqua nell'aperta campagna, piega le spalle, e sta a
pararne quanta Dio ne manda. Però, percosso dall'abbominazione
dell'ultimo rimprovero, levò gli occhi al cielo, e non potè
trattenersi da dire:
--In quanto a Verdiana, Eccellenza, ch'è la fantesca la quale io tengo
in casa, le giuro per Quello, che non vuol che giuriamo, ella è si
antica, da potere aver portato sassi quando fabbricavano il Colosseo.
Ma pare a lei, che un uomo della mia età e del mio carattere possa
attendere a siffatte scostumatezze? Poh!
--Perchè no? Ossa vecchie e legna secche avvampano più presto.
_.........i' sarei preso ed arso
Tanto più, quanto son men verde legno,_
diceva messer Francesco Petrarca; e delle cose di amore il canonico
Petrarca intendeva assai addentro, e più disonestamente, che non ci
vuol dare ad intendere il vecchio peccatore--perocchè ei fosse dei
vostri...
E il Prete, levando in alto le mani e il viso, esclamò pietosamente:
--Gesù! che cosa mi tocca a udire!
Il Conte Cènci con l'indice della mano destra all'improvviso descrisse
un segno orizzontale sopra la fronte, quasi disegnasse mutare registro
allo strumento, e con voce più mansueta riprese:
--Oh! non lo diceva mica per voi, povero sacerdote, che siete così
attrito dallo stento, da assomigliarvi a san Basilio. Quando mi
capitasse la voglia di palesare i fatti miei a qualcheduno, fate conto
che non vorrei confessarmi ad altro sacerdote che a voi. Or via,
tregua alle parole, Curato mio dolce. Quanto danaro vi abbisogna per
restaurare chiesa o canonica, comperarvi una tonaca nuova per riparare
la fellonia di Nerone, ed una mezza dozzina di asciugamani per
lasciare in riposo la pelle di Rodomonte?
--Dirò... Verdiana ed io abbiamo fatto le mille volte il conto; ella
su le fodere del lunario, io sopra i margini del breviario, e non ci
siamo messi mai d'accordo; ch'ella dice più, ed io meno: ma io
crederei che con un dugento di ducati ci si potrebbe incastrare.
--Dugento ducati! Misericordia! ma che sono eglino diventati prugnòli?
--E con meno non ci è propriamente a rimediarla,--riprese il Prete
incrociando le dita delle mani e appoggiandosele alla pancia;--e noti,
che ci aggiunterei una quarantina di ducati che conservo nello
inginocchiatoio accanto al letto, e che mi costano da quarantamila
digiuni non comandati.
--Uditemi, Reverendo; io non sono ricco abbastanza da accogliere la
presunzione di restaurare la casa di Dio. Egli è padrone del buon
tempo e del cattivo; e se lascia piovere in casa sua, segno è certo
che l'acqua piovana gli piace. Io vi darò cento ducati, ma ad una
condizione.
--E quale, Eccellenza?
--Che voi, insieme ai quaranta vostri, gli adoperiate unicamente a
restaurare la canonica, corredarvi di masserizie necessarie, di
asciugamani, di una tonaca per voi, ed anche di una veste per
Verdiana...
--Mai no, Eccellenza, mai no; piacemi la casa risarcita, piaccionmi le
masserizie, e la vesta per Verdiana mi piace assai più della tonaca
mia; ma le cose del Signore hanno da andare innanzi ad ogni privata
comodità. Su questo punto Verdiana ed io siamo di un medesimo cuore, e
non ci patirebbe l'animo di fare nostro prò neppure di un bagattino,
se non avessimo provveduto prima alla casa di Dio....
--Che cosa andate voi bestemmiando di casa di Dio? Ha egli mestieri di
casa per ricovrarsi dalla pioggia, o dalla bruma della notte come noi
altri? Casa di Dio è l'universo; sono le stelle, il sole, la luna, e
tutto quanto vive, vegeta e cresce quaggiù. Tutto è Dio. In tutto
penetra, da tutto emana la Divinità. Dio vuolsi adorare nelle
magnificenze della natura, nelle opere dello intelletto, nella
innocenza e nella sensibilità dell'uomo.
--Signor Conte, rispose il Curato mettendosi la destra sul cuore, e
con dignitosa semplicità, io sono un uomo povero d'intelletto: credo
quello che i miei padri credevano, e non cerco più oltre. Io so
eziandio che lo spirito umano spesso si spinge temerariamente a tal
punto, dove non comprende più nulla; e allora, fra il dubbio che
tormenta e la fede che consola, parmi cosa savia attenermi alla
fede.--
Queste schiette parole punsero sul vivo il Conte Cènci, il quale
studiando dissimulare la ferita con la moltiplicità degli empii
discorsi, si affrettò a replicare:
--Voi già, secondo l'usanza dei sofisti, ve la svignate fuori del
seminato. Io non vi contrasto la credenza, ma il modo del credere. O
come volete voi che a Dio incresca l'acqua piovana dentro la vostra
parrocchia, poichè s'egli ve l'avesse a uggia sarebbe padrone di non
la mandare? Egli ha creato l'acqua, e il fuoco altresì: ora, se quando
è bagnato vuole asciugarsi, non ha a far altro che prendere con le
molle uno degl'infiniti soli del cielo, e metterselo nel cammino. Può
temere l'acqua Colui, che vi cammina sopra come se fosse un selciato?
Egli che apre e chiude le cateratte dei cieli come fo io di questa
cassetta?--Via, via, Curato mio, almeno confessatemi questo, che a lui
nulla importa di nuvoloso, nè di sereno.--Ecco qua; questi sono
ducati, e sfolgoranti... (--e qui preso un pugno di scudi d'oro, gli
distendeva dinanzi agli occhi del prete--) io voglio che sieno vostri;
a patto però, che gli spendiate solamente per voi e per Verdiana. Dio
è ricco abbastanza per farsi le spese da se.
E sì favellando protendeva il viso tentatore come il Diavolo a santo
Antonio. Il Prete covava la moneta con gli occhi, e da tutti i pori
del corpo gli trasudava la cupidigia della miseria. Una molto
terribile battaglia si combatteva in quella povera anima. Il Conte
però, notando come il Prete girava nel manico, insisteva alacremente:
--E questa ultima ragione sopra le altre vi muova, che se voi non
accettate il patto io gli ripongo in cassetta...
--Eccellenza!...
--Ma via, mettiamo da parte le ragioni che vi ho esposto: a voi non
garbano, ed io non vi voglio chiudere il Limbo che vi aspetta. Non è
egli vero, che voi dovete provvedere a due cose: alla chiesa ed alla
canonica? Poniamo dunque che la chiesa sia santa; la canonica voi non
impugnerete già che sia religiosa! Ora chiaritemi un po' come possiate
commettere questo grossissimo peccato, incominciando dalla seconda
piuttostochè dalla prima?--Voi troverete tanto cammino fatto nello
adempimento dei vostri doveri. Non vi ostinate; ricordatevi che vi ha
tal giusto, che per la sua giustizia perisce; e questo ha detto re
Salomone...
--Eccellenza... veramente... in questa maniera... mi parrebbe... e
nondimeno...
--Su, via, dunque; accettate, e promettete adoperarli unicamente per
voi. Considerate, in grazia, quest'altro: se Dio è, come voi ed io
crediamo, eterno, non gli dorrà aspettare quattro o sei anni, e potrei
dire secoli. Se voi foste diverso da quello che siete, vi direi:
facciamo un poco come lui, che non pensa mai a noi...--Sicchè; li
volete, o non li volete?
--Ah signore! la tentazione è grande; ma io temo commettere un
grossissimo peccato...
--Li volete, o non li volete?
--Ma mi lasci riflettere. Non è mica cosa da niente uno scrupolo di
peccare, per un parroco che ha la cura delle anime...
--Ebbene; ponete tutto a debito dell'anima mia. Tanto io ho conto
lungo col paradiso...--Ah! li prenderò...
L'angiolo dell'Accusa portò questo peccato alla cancelleria del cielo
e lo registrò nel libro maestro delle colpe umane, senza che l'angiolo
della Misericordia vi lasciasse cader sopra una lacrima, e ve lo
cancellasse per sempre come sul pietoso giuramento dello zio Tobia.
--Ecco il danaro; promettete dunque?
--Prometterò.
--Ora avvertite di non mancare; manderò, o verrò io stesso a vedere se
avrete attenuto il patto: se troverò altrimenti, guai! Mi chiamo
Francesco Cènci, e basta.
Il Curato fra lieto e tristo intascò la moneta; e, profferte
umilissime grazie, con copia di riverenze si allontanò dal male
visitato barone.

------

Marzio tornava in compagnia di Olimpio. Ebbe Marzio la promessa
mercede, ed ordinandolo il Conte si ritirò nell'anticamera.
--Che c'è egli di nuovo, Eccellenza?
--Ci sono altri centoquaranta ducati da metterti nella cintura...
--Voi mi volete far morire d'indigestione...
--Mi era parso, poc'anzi, tu ti partissi pessimamente soddisfatto, ed
io ho voluto richiamarti perchè tu abbi la miglior giunta alla buona
derrata.
--Questo è proprio un diluvio di tenerezza per me!
--Tristo cavaliere è colui, che non ha cura del suo cavallo; e non vi
ha favore ch'io non mi mostrassi parato a farti, per torre via dal tuo
cuore quella po' di ruggine che potresti avere concepito contro di me.
--Ruggine, io? Ma che vi pare, don Francesco; io vi ho voluto sempre
più bene che al pane.
--Che si fa a morsi, eh? Vien qua, piacevolone, ch'ella è appunto una
burla quella che ti propongo. I ducati, di che io ti diceva, già sono
tuoi...
--Dove son eglino?
--Non manca altro, che tu le li vada a pigliare. Non torcere il muso.
Hai tu veduto quel corvo di prete? Ebbene; io glieli ho donati secondo
la tua intenzione. Ora hai da sapere come costui sia curato a santa
Sabina, piccola chiesa lontana dall'abitato. In casa tiene una
vecchia, un gatto, e, a quanto pare, un asino: faccenda agevole, e da
compirsi stanotte. Troverai i danari dentro allo inginocchiatoio
accanto al letto del prete.
--O perchè glieli donaste voi, se avevate in mente di ritorgli sì
presto a quel poveraccio?
--Quando io pretesi insegnarti la maniera di entrare nel palazzo
Falconieri, tu mi avvertivi non ispettare a me mescolarmi in simili
bisogne.... te ne ricordi? Adopera dunque verso me la discretezza, che
volesti io usassi teco.
--Avete ragione: non fa neanche una grinza. Volete, altro, don
Francesco?
--Ah! sì; un altro servizietto da poco. Conosci il falegname, che
abita presso Ripetta? Quel desso, che rifece la casa co' miei
danari?[3]
--Quel giovane, che stava dianzi in sala ad aspettare? Sicuro che lo
conosco, e so dove sta di casa; perchè quando la faceste rifabbricare
di nuovo andai a vederla, per ingegnarmi a spiegare su la faccia del
luogo lo indovinello della vostra beneficenza.
--E non sono uso a fare del bene io? Ed anche adesso non ti benefico?
Non aggiungere la ingratitudine agli altri tuoi peccati, perchè egli è
quello che più dispiaccia all'angiolo custode.--Domani notte...
--Non posso servirvi: sono impegnato col signor Duca... non
rammentate?
--Farò le tue scuse...
--Abbiate pazienza; l'onore del mestiere non permette che io manchi...
--Procurerò che egli ti dia licenza di propria bocca...
--Oh! allora va bene.
--Domani notte, dunque, t'introdurrai come potrai nella bottega del
falegname. Prendi gli arnesi e i legni che troverai là dentro, ed
alzane una catasta: poi mettivi sotto i fuochi lavorati, ch'io ti
apparecchierò; e verrai per essi domani dopo l'_Ave Maria_,
presentandoti alla porta del chiasso: accendili, e vientene via dopo
aver chiuso di nuovo la porta della bottega. Avrai per questa opera
pia cento ducati. Servi fedelmente, che in breve intendo farti ricco.
In vero, dove potrei impiegare il mio danaro meglio che con te?--E tu
devi convenirne meco. Allontanati per la via del giardino, e procura
che nessuno ti veda all'andare, nè al tornare.
Olimpio obbediva.
------
Francesco Cènci rimasto solo, forte si stropicciava le mani in segno
di profonda soddisfazione, e con parole rotte favellava:
--Stamane fu pasqua. Questo si chiama vivere davvero! Un parricidio
tramato, un ratto ammannito, un furto ed uno incendio apparecchiati;
poi i traditori traditi, e per giunta fatto cascare un santo. Finchè
io sto in questo mondo il diavolo può andarsene in villeggiatura. Io
sono il rovescio di Tito: costui gemeva se passava il giorno senza
fare qualche bene: io arrovello se non ho commesso una ventina di
mali. Tito!--Cerretano di umanità, gesuita del paganesimo! Giudea lo
dica, e lo incendio spento dall'onda del sangue umano; e la
moltitudine dei crocifissi, per cui mancava il terreno alle croci, o
le croci ai corpi; e gli undicimila prigioni morti di fame; e le
migliaia dei gettati alle belve in odio di avere difesa divinamente la
patria[4]. Va, va, natura di stoppa, che non sapevi odiare, nè amare;
piangendo lasciasti uccidere un milione e mezzo di uomini, e piangendo
ti lasciasti strappare dal fianco la bella Berenice. Domiziano, tuo
fratello, era fuso con bene altro metallo: cuore di acciaio; fronte di
bronzo: immagine augusta di re. Il fulmine non sa distruggere cotesti
semidei; se li tocca, li consacra. L'Apostata ti chiama belva
d'imperatore[5]: belva tu, che andasti a farti scannare in Persia,
mentre potevi condurre vita beatissima a Roma o a Bisanzio. A cui
buona la vita se, dopo morte, i posteri non tremassero al nostro nome,
e temessero vederci ricomparire, sbucati fuori della tomba, ad ogni
tratto? Tutti rammentano il diluvio. La credenza di Dio si fonda sopra
la paura, e quindi egli ebbe vittime di sangue. I tiranni si sono
detti immagini del Dio di Mosè, che soffia con la sua propria bocca
nel fuoco dello inferno; epperò furono temuti, ed ebbero anch'essi
vittime di sangue, e tuttavia ne avranno. Se il Papa si fosse
mantenuto ministro del Dio Agnello, a quest'ora lo avrebbero
arrostito: le paterne viscere di Sua Santità si struggono di
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