Attraverso il Cinquecento - 22

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Venezia dal Gamba, s. a., e dal Mortara in Casalmaggiore, 1850). Ser
Poi si professa grande ammiratore di tutti e tre.
[316] Atto III, sc. 5.
[317] Atto III, sc. 2.
[318] MARZI, _La Fanciulla_, atto III, sc. 5.
[319] DOLCE, _Il Ragazzo_, atto I, sc. 4.
[320] Abbiamo già trovato un _Metafrasto_, nome reso poi celebre dal
Molière: nella _Olimpia_ di GIAMBATTISTA DELLA PORTA il pedante si
chiama Protodidascalo; nella _Fantesca_, dello stesso, Narticoforo;
Panthemio nei _Falsi Sospetti_ di BERNARDINO PINO; Felisippo nelle
_Querele amorose_ di GIAMBATTISTA RANUCCI, ecc., ecc.
[321] _I Torti amorosi_, atto I, sc. 7.
[322] Atto III, sc. 11. Nella _Bibliographie des ouvrages relatifs
à l’amour_, etc., Parigi, 1871-3, vol. V, p. 465, è registrata una
commedia manoscritta, _Il Pedante geloso_, dove un pedante amoreggia
col discepolo Ganimede.
[323] Atto I, sc. 5.
[324] Atto II, sc. 1.
[325] Atto III, sc. 5.
[326] Atto III, sc. 6.
[327] Atto III, sc. 10.
[328] Atto III, sc. 11.
[329] Atto III, sc. 12.
[330] Atto IV, sc. 11.
[331] Atto IV, sc. 14.
[332] Vedi BARTOLI, _Scenari inediti della commedia dell’arte_,
Firenze, 1880, pp. LI-LIII.
[333] S’ingannava certamente lo STOPPATO quando affermava la presenza
del pedante nella commedia popolare improvvisa prima ancora che nella
erudita. _La commedia popolare in Italia_, Padova, 1887, pp. 72-4.
[334] _Il Teatro delle favole rappresentative_, Venezia, 1611.
[335] Ecco un po’ di bibliografia pel Seicento; ma c’è ben altro.
_L’ardito amante_, di LODOVICO BARTOLAJA, Napoli, 1606; _La Clarice_,
del signor MESTO, accademico Filomato (Ubaldino Malavolti), Siena,
1611; _La Forza d’Amore_, di CAJO GNAVIO, Venezia, 1614; _Olinda
pedante finto_, di GEROLAMO MARTINENGO, Vicenza, 1615; _Le pazzie
giovanili_, di FRANCESCO GATTICI, Venezia, 1624; _La imbriachezza
d’amore_, di LORENZO GUIDOTTI, Roma, 1625; _Gli estinti furori_,
di LODOVICO MORO, Roma, 1628; _Il pedante impazzito_, di FRANCESCO
RIGHELLI, Bracciano, 1628; _Gli accidenti d’amore_, di FULVIO GENGA,
Venezia, 1635; _Gli infelici amori_, di ALFONSO LITTA, Macerata,
1648; _Il pedante staffilato_, Modena, 1651; _Desiderio e speranza
fantastichi, commedia tropologica_ di DESIDERIO CINI, Venezia, 1607;
_Il pedante di Tarsia_, dramma musicale rappresentato la prima volta in
Bologna nel 1680.
[336] Vedi FRANCESCO TORRACA, _Studi di storia letteraria napoletana_,
Livorno, 1884, pp. 100 sgg.
[337] Vedi MICHELE SCHERILLO, _Storia letteraria dell’opera buffa
napolitana_, Napoli, 1883, pp. 260 sgg.; e _Una fonte del Socrate
immaginario_, in _Giornale storico della letteratura italiana_, vol. V,
pp. 186 sgg.
[338] _Carmina ad Pasquillum Herculem obtruncantem Hydram referentem
posita M. D. X._ Roma, per Giacomo Mazochio, 1510.
[339] _Poesie_ di FRANCESCO RUSPOLI, ediz. cit., pp. 129, 185,
187, 189, 191, 193, 195. Per finirla mi contenterò di ricordare,
senz’altrimenti discorrerne, la _Paedagogomachia_ di MARCANTONIO
BONCIARIO, poema latino in otto libri, dove i pedanti sono assai
maltrattati. Con questo titolo, e intero, fu stampato il poema in
Perugia nel 1611; ma una parte n’era già stata pubblicata più anni
innanzi, sotto il titolo di _Oedipus_. Il BONCIARIO stesso dice le
ragioni che glielo fecero comporre nel dialogo intitolato _Estaticus,
site de ludicra poesi_, Perugia, 1616, pp. 95-101. Cfr. la sua _Pro
poemate ludicro apologia_.
[340] Vedi per questi cenni SANSOVINO, _Venetia città nobilissima et
singolare_, Venezia, 1581, l. X. Vedi ancora _Feste e trionfi fatti
dalla Signoria di Venetia nella venuta di Henrico III, discritte
da_ ROCCO BENEDETTI, 2ª ediz. accresciuta, Venezia, 1574; MARSILIO
DELLA CROCE, _Historia della pubblica et famosa entrata in Vinegia
del Serenissimo Enrico III re di Francia et Polonia_, Venezia, 1574;
NICCOLÒ LUCANGELI, _Successi del viaggio d’Enrico III dalla sua partita
di Cracovia fino all’arrivo in Torino_, Venezia, 1574; _Ordre de la
réception et entrée de Henry de Valois, roy de France et de Pologne, en
la riche et florissante ville de Venise_, Lione, 1574.
[341] Il lettore è avvertito che io non intendo delineare, nemmeno in
iscorcio, la storia della prostituzione in Italia, nel secolo XVI;
a far ciò sarebbe poco un volume. Il mio proposito è di ritrarre e
lumeggiare alquanto più compiutamente che non siasi fatto sinora la
figura della cortigiana, la quale da sè sola potrebbe dare tema più
che sufficiente ad un libro, quando fossero conosciuti i numerosi
documenti che la concernono, e che inesplorati ancora giacciono
nelle biblioteche. Io ho cercato di raccogliere in queste pagine
una certa copia di notizie, bastevoli al proposito mio, non senza
giovarmi dell’opera di alcuni gentili, quando si trattò di libri che
io non potei avere tra mani, o di notizie che non potei procacciarmi
direttamente. Onde è che porgo qui i miei più vivi ringraziamenti ai
professori Ariodante Fabretti, Alessandro d’Ancona, Adolfo Tobler,
Vittorio Cian, Cesare De Lollis, al dott. Alessandro Luzio, al signor
Pietro Sgulmero. Uno specialissimo ringraziamento poi debbo al mio
caro e valoroso Vittorio Rossi, il quale rincorso dalle mie insistenti
richieste da Firenze a Venezia, e da Venezia a Firenze, non lasciò di
mandarmi, con pazienza pari alla gentilezza, appunti, estratti e copie.
[342] _Opere_, Venezia, 1740, vol. III, p. 213.
[343] Il nome di cortigiana non avrebbe dovuto darsi mai a meretrice di
postribolo. Il CITOLINI nota espressamente nella _Tipocosmia_ (Venezia,
1561, p. 443): _la puttana, o di bordello, o cortigiana_. La differenza
si sente in questi stessi versi di Pasquino, che pur vorrebbero
negarla:
Lassa andare le cortesane,
Se non voi disfarte al tutto;
Come l’altre son puttane;
Ma più caro vendon lor frutto.
_Consigli utilissimi dello eccellente dottore maestro Pasquino a tutti
gli gentilhuomini, officiali, procuratori, notari, artisti, bravazzi,
et altri che vengono di novo a Roma_, ecc., Roma, s. a., cit. dal
CIAN, _Galanterie italiane del secolo XVI_, Torino, 1887 (estratto dal
giornale _La Letteratura_), p. 60.
[344] Tratto da un codice inedito dell’Archivio Vaticano e pubblicato
da M. ARMELLINI nel periodico _Gli studi in Italia_, Anno IV (1881),
vol. II; anno V (1882), vol. I.
[345] _Diarium sive rerum urbanarum commentarii_, edizione di Parigi,
1883-5, t. II, p. 443; t. III, p. 167. «In sero fecerunt cenam cum
duce Valentinense in camera sua, in palatio apostolico, quinquaginta
meretrices honeste, cortegiane nuncupate, que post cenam coreaverunt
cum servitoribus et aliis ibidem existentibus, primo in vestibus suis,
denique nude. Post cenam posita fuerunt candelabra communia mense
in candelis ardentibus per terram, et projecte ante candelabra per
terram castanee quas meretrices ipse super manibus et pedibus, nude,
candelabra pertranseuntes, colligebant, Papa, duce et D. Lucretia
sorore sua presentibus et aspicientibus. Tandem exposita dona ultima,
diploides de serico, paria caligarum, bireta, et alia pro illis qui
pluries dictas meretrices carnaliter agnoscerent; que fuerunt ibidem in
aula publice carnaliter tractate arbitrio presentium, dona distributa
victoribus».
[346] La storia delle cortigiane indubitamente si lega alla storia
dell’umanesimo; ma dove e in qual modo cominci nel Quattrocento a
delinearsi la figura della nuova etèra, non ci è noto. Gli è curioso,
per esempio, che nell’_Hermaphroditus_ del _Panormita_ (m. 1471) non
la si vegga per anche apparire, o se ne vegga come un’ombra soltanto.
Il Panormita ricorda in quei suoi epigrammi molte meritrici, ma sono,
la più parte, meretrici di un postribolo fiorentino. Vero è che egli
manda loro il suo libro; ma la cosa non si vuole intendere, così alla
lettera, nè prova in modo alcuno che in quelle donne fosse coltura.
Ciò nondimeno qualche cenno in quei versi non manca, che parrebbe
convenirsi meglio a cortigiana che a meretrice comune. Il seguente
epitafio è per una _puella ornatissima_:
Hoc jacet ingenuae formae Catharina sepulcro,
Grata fuit multis scita puella procis.
Morte sua lugent cantus, lugentque choreae,
Flet Venus et moesto corpore moeret Amor.
In un altro epitafio, _pro Nichina defuncta_, dice il poeta:
Pieriae cantent circum tua busta puellae,
Et Phoebus lyricis mulceat ossa sonis;
ma la stessa Nichina dice di sè:
lupanar
Incolui, fulgor fornicis unus eram.
(_Quinque illustrium poetarum_, ANTONII PANORMITANI, etc. _lusus in
Venerem_, Parigi, 1791, pp. 15, 38). Le meretrici di cui fa parola
il POGGIO in alcune delle sue _Facetiae_ (XXV, LXIII, LXXVII, XCII,
CXIII, CLXXXVIII, CCXXXV, CCXLIII) nulla hanno della cortigiana. Così
pure nulla mostrano della cortigiana, e tutto della meretrice volgare,
le Silvie, le Lelie, le Lucie, le Tecle e le Orsole di GIANO PANNONIO
(1434-72), _Poemata_, Trajecti ad Rhenum, 1874, vol. I, pp. 505, 506,
522, 524, 550, 565, 577, 578, 583, 584, 592, 599, 600, 601, 616, 618,
619.
[347] G. CUGNONI, _Agostino Chigi il Magnifico_, in _Archivio della
Società Romana di storia patria_, vol. II (1879), p. 78.
[348] GALLIGO, _Circa ad alcuni antichi e singolari documenti
riguardanti la prostituzione tratti dall’Archivio centrale di Stato di
Firenze, in Giornale italiano delle malattie veneree_, ecc., anno IV
(1869), vol. I, pp. 186-92, 247-53.
[349] Atto III, sc. 10.
[350] _Ragionamento fra il Zoppino fatto frate e Ludovico puttaniere,
Ragionamenti_, Cosmopoli, 1660, p. 442.
[351] _Tariffa delle puttane, ouero ragionamento del forestiere e del
gentil huomo: nel quale si dinota il prezzo e la qualità di tutte le
cortigiane di Vinegia; col nome delle ruffiane; et alcune novelle
piacevoli da ridere fatte da alcune di queste famose signore a gli
suoi amorosi. Stampato nel nostro hemispero, l’anno 1535, del mese
di Agosto._ (Vedi PASSANO, _I novellieri italiani in verso indicati e
descritti_, Bologna, 1868, pp. 114 sgg.). Io cito dalla ristampa fatta
dal Liseux a Parigi, nel 1883. I due versi testè riferiti stanno a pag.
74: ad essi tengono dietro questi altri:
Spesso disputa del parlar toscano,
Di musica, e ’l cervel così le gira,
Che pensa averne il grido di lontano.
[352] Lo stesso Aretino fa dire dalla Nanna alla Pippa, sua figliuola:
«smusica un versolino da te imparato per burla, trampella il monocordo,
stronca il liuto, fa vista di leggere il _Furioso_, il Petrarca, e il
_Cento_ (_il_ Centonovelle, _ossia_ il Decameron), che terrai sempre in
tavola». (_Ragionamenti_, parte II, giornata I, p. 253).
[353] _Lettere di cortigiane del secolo XVI_, pubblicate da L. A.
FERRAI, Firenze, 1884, pp. 31-2.
[354] Allude all’opinione di Pierfrancesco Giambullari che faceva
derivare la lingua italiana dall’aramea, opinione contraddetta dal
Varchi nell’_Ercolano_, e che diede luogo a dispute e a fazioni.
[355] Dice la comare alla balia in uno dei _Ragionamenti_ dell’ARETINO
(parte II, giornata III, p. 391): «Tu parli di construtto; nientedimeno
le gentilezze son gentilezze, ed erano già molto usate le canzoni, e
quella che non ne avesse saputo una frotta de le più belle e de le più
nuove se ne saria vergognata, e cotal piacere tanto era ne le puttane,
come ne le ruffiane». Di una cortigiana chiamata Sirena
Per la dolce armonia che sì le piacque,
è ricordo nel _Trionfo della lussuria di maestro Pasquino_, curioso
componimento, di cui dirò or ora. Del canto di Nannina Zingera diceva
il LASCA in un suo capitolo:
Non è nel ciel fra gli spirti contenti
Soave tanto e sì dolce armonia,
Da fare i monti andar, fermare i venti.
Nella _Lucerna_ di EURETA MISOSCOLO (FRANCESCO PONA), Parigi, s. a.,
dice una lucerna, che un tempo era stata cortigiana (p. 66): «Canto...
di sirena era il mio, perchè con sì fatta vivezza e spirito mi faceva
udire toccando un’arpa, un leuto, o una chitariglia, e cantando, che
avrei fatto languir d’amore un Senocrate, anzi il Disamore». La signora
Calandra, una delle amiche o vere o finte del Calmo, sonava il liuto e
cantava in modo soprammirabile. (_Le lettere di messer_ ANDREA CALMO,
riprodotte da VITTORIO ROSSI, Torino, 1888, l. IV, lett. 19, pp.
295-6). Di tale virtù non era stata priva una gran cortigiana romana,
cui GIOACHINO DU BELLAY fa raccontare la propria storia in uno de’ suoi
_Jeux rustiques_:
J’avoy du luth moyennement appris,
Et quelque peu entendoy la musique:
Quant à la voix, je l’avois angélique,
Et ne se fust nul autre peu vanter,
De sçavoir mieux le Pétrarque chanter.
Il Du Bellay soggiornò alcun tempo a Roma circa il mezzo del secolo
XVI, e ciò dà molta importanza a quella sua poesia, che dovrò citare
più altre volte. Il _Trionfo della lussuria di maestro Pasquino_, testè
citato, e che dovrò citare ancora, è un poemetto di quattro capitoli in
terzine, stampato in Venezia (non so se ce ne sieno altre edizioni) nel
1537. È una specie di visione, in cui lo Zoppino prima, e poi maestro
Andrea dipintore (personaggio che ritroveremo più oltre) mostrano
all’autore varie genti, seguitatrici del carro della lussuria, tra le
quali sono meretrici in gran numero. Questo curioso componimento vedrà
di nuovo quanto prima la luce a cura del sig. G. Baccini.
[356] _Le rime burlesche edite e inedite di_ ANTONFRANCESCO GRAZZINI
_detto il_ LASCA per cura di CARLO VERZONE, Firenze, 1882, capitolo _In
lode della Nannina Zinzera cortigiana_, p. 571.
[357] _Capitolo alla Signora Ortensia Greca, Il secondo libro delle
opere burlesche di_ M. FRANCESCO BERNI _e di altri_, parte I, Leida
(Livorno), 1824, p. 62. Modello di cortigiana elegante e compita
può considerarsi quella Tortora della quale si parla nella _Puttana
errante_ in prosa, molto a torto attribuita all’Aretino. Di lei dice
la Maddalena alla Giulia: «Ella, come ho detto, essendo bellissima, di
corpo nettissima, sta sempre allegra con ogni persona: non che rida
forte e fuor di modo, mostrando [i] denti, soavemente sorride, ed è
sollazzevole con motti pronti, quali non dicono parole ingiuriose ad
alcuni, ma dilettano e muovono a riso. Sempre ella ragiona poi con
tutti moderatamente, ed ha cognizione di molte e varie cose, e sanne
bene ragionare. Conversa con ogniuno con gentilezza, non dice mai
bugie e non inganna, ma va da chi promette, e non chiede nulla avanti
tratto..... A cena beve e mangia moderatamente, nè se mostra avida di
cibi, quantunque al gusto suo fossero soavissimi; anzi quelli che gli
sono posti inanzi moderatamente piglia, e poco ne mangia, premendogli
con le punte de le dita, e mangiali a poco a poco, da un lato solo,
e poi ad agio, senza segno di avidità. Sta sempre con viso quasi
ridente, non parla in orecchi a persona, riguarda solo colui che l’ha
invitata, a cui fa vezzi; e s’egli è appresso, o teneramente gli preme
il piede, o gli tocca, che par a caso, la mano; con lui sorride, e
con lui parla, e sempre a lui s’accosta, e con ogni arte si mostra
accesa di lui, e di qualunque cosa ch’egli faccia». Cito, acconciando,
dalla spropositatissima stampa fatta dagli Elzevir per accompagnare i
_Ragionamenti_. Questa _Puttana errante_ altro non è se non il primo
dei _Dialoghi doi di Ginevra e Rosana_, stampati la prima volta nel
1584. Vuol esser notato che la Tortora, qual è descritta in questo
passo, appare in tutto simile alla etèra Lira descritta da LUCIANO,
_Dialoghi delle cortigiane_, VI.
[358] _Le due cortigiane_, atto III, sc. 1.
[359] _Lettere_, Parigi, 1609, vol. IV, f. 159 r. e v.
[360] _Le lettere_, ediz. cit., l. III, lett. 41, p. 248.
[361] _Novelle_, parte II, nov. 51.
[362] _Novelle_, parte IV, nov. 17.
[363] _Facetie, motti et burle di diversi signori et persone private_,
ediz. di Venezia, 1599, p. 21. Vedi anche pp. 234, 236 e 385.
[364] _Journal de voyage de_ M. DE MONTAIGNE _en Italie par la Suisse
et l’Allemagne en 1580 et 1581_, Roma (Parigi), 1774, vol. II, p. 165.
[365] _La piazza universale di tutte le professioni del mondo_,
Venezia, 1587, discorso LXXV, pp. 605-7. Prima del Garzoni, AGRIPPA
DI NETTESHEIM aveva detto nel libro suo _De vanitate omnium
scientiarum et artium_, cap. LXIV, _De lenonia_: «Oportet ergo
perfectum et consummatum lenonem lenamve omniscium esse, nec ad
unam solam disciplinam, velut ad arcticam stellam tantum respicere,
sed omnes amplecti, eam artem professus cui caeterae omnes serviunt
et famulantur». Il mezzano deve aver famigliari poesia, retorica,
dialettica, aritmetica, musica e le altre arti: deve sapere le storie
di Lancilotto, di Tristano, di Eurialo ed altre simili, avere a mano
gli autori. Di certa mezzana si dice nella _Lucerna_ del PONA (sera
quarta, pp. 191-2): «Ella sapea gli amori di Florio e Biancofiore, di
Paris e Vienna, di Amadigi e Oriana, di Genevra la bella e Isotta la
bionda, e in somma tutti quei ruffianesimi delle istorie di Grecia e
della Tavola Rotonda meglio che il suo nome».
[366] _Il Marescalco_, atto V, sc. 2.
[367] _Lettere_, vol. I, f. 105 r. Bartolomeo Taegio, in un suo
dialogo intitolato _La Villa_, (Milano, 1559), fa dire a uno degli
interlocutori che le donne letterate si hanno comunemente in sospetto,
perchè la malizia naturale, propria del loro sesso, rinforzano con
l’artificiale, che si apprende dalle dottrine (p. 120). Il Tansillo
scrisse due capitoli nei quali prova che non si deve amare donna
accorta e che sappia assai, e un terzo in cui sostiene tutto il
contrario. _Capitoli giocosi e satirici di_ LUIGI TANSILLO _editi ed
inediti_, Napoli, 1870, capitoli VIII, IX, X.
[368] _La Talanta_, atto II, sc. 2, e _Ragionamenti_, parte I, giornata
III, p. 141.
[369] _Op. cit._, discorso LXXIV, p. 597. Cfr. RAO, _Invettive,
orationi et discorsi_, Venezia, 1587, f. 21 v.
[370] GARZONI, _Op. cit._, disc. LXXIV, p. 597.
[371] Alla Imperia senza dubbio si vuole alludere nel _Trionfo della
lussuria_, là dove maestro Andrea dice all’autore:
Vedi colei, che in la tua patria nacque,
Poi per superbia a sè fe’ dire Imperia,
Ch’ogni altra cosa appresso a sè li spiacque.
[372] Dice la Nanna in uno dei _Ragionamenti_ dell’ARETINO: «chi si
fa figliuola del Duca Valentino, chi del Cardinale Ascanio; e Madrema
si sottoscrive Lucrezia Porzia Patrizia Romana, e suggella le lettere
con un segno grande grande». Parte I, giornata III, p. 158. Nello
_Stufajuolo_ del DONI, uno sciocco innamorato, dà, in una sua lettera,
titolo di marchesana a certa cortigiana tedesca.
[373] Nel _Trionfo della lussuria di maestro Pasquino_ è cenno di
una cortigiana, non nominata, la quale in inferno, _di rabbia arde e
sospira_, sapendo di poter essere riconosciuta _pel sangue suo_ che
agogna a _grande onore_. Non può essere Tullia d’Aragona, la quale è
ricordata come viva, e molto _favorita_, poco più oltre. Il _Trionfo_
fu stampato nel 1537 e la Tullia visse fino al 1556.
[374] _Ecatommiti_, nov. 8 dell’Introduzione.
[375] Lo Zoppino parla dei vili natali di _Matrema non vuole_, di
Giulia dal Sole, della Beatrice, di Angela Greca, di Cecilia Veneziana,
di Tullia d’Aragona, di Lucrezia Padovana, della Angioletta, di Tina
Baroncella e di altre. _Ragionamento_ cit., pp. 442-7. Il VENIERO,
nella _Puttana errante_, assegna ad Elena Ballerina una assai
vituperosa genealogia.
[376] _Ragionamento_ cit., pp. 431-2.
[377] GARZONI, _Op. cit._, disc. LXXIV, p. 597.
[378] Satira _A M. Flaminio_.
[379] Vedi _Lea femmes blondes selon les peintres de l’école de
Vénise, par deux Vénitiens_ (ARMAND BASCHET et FEUILLET DE CONCHE),
Parigi, 1865, pp. 45-106, 271-309, dove è data notizia di parecchi
libri curiosi. Dell’arte d’imbiondire i capelli parla pure il Calmo in
parecchie delle sue lettere, ediz. cit., 1. IV, lett. 6, 31, 46. Vedi
anche, per questa e per altre pratiche d’arte cosmetica, PICCOLOMINI,
_La Raffaella, ovvero della bella creanza delle donne_ (1539), ristampa
di Milano, 1862, pp. 24-31; _Ricettario galante del secolo XVI_, edito
a cura di O. GUERRINI, Bologna, 1883, _Scelta di curiosità letterarie_,
disp. CXCV.
[380] _Op. cit._, capitoli VII, VIII.
[381] Di certo sapere più occulto, e di certe arti più recondite
delle cortigiane lascio di discorrere; ma non parrà strano che tali
donne fossero maestre di secreti, la conoscenza e l’uso dei quali non
disdicevano troppo, sembra, nemmeno alle donne maritate. Vedasi per un
esempio, ciò che dicono la signora Virginia, la signora Ardelia e la
signora Angioletta nella _Camilletta_ del GUTTERY, Parigi, 1586. Cfr.
ARETINO, _Cortegiana_, atto II, sc. 6, e _La vieille courtisane_ del DU
BELLAY.
[382] Pel vestire delle cortigiane in varie città d’Italia, vedi
l’opera di CESARE VECELLIO, _Habiti antichi et moderni di tutto il
mondo_, edizione di Venezia, 1598, ff. 25, 26, 107, 114, 203, e pel
vestire loro più particolarmente in Venezia quelle di GIACOMO FRANCO,
_Habiti d’huomini e donne venetiane_, ecc., Venezia (1610), e _Habiti
delle donne venetiane_, s. l. ed a.
[383]
Stì le vedi po andar fuora de ca,
Le par novizze al sangue de Sier Polo,
Con scuffie d’oro e con veste instoccà,
Annei in deo e caenelle al colo;
E i poveri meschini che no sa
Che tutte ste bagaje è tolte a nolo,
I crede aver cattà qualche signora,
E ’l mejo che l’ha in casa se una stuora.
_Le berte, le truffe, i arlassi, e le magnarie che usa le puttane
a i so bertoni, recitae da Nico Calafao da l’Arsenale. Delle rime
piasevoli de diversi auttori, nuovamente accolte da_ M. MODESTO PINO
_et intitolate La Caravana_, Venezia, 1576, f. 19 r. In una commedia
del CONTILE intitolata _La Cesarea Gonzaga_, è una cortigiana Marina,
che si fa prestare veste, collana, anello da un ebreo cui si concede
talvolta. In Venezia era vietato dar panni a nolo alle meretrici.
(_Leggi e memorie venete sulla prostituzione fino al cadere della
Repubblica_, Venezia, 1870-2, a spese del conte di Orford, p. 282).
[384] Questo, per altro, lo dice LORENZO VENIERO, _La Zaffetta_,
edizione di Parigi, 1861, p. 22.
[385] Il Calmo scriveva a una signora Alba, promettendole un gattino:
«E’ vojo al tutto darve anca un gatesin bianco a mo la neve, el pi
umele bestioleto che mai avè visto: vardè, el no ha tre mesi ch’el
salta, el tombola, el se rampega, e fa tante matierie co si l’avesse
intelletto...... e sì è può de razza da piar sorzi no ve posso dir; e
sì ha tanta descrezion che el no tocca ni carne, ni pesce, si no ghe ne
vien dao. Talmente che vojo, apresso el vostro papagà e faganelo, che
vu siè cusì ben servia de animali, quanto altra cortesana che viva».
Ediz. cit., l. IV, lett. 44, p. 353. Vedi inoltre la lettera che lo
stesso Calmo scriveva alla signora Brunella, p. 285. Della liberalità
delle pratiche fruivano naturalmente anche le bestiuole di casa.
L’Agnola, serva dell’Angelica, nel _Martello_ del CECCHI (atto III, sc.
5):
Quei che vengono
Di nuovo fan per noi; i danar ballano;
I presenti gagliardi ciascun cavane;
Serve, cuochi; che insino allo scojattolo
E al catellino e al mucino ne cavano
Le sonagliere.
[386] Della ghiottornia delle cortigiane è fatto cenno assai spesso.
La Nanna dell’Aretino ricorda tra l’altro come non era _canova di
prelato niuno che non fosse sverginata per lei_. (_Ragionamenti_, parte
I, giornata III, p. 140). In certa invettiva in dialetto veneziano un
giovane dice all’antica sua druda:
Ma pezo po che ti gha un altro vicio,
Che se domanda el peccao della gola,
Che mandarave un stato in precipicio.
(_Bandito in questo luoco solitario tramutato per un giovine che
haveva il mal francese, con un capitolo in lingua venetiana contro una
cortigiana, molto bello nè più stampato_, s. l. ed a.). Dice la Bettina
nei _Germini sopra quaranta meretrici della città di Fiorenza_:
... mangiai venzei tortole ad un tratto,
E trenta dua piatti di gelatina,
Perchè non ero ancor satolla affatto.
Il titolo intero di questo curioso poemetto è, nella stampa fiorentina
del 1553, appresso Bartolomeo di Michelangelo, dalla quale cito, il
seguente: _I Germini sopra quaranta meretrici della città di Fiorenza,
dove si conviene quattro ruffiane, le quali danno a ciascuna il
trionfo ch’è a loro conveniente dimostrando di ciascuna il suo essere.
Con una aggiunta nuovamente messa in questi. Opera piacevole._ Ce ne
furono anche altre edizioni. Questo poemetto sarà ancor esso, insieme
col _Trionfo della lussuria_, ripubblicato dal sig. G. Baccini. La
signora Brunella, a cui è scritta una delle lettere del Calmo, voleva
ogni sorta di _boconi licaizzi, paoni, galinazze, polastri de India,
gali salvadeghi, pernise, tordi, quaje, pernigoni,..... e da può cena
codognato, marzapan, e le so canele inzucarae, de vin e pan e formazi_.
(_Le lettere_, l. IV, lett. 16, p. 285). Di certa Orsa aveva già detto
il PANORMITA in uno degli epigrammi dell’_Hermaphroditus_:
Si mihi sint epulae totidem, quot in alite plumae,
Uno luxuriens edet has Ursa die.
Si mihi sint totidem vegetes, quot in aequore pieces,
Uno subsitiens ebibet Ursa die.
Le primizie, e i bocconi più ghiotti erano per le signore cortigiane:
gli adoratori non mancavano di farne loro presente. Parlando di
Ferrara, dove la uccellagione era, in parte, di prerogativa ducale,
dice Corbolo nella _Lena_ dell’ARIOSTO (atto II, sc. 3):
Non ponno a nozze ed a conviti pubblici
I fagiani apparir sopra le tavole,
Chè le grida ci sono; e nelle camere
Con puttane i bertoni se li mangiano.
Il FRANCO dava merito alle cortigiane, non solo d’aver fatto rifiorire
l’età dell’oro; ma ancora d’avere introdotte le squisitezze tutte e
le eleganze della tavola: «Nè solamente avete rivocata si fatta età,
ma postala anche ne la debita sua grandezza, e toltale la rustica
semplicità, ed ogni ruvidezza di vivere. Invece de le ghiande, de le
morole, e de le fragole, avete introdotte le suntuose vivande, e gli
apparecchi de i cibi delicatissimi sopra i mantili ed i ricchi tapeti».
_Le pístole vulgari_, Venezia, 1542, _Pístola a le puttane_, f. 223 v.
[387] _Diarii_, t. XIX, col. 138. E soggiungeva: «ozi 8 zorni si farà
per li musici una solenne messa a Santa Catarina, funebre, e altri
officii per l’anima sua».
[388] I cocchi, che vennero in uso dopo la carrette, offrivano, tra
l’altro, comodità _agli esercizii di Venere_, secondo avverte il MODIO,
_Il Convito, overo del peso della moglie_, Roma, 1554, p. 15. Cfr. _Les
heures perdues d’un Cavalier français_ (1616), _Le Carosse_. Intorno
ai cocchi vedi GOZZADINI, _Dell’origine e dell’uso dei cocchi, e di due
veronesi in particolare_, Bologna, 1864.
[389] _Ragionamento fra il Zoppino_, ecc., p. 429. Nella _Puttana
errante_ attribuita all’Aretino è già citata, dice la Maddalena (p.
5): «Hai tu veduto, o Giulia, come questa mattina la Tortera era
riccamente vestita? Certamente quand’ella entrò in Sant’Augustino io
non la conobbi, e stimai ch’ella fosse una baronessa, perciochè aveva
due famigli ed un paggio davanti e quattro serve dietro, ed un giovane
vestito di velluto che giva ragionando con essa lei».
[390] A costei è indirizzata una lettera, o, per dir meglio, una fiera
invettiva, fra le _Lettere di diversi autori raccolte per_ VENTURIN
RUFFINELLI, libro primo (ed unico), Mantova, 1547, ff. III r. a XIII
r. CIAN, _Op. cit._, p. 56. Di certa Fausta dice la serva Rosa nella
_Majana_ del CECCHI (atto II, sc. 6) che
dovunque la va vuol seco l’ordine
E i cariaggi come fanno i principi.
La cortigiana introdotta dal Firenzuola nella sua commedia i _Lucidi_
non vuol certo essere delle principali, ma ha nondimeno a’ suoi servigi
un cuoco, un’ancella, un ragazzo. Non è senza curiosità il vedere un
riflesso di tali costumi nella _Rappresentazione della conversione_
_di S. Maria Maddalena_ (D’ANCONA, _Sacre rappresentazioni dei secoli
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