Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi - 70
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del Figliuolo e dello Spirito Santo. Le arche mortuarie conservano
sempre il deposito sacro delle ossa paterne; la cupola s'inalza sempre
degna di rappresentare quasi una via che unisce la terra col cielo;
popolate le valli delle medesime case e dei medesimi oliveti; il nostro
cielo sfavilla sempre del sorriso di Venere celeste, che si compiace
avere stanza quaggiù, circondata dalle divine opere del genio quasi un
pianeta in mezzo alle stelle.
«E sta tuttavia questo Palazzo Vecchio testimonio di tante opere e di
tanti detti virtuosi. Sotto il ballatoio, o Fiorentini, leggete scritta
in caratteri d'oro sopra fondo azzurro la parola _Libertas_. Non vi
sembra un Angiolo amoroso che reietto dagli uomini si rimane esitante
di abbandonare Firenze, e sta così sospeso fra il Cielo e la Terra fiso
aspettando pure che il Popolo lo richiami?
«Sta questo Palazzo, che fu sempre come il cuore della Libertà. O
sacre mura! quando io levo in alto il capo vedo formicolare di gente il
ballatoio, e fervere nella battaglia, e avventar dardi e sassi contro
i sottoposti soldati della tirannide, e poi ad un tratto fermarsi
per mancanza di armi: allora la venerabile sembianza di Messere
Jacopo Nardi rivela il muro a secco per rovesciarlo sopra il nemico,
e declinato lo sguardo, i gradini e la piazza considero ingombri di
membra infrante, e di armi spezzate; — lavate quel sangue di schiavi;
esso non rallegra ma contrista la terra della Libertà. — Per la memoria
del fatto basta il braccio tronco del David di Michelangelo. Il marmo
del Buonarroti, compenetrato della sua anima grande, sembra che non
potendo rimanere spettatore immobile del caso, abbia preso parte alla
battaglia riportandone onorata ferita.
«Nulla pertanto è mutato — nulla, meno che gli uomini....
«Così dicono gli stranieri calunniando; non io. Figlio delle comuni
sventure, partecipe degli stessi dolori, conosco a prova quanto
sia grave dopo trecento e più anni di vergognosa tirannide levarci
all'altezza della Libertà. Dove il pensiero tuona, non risponde la
voce amica e franca; dove il cuore freme, il braccio non consente
intorpidito; una bevanda avvelenata ti serpeggia nel sangue e ti
costringe al sonno; — la spada è diventata rugginosa, lo scudo rotto,
il capo senza dolore non sopporta più l'elmo; parenti, amici, tutti ti
supplicano a dormire: bisogna che tu dorma.
«Ma vi è un Angelo che rompe il sonno della tirannide, come vi ha un
Angelo che rompe il sonno della morte, — e questo è l'Angelo della
Libertà.
«E voi, o Fiorentini, udiste questa voce quando sopra i campi lombardi
più costanti e più tenaci degli altri duraste sotto la procella di
ferro e di fuoco che vi avventava lo implacato nemico. Voi mostraste
allora quello che soventi volte io diceva, come un Popolo e un Dio non
possono tenersi chiusi dentro al sepolcro.
«Adesso il bisogno urge maggiore. Qui ora non trattasi di acquistar
gloria, ma di fuggire vergogna: qui non vuolsi far procaccio di comodi,
ma ripararci dal danno; e da qual danno? — Tendete l'orecchio, o madri,
o spose, o figlie miserissime.... Dalle rive del Po e del Ticino, da
Brescia e da Bergamo muovono voci di pianto disperato, che stringono
il cuore d'ineffabile affanno. Ora che sarebbe se vedeste le sconce
ferite, e le membra lacere, i muri grondanti sangue? Udite fino di qua
il singulto dell'agonia di Venezia! Cotesto singulto è immenso, perchè
si parte dall'agonia della Libertà d'Italia. O Cristo, o Cristo, i tuoi
giusti occhi non guardano adesso la terra, poichè lasci perire Venezia!
«La difesa è agevole. La Natura provvida volle circondare questo suo
giardino, la bella Toscana, di un muro insuperabile di monti; ma il
Cherubino che deve stare a guardia di questo Eden hanno a crearlo
gli abitatori del luogo con la propria virtù. — Ordini di milizia
non valgono, inutili per gli aggressori le artiglierie, i moti della
cavalleria impossibili; dieci mila uomini di qui possono respingerne
cinquanta mila, il numero è d'impaccio e forse rovina.
«Ma il nemico non può venir grosso contro di noi. I Popoli gli fremono
alle spalle come moltitudine di acque in tempesta. Le ire dei Popoli
e del mare si stendono sopra la terra, e i troni, le armate e le
provincie spariscono. Non vi sbigottite per una sventura, i Popoli non
muoiono mai; la tela che il ragno della tirannide trama laboriosamente
in un secolo è disfatta dal Popolo in un minuto di furore.
«La difesa della terra nativa fu imposta dalla natura a tutti gli
animali come un istinto. La terra nativa ha diritto di esser difesa da
tutti coloro che ella nutrisce e ricovra pietosa nel suo seno; tutti i
suoi figli hanno il sacro dovere di difenderla; chi manca alla natura
manca a Dio, però che la natura sia la figlia primogenita del Signore.
«O Sacerdoti, il calice dove la prima volta beveste con labbra
tremanti il sangue di Cristo, vi sarà tolto dal Croato. Quale legge
vi sconsiglia dalla difesa della Patria? O piuttosto qual legge non
v'impone difenderla? E vi ha un Tribunale nel mondo che non patisce
appello, e questo sia nella propria coscienza; ponetevi, o Preti, la
mano sul cuore, e ditemi se mancando alla difesa della Patria una voce
non si muove là dentro che vi chiama traditori? Tradendo la Patria
avrete comune con Giuda la disperazione e lo inferno. Chi non ama la
Patria odia Cristo; chi affligge la Patria trafigge Cristo.
«Ora non si parla di Unione con Roma, nè di forma di governo; qui
non entrano scrupoli, nè casi di coscienza: si tratta di difendere le
nostre terre e le nostre vite. Se un Pontefice venisse e dicesse che
difendere la Patria è peccato, io gli spruzzerei l'acqua benedetta
nel viso profferendo la formula: «va addietro Satana!» però che egli
sarebbe il Demonio trasformato in Pontefice; e se le mie parole suonino
vere, io ne chiamo in testimonio il Vangelo prima, e poi tutti i
Dottori di Santa Madre Chiesa Cattolica.
«Voi altri, che vi chiamate Conservatori, di leggieri comprendete, che
male conserva colui che acconsente a vedere tutto disperso; fortuna,
onore, libertà, a caro prezzo, con lauto sudore, con diuturni studii
acquistati, tutto va in volta a modo di paglie trasportate dal turbine.
Diventata l'Austria dispensiera di libertà, lascio considerare a voi
qual sia per essere la parte che sfuggirà dai suoi artigli taglienti e
sottili.
«E se vi ha anche taluno che negli intimi precordii faccia voti per la
_Restaurazione_, si rammenti che il suo Principe non che difendesse la
frontiera, ma spingesse i Toscani alla guerra di Lombardia; che dove il
voto del suo cuore si compisse, il suo Principe gli direbbe: — perchè
hai consentito che mi venissero tolte la Lunigiana, e Massa e Carrara?
Di queste frontiere ha bisogno la Toscana se non intende rimanere
esposta al primo invasore; io lasciai più vasto lo Stato, per la tua
codardia lo ritrovo diminuito. Va, tu non sei un servo fedele; tu mi
stai addosso come l'insetto sopra la pianta. Io non scambio la lealtà
colla viltà. Vile fosti, vile rimanti, e sgombra dal mio cospetto.
«E voi, uomini ardenti, di cui lo impeto ribocca come spuma che bolle
fuori del vaso, avvertite che quando ciò avviene il fuoco si spegne
e il liquore scema. Ogni cosa ha il suo tempo, il frutto mangiato
immaturo allega i denti. Un fanciullo che stende la mano alla spada, e
non gli riesce sollevarla, diventa segno di compassione o di scherno.
La bandiera della Repubblica non va affidata ad un braccio di tisico,
ma di un gagliardo credente che la faccia trionfare con gloria, o
cadere con onore. Bandiera e Bandieraio, se avessero a sparire, devono
tramontare entro un mare di sangue; allora il Bandieraio non sorgerà
più, ma la Bandiera come il Sole tornerà ad affacciarsi in Oriente,
aspettata dalle generazioni, benedetta dai Popoli. La Repubblica ha
da vivere, o ha da morire sopra i campi di battaglia; voi la fareste
morire delle infermità dei pargoli. Sapete voi di che si nutrisce
la Repubblica appena nata? Di midolle di leone. Potete apprestarle
questo alimento voi? Staremo a vederlo. Intanto la difesa della Patria
anche per voi, e sopra tutti per voi, è obbligo santissimo. Imitate la
modestia e il valore dei giovani Cavalieri antichi; essi militavano con
bianco scudo finchè per qualche inclito gesto non avessero acquistato
il diritto di assumere l'impresa. Voi avete lo scudo bianco, la
occasione della prova è aperta innanzi a voi; se volete scrivervi
_Repubblica_, scrivetela, ma come i martiri della Chiesa di Cristo
prima di morire tracciavano la propria fede sopra il terreno, — col
sangue.
«Andate dunque, partite tutti, nel nome santo di Dio e della Patria. Io
vi terrò sicure le case e le famiglie. Qualunque opinione singolare,
intemperanza, od enormezza, saranno da me acerbamente punite. La
Legge è sovrana qui, e la Legge emana dall'Assemblea eletta dal voto
universale del Popolo. Le Leggi dell'Assemblea, se intende riordinarsi
il Paese, hanno da venerarsi come comandamenti di Dio. Non già in
angusta sala dove entra scarsa la luce del Sole, tra lunghe ambagi,
ed inamabili discorsi, ma sui campi aperti, fra il torrente dei raggi
di un Sole di maggio, in mezzo al lampo delle armi, alla faccia del
firmamento, al cospetto del nemico vinto, si ha da proclamare la più
perfetta forma politica di Stato per uomini perfetti: la Repubblica! —
La Repubblica potrà nascere quando le avremo apparecchiato il battesimo
di sangue delle nostre, o delle vene nemiche, — ciò non importa —
purchè sia battesimo di sangue.
«Firenze, 6 aprile 1849.
«GUERRAZZI.»
(Documenti, pag. 579.)
[620] Dispaccio telegrafico del 6 aprile, ore 12, m. 5 ant.
«Al Governo di Livorno.
« — Primo. — I Civici vadano subito a Pisa, e quivi si concentrino.
« — Secondo. — I Volontarii vengano a Firenze, e portino con essi le
armi.
« — Terzo. — I Bersaglieri pure vengano a Firenze.
« — Quarto. — Intorno alle armi e altro, proposte da Bini, il Ministro
della Guerra dà ordini separati.
« — Quinto. — Autorizzo di ricomprare a modico prezzo le armi già
nostre, ma presto. E sempre presto.
«GUERRAZZI.»
[621] «Al Ministro della Guerra.
«D'Apice ha ragione sul comando unico, nè i corpi sono così grandi
nè la superficie delle operazioni sì vasta da consentire divisione di
comando; veda di contentarlo, egli merita molto, ed è ottimo per questo
genere di guerra. Gli ho ordinato, in ogni evento regga in Garfagnana,
e cuopra Massa e Carrara. Spinga quanta gente più può di Linea.
Provveda alle sussistenze. Al Secchi, al Pierni dia maggiori facoltà
per l'Amministrazione. — Ore 4, 20 m. pom.
«GUERRAZZI.»
[622] _Alba_, 8 aprile 1849.
[623] _Alba_, 8 aprile 1849.
[624] Documenti, pag. 446.
[625] Dispaccio telegrafico dell'8 aprile 1849, ore 7, 30 m. p. m.
«Al Governatore di Livorno.
«Firenze mi ha sollevato dalla inerzia di Livorno. La Guardia si
mobilizza. Domani mille trecento uomini partono per Lucca. Dove è
andata Livorno? o si muova, o renunzii allo scroccato titolo d'eroica.
«GUERRAZZI.»
[626] Documenti, pag. 528.
[627] Documenti, pag. 94.
[628] _Monitore Toscano_ del 9 aprile 1849.
[629] Documenti, pag. 448.
[630] Ivi.
[631] Dispaccio telegrafico, del 9 aprile 1849, ore 11, 23 m. p. m.
«Al Governo di Livorno.
«Venne la gente. È stata alloggiata egregiamente. Livorno si commuove.
Sta bene. Ora ravviso la mia città. Dimani mando da te altra gente, ed
armi e munizioni. Spero respingere gli Austriaci. Al primo tiro corro
agli Appennini. Viva la Patria.
«GUERRAZZI.»
[632] Dispaccio del signor Ruschi del 9, e del signor Barli del 10
aprile 1849. Documenti, pag. 529, 531.
[633] Documenti, pag. 530.
[634] Documenti, pag. 531.
[635] Ivi.
[636] Documenti, pag. 450.
[637] Altrove ho detto, che il nostro _Attivo_ superava il _Passivo_;
ma il Passivo era composto di spese quotidiane, l'Attivo rappresentato
in parte da beni i quali da un punto all'altro non si possono vendere.
[638] _Custoza_, l. 4, pag. 81. Turin 1850.
[639]
«Massa di Carrara, 5 marzo 1849.
«Cittadino Generale d'Apice.
«Penetrato vivamente della necessità di tentare ogni sforzo onde
cessi il malvagio esempio delle diserzioni dalle Truppe che sono sotto
il vostro comando, ho fatte le più insistenti rimostranze presso il
Generale La Marmora, e presso il Ministro degli Affari Esteri di Torino
onde siano restituiti coloro che disertarono dal 23 del decorso mese
fino a questo giorno, e non siano ricevuti coloro che disertassero in
seguito.
«Confido che ne otterremo un buon risultato, tanto più che mi riuscirà
di provocare delle interpellanze in proposito nella Camera Piemontese.
«G. MONTANELLI.»
«Generale,
«Firenze, 6 marzo 1849.
«Amico mio: pieno di sospetti, di cure, io mi logoro l'anima. Sento di
emissarii piemontesi per fare disertare le milizie nostre. S'è vero, —
guardate. — Pubblicate un Ordine del giorno che chiunque fosse sorpreso
a corrompere soldati sarà immediatamente passato sotto le armi.
Vigilate la condotta di tutti, e date esempj, esempj per amore di Dio.
Addio.
«Affmo. — GUERRAZZI.»
«Sig. Generale Domenico D'Apice.
«Massa di Carrara.»
[640] «Pontremoli, 4 marzo. La diserzione delle truppe è grande, anzi
grandissima. Vanno in Piemonte, il quale ha risposto al capitano
Carchidio, che vi fu spedito dal Generale D'Apice, che si credeva
in dovere di accettare e difendere questi disertori; ed infatti sono
ricevuti benissimo e mandati in Alessandria. Quest'oggi sono disertati
i carabinieri di Pallerone, di Aulla e di un altro picchetto che
non rammento. — Egualmente hanno fatto una ventina di Cacciatori che
dall'Aulla dovevano venire a Pontremoli.»
[641] «Amico Carissimo,
«Calice, 2 aprile 1849.
«Nel mentre che la Popolazione di Calice stava pensando a fare una
proposta contro la presa di possesso operata nel 13 marzo caduto
dal Commissario Sardo, e che io dovea recarmi presso del Delegato
Beverinotti per concertarla, è sopraggiunto il fatto della battaglia di
Mortara, che ha prodotto un cambiamento nel sistema politico di questi
luoghi.
«Può darsi che l'armistizio non abbia luogo, e che per conseguenza
vengano riprese le ostilità; ma nel caso contrario, questi abitanti
appena che sieno partiti i Carabinieri Sardi, qua distaccati, sarebbero
intenzionati di unirsi alla Toscana, qualunque sia la forma di Governo
che ivi venga adottata.»
[642] Proclama del 6 agosto 1848.
[643] Dispaccio telegrafico del 1º aprile, ore 1, 33 m. ant. Documenti,
pag. 441.
[644] Documenti, pag. 515.
[645] «Alla Commissione Governativa di Livorno, il Ministro
dell'Interno. — I Cittadini componenti la Commissione Governativa,
Massei e Paoli, urge che si rechino domani mattina col primo treno a
Firenze per assistere all'adunanza dell'Assemblea. MARMOCCHI.»
[646] Documenti, pag. 516.
[647] Documenti, pag. 442.
[648] Vedi Dispaccio telegrafico. Documenti, pag. 502.
[649] «We read in a letter from Florence of the 1st. — A report is
current that Guerrazzi, _who has never been in favour of a republic_,
has only made himself Dictator in order to be the better able to
restore the authority of the Grand Duke.» — (_Galignani's Messenger_,
Saturday, april 7, 1849.)
[650] Il colonnello G. Manganaro, che mi sarà sempre cara ed onorata
memoria, spiegando come testimone la importanza di questa Istruzione,
dichiara: «Ella era diretta a procurarsi armi per combattere la
perniciosa idea di proclamare la Repubblica e la Unione con Roma,
sostenuta da un Partito nemico del benessere della Toscana, il
quale spingeva con ogni maniera d'intrighi il Governo alla detta
proclamazione, e Unione.»
[651] Istruzioni del 22 settembre 1848 al marchese Ridolfi, citate.
[652] Samuele, c. 12.
[653] «Il _Monitore_, che riferisce la discussione che ebbe luogo al
Consiglio Generale sulla _Costituente Italiana_, ha soppresso alcune
parole singolari che furono proferite dal Ministro dell'Interno.
Quando egli rimproverava agli avversarii del mandato libero d'esser
più realisti del re, soggiungeva che il Ministero, consigliando al
Principe la Costituente, non solo aveva creduto che il Popolo gli
avrebbe assentito con libero voto quel potere che egli ora esercita
in forza dei trattati, ma che questa generosa fiducia gli avrebbe
fruttato la _Corona del Regno della media Italia_. Queste parole
dette in Parlamento, ed in faccia alla tribuna del Corpo Diplomatico,
meritano d'esser notate, e noi crediamo di non peccare d'indiscretezza
referendole, secondochè la memoria ce le ricorda. (26 gennaio 1849.)
[654] Queste proteste si rinnuovarono dalla Chiesa tutti gli anni nel
giorno 28 giugno fino al 1788.
[655] «Cittadino Generale.
«Dietro le conferenze che il Governo Provvisorio ha avuto con voi,
noi non possiamo darvi altra istruzione che rimetterci alla savia
discretezza vostra coerentemente a quanto fu discusso a voce,
procurando sempre che tutte le operazioni vostre convergano al doppio
scopo di promuovere gl'interessi repubblicani dell'Italia Centrale,
e la liberazione della Italia da tutta dominazione straniera. E vi
salutiamo.
«Dalla Residenza del Governo Provvisorio,
«Li 18 marzo 1849.
«Il Presidente del Governo Provvisorio Toscano
«G. MONTANELLI.
«Al Cittadino General D'Apice.»
[656] Nota, che la conferenza col Dott. Venturucci aveva avuto già
luogo.
[657] Il Colonnello Baldini, e i signori Fortini e Contri interrogati
depongono questo discorso essere stato loro veramente tenuto dal
Generale; non rammentarsi però se a nome del Guerrazzi.
[658] Nelle istruzioni del 1º aprile ho mostrato, che tale incarico
non vi era, e non vi è: il Generale in questa parte ha in mente il
Dispaccio del signor Montanelli del 18 marzo.
[659] Nota: la lettera è senza data, ma si ricava dal marchio postale
della sopraccarta, ch'è del 3 aprile 1849.
[660] Questa lettera non ha data perchè mi succede sovente non porla
dentro, e fuori manca lo involto; è diretta a Giorgio Ansuini; ma o
appartiene a questi giorni e giova, o appartiene a tempo antecedente e
giova più che mai, però che attesti come io stimassi coloro, che da un
punto all'altro mi si mostravano sviscerati della Repubblica.
[661] «Cittadino Ministro dell'Interno.
«In adempimento di quanto mi scrivevate col pregiato vostro di ieri
sera ho comunicato all'Ispettore delle armi Maggiore Bonci il desiderio
da Voi esternato in quello, ed Egli mi ha rimesso il Biglietto che vi
accludo.
«E con stima mi confermo
«Li 9 aprile 1849.
«Di Voi, Cittadino Ministro dell'Interno, F. C. Marmocchi.
«Devotiss. ZANNETTI.»
«Cittadino Generale.
«Autorizzato al ritiro dei fucili che furono consegnati ai Circoli,
sarei a pregarvi, o Cittadino Generale, di volermi fare indicare in che
numero questi fucili furono consegnati ai Circoli summentovati.
«Mi affretto intanto a dirigerne l'opportuna domanda ai Presidenti, e
contemporaneamente a prendere le opportune misure per il ritiro delle
armi in proposito.
«Profitto intanto ec.
«Di Voi, Cittadino Generale,
«Li 9 aprile 1849.
«Devotissimo GAS. BONCI.
«Al Cittadino Generale
«Comandante la G. Nazionale.»
[662]
«A. C.
«Livorno 31 agosto 1848.
«Ho partecipato a Adami la tua risposta in proposito Imprestito. Vi era
anche Giraudino, informato dell'affare, e propenso perchè segua, che
mi ha incaricato dirti, che tu gli voglia bene, e ti rammenti di Lui. —
Essi mi dicono se credi che Adami torni a parlare al Ministro, e come;
oppure se ti prendi cura di tutto. — Sappi però che qualche banchiere
di costì almanacca altri progetti, non tanto buoni pel Governo, è vero,
ma che pure potrebbero essere accolti: — dunque bisogna vegliare.
— Avevano proposto interrogare la Banca ora che il Paese si quieta,
ma ho detto aspettare la tua risposta, per non allarmare il Paese,
non sapendo se il Ministro voglia, o no aspettare, giacchè in questo
secondo caso converrebbe più il silenzio. Non facciamo nulla senza tuo
avviso, che è atteso col corriere d'immediato ritorno.
«Ecco in sostanza le basi:
«Biglietti fruttiferi al 3 ½ per 100 con obbligo di riceverli in
pagamento per affari commerciali. — Non minori di L. 200. — Le Casse
Regie prenderli. — Cambio alle medesime per L. 25,000 ogni settimana.
— Al pubblico per la stessa somma. — Frutti pagabili ogni quattro mesi.
— Provvisione ½ per 100 ogni 4 mesi. — Garanzia del sovventore. — Se si
trovasse piccola difficoltà, potrebbe superarsi.
«Aspetto dunque tua risposta.»
[663] Ripeto, che corretta dal Ministero io possiedo la minuta del
primo Proclama pubblicato dal signor Montanelli a Livorno.
[664] I Decreti del Tribunale di Prima Istanza del 10 giugno 1850,
e della Camera di Accuse della Corte Regia del 7 gennaio 1881, per
denigrare il signor Montanelli tacciono la condizione «_se mi sarà
possibile_;» e sempre così.
[665] Esame Zannetti.
[666] Su la proposizione del Gonfaloniere Peruzzi fu nominato con altri
Commissario Guglielmo Digny. — Vedi _Monitore_ del 16 febbraio 1849.
[667] Partì nel 4 o 5 aprile 1849. Vedi la sua umile rappresentanza a
pag. 93 dei Documenti. Egli la termina con queste parole: «Aspetterò
che le indagini vengano proseguite, ma chieggo dalla vostra giustizia,
che mi si conceda al più presto ritornare laddove non sarò giudicato,
nè trattato da forestiere.» Gli fu risposto, che le indagini sarebbero
state incominciate subito dopo la sua traduzione in luogo di custodia,
ed egli preso vento, che si trattava arrestarlo, spulezzò.
[668] Documenti, pag. 528.
[669] Documenti, pag. 530, e 531.
[670] Documenti, pag. 449.
[671] Ivi.
[672] Documenti, pag. 449.
[673] Documenti, pag. 449, 450.
[674] Dispacci telegrafici. Documenti, pag. 450.
[675] Dispacci telegrafici. Documenti, ivi.
[676] _Monitore_ citato. — Come dimostrazione di animo valga questa
lettera mandata al sig. Dott. Quintilio Mugnaini in Livorno: essa porta
la data del 6 marzo 1849, ed è munita esternamente di doppio marchio
postale:
«Amico.
«Dimmi presto quello che vuoi, perchè la mia vita politica ormai ha
pochi giorni di durata, risoluto a ritirarmi. Così intendo mostrare più
cose; che amo la quiete e i miei studii più che altri non pensa, e se
la natura mi diè impeto ed energia non per questo voglio primeggiare
sopra altrui, chè il maggior pregio dell'uomo libero è la modestia;
che errarono quelli, che me promovendo parteggiarono per la persona e
non pel principio: questo non ha da essere e non sarà. Io ho mandato
Cecchino al campo soldato semplice di artiglieria, e l'ho unico
al mondo. Credeva che gli uomini amassero la Libertà come me — per
respirare più libero, — mi sono ingannato: tornerò a vivere di memorie,
e conversare coi morti. Oh! gli alberi, gli alberi, bisogna piantarli
nel cuore, e allora va bene. Sussurroni la più parte, queruli, astiosi,
ed ecco tutto.»
[677] E poichè gli ho sotto gli occhi aggiungo i deposti dei
signori Professore Taddei, e Colonnello Nespoli. Il primo dice: «Non
posso negare per altro, che reiteratamente il Guerrazzi si oppose
all'accettazione del Potere Esecutivo, e che io stesso seguendo il
sentimento di varii altri Deputati feci istanza perchè lo accettasse,
essendo_ nella persuasione, ch'egli avrebbe saputo farne uso a
vantaggio del Paese_.» Il secondo dichiara: «Siccome il Partito ultra
non era d'accordo col Guerrazzi, così penso, che nascesse diffidenza
dell'uno verso dell'altro, e nella notte nella quale fu dichiarato capo
del Potere Esecutivo ho memoria, che da qualche Deputato fossero contro
lui profferite ingiurie per le quali il Guerrazzi accennava volersi
ritirare dal Governo Provvisorio.»
[678] Vedi pag. 192 di questa _Apologia_.
[679] Per quanto posso ricordarmi, i signori Martini e Carlo Martelli,
soli, quantunque facessimo loro vivissime istanze a rimanere, si
dimisero dallo ufficio, ed il signor Frullani non lo accettò offerto,
allegando che beneficato dal Granduca gli sarebbe parso mostrare
ingratitudine: _di che io molto lo commendai, e glielo dissi in
faccia; e questa è pure dimostrazione di animo_, dacchè il tempo non mi
consentiva più aperto discorso.
[680] Vedi _Appendice_. Requisitoria del Procuratore _regio_ della
Repubblica, Rusconi.
[681] S. Marco Evang., c. 14, n. 66.
[682] Il mio Difensore mi partecipa in quali termini cotesta Decisione
proceda, e intorno a quale vile paltoniere ella versi. Sta bene: quello
somministrerà argomento ad un altro canto.
[683] Nel 1665, durante la guerra fra Inghilterra e Olanda, Monk certa
volta si trovò con poche navi stretto dall'armata intera di Ruyter.
Mentre gli ufficiali inglesi intorno a Monk gli esprimevano le loro
apprensioni per una zuffa tanto disuguale, Monk caricando tranquillo
una pistola rispose: «una cosa so certo ed è, che non sarò preso.» Con
ciò volendo dare ad intendere, che, in caso di perdita, avrebbe fatto
scoppiare la Santa Barbara.
[684] Guizot, _Monk_, pag. 61.
[685] Ivi, pag. 72.
[686] Hume, _Storia d'Inghilterra_, Cap. 62.
[687] Guizot, _Monk_, pag. 71.
[688] Hallam nella _Storia Costituzionale della Inghilterra_ (Cap. 10,
pag. 208) narra che non solamente rimandò il fratello senza speranza,
_ma che lo minacciò di farlo impiccare se mai tornava con simili
proposte_.
[689] Hume, _Storia d'Inghilterra_, Cap. 62, pag. 432.
[690] Guizot, _Monk_, pag. 76.
[691] Guizot, _Monk_, pag. 80.
[692] Hume, Opera citata, Cap. 12, pag. 435. — Guizot, _Monk_, pag. 74.
[693] Guizot, _Monk_ pag. 102.
[694] Hume, Opera citata, pag. 436.
[695] Guizot, _Monk_, pag. 115.
[696] Guizot, _Monk_, pag. 129.
[697] Hume, _Storia d'Inghilterra_, Cap. 62, pag. 449.
[698] Lettera del 21 maggio 1660 del Ministro De Bordeaux al Cardinale
Mazzarino, citata dal Guizot.
[699] Lettera come sopra del 13 maggio 1660.
[700] A Lord Say che gli parlava della necessità di escludere
dall'oblio almeno qualcheduno dei Giudici, che avevano condannato a
morte Carlo I padre del Re, Monk rispose incollerito: «No! neanche un
solo: io mi reputerei il primo _furfante_ del mondo se consentissi
ad eccettuarne uno solo.» E col colonnello Hutchinson in altra
occasione si espresse: «Dio mi danni, se per la morte del Re, uomo
abbia a perdere pure un capello!» Nonostante, l'impeto e la vendetta
dei Realisti furono più forti di lui; e quantunque nel Parlamento
sostenesse il Partito della moderazione, potè appena ottenere, che
il numero degli esclusi regicidi si riducesse a sette, dei quali
sei soli patirono la morte. Ma il caso del marchese Argyle presenta
tale carattere di tradimento, e di rancore personale, che lo steso
Hume storico, di Partito _tory_, non può nascondere, che anche fra i
contemporanei suscitò generale indignazione. Guizot racconta, che Lord
Wharncliffe si è ingegnato, comecchè timidamente, ad attenuarne la
colpa; ma egli dice, che coteste ragioni non lo persuadono per nulla,
e che la indegnissima azione del Monk non merita scusa.
[701] Anche Monk ebbe a sollecitatore per la restaurazione di Carlo
sempre il deposito sacro delle ossa paterne; la cupola s'inalza sempre
degna di rappresentare quasi una via che unisce la terra col cielo;
popolate le valli delle medesime case e dei medesimi oliveti; il nostro
cielo sfavilla sempre del sorriso di Venere celeste, che si compiace
avere stanza quaggiù, circondata dalle divine opere del genio quasi un
pianeta in mezzo alle stelle.
«E sta tuttavia questo Palazzo Vecchio testimonio di tante opere e di
tanti detti virtuosi. Sotto il ballatoio, o Fiorentini, leggete scritta
in caratteri d'oro sopra fondo azzurro la parola _Libertas_. Non vi
sembra un Angiolo amoroso che reietto dagli uomini si rimane esitante
di abbandonare Firenze, e sta così sospeso fra il Cielo e la Terra fiso
aspettando pure che il Popolo lo richiami?
«Sta questo Palazzo, che fu sempre come il cuore della Libertà. O
sacre mura! quando io levo in alto il capo vedo formicolare di gente il
ballatoio, e fervere nella battaglia, e avventar dardi e sassi contro
i sottoposti soldati della tirannide, e poi ad un tratto fermarsi
per mancanza di armi: allora la venerabile sembianza di Messere
Jacopo Nardi rivela il muro a secco per rovesciarlo sopra il nemico,
e declinato lo sguardo, i gradini e la piazza considero ingombri di
membra infrante, e di armi spezzate; — lavate quel sangue di schiavi;
esso non rallegra ma contrista la terra della Libertà. — Per la memoria
del fatto basta il braccio tronco del David di Michelangelo. Il marmo
del Buonarroti, compenetrato della sua anima grande, sembra che non
potendo rimanere spettatore immobile del caso, abbia preso parte alla
battaglia riportandone onorata ferita.
«Nulla pertanto è mutato — nulla, meno che gli uomini....
«Così dicono gli stranieri calunniando; non io. Figlio delle comuni
sventure, partecipe degli stessi dolori, conosco a prova quanto
sia grave dopo trecento e più anni di vergognosa tirannide levarci
all'altezza della Libertà. Dove il pensiero tuona, non risponde la
voce amica e franca; dove il cuore freme, il braccio non consente
intorpidito; una bevanda avvelenata ti serpeggia nel sangue e ti
costringe al sonno; — la spada è diventata rugginosa, lo scudo rotto,
il capo senza dolore non sopporta più l'elmo; parenti, amici, tutti ti
supplicano a dormire: bisogna che tu dorma.
«Ma vi è un Angelo che rompe il sonno della tirannide, come vi ha un
Angelo che rompe il sonno della morte, — e questo è l'Angelo della
Libertà.
«E voi, o Fiorentini, udiste questa voce quando sopra i campi lombardi
più costanti e più tenaci degli altri duraste sotto la procella di
ferro e di fuoco che vi avventava lo implacato nemico. Voi mostraste
allora quello che soventi volte io diceva, come un Popolo e un Dio non
possono tenersi chiusi dentro al sepolcro.
«Adesso il bisogno urge maggiore. Qui ora non trattasi di acquistar
gloria, ma di fuggire vergogna: qui non vuolsi far procaccio di comodi,
ma ripararci dal danno; e da qual danno? — Tendete l'orecchio, o madri,
o spose, o figlie miserissime.... Dalle rive del Po e del Ticino, da
Brescia e da Bergamo muovono voci di pianto disperato, che stringono
il cuore d'ineffabile affanno. Ora che sarebbe se vedeste le sconce
ferite, e le membra lacere, i muri grondanti sangue? Udite fino di qua
il singulto dell'agonia di Venezia! Cotesto singulto è immenso, perchè
si parte dall'agonia della Libertà d'Italia. O Cristo, o Cristo, i tuoi
giusti occhi non guardano adesso la terra, poichè lasci perire Venezia!
«La difesa è agevole. La Natura provvida volle circondare questo suo
giardino, la bella Toscana, di un muro insuperabile di monti; ma il
Cherubino che deve stare a guardia di questo Eden hanno a crearlo
gli abitatori del luogo con la propria virtù. — Ordini di milizia
non valgono, inutili per gli aggressori le artiglierie, i moti della
cavalleria impossibili; dieci mila uomini di qui possono respingerne
cinquanta mila, il numero è d'impaccio e forse rovina.
«Ma il nemico non può venir grosso contro di noi. I Popoli gli fremono
alle spalle come moltitudine di acque in tempesta. Le ire dei Popoli
e del mare si stendono sopra la terra, e i troni, le armate e le
provincie spariscono. Non vi sbigottite per una sventura, i Popoli non
muoiono mai; la tela che il ragno della tirannide trama laboriosamente
in un secolo è disfatta dal Popolo in un minuto di furore.
«La difesa della terra nativa fu imposta dalla natura a tutti gli
animali come un istinto. La terra nativa ha diritto di esser difesa da
tutti coloro che ella nutrisce e ricovra pietosa nel suo seno; tutti i
suoi figli hanno il sacro dovere di difenderla; chi manca alla natura
manca a Dio, però che la natura sia la figlia primogenita del Signore.
«O Sacerdoti, il calice dove la prima volta beveste con labbra
tremanti il sangue di Cristo, vi sarà tolto dal Croato. Quale legge
vi sconsiglia dalla difesa della Patria? O piuttosto qual legge non
v'impone difenderla? E vi ha un Tribunale nel mondo che non patisce
appello, e questo sia nella propria coscienza; ponetevi, o Preti, la
mano sul cuore, e ditemi se mancando alla difesa della Patria una voce
non si muove là dentro che vi chiama traditori? Tradendo la Patria
avrete comune con Giuda la disperazione e lo inferno. Chi non ama la
Patria odia Cristo; chi affligge la Patria trafigge Cristo.
«Ora non si parla di Unione con Roma, nè di forma di governo; qui
non entrano scrupoli, nè casi di coscienza: si tratta di difendere le
nostre terre e le nostre vite. Se un Pontefice venisse e dicesse che
difendere la Patria è peccato, io gli spruzzerei l'acqua benedetta
nel viso profferendo la formula: «va addietro Satana!» però che egli
sarebbe il Demonio trasformato in Pontefice; e se le mie parole suonino
vere, io ne chiamo in testimonio il Vangelo prima, e poi tutti i
Dottori di Santa Madre Chiesa Cattolica.
«Voi altri, che vi chiamate Conservatori, di leggieri comprendete, che
male conserva colui che acconsente a vedere tutto disperso; fortuna,
onore, libertà, a caro prezzo, con lauto sudore, con diuturni studii
acquistati, tutto va in volta a modo di paglie trasportate dal turbine.
Diventata l'Austria dispensiera di libertà, lascio considerare a voi
qual sia per essere la parte che sfuggirà dai suoi artigli taglienti e
sottili.
«E se vi ha anche taluno che negli intimi precordii faccia voti per la
_Restaurazione_, si rammenti che il suo Principe non che difendesse la
frontiera, ma spingesse i Toscani alla guerra di Lombardia; che dove il
voto del suo cuore si compisse, il suo Principe gli direbbe: — perchè
hai consentito che mi venissero tolte la Lunigiana, e Massa e Carrara?
Di queste frontiere ha bisogno la Toscana se non intende rimanere
esposta al primo invasore; io lasciai più vasto lo Stato, per la tua
codardia lo ritrovo diminuito. Va, tu non sei un servo fedele; tu mi
stai addosso come l'insetto sopra la pianta. Io non scambio la lealtà
colla viltà. Vile fosti, vile rimanti, e sgombra dal mio cospetto.
«E voi, uomini ardenti, di cui lo impeto ribocca come spuma che bolle
fuori del vaso, avvertite che quando ciò avviene il fuoco si spegne
e il liquore scema. Ogni cosa ha il suo tempo, il frutto mangiato
immaturo allega i denti. Un fanciullo che stende la mano alla spada, e
non gli riesce sollevarla, diventa segno di compassione o di scherno.
La bandiera della Repubblica non va affidata ad un braccio di tisico,
ma di un gagliardo credente che la faccia trionfare con gloria, o
cadere con onore. Bandiera e Bandieraio, se avessero a sparire, devono
tramontare entro un mare di sangue; allora il Bandieraio non sorgerà
più, ma la Bandiera come il Sole tornerà ad affacciarsi in Oriente,
aspettata dalle generazioni, benedetta dai Popoli. La Repubblica ha
da vivere, o ha da morire sopra i campi di battaglia; voi la fareste
morire delle infermità dei pargoli. Sapete voi di che si nutrisce
la Repubblica appena nata? Di midolle di leone. Potete apprestarle
questo alimento voi? Staremo a vederlo. Intanto la difesa della Patria
anche per voi, e sopra tutti per voi, è obbligo santissimo. Imitate la
modestia e il valore dei giovani Cavalieri antichi; essi militavano con
bianco scudo finchè per qualche inclito gesto non avessero acquistato
il diritto di assumere l'impresa. Voi avete lo scudo bianco, la
occasione della prova è aperta innanzi a voi; se volete scrivervi
_Repubblica_, scrivetela, ma come i martiri della Chiesa di Cristo
prima di morire tracciavano la propria fede sopra il terreno, — col
sangue.
«Andate dunque, partite tutti, nel nome santo di Dio e della Patria. Io
vi terrò sicure le case e le famiglie. Qualunque opinione singolare,
intemperanza, od enormezza, saranno da me acerbamente punite. La
Legge è sovrana qui, e la Legge emana dall'Assemblea eletta dal voto
universale del Popolo. Le Leggi dell'Assemblea, se intende riordinarsi
il Paese, hanno da venerarsi come comandamenti di Dio. Non già in
angusta sala dove entra scarsa la luce del Sole, tra lunghe ambagi,
ed inamabili discorsi, ma sui campi aperti, fra il torrente dei raggi
di un Sole di maggio, in mezzo al lampo delle armi, alla faccia del
firmamento, al cospetto del nemico vinto, si ha da proclamare la più
perfetta forma politica di Stato per uomini perfetti: la Repubblica! —
La Repubblica potrà nascere quando le avremo apparecchiato il battesimo
di sangue delle nostre, o delle vene nemiche, — ciò non importa —
purchè sia battesimo di sangue.
«Firenze, 6 aprile 1849.
«GUERRAZZI.»
(Documenti, pag. 579.)
[620] Dispaccio telegrafico del 6 aprile, ore 12, m. 5 ant.
«Al Governo di Livorno.
« — Primo. — I Civici vadano subito a Pisa, e quivi si concentrino.
« — Secondo. — I Volontarii vengano a Firenze, e portino con essi le
armi.
« — Terzo. — I Bersaglieri pure vengano a Firenze.
« — Quarto. — Intorno alle armi e altro, proposte da Bini, il Ministro
della Guerra dà ordini separati.
« — Quinto. — Autorizzo di ricomprare a modico prezzo le armi già
nostre, ma presto. E sempre presto.
«GUERRAZZI.»
[621] «Al Ministro della Guerra.
«D'Apice ha ragione sul comando unico, nè i corpi sono così grandi
nè la superficie delle operazioni sì vasta da consentire divisione di
comando; veda di contentarlo, egli merita molto, ed è ottimo per questo
genere di guerra. Gli ho ordinato, in ogni evento regga in Garfagnana,
e cuopra Massa e Carrara. Spinga quanta gente più può di Linea.
Provveda alle sussistenze. Al Secchi, al Pierni dia maggiori facoltà
per l'Amministrazione. — Ore 4, 20 m. pom.
«GUERRAZZI.»
[622] _Alba_, 8 aprile 1849.
[623] _Alba_, 8 aprile 1849.
[624] Documenti, pag. 446.
[625] Dispaccio telegrafico dell'8 aprile 1849, ore 7, 30 m. p. m.
«Al Governatore di Livorno.
«Firenze mi ha sollevato dalla inerzia di Livorno. La Guardia si
mobilizza. Domani mille trecento uomini partono per Lucca. Dove è
andata Livorno? o si muova, o renunzii allo scroccato titolo d'eroica.
«GUERRAZZI.»
[626] Documenti, pag. 528.
[627] Documenti, pag. 94.
[628] _Monitore Toscano_ del 9 aprile 1849.
[629] Documenti, pag. 448.
[630] Ivi.
[631] Dispaccio telegrafico, del 9 aprile 1849, ore 11, 23 m. p. m.
«Al Governo di Livorno.
«Venne la gente. È stata alloggiata egregiamente. Livorno si commuove.
Sta bene. Ora ravviso la mia città. Dimani mando da te altra gente, ed
armi e munizioni. Spero respingere gli Austriaci. Al primo tiro corro
agli Appennini. Viva la Patria.
«GUERRAZZI.»
[632] Dispaccio del signor Ruschi del 9, e del signor Barli del 10
aprile 1849. Documenti, pag. 529, 531.
[633] Documenti, pag. 530.
[634] Documenti, pag. 531.
[635] Ivi.
[636] Documenti, pag. 450.
[637] Altrove ho detto, che il nostro _Attivo_ superava il _Passivo_;
ma il Passivo era composto di spese quotidiane, l'Attivo rappresentato
in parte da beni i quali da un punto all'altro non si possono vendere.
[638] _Custoza_, l. 4, pag. 81. Turin 1850.
[639]
«Massa di Carrara, 5 marzo 1849.
«Cittadino Generale d'Apice.
«Penetrato vivamente della necessità di tentare ogni sforzo onde
cessi il malvagio esempio delle diserzioni dalle Truppe che sono sotto
il vostro comando, ho fatte le più insistenti rimostranze presso il
Generale La Marmora, e presso il Ministro degli Affari Esteri di Torino
onde siano restituiti coloro che disertarono dal 23 del decorso mese
fino a questo giorno, e non siano ricevuti coloro che disertassero in
seguito.
«Confido che ne otterremo un buon risultato, tanto più che mi riuscirà
di provocare delle interpellanze in proposito nella Camera Piemontese.
«G. MONTANELLI.»
«Generale,
«Firenze, 6 marzo 1849.
«Amico mio: pieno di sospetti, di cure, io mi logoro l'anima. Sento di
emissarii piemontesi per fare disertare le milizie nostre. S'è vero, —
guardate. — Pubblicate un Ordine del giorno che chiunque fosse sorpreso
a corrompere soldati sarà immediatamente passato sotto le armi.
Vigilate la condotta di tutti, e date esempj, esempj per amore di Dio.
Addio.
«Affmo. — GUERRAZZI.»
«Sig. Generale Domenico D'Apice.
«Massa di Carrara.»
[640] «Pontremoli, 4 marzo. La diserzione delle truppe è grande, anzi
grandissima. Vanno in Piemonte, il quale ha risposto al capitano
Carchidio, che vi fu spedito dal Generale D'Apice, che si credeva
in dovere di accettare e difendere questi disertori; ed infatti sono
ricevuti benissimo e mandati in Alessandria. Quest'oggi sono disertati
i carabinieri di Pallerone, di Aulla e di un altro picchetto che
non rammento. — Egualmente hanno fatto una ventina di Cacciatori che
dall'Aulla dovevano venire a Pontremoli.»
[641] «Amico Carissimo,
«Calice, 2 aprile 1849.
«Nel mentre che la Popolazione di Calice stava pensando a fare una
proposta contro la presa di possesso operata nel 13 marzo caduto
dal Commissario Sardo, e che io dovea recarmi presso del Delegato
Beverinotti per concertarla, è sopraggiunto il fatto della battaglia di
Mortara, che ha prodotto un cambiamento nel sistema politico di questi
luoghi.
«Può darsi che l'armistizio non abbia luogo, e che per conseguenza
vengano riprese le ostilità; ma nel caso contrario, questi abitanti
appena che sieno partiti i Carabinieri Sardi, qua distaccati, sarebbero
intenzionati di unirsi alla Toscana, qualunque sia la forma di Governo
che ivi venga adottata.»
[642] Proclama del 6 agosto 1848.
[643] Dispaccio telegrafico del 1º aprile, ore 1, 33 m. ant. Documenti,
pag. 441.
[644] Documenti, pag. 515.
[645] «Alla Commissione Governativa di Livorno, il Ministro
dell'Interno. — I Cittadini componenti la Commissione Governativa,
Massei e Paoli, urge che si rechino domani mattina col primo treno a
Firenze per assistere all'adunanza dell'Assemblea. MARMOCCHI.»
[646] Documenti, pag. 516.
[647] Documenti, pag. 442.
[648] Vedi Dispaccio telegrafico. Documenti, pag. 502.
[649] «We read in a letter from Florence of the 1st. — A report is
current that Guerrazzi, _who has never been in favour of a republic_,
has only made himself Dictator in order to be the better able to
restore the authority of the Grand Duke.» — (_Galignani's Messenger_,
Saturday, april 7, 1849.)
[650] Il colonnello G. Manganaro, che mi sarà sempre cara ed onorata
memoria, spiegando come testimone la importanza di questa Istruzione,
dichiara: «Ella era diretta a procurarsi armi per combattere la
perniciosa idea di proclamare la Repubblica e la Unione con Roma,
sostenuta da un Partito nemico del benessere della Toscana, il
quale spingeva con ogni maniera d'intrighi il Governo alla detta
proclamazione, e Unione.»
[651] Istruzioni del 22 settembre 1848 al marchese Ridolfi, citate.
[652] Samuele, c. 12.
[653] «Il _Monitore_, che riferisce la discussione che ebbe luogo al
Consiglio Generale sulla _Costituente Italiana_, ha soppresso alcune
parole singolari che furono proferite dal Ministro dell'Interno.
Quando egli rimproverava agli avversarii del mandato libero d'esser
più realisti del re, soggiungeva che il Ministero, consigliando al
Principe la Costituente, non solo aveva creduto che il Popolo gli
avrebbe assentito con libero voto quel potere che egli ora esercita
in forza dei trattati, ma che questa generosa fiducia gli avrebbe
fruttato la _Corona del Regno della media Italia_. Queste parole
dette in Parlamento, ed in faccia alla tribuna del Corpo Diplomatico,
meritano d'esser notate, e noi crediamo di non peccare d'indiscretezza
referendole, secondochè la memoria ce le ricorda. (26 gennaio 1849.)
[654] Queste proteste si rinnuovarono dalla Chiesa tutti gli anni nel
giorno 28 giugno fino al 1788.
[655] «Cittadino Generale.
«Dietro le conferenze che il Governo Provvisorio ha avuto con voi,
noi non possiamo darvi altra istruzione che rimetterci alla savia
discretezza vostra coerentemente a quanto fu discusso a voce,
procurando sempre che tutte le operazioni vostre convergano al doppio
scopo di promuovere gl'interessi repubblicani dell'Italia Centrale,
e la liberazione della Italia da tutta dominazione straniera. E vi
salutiamo.
«Dalla Residenza del Governo Provvisorio,
«Li 18 marzo 1849.
«Il Presidente del Governo Provvisorio Toscano
«G. MONTANELLI.
«Al Cittadino General D'Apice.»
[656] Nota, che la conferenza col Dott. Venturucci aveva avuto già
luogo.
[657] Il Colonnello Baldini, e i signori Fortini e Contri interrogati
depongono questo discorso essere stato loro veramente tenuto dal
Generale; non rammentarsi però se a nome del Guerrazzi.
[658] Nelle istruzioni del 1º aprile ho mostrato, che tale incarico
non vi era, e non vi è: il Generale in questa parte ha in mente il
Dispaccio del signor Montanelli del 18 marzo.
[659] Nota: la lettera è senza data, ma si ricava dal marchio postale
della sopraccarta, ch'è del 3 aprile 1849.
[660] Questa lettera non ha data perchè mi succede sovente non porla
dentro, e fuori manca lo involto; è diretta a Giorgio Ansuini; ma o
appartiene a questi giorni e giova, o appartiene a tempo antecedente e
giova più che mai, però che attesti come io stimassi coloro, che da un
punto all'altro mi si mostravano sviscerati della Repubblica.
[661] «Cittadino Ministro dell'Interno.
«In adempimento di quanto mi scrivevate col pregiato vostro di ieri
sera ho comunicato all'Ispettore delle armi Maggiore Bonci il desiderio
da Voi esternato in quello, ed Egli mi ha rimesso il Biglietto che vi
accludo.
«E con stima mi confermo
«Li 9 aprile 1849.
«Di Voi, Cittadino Ministro dell'Interno, F. C. Marmocchi.
«Devotiss. ZANNETTI.»
«Cittadino Generale.
«Autorizzato al ritiro dei fucili che furono consegnati ai Circoli,
sarei a pregarvi, o Cittadino Generale, di volermi fare indicare in che
numero questi fucili furono consegnati ai Circoli summentovati.
«Mi affretto intanto a dirigerne l'opportuna domanda ai Presidenti, e
contemporaneamente a prendere le opportune misure per il ritiro delle
armi in proposito.
«Profitto intanto ec.
«Di Voi, Cittadino Generale,
«Li 9 aprile 1849.
«Devotissimo GAS. BONCI.
«Al Cittadino Generale
«Comandante la G. Nazionale.»
[662]
«A. C.
«Livorno 31 agosto 1848.
«Ho partecipato a Adami la tua risposta in proposito Imprestito. Vi era
anche Giraudino, informato dell'affare, e propenso perchè segua, che
mi ha incaricato dirti, che tu gli voglia bene, e ti rammenti di Lui. —
Essi mi dicono se credi che Adami torni a parlare al Ministro, e come;
oppure se ti prendi cura di tutto. — Sappi però che qualche banchiere
di costì almanacca altri progetti, non tanto buoni pel Governo, è vero,
ma che pure potrebbero essere accolti: — dunque bisogna vegliare.
— Avevano proposto interrogare la Banca ora che il Paese si quieta,
ma ho detto aspettare la tua risposta, per non allarmare il Paese,
non sapendo se il Ministro voglia, o no aspettare, giacchè in questo
secondo caso converrebbe più il silenzio. Non facciamo nulla senza tuo
avviso, che è atteso col corriere d'immediato ritorno.
«Ecco in sostanza le basi:
«Biglietti fruttiferi al 3 ½ per 100 con obbligo di riceverli in
pagamento per affari commerciali. — Non minori di L. 200. — Le Casse
Regie prenderli. — Cambio alle medesime per L. 25,000 ogni settimana.
— Al pubblico per la stessa somma. — Frutti pagabili ogni quattro mesi.
— Provvisione ½ per 100 ogni 4 mesi. — Garanzia del sovventore. — Se si
trovasse piccola difficoltà, potrebbe superarsi.
«Aspetto dunque tua risposta.»
[663] Ripeto, che corretta dal Ministero io possiedo la minuta del
primo Proclama pubblicato dal signor Montanelli a Livorno.
[664] I Decreti del Tribunale di Prima Istanza del 10 giugno 1850,
e della Camera di Accuse della Corte Regia del 7 gennaio 1881, per
denigrare il signor Montanelli tacciono la condizione «_se mi sarà
possibile_;» e sempre così.
[665] Esame Zannetti.
[666] Su la proposizione del Gonfaloniere Peruzzi fu nominato con altri
Commissario Guglielmo Digny. — Vedi _Monitore_ del 16 febbraio 1849.
[667] Partì nel 4 o 5 aprile 1849. Vedi la sua umile rappresentanza a
pag. 93 dei Documenti. Egli la termina con queste parole: «Aspetterò
che le indagini vengano proseguite, ma chieggo dalla vostra giustizia,
che mi si conceda al più presto ritornare laddove non sarò giudicato,
nè trattato da forestiere.» Gli fu risposto, che le indagini sarebbero
state incominciate subito dopo la sua traduzione in luogo di custodia,
ed egli preso vento, che si trattava arrestarlo, spulezzò.
[668] Documenti, pag. 528.
[669] Documenti, pag. 530, e 531.
[670] Documenti, pag. 449.
[671] Ivi.
[672] Documenti, pag. 449.
[673] Documenti, pag. 449, 450.
[674] Dispacci telegrafici. Documenti, pag. 450.
[675] Dispacci telegrafici. Documenti, ivi.
[676] _Monitore_ citato. — Come dimostrazione di animo valga questa
lettera mandata al sig. Dott. Quintilio Mugnaini in Livorno: essa porta
la data del 6 marzo 1849, ed è munita esternamente di doppio marchio
postale:
«Amico.
«Dimmi presto quello che vuoi, perchè la mia vita politica ormai ha
pochi giorni di durata, risoluto a ritirarmi. Così intendo mostrare più
cose; che amo la quiete e i miei studii più che altri non pensa, e se
la natura mi diè impeto ed energia non per questo voglio primeggiare
sopra altrui, chè il maggior pregio dell'uomo libero è la modestia;
che errarono quelli, che me promovendo parteggiarono per la persona e
non pel principio: questo non ha da essere e non sarà. Io ho mandato
Cecchino al campo soldato semplice di artiglieria, e l'ho unico
al mondo. Credeva che gli uomini amassero la Libertà come me — per
respirare più libero, — mi sono ingannato: tornerò a vivere di memorie,
e conversare coi morti. Oh! gli alberi, gli alberi, bisogna piantarli
nel cuore, e allora va bene. Sussurroni la più parte, queruli, astiosi,
ed ecco tutto.»
[677] E poichè gli ho sotto gli occhi aggiungo i deposti dei
signori Professore Taddei, e Colonnello Nespoli. Il primo dice: «Non
posso negare per altro, che reiteratamente il Guerrazzi si oppose
all'accettazione del Potere Esecutivo, e che io stesso seguendo il
sentimento di varii altri Deputati feci istanza perchè lo accettasse,
essendo_ nella persuasione, ch'egli avrebbe saputo farne uso a
vantaggio del Paese_.» Il secondo dichiara: «Siccome il Partito ultra
non era d'accordo col Guerrazzi, così penso, che nascesse diffidenza
dell'uno verso dell'altro, e nella notte nella quale fu dichiarato capo
del Potere Esecutivo ho memoria, che da qualche Deputato fossero contro
lui profferite ingiurie per le quali il Guerrazzi accennava volersi
ritirare dal Governo Provvisorio.»
[678] Vedi pag. 192 di questa _Apologia_.
[679] Per quanto posso ricordarmi, i signori Martini e Carlo Martelli,
soli, quantunque facessimo loro vivissime istanze a rimanere, si
dimisero dallo ufficio, ed il signor Frullani non lo accettò offerto,
allegando che beneficato dal Granduca gli sarebbe parso mostrare
ingratitudine: _di che io molto lo commendai, e glielo dissi in
faccia; e questa è pure dimostrazione di animo_, dacchè il tempo non mi
consentiva più aperto discorso.
[680] Vedi _Appendice_. Requisitoria del Procuratore _regio_ della
Repubblica, Rusconi.
[681] S. Marco Evang., c. 14, n. 66.
[682] Il mio Difensore mi partecipa in quali termini cotesta Decisione
proceda, e intorno a quale vile paltoniere ella versi. Sta bene: quello
somministrerà argomento ad un altro canto.
[683] Nel 1665, durante la guerra fra Inghilterra e Olanda, Monk certa
volta si trovò con poche navi stretto dall'armata intera di Ruyter.
Mentre gli ufficiali inglesi intorno a Monk gli esprimevano le loro
apprensioni per una zuffa tanto disuguale, Monk caricando tranquillo
una pistola rispose: «una cosa so certo ed è, che non sarò preso.» Con
ciò volendo dare ad intendere, che, in caso di perdita, avrebbe fatto
scoppiare la Santa Barbara.
[684] Guizot, _Monk_, pag. 61.
[685] Ivi, pag. 72.
[686] Hume, _Storia d'Inghilterra_, Cap. 62.
[687] Guizot, _Monk_, pag. 71.
[688] Hallam nella _Storia Costituzionale della Inghilterra_ (Cap. 10,
pag. 208) narra che non solamente rimandò il fratello senza speranza,
_ma che lo minacciò di farlo impiccare se mai tornava con simili
proposte_.
[689] Hume, _Storia d'Inghilterra_, Cap. 62, pag. 432.
[690] Guizot, _Monk_, pag. 76.
[691] Guizot, _Monk_, pag. 80.
[692] Hume, Opera citata, Cap. 12, pag. 435. — Guizot, _Monk_, pag. 74.
[693] Guizot, _Monk_ pag. 102.
[694] Hume, Opera citata, pag. 436.
[695] Guizot, _Monk_, pag. 115.
[696] Guizot, _Monk_, pag. 129.
[697] Hume, _Storia d'Inghilterra_, Cap. 62, pag. 449.
[698] Lettera del 21 maggio 1660 del Ministro De Bordeaux al Cardinale
Mazzarino, citata dal Guizot.
[699] Lettera come sopra del 13 maggio 1660.
[700] A Lord Say che gli parlava della necessità di escludere
dall'oblio almeno qualcheduno dei Giudici, che avevano condannato a
morte Carlo I padre del Re, Monk rispose incollerito: «No! neanche un
solo: io mi reputerei il primo _furfante_ del mondo se consentissi
ad eccettuarne uno solo.» E col colonnello Hutchinson in altra
occasione si espresse: «Dio mi danni, se per la morte del Re, uomo
abbia a perdere pure un capello!» Nonostante, l'impeto e la vendetta
dei Realisti furono più forti di lui; e quantunque nel Parlamento
sostenesse il Partito della moderazione, potè appena ottenere, che
il numero degli esclusi regicidi si riducesse a sette, dei quali
sei soli patirono la morte. Ma il caso del marchese Argyle presenta
tale carattere di tradimento, e di rancore personale, che lo steso
Hume storico, di Partito _tory_, non può nascondere, che anche fra i
contemporanei suscitò generale indignazione. Guizot racconta, che Lord
Wharncliffe si è ingegnato, comecchè timidamente, ad attenuarne la
colpa; ma egli dice, che coteste ragioni non lo persuadono per nulla,
e che la indegnissima azione del Monk non merita scusa.
[701] Anche Monk ebbe a sollecitatore per la restaurazione di Carlo
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