Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi - 66
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del 22 febbraio avvisava la partenza del Granduca senza riflessioni,
senza dimostranza alcuna, che rivelasse contento di scopo ottenuto:
«Riceviamo da Grosseto la seguente notizia officiale. Leopoldo II,
dopo avere imbarcato tutto il suo equipaggio, e dopo aver tenuto un
lungo Consiglio con i Ministri Esteri presenti a Santo Stefano, si è
recato a bordo del Vapore inglese _Bull Dog_ insieme alla sua famiglia
e parte del seguito. Ciò accadeva a 10 pom. precise.» Ma quello che
più importa è, che Giovanni Sordini, che fu ospite di Sua Altezza,
invece di perdere la fiducia del Governo, con molta querimonia della
Fazione Repubblicana, fu messo a parte della Commissione di Sicurezza
pubblica, e non incontrarono molestia il Nieto e il Lambardi, che si
erano mostrati devoti al Principe nell'ora della sventura. Ed eccone
la prova: «Vedete, che cosa vuol dire, che il Governo Provvisorio
non abbia impiegati fedeli al suo servizio. Con un Tenente del Porto
_granduchista_ per eccellenza, ed uno dei primarii, e più furbi
reazionarii, non potrà sapere mai nulla. E per aggiunta questo Tenente
è, come sapete, anche Gonfaloniere. Nel Comitato di pubblica Sicurezza
vi è il Sordini, quegli che ha tenuto in casa il Granduca.....» —
(_Corrispondenza dell'Alba_, Nº del 28 febbraio 1849.)
[458] Il Prefetto di Pisa al Ministro dello Interno. «Scrive il
Delegato di Massa perchè comunichi subito: la votazione ha avuto
luogo senza il concorso dei Sardi. Avenza è nostra: due soli voti
pel Piemonte. Tutto è proceduto con calma; ora gran festa. Io vado
a prendere possesso con la truppa. La Popolazione ci viene incontro
festante dalla..... a un miglio d'Avenza.» — (Dispaccio telegrafico del
12 decembre 1848. — Documenti a pag. 466.)
[459] Nel Volume dei Documenti a pag. 469 leggo questo Dispaccio: «Il
Prefetto di Pisa al Ministro della Guerra. — Trascrivo il presente
Dispaccio del Generale De Laugier, che me ne incarica. — Massa Ducale,
24 decembre 1848. Ore 4 pom. — _Forza maggiore piemontese cacciò via
con minaccia di fuoco da Parana i Toscani._ Protestammo. Istruzioni per
ciò, ed anche per Avenza al bisogno. Il Generale De Laugier, — Ore 2,
55 min. ant.»
[460] Questo fatto nel libro di Luigi Carlo Farini, intitolato _Lo
Stato Romano_, così si racconta:
«... Ma nel momento in cui i Costituzionali toscani si ponevano a grave
repentaglio tentando aiutare l'impresa del Laugier, i consigli della
Corte di Santo Stefano cambiavano intieramente. Erano colà giunti da
Gaeta sopra un battello a vapore il Bargagli ministro presso la Santa
Sede ed un Saint-Marc francese, faccendiere legittimista, i quali col
granduca e colla sua famiglia ebbero confidenti colloquii per un giorno
intiero, senza che i legali fossero chiamati a consiglio od avessero
sentore degli avvisi che quelli recavano. Avevano recate lettere del
Santo Padre pel granduca, lettere e consigli del cardinale Antonelli,
della Corte di Napoli, della Duchessa di Berry, dell'Esterhazy, dei
legittimisti, pel granduca, per la moglie, per la sorella, per la
Corte Toscana. Il giorno appresso, convocati i legati, il granduca
disse, avere ricevuta una lettera di Gaeta (che poi quelli seppero
essere del papa), in cui si diceva, che l'Austria non permetterebbe
mai che il Piemonte intervenisse in Toscana, e che non prima le
truppe piemontesi passerebbero la frontiera, il maresciallo Radetzky
muoverebbe sopra Torino; che presto Austria, Francia, Spagna e Napoli
restaurerebbero coll'armi il papa, e che il Piemonte era al bando
dell'impero e del sacerdozio. Per le quali cose, soggiunse il granduca,
aveva dovuto convincersi, essere suo debito di ammonire prontamente il
re di Sardegna dei pericoli che correva, dichiarandogli, non volere
essere cagione delle disgrazie che lo minacciavano, e quindi aveva
rinunziato all'aiuto ricercato prima, ed aveva mandato ordine al
generale Laugier di astenersi o dare indietro dall'intrapresa che gli
aveva affidata. I legati furono maravigliati ed afflitti da questo
discorso, se si eccettui monsignor Massoni internunzio pontificio,
che fece segno d'assenso. Un d'essi, lo Svedese, notò che la notizia
mandata da Gaeta delle deliberazioni dell'Austria non poteva essere
fondata sulla verità, perchè a Gaeta non si poteva avere sentore il
giorno 18 d'una determinazione qualunque presa dall'Austria in Olmutz
intorno all'intervento piemontese chiesto con lettera del granduca,
giunta a Torino soltanto il giorno 17. Le notizie di Gaeta adunque,
soggiungeva, facevano fondamento in un desiderio, forse in un consiglio
di là mandato all'Austria, o in una semplice supposizione, e perciò
non doveva il granduca fondare in quelle i suoi giudizii e le sue
deliberazioni. Pensasse, che avendo l'Austria accettata la mediazione
della Francia e dell'Inghilterra a Brusselle, non poteva credersi nè
che il Piemonte, contro l'avviso della Francia e dell'Inghilterra,
pigliasse l'impresa della restaurazione in Toscana, nè che quelle
permettessero all'Austria di assalire il Piemonte per simigliante
cagione: perciò conchiudeva, che il granduca dovesse scrivere di nuovo
a re Carlo Alberto, non già rivocando la domanda del soccorso, ma sì
disdicendo la lettera che aveva mandata per rivocarlo, ed avvertendolo
semplicemente delle notizie che di Gaeta aveva ricevute. Parve Leopoldo
arrendevole a questi ragionamenti e consigli, e fatto venire innanzi a
sè il Legato Sardo, gli consegnò una nuova lettera pel suo re....»
Però io sono ben lontano di fondarmi sopra uno Scrittore, il quale,
per mostrarsi svisceratissimo del Piemonte, fatto di ogni erba fascio,
tanto è feroce contro coloro, che reputa poco disposti a caldeggiare
le fortune piemontesi. Il suo zelo per cotesto nobile Reame io lodo,
la passione di avvantaggiarlo con ogni possa approvo, ma io non so
quanto primieramente alla sua coscienza provveda, e poi gratifichi
ai Popoli subalpini, assalendo con _falsità manifeste e continue_ la
fama di tale, che, quando pur volesse, non gli potrebbe rispondere:
egli sovente si duole, che la parte a lui avversa non abborrisca
dalla calunnia, ed a ragione la rampogna; ma, fratello, tu vedi la
paglia nell'occhio altrui, e nel tuo non ti accorgi del trave; invece
di maledire la calunnia, parmi, che tornerebbe meglio evitarla; oh!
da siffatti aiuti aborrono i generosi; nè penso io, che imprenda
opera patria colui, il quale invece d'indagare pacato gli errori di
tutti, e riprenderli mite per documento del futuro, inacerbisce gli
animi affannati sotto _il flagello della lingua dolosa_. Ai magnanimi
piacciono i magnanimi, non i saccardi, che traggono dietro agli
eserciti per ispogliare i morti, e graffiarli nel volto con disonesta
ferita. — E tanto basti; però in proposito della citazione estratta
dal libro del signor Farini avverto, che non mi sembra verosimile la
terza lettera del Granduca al Re Carlo Alberto, o almeno del tenore
che egli asserisce; imperciocchè, se disdicendo la disdetta avesse S.
A. confermato la chiamata delle milizie piemontesi, la sua partenza
dal Porto Santo Stefano, secondo che ragione persuade, avrebbe
dovuto somministrare motivo ad affrettarne la marcia piuttostochè a
differirla, e a contrammandarla. Intorno al fatto in discorso, sappiamo
come fosse motivo della dimissione del Presidente Gioberti dai Consigli
del re Carlo Alberto. Da quello che resultò nella celebre Seduta del
Parlamento Sardo del 21 febbraio 1849 sembra potersi ritenere, che
Gioberti, inconsulti Colleghi e Parlamento, offrisse intervenire con le
milizie piemontesi in Toscana.
[461] Io ho chiesto le Corrispondenze ufficiali, e fin qui non mi
si vollero dare; sicchè con che cosa io abbia a difendermi non si sa
vedere. Nel _Monitore_ trovo il seguente Dispaccio del Comandante di
Piazza di Carrara al Ministro della Guerra, in data del 19 febbraio
1849:
«Il General De Laugier s'è messo in aperta ribellione col Governo
Provvisorio, giacchè avanti ieri essendosi recato a Pietrasanta vi
lesse un Proclama di Leopoldo d'Austria, quindi da pochi birbaccioni
fece suonare le campane a festa, e lacerare tutti i proclami del
Governo Provvisorio; in seguito, presa mezza batteria, la fece
trasportare al forte di Porta appostandola in direzione ostile,
guardata da circa dugento soldati che io stesso vidi. — Il Delegato di
Massa già aveva protestato contro l'infame attentato del De Laugier; mi
trasferii subito a Carrara.
I Carraresi si sono condotti degnamente, giacchè _tanto il Municipio
che la Guardia Nazionale e tutta l'intiera Popolazione non hanno
voluto riconoscere il potere militare di De Laugier_, ed hanno
fatto rispettare tutti i decreti del Governo Provvisorio che stanno
affissi nelle muraglie; agli stessi pochi soldati che qui stanziano,
è stato comunicato lo spirito della popolazione di Carrara, stantechè
il proclama di Leopoldo d'Austria, ch'era stato affisso alla porta
del loro quartiere, è stato da loro stessi lacerato, e ve ne hanno
sostituito un altro in favore del Governo Provvisorio, dimodochè
penso che l'attentato del De Laugier sia ormai sventato, _non avendo
ottenuto, come egli sperava, l'appoggio morale di queste popolazioni_.»
Nei Giornali del tempo trovo quest'altra corrispondenza:
«Massa, 21 febbraio. — Noi ci troviamo in tale incertezza, in tale
stato d'inquietudine, che vi giuro mai provammo l'eguale. Il Generale
De Laugier, dopo aver fatto affiggere una protesta in nome di Leopoldo,
si diede quindi a correre le nostre contrade seguito da parecchi
Dragoni a cavallo, e gridando Morte ai Repubblicani, Viva Leopoldo II.
Il Municipio, composto d'uomini deboli o peggio, non ha fatto alcuna
protesta pubblica contro di esso. Solo il Circolo popolare alzò la
sua voce di disapprovazione, dichiarando che il Popolo di Massa non
parteggiava per alcuno, ma solo per l'Italia e per l'Indipendenza; ciò
procurò da parte del De Laugier una minaccia di oppressione, stato
d'assedio, e peggio. Non sappiamo nulla di positivo della Toscana;
correte però presto a liberarci, che le tiranniche violenze di questo
piccolo despota ci sono insopportabili.»
Dispaccio telegrafico del Prefetto di Lucca del 18 febbraio: «Il
Vicario che oggi mi scrive era impedito ieri, perchè guardato a vista;
— non posso sapere il vero stato delle cose, perchè a Massa e Carrara
Laugier esercita potere sovrano e dittatoriale, a quanto si dice.»
[462] Le corrispondenze officiali, di queste mene non tacciono.
La Sentenza della Corte Regia di Lucca del 4 giugno 1880 dichiara:
«Attesochè altri non manchino i quali affacciano il sospetto, che
fra i segreti agitatori delle campagne alcuni vi fossero avversi a
un tempo alla democrazia e alla Dinastia Lorenese, e coltivassero la
occulta mira per ricondurre il già Ducato di Lucca a condizione di cose
impossibile;» — ma più esplicitamente i Giornali dei tempi intorno alle
mene pei Piemontesi.
_Il Popolano_ del 15 febbraio 1849 così allarma il Governo Provvisorio
con le sue corrispondenze lucchesi, che in sostanza erano vere: «A
Lucca pure i fervidi patriotti perdon coraggio per la fiacchezza del
Governo, che sembra volontario ficcarsi negli occhi le dita per nulla
scorgere di quanto gli succede dattorno. Note di adesione al Governo
Sardo circolano sempre per la città, e diecimila Piemontesi sono alle
frontiere, presso Sarzana, desiderosi di porre il suggello del fatto
compiuto alla perfida macchinazione della trista combriccola della
_Riforma_, foglio svergognato e venduto, a cui, nei tempi che corrono,
e nel bisogno di unione e di quiete interna che supremo impera, non
dovrebbe bastare lo invocare la libertà della stampa per proseguire
nelle sozze sue opere; e come austriaco, e come traditore della patria,
esser dovrebbe messo fuor della legge, e condannato alla pena dei
facinorosi.»
«Le più allarmanti notizie fannosi correre in quel paese (Lucca) pieno
di generosi intelletti, ma dallo iniquo partito, soverchiante, tenuti
isolati e divisi.
«_Ieri abbiamo da lettera di onesto cittadino tenersi colà per certo
l'accordo del De Laugier col Piemonte._ Alla menzognera notizia una
mano di soldati con insolita burbanza dirigevasi sulla piazza di San
Michele, dichiarando ad alta voce non volere eglino prestar servigio
al Governo Provvisorio, perchè — urlavan essi — _composto di tre
assassini_, e proseguirono in altre esecrande invettive finchè parte
di Popolo non gli ebbe ricondotti a forza nella loro caserma, dopo
essersi impossessata delle armi. I cittadini spontaneamente si dettero
a pattugliare per la città, ove niun disordine ebbe luogo, ma non fu
però potuto impedire fossero sparsi fogli sediziosi fralle truppe,
colle quali insinuavasi dovere eglino persistere nel loro proposito
di non servire ad _un Governo che ci conduce al macello_. Di tutta la
Ufficialità risiedente in Lucca due soli hanno parlato a pro di esso:
gli altri permisero che alti personaggi s'introducessero nel quartiere
militare, e vi spargessero danari per sovvertire sempre maggiormente i
soldati.
Questi fatti avvenivano in Lucca parimente il dì 12, e se _una protesta
a stampa, scritta dai buoni soldati_, circola e condanna la mala
condotta dei traviati compagni, ciò non dee mica impegnare il Governo a
starsene _inerte spettatore delle lotte intestine, nè ad aspettare che
la battaglia cessi o per mancanza di combattenti_, o per breve sosta
prodotta da stanchezza più che da persuasione.» — (_Popolano_ del detto
giorno.)
[463] «Noi lo abbiamo sempre predicato: la libertà e gli eccessi
appianano la via alla reazione!... Sì, la persuasione del _si stava
meglio prima_, sentita nei cuori di gente ignorante ed illusa, potè
essere tradotta nel grido forsennato di _Viva Carlo Lodovico_; e
l'eresia politica della separazione trovar numerosi partigiani.....
Ora dunque tocca al Governo ad unire l'opera sua con quella dei buoni
cittadini, perchè le difficoltà che ci circondano sieno dissipate,
e sia tolto ogni pretesto alle mene di reazione che ci minaccia.» —
(_Riforma_, 2 gennaio 1849.)
[464] Dispaccio telegrafico del Governatore di Livorno, 18 febbraio ore
6, m. 3 p. m. — Documenti, pag. 484.
[465] Documenti, ivi.
[466] Ivi, pag. 284.
[467] «_Gli esuli lombardi accorsero tutti_ a difendere la libertà
minacciata, e _la legione pollacca_, sebbene rientrata in Firenze da
poche ore, dimenticò la fatica e la stanchezza per accorrere a difesa
della terra che l'ha ospitalmente raccolta.» (_Monitore del 22 febbraio
1849._) — Dunque se nella notte del 21-22 Lombardi e Pollacchi erano a
Firenze, non potevo a un punto essermeli tratti dietro il 20. L'Accusa
volle sempre mostrarsi esatta così.
[468] In Massa i Partiti, secondo le informazioni, erano tre, e
fierissimi tutti, che attendevano il destro di romperla crudamente fra
loro, il Repubblicano il più ardito, lo Estense il più numeroso, il
Costituzionale il minore.
[469] Merita esame profondissimo la seguente lettera da me mandata
al R. Delegato conte Staffetti, mentre io durava nei Consigli della
Corona: per essa si comprende come la mia politica fosse la conseguenza
franca e decisa del Decreto del 12 maggio 1848 — (Ministero _Compini_),
— e della Commissione data il 22 settembre al Marchese Ridolfi —
(Ministero _Capponi_), — sia intorno alla consulta del voto popolare,
sia intorno alla necessità di accorrere con tutte le forze in soccorso
dei Lunensi:
«Al signore Conte Andrea Del Medico Staffetti Delegato R. di Massa e
Carrara.
«Signore Delegato, Amico carissimo.
«Io ho motivo fondato per credere che le minaccie, e le paure relative
al paese alla fede vostra commesso, e che voi con senno pari alla
energia governate, si abbiano a reputare per vane; e nonostante, quando
fossero vere, il Ministero è deliberato difenderlo con ogni supremo
sforzo, così persuadendo la politica, l'onore, e il dovere.
«Uno Stato, perchè duri, e non sia uno scherno geografico, concedetemi
la espressione, ha mestieri di confini naturali. La natura gli ha dati
alla Toscana; essa ha potuto conseguirli; e adesso deve mantenerli.
— La difesa esterna, alla quale ogni Stato che non si voglia ridotto
nella condizione di schiavo tremante ha diritto, così ordina.
L'amministrazione interna, per le ragioni che ogni uomo intende,
senza pure tôrmi il pensiero di esporle, così domanda. — Il Trattato
di Vienna ormai, nella divisione territoriale del nostro Paese, fu
chiarito assurdo, e Dio volesse che fosse stato assurdo in questa parte
soltanto!
«Qualunque sieno le sorti che la Provvidenza riserba alla Italia,
confido in questo, che, se avranno a decidersi co' Congressi, agli
antichi errori verrà riparato col senno; se poi con le guerre dei
Popoli, saranno emendati con la spada. Ad ogni modo vogliono essere
corretti, se non si ama perpetuare gli argomenti della inquietudine, e
saranno.
«E ciò posto da parte, noi vi abbiamo aperto le braccia, voi vi
ci siete precipitati dentro, e ormai questo amplesso ha da essere
indissolubile. La libera votazione del Popolo è l'unico, e il santo
diritto divino dei Principi: infatti la libera volontà dell'uomo,
determinata dalla segreta ispirazione del suo Creatore, è il modo col
quale in simili bisogne Dio si rivela agli uomini; e questa dottrina io
penso che non abbisogni essere dimostrata.
«_Non sarà detto che voi abbiate ricevuto danno_ per la benevolenza
dimostrata con modi così solenni a noi Toscani. Voi siete per natura,
e diventaste adesso per libero consenso della mente, quasi carne della
nostra carne, ed ossa delle nostre ossa. _Noi vi difenderemo da tutti,
e ci salveremo, o periremo insieme_.
«Poche sono le forze nostre, e non pertanto bastano contro i nostri
nemici; e poi stanno per noi la ragione, e il buon dritto, che, come la
esperienza insegna, fanno forza agl'Imperii più poderosi.
«Queste leali ed esplicite dichiarazioni avranno, io spero, virtù _di
assicurare i timidi, e confermare i risoluti_.
«S. A. R. rimase oltremodo commossa dello amore dimostrato in tale
occasione da cotesti Popoli; io vi commetto lo incarico onorevole di
farglielo palese, e assicurarli ch'essi vengono con altrettanto affetto
ricambiati; e il Principe e il suo Ministero vi aspettano con ansietà,
mio egregio Signore, per consultare insieme intorno ai provvedimenti
valevoli per promuovere ogni maniera di prosperità di coteste
popolazioni benemerentissime.» — (_Monitore_, 20 decembre 1848.)
[470] Dispaccio al Prefetto di Lucca del 23 febbraio 1849 — citato
altrove: «Sono giunto a Pietrasanta: poco dopo è arrivata la colonna
condotta dal Maggiore Petracchi, la quale, _preso un poco di ristoro,
si dirige immediatamente verso Viareggio. Qui attendo il Generale
D'Apice_. Mi vengono notizie avere Laugier inchiodati i cannoni al
posto di Porta, e fuggir via; indietreggiato fino a Massa, avere
sciolto i soldati, che percorrono sbandati il Paese, _ed Egli essersi
salvato_.»
[471] Documenti dell'Accusa, pag. 814.
[472] L'Accusa, spigolando per nuocere, trova che il Prefetto di Lucca
annunziava: «Il Dottore Casali avverte il Presidente, che un amico
livornese ha deciso per lo arresto della madre di Laugier, e se tuttora
è in Livorno sarà custodita.» — (Documenti dell'Accusa, pag. 484.) — Ma
l'Accusa non ha riportato il mio Proclama per salvare da tanta infamia
il capo della povera madre; e lo riporto io: «Essendoci pervenuta la
notizia come alcuni del Popolo crucciati per lo empio attentato di
Cesare Laugier abbiano manifestata la intenzione di arrestare sua madre
dimorante a Pisa: _Si ordina sotto pena della indignazione del Governo,
che sia rispettata religiosamente_..... — Camaiore, 22 febbraio 1849.»
— (_Era Novella_, 24 febbraio 1849. — _Conciliatore_, 26 febbraio
1849.)
[473] Thiers, _Histoire de la Révolution_ (Convention), pag. 232,
edizione citata. — _Blanc_, tomo 2, pag. 445, edizione citata.
[474] Berghini, di cui ragionerò fra poco.
[475] Non è già per cattare sacerdotale benevolenza, ma per dire il
vero, che qui ricordo con quanto studio io cercassi porre i Preti
in grazia al Popolo; invero, aprendo a caso l'_Alba_ del 1848, a c.
1264, trovo: «Alla lettura dei nomi dei due Canonici, alcuni hanno
obiettato: non vogliamo preti; Guerrazzi ha fatto osservare, che
fra questi vi sono anche molti buoni, e che uno della Deputazione»
(erra, parlai di Monsignor Gavi) «era dispensatore ai poveri di molte
migliaia di lire l'anno. Il Popolo ha annuito.» — Io, che sono un
uomo tagliato all'antica, tenevo sempre la mente volta a quello che
il Segretario Fiorentino dice, nei Discorsi su le Deche di Tito Livio,
della religione dei Romani, ammonendo con ragioni e con esempii buoni
com'essa fu parte non piccola a formare in loro la _virtù_ per cui
conquistarono il mondo.
[476] Il signor Farini, nel Vol. III, a pag. 255, della sua Opera su
_lo Stato Romano_, parlando di Vincenzo Gioberti, scrive: «i ministri
toscani (obbrobrio!) lo ingiuriarono villanamente.» Vincenzo Gioberti,
uomo di mente, e perciò di cuore grande, deplora questi importuni
ricordi, come li deploro io; ed entrambi (ne sono certo) daremmo
molto, ma molto assai, perchè i fatti che somministrano argomento a
simili scilomi andassero obliati, o, se possibile fosse, non fossero
accaduti: ora aizzare l'uno contro l'altro non è opera a cui bastino
gl'ingenerosi: le nostre destre non si sono potute toccare; ma con
gli spiriti già ci siamo abbracciati, piangendo sopra la Patria, e
su noi.... Fermo questo, come spero, devo ammonire il signor Farini,
che anche qui erra; e mi conceda, che io gli aggiunga, ciò accadergli
troppo spesso, onde il suo Libro, che pure è dettato con vaghezza di
stile, si levi alla dignità di Storia. — L'Accusa, a cui cotesto libro
(e veda il Farini a che cosa meni la parte di Don Marzio nel mondo)
è servito di lanterna, e, come a Dio piacque, fallace, per impegnarsi
dentro al laberinto delle sue bugie, stampa nel Volume dei Documenti a
pag. 860 la prova, che il Governo Provvisorio toscano non insultò, ma
fu insultato. La dichiarazione del Governo Provvisorio di Toscana del
17 marzo 1849 fu provocata dalle furiose e non degne parole contenute a
riguardo nostro nel _Saggiatore_, Giornale politico. Quanto era meglio
pel signor Farini, ed anche per tutti, non accennare a questa miseria,
molto più se si considera ch'ei lo fece allo scopo di aggravare con
menzogna me travagliato anche troppo!
[477] Lettera di V. Gioberti al Muzzarelli, del 28 gennaio 1849.
[478] Lamartine, _Histoire de la Révolution de 1848_, Bruxelles 1849,
tom. 1, pag. 194. — Qui ho parlato di Decreto pubblicato senza ch'io lo
firmassi: nell'Appendice terrò discorso di altro Decreto da me firmato
senza averlo letto.
[479] Documenti. pag. 549.
[480] Pare che l'estensore di codesto Proclama in quel giorno fosse di
Guardia alla punta del Molo!
[481] «Nuovi avvenimenti minacciavano di tornare ad alterare nel
decorso giorno in Empoli l'ordine pubblico, e la quiete della
popolazione. — Non appena tal notizia giungeva a cognizione delle
Guardie di Finanza appartenenti alla Brigata di Firenze, che spontanee
ed animose si offrivano di andare a tutelare quanto ha di più caro e di
più sacro il cittadino che veracemente ama la sua Patria diletta. Esse
partirono alla volta di Empoli la decorsa sera, condotte dall'Aiutante
Maggiore Pietro Giovannoli. Possa un tale esempio di paterna affezione
essere apprezzato quanto merita, e seguitato quanto n'è il bisogno,
da tutti i buoni Toscani _i di cui costumi_, la di cui concordia, il
di cui sagace e retto intendimento ne assicurano, che anche in questi
solenni momenti non ismentiranno quella commendata opinione, che per
tali virtù sempre mai si meritarono. Firenze, 23 febbraio 1849.» —
(Documenti dell'Accusa, pag. 846.)
[482] Documenti, pag. 247.
[483] Documenti, pag. 247.
[484] Ivi.
[485] Documenti, pag. 286.
[486] Ivi, pag. 249.
[487] L'Accusa pare, che faccia nascere i sassi
Dal più profondo e tenebroso abisso,
per urtarvi dentro: invero la disciplina militare difficilmente
troverebbe cultore più passionato di me; quando mi pervenne la notizia
della strage del Giovannetti la mia voce si levò nel Parlamento, perchè
fosse sottilmente ricercata, e punita.
«_Guerrazzi_. — Mi vengono sicure notizie non solamente a carico della
compagnia dalla quale si suppone che possa essere derivata la uccisione
del Colonnello Giovannetti, ma ancora relative al pessimo contegno
tenuto da tutto il Corpo dei Granatieri nella presente Campagna.
«Mi si annunzia di più che le provocazioni, le minaccie e gli
scopelismi usati contro il Giovannetti datano da tanti tempi remoti;
e per conseguenza domanderei al sig. Ministro della Guerra affinchè
si facesse dovere di affrettare una simile inchiesta. Privatamente
lo faremo anche noi, affinchè, corrispondendo a questa inchiesta le
notizie che mi vengono date, sia proceduto con tutto il rigore della
Legge, non solamente a carico della compagnia, ma anche contro tutto
questo corpo di Granatieri; il quale, essendo corpo scelto, doveva dare
esempio di disciplina, e, _secondo le informazioni_ ricevute, avrebbe
fatto tutto al contrario.
«_Ministro della Guerra_. — Dal momento in cui le nostre truppe mossero
per la Lombardia fu istituito un tribunale _militare_ a cui incombe
l'incarico di fare le indagini necessarie dei fatti tumultuosi o dei
disordini che avvengono nel campo. Io, nonostante, tornerò ad eccitare
il tribunale, affinchè si occupi di queste indagini.
«_Guerrazzi_. Contiamo nella vostra lealtà e nella vostra giustizia
affinchè questo abbia luogo.» — (_Monitore_, Seduta del 16 agosto
1848.)
[488] Vedi la sua dimissione mandata al Governo Provvisorio, negli
Archivii.
[489] «Il Prefetto di Lucca al Ministro dello Interno. Trascrivo un
biglietto del Delegato di Massa e Carrara, che mi perviene in questo
momento, così concepito — Massa 18 febbraio. Signor Prefetto. _I
Piemontesi non entrano. Laugier è sconcertato. Qui calma dignitosa.
Altrettanto sia in Toscana, ed il folle progetto cadrà per la sua
propria incostanza. Dirami questa notizia, e sopra tutto la comunichi
al Governo._
«P. S. _Io non sono ancora libero, nè le mie comunicazioni. Domani
spero poter dare migliori notizie_.» — (Documenti, pag. 484.)
[490] Documenti, pag. 366.
[491] Documenti, pag. 484.
[492] Documenti, pag. 486.
[493] Ivi.
[494] Ivi.
[495] Trovo sopra i Giornali così narrati i casi del 23 febbraio. A me
non furono referiti diversi quando giunsi a Massa. «Massa, 23 febbraio.
— Alle ore 10, mentre vi scrivo, il paese è in grande allarme. È
ritornato a briglia sciolta tutto il treno con 22 pezzi di cannone e
tutta la truppa a marcia forzata. Giunti sul piazzone del Palazzo, la
popolazione in massa si è slanciata sui soldati del treno, lottando
con essi, e gridando: Non partano più i cannoni. Allora gli artiglieri
hanno staccati i cavalli che sono stati condotti in una stalla e
guardati dal Popolo, i soldati tutti si sono sbandati, fuggendo chi per
la Toscana, chi per le montagne, _chi vendendo la roba per mangiare,
essendo digiuni da 48 ore_. Veduto Laugier tutto questo, abbenchè
dicesse non voler cedere la Piazza, è uscito dal Palazzo a cavallo
scortato dai Dragoni con sciabole sguainate, ed ha gridato: Valorosi
soldati, seguitemi; _io ho la cassa_, andiamo a unirsi a Fosdinovo:
chi mi vuol _bene_ mi segua. — Dopo questo parole è scappato come il
Demonio con la Cavalleria verso Fosdinovo; si crede però che i Dragoni
torneranno indietro.» — (_Alba_, 23 febbraio 1849.)
[496] «Il Municipio di Firenze — dopo avere speso ogni cura a remuovere
dall'animo del Principe il pensiero di uno allontanamento, _lealmente
offeriva_ il suo concorso agli uomini che di _necessità_ assumevano il
_grave incarico_ di reggere provvisoriamente il Paese in sì _difficili
momenti_.» — (Deliberazione del Municipio Fiorentino del 12 febbraio
1849. — Documenti dell'Accusa, pag. 314.)
[497] _Monitore_ del 26 febbraio 1849.
[498] Deliberazioni Municipali del 24 febbraio 1849. — Documenti, pag.
315.
[499] «Cittadini del Governo Provvisorio.
«Non avendo avuto tempo a convocare un'Adunanza Magistrale, ho riuniti
senza dimostranza alcuna, che rivelasse contento di scopo ottenuto:
«Riceviamo da Grosseto la seguente notizia officiale. Leopoldo II,
dopo avere imbarcato tutto il suo equipaggio, e dopo aver tenuto un
lungo Consiglio con i Ministri Esteri presenti a Santo Stefano, si è
recato a bordo del Vapore inglese _Bull Dog_ insieme alla sua famiglia
e parte del seguito. Ciò accadeva a 10 pom. precise.» Ma quello che
più importa è, che Giovanni Sordini, che fu ospite di Sua Altezza,
invece di perdere la fiducia del Governo, con molta querimonia della
Fazione Repubblicana, fu messo a parte della Commissione di Sicurezza
pubblica, e non incontrarono molestia il Nieto e il Lambardi, che si
erano mostrati devoti al Principe nell'ora della sventura. Ed eccone
la prova: «Vedete, che cosa vuol dire, che il Governo Provvisorio
non abbia impiegati fedeli al suo servizio. Con un Tenente del Porto
_granduchista_ per eccellenza, ed uno dei primarii, e più furbi
reazionarii, non potrà sapere mai nulla. E per aggiunta questo Tenente
è, come sapete, anche Gonfaloniere. Nel Comitato di pubblica Sicurezza
vi è il Sordini, quegli che ha tenuto in casa il Granduca.....» —
(_Corrispondenza dell'Alba_, Nº del 28 febbraio 1849.)
[458] Il Prefetto di Pisa al Ministro dello Interno. «Scrive il
Delegato di Massa perchè comunichi subito: la votazione ha avuto
luogo senza il concorso dei Sardi. Avenza è nostra: due soli voti
pel Piemonte. Tutto è proceduto con calma; ora gran festa. Io vado
a prendere possesso con la truppa. La Popolazione ci viene incontro
festante dalla..... a un miglio d'Avenza.» — (Dispaccio telegrafico del
12 decembre 1848. — Documenti a pag. 466.)
[459] Nel Volume dei Documenti a pag. 469 leggo questo Dispaccio: «Il
Prefetto di Pisa al Ministro della Guerra. — Trascrivo il presente
Dispaccio del Generale De Laugier, che me ne incarica. — Massa Ducale,
24 decembre 1848. Ore 4 pom. — _Forza maggiore piemontese cacciò via
con minaccia di fuoco da Parana i Toscani._ Protestammo. Istruzioni per
ciò, ed anche per Avenza al bisogno. Il Generale De Laugier, — Ore 2,
55 min. ant.»
[460] Questo fatto nel libro di Luigi Carlo Farini, intitolato _Lo
Stato Romano_, così si racconta:
«... Ma nel momento in cui i Costituzionali toscani si ponevano a grave
repentaglio tentando aiutare l'impresa del Laugier, i consigli della
Corte di Santo Stefano cambiavano intieramente. Erano colà giunti da
Gaeta sopra un battello a vapore il Bargagli ministro presso la Santa
Sede ed un Saint-Marc francese, faccendiere legittimista, i quali col
granduca e colla sua famiglia ebbero confidenti colloquii per un giorno
intiero, senza che i legali fossero chiamati a consiglio od avessero
sentore degli avvisi che quelli recavano. Avevano recate lettere del
Santo Padre pel granduca, lettere e consigli del cardinale Antonelli,
della Corte di Napoli, della Duchessa di Berry, dell'Esterhazy, dei
legittimisti, pel granduca, per la moglie, per la sorella, per la
Corte Toscana. Il giorno appresso, convocati i legati, il granduca
disse, avere ricevuta una lettera di Gaeta (che poi quelli seppero
essere del papa), in cui si diceva, che l'Austria non permetterebbe
mai che il Piemonte intervenisse in Toscana, e che non prima le
truppe piemontesi passerebbero la frontiera, il maresciallo Radetzky
muoverebbe sopra Torino; che presto Austria, Francia, Spagna e Napoli
restaurerebbero coll'armi il papa, e che il Piemonte era al bando
dell'impero e del sacerdozio. Per le quali cose, soggiunse il granduca,
aveva dovuto convincersi, essere suo debito di ammonire prontamente il
re di Sardegna dei pericoli che correva, dichiarandogli, non volere
essere cagione delle disgrazie che lo minacciavano, e quindi aveva
rinunziato all'aiuto ricercato prima, ed aveva mandato ordine al
generale Laugier di astenersi o dare indietro dall'intrapresa che gli
aveva affidata. I legati furono maravigliati ed afflitti da questo
discorso, se si eccettui monsignor Massoni internunzio pontificio,
che fece segno d'assenso. Un d'essi, lo Svedese, notò che la notizia
mandata da Gaeta delle deliberazioni dell'Austria non poteva essere
fondata sulla verità, perchè a Gaeta non si poteva avere sentore il
giorno 18 d'una determinazione qualunque presa dall'Austria in Olmutz
intorno all'intervento piemontese chiesto con lettera del granduca,
giunta a Torino soltanto il giorno 17. Le notizie di Gaeta adunque,
soggiungeva, facevano fondamento in un desiderio, forse in un consiglio
di là mandato all'Austria, o in una semplice supposizione, e perciò
non doveva il granduca fondare in quelle i suoi giudizii e le sue
deliberazioni. Pensasse, che avendo l'Austria accettata la mediazione
della Francia e dell'Inghilterra a Brusselle, non poteva credersi nè
che il Piemonte, contro l'avviso della Francia e dell'Inghilterra,
pigliasse l'impresa della restaurazione in Toscana, nè che quelle
permettessero all'Austria di assalire il Piemonte per simigliante
cagione: perciò conchiudeva, che il granduca dovesse scrivere di nuovo
a re Carlo Alberto, non già rivocando la domanda del soccorso, ma sì
disdicendo la lettera che aveva mandata per rivocarlo, ed avvertendolo
semplicemente delle notizie che di Gaeta aveva ricevute. Parve Leopoldo
arrendevole a questi ragionamenti e consigli, e fatto venire innanzi a
sè il Legato Sardo, gli consegnò una nuova lettera pel suo re....»
Però io sono ben lontano di fondarmi sopra uno Scrittore, il quale,
per mostrarsi svisceratissimo del Piemonte, fatto di ogni erba fascio,
tanto è feroce contro coloro, che reputa poco disposti a caldeggiare
le fortune piemontesi. Il suo zelo per cotesto nobile Reame io lodo,
la passione di avvantaggiarlo con ogni possa approvo, ma io non so
quanto primieramente alla sua coscienza provveda, e poi gratifichi
ai Popoli subalpini, assalendo con _falsità manifeste e continue_ la
fama di tale, che, quando pur volesse, non gli potrebbe rispondere:
egli sovente si duole, che la parte a lui avversa non abborrisca
dalla calunnia, ed a ragione la rampogna; ma, fratello, tu vedi la
paglia nell'occhio altrui, e nel tuo non ti accorgi del trave; invece
di maledire la calunnia, parmi, che tornerebbe meglio evitarla; oh!
da siffatti aiuti aborrono i generosi; nè penso io, che imprenda
opera patria colui, il quale invece d'indagare pacato gli errori di
tutti, e riprenderli mite per documento del futuro, inacerbisce gli
animi affannati sotto _il flagello della lingua dolosa_. Ai magnanimi
piacciono i magnanimi, non i saccardi, che traggono dietro agli
eserciti per ispogliare i morti, e graffiarli nel volto con disonesta
ferita. — E tanto basti; però in proposito della citazione estratta
dal libro del signor Farini avverto, che non mi sembra verosimile la
terza lettera del Granduca al Re Carlo Alberto, o almeno del tenore
che egli asserisce; imperciocchè, se disdicendo la disdetta avesse S.
A. confermato la chiamata delle milizie piemontesi, la sua partenza
dal Porto Santo Stefano, secondo che ragione persuade, avrebbe
dovuto somministrare motivo ad affrettarne la marcia piuttostochè a
differirla, e a contrammandarla. Intorno al fatto in discorso, sappiamo
come fosse motivo della dimissione del Presidente Gioberti dai Consigli
del re Carlo Alberto. Da quello che resultò nella celebre Seduta del
Parlamento Sardo del 21 febbraio 1849 sembra potersi ritenere, che
Gioberti, inconsulti Colleghi e Parlamento, offrisse intervenire con le
milizie piemontesi in Toscana.
[461] Io ho chiesto le Corrispondenze ufficiali, e fin qui non mi
si vollero dare; sicchè con che cosa io abbia a difendermi non si sa
vedere. Nel _Monitore_ trovo il seguente Dispaccio del Comandante di
Piazza di Carrara al Ministro della Guerra, in data del 19 febbraio
1849:
«Il General De Laugier s'è messo in aperta ribellione col Governo
Provvisorio, giacchè avanti ieri essendosi recato a Pietrasanta vi
lesse un Proclama di Leopoldo d'Austria, quindi da pochi birbaccioni
fece suonare le campane a festa, e lacerare tutti i proclami del
Governo Provvisorio; in seguito, presa mezza batteria, la fece
trasportare al forte di Porta appostandola in direzione ostile,
guardata da circa dugento soldati che io stesso vidi. — Il Delegato di
Massa già aveva protestato contro l'infame attentato del De Laugier; mi
trasferii subito a Carrara.
I Carraresi si sono condotti degnamente, giacchè _tanto il Municipio
che la Guardia Nazionale e tutta l'intiera Popolazione non hanno
voluto riconoscere il potere militare di De Laugier_, ed hanno
fatto rispettare tutti i decreti del Governo Provvisorio che stanno
affissi nelle muraglie; agli stessi pochi soldati che qui stanziano,
è stato comunicato lo spirito della popolazione di Carrara, stantechè
il proclama di Leopoldo d'Austria, ch'era stato affisso alla porta
del loro quartiere, è stato da loro stessi lacerato, e ve ne hanno
sostituito un altro in favore del Governo Provvisorio, dimodochè
penso che l'attentato del De Laugier sia ormai sventato, _non avendo
ottenuto, come egli sperava, l'appoggio morale di queste popolazioni_.»
Nei Giornali del tempo trovo quest'altra corrispondenza:
«Massa, 21 febbraio. — Noi ci troviamo in tale incertezza, in tale
stato d'inquietudine, che vi giuro mai provammo l'eguale. Il Generale
De Laugier, dopo aver fatto affiggere una protesta in nome di Leopoldo,
si diede quindi a correre le nostre contrade seguito da parecchi
Dragoni a cavallo, e gridando Morte ai Repubblicani, Viva Leopoldo II.
Il Municipio, composto d'uomini deboli o peggio, non ha fatto alcuna
protesta pubblica contro di esso. Solo il Circolo popolare alzò la
sua voce di disapprovazione, dichiarando che il Popolo di Massa non
parteggiava per alcuno, ma solo per l'Italia e per l'Indipendenza; ciò
procurò da parte del De Laugier una minaccia di oppressione, stato
d'assedio, e peggio. Non sappiamo nulla di positivo della Toscana;
correte però presto a liberarci, che le tiranniche violenze di questo
piccolo despota ci sono insopportabili.»
Dispaccio telegrafico del Prefetto di Lucca del 18 febbraio: «Il
Vicario che oggi mi scrive era impedito ieri, perchè guardato a vista;
— non posso sapere il vero stato delle cose, perchè a Massa e Carrara
Laugier esercita potere sovrano e dittatoriale, a quanto si dice.»
[462] Le corrispondenze officiali, di queste mene non tacciono.
La Sentenza della Corte Regia di Lucca del 4 giugno 1880 dichiara:
«Attesochè altri non manchino i quali affacciano il sospetto, che
fra i segreti agitatori delle campagne alcuni vi fossero avversi a
un tempo alla democrazia e alla Dinastia Lorenese, e coltivassero la
occulta mira per ricondurre il già Ducato di Lucca a condizione di cose
impossibile;» — ma più esplicitamente i Giornali dei tempi intorno alle
mene pei Piemontesi.
_Il Popolano_ del 15 febbraio 1849 così allarma il Governo Provvisorio
con le sue corrispondenze lucchesi, che in sostanza erano vere: «A
Lucca pure i fervidi patriotti perdon coraggio per la fiacchezza del
Governo, che sembra volontario ficcarsi negli occhi le dita per nulla
scorgere di quanto gli succede dattorno. Note di adesione al Governo
Sardo circolano sempre per la città, e diecimila Piemontesi sono alle
frontiere, presso Sarzana, desiderosi di porre il suggello del fatto
compiuto alla perfida macchinazione della trista combriccola della
_Riforma_, foglio svergognato e venduto, a cui, nei tempi che corrono,
e nel bisogno di unione e di quiete interna che supremo impera, non
dovrebbe bastare lo invocare la libertà della stampa per proseguire
nelle sozze sue opere; e come austriaco, e come traditore della patria,
esser dovrebbe messo fuor della legge, e condannato alla pena dei
facinorosi.»
«Le più allarmanti notizie fannosi correre in quel paese (Lucca) pieno
di generosi intelletti, ma dallo iniquo partito, soverchiante, tenuti
isolati e divisi.
«_Ieri abbiamo da lettera di onesto cittadino tenersi colà per certo
l'accordo del De Laugier col Piemonte._ Alla menzognera notizia una
mano di soldati con insolita burbanza dirigevasi sulla piazza di San
Michele, dichiarando ad alta voce non volere eglino prestar servigio
al Governo Provvisorio, perchè — urlavan essi — _composto di tre
assassini_, e proseguirono in altre esecrande invettive finchè parte
di Popolo non gli ebbe ricondotti a forza nella loro caserma, dopo
essersi impossessata delle armi. I cittadini spontaneamente si dettero
a pattugliare per la città, ove niun disordine ebbe luogo, ma non fu
però potuto impedire fossero sparsi fogli sediziosi fralle truppe,
colle quali insinuavasi dovere eglino persistere nel loro proposito
di non servire ad _un Governo che ci conduce al macello_. Di tutta la
Ufficialità risiedente in Lucca due soli hanno parlato a pro di esso:
gli altri permisero che alti personaggi s'introducessero nel quartiere
militare, e vi spargessero danari per sovvertire sempre maggiormente i
soldati.
Questi fatti avvenivano in Lucca parimente il dì 12, e se _una protesta
a stampa, scritta dai buoni soldati_, circola e condanna la mala
condotta dei traviati compagni, ciò non dee mica impegnare il Governo a
starsene _inerte spettatore delle lotte intestine, nè ad aspettare che
la battaglia cessi o per mancanza di combattenti_, o per breve sosta
prodotta da stanchezza più che da persuasione.» — (_Popolano_ del detto
giorno.)
[463] «Noi lo abbiamo sempre predicato: la libertà e gli eccessi
appianano la via alla reazione!... Sì, la persuasione del _si stava
meglio prima_, sentita nei cuori di gente ignorante ed illusa, potè
essere tradotta nel grido forsennato di _Viva Carlo Lodovico_; e
l'eresia politica della separazione trovar numerosi partigiani.....
Ora dunque tocca al Governo ad unire l'opera sua con quella dei buoni
cittadini, perchè le difficoltà che ci circondano sieno dissipate,
e sia tolto ogni pretesto alle mene di reazione che ci minaccia.» —
(_Riforma_, 2 gennaio 1849.)
[464] Dispaccio telegrafico del Governatore di Livorno, 18 febbraio ore
6, m. 3 p. m. — Documenti, pag. 484.
[465] Documenti, ivi.
[466] Ivi, pag. 284.
[467] «_Gli esuli lombardi accorsero tutti_ a difendere la libertà
minacciata, e _la legione pollacca_, sebbene rientrata in Firenze da
poche ore, dimenticò la fatica e la stanchezza per accorrere a difesa
della terra che l'ha ospitalmente raccolta.» (_Monitore del 22 febbraio
1849._) — Dunque se nella notte del 21-22 Lombardi e Pollacchi erano a
Firenze, non potevo a un punto essermeli tratti dietro il 20. L'Accusa
volle sempre mostrarsi esatta così.
[468] In Massa i Partiti, secondo le informazioni, erano tre, e
fierissimi tutti, che attendevano il destro di romperla crudamente fra
loro, il Repubblicano il più ardito, lo Estense il più numeroso, il
Costituzionale il minore.
[469] Merita esame profondissimo la seguente lettera da me mandata
al R. Delegato conte Staffetti, mentre io durava nei Consigli della
Corona: per essa si comprende come la mia politica fosse la conseguenza
franca e decisa del Decreto del 12 maggio 1848 — (Ministero _Compini_),
— e della Commissione data il 22 settembre al Marchese Ridolfi —
(Ministero _Capponi_), — sia intorno alla consulta del voto popolare,
sia intorno alla necessità di accorrere con tutte le forze in soccorso
dei Lunensi:
«Al signore Conte Andrea Del Medico Staffetti Delegato R. di Massa e
Carrara.
«Signore Delegato, Amico carissimo.
«Io ho motivo fondato per credere che le minaccie, e le paure relative
al paese alla fede vostra commesso, e che voi con senno pari alla
energia governate, si abbiano a reputare per vane; e nonostante, quando
fossero vere, il Ministero è deliberato difenderlo con ogni supremo
sforzo, così persuadendo la politica, l'onore, e il dovere.
«Uno Stato, perchè duri, e non sia uno scherno geografico, concedetemi
la espressione, ha mestieri di confini naturali. La natura gli ha dati
alla Toscana; essa ha potuto conseguirli; e adesso deve mantenerli.
— La difesa esterna, alla quale ogni Stato che non si voglia ridotto
nella condizione di schiavo tremante ha diritto, così ordina.
L'amministrazione interna, per le ragioni che ogni uomo intende,
senza pure tôrmi il pensiero di esporle, così domanda. — Il Trattato
di Vienna ormai, nella divisione territoriale del nostro Paese, fu
chiarito assurdo, e Dio volesse che fosse stato assurdo in questa parte
soltanto!
«Qualunque sieno le sorti che la Provvidenza riserba alla Italia,
confido in questo, che, se avranno a decidersi co' Congressi, agli
antichi errori verrà riparato col senno; se poi con le guerre dei
Popoli, saranno emendati con la spada. Ad ogni modo vogliono essere
corretti, se non si ama perpetuare gli argomenti della inquietudine, e
saranno.
«E ciò posto da parte, noi vi abbiamo aperto le braccia, voi vi
ci siete precipitati dentro, e ormai questo amplesso ha da essere
indissolubile. La libera votazione del Popolo è l'unico, e il santo
diritto divino dei Principi: infatti la libera volontà dell'uomo,
determinata dalla segreta ispirazione del suo Creatore, è il modo col
quale in simili bisogne Dio si rivela agli uomini; e questa dottrina io
penso che non abbisogni essere dimostrata.
«_Non sarà detto che voi abbiate ricevuto danno_ per la benevolenza
dimostrata con modi così solenni a noi Toscani. Voi siete per natura,
e diventaste adesso per libero consenso della mente, quasi carne della
nostra carne, ed ossa delle nostre ossa. _Noi vi difenderemo da tutti,
e ci salveremo, o periremo insieme_.
«Poche sono le forze nostre, e non pertanto bastano contro i nostri
nemici; e poi stanno per noi la ragione, e il buon dritto, che, come la
esperienza insegna, fanno forza agl'Imperii più poderosi.
«Queste leali ed esplicite dichiarazioni avranno, io spero, virtù _di
assicurare i timidi, e confermare i risoluti_.
«S. A. R. rimase oltremodo commossa dello amore dimostrato in tale
occasione da cotesti Popoli; io vi commetto lo incarico onorevole di
farglielo palese, e assicurarli ch'essi vengono con altrettanto affetto
ricambiati; e il Principe e il suo Ministero vi aspettano con ansietà,
mio egregio Signore, per consultare insieme intorno ai provvedimenti
valevoli per promuovere ogni maniera di prosperità di coteste
popolazioni benemerentissime.» — (_Monitore_, 20 decembre 1848.)
[470] Dispaccio al Prefetto di Lucca del 23 febbraio 1849 — citato
altrove: «Sono giunto a Pietrasanta: poco dopo è arrivata la colonna
condotta dal Maggiore Petracchi, la quale, _preso un poco di ristoro,
si dirige immediatamente verso Viareggio. Qui attendo il Generale
D'Apice_. Mi vengono notizie avere Laugier inchiodati i cannoni al
posto di Porta, e fuggir via; indietreggiato fino a Massa, avere
sciolto i soldati, che percorrono sbandati il Paese, _ed Egli essersi
salvato_.»
[471] Documenti dell'Accusa, pag. 814.
[472] L'Accusa, spigolando per nuocere, trova che il Prefetto di Lucca
annunziava: «Il Dottore Casali avverte il Presidente, che un amico
livornese ha deciso per lo arresto della madre di Laugier, e se tuttora
è in Livorno sarà custodita.» — (Documenti dell'Accusa, pag. 484.) — Ma
l'Accusa non ha riportato il mio Proclama per salvare da tanta infamia
il capo della povera madre; e lo riporto io: «Essendoci pervenuta la
notizia come alcuni del Popolo crucciati per lo empio attentato di
Cesare Laugier abbiano manifestata la intenzione di arrestare sua madre
dimorante a Pisa: _Si ordina sotto pena della indignazione del Governo,
che sia rispettata religiosamente_..... — Camaiore, 22 febbraio 1849.»
— (_Era Novella_, 24 febbraio 1849. — _Conciliatore_, 26 febbraio
1849.)
[473] Thiers, _Histoire de la Révolution_ (Convention), pag. 232,
edizione citata. — _Blanc_, tomo 2, pag. 445, edizione citata.
[474] Berghini, di cui ragionerò fra poco.
[475] Non è già per cattare sacerdotale benevolenza, ma per dire il
vero, che qui ricordo con quanto studio io cercassi porre i Preti
in grazia al Popolo; invero, aprendo a caso l'_Alba_ del 1848, a c.
1264, trovo: «Alla lettura dei nomi dei due Canonici, alcuni hanno
obiettato: non vogliamo preti; Guerrazzi ha fatto osservare, che
fra questi vi sono anche molti buoni, e che uno della Deputazione»
(erra, parlai di Monsignor Gavi) «era dispensatore ai poveri di molte
migliaia di lire l'anno. Il Popolo ha annuito.» — Io, che sono un
uomo tagliato all'antica, tenevo sempre la mente volta a quello che
il Segretario Fiorentino dice, nei Discorsi su le Deche di Tito Livio,
della religione dei Romani, ammonendo con ragioni e con esempii buoni
com'essa fu parte non piccola a formare in loro la _virtù_ per cui
conquistarono il mondo.
[476] Il signor Farini, nel Vol. III, a pag. 255, della sua Opera su
_lo Stato Romano_, parlando di Vincenzo Gioberti, scrive: «i ministri
toscani (obbrobrio!) lo ingiuriarono villanamente.» Vincenzo Gioberti,
uomo di mente, e perciò di cuore grande, deplora questi importuni
ricordi, come li deploro io; ed entrambi (ne sono certo) daremmo
molto, ma molto assai, perchè i fatti che somministrano argomento a
simili scilomi andassero obliati, o, se possibile fosse, non fossero
accaduti: ora aizzare l'uno contro l'altro non è opera a cui bastino
gl'ingenerosi: le nostre destre non si sono potute toccare; ma con
gli spiriti già ci siamo abbracciati, piangendo sopra la Patria, e
su noi.... Fermo questo, come spero, devo ammonire il signor Farini,
che anche qui erra; e mi conceda, che io gli aggiunga, ciò accadergli
troppo spesso, onde il suo Libro, che pure è dettato con vaghezza di
stile, si levi alla dignità di Storia. — L'Accusa, a cui cotesto libro
(e veda il Farini a che cosa meni la parte di Don Marzio nel mondo)
è servito di lanterna, e, come a Dio piacque, fallace, per impegnarsi
dentro al laberinto delle sue bugie, stampa nel Volume dei Documenti a
pag. 860 la prova, che il Governo Provvisorio toscano non insultò, ma
fu insultato. La dichiarazione del Governo Provvisorio di Toscana del
17 marzo 1849 fu provocata dalle furiose e non degne parole contenute a
riguardo nostro nel _Saggiatore_, Giornale politico. Quanto era meglio
pel signor Farini, ed anche per tutti, non accennare a questa miseria,
molto più se si considera ch'ei lo fece allo scopo di aggravare con
menzogna me travagliato anche troppo!
[477] Lettera di V. Gioberti al Muzzarelli, del 28 gennaio 1849.
[478] Lamartine, _Histoire de la Révolution de 1848_, Bruxelles 1849,
tom. 1, pag. 194. — Qui ho parlato di Decreto pubblicato senza ch'io lo
firmassi: nell'Appendice terrò discorso di altro Decreto da me firmato
senza averlo letto.
[479] Documenti. pag. 549.
[480] Pare che l'estensore di codesto Proclama in quel giorno fosse di
Guardia alla punta del Molo!
[481] «Nuovi avvenimenti minacciavano di tornare ad alterare nel
decorso giorno in Empoli l'ordine pubblico, e la quiete della
popolazione. — Non appena tal notizia giungeva a cognizione delle
Guardie di Finanza appartenenti alla Brigata di Firenze, che spontanee
ed animose si offrivano di andare a tutelare quanto ha di più caro e di
più sacro il cittadino che veracemente ama la sua Patria diletta. Esse
partirono alla volta di Empoli la decorsa sera, condotte dall'Aiutante
Maggiore Pietro Giovannoli. Possa un tale esempio di paterna affezione
essere apprezzato quanto merita, e seguitato quanto n'è il bisogno,
da tutti i buoni Toscani _i di cui costumi_, la di cui concordia, il
di cui sagace e retto intendimento ne assicurano, che anche in questi
solenni momenti non ismentiranno quella commendata opinione, che per
tali virtù sempre mai si meritarono. Firenze, 23 febbraio 1849.» —
(Documenti dell'Accusa, pag. 846.)
[482] Documenti, pag. 247.
[483] Documenti, pag. 247.
[484] Ivi.
[485] Documenti, pag. 286.
[486] Ivi, pag. 249.
[487] L'Accusa pare, che faccia nascere i sassi
Dal più profondo e tenebroso abisso,
per urtarvi dentro: invero la disciplina militare difficilmente
troverebbe cultore più passionato di me; quando mi pervenne la notizia
della strage del Giovannetti la mia voce si levò nel Parlamento, perchè
fosse sottilmente ricercata, e punita.
«_Guerrazzi_. — Mi vengono sicure notizie non solamente a carico della
compagnia dalla quale si suppone che possa essere derivata la uccisione
del Colonnello Giovannetti, ma ancora relative al pessimo contegno
tenuto da tutto il Corpo dei Granatieri nella presente Campagna.
«Mi si annunzia di più che le provocazioni, le minaccie e gli
scopelismi usati contro il Giovannetti datano da tanti tempi remoti;
e per conseguenza domanderei al sig. Ministro della Guerra affinchè
si facesse dovere di affrettare una simile inchiesta. Privatamente
lo faremo anche noi, affinchè, corrispondendo a questa inchiesta le
notizie che mi vengono date, sia proceduto con tutto il rigore della
Legge, non solamente a carico della compagnia, ma anche contro tutto
questo corpo di Granatieri; il quale, essendo corpo scelto, doveva dare
esempio di disciplina, e, _secondo le informazioni_ ricevute, avrebbe
fatto tutto al contrario.
«_Ministro della Guerra_. — Dal momento in cui le nostre truppe mossero
per la Lombardia fu istituito un tribunale _militare_ a cui incombe
l'incarico di fare le indagini necessarie dei fatti tumultuosi o dei
disordini che avvengono nel campo. Io, nonostante, tornerò ad eccitare
il tribunale, affinchè si occupi di queste indagini.
«_Guerrazzi_. Contiamo nella vostra lealtà e nella vostra giustizia
affinchè questo abbia luogo.» — (_Monitore_, Seduta del 16 agosto
1848.)
[488] Vedi la sua dimissione mandata al Governo Provvisorio, negli
Archivii.
[489] «Il Prefetto di Lucca al Ministro dello Interno. Trascrivo un
biglietto del Delegato di Massa e Carrara, che mi perviene in questo
momento, così concepito — Massa 18 febbraio. Signor Prefetto. _I
Piemontesi non entrano. Laugier è sconcertato. Qui calma dignitosa.
Altrettanto sia in Toscana, ed il folle progetto cadrà per la sua
propria incostanza. Dirami questa notizia, e sopra tutto la comunichi
al Governo._
«P. S. _Io non sono ancora libero, nè le mie comunicazioni. Domani
spero poter dare migliori notizie_.» — (Documenti, pag. 484.)
[490] Documenti, pag. 366.
[491] Documenti, pag. 484.
[492] Documenti, pag. 486.
[493] Ivi.
[494] Ivi.
[495] Trovo sopra i Giornali così narrati i casi del 23 febbraio. A me
non furono referiti diversi quando giunsi a Massa. «Massa, 23 febbraio.
— Alle ore 10, mentre vi scrivo, il paese è in grande allarme. È
ritornato a briglia sciolta tutto il treno con 22 pezzi di cannone e
tutta la truppa a marcia forzata. Giunti sul piazzone del Palazzo, la
popolazione in massa si è slanciata sui soldati del treno, lottando
con essi, e gridando: Non partano più i cannoni. Allora gli artiglieri
hanno staccati i cavalli che sono stati condotti in una stalla e
guardati dal Popolo, i soldati tutti si sono sbandati, fuggendo chi per
la Toscana, chi per le montagne, _chi vendendo la roba per mangiare,
essendo digiuni da 48 ore_. Veduto Laugier tutto questo, abbenchè
dicesse non voler cedere la Piazza, è uscito dal Palazzo a cavallo
scortato dai Dragoni con sciabole sguainate, ed ha gridato: Valorosi
soldati, seguitemi; _io ho la cassa_, andiamo a unirsi a Fosdinovo:
chi mi vuol _bene_ mi segua. — Dopo questo parole è scappato come il
Demonio con la Cavalleria verso Fosdinovo; si crede però che i Dragoni
torneranno indietro.» — (_Alba_, 23 febbraio 1849.)
[496] «Il Municipio di Firenze — dopo avere speso ogni cura a remuovere
dall'animo del Principe il pensiero di uno allontanamento, _lealmente
offeriva_ il suo concorso agli uomini che di _necessità_ assumevano il
_grave incarico_ di reggere provvisoriamente il Paese in sì _difficili
momenti_.» — (Deliberazione del Municipio Fiorentino del 12 febbraio
1849. — Documenti dell'Accusa, pag. 314.)
[497] _Monitore_ del 26 febbraio 1849.
[498] Deliberazioni Municipali del 24 febbraio 1849. — Documenti, pag.
315.
[499] «Cittadini del Governo Provvisorio.
«Non avendo avuto tempo a convocare un'Adunanza Magistrale, ho riuniti
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