Annali d'Italia, vol. 8 - 39
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potuto rannodarsi, si deliberava a spartire i suoi in tre schiere: la
prima sotto guida del generale Quosnadowich, doveva assaltare Riva
e Salò, dove stava a guardia il generale Sauret coi generali Rusca
e Guyeux, ma che però non aveva forze sufficienti per resistere. La
mezza schiera o la battaglia, condotta dal maresciallo, s'incamminava
alla volta di Montebaldo per potere, scendendo vieppiù, assaltare
il nervo dei repubblicani tra Peschiera e Mantova. La sinistra,
confidata al generale Davidowich, scendeva per Ala e Peri a Dolcè,
dove, fatto un ponte, varcava l'Adige con intento di concorrere più da
vicino all'opera della schiera Wurmseriana. Ma una parte di quest'ala
sinistra, guidata dal generale Mezaros, continuando a scendere
per la sinistra sponda del fiume, s'indrizzava verso Verona, donde
potea, secondo le occorrenze, o condursi per Villafranca a Mantova
o, non discostandosi dall'Adige, marciare a Portolegnago. Di tutte
le parti dell'esercito franzese, quella di Massena, che aveva i suoi
alloggiamenti a Verona, a Castelnuovo e luoghi adiacenti, si trovava
in maggior pericolo, perchè là appunto si dovevano accozzare tutte le
forze austriache sulla sinistra del lago.
Era giunto al suo fine il mese di luglio, quando in tale modo ordinati
marciavano gl'imperiali all'impresa loro. Già erano vicini alle
prime scolte dei Franzesi, che questi, dispersi tuttavia nei diversi
campi loro, principalmente in quello che cingeva Mantova, non avevano
ancora fatto moto alcuno per mettersi all'ordine di resistere a quella
nuova innondazione del nemico. Ma per verità Buonaparte poco poscia
con mirabile maestria si riscosse dal pericolo in cui si trovava.
Assaltavano gli Austriaci ferocemente l'antiguardo di Massena,
governato dal generoso e buon Joubert, che era ai passi di Brentino
e della Corona. Fu fortissima e lunga la difesa contro un nemico, che
molto superava di numero. Finalmente furono quei forti passi sforzati
dagli Austriaci, che, ritirandosi Joubert e Massena verso Castelnuovo,
marciavano contro la Chiusa e Verona. Da un'altra parte Quosnadowich,
urtato Sauret, che custodiva Salò, l'aveva vinto non però senza una
valorosa resistenza, quantunque i Franzesi in questo luogo fossero
deboli e non pari a tanto peso. S'impadronivano gli Austriaci di Salò
dopo la fazione, e quivi risplendeva chiaramente la virtù di Guyeux,
il quale, circondato da ogni banda dal nemico, elesse, piuttosto
che arrendersi, di gittarsi dentro una casa, dove, sebbene già gli
mancassero le munizioni sì da guerra che da bocca, si difendè con
incredibile fortezza due giorni. Occupato Salò, correvano i Tedeschi
a Brescia, e se ne impadronivano. I vinti si ritiravano a Lonato e
a Desenzano. Avanzavasi intanto minacciosamente Wurmser medesimo e
già si avvicinava alle cercate rive del Mincio. Così avevano le cose
franzesi fatto una grandissima variazione, ed erano cadute in grave
pericolo prima che Buonaparte avesse mosso un soldato per opporsi a
tanta ruina. Gli giunsero al tempo medesimo le novelle della rotta di
Sauret e della ritirata di Massena. Ordinava incontanente ad Augereau,
che già marciava verso Verona per frenar l'impeto, se ancor fosse in
tempo, di Mezaros, tornasse indietro prestamente, venisse a Roverbella,
rompesse i ponti di Portolegnago, ardesse i carrelli dei cannoni più
grossi, trasportasse dai magazzini quanto in sì subito tumulto potesse.
Arrivava Augereau a Roverbella; scoverse in tutti una grande confusione
mista ad un gran terrore. Vi giungeva ancora Buonaparte al quale
Augereau rivoltosi, con parole animosissime il confortava; ed egli con
un'arte e con un vigore non comune ordinava quanto alla difficoltà
del tempo si convenisse. Avvisandosi che non poteva combattere con
vantaggio se non unito, e che anche unito non era abbastanza forte
per cimentarsi con l'esercito tedesco intero, se gli desse tempo di
rannodarsi, come evidentemente Wurmser aveva in pensiero di fare, si
risolveva a raccorre le sue genti in uno, per correre così grosso
contro una parte sola del nemico, innanzi che questa avesse potuto
congiungersi con le compagne, perchè la speranza, che non aveva di
vincerle unite, l'aveva di vincerle separate.
Nè poteva stare lungamente in dubbio, quale delle due parti de'
Tedeschi, della mezzana o della destra, ei dovesse assaltare; e fatte,
le sue considerazioni, si risolveva Buonaparte a far impeto contro
di Quosnadowich, che, vincitore di Salò e di Brescia, turbava ogni
cosa a Desenzano, a Lonato, a Ponte-San-Marco, a Montechiaro, e già
si accostava per congiungersi con Wurmser; il che se gli fosse venuto
fatto, sarebbe stato la ruina de' repubblicani. Perlochè chiamava a sè
tutte le sue genti, anche quelle che stavano a campo sotto Mantova,
anteponendo con mirabile consiglio il perdere le artiglierie che
servivano all'oppugnazione della piazza al perdere l'esercito. Ordinate
ed eseguite in men che non si potrebbe credere tutte queste mosse,
mandava a corsa considerabili rinforzi a Sauret, perchè ricuperasse
Salò e liberasse Guyeux, che tuttavia si difendeva valorosamente.
Comandava a Dallemagne assaltasse il nemico a Lonato e cacciasselo;
imponeva ad Augereau lo rompesse a Ponte-San-Marco ed a Brescia, e,
verso Salò voltandosi, ajutasse Sauret, e facesse opera di tagliare il
ritorno a Quosnadowich. Faceva anche attaccare con una grossa banda
un corpo forte di Austriaci che custodiva Desenzano a riva il lago.
Ebbero tutti questi assalti, ancorchè fossero molto sanguinosi, quel
fine che Buonaparte si era proposto: entrarono vincitori Sauret in
Salò, Dallemagne in Lonato ed in Desenzano, Augereau in Montechiaro
ed in Brescia. Quosnadowich, veduto che era alle mani con la maggior
parte degli avversari, che non aveva nuove che Wurmser accorresse in
suo aiuto e che temeva che il nemico, correndo a Riva, gli tagliasse il
ritorno verso il Tirolo, si ritirava con passi frettolosi a Gavardo.
Per tal modo Buonaparte coi suoi movimenti celeri ed ottimamente
ordinati, sbaragliava in poco tempo un'ala intiera di Wurmser, che gli
aveva già fatto molto male ed avrebbe potuto fargliene un maggiore,
se si fosse allargata, come aveva intenzione, nelle pianure verso il
Milanese. Intanto, per assicurare i luoghi abbandonati da Augereau, vi
surrogava Massena con tutto il suo corpo di truppe.
Mentre tutte queste cose si preparavano e si facevano sulla destra
loro, gli Austriaci s'impossessavano di Verona, Wurmser entrava con un
grosso corpo ed in sembianza di vincitore in Mantova. Il presidio a
gran festa guastava le trincee fatte da' Franzesi e tirava dentro le
mura meglio di centoquaranta pezzi di grosse artiglierie, che dalla
cittadella di Ancona, dal forte Urbano, dal castello di Ferrara vi
avevano condotto per battere la piazza. Wurmser, avuta questa vittoria,
sapendo i primi prosperi successi di Quosnadowich ed ignorando i
sinistri, dava opera securamente a raccorre vettovaglie e bestiami per
provvedere del fodero necessario quella importante fortezza. Ma gli fu
breve la sicurezza; conciossiachè gli sopravvennero bentosto le novelle
de' disastri accaduti a Quasnodowich. Considerato adunque che quello
non era tempo da starsene, usciva da Mantova e se ne giva alle stanze
di Goito, correndo la campagna co' suoi corridori fino a Castiglione.
Era stato preposto alla guardia di questa terra da Buonaparte il
generale Valette, che, veduto comparire il nemico, sbigottitosi con
pochezza d'animo inescusabile, abbandonava il posto ed andava con la
sua guardia fuggiasca a seminar paura fra i repubblicani, che erano in
possesso di Montechiaro. Questo accidente improvviso fece cader l'animo
a Buonaparte, che quasi volea ritirarsi sul Po; ma appresentatosi
ad una mostra di soldati, quando questi videro il capitano loro,
con atti di vivezza, di giubilo e d'estro franzese, con lietissime
grida il confortavano a star di buon animo, a fidarsi in loro: li
conducesse pure alla battaglia; ed esclamando: Viva Buonaparte, viva la
repubblica, facevano eccheggiare i colli di Castiglione di quel rumore
festivo. _Or bene sia_, disse Buonaparte, _accetto il felice augurio;
domani vedrete in viso il nemico._
In questo mezzo Quosnadowich, conoscendo di quanta importanza fosse il
fare ogni sforzo per congiungersi con Wurmser ad un impeto comune, od
almeno di consuonarvi per una diversione, usciva di nuovo in campagna,
e, prostrato Sauret, che gli stava a fronte, e fattosi signore di Salò,
velocemente scendeva con forze poderose verso Lonato; ed essendosi
già il suo antiguardo, condotto dal generale Ocksay, impossessato di
questo luogo, le cose divenivano pericolosissime pei repubblicani. In
questo forte punto Massena arrivava col suo antiguardo vicino a Lonato,
e volendo ricuperare quel sito, in cui consisteva la somma della
fortuna, perchè se gli Alemanni vi si mantenevano, si difficoltava
molto l'impedire la unione di Quosnadowich con Wurmser, mandava il
generale Pigeon, ma non con gente a sufficienza, ad assaltare Ocksay.
Fu durissimo l'incontro: Pigeon non solamente rotto e vinto, ma
perdè tre pezzi di artiglierie leggeri, e venne prigioniero in mano
degli Austriaci. Udito il caso, accorrevano Massena e Buonaparte
per rimediare alla fortuna vacillante. Ordinava il generalissimo un
grosso squadrone assai fitto e mandava a serrarsi addosso al centro
del nemico, il quale insuperbito per la prima vittoria e credendo non
solo di vincere, ma ancora di prendere tutto il corpo repubblicano,
distendeva le sue ali con pensiero di cingere i soldati di Buonaparte.
Questa mossa, debilitando il mezzo della fronte, diè del tutto la
vittoria ai Franzesi; imperciocchè mentre Massena raffrenava l'impeto
dell'ali estreme degli imperiali con mandar loro incontro quanti
feritori alla leggera potè raccorre, Buonaparte con quel fitto
squadrone dava dentro alla mezza schiera. Faceva ella una viril
difesa non senza grave uccisione de' repubblicani; ma finalmente,
non potendo più reggere a sì impetuoso assalto, sbaragliata cedeva
il campo, ritirandosi verso il lago, principalmente a Desenzano. Fu
liberato Pigeon; si riacquistarono le perdute artiglierie. I Franzesi
seguitavano gli Austriaci a Desenzano, e gli avrebbero condotti
all'ultimo fine, se non era che, sopravvenendo con aiuti mandati da
Quosnadowich il principe di Reuss, li metteva in salvo col condurgli a
luoghi sicuri verso Salò.
Mentre queste fazioni succedevano sulla sinistra dei Franzesi,
Augereau, che non voleva che Castiglione fosse perduto, perchè quel
sito era il principal impedimento alla unione delle diverse parti
dell'esercito tedesco, indirizzava le sue genti al riacquistarlo; ma
già i Tedeschi l'avevano munito con un forte presidio, conoscendo
l'importanza della terra, con farvi alloggiare una grossa banda di
soldati ch'era l'antiguardo di Wurmser governato dal general Liptay.
Il castello, i colli vicini ed il ponte erano guerniti di molti e buoni
soldati tanto più confidenti in sè medesimi, quanto Wurmser, spuntando
da Guidizzolo si avvicinava con tutte le sue genti. Ordinava Augereau
per modo i suoi, che il generale Beyrand assalisse il corno sinistro
degli Austriaci, e per assicurare vieppiù questa parte, comandava al
generale Robert facesse un'imboscata per riuscire alle spalle degli
Alemanni. Verdier con un grosso nervo di granatieri era per assaltare
nel mezzo il castello di Castiglione, e nella parte superiore il
generale Pelletier si apparecchiava ad urtare la destra del nemico. Ma,
per provvedere meglio ad ogni caso fortuito, ordinava Buonaparte che
la schiera di ultima salute, condotta dal generale Kilmaine, andasse ad
unirsi ad Augereau, perchè fosse più fortemente sostenuta la battaglia.
Si incominciava a menar le mani molto virilmente da ambe le parti, era
il dì 3 di agosto. Dopo un'ostinata difesa, Liptay, non potendo più
reggere, si ritirava; ma qualunque fosse la cagione, ripreso animo,
ritornava alla battaglia più animoso di prima. Già, con incredibile
valore combattendo, rendeva dubbia la vittoria, quando Robert uscendo
fuori dall'imboscata, a gran furia l'assaliva. Questo urto improvviso
disordinò tanto gli Alemanni, che si ritiravano, lasciando la terra
di Castiglione in potestà dei Franzesi. Ebbe in questo punto Liptay
qualche rinforzo delle prime truppe di Wurmser che arrivavano. Per la
qual cosa si fece forte al ponte e continuava tempestare con singolar
costanza. Il contrasto diveniva più sanguinoso di prima, si combatteva
fortemente su tutta la fronte. Finalmente i Franzesi, spintisi avanti
con la solita concitazione, e non essendo ritardati nè dagli urti
che ricevevano sul ponte, nè dalla fama che già tutta l'oste tedesca
fosse arrivata, conquistarono il ponte: il che sforzò gl'imperiali
a ritirarsi. Ma già i Franzesi, seguitando il favor della fortuna,
rompevano, tant'era la pressa che quivi facevano Beyrand e Robert,
l'ala sinistra degli Austriaci, e l'avrebbero anche conculcata del
tutto se una batteria posta opportunamente sopra di un poggio vicino
non avesse raffrenato l'impeto loro. Ciò fu cagione che tenendo ancora
gli Austriaci la posizione loro dietro Castiglione, impedirono ai
Franzesi d'inoltrarsi nella pianura che separava l'ala destra dalla
sinistra degl'imperiali, e si crearono abilità di sostenere nel
medesimo luogo, due giorni dopo, un'altra ostinata battaglia.
Nondimeno le sorti d'Italia stavano ancora in pendente. Wurmser aveva
raccolto tutte le sue genti e si apparecchiava ad ingaggiare una
nuova battaglia. Aveva venticinque mila soldati di pruovato valore;
gli schierava per forma che la sinistra si appoggiasse all'eminenza
di Medolano, la destra si distendesse fino a Solfarino. Buonaparte
ancor egli aveva fatto opera che tutti i suoi venissero a congiungersi
insieme per sostenere un cimento tanto pericoloso. Già la più gran
parte era raccolta fra la terra di Castiglione e la fronte dei
Tedeschi, e per tal modo l'ordinava che l'ala sinistra guidata da
Massena potesse assaltare la destra del nemico, Augereau con la mezzana
desse dentro al mezzo, e finalmente Verdier con le fanterie e Beaumont
coi cavalli urtassero la sinistra. Aveva poi comandato alle schiere
di Serrurier, che era sotto la cura di Fiorella e stava alle stanze
sulle rive del Po a Bozzolo e Marcaria, camminasse celeremente verso
Castiglione e ferisse di fianco la punta sinistra degl'imperiali;
consiglio molto a proposito. Nè parendo per la sagacità sua a
Buonaparte che questi preparamenti bastassero, s'indirizzava a Lonato
per vedere se fosse possibile di far venire altre genti da quella terra
al tempo principale.
Quivi successe un caso molto mirabile, secondochè narrò Buonaparte e
ripeterono tutti gli storici di quei tempi e dei tempi posteriori, e
questi fu, che il generale di Francia, andando a Lonato con persuasione
di trovarvi i suoi, ed avendo con esso lui solamente una squadra
di dodici centinaia di soldati, vi trovasse invece un corpo tedesco
grosso di quattro mila combattenti tra fanti e cavalli con non pochi
pezzi di artiglieria. Era Buonaparte in gravissimo pericolo, e già il
comandante alemanno gl'intimava si arrendesse. Ma egli, accorgendosi
che in accidente tanto improvviso, dove non valeva la forza, l'audacia
doveva supplire, al Tedesco con sicuro volto rivoltosi, gli disse,
maravigliarsi bene ch'ei tanto presumesse di sè medesimo, che si
ardisse di chiamar a resa Buonaparte vittorioso nel suo principal
campo stesso e cinto da tutto il suo esercito: andasse e da parte
sua al suo generale recasse, che se subito non si arrendesse ed in
poter suo disarmato non si desse, pagherebbe con la morte il fio di
tanta temerità. Erasi, come narrano gli storici, accorto Buonaparte,
raccogliendo nella sua mente tutti i fatti di quei giorni, che quella
squadra fosse la gente fuggiasca di Desenzano, che avendo trovato i
passi di Salò chiusi da Guyeux, o andasse errando a caso o si sforzasse
di raggiungere il corpo principale di Wurmser. Vogliono che i Tedeschi
intimoriti, deposte le armi, si arrendessero a discrezione.
Comunque fosse di questo fatto, che il Botta contro tanti storici
degni di fede si sforza di mettere in dubbio; tutte queste fazioni,
quantunque di gran momento non avevano ancora intieramente giudicato
la fortuna delle armi fra i due potenti emoli, e restava ancora a
determinarsi in una battaglia campale se le speranze dall'imperatore
d'Alemagna poste nella virtù di Wurmser e tutto quello sforzo per la
ricuperazione d'Italia, avessero a riuscire o fruttuosi o vani. Erasi,
come abbiam narrato, il maresciallo austriaco accampato tra Medolano
e Castel Venzago a fronte di Castiglione, tra la qual terra e le sue
genti se ne stavano schierati i Franzesi. Erano i soldati delle due
parti stanchi dai lunghi viaggi e dalle frequenti battaglie, e però,
sebbene a fronte gli uni agli altri si trovassero, il giorno 4 agosto,
nissun motivo fecero per affrontarsi. Piaceva l'indugio a Buonaparte,
perchè attendeva alcune genti fresche e perchè principalmente sperava
che Fiorella, in cui era posta la più forte speranza della vittoria,
arrivasse in luogo donde potesse partecipare al combattimento. La
mattina del giorno seguente, appena aggiornava, essendo giunto il tempo
che Buonaparte si era prefisso come conveniente alla sua impresa, e
non movendosi gli imperiali, disposti piuttosto ad aspettare che a dar
la carica, comandava ad Augereau ed a Massena, che assaltassero il
nemico; ma essendo suo intento che solo s'ingaggiasse la battaglia,
ma non si tentasse per ancora di sforzare l'inimico, ordinava loro
che, dato il primo urto, e tosto che gli Austriaci uscissero dal campo
per seguitarli, si ritirassero. La cosa successe come il capitano
franzese l'aveva ordinata; perchè, non sì tosto si era incominciato a
menar le mani, gli Alemanni, che si sentivano forti, saltando fuori
degli alloggiamenti, urtavano gagliardamente i Franzesi, che fatto
un po' di resistenza, si tiravano indietro. Dalla qual mossa, molto
a proposito fatta, prendendo animo Wurmser, andava distendendo l'ala
sua destra verso Castel Venzago con intenzione di circuire la sinistra
dei Franzesi retta da Massena e di dar la mano a Quosnadowich, di cui
non sapeva la rotta. Quest'era appunto il desiderio di Buonaparte;
la fortezza di Peschiera, ch'era in suo potere, l'assicurava sul suo
fianco sinistro, e Fiorella stava in procinto di arrivare sul campo
di battaglia contro la punta sinistra dei Tedeschi. Or mentre Massena
ed Augereau sostenevano l'urto degli Austriaci a stanca ed in mezzo,
mandava Buonaparte Verdier ad assaltare le trincee erette sul colle di
Medolano. Ma perchè questo assalto riuscisse meno sanguinoso nel fatto
e più felice nel fine, ordinava che il colonnello Marmont, soldato
molto pratico a governar le artiglierie, posti venti pezzi grossi
nella pianura di Medole, fulminasse quel ridotto nemico. Rispondevano
furiosamente dal colle di Medolano le artiglierie austriache e ne
seguitava un sanguinoso combattimento. In mezzo a tanto rimbombo si
faceva avanti con singolar valore Verdier, a cui era compagno Beaumont.
Perveniva Verdier al ridotto, e dopo un'asprissima contesa e molto
sangue se ne impadroniva. Al tempo medesimo Beaumont, precipitandosi a
corsa verso il villaggio di San Canziano dietro la estremità sinistra
degl'imperiali, che già vacillava trovandosi spogliata di quel
principale fondamento del ridotto, accresceva terrore ai fuggiaschi e
lo dava ai contrastanti. Nè questo bastando a dare l'ultima stretta,
arrivava, tanto bene aveva Buonaparte disposte le cose, in questo punto
stesso Fiorella coi soldati di Serrurier, che dando dentro incontanente
ai nemici, che non se l'aspettavano, gli sforzava a rotta manifesta.
Wurmser, per ristorare la battaglia, vi mandava in fretta la cavalleria
che urtando Beaumont e Fiorella, frenava per qualche tempo l'impeto
loro. Ma Buonaparte, veduto che era giunto il momento di vincere, fè
caricare con tutto lo sforzo di Massena e di Augereau l'ala destra e
la mezzana dei Tedeschi. Spediva altresì in fretta alcuni rinforzi a
Fiorella, il quale anche acquistava nuove forze per l'accostamento
successivo delle sue genti. Diventava allora la battaglia generale
su tutta la fronte. Fuvvi che fare assai pegli Austriaci alla torre
di Solfarino, che virilmente assalita, fu anche virilmente difesa.
Prevalse infine del tutto la fortuna repubblicana, perchè Massena
pressava con vantaggio dal canto suo il nemico, Augereau lo vinceva
a Solfarino, Verdier, Marmont, Beaumont e Fiorella lo perseguitavano
rotto e disordinato a Cavriana. Così tutto l'esercito alemanno, parte
rotto, parte intiero si ritirava al Mincio; il quale fiume, prestamente
varcato a Veleggio, e la stanchezza dei perseguitatori li preservarono
da maggior danno.
Questa vittoria di Castiglione poneva di nuovo l'Italia in mano di
Buonaparte; perchè Wurmser, quantunque non fosse scoraggiato dalla
fortuna contraria, ridotto a poche genti, non poteva più contendere col
fortunato suo emolo dell'imperio di questa contrada, destinata ormai ad
essere preda dei combattenti o serva dei vincitori.
Buonaparte, conseguita con tant'arte e con tanta fortuna sì gloriosa
vittoria, si risolveva a perseguitar celeramente le reliquie del
suo avversario, sì perchè non voleva dargli tempo di rifarsi, e sì
perchè in aura sì favorevole gli tornavano in mente i vasti pensieri,
già molto tempo da lui spiegati al Direttorio, di voler andar ad
assaltare, valicando i monti del Tirolo, il cuore della Germania, per
conculcarvi del tutto, congiunto che fosse con Moreau e Jourdan che
guerreggiavano sul Reno, la potenza avversaria. Le fresche vittorie,
ed il terrore per esse concetto dai popoli e dai soldati nemici, era
occasione favorevole a così gran disegno. Perlochè si accingeva a voler
tosto passare il Mincio, per veder quello che preparasse la fortuna
sulla sinistra sponda contro il capitano dell'Austria. A questo fine
faceva trarre furiosamente da Augereau con le artiglierie contro
Valeggio per dare in questo luogo riguardo al nemico, mentre Massena
sbaragliava, secondandolo Victor virilmente, Liptay, che fu costretto
a ritirarsi a Rivoli. Wurmser, veduto da questo fatto che non era più
tempo d'aspettare a ritirarsi in Tirolo, rinfrescata di nuove genti
Mantova, si metteva in viaggio per salire per la valle dell'Adige. Il
seguitavano Massena, Augereau e Fiorella. Si appresentava quest'ultimo
alle porte di Verona con animo di entrarvi per perseguitare gli
Austriaci. Chiedeva Fiorella le si aprissero. Il provveditore veneto
che temeva che se due nemici, tanto sdegnati l'uno contro l'altro
e nel bollor del sangue dei fatti recenti, si azzuffassero dentro
le mura, ne sarebbe sorto qualche grande sterminio, rispondeva, che
le aprirebbe, passate due ore. L'intento suo era di dar tempo agli
Austriaci di sgombrare, acciocchè Verona non diventasse campo di
battaglia. Buonaparte sopraggiunto fulminava le porte coi cannoni ed
entrava vincitore. Successero alcune sparse zuffe coi Tedeschi, non
senza terrore dei Veronesi. Ma i repubblicani, mostrando moderazione,
eccettuate alcune ingiurie fatte nell'oscurità della notte,
conservarono la terra intatta.
Entrato per tal modo in Verona il generalissimo di Francia, ed animati
di nuovo i suoi con un manifesto, li conduceva alle fazioni del
Tirolo. Salendo egli contro Wurmser, Sauret contro Quosnadowich e il
principe Reuss, dovevano entrambi raccozzarsi in su quel di Roveredo
per andarsene poscia ad occupar Trento, metropoli del Tirolo italiano.
Furono da Sauret cacciati gli Austriaci da tutti i posti sul lago;
dal canto suo Buonaparte, superati, mentre Vaubrissi alloggiava in
Torbole, tutti i siti forti, compariva in mostra vittoriosa in cospetto
di Roveredo. I Tedeschi, già rotti a Mori, e spaventati da un furioso
assalto di Rampon in Roveredo, abbandonarono frettolosamente la terra
con andare a posarsi nel sito fortissimo che chiamano il Castello
della Pietra o di Caliano. Speravano, se non di arrestare l'impeto
del nemico in questo luogo, almeno di starvi forti tanto che potessero
ogni cosa mettere in sicuro alle spalle. Ma quei presti repubblicani
ebbero assai presto superati tutti gli ostacoli che e la natura del
sito e l'arte del nemico aveva loro opposto. Imperciocchè il generale
Dammartin, allogate con incredibile fatica alcune artiglierie in un
luogo creduto per lo innanzi inaccessibile, donde feriva di fianco, ed
i feritori alla leggiera, destrissimi ed animosissimi, arrampicatisi
per luoghi dirupati e precipitosi, togliendo sicurezza a quel forte
passo, tempestavano contro i difensori molto furiosamente. Vedutosi
da Buonaparte il successo di queste cose, comandava a tre battaglioni
di disperato valore, dessero dentro a precipizio senza trarre alla
forra che conduce al castello, e questo assaltassero. Nè fu meno pronta
l'esecuzione di quanto fosse risoluto il comandamento; perchè, messisi
i battaglioni a quello sbaraglio, in meno tempo che uomo concitato a
presti passi farebbe, passarono la forra, menando grande strage degli
Alemanni, che cedendo allo audacissimo nemico si ritirarono a gran
fretta in Trento. Nè credendosi sicuri, ritiraronsi più oltre sulla
destra del Lavisio su la strada per a Bolzano. Tale fu l'esito della
battaglia di Roveredo, combattuta il dì 4 settembre. Vi perdettero gli
Austriaci con venticinque cannoni, tre in quattro mila soldati morti,
feriti o prigionieri. Dei Franzesi pochi mancarono per la speditezza
del fatto.
Perduto il forte sito di Calliano, restava Trento senza difesa. Infatti
il 5 settembre entravano i Franzesi vittoriosi, prima Massena, poi
Vaubois, di fresco venuto dalla Toscana al campo. Divenuto Buonaparte
signore di Trento, veniva tosto in sulle lusinghevoli parole,
dichiarando volere che la città e principato di Trento fossero per
sempre liberati dalla superiorità tedesca e posti in libertà. Del
rimanente poco importava al generale della repubblica lo stato de'
popoli trentini; bensì gli premeva di sollevare con dolci discorsi i
popoli della vicina Germania, affinchè tumultuando contro i principi
loro, gli rendessero facile l'impresa di congiungersi coi soldati di
Ferino mandati avanti da Moreau con questo intento.
Gli rompeva questi disegni l'antico Wurmser, il quale, invece di
difendere per que' luoghi alpestri del Tirolo con le reliquie de'
suoi i passi della Germania, deliberassi, con animoso e ben ponderato
consiglio, di voltarsi di nuovo all'Italia, sperando che per la sua
presenza inopinata in queste provincie, aggiuntovi qualche rinforzo
che testè gli era giunto dal Norico, avrebbe potuto farvi qualche
variazione, od almeno ritirarsi al sicuro nido di Mantova. Qualunque
avesse ad essere, o prospero od avverso l'esito di questa fazione,
bene era certo l'effetto di tirare nuovamente Buonaparte in Italia e
di stornare per questo mezzo quella terribile tempesta dalla nativa
Germania. Adunque il maresciallo, già fin quando si combatteva a
Roveredo ed a Calliano, s'incamminava, scendendo a gran passi, per
la valle Brentana, intento suo essendo di congiungersi a Bassano con
gli aiuti che, venuti dal Norico, si erano ridotti ad aspettarlo in
quella città. Si era persuaso che il suo avversario, udita la strada
presa da lui, non solamente deporrebbe il pensiero di assaltar la
Germania, ma ancora scenderebbe a gran passi a seconda dell'Adige per
andar a far argine a quel nuovo impeto nelle vicinanze di Verona.
Effettivamente Buonaparte, abbandonata l'impresa di Germania, si
rivoltava verso l'Italia, ma bene non prese la via dell'Adige,
anzi sprolungata per la valle medesima della Brenta la destra de'
suoi, seguitava frettolosamente le genti Alemanne. Erano guidatori
principali di questi soldati, secondo il solito, que' due folgori
di guerra Massena ed Augereau. Marciarono tanto speditamente che
giunsero gl'imperiali a Primolano e li vinsero con presa di molti
soldati. Si combattè poscia a Cismone, si combattè a Selagno, e
sempre felicemente pe' Franzesi. Già quel nembo era vicino a scoccare
contro Bassano dov'era il corpo principale di Wurmser. L'assaltarono
correndo Augereau a sinistra, Massena a destra, e tosto il ruppero, con
grande ammirazione e sconforto di Wurmser, che si era confidato nella
fortezza di quel passo posto alla sboccatura della valle della Brenta.
Ora nissun altro partito restava al maresciallo d'Austria, poichè sì
prima sotto guida del generale Quosnadowich, doveva assaltare Riva
e Salò, dove stava a guardia il generale Sauret coi generali Rusca
e Guyeux, ma che però non aveva forze sufficienti per resistere. La
mezza schiera o la battaglia, condotta dal maresciallo, s'incamminava
alla volta di Montebaldo per potere, scendendo vieppiù, assaltare
il nervo dei repubblicani tra Peschiera e Mantova. La sinistra,
confidata al generale Davidowich, scendeva per Ala e Peri a Dolcè,
dove, fatto un ponte, varcava l'Adige con intento di concorrere più da
vicino all'opera della schiera Wurmseriana. Ma una parte di quest'ala
sinistra, guidata dal generale Mezaros, continuando a scendere
per la sinistra sponda del fiume, s'indrizzava verso Verona, donde
potea, secondo le occorrenze, o condursi per Villafranca a Mantova
o, non discostandosi dall'Adige, marciare a Portolegnago. Di tutte
le parti dell'esercito franzese, quella di Massena, che aveva i suoi
alloggiamenti a Verona, a Castelnuovo e luoghi adiacenti, si trovava
in maggior pericolo, perchè là appunto si dovevano accozzare tutte le
forze austriache sulla sinistra del lago.
Era giunto al suo fine il mese di luglio, quando in tale modo ordinati
marciavano gl'imperiali all'impresa loro. Già erano vicini alle
prime scolte dei Franzesi, che questi, dispersi tuttavia nei diversi
campi loro, principalmente in quello che cingeva Mantova, non avevano
ancora fatto moto alcuno per mettersi all'ordine di resistere a quella
nuova innondazione del nemico. Ma per verità Buonaparte poco poscia
con mirabile maestria si riscosse dal pericolo in cui si trovava.
Assaltavano gli Austriaci ferocemente l'antiguardo di Massena,
governato dal generoso e buon Joubert, che era ai passi di Brentino
e della Corona. Fu fortissima e lunga la difesa contro un nemico, che
molto superava di numero. Finalmente furono quei forti passi sforzati
dagli Austriaci, che, ritirandosi Joubert e Massena verso Castelnuovo,
marciavano contro la Chiusa e Verona. Da un'altra parte Quosnadowich,
urtato Sauret, che custodiva Salò, l'aveva vinto non però senza una
valorosa resistenza, quantunque i Franzesi in questo luogo fossero
deboli e non pari a tanto peso. S'impadronivano gli Austriaci di Salò
dopo la fazione, e quivi risplendeva chiaramente la virtù di Guyeux,
il quale, circondato da ogni banda dal nemico, elesse, piuttosto
che arrendersi, di gittarsi dentro una casa, dove, sebbene già gli
mancassero le munizioni sì da guerra che da bocca, si difendè con
incredibile fortezza due giorni. Occupato Salò, correvano i Tedeschi
a Brescia, e se ne impadronivano. I vinti si ritiravano a Lonato e
a Desenzano. Avanzavasi intanto minacciosamente Wurmser medesimo e
già si avvicinava alle cercate rive del Mincio. Così avevano le cose
franzesi fatto una grandissima variazione, ed erano cadute in grave
pericolo prima che Buonaparte avesse mosso un soldato per opporsi a
tanta ruina. Gli giunsero al tempo medesimo le novelle della rotta di
Sauret e della ritirata di Massena. Ordinava incontanente ad Augereau,
che già marciava verso Verona per frenar l'impeto, se ancor fosse in
tempo, di Mezaros, tornasse indietro prestamente, venisse a Roverbella,
rompesse i ponti di Portolegnago, ardesse i carrelli dei cannoni più
grossi, trasportasse dai magazzini quanto in sì subito tumulto potesse.
Arrivava Augereau a Roverbella; scoverse in tutti una grande confusione
mista ad un gran terrore. Vi giungeva ancora Buonaparte al quale
Augereau rivoltosi, con parole animosissime il confortava; ed egli con
un'arte e con un vigore non comune ordinava quanto alla difficoltà
del tempo si convenisse. Avvisandosi che non poteva combattere con
vantaggio se non unito, e che anche unito non era abbastanza forte
per cimentarsi con l'esercito tedesco intero, se gli desse tempo di
rannodarsi, come evidentemente Wurmser aveva in pensiero di fare, si
risolveva a raccorre le sue genti in uno, per correre così grosso
contro una parte sola del nemico, innanzi che questa avesse potuto
congiungersi con le compagne, perchè la speranza, che non aveva di
vincerle unite, l'aveva di vincerle separate.
Nè poteva stare lungamente in dubbio, quale delle due parti de'
Tedeschi, della mezzana o della destra, ei dovesse assaltare; e fatte,
le sue considerazioni, si risolveva Buonaparte a far impeto contro
di Quosnadowich, che, vincitore di Salò e di Brescia, turbava ogni
cosa a Desenzano, a Lonato, a Ponte-San-Marco, a Montechiaro, e già
si accostava per congiungersi con Wurmser; il che se gli fosse venuto
fatto, sarebbe stato la ruina de' repubblicani. Perlochè chiamava a sè
tutte le sue genti, anche quelle che stavano a campo sotto Mantova,
anteponendo con mirabile consiglio il perdere le artiglierie che
servivano all'oppugnazione della piazza al perdere l'esercito. Ordinate
ed eseguite in men che non si potrebbe credere tutte queste mosse,
mandava a corsa considerabili rinforzi a Sauret, perchè ricuperasse
Salò e liberasse Guyeux, che tuttavia si difendeva valorosamente.
Comandava a Dallemagne assaltasse il nemico a Lonato e cacciasselo;
imponeva ad Augereau lo rompesse a Ponte-San-Marco ed a Brescia, e,
verso Salò voltandosi, ajutasse Sauret, e facesse opera di tagliare il
ritorno a Quosnadowich. Faceva anche attaccare con una grossa banda
un corpo forte di Austriaci che custodiva Desenzano a riva il lago.
Ebbero tutti questi assalti, ancorchè fossero molto sanguinosi, quel
fine che Buonaparte si era proposto: entrarono vincitori Sauret in
Salò, Dallemagne in Lonato ed in Desenzano, Augereau in Montechiaro
ed in Brescia. Quosnadowich, veduto che era alle mani con la maggior
parte degli avversari, che non aveva nuove che Wurmser accorresse in
suo aiuto e che temeva che il nemico, correndo a Riva, gli tagliasse il
ritorno verso il Tirolo, si ritirava con passi frettolosi a Gavardo.
Per tal modo Buonaparte coi suoi movimenti celeri ed ottimamente
ordinati, sbaragliava in poco tempo un'ala intiera di Wurmser, che gli
aveva già fatto molto male ed avrebbe potuto fargliene un maggiore,
se si fosse allargata, come aveva intenzione, nelle pianure verso il
Milanese. Intanto, per assicurare i luoghi abbandonati da Augereau, vi
surrogava Massena con tutto il suo corpo di truppe.
Mentre tutte queste cose si preparavano e si facevano sulla destra
loro, gli Austriaci s'impossessavano di Verona, Wurmser entrava con un
grosso corpo ed in sembianza di vincitore in Mantova. Il presidio a
gran festa guastava le trincee fatte da' Franzesi e tirava dentro le
mura meglio di centoquaranta pezzi di grosse artiglierie, che dalla
cittadella di Ancona, dal forte Urbano, dal castello di Ferrara vi
avevano condotto per battere la piazza. Wurmser, avuta questa vittoria,
sapendo i primi prosperi successi di Quosnadowich ed ignorando i
sinistri, dava opera securamente a raccorre vettovaglie e bestiami per
provvedere del fodero necessario quella importante fortezza. Ma gli fu
breve la sicurezza; conciossiachè gli sopravvennero bentosto le novelle
de' disastri accaduti a Quasnodowich. Considerato adunque che quello
non era tempo da starsene, usciva da Mantova e se ne giva alle stanze
di Goito, correndo la campagna co' suoi corridori fino a Castiglione.
Era stato preposto alla guardia di questa terra da Buonaparte il
generale Valette, che, veduto comparire il nemico, sbigottitosi con
pochezza d'animo inescusabile, abbandonava il posto ed andava con la
sua guardia fuggiasca a seminar paura fra i repubblicani, che erano in
possesso di Montechiaro. Questo accidente improvviso fece cader l'animo
a Buonaparte, che quasi volea ritirarsi sul Po; ma appresentatosi
ad una mostra di soldati, quando questi videro il capitano loro,
con atti di vivezza, di giubilo e d'estro franzese, con lietissime
grida il confortavano a star di buon animo, a fidarsi in loro: li
conducesse pure alla battaglia; ed esclamando: Viva Buonaparte, viva la
repubblica, facevano eccheggiare i colli di Castiglione di quel rumore
festivo. _Or bene sia_, disse Buonaparte, _accetto il felice augurio;
domani vedrete in viso il nemico._
In questo mezzo Quosnadowich, conoscendo di quanta importanza fosse il
fare ogni sforzo per congiungersi con Wurmser ad un impeto comune, od
almeno di consuonarvi per una diversione, usciva di nuovo in campagna,
e, prostrato Sauret, che gli stava a fronte, e fattosi signore di Salò,
velocemente scendeva con forze poderose verso Lonato; ed essendosi
già il suo antiguardo, condotto dal generale Ocksay, impossessato di
questo luogo, le cose divenivano pericolosissime pei repubblicani. In
questo forte punto Massena arrivava col suo antiguardo vicino a Lonato,
e volendo ricuperare quel sito, in cui consisteva la somma della
fortuna, perchè se gli Alemanni vi si mantenevano, si difficoltava
molto l'impedire la unione di Quosnadowich con Wurmser, mandava il
generale Pigeon, ma non con gente a sufficienza, ad assaltare Ocksay.
Fu durissimo l'incontro: Pigeon non solamente rotto e vinto, ma
perdè tre pezzi di artiglierie leggeri, e venne prigioniero in mano
degli Austriaci. Udito il caso, accorrevano Massena e Buonaparte
per rimediare alla fortuna vacillante. Ordinava il generalissimo un
grosso squadrone assai fitto e mandava a serrarsi addosso al centro
del nemico, il quale insuperbito per la prima vittoria e credendo non
solo di vincere, ma ancora di prendere tutto il corpo repubblicano,
distendeva le sue ali con pensiero di cingere i soldati di Buonaparte.
Questa mossa, debilitando il mezzo della fronte, diè del tutto la
vittoria ai Franzesi; imperciocchè mentre Massena raffrenava l'impeto
dell'ali estreme degli imperiali con mandar loro incontro quanti
feritori alla leggera potè raccorre, Buonaparte con quel fitto
squadrone dava dentro alla mezza schiera. Faceva ella una viril
difesa non senza grave uccisione de' repubblicani; ma finalmente,
non potendo più reggere a sì impetuoso assalto, sbaragliata cedeva
il campo, ritirandosi verso il lago, principalmente a Desenzano. Fu
liberato Pigeon; si riacquistarono le perdute artiglierie. I Franzesi
seguitavano gli Austriaci a Desenzano, e gli avrebbero condotti
all'ultimo fine, se non era che, sopravvenendo con aiuti mandati da
Quosnadowich il principe di Reuss, li metteva in salvo col condurgli a
luoghi sicuri verso Salò.
Mentre queste fazioni succedevano sulla sinistra dei Franzesi,
Augereau, che non voleva che Castiglione fosse perduto, perchè quel
sito era il principal impedimento alla unione delle diverse parti
dell'esercito tedesco, indirizzava le sue genti al riacquistarlo; ma
già i Tedeschi l'avevano munito con un forte presidio, conoscendo
l'importanza della terra, con farvi alloggiare una grossa banda di
soldati ch'era l'antiguardo di Wurmser governato dal general Liptay.
Il castello, i colli vicini ed il ponte erano guerniti di molti e buoni
soldati tanto più confidenti in sè medesimi, quanto Wurmser, spuntando
da Guidizzolo si avvicinava con tutte le sue genti. Ordinava Augereau
per modo i suoi, che il generale Beyrand assalisse il corno sinistro
degli Austriaci, e per assicurare vieppiù questa parte, comandava al
generale Robert facesse un'imboscata per riuscire alle spalle degli
Alemanni. Verdier con un grosso nervo di granatieri era per assaltare
nel mezzo il castello di Castiglione, e nella parte superiore il
generale Pelletier si apparecchiava ad urtare la destra del nemico. Ma,
per provvedere meglio ad ogni caso fortuito, ordinava Buonaparte che
la schiera di ultima salute, condotta dal generale Kilmaine, andasse ad
unirsi ad Augereau, perchè fosse più fortemente sostenuta la battaglia.
Si incominciava a menar le mani molto virilmente da ambe le parti, era
il dì 3 di agosto. Dopo un'ostinata difesa, Liptay, non potendo più
reggere, si ritirava; ma qualunque fosse la cagione, ripreso animo,
ritornava alla battaglia più animoso di prima. Già, con incredibile
valore combattendo, rendeva dubbia la vittoria, quando Robert uscendo
fuori dall'imboscata, a gran furia l'assaliva. Questo urto improvviso
disordinò tanto gli Alemanni, che si ritiravano, lasciando la terra
di Castiglione in potestà dei Franzesi. Ebbe in questo punto Liptay
qualche rinforzo delle prime truppe di Wurmser che arrivavano. Per la
qual cosa si fece forte al ponte e continuava tempestare con singolar
costanza. Il contrasto diveniva più sanguinoso di prima, si combatteva
fortemente su tutta la fronte. Finalmente i Franzesi, spintisi avanti
con la solita concitazione, e non essendo ritardati nè dagli urti
che ricevevano sul ponte, nè dalla fama che già tutta l'oste tedesca
fosse arrivata, conquistarono il ponte: il che sforzò gl'imperiali
a ritirarsi. Ma già i Franzesi, seguitando il favor della fortuna,
rompevano, tant'era la pressa che quivi facevano Beyrand e Robert,
l'ala sinistra degli Austriaci, e l'avrebbero anche conculcata del
tutto se una batteria posta opportunamente sopra di un poggio vicino
non avesse raffrenato l'impeto loro. Ciò fu cagione che tenendo ancora
gli Austriaci la posizione loro dietro Castiglione, impedirono ai
Franzesi d'inoltrarsi nella pianura che separava l'ala destra dalla
sinistra degl'imperiali, e si crearono abilità di sostenere nel
medesimo luogo, due giorni dopo, un'altra ostinata battaglia.
Nondimeno le sorti d'Italia stavano ancora in pendente. Wurmser aveva
raccolto tutte le sue genti e si apparecchiava ad ingaggiare una
nuova battaglia. Aveva venticinque mila soldati di pruovato valore;
gli schierava per forma che la sinistra si appoggiasse all'eminenza
di Medolano, la destra si distendesse fino a Solfarino. Buonaparte
ancor egli aveva fatto opera che tutti i suoi venissero a congiungersi
insieme per sostenere un cimento tanto pericoloso. Già la più gran
parte era raccolta fra la terra di Castiglione e la fronte dei
Tedeschi, e per tal modo l'ordinava che l'ala sinistra guidata da
Massena potesse assaltare la destra del nemico, Augereau con la mezzana
desse dentro al mezzo, e finalmente Verdier con le fanterie e Beaumont
coi cavalli urtassero la sinistra. Aveva poi comandato alle schiere
di Serrurier, che era sotto la cura di Fiorella e stava alle stanze
sulle rive del Po a Bozzolo e Marcaria, camminasse celeremente verso
Castiglione e ferisse di fianco la punta sinistra degl'imperiali;
consiglio molto a proposito. Nè parendo per la sagacità sua a
Buonaparte che questi preparamenti bastassero, s'indirizzava a Lonato
per vedere se fosse possibile di far venire altre genti da quella terra
al tempo principale.
Quivi successe un caso molto mirabile, secondochè narrò Buonaparte e
ripeterono tutti gli storici di quei tempi e dei tempi posteriori, e
questi fu, che il generale di Francia, andando a Lonato con persuasione
di trovarvi i suoi, ed avendo con esso lui solamente una squadra
di dodici centinaia di soldati, vi trovasse invece un corpo tedesco
grosso di quattro mila combattenti tra fanti e cavalli con non pochi
pezzi di artiglieria. Era Buonaparte in gravissimo pericolo, e già il
comandante alemanno gl'intimava si arrendesse. Ma egli, accorgendosi
che in accidente tanto improvviso, dove non valeva la forza, l'audacia
doveva supplire, al Tedesco con sicuro volto rivoltosi, gli disse,
maravigliarsi bene ch'ei tanto presumesse di sè medesimo, che si
ardisse di chiamar a resa Buonaparte vittorioso nel suo principal
campo stesso e cinto da tutto il suo esercito: andasse e da parte
sua al suo generale recasse, che se subito non si arrendesse ed in
poter suo disarmato non si desse, pagherebbe con la morte il fio di
tanta temerità. Erasi, come narrano gli storici, accorto Buonaparte,
raccogliendo nella sua mente tutti i fatti di quei giorni, che quella
squadra fosse la gente fuggiasca di Desenzano, che avendo trovato i
passi di Salò chiusi da Guyeux, o andasse errando a caso o si sforzasse
di raggiungere il corpo principale di Wurmser. Vogliono che i Tedeschi
intimoriti, deposte le armi, si arrendessero a discrezione.
Comunque fosse di questo fatto, che il Botta contro tanti storici
degni di fede si sforza di mettere in dubbio; tutte queste fazioni,
quantunque di gran momento non avevano ancora intieramente giudicato
la fortuna delle armi fra i due potenti emoli, e restava ancora a
determinarsi in una battaglia campale se le speranze dall'imperatore
d'Alemagna poste nella virtù di Wurmser e tutto quello sforzo per la
ricuperazione d'Italia, avessero a riuscire o fruttuosi o vani. Erasi,
come abbiam narrato, il maresciallo austriaco accampato tra Medolano
e Castel Venzago a fronte di Castiglione, tra la qual terra e le sue
genti se ne stavano schierati i Franzesi. Erano i soldati delle due
parti stanchi dai lunghi viaggi e dalle frequenti battaglie, e però,
sebbene a fronte gli uni agli altri si trovassero, il giorno 4 agosto,
nissun motivo fecero per affrontarsi. Piaceva l'indugio a Buonaparte,
perchè attendeva alcune genti fresche e perchè principalmente sperava
che Fiorella, in cui era posta la più forte speranza della vittoria,
arrivasse in luogo donde potesse partecipare al combattimento. La
mattina del giorno seguente, appena aggiornava, essendo giunto il tempo
che Buonaparte si era prefisso come conveniente alla sua impresa, e
non movendosi gli imperiali, disposti piuttosto ad aspettare che a dar
la carica, comandava ad Augereau ed a Massena, che assaltassero il
nemico; ma essendo suo intento che solo s'ingaggiasse la battaglia,
ma non si tentasse per ancora di sforzare l'inimico, ordinava loro
che, dato il primo urto, e tosto che gli Austriaci uscissero dal campo
per seguitarli, si ritirassero. La cosa successe come il capitano
franzese l'aveva ordinata; perchè, non sì tosto si era incominciato a
menar le mani, gli Alemanni, che si sentivano forti, saltando fuori
degli alloggiamenti, urtavano gagliardamente i Franzesi, che fatto
un po' di resistenza, si tiravano indietro. Dalla qual mossa, molto
a proposito fatta, prendendo animo Wurmser, andava distendendo l'ala
sua destra verso Castel Venzago con intenzione di circuire la sinistra
dei Franzesi retta da Massena e di dar la mano a Quosnadowich, di cui
non sapeva la rotta. Quest'era appunto il desiderio di Buonaparte;
la fortezza di Peschiera, ch'era in suo potere, l'assicurava sul suo
fianco sinistro, e Fiorella stava in procinto di arrivare sul campo
di battaglia contro la punta sinistra dei Tedeschi. Or mentre Massena
ed Augereau sostenevano l'urto degli Austriaci a stanca ed in mezzo,
mandava Buonaparte Verdier ad assaltare le trincee erette sul colle di
Medolano. Ma perchè questo assalto riuscisse meno sanguinoso nel fatto
e più felice nel fine, ordinava che il colonnello Marmont, soldato
molto pratico a governar le artiglierie, posti venti pezzi grossi
nella pianura di Medole, fulminasse quel ridotto nemico. Rispondevano
furiosamente dal colle di Medolano le artiglierie austriache e ne
seguitava un sanguinoso combattimento. In mezzo a tanto rimbombo si
faceva avanti con singolar valore Verdier, a cui era compagno Beaumont.
Perveniva Verdier al ridotto, e dopo un'asprissima contesa e molto
sangue se ne impadroniva. Al tempo medesimo Beaumont, precipitandosi a
corsa verso il villaggio di San Canziano dietro la estremità sinistra
degl'imperiali, che già vacillava trovandosi spogliata di quel
principale fondamento del ridotto, accresceva terrore ai fuggiaschi e
lo dava ai contrastanti. Nè questo bastando a dare l'ultima stretta,
arrivava, tanto bene aveva Buonaparte disposte le cose, in questo punto
stesso Fiorella coi soldati di Serrurier, che dando dentro incontanente
ai nemici, che non se l'aspettavano, gli sforzava a rotta manifesta.
Wurmser, per ristorare la battaglia, vi mandava in fretta la cavalleria
che urtando Beaumont e Fiorella, frenava per qualche tempo l'impeto
loro. Ma Buonaparte, veduto che era giunto il momento di vincere, fè
caricare con tutto lo sforzo di Massena e di Augereau l'ala destra e
la mezzana dei Tedeschi. Spediva altresì in fretta alcuni rinforzi a
Fiorella, il quale anche acquistava nuove forze per l'accostamento
successivo delle sue genti. Diventava allora la battaglia generale
su tutta la fronte. Fuvvi che fare assai pegli Austriaci alla torre
di Solfarino, che virilmente assalita, fu anche virilmente difesa.
Prevalse infine del tutto la fortuna repubblicana, perchè Massena
pressava con vantaggio dal canto suo il nemico, Augereau lo vinceva
a Solfarino, Verdier, Marmont, Beaumont e Fiorella lo perseguitavano
rotto e disordinato a Cavriana. Così tutto l'esercito alemanno, parte
rotto, parte intiero si ritirava al Mincio; il quale fiume, prestamente
varcato a Veleggio, e la stanchezza dei perseguitatori li preservarono
da maggior danno.
Questa vittoria di Castiglione poneva di nuovo l'Italia in mano di
Buonaparte; perchè Wurmser, quantunque non fosse scoraggiato dalla
fortuna contraria, ridotto a poche genti, non poteva più contendere col
fortunato suo emolo dell'imperio di questa contrada, destinata ormai ad
essere preda dei combattenti o serva dei vincitori.
Buonaparte, conseguita con tant'arte e con tanta fortuna sì gloriosa
vittoria, si risolveva a perseguitar celeramente le reliquie del
suo avversario, sì perchè non voleva dargli tempo di rifarsi, e sì
perchè in aura sì favorevole gli tornavano in mente i vasti pensieri,
già molto tempo da lui spiegati al Direttorio, di voler andar ad
assaltare, valicando i monti del Tirolo, il cuore della Germania, per
conculcarvi del tutto, congiunto che fosse con Moreau e Jourdan che
guerreggiavano sul Reno, la potenza avversaria. Le fresche vittorie,
ed il terrore per esse concetto dai popoli e dai soldati nemici, era
occasione favorevole a così gran disegno. Perlochè si accingeva a voler
tosto passare il Mincio, per veder quello che preparasse la fortuna
sulla sinistra sponda contro il capitano dell'Austria. A questo fine
faceva trarre furiosamente da Augereau con le artiglierie contro
Valeggio per dare in questo luogo riguardo al nemico, mentre Massena
sbaragliava, secondandolo Victor virilmente, Liptay, che fu costretto
a ritirarsi a Rivoli. Wurmser, veduto da questo fatto che non era più
tempo d'aspettare a ritirarsi in Tirolo, rinfrescata di nuove genti
Mantova, si metteva in viaggio per salire per la valle dell'Adige. Il
seguitavano Massena, Augereau e Fiorella. Si appresentava quest'ultimo
alle porte di Verona con animo di entrarvi per perseguitare gli
Austriaci. Chiedeva Fiorella le si aprissero. Il provveditore veneto
che temeva che se due nemici, tanto sdegnati l'uno contro l'altro
e nel bollor del sangue dei fatti recenti, si azzuffassero dentro
le mura, ne sarebbe sorto qualche grande sterminio, rispondeva, che
le aprirebbe, passate due ore. L'intento suo era di dar tempo agli
Austriaci di sgombrare, acciocchè Verona non diventasse campo di
battaglia. Buonaparte sopraggiunto fulminava le porte coi cannoni ed
entrava vincitore. Successero alcune sparse zuffe coi Tedeschi, non
senza terrore dei Veronesi. Ma i repubblicani, mostrando moderazione,
eccettuate alcune ingiurie fatte nell'oscurità della notte,
conservarono la terra intatta.
Entrato per tal modo in Verona il generalissimo di Francia, ed animati
di nuovo i suoi con un manifesto, li conduceva alle fazioni del
Tirolo. Salendo egli contro Wurmser, Sauret contro Quosnadowich e il
principe Reuss, dovevano entrambi raccozzarsi in su quel di Roveredo
per andarsene poscia ad occupar Trento, metropoli del Tirolo italiano.
Furono da Sauret cacciati gli Austriaci da tutti i posti sul lago;
dal canto suo Buonaparte, superati, mentre Vaubrissi alloggiava in
Torbole, tutti i siti forti, compariva in mostra vittoriosa in cospetto
di Roveredo. I Tedeschi, già rotti a Mori, e spaventati da un furioso
assalto di Rampon in Roveredo, abbandonarono frettolosamente la terra
con andare a posarsi nel sito fortissimo che chiamano il Castello
della Pietra o di Caliano. Speravano, se non di arrestare l'impeto
del nemico in questo luogo, almeno di starvi forti tanto che potessero
ogni cosa mettere in sicuro alle spalle. Ma quei presti repubblicani
ebbero assai presto superati tutti gli ostacoli che e la natura del
sito e l'arte del nemico aveva loro opposto. Imperciocchè il generale
Dammartin, allogate con incredibile fatica alcune artiglierie in un
luogo creduto per lo innanzi inaccessibile, donde feriva di fianco, ed
i feritori alla leggiera, destrissimi ed animosissimi, arrampicatisi
per luoghi dirupati e precipitosi, togliendo sicurezza a quel forte
passo, tempestavano contro i difensori molto furiosamente. Vedutosi
da Buonaparte il successo di queste cose, comandava a tre battaglioni
di disperato valore, dessero dentro a precipizio senza trarre alla
forra che conduce al castello, e questo assaltassero. Nè fu meno pronta
l'esecuzione di quanto fosse risoluto il comandamento; perchè, messisi
i battaglioni a quello sbaraglio, in meno tempo che uomo concitato a
presti passi farebbe, passarono la forra, menando grande strage degli
Alemanni, che cedendo allo audacissimo nemico si ritirarono a gran
fretta in Trento. Nè credendosi sicuri, ritiraronsi più oltre sulla
destra del Lavisio su la strada per a Bolzano. Tale fu l'esito della
battaglia di Roveredo, combattuta il dì 4 settembre. Vi perdettero gli
Austriaci con venticinque cannoni, tre in quattro mila soldati morti,
feriti o prigionieri. Dei Franzesi pochi mancarono per la speditezza
del fatto.
Perduto il forte sito di Calliano, restava Trento senza difesa. Infatti
il 5 settembre entravano i Franzesi vittoriosi, prima Massena, poi
Vaubois, di fresco venuto dalla Toscana al campo. Divenuto Buonaparte
signore di Trento, veniva tosto in sulle lusinghevoli parole,
dichiarando volere che la città e principato di Trento fossero per
sempre liberati dalla superiorità tedesca e posti in libertà. Del
rimanente poco importava al generale della repubblica lo stato de'
popoli trentini; bensì gli premeva di sollevare con dolci discorsi i
popoli della vicina Germania, affinchè tumultuando contro i principi
loro, gli rendessero facile l'impresa di congiungersi coi soldati di
Ferino mandati avanti da Moreau con questo intento.
Gli rompeva questi disegni l'antico Wurmser, il quale, invece di
difendere per que' luoghi alpestri del Tirolo con le reliquie de'
suoi i passi della Germania, deliberassi, con animoso e ben ponderato
consiglio, di voltarsi di nuovo all'Italia, sperando che per la sua
presenza inopinata in queste provincie, aggiuntovi qualche rinforzo
che testè gli era giunto dal Norico, avrebbe potuto farvi qualche
variazione, od almeno ritirarsi al sicuro nido di Mantova. Qualunque
avesse ad essere, o prospero od avverso l'esito di questa fazione,
bene era certo l'effetto di tirare nuovamente Buonaparte in Italia e
di stornare per questo mezzo quella terribile tempesta dalla nativa
Germania. Adunque il maresciallo, già fin quando si combatteva a
Roveredo ed a Calliano, s'incamminava, scendendo a gran passi, per
la valle Brentana, intento suo essendo di congiungersi a Bassano con
gli aiuti che, venuti dal Norico, si erano ridotti ad aspettarlo in
quella città. Si era persuaso che il suo avversario, udita la strada
presa da lui, non solamente deporrebbe il pensiero di assaltar la
Germania, ma ancora scenderebbe a gran passi a seconda dell'Adige per
andar a far argine a quel nuovo impeto nelle vicinanze di Verona.
Effettivamente Buonaparte, abbandonata l'impresa di Germania, si
rivoltava verso l'Italia, ma bene non prese la via dell'Adige,
anzi sprolungata per la valle medesima della Brenta la destra de'
suoi, seguitava frettolosamente le genti Alemanne. Erano guidatori
principali di questi soldati, secondo il solito, que' due folgori
di guerra Massena ed Augereau. Marciarono tanto speditamente che
giunsero gl'imperiali a Primolano e li vinsero con presa di molti
soldati. Si combattè poscia a Cismone, si combattè a Selagno, e
sempre felicemente pe' Franzesi. Già quel nembo era vicino a scoccare
contro Bassano dov'era il corpo principale di Wurmser. L'assaltarono
correndo Augereau a sinistra, Massena a destra, e tosto il ruppero, con
grande ammirazione e sconforto di Wurmser, che si era confidato nella
fortezza di quel passo posto alla sboccatura della valle della Brenta.
Ora nissun altro partito restava al maresciallo d'Austria, poichè sì
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