Annali d'Italia, vol. 7 - 38
Spagna; ed altre segrete ruote ancora concorrevano a muovere que'
popoli più tosto all'amore di una tal quiete e neutralità, che
ad un'aperta guerra. Non tardarono i Franzesi ad impossessarsi di
Coutray, Menin ed altri luoghi. Poscia nel dì 18 di giugno aprirono la
trincea sotto l'importante città d'Ipri, e con più di cento cannoni
e quaranta mortari talmente l'andarono bersagliando, che nel dì 29
d'esso mese v'entrarono, dopo aver conceduto libera l'uscita a quella
guernigione. Erano principalmente animati i Franzesi dalla presenza
dello stesso re Cristianissimo _Luigi XV_, che non guardò a fatiche
in questa campagna. Intanto il principe _Carlo di Lorena_, comandante
dell'esercito austriaco al Reno, altro non istudiava che la maniera
di passar quel fiume, per portare la guerra addosso agli Stati della
Francia. Sul fine di giugno riuscì al generale _Berenklau_ di valicar
esso fiume con dieci mila persone in vicinanza di Magonza, e nel dì
primo di luglio altrettanto fu fatto dallo stesso principe Carlo
col grosso dell'esercito suo, che arditamente poi procedendo mise
piede nell'Alsazia in faccia de' nemici. Gran confusione fu allora in
quella fertile provincia, che cominciò ad essere lacerata in parte
dai Franzesi difensori, e senza paragone più dai feroci Austriaci,
che colle scorrerie, e coll'imporre gravi contribuzioni, seppero ben
prevalersi del loro vantaggio, e tennero nello stesso tempo bloccato
Forte Luigi. Perchè l'armata franzese sul principio d'agosto s'andò
dilatando verso Argentina, non lieve costernazione insorse in quella
stessa sì forte città. Il terribile scompiglio dell'Alsazia cagion fu
che lo stesso re Cristianissimo si movesse con grandi forze dai Paesi
Bassi per accorrere colà; ma caduto infermo in Metz verso la metà di
agosto, fece dubitar di sua vita. Dio il preservò, e a poco a poco
si rimise nello stato primiero di salute. Un teatro di miserie era
intanto divenuta l'Alsazia, e sembrava che l'esercito austriaco in quel
bello ascendente meditasse e sperasse avanzamenti maggiori; quando
giunse la nuova di una metamorfosi che sorprese ognuno; cioè la lega
dell'imperador _Carlo VII_ col re di Prussia _Carlo Federigo III_,
coll'elettor palatino _Carlo di Sultzbac_ e col _lantgravio d'Hassia
Cassel_ contro la regina di Ungheria: lega maneggiata e felicemente
conchiusa dall'industria e pecunia franzese. Stupissi ognuno come esso
Prussiano, dopo una pace di tanto suo vantaggio e sì recente, stabilita
colla regina _Maria Teresa_, di nuovo contra di lei sfoderasse la
spada. Diede egli con un suo manifesto quel colore che potè a questa
sua novità, allegando l'occupazion della Baviera, e l'indebita guerra
fatta da essa regina all'imperio, alla cui difesa come elettore egli
si sentiva obbligato: quasichè questo capo non fosse stato il primo a
muovere contra d'essa regina la guerra; ed esso re prussiano, allorchè
giurò la pace, non sapesse che ardeva quella guerra fra l'imperadore e
la regina. Però la corte di Vienna proruppe in gravi querele contra di
quel re, chiamandolo principe di niuna fede, di niuna religione; e la
regina d'Ungheria corse a Presburgo per commuovere tutta l'Ungheria in
soccorso suo; e non vi corse indarno.
Rimasero per questa inaspettata tempesta sconcertate affatto le misure
del gabinetto austriaco, e fu obbligato il _principe Carlo di Lorena_
di ripassare il Reno coll'esercito suo per correre alla difesa della
Boemia, verso la quale erano già in moto dalla Slesia l'armi del re di
Prussia. Nel dì 23 d'agosto con bella ordinanza imprese esso principe
il passaggio di quel fiume, e felicemente in due giorni ridusse
l'armata all'altra riva. Dai Franzesi, che l'inseguivano, riportò egli
qualche danno, con rimanere uccisi o prigioni molti de' suoi, danno
nondimeno inferiore all'aspettazion della gente, che giudicò non aver
saputo i Franzesi profittar di sì favorevol occasione per nuocergli;
anzi fu creduto che il _maresciallo duca di Noaglies_ per questa
disattenzione fosse richiamato alla corte. Non dovettero certamente
mancare a quel saggio signore delle buone giustificazioni. Il bello poi
fu che l'armata franzese, avendo anch'essa ripassato il Reno, in vece
di tener dietro al principe di Lorena, per frastornare il suo cammino
alla volta della Boemia, rivolse i passi verso la Brisgovia per ansietà
di far sua la fortissima piazza di Friburgo. Intanto giacchè si trovò
la Boemia non preparata a così impetuoso temporale, la regale città
di Praga nel dì 16 di settembre tornò in potere del re prussiano, con
restar prigioniera di guerra la guernigione consistente in circa dieci
mila persone, parte truppe regolate e parte milizie del paese. Anche
la città di Budweis corse la medesima fortuna. Arrivato poi che fu
nella Boemia il poderoso esercito austriaco, più formidabile si rendè,
perchè seco s'unirono venti mila Sassoni, atteso che _Federigo Augusto
III_ re di Polonia ed elettor di Sassonia avea in fine conosciuta la
necessità di far argine alla smisurata avidità del re di Prussia; e vi
s'era anche aggiunto, per quanto fu creduto, un altro impulso, cioè
una ricompensa promossa dalla regina d'Ungheria. Allora cominciarono
a mutar faccia in quelle parti gli affari. Budweis e Tabor tornarono
all'ubbidienza della real sovrana; e la stessa città di Praga fu,
nel dì 25 di novembre, precipitosamente abbandonata dai Prussiani:
nuova che riempiè di giubilo Vienna. Ritirossi poscia il re di Prussia
colle sue forze nella Slesia, dove penetrarono anche gli Austriaci,
unendosi tutti a maggiormente desolare quel prima sì dovizioso paese.
Mentre con tal felicità procedevano l'armi della regina in quelle
parti, seppe l'imperador _Carlo VII_ ben profittare della debolezza in
cui erano restati i presidii austriaci ne' suoi Stati della Baviera,
dacchè il principe di Lorena passò in Boemia. Spinse egli colà la
sua armata sotto il comando del maresciallo _conte di Seckendorf_,
che niuna fatica durò a ricuperar Monaco ed altri luoghi abbandonati
dagli Austriaci; ed esso Augusto dipoi, nel dì 22 d'ottobre, ebbe la
consolazione di rientrar nella sua capitale fra i plausi dell'amante
popolo suo. Fu in questo mentre fatto dall'esercito franzese l'assedio
della città di Friburgo nella Brisgovia: città che parea inespugnabile,
tante erano le sue fortificazioni, oltre all'essere munita di due
castelli; ma non già tale alla perizia e risoluzion dei Franzesi, ai
quali niuna piazza suol fare lunga resistenza, quando non sia soccorsa
da possente armata di fuori. Lo stesso re Cristianissimo colà giunto in
persona non volle riveder Parigi, se prima non vide quell'importante
fortezza sottomessa all'armi sue. La presenza di questo monarca
animava la gente a sacrificar le sue vite, e gran sangue in fatti
costò quell'impresa a' Franzesi. Ma in fine il comandante austriaco
capitolò la resa della città con ritirare nel dì 7 di novembre la
guernigione ne' castelli, i quali poi si arrenderono anch'essi nel dì
25 d'esso mese, restandone prigioni i difensori. Con queste sì varie
vicende ebbe fine l'anno presente; ne' cui ultimi giorni si solennizzò
in Versaglies alla presenza delle maestà Cristianissime il maritaggio
della principessa _Felicita di Este_, figlia primogenita di _Francesco
III_ duca di Modena con _Luigi di Borbon_ duca di Penthievre della
real casa di Francia, grande ammiraglio di quel regno. Merita ancora
d'essere qui riferita una gloriosa azione del regnante pontefice
_Benedetto XIV_. Per bisogni della cristianità (massimamente nel
secolo XVI) essendo stati contratti dalla camera apostolica dei grossi
debiti, avea essa obbligati gli ordini monastici e i canonici regolari
in Italia a pagarne annualmente i frutti: aggravio assai pesante ai
monisteri, che avea anche sminuito non poco il loro splendore. Portato
da un indefesso amore alla beneficenza il santo padre aprì loro il
campo per redimersi da questo peso, con permettere loro di pagare il
capitale d'essi debiti, e di liberarsi dai frutti. Di questa grazia i
più ne profittarono, con decretar anche perenni memorie a così amorevol
benefattore, il quale nello stesso tempo sgravò la camera dai debiti
corrispondenti. Fra gli altri la congregazion cassinense, in attestato
della sua gratitudine, fatta fare in marmo la statua di sua santità, la
collocò nell'atrio della basilica di Monte Casino fra l'altre di molti
pontefici, tutti benemeriti dell'ordine di San Benedetto.
Anno di CRISTO MDCCXLV. Indiz. VIII.
BENEDETTO XIV papa 6.
FRANCESCO I imperadore 1.
Ebbe principio quest'anno colla morte d'uno dei principali attori della
tuttavia durante tragedia. Era soggetto a gravi insulti di podagra e
chiragra l'_imperador Carlo VII_ duca ed elettor di Baviera. Stavasene
egli nella ricuperata città di Monaco, godendo la contentezza di
vedersi rimesso in possesso di buona parte dei suoi Stati; quando più
fieramente che mai assalito nel dì 17 di gennaio da questo malore,
che gli passò al petto, poscia nel dì 20 con somma rassegnazione
passò all'altra vita. Era nato nel dì 6 di agosto del 1697. Principe,
a cui non mancarono già riguardevoli doti, ma mancò la fortuna, che
nè pure s'era mostrata molto propizia al fu duca suo padre. Gli alti
suoi voli ad altro non servirono che al precipizio proprio e de' suoi
sudditi, condotti per cagione di lui ad inesplicabili guai. Accrebbe
certamente decoro a sè stesso e alla casa propria coll'acquisto
dell'imperial corona; ma poco godè egli di questo splendore in vita, nè
potè tramandarlo dopo di sè a' discendenti suoi. Lasciò esso Augusto
tre principesse figlie e un solo figlio, cioè _Massimiliano Giuseppe_
principe elettorale, nato nel dì 28 marzo del 1727, ch'egli prima
di morire dichiarò fuori di minorità. Ora questo principe conobbe
tosto d'essere rimasto erede del principato avito, ma insieme delle
disavventure del padre, perchè tuttavia la principal sua fortezza,
cioè Ingolstat, ed altre minori piazze erano in mano della regina
d'Ungheria. Oltre a ciò, alquanti giorni dopo la morte dell'augusto
padre peggiorarono gl'interessi suoi, perchè l'armata austriaca
s'impadronì d'Amberga e di tutto il Palatinato superiore. Il peggio fu,
che già si allestiva un gran rinforzo di gente, per invadere di nuovo
la capitale della Baviera, o per costringere questo principe a prendere
misure diverse dalle paterne.
Trovavasi il giovinetto elettore in un affannoso labirinto, dall'una
parte spinto dalle esibizioni e promesse del ministero franzese
per continuare nel precedente impiego, e dall'altra combattuto da'
consigli della vedova imperatrice sua madre _Maria Amalia d'Austria_,
dalla corte di Sassonia e dal maresciallo di Seckendorf, che gli
persuadevano per più utile e sicuro ripiego l'accordare gl'interessi
suoi colla regina d'Ungheria. A queste ultime amichevoli insinuazioni
sul principio d'aprile si aggiunse il terrore dell'armi; perciocchè,
entrato l'esercito austriaco con furore nella Baviera, furono obbligati
i Bavaresi e Franzesi ad abbandonare Straubing, Landau, Dingelfingen,
Kelheim, Wilzhoffen, ed altri luoghi dell'elettorato. Gran
costernazione fu in Monaco stesso, e l'elettore se ne partì alla metà
del mese suddetto, chiamato dai Franzesi a Manheim. Ma egli si fermò in
Augusta a stretti colloquii col conte Coloredo, e con altri parziali
della casa d'Austria; e quivi in fine le persuasioni di chi gli
proponeva l'accordo colla regina prevalsero sopra le altre dei ministri
aderenti alla Francia, i quali restarono esclusi dai trattati. Rinunziò
dunque l'elettore alla lega colla Francia; accettò l'armistizio e
la neutralità, con che restassero in poter della regina le fortezze
d'Ingolstat, Scarding, Straubingen e Braunau, sino all'elezion d'un
imperadore; ed antepose la quiete e liberazion presente de' suoi
Stati alle incerte speranze di conseguir molto più coll'andare in
esilio, e continuare sotto la protezion de' Franzesi. Intorno a questa
sua risoluzione e ad altre condizioni di quei preliminari di pace,
sottoscritti in Fussen nel dì 22 d'aprile, varii furono i sentimenti
dei politici: noi li lasceremo masticare le lor sottili riflessioni.
Per sì fatta mutazion di cose furono costrette le truppe franzesi,
palatine ed hassiane a ritirarsi più che in fretta, e con grave lor
danno, dalla Baviera e da' suoi contorni, perchè sempre insultate dalle
milizie austriache.
Frequenti intanto erano i maneggi degli elettori per dare un nuovo
capo all'imperio, e sul principio di giugno fu intimata in Francoforte
la dieta per l'elezione; affinchè essa seguisse con piena libertà,
giudicarono bene i Franzesi di spedire un grosso esercito comandato
dal _principe di Conty_ al Meno nelle vicinanze d'essa città di
Francoforte. Tanta carità de' Franzesi verso i loro interessi non la
sapeano intendere i principi e circoli dell'imperio, e molto meno volle
sofferir questa violenza la corte di Vienna. Trovavasi verso quelle
parti un esercito austriaco, ma non di tal nerbo da poter intimare la
ritirata ai Franzesi. Il saggio maresciallo _conte di Traun_, giacchè
era tornata la quiete nella Baviera, ebbe l'incombenza di provvedere a
questo bisogno, e poscia ebbe anche la gloria di felicemente eseguirne
il progetto. Con un altro gran corpo d'armata prese egli un giro per
le montagne e luoghi disastrosi, e presso il fine di giugno arrivò ad
unirsi coll'altro esercito comandato dal _conte Batthyani_. A questa
armata combinata sul principio di luglio comparve anche il gran duca
di Toscana _Francesco Stefano di Lorena_, e poco si stette a vedere
scomparire dalle rive del Meno e ritirarsi al Reno l'oste franzese.
Restò con ciò liberata la città di Francoforte da quell'intollerabil
aggravio, e tanto più, perchè il gran duca condusse anch'egli
l'esercito suo ad Heidelberga, lasciando in piena libertà i ministri
deputati all'elezione del futuro imperadore. Essendo poi giunto sul
fine di agosto a Francoforte l'_elettore di Magonza_, si continuarono
le conferenze di quella dieta; e giacchè non fu questa volta disdetto
alla regina d'Ungheria il voto della Boemia, l'elettor di Baviera
nell'accordo con essa regina avea impegnato il suo in favore della
medesima: nel dì 13 di settembre, ancorchè mancassero i voti del re
di Prussia e del palatino, seguì le elezioni di _Francesco Stefano_
duca di Lorena, gran duca di Toscana, marito e correggente della
stessa regina _Maria Teresa_, in re dei Romani, che assunse il titolo
d'imperadore eletto. Mossesi da Vienna questa regnante non tanto
per godere anch'essa in persona di veder la coronazione dell'augusto
consorte, e rimesso lo scettro cesareo nella sua potentissima casa,
quanto ancora per convalidare un patto voluto dagli elettori, cioè
ch'essa regina si obbligasse di assistere colle sue forze il nuovo
Augusto in tutte le sue risoluzioni e bisogni. Fece il suo magnifico
ingresso in Francoforte l'_imperadore Francesco I_ nel dì 21 di
settembre, eseguì poi nel dì 4 di ottobre la di lui solenne coronazione
con indicibil festa e concorso d'innumerabil gente. Si aspettava
ognuno che, secondo lo stile, anche alla regina di lui consorte fosse
conferita l'imperial corona. Per più d'un riguardo se ne astenne la
saggia principessa, più di quell'onore a lei premendo il conservare
i proprii diritti, e l'amore de' suoi Ungheri e Boemi, e il poter
sedere da lì innanzi in carrozza al fianco dell'augusto marito. Accettò
nondimeno il titolo d'imperadrice, e non lasciò di far risplendere in
tal congiuntura la mirabil sua magnificenza, essendosi creduto da molti
che ascendesse a qualche milione il prezzo delle gioie e dei regali
da essa distribuiti agli elettori, ministri, generali delle milizie,
soldati, ed altra gente, tanto che ne stupì ognuno. Si restituirono
poscia le imperiali loro maestà a Vienna, e vi fecero il giulivo loro
ingresso nel dì 27 di ottobre.
Continuava intanto la guerra dell'imperadrice suddetta col re di
Prussia, le cui armi occupavano la Slesia. Nel dì 8 del gennaio
dell'anno presente in Varsavia fra la suddetta Augusta regina, il re
d'Inghilterra e il re di Polonia, come elettor di Sassonia, e gli
Olandesi, fu stabilita una lega difensiva, per cui si obbligò esso
elettore di contribuire trenta mila armati per la difesa del regno
d'Ungheria, con promettergli annualmente le potenze marittime cento
cinquanta mila lire sterline, per questo. E giacchè il re prussiano
s'era messo sotto i piedi il precedente trattato di pace, attese
indefessamente la corte di Vienna ad unire un poderoso esercito
contra di lui, lusingandosi di poter profittare di questa rottura,
per ricuperare la sommamente importante provincia della Slesia
dalle mani di chi avea mancato alla fede. Altri conti faceva il re
di Prussia, le cui truppe a maraviglia agguerrite, forti e spedite
nei combattimenti, hanno in questi ultimi tempi conseguito un gran
credito nelle azioni militari. All'apertura della campagna il principe
_Carlo di Lorena_ marciò animosamente coi Sassoni in traccia della
nemica armata. Seguirono varii incontri, finchè nel dì 4 di giugno
prese Striegau e Friedberg, esso principe, forse contro sua voglia,
venne ad una giornata campale con esso re. Toccò una gran rotta agli
Austriaco-Sassoni, non avendo il principe assai per tempo avvertita
la svantaggiosa situazione sua, per cui non potea passare la sua
cavalleria, e la vantaggiosa dell'esercito prussiano. Confessarono i
vinti la perdita di nove mila persone fra uccisi, feriti e prigioni.
Pretesero all'incontro i vincitori prussiani, che de' loro avversari,
quattro mila restassero estinti nel campo, sette mila fossero i
prigioni, fra i quali ducento gli uffiziali, coll'acquisto di sessanta
cannoni, trentasei bandiere ed otto paia di timbali, oltre lo spoglio
del campo. Furono perciò obbligati gli Austriaci e Sassoni a ritirarsi
con grave disagio nella Boemia, per attendere alla difesa, e furono
colà inseguiti dai nemici. Ritirossi poscia nel settembre da essa
Boemia il re di Prussia, e con un manifesto, e coll'avvicinamento
delle sue truppe cominciò a minacciar la Sassonia. L'inseguì in questa
ritirata il principe di Lorena, e nel dì 30 di esso mese a Prausnitz
in Boemia andò coll'esercito suo ad assediarlo. Ebbe anche questa
volta la fortuna contraria, e lasciò in mano dei nemici la vittoria,
con perdita forse di tre mila persone, di trenta pezzi di cannone e di
molte insegne. Ma nè pure il Prussiano potè gloriarsi molto di questa
giornata, perchè anch'egli perdè non solo assai gente, ma anche la
maggior parte del bagaglio proprio e dei suoi uffiziali: stante l'avere
il generale Trench co' suoi Ungheri atteso nel bollore della battaglia
a ciò che più gli premeva, cioè a quel ricco bottino, e a far prigione
chiunque ne aveva la guardia. Fu creduto che se essi Ungheri, senza
perdersi nel saccheggio, avessero secondato il valor degli Austriaci,
con menar anch'essi le mani, ed assalir per fianco i nemici, come era
il concerto, sarebbe andata in isconfitta l'armata prussiana.
Ora essendosi inoltrato il re di Prussia nei confini della Sassonia,
nel dì 23 di novembre si affrettò di prevenir l'unione degli Austriaci
coi Sassoni, e gli riuscì di dare una rotta ad alquanti reggimenti
della Sassonia, colla morte di circa due mila d'essi, e colla
prigionia di altrettanti. Si tirò dietro questa vittoria un terribile
sconvolgimento di cose. Imperciocchè l'elettor sassone re di Polonia
prese le precauzioni di ritirarsi colla real famiglia e co' suoi più
preziosi arredi in Boemia e non finì il mese che le truppe prussiane
entrarono in Mersburg e Lipsia; e il re loro nello stesso tempo con
altro corpo di gente s'impadronì di Gorlitz. Inorridì ognuno all'udir
le smisurate contribuzioni di due milioni e mezzo di fiorini, intimate
al popolo di Lipsia, da compartirsi poi sopra tutto l'elettorato
di Sassonia, con dar tempo di sole poche ore al pagamento. Convenne
contribuire quanto di danaro, gioie ed argenterie si potè unire, in
quel brutto frangente, e dar buone sicurtà mercantili pel residuo.
Anche nel dì 15 di dicembre seguì un altro fatto d'armi fra i Prussiani
e gli Austriaco-Sassoni, colla peggio degli ultimi; dopo di che furono
aperte le porte di Dresda ai re di Prussia. Per cotanta felicità del re
nemico conobbero in fine tanto _Federigo Augusto III_ re di Polonia,
quanto l'imperadrice _Maria Teresa_, la necessità di trattar di pace.
Da Vienna dunque con plenipotenza volò il ministro d'Inghilterra a
trovare _Carlo Federigo III_ re di Prussia, e a maneggiar l'accordo.
Ossia che l'imperadrice della Russia minacciasse il Prussiano, o
pure che altri riguardi movessero esso re: certo è che nel dì 25
di dicembre seguì la pace fra quelle tre potenze, uniformandosi al
precedente trattato di Breslavia, con altri patti, che io tralascio.
Ritiraronsi perciò da lì a non molto l'armi prussiane dalla Sassonia;
e siccome il re elettore se ne tornò al godimento de' suoi Stati,
così l'imperadrice, sbrigata da sì fiero e fortunato avversario potè
attendere con più vigor da lì innanzi a sostenere gli affari suoi in
Italia.
Gran guerra fu eziandio in Fiandra nell'anno presente. Sul fine
d'aprile il valoroso _conte di Sassonia_ maresciallo di Francia con
potente esercito si portò all'assedio di Tournai. V'era dentro un
presidio di nove mila alleati che prometteva gran cose, e certamente
non mancò al suo dovere. Lo stesso re Cristianissmo _Luigi XV_ col
figlio Delfino volle ancora in quest'anno incoraggir quell'impresa
colla presenza sua, e ben molto giovò. Imperciocchè nel dì 11 di maggio
ii giovane _duca di Cumberland_, secondogenito di _Giorgio II_ re
della Gran Bretagna, comandante supremo dell'armata dei collegati in
Fiandra, assistito dal saggio maresciallo _conte di Koningsegg_ (i cui
consigli non furono questa volta attesi) andò con tutte le sue forze ad
assalire i Franzesi a Fontenay. Nove ore durò l'aspro combattimento,
in cui l'esercito collegato superò alcuni trinceramenti, e fece
anche piegare i nemici; ma sopraggiunte le guardie del re, cangiò
aspetto la battaglia, e furono essi alleati costretti a ritirarsi con
disordine ad Ath, con restare i Franzesi padroni del campo, di molte
bandiere, stendardi e cannoni, e con fare circa due mila prigioni.
Che comperassero i Franzesi ben caro questa vittoria, si argomentò
dall'aver essi contato fra morti e feriti quattrocento cinquanta de'
loro uffiziali. Nel dì 23 di maggio la guernigione di Tournay cedè
la città agli assedianti, e si ritirò nella Cittadella, dove, con far
più prodezze, si sostenne sino al dì 20 di giugno. Le furono accordati
patti di buona guerra, a riserva di non potere per tutto il presente
anno militare contro i Franzesi. Era esso presidio ridotto a sei
mila persone. Andò poi rondando l'accorto maresciallo di Sassonia per
alquanti giorni, senza prevedersi dove piombare; quando improvvisamente
spedì un corpo dei suoi, i quali, dopo aver data una rotta a sei
mila Inglesi che marciavano alla volta di Gant, colla scalata
s'impadronirono, nel dì 11 di luglio, della stessa vasta città di Gant,
e nel dì 16 anche del castello. Copiosi magazzini di farine, biada,
biscotto, fieno ed abiti da soldati si trovarono in quella città,
e furono di buon cuore occupati dai Franzesi. Nel dì 21 di luglio
entrarono l'armi galliche anche in possesso di Oudenarde, Grammont,
Alost, e poscia di Dendermonda: dopo di che passarono sotto Ostenda, e
verso la metà d'agosto ne impresero l'assedio e le offese.
Chiunque sapea quanta gente e che smisurato tempo costasse il vincere
quell'importante piazza nelle vecchie guerre di Fiandra, stimava di
mirare anche oggidì le stesse maraviglie di ostinata difesa. Ma non
son più quei tempi, e le circostanze ora sono ben diverse. Il prendere
le piazze anche più forti è divenuto un mestier facile all'ingegno
e valore delle armi franzesi. Ostenda nel dì 23 del suddetto mese
d'agosto con istupore d'ognuno capitolò la resa, e quel presidio
ottenne onorevoli condizioni. Avendo con questa segnalata impresa il re
Cristianissimo coronato la sua campagna, carico di palme se ne tornò
a Parigi e a Versaglies. Anche Neuport, fortezza di gran conseguenza,
nel dì 5 di settembre venne in potere de' Franzesi, ed altrettanto
fece Ath nel dì 8 di ottobre. Un gran dire dappertutto era al mirare
con che favorevol vento procedessero in Fiandra le armate franzesi, e
qual tracollo venisse ivi agl'interessi dell'imperadrice Maria Teresa.
Eppure qui non si fermò l'applicazione del gabinetto di Francia.
Sul principio d'agosto, assistito qualche poco da essi Franzesi, il
cattolico principe di Galles _Carlo Odoardo_, figlio di _Giacomo III
Stuardo_ re d'Inghilterra, già chiamato nel precedente anno in Francia,
ebbe la fortuna di passare sopra una fregata con alcuni suoi aderenti,
e buona copia d'armi e danaro in Iscozia, dove fu accolto con festa da
molti di que' popoli, che non tardarono a sollevarsi, e a riconoscere
per loro signore il di lui padre. Prese tosto tal piede quell'incendio,
che _Giorgio II_ re d'Inghilterra, non tanto per opporsi ai progressi
di questo principe, quanto ancora per sospetti che non si trovasse
qualche rivoluzione nel cuore del regno, richiamò a Londra parte delle
sue truppe esistenti in Fiandra, e fece anche istanza agli Olandesi del
sussidio di sei mila soldati, al quale erano tenuti secondo i patti,
e bisognò inviarli. Contribuì non poco tal avvenimento a facilitar
le conquiste de' Franzesi nei Paesi Bassi. Non mi fermerò io punto
a descrivere quegli avvenimenti, perchè oramai mi chiama l'Italia a
rammentare i suoi.
Fermossi per tutto il verno dell'anno presente col quartier generale
austriaco in Imola il _principe di Lobcowitz_, e si stendevano le sue
truppe per tutta la Romagna. Nello stesso tempo il generale spagnuolo
_conte di Gages_ faceva riposar le sue milizie su quel di Viterbo
e nei contorni, lagnandosi indarno gl'innocenti popoli dello Stato
ecclesiastico di sì fatto aggravio. Diverso nondimeno era il danno
loro inferito da queste armate; perchè gli Austriaci, non contenti
delle naturali, esigevano anche esorbitanti contribuzioni in danaro
dalle legazioni di Bologna, Ferrara e Romagna. Passati i primi giorni
di marzo, giacchè il _conte di Gages_ era stato rinforzato da molti
squadroni spediti dalla Spagna e da un corpo di Napolitani, con essere
in viaggio altre schiere per unirsi con lui, mise in moto l'armata
sua alla volta di Perugia, e quindi per tre diverse strade valicò lo
Apennino; e nel dì 18 cominciarono quelle truppe a comparire a Pesaro.
Credevasi che gli Austriaci postati a Rimino fossero per far testa; ma
non si tardò molto a vedere l'inviamento de' loro spedali alla volta
del Ferrarese, per di là passare a Mantova; e da che i Napolispani
s'inoltrarono verso Fano, il _principe di Lobcowitz_, incendiati i
proprii magazzini, cominciò a battere la ritirata verso Cesena, Forlì e
Faenza. Parea che i Napolispani avessero l'ali; non l'ebbero meno gli
Austriaci; talmente che, arrivato il principe suddetto, nel dì 5 di
aprile, a Bologna coll'armata, non le diede riposo, e fecela marciare
alla volta della Samoggia. Ma da che cominciarono i nemici a comparire
di qua da Bologna, egli postò nel dì 10 di esso mese tutto l'esercito
suo di qua dal Panaro sul Modenese.
Arrivato che fu da Venezia a Bologna anche _Francesco III d'Este_ duca
di Modena, generalissimo dell'armata napolispana, s'inviò questa in
ordinanza di battaglia verso il suddetto Panaro, e nel dì 13 di aprile
nelle vicinanze di Spilamberto lo passò, benchè fosse accorso colà
il _principe di Lobcowitz_ con apparenza di voler dare battaglia. Ma
senza aver fatto alcuna prodezza, si vide la sera tutto l'esercito
austriaco passar lungo le mura di Modena: esercito che servì di
scusa al generale, se altro non cercava che di ritirarsi; perchè
comparve smilzo più d'un poco agli occhi dei molti spettatori. Venne
il Lobcowitz ad accamparsi fra la cittadella di Modena e il fiume
Secchia, mentre i Napolispani andarono a piantare le tende al Montale,
e ne' luoghi circonvicini sino a Formigine, quattro miglia lungi
dalla città. Si figurarono molti che il pensier loro fosse di entrare
in Modena, e già il Lobcowitz avea aggiunto al ponte alto un altro
ponte di barche, per salvarsi di là dal fiume, qualora tentassero i
nemici di assalirlo in quel posto: saggia risoluzione, perchè, passato
di là, non paventava di loro; e quand'eglino avessero in altri siti
popoli più tosto all'amore di una tal quiete e neutralità, che
ad un'aperta guerra. Non tardarono i Franzesi ad impossessarsi di
Coutray, Menin ed altri luoghi. Poscia nel dì 18 di giugno aprirono la
trincea sotto l'importante città d'Ipri, e con più di cento cannoni
e quaranta mortari talmente l'andarono bersagliando, che nel dì 29
d'esso mese v'entrarono, dopo aver conceduto libera l'uscita a quella
guernigione. Erano principalmente animati i Franzesi dalla presenza
dello stesso re Cristianissimo _Luigi XV_, che non guardò a fatiche
in questa campagna. Intanto il principe _Carlo di Lorena_, comandante
dell'esercito austriaco al Reno, altro non istudiava che la maniera
di passar quel fiume, per portare la guerra addosso agli Stati della
Francia. Sul fine di giugno riuscì al generale _Berenklau_ di valicar
esso fiume con dieci mila persone in vicinanza di Magonza, e nel dì
primo di luglio altrettanto fu fatto dallo stesso principe Carlo
col grosso dell'esercito suo, che arditamente poi procedendo mise
piede nell'Alsazia in faccia de' nemici. Gran confusione fu allora in
quella fertile provincia, che cominciò ad essere lacerata in parte
dai Franzesi difensori, e senza paragone più dai feroci Austriaci,
che colle scorrerie, e coll'imporre gravi contribuzioni, seppero ben
prevalersi del loro vantaggio, e tennero nello stesso tempo bloccato
Forte Luigi. Perchè l'armata franzese sul principio d'agosto s'andò
dilatando verso Argentina, non lieve costernazione insorse in quella
stessa sì forte città. Il terribile scompiglio dell'Alsazia cagion fu
che lo stesso re Cristianissimo si movesse con grandi forze dai Paesi
Bassi per accorrere colà; ma caduto infermo in Metz verso la metà di
agosto, fece dubitar di sua vita. Dio il preservò, e a poco a poco
si rimise nello stato primiero di salute. Un teatro di miserie era
intanto divenuta l'Alsazia, e sembrava che l'esercito austriaco in quel
bello ascendente meditasse e sperasse avanzamenti maggiori; quando
giunse la nuova di una metamorfosi che sorprese ognuno; cioè la lega
dell'imperador _Carlo VII_ col re di Prussia _Carlo Federigo III_,
coll'elettor palatino _Carlo di Sultzbac_ e col _lantgravio d'Hassia
Cassel_ contro la regina di Ungheria: lega maneggiata e felicemente
conchiusa dall'industria e pecunia franzese. Stupissi ognuno come esso
Prussiano, dopo una pace di tanto suo vantaggio e sì recente, stabilita
colla regina _Maria Teresa_, di nuovo contra di lei sfoderasse la
spada. Diede egli con un suo manifesto quel colore che potè a questa
sua novità, allegando l'occupazion della Baviera, e l'indebita guerra
fatta da essa regina all'imperio, alla cui difesa come elettore egli
si sentiva obbligato: quasichè questo capo non fosse stato il primo a
muovere contra d'essa regina la guerra; ed esso re prussiano, allorchè
giurò la pace, non sapesse che ardeva quella guerra fra l'imperadore e
la regina. Però la corte di Vienna proruppe in gravi querele contra di
quel re, chiamandolo principe di niuna fede, di niuna religione; e la
regina d'Ungheria corse a Presburgo per commuovere tutta l'Ungheria in
soccorso suo; e non vi corse indarno.
Rimasero per questa inaspettata tempesta sconcertate affatto le misure
del gabinetto austriaco, e fu obbligato il _principe Carlo di Lorena_
di ripassare il Reno coll'esercito suo per correre alla difesa della
Boemia, verso la quale erano già in moto dalla Slesia l'armi del re di
Prussia. Nel dì 23 d'agosto con bella ordinanza imprese esso principe
il passaggio di quel fiume, e felicemente in due giorni ridusse
l'armata all'altra riva. Dai Franzesi, che l'inseguivano, riportò egli
qualche danno, con rimanere uccisi o prigioni molti de' suoi, danno
nondimeno inferiore all'aspettazion della gente, che giudicò non aver
saputo i Franzesi profittar di sì favorevol occasione per nuocergli;
anzi fu creduto che il _maresciallo duca di Noaglies_ per questa
disattenzione fosse richiamato alla corte. Non dovettero certamente
mancare a quel saggio signore delle buone giustificazioni. Il bello poi
fu che l'armata franzese, avendo anch'essa ripassato il Reno, in vece
di tener dietro al principe di Lorena, per frastornare il suo cammino
alla volta della Boemia, rivolse i passi verso la Brisgovia per ansietà
di far sua la fortissima piazza di Friburgo. Intanto giacchè si trovò
la Boemia non preparata a così impetuoso temporale, la regale città
di Praga nel dì 16 di settembre tornò in potere del re prussiano, con
restar prigioniera di guerra la guernigione consistente in circa dieci
mila persone, parte truppe regolate e parte milizie del paese. Anche
la città di Budweis corse la medesima fortuna. Arrivato poi che fu
nella Boemia il poderoso esercito austriaco, più formidabile si rendè,
perchè seco s'unirono venti mila Sassoni, atteso che _Federigo Augusto
III_ re di Polonia ed elettor di Sassonia avea in fine conosciuta la
necessità di far argine alla smisurata avidità del re di Prussia; e vi
s'era anche aggiunto, per quanto fu creduto, un altro impulso, cioè
una ricompensa promossa dalla regina d'Ungheria. Allora cominciarono
a mutar faccia in quelle parti gli affari. Budweis e Tabor tornarono
all'ubbidienza della real sovrana; e la stessa città di Praga fu,
nel dì 25 di novembre, precipitosamente abbandonata dai Prussiani:
nuova che riempiè di giubilo Vienna. Ritirossi poscia il re di Prussia
colle sue forze nella Slesia, dove penetrarono anche gli Austriaci,
unendosi tutti a maggiormente desolare quel prima sì dovizioso paese.
Mentre con tal felicità procedevano l'armi della regina in quelle
parti, seppe l'imperador _Carlo VII_ ben profittare della debolezza in
cui erano restati i presidii austriaci ne' suoi Stati della Baviera,
dacchè il principe di Lorena passò in Boemia. Spinse egli colà la
sua armata sotto il comando del maresciallo _conte di Seckendorf_,
che niuna fatica durò a ricuperar Monaco ed altri luoghi abbandonati
dagli Austriaci; ed esso Augusto dipoi, nel dì 22 d'ottobre, ebbe la
consolazione di rientrar nella sua capitale fra i plausi dell'amante
popolo suo. Fu in questo mentre fatto dall'esercito franzese l'assedio
della città di Friburgo nella Brisgovia: città che parea inespugnabile,
tante erano le sue fortificazioni, oltre all'essere munita di due
castelli; ma non già tale alla perizia e risoluzion dei Franzesi, ai
quali niuna piazza suol fare lunga resistenza, quando non sia soccorsa
da possente armata di fuori. Lo stesso re Cristianissimo colà giunto in
persona non volle riveder Parigi, se prima non vide quell'importante
fortezza sottomessa all'armi sue. La presenza di questo monarca
animava la gente a sacrificar le sue vite, e gran sangue in fatti
costò quell'impresa a' Franzesi. Ma in fine il comandante austriaco
capitolò la resa della città con ritirare nel dì 7 di novembre la
guernigione ne' castelli, i quali poi si arrenderono anch'essi nel dì
25 d'esso mese, restandone prigioni i difensori. Con queste sì varie
vicende ebbe fine l'anno presente; ne' cui ultimi giorni si solennizzò
in Versaglies alla presenza delle maestà Cristianissime il maritaggio
della principessa _Felicita di Este_, figlia primogenita di _Francesco
III_ duca di Modena con _Luigi di Borbon_ duca di Penthievre della
real casa di Francia, grande ammiraglio di quel regno. Merita ancora
d'essere qui riferita una gloriosa azione del regnante pontefice
_Benedetto XIV_. Per bisogni della cristianità (massimamente nel
secolo XVI) essendo stati contratti dalla camera apostolica dei grossi
debiti, avea essa obbligati gli ordini monastici e i canonici regolari
in Italia a pagarne annualmente i frutti: aggravio assai pesante ai
monisteri, che avea anche sminuito non poco il loro splendore. Portato
da un indefesso amore alla beneficenza il santo padre aprì loro il
campo per redimersi da questo peso, con permettere loro di pagare il
capitale d'essi debiti, e di liberarsi dai frutti. Di questa grazia i
più ne profittarono, con decretar anche perenni memorie a così amorevol
benefattore, il quale nello stesso tempo sgravò la camera dai debiti
corrispondenti. Fra gli altri la congregazion cassinense, in attestato
della sua gratitudine, fatta fare in marmo la statua di sua santità, la
collocò nell'atrio della basilica di Monte Casino fra l'altre di molti
pontefici, tutti benemeriti dell'ordine di San Benedetto.
Anno di CRISTO MDCCXLV. Indiz. VIII.
BENEDETTO XIV papa 6.
FRANCESCO I imperadore 1.
Ebbe principio quest'anno colla morte d'uno dei principali attori della
tuttavia durante tragedia. Era soggetto a gravi insulti di podagra e
chiragra l'_imperador Carlo VII_ duca ed elettor di Baviera. Stavasene
egli nella ricuperata città di Monaco, godendo la contentezza di
vedersi rimesso in possesso di buona parte dei suoi Stati; quando più
fieramente che mai assalito nel dì 17 di gennaio da questo malore,
che gli passò al petto, poscia nel dì 20 con somma rassegnazione
passò all'altra vita. Era nato nel dì 6 di agosto del 1697. Principe,
a cui non mancarono già riguardevoli doti, ma mancò la fortuna, che
nè pure s'era mostrata molto propizia al fu duca suo padre. Gli alti
suoi voli ad altro non servirono che al precipizio proprio e de' suoi
sudditi, condotti per cagione di lui ad inesplicabili guai. Accrebbe
certamente decoro a sè stesso e alla casa propria coll'acquisto
dell'imperial corona; ma poco godè egli di questo splendore in vita, nè
potè tramandarlo dopo di sè a' discendenti suoi. Lasciò esso Augusto
tre principesse figlie e un solo figlio, cioè _Massimiliano Giuseppe_
principe elettorale, nato nel dì 28 marzo del 1727, ch'egli prima
di morire dichiarò fuori di minorità. Ora questo principe conobbe
tosto d'essere rimasto erede del principato avito, ma insieme delle
disavventure del padre, perchè tuttavia la principal sua fortezza,
cioè Ingolstat, ed altre minori piazze erano in mano della regina
d'Ungheria. Oltre a ciò, alquanti giorni dopo la morte dell'augusto
padre peggiorarono gl'interessi suoi, perchè l'armata austriaca
s'impadronì d'Amberga e di tutto il Palatinato superiore. Il peggio fu,
che già si allestiva un gran rinforzo di gente, per invadere di nuovo
la capitale della Baviera, o per costringere questo principe a prendere
misure diverse dalle paterne.
Trovavasi il giovinetto elettore in un affannoso labirinto, dall'una
parte spinto dalle esibizioni e promesse del ministero franzese
per continuare nel precedente impiego, e dall'altra combattuto da'
consigli della vedova imperatrice sua madre _Maria Amalia d'Austria_,
dalla corte di Sassonia e dal maresciallo di Seckendorf, che gli
persuadevano per più utile e sicuro ripiego l'accordare gl'interessi
suoi colla regina d'Ungheria. A queste ultime amichevoli insinuazioni
sul principio d'aprile si aggiunse il terrore dell'armi; perciocchè,
entrato l'esercito austriaco con furore nella Baviera, furono obbligati
i Bavaresi e Franzesi ad abbandonare Straubing, Landau, Dingelfingen,
Kelheim, Wilzhoffen, ed altri luoghi dell'elettorato. Gran
costernazione fu in Monaco stesso, e l'elettore se ne partì alla metà
del mese suddetto, chiamato dai Franzesi a Manheim. Ma egli si fermò in
Augusta a stretti colloquii col conte Coloredo, e con altri parziali
della casa d'Austria; e quivi in fine le persuasioni di chi gli
proponeva l'accordo colla regina prevalsero sopra le altre dei ministri
aderenti alla Francia, i quali restarono esclusi dai trattati. Rinunziò
dunque l'elettore alla lega colla Francia; accettò l'armistizio e
la neutralità, con che restassero in poter della regina le fortezze
d'Ingolstat, Scarding, Straubingen e Braunau, sino all'elezion d'un
imperadore; ed antepose la quiete e liberazion presente de' suoi
Stati alle incerte speranze di conseguir molto più coll'andare in
esilio, e continuare sotto la protezion de' Franzesi. Intorno a questa
sua risoluzione e ad altre condizioni di quei preliminari di pace,
sottoscritti in Fussen nel dì 22 d'aprile, varii furono i sentimenti
dei politici: noi li lasceremo masticare le lor sottili riflessioni.
Per sì fatta mutazion di cose furono costrette le truppe franzesi,
palatine ed hassiane a ritirarsi più che in fretta, e con grave lor
danno, dalla Baviera e da' suoi contorni, perchè sempre insultate dalle
milizie austriache.
Frequenti intanto erano i maneggi degli elettori per dare un nuovo
capo all'imperio, e sul principio di giugno fu intimata in Francoforte
la dieta per l'elezione; affinchè essa seguisse con piena libertà,
giudicarono bene i Franzesi di spedire un grosso esercito comandato
dal _principe di Conty_ al Meno nelle vicinanze d'essa città di
Francoforte. Tanta carità de' Franzesi verso i loro interessi non la
sapeano intendere i principi e circoli dell'imperio, e molto meno volle
sofferir questa violenza la corte di Vienna. Trovavasi verso quelle
parti un esercito austriaco, ma non di tal nerbo da poter intimare la
ritirata ai Franzesi. Il saggio maresciallo _conte di Traun_, giacchè
era tornata la quiete nella Baviera, ebbe l'incombenza di provvedere a
questo bisogno, e poscia ebbe anche la gloria di felicemente eseguirne
il progetto. Con un altro gran corpo d'armata prese egli un giro per
le montagne e luoghi disastrosi, e presso il fine di giugno arrivò ad
unirsi coll'altro esercito comandato dal _conte Batthyani_. A questa
armata combinata sul principio di luglio comparve anche il gran duca
di Toscana _Francesco Stefano di Lorena_, e poco si stette a vedere
scomparire dalle rive del Meno e ritirarsi al Reno l'oste franzese.
Restò con ciò liberata la città di Francoforte da quell'intollerabil
aggravio, e tanto più, perchè il gran duca condusse anch'egli
l'esercito suo ad Heidelberga, lasciando in piena libertà i ministri
deputati all'elezione del futuro imperadore. Essendo poi giunto sul
fine di agosto a Francoforte l'_elettore di Magonza_, si continuarono
le conferenze di quella dieta; e giacchè non fu questa volta disdetto
alla regina d'Ungheria il voto della Boemia, l'elettor di Baviera
nell'accordo con essa regina avea impegnato il suo in favore della
medesima: nel dì 13 di settembre, ancorchè mancassero i voti del re
di Prussia e del palatino, seguì le elezioni di _Francesco Stefano_
duca di Lorena, gran duca di Toscana, marito e correggente della
stessa regina _Maria Teresa_, in re dei Romani, che assunse il titolo
d'imperadore eletto. Mossesi da Vienna questa regnante non tanto
per godere anch'essa in persona di veder la coronazione dell'augusto
consorte, e rimesso lo scettro cesareo nella sua potentissima casa,
quanto ancora per convalidare un patto voluto dagli elettori, cioè
ch'essa regina si obbligasse di assistere colle sue forze il nuovo
Augusto in tutte le sue risoluzioni e bisogni. Fece il suo magnifico
ingresso in Francoforte l'_imperadore Francesco I_ nel dì 21 di
settembre, eseguì poi nel dì 4 di ottobre la di lui solenne coronazione
con indicibil festa e concorso d'innumerabil gente. Si aspettava
ognuno che, secondo lo stile, anche alla regina di lui consorte fosse
conferita l'imperial corona. Per più d'un riguardo se ne astenne la
saggia principessa, più di quell'onore a lei premendo il conservare
i proprii diritti, e l'amore de' suoi Ungheri e Boemi, e il poter
sedere da lì innanzi in carrozza al fianco dell'augusto marito. Accettò
nondimeno il titolo d'imperadrice, e non lasciò di far risplendere in
tal congiuntura la mirabil sua magnificenza, essendosi creduto da molti
che ascendesse a qualche milione il prezzo delle gioie e dei regali
da essa distribuiti agli elettori, ministri, generali delle milizie,
soldati, ed altra gente, tanto che ne stupì ognuno. Si restituirono
poscia le imperiali loro maestà a Vienna, e vi fecero il giulivo loro
ingresso nel dì 27 di ottobre.
Continuava intanto la guerra dell'imperadrice suddetta col re di
Prussia, le cui armi occupavano la Slesia. Nel dì 8 del gennaio
dell'anno presente in Varsavia fra la suddetta Augusta regina, il re
d'Inghilterra e il re di Polonia, come elettor di Sassonia, e gli
Olandesi, fu stabilita una lega difensiva, per cui si obbligò esso
elettore di contribuire trenta mila armati per la difesa del regno
d'Ungheria, con promettergli annualmente le potenze marittime cento
cinquanta mila lire sterline, per questo. E giacchè il re prussiano
s'era messo sotto i piedi il precedente trattato di pace, attese
indefessamente la corte di Vienna ad unire un poderoso esercito
contra di lui, lusingandosi di poter profittare di questa rottura,
per ricuperare la sommamente importante provincia della Slesia
dalle mani di chi avea mancato alla fede. Altri conti faceva il re
di Prussia, le cui truppe a maraviglia agguerrite, forti e spedite
nei combattimenti, hanno in questi ultimi tempi conseguito un gran
credito nelle azioni militari. All'apertura della campagna il principe
_Carlo di Lorena_ marciò animosamente coi Sassoni in traccia della
nemica armata. Seguirono varii incontri, finchè nel dì 4 di giugno
prese Striegau e Friedberg, esso principe, forse contro sua voglia,
venne ad una giornata campale con esso re. Toccò una gran rotta agli
Austriaco-Sassoni, non avendo il principe assai per tempo avvertita
la svantaggiosa situazione sua, per cui non potea passare la sua
cavalleria, e la vantaggiosa dell'esercito prussiano. Confessarono i
vinti la perdita di nove mila persone fra uccisi, feriti e prigioni.
Pretesero all'incontro i vincitori prussiani, che de' loro avversari,
quattro mila restassero estinti nel campo, sette mila fossero i
prigioni, fra i quali ducento gli uffiziali, coll'acquisto di sessanta
cannoni, trentasei bandiere ed otto paia di timbali, oltre lo spoglio
del campo. Furono perciò obbligati gli Austriaci e Sassoni a ritirarsi
con grave disagio nella Boemia, per attendere alla difesa, e furono
colà inseguiti dai nemici. Ritirossi poscia nel settembre da essa
Boemia il re di Prussia, e con un manifesto, e coll'avvicinamento
delle sue truppe cominciò a minacciar la Sassonia. L'inseguì in questa
ritirata il principe di Lorena, e nel dì 30 di esso mese a Prausnitz
in Boemia andò coll'esercito suo ad assediarlo. Ebbe anche questa
volta la fortuna contraria, e lasciò in mano dei nemici la vittoria,
con perdita forse di tre mila persone, di trenta pezzi di cannone e di
molte insegne. Ma nè pure il Prussiano potè gloriarsi molto di questa
giornata, perchè anch'egli perdè non solo assai gente, ma anche la
maggior parte del bagaglio proprio e dei suoi uffiziali: stante l'avere
il generale Trench co' suoi Ungheri atteso nel bollore della battaglia
a ciò che più gli premeva, cioè a quel ricco bottino, e a far prigione
chiunque ne aveva la guardia. Fu creduto che se essi Ungheri, senza
perdersi nel saccheggio, avessero secondato il valor degli Austriaci,
con menar anch'essi le mani, ed assalir per fianco i nemici, come era
il concerto, sarebbe andata in isconfitta l'armata prussiana.
Ora essendosi inoltrato il re di Prussia nei confini della Sassonia,
nel dì 23 di novembre si affrettò di prevenir l'unione degli Austriaci
coi Sassoni, e gli riuscì di dare una rotta ad alquanti reggimenti
della Sassonia, colla morte di circa due mila d'essi, e colla
prigionia di altrettanti. Si tirò dietro questa vittoria un terribile
sconvolgimento di cose. Imperciocchè l'elettor sassone re di Polonia
prese le precauzioni di ritirarsi colla real famiglia e co' suoi più
preziosi arredi in Boemia e non finì il mese che le truppe prussiane
entrarono in Mersburg e Lipsia; e il re loro nello stesso tempo con
altro corpo di gente s'impadronì di Gorlitz. Inorridì ognuno all'udir
le smisurate contribuzioni di due milioni e mezzo di fiorini, intimate
al popolo di Lipsia, da compartirsi poi sopra tutto l'elettorato
di Sassonia, con dar tempo di sole poche ore al pagamento. Convenne
contribuire quanto di danaro, gioie ed argenterie si potè unire, in
quel brutto frangente, e dar buone sicurtà mercantili pel residuo.
Anche nel dì 15 di dicembre seguì un altro fatto d'armi fra i Prussiani
e gli Austriaco-Sassoni, colla peggio degli ultimi; dopo di che furono
aperte le porte di Dresda ai re di Prussia. Per cotanta felicità del re
nemico conobbero in fine tanto _Federigo Augusto III_ re di Polonia,
quanto l'imperadrice _Maria Teresa_, la necessità di trattar di pace.
Da Vienna dunque con plenipotenza volò il ministro d'Inghilterra a
trovare _Carlo Federigo III_ re di Prussia, e a maneggiar l'accordo.
Ossia che l'imperadrice della Russia minacciasse il Prussiano, o
pure che altri riguardi movessero esso re: certo è che nel dì 25
di dicembre seguì la pace fra quelle tre potenze, uniformandosi al
precedente trattato di Breslavia, con altri patti, che io tralascio.
Ritiraronsi perciò da lì a non molto l'armi prussiane dalla Sassonia;
e siccome il re elettore se ne tornò al godimento de' suoi Stati,
così l'imperadrice, sbrigata da sì fiero e fortunato avversario potè
attendere con più vigor da lì innanzi a sostenere gli affari suoi in
Italia.
Gran guerra fu eziandio in Fiandra nell'anno presente. Sul fine
d'aprile il valoroso _conte di Sassonia_ maresciallo di Francia con
potente esercito si portò all'assedio di Tournai. V'era dentro un
presidio di nove mila alleati che prometteva gran cose, e certamente
non mancò al suo dovere. Lo stesso re Cristianissmo _Luigi XV_ col
figlio Delfino volle ancora in quest'anno incoraggir quell'impresa
colla presenza sua, e ben molto giovò. Imperciocchè nel dì 11 di maggio
ii giovane _duca di Cumberland_, secondogenito di _Giorgio II_ re
della Gran Bretagna, comandante supremo dell'armata dei collegati in
Fiandra, assistito dal saggio maresciallo _conte di Koningsegg_ (i cui
consigli non furono questa volta attesi) andò con tutte le sue forze ad
assalire i Franzesi a Fontenay. Nove ore durò l'aspro combattimento,
in cui l'esercito collegato superò alcuni trinceramenti, e fece
anche piegare i nemici; ma sopraggiunte le guardie del re, cangiò
aspetto la battaglia, e furono essi alleati costretti a ritirarsi con
disordine ad Ath, con restare i Franzesi padroni del campo, di molte
bandiere, stendardi e cannoni, e con fare circa due mila prigioni.
Che comperassero i Franzesi ben caro questa vittoria, si argomentò
dall'aver essi contato fra morti e feriti quattrocento cinquanta de'
loro uffiziali. Nel dì 23 di maggio la guernigione di Tournay cedè
la città agli assedianti, e si ritirò nella Cittadella, dove, con far
più prodezze, si sostenne sino al dì 20 di giugno. Le furono accordati
patti di buona guerra, a riserva di non potere per tutto il presente
anno militare contro i Franzesi. Era esso presidio ridotto a sei
mila persone. Andò poi rondando l'accorto maresciallo di Sassonia per
alquanti giorni, senza prevedersi dove piombare; quando improvvisamente
spedì un corpo dei suoi, i quali, dopo aver data una rotta a sei
mila Inglesi che marciavano alla volta di Gant, colla scalata
s'impadronirono, nel dì 11 di luglio, della stessa vasta città di Gant,
e nel dì 16 anche del castello. Copiosi magazzini di farine, biada,
biscotto, fieno ed abiti da soldati si trovarono in quella città,
e furono di buon cuore occupati dai Franzesi. Nel dì 21 di luglio
entrarono l'armi galliche anche in possesso di Oudenarde, Grammont,
Alost, e poscia di Dendermonda: dopo di che passarono sotto Ostenda, e
verso la metà d'agosto ne impresero l'assedio e le offese.
Chiunque sapea quanta gente e che smisurato tempo costasse il vincere
quell'importante piazza nelle vecchie guerre di Fiandra, stimava di
mirare anche oggidì le stesse maraviglie di ostinata difesa. Ma non
son più quei tempi, e le circostanze ora sono ben diverse. Il prendere
le piazze anche più forti è divenuto un mestier facile all'ingegno
e valore delle armi franzesi. Ostenda nel dì 23 del suddetto mese
d'agosto con istupore d'ognuno capitolò la resa, e quel presidio
ottenne onorevoli condizioni. Avendo con questa segnalata impresa il re
Cristianissimo coronato la sua campagna, carico di palme se ne tornò
a Parigi e a Versaglies. Anche Neuport, fortezza di gran conseguenza,
nel dì 5 di settembre venne in potere de' Franzesi, ed altrettanto
fece Ath nel dì 8 di ottobre. Un gran dire dappertutto era al mirare
con che favorevol vento procedessero in Fiandra le armate franzesi, e
qual tracollo venisse ivi agl'interessi dell'imperadrice Maria Teresa.
Eppure qui non si fermò l'applicazione del gabinetto di Francia.
Sul principio d'agosto, assistito qualche poco da essi Franzesi, il
cattolico principe di Galles _Carlo Odoardo_, figlio di _Giacomo III
Stuardo_ re d'Inghilterra, già chiamato nel precedente anno in Francia,
ebbe la fortuna di passare sopra una fregata con alcuni suoi aderenti,
e buona copia d'armi e danaro in Iscozia, dove fu accolto con festa da
molti di que' popoli, che non tardarono a sollevarsi, e a riconoscere
per loro signore il di lui padre. Prese tosto tal piede quell'incendio,
che _Giorgio II_ re d'Inghilterra, non tanto per opporsi ai progressi
di questo principe, quanto ancora per sospetti che non si trovasse
qualche rivoluzione nel cuore del regno, richiamò a Londra parte delle
sue truppe esistenti in Fiandra, e fece anche istanza agli Olandesi del
sussidio di sei mila soldati, al quale erano tenuti secondo i patti,
e bisognò inviarli. Contribuì non poco tal avvenimento a facilitar
le conquiste de' Franzesi nei Paesi Bassi. Non mi fermerò io punto
a descrivere quegli avvenimenti, perchè oramai mi chiama l'Italia a
rammentare i suoi.
Fermossi per tutto il verno dell'anno presente col quartier generale
austriaco in Imola il _principe di Lobcowitz_, e si stendevano le sue
truppe per tutta la Romagna. Nello stesso tempo il generale spagnuolo
_conte di Gages_ faceva riposar le sue milizie su quel di Viterbo
e nei contorni, lagnandosi indarno gl'innocenti popoli dello Stato
ecclesiastico di sì fatto aggravio. Diverso nondimeno era il danno
loro inferito da queste armate; perchè gli Austriaci, non contenti
delle naturali, esigevano anche esorbitanti contribuzioni in danaro
dalle legazioni di Bologna, Ferrara e Romagna. Passati i primi giorni
di marzo, giacchè il _conte di Gages_ era stato rinforzato da molti
squadroni spediti dalla Spagna e da un corpo di Napolitani, con essere
in viaggio altre schiere per unirsi con lui, mise in moto l'armata
sua alla volta di Perugia, e quindi per tre diverse strade valicò lo
Apennino; e nel dì 18 cominciarono quelle truppe a comparire a Pesaro.
Credevasi che gli Austriaci postati a Rimino fossero per far testa; ma
non si tardò molto a vedere l'inviamento de' loro spedali alla volta
del Ferrarese, per di là passare a Mantova; e da che i Napolispani
s'inoltrarono verso Fano, il _principe di Lobcowitz_, incendiati i
proprii magazzini, cominciò a battere la ritirata verso Cesena, Forlì e
Faenza. Parea che i Napolispani avessero l'ali; non l'ebbero meno gli
Austriaci; talmente che, arrivato il principe suddetto, nel dì 5 di
aprile, a Bologna coll'armata, non le diede riposo, e fecela marciare
alla volta della Samoggia. Ma da che cominciarono i nemici a comparire
di qua da Bologna, egli postò nel dì 10 di esso mese tutto l'esercito
suo di qua dal Panaro sul Modenese.
Arrivato che fu da Venezia a Bologna anche _Francesco III d'Este_ duca
di Modena, generalissimo dell'armata napolispana, s'inviò questa in
ordinanza di battaglia verso il suddetto Panaro, e nel dì 13 di aprile
nelle vicinanze di Spilamberto lo passò, benchè fosse accorso colà
il _principe di Lobcowitz_ con apparenza di voler dare battaglia. Ma
senza aver fatto alcuna prodezza, si vide la sera tutto l'esercito
austriaco passar lungo le mura di Modena: esercito che servì di
scusa al generale, se altro non cercava che di ritirarsi; perchè
comparve smilzo più d'un poco agli occhi dei molti spettatori. Venne
il Lobcowitz ad accamparsi fra la cittadella di Modena e il fiume
Secchia, mentre i Napolispani andarono a piantare le tende al Montale,
e ne' luoghi circonvicini sino a Formigine, quattro miglia lungi
dalla città. Si figurarono molti che il pensier loro fosse di entrare
in Modena, e già il Lobcowitz avea aggiunto al ponte alto un altro
ponte di barche, per salvarsi di là dal fiume, qualora tentassero i
nemici di assalirlo in quel posto: saggia risoluzione, perchè, passato
di là, non paventava di loro; e quand'eglino avessero in altri siti
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