Annali d'Italia, vol. 5 - 66
so di qual male in quella città, finì di vivere nel dì 7 di dicembre
del 1407. Marsilio, avendo nell'anno 1455 un trattato in Padova, si
portò a quella volta; ma scoperto nella villa di Carturo del territorio
padovano nel dì 17 di marzo[2265], preso e condotto a Venezia, lasciò
la testa sopra un palco nel dì 28 d'esso mese. Ed ecco dove andò a
terminare la tela degli ambiziosi disegni di Francesco Carrarese,
con ingrandimento notabile in terra ferma dell'inclita repubblica
di Venezia, che stese la sua signoria sopra le riguardevoli città di
Padova, Verona e Vicenza, ed anche sopra Feltro e Belluno, cedutele
dal duca di Milano, e collo sterminio della nobil casa da Carrara. Fu
un gran dire per tutta l'Italia del fine di questa tragedia. Occupate
poi le scritture del Carrarese, si scoprì che alcuni nobili veneti
il favorivano, e n'ebbero il dovuto gastigo. Lo stesso _Carlo Zeno_,
che pur tanto avea operato contra di lui, ebbe per questo non poche
vessazioni.
NOTE:
[2246] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
[2247] Raynaldus, Annal. Eccles. Antonii Petri Diar., tom. 24 Rer. Ital.
[2248] Leonardus Aretin., Hist. sui temp., tom. 19 Rer. Ital.
[2249] Vita Innocentii VII, P. II, tom. 3 Rer. Italic.
[2250] Leonardus Aretin., Hist. sui temp., tom. 19 Rer. Ital.
[2251] Theodoricus de Niem, Hist.
[2252] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2253] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2254] Antonii Petri Diar., tom. 24 Rer. Ital.
[2255] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
[2256] Annales Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.
[2257] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
[2258] S. Antonin., Par. III, tit. 22, cap. 4.
[2259] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2260] Ammirat., Istoria di Firenze, lib. 16. Bonincontrus, Annal.,
tom. 21 Rer. Ital. Sozomenus, Hist, tom. 16 Rer. Ital.
[2261] Gino Capponi, Istor., tom. 18 Rer. Ital.
[2262] Corio, Istoria di Milano.
[2263] Sozomenus, Istor., tom. 16 Rer. Ital.
[2264] Gatari, Istor. di Pad., tom. 17 Rer. Ital. Delayto, Annal., tom.
18 Rer. Ital. Redusius, Chron., tom. 19 Rer. Ital.
Anno di CRISTO MCCCCVI. Indizione XIV.
GREGORIO XII papa 1.
ROBERTO re de' Romani 7.
Benchè dopo la fuga di _papa Innocenzo VII_ da Roma quel popolo tenesse
il pieno possesso e dominio di quella città, pure la pazza discordia
quivi più che mai imperversava[2266]. Temevano inoltre dell'insaziabil
ambizione del _re Ladislao_, dal cui presidio era occupato castello
Sant'Angelo. Ma avendo _Paolo Orsino_ messe in rotta le genti d'esso
re, e restando accertati i Romani che il buon papa non solamente niuna
mano avea avuta nella crudel bestialità di _Lodovico_ suo nipote, ma
l'avea al maggior segno detestata, pentiti delle insolenze usate contra
del papa medesimo, il mandarono a chiamar da Viterbo. Senza farsi molto
pregare, nel dì 15 di marzo si trasferì il pontefice a Roma[2267],
ed incredibil onore gli fu fatto. Formò poscia processo contra del
re Ladislao siccome perturbatore di Roma e dello Stato ecclesiastico;
il dichiarò decaduto dal regno, e privato di ogni privilegio. Strinse
parimente d'assedio castello Sant'Angelo. Per le quali cose Ladislao
giudicò meglio di pacificare il papa con un accordo, ch'egli poi
pensava di non mantenere, e mediatore ne fu Paolo Orsino. In tal
congiuntura fu restituito ad esso pontefice il castello suddetto
nel dì 9 d'agosto con giubilo universal de' Romani, e Ladislao venne
creato gonfaloniere della Chiesa. Ma poco potè poi godere di questo
buono stato Innocenzo, perciocchè fu rapito dalla morte nel dì 6 di
novembre: pontefice da tutti commendato per la sua mansuetudine, per
l'abborrimento alla simonia, e desideroso di far del bene a tutti.
Solamente l'aver egli alzato l'immeritevol suo nipote _Lodovico de'
Migliorati_ al grado di marchese della marca d'Ancona, che noi vedremo
poi signor di Fermo, e il non aver data mano all'estinzion dello
scisma, sminuirono non poco la gloria del suo pontificato. Non mancò
chi sparse sospetti d'averlo fatto avvelenare il _cardinal Cossa_
per timore di perdere la legazion di Bologna[2268]. Ma in que' tempi
era suggetta a simili dicerie la morte di cadauno de' gran signori.
Radunatisi nel conclave quattordici cardinali che si trovavano allora
in Roma, per desiderio di riunir la Chiesa divisa, e per secondar le
istanze di molti re e principi, che faceano premura di levar quello
scandalo[2269], tutti a gara si obbligarono con giuramento e voto,
che chiunque fossa eletto papa, rinunzierebbe la dignità, qualunque
volta anche l'antipapa facesse altrettanto, per devenire unitamente
col partito contrario all'elezion d'un indubitato pontefice[2270]: con
altri bei capitoli e restrizion di tempo, tutto per ben della Chiesa.
Restò dunque eletto nel dì 30 di novembre Angelo Corrano, cardinale di
santa Maria, di patria Veneziano, già vescovo di Venezia, ed allora
patriarca di Costantinopoli, persona dottissima nella teologia, e
tenuta in concetto di santa vita[2271], che prese il nome di _Gregorio
XII_. Fu egli creduto più d'ogni altro a proposito per togliere lo
scisma, e venne dipoi coronato nel dì 19 di dicembre. Non solamente,
fatto che fu papa, confermò il voto e la promessa di promuovere a tutto
potere l'union della Chiesa, ma ne scrisse ancora calde lettere ed
esortazioni all'antipapa e ai di lui cardinali, affinchè si mettesse
fine alla lor deplorabil divisione. Senza far caso dell'accordo fatto
nel precedente anno col popolo di Forlì[2272], _Baldassare Cossa_
cardinale legato di Bologna mandò il suo esercito nel gennaio di
quest'anno ai danni di quella città. Replicò poi la cosa nel dì 23
d'aprile, tanto che gli riuscì nel dì 19 ossia 29 di maggio[2273] di
sottomettere quella città ai suoi voleri, e tosto ordinò che quivi si
fabbricasse una cittadella.
Oltre a Parma e Reggio, siccome dicemmo, avea _Ottabuono de' Terzi_
occupata la città di Piacenza, mostrandosi, ciò non ostante, amico
di_ Gian-Maria Visconte_ duca di Milano. Anche _Facino Cane_ s'era
impadronito d'Alessandria, ma non perciò lasciava di mostrarsi aderente
ed unito con _Filippo Maria Visconte_ conte di Pavia. Per ordine di
Filippo, a mio credere, prese egli a liberar Piacenza dalla tirannia
d'Ottobuono, e a questo fine si mosse egli a quella volta con poderoso
esercito nel mese di maggio[2274]. Perchè Ottobuono non credea di
aver forze bastanti a resistergli, abbandonò Piacenza, ma col lasciar
ivi lunga memoria della sua crudeltà, perchè le fece dar, prima di
partirsi, un orrido universal sacco dalle sue genti d'armi, rapportato
all'anno seguente dalla Cronica di Bologna[2275], colla morte di molti
cittadini e col rubamento di molte zitelle. Giunto colà Facino[2276],
dacchè ebbe colla forza costrette alla sua resa tutte le fortezze, si
fece proclamar signore di quella città. Brutta scena si vide ancora
in Cremona nel dì 31 di luglio. Da _Gabrino Fondolo_ Cremonese restò
tradito _Carlo Cavalcabò_ signore di quella città; e fatto prigione
egli, Andrea e quattro altri di quella nobil casa, tutti furono
crudelmente privati di vita nelle carceri, impadronendosi in tal guisa
il tiranno del dominio di quella città. Fu in quest'anno[2277] afflitta
di molto la città di Genova dalla peste. Predicava nello stesso tempo
in quella città fra _Vincenzo Ferreri_ dell'ordine de' Predicatori, che
poi fu aggiunto al catalogo dei santi. Arrivò la moria anche a Savona,
e cagion fu che _Benedetto antipapa_ ivi dimorante scappasse a Monaco,
indi a Nizza, e finalmente a Marsilia. Abbiamo il suo Itinerario, da
me dato alla luce[2278]. Erasi intanto partito, perchè disgustato,
dal servigio de' Veneziani _Galeazzo da Mantova_, uno de' più prodi
condottieri d'armi che si avesse allora l'Italia, e che già vedemmo
aver terminata la guerra di Padova in favor d'essi Veneziani[2279].
Acconciatosi col duca di Milano, fu spedito a soggiogare i villani
di una valle di Bergamo, oppur della Riva di Trento, che s'erano
ribellati. Vi lasciò la vita ucciso da quella gente; e i Padovani
credettero ciò vendetta di Dio, per aver egli, come diceano, sotto
la parola tradito Francesco da Carrara già loro signore. Secondochè
abbiamo dagli Annali di Lorenzo Bonincontri[2280], essendo morto
_Raimondo Orsino_ potente principe di Taranto, con lasciar dopo di sè
_Gian-Antonio_ e _Gabriello_ figliuoli di tenera età e una figliuola,
il _re Ladislao_ nella primavera di questo anno volle profittar di
tale occasione, e andò a mettere il campo intorno a Taranto. Prese
tutte le castella di quel territorio. Impadronissi ancora di Conversano
e di Sant'Angelo. Dopo lunga difesa entrò per tradimento anche
nella città di Taranto. Si ritirò allora co' figliuoli nel castello
_Maria_ vedova del suddetto Raimondo. Possedeva ella un gran tesoro,
ed anche era dotata di rara bellezza e di distinta nobiltà. Perciò
Ladislao, volonteroso di dar fine a quella guerra, e di mettere le
mani in quell'oro, si esibì di prenderla per moglie. Accettata la
proposizione, egli la sposò, e da lì a due mesi la condusse a Napoli,
dove con grande onore fu ricevuta. Da Sozomeno[2281], dall'autore de'
Giornali Napoletani[2282] e dalla Cronica di Bologna[2283] tali nozze
son differite all'anno seguente. Il testo del Bonincontro è slogato in
questi tempi.
Dappoichè i Fiorentini ebbero fatto un copioso ammasso di genti
d'armi e provvigione di viveri per l'impresa di Pisa[2284], nel dì 4
di marzo andarono a piantar l'assedio intorno a quella città, città
mal preparata, perchè per varii sinistri avvenimenti le erano mancati
i soccorsi di gente per terra, e quelli della vettovaglia per mare.
Tuttavia i cittadini per l'inveterato odio verso de' Fiorentini si
accinsero ad una valorosa difesa. _Luca del Fiesco_ era generale
de' Fiorentini. _Sforza da Cotignola_ con Micheletto suo parente, e
Tartaglia, condottieri di gente, erano anch'essi al loro servigio. Un
dì che i Pisani aveano fatta una sortita, esso Sforza e Tartaglia con
tal vigore, benchè inferiori di gente, gli assalirono e sbaragliarono,
che non venne lor voglia da lì a molto tempo di uscire dalla città.
Insorse poi discordia, anzi implacabil nemicizia fra questi due
capitani, e convenne separarli. Mandò intanto il duca di Borgogna ad
intimare a' Fiorentini che Pisa era sua; ma questi se ne risero, nè
lasciarono per questo di continuar le offese e gli assalti. Cresceva di
dì in dì maggiormente la fame nella misera città, e giunse a tal segno,
che per difetto di cibo mancava di vita la povera gente per le strade.
Ora _Giovanni Gambacorta_, doge ossia capitano del popolo, pensò allora
a profittar per sè stesso nella rovina della patria; e segretamente
inviata persona a trattar coi Fiorentini, vendè lor Pisa per cinquanta
mila fiorini d'oro, oltre ad alcune castella, che doveano restare in
suo dominio, con altri suoi vantaggi[2285]. Pertanto nel dì 9 d'ottobre
aperta una porta di Pisa, quel popolo, senza essere prima informato
del contratto, vide entrare a bandiere spiegate l'esercito fiorentino,
e prendere il possesso della città con sì buona disciplina, che niuno
sconcerto ne seguì; ed arrivate poi carrette di pane, attesero tutti
a cavarsi la fame, per cui la maggior parte erano divenuti scheletri.
In questa maniera l'antica e già sì possente città di Pisa giunse a
perdere la sua libertà, ma col guadagno di veder cessate le tante sue
gare civili, e con accrescimento grande di gloria e potenza dalla parte
dei Fiorentini. Da orribil pestilenza fu in quest'anno afflitta la
città di Milano[2286]. Quivi, oltre a ciò, tutto era in disordine per
la discordia de' Guelfi e Ghibellini.
NOTE:
[2265] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
[2266] Raynaldus, Annal. Eccles. Aretinus, Histor. sui temp., tom. 19
Rer. Ital. Theodoricus de Niem, Histor.
[2267] Antonii Petri Diar., tom. 24 Rer. Ital.
[2268] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
[2269] Leonardus Aretin., Hist., tom. 19 Rer. Ital. Theodor. de Niem,
Histor. Gobelinus.
[2270] Vita Innocentii VII, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
[2271] Sozomenus, Istor., tom. 16 Rer. Ital.
[2272] Matth. de Griffon., Chron., tom. 18 Rer. Italic. Delayto,
Annal., tom. eod.
[2273] Annal. Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.
[2274] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
[2275] Cronica di Bologna, tom. eod.
[2276] Ripalta, Annal. Placent., tom. 20 Rer. Ital.
[2277] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2278] Itinerar. Benedicti Antipapae, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
[2279] Annal. Forolivienses, tom. 22 Rer. Ital.
[2280] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2281] Sozomen., Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2282] Giornal Napolet., tom. 23 Rer. Ital.
[2283] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
[2284] Gino Capponi, Istor., tom. 16 Rer. Ital. Bonincontrus, Annal.,
tom. 21 Rer. Ital. Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital. Poggius et
alii.
Anno di CRISTO MCCCCVII. Indizione XV.
GREGORIO XII papa 2.
ROBERTO re de' Romani 8.
Una speciosa apparenza di vedere in quest'anno il termine dello scisma
diedero amendue i contendenti del papato[2287]. A udir le loro parole,
lettere ed ambascerie, si scorgevano pronti cadauno a spogliarsi del
manto pontificio. _Papa Gregorio XII_, per ben accertare il pubblico
della sua buona intenzione, spedì _Antonio vescovo_ di Modena suo
nipote con altri due ambasciatori a Marsilia[2288] per convenire
coll'_antipapa Benedetto_ del luogo, dove s'avea a tenere il congresso
fra loro. Si stabilì che amendue venissero alla città di Savona; e
Teodorico da Niem[2289] rapporta i capitoli formati per la maniera
con cui doveano gli emuli venire, stare e regolarsi nel progettato
loro abboccamento. Furono accettati e confermati da papa Gregorio, il
bello fu che questo futuro viaggio a Savona servì ad esso pontefice
di colore e pretesto per intimar le decime a tutto il clero d'Italia,
Sicilia, Dalmazia, Ungheria ed altri paesi, come costa dai documenti
rapportati dal Rinaldi. E perciocchè i prelati per le lunghe passate
guerre trovandosi impoveriti, allegavano l'impotenza di pagare, non
erano ascoltate le lor querele e ragioni; la pena della privazion
degli uffizii, intimata a chiunque fosse renitente, obbligò ciascuno
a soddisfare. Moltissimi perciò venderono i vasi e paramenti sacri
delle lor chiese, come attesta l'autore della Vita d'esso pontefice.
Teodorico da Niem aggiugne che le chiese e i monisteri di Roma furono
obbligati ad impegnare od alienare le lor sacre suppellettili e molti
dei loro poderi. Servì poi questo ammassamento di danaro a far vivere
lautamente e splendidamente esso papa, la comitiva de' suoi nipoti,
e la sua gran famiglia, di modo che consumava egli più in zucchero
che non aveano fatto i suoi predecessori in vitto e vestito. E da lì
a pochi mesi si videro i di lui nipoti secolari abbandonarsi ad ogni
forma di lusso con pompa di numerosa servitù e di cavalli. Ingrato
ancora verso _Innocenzo VII_ suo predecessore, che lo avea esaltato,
cacciò di corte la di lui famiglia e il nipote. Privò della marca di
Ancona _Lodovico de' Migliorati_ altro di lui nipote, il quale, con
raccomandarsi alla protezione del _re Ladislao_, occupò Ascoli e Fermo.
Tolse ancora la camerlengheria ad un altro nipote d'esso Innocenzo,
e la conferì ad _Antonio_ suo nipote. Bene è che il lettore sappia
tutte queste particolarità, acciocchè, vedendo poi deposto questo papa
dai cardinali zelanti, comprenda che fu abbassato uno, il quale in
apparenza era uomo santo, ma senza che i fatti corrispondessero a sì
vantaggioso concetto.
Non piacque ad esso re Ladislao la convenzion fatta da Gregorio XII
di passare a Savona per trattare coll'antipapa, perchè temeva che
i Franzesi carpissero in quel congresso, qualche capitolo in favore
della casa d'Angiò, pregiudiziale a' suoi diritti. Ora, per fargli
paura ed imbrogliar le carte, fece che nel dì 17 di giugno[2290] i
Colonnesi ed altri nobili romani entrassero per un pezzo di muro rotto
nella città di Roma. Diedero alle armi i Romani; il papa si ritirò in
castello Sant'Angelo. Nel dì seguente _Paolo Orsino_, ch'era al soldo
del medesimo papa, andò ad attaccar battaglia co' nemici, li mise
in rotta e fece prigioni _Giovanni, Niccolò_ e _Corradino Colonnesi,
Antonio Savello, Jacopo Orsino_ ed altri baroni romani, ad alcuni de'
quali fu tagliata la testa, ad altri restituita per danari la libertà.
Credettero alcuni che questo badalucco fosse seguito di concerto fra
il papa e Ladislao; ma Leonardo Aretino[2291], che si trovava in Roma,
attribuisce la trama ai soli parenti del papa, senza che egli ne avesse
contezza. Vennero poi gli ambasciatori del re di Francia nel mese di
luglio a sollecitar Gregorio pel divisato congresso, giacchè Antonio
Corrario suo nipote avea largamente spacciata a Parigi la prontezza
di suo zio alla cessione; ma Gregorio cominciò a mettere in campo
delle difficoltà, e a produr diffidenze di Savona, proponendo altri
luoghi. E perciocchè Paolo Orsino l'inquietava non poco pel soldo
non pagato della sua condotta, ascendente a sessanta mila fiorini
d'oro, nel dì 9 di agosto co' suoi cardinali se n'andò a Viterbo, e
di là nel settembre passò a Siena, ove fermò la sua residenza. Colà
furono a trovarlo di nuovo gli ambasciatori dell'antipapa e del re
di Francia, a' quali rispose ad aperta ciera di non voler Savona.
Fu proposto d'andare a Lucca, o a Pietra Santa, e si convenne che
papa Gregorio si trasferirebbe all'ultimo d'essi luoghi, e Benedetto
antipapa a Porto Venere; ma si consumarono più mesi in pretensioni,
perchè Gregorio voleva prima in sua mano tutte le fortezze di Lucca: al
che _Paolo Guinigi_ signore di quella città non si sapeva accomodare.
Nè bastarono i suddetti ambasciatori, co' quali s'unirono anche
quelli di Venezia, per muovere Gregorio a partirsi di Siena. Intanto
passarono i termini già accordati pel congresso di Savona[2292],
dove s'era portato l'astuto antipapa circa il principio d'ottobre,
sparlando forte dell'avversario, quantunque neppur egli si sentisse
voglia alcuna di rinunziare il papato, menando a mano chi forse gli
credea. Certo nel cuore di tutti e due più poteva l'ambizione che la
religione. Lasciossi ben intendere papa Gregorio, stando in Siena, che
avrebbe rinunziato[2293], purchè fossero a lui riservati i vescovati
di Modone e Corone, e l'arcivescovato di Jorch in Inghilterra creduto
allora vacante, benchè tal non fosse, con altre rendite; o purchè a'
suoi nipoti fossero concedute in vicariato le città di Faenza, Forti,
Orvieto, Corneto ed altri luoghi. Ma i saggi cardinali non crederono di
aver tanta autorità da poter promettere ed eseguir le promesse. L'amor
de' parenti, siccome vediamo, facea perdere a questo pontefice di mira
il buon cammino; e si sa che eglino tutto dì gli mettevano davanti agli
occhi pericoli e rovine, s'egli dimetteva la sacra tiara[2294]. Ora
l'antipapa per far bene credere quanto contrario l'animo di Gregorio,
altrettanto disposto il suo alla riunione, giacchè l'altro non si volea
ridurre in Savona, venne maggiormente ad avvicinarsi a lui[2295]; cioè
servito da sei galee passò a Genova, e nel dì 20 di dicembre vi fece la
sua solenne entrata.
_Paolo Orsino_ in quest'anno con due mila lancie andò a Toscanella,
dove fu ben ricevuto da quel popolo[2296]. Ma da lì a qualche tempo,
col pretesto che quei cittadini avessero tramata contra di lui una
congiura, mise a sacco tutta quella nobil terra, e se ne fece padrone.
_Luigi de' Casali_ nel mese d'ottobre[2297] uccise _Francesco_ suo
zio, oppur cugino, signore di Cortona, e ne usurpò egli il dominio.
_Lodovico de' Migliorati_, siccome già accennai, divenuto signore
d'Ascoli, in premio d'aver ceduta quella città al re Ladislao, fu
creato conte di Monopello; ma poco ne godè, perchè Ladislao, a cui il
mancar fede poco costava, gli ritolse quello Stato. Altre terre della
marca d'Ancona furono prese da esso re; e _Berardo Varano_, signore
di Camerino, collegatosi con lui, e ribellatosi al papa, s'impossessò
anch'egli di varii luoghi. Dopo la perdita di Pisa era venuto a Milano
_Gabriello Maria Visconte_, e, raccomandatosi al duca _Giovanni-Maria_
suo fratello, fu creato suo consigliere, e crebbe molto in autorità.
Si prevalsero della di lui lontananza i Genovesi[2298], e _Bucicaldo_
lor governatore, per impadronirsi di Sarzana, città rimasta in
potere d'esso Gabriello. Il danaro fece tutto; e i governatori di
quelle fortezze l'un dietro all'altro nel mese d'agosto, ricevuto
il contante, le consegnarono ai Genovesi, i quali ne presero il
possesso a nome proprio e del re di Francia. Durava la confusione,
anzi più che mai cresceva in Milano per le opposte fazioni de' Guelfi
e Ghibellini[2299], mancando maniere al giovinetto duca di calmare
i loro tumulti. Lo stesso castello fortissimo di porta Zobia a lui
non ubbidiva. Mostravano tutti in apparenza qualche rispetto a lui,
e che i loro fossero movimenti privati per atterrar cadauno la parte
contraria. Intanto _Facino Cane_ gran guerriero di questi tempi, che,
per attestato di Andrea Redusio[2300], si potea appellare un altro
Alessandro, venne a Milano in soccorso de' Ghibellini con ischiere
numerose di armati. Allora fu[2301] che, veggendosi a mal partito,
i Guelfi, ricorsero per aiuto a _Jacopo del Verme_, e questi con
ingorde promesse trasse colà _Ottobuono de' Terzi_ con altre brigate
di combattenti. Trovandosi Ottobuono in vicinanza di Binasco, terra
occupata da Facino e da Gabriello Maria Visconte[2302], nel dì 21 di
febbraio si mosse in ordinanza di battaglia per assalire il nemico
Facino; e per accidente anche Facino era in armi co' suoi per fare lo
stesso. Incontratisi dunque gli eserciti, ne seguì un crudel fatto di
armi con istrage e prigionia di moltissimi. La notte sola cessar fece
il combattimento. Era toccata la peggio ad Ottobuono, ed, irritato
per questo, dopo aver ricevuto un rinforzo da Jacopo del Verme, andò
con gran furore, non so se in quella oppure in altra notte, ad assalir
di nuovo il campo di Facino sul primo sonno. Non si aspettava Facino
questa scortese visita; e però furono ben tosto messe in rotta le sue
genti. Vi restarono prigionieri circa mille uomini d'armi; Facino si
ricoverò in Binasco; _Marquardo dalla Rocca_, valoroso condottiere
d'armi, fatto prigione, ed interrogato da Ottobuono, ove fosse Facino,
rispose di non saperlo, e quand'anche lo sapesse, che non l'avrebbe
rivelato. L'infuriato Ottobuono allora gli passò colla spada la gola,
e il lasciò morto. Ritirossi Facino ad Alessandria; Ottobuono per opera
del Verme fu introdotto in Milano. Di che peso fosse costui, non tardò
quel popolo a sentirlo. Si studiarono i cittadini di farlo partire,
ma non partì senza aver prima cavato dalle borse più di cento mila
fiorini d'oro; e poi si unì a Monza con _Astorre Visconte_ bastardo di
Bernabò, per far guerra a Milano. Racconto io in poche parole tutti
questi fatti, perchè l'assunto mio non mi permette di più. Nè si dee
tacere che Jacopo del Verme, già passato al soldo de' Veneziani, e
spedito in Levante contro de' Turchi, quivi lasciò poi gloriosamente la
vita. In questo anno a dì 17 di marzo _Francesco da Gonzaga_ signore
di Mantova, principe assai rinomato pel suo valore, terminò la sua
vita, con succedere a lui _Gian-Francesco_ suo figliuolo in età di
circa quindici anni[2303]. Corse subito a Mantova _Carlo Malatesta_,
siccome zio materno d'esso novello principe, per dare buon sesto a quel
governo. Erasi intanto ritirato a Parma Ottobuono, e perchè il costume
suo era di vivere di rapine, passò con più di due mila cavalli, benchè
nemicizia dichiarata non vi fosse, sul territorio della Mirandola e di
San Felice, fermandosi quivi più d'un mese. Immenso fu il saccheggio
ch'egli diede non solamente a quella contrada, ma anche a tutto il
basso Modenese. Nè bastò questo alla crudel prepotenza. Sette navi
grosse di mercatanti milanesi e veneziani, cariche di mercatanzie per
valore di più di cento cinquanta mila fiorini d'oro, andavano giù per
Po alla volta di Venezia. Aveano passaporto dello stesso Ottobuono, e
a nulla servì; tutto fu preso dall'insaziabile ed infedel tiranno.
NOTE:
[2285] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2286] Corio, Istoria di Milano.
[2287] Raynaldus, Annal. Eccles.
[2288] vita Gregorii XII, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
[2289] Theodoricus de Niem, Hist.
[2290] Antonii Petri Diarii, tom. 24 Rer. Ital.
[2291] Leonardus Aretinus, tom. 19 Rer. Ital.
[2292] Bonincontrus, Annal., tom, 21 Rer. Ital.
[2293] Theodoric. de Niem, lib. 3, cap. 23.
[2294] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2295] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2296] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2297] Ammirato, Istor. Fiorentina, lib. 17.
[2298] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2299] Corio, Istor. di Milano.
[2300] Redus., Chron., tom. 19 Rer. Ital.
[2301] Billius, Hist., lib. 2, tom. 19 Rer. Ital.
[2302] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
Anno di CRISTO MCCCCVIII. Indizione I.
GREGORIO XII papa 3.
ROBERTO re de' Romani 9.
Tanto tempestarono i cardinali zelanti del ben della Chiesa, e gli
ambasciatori di varii principi, che _papa Gregorio_ contro suo genio
deliberò di muoversi da Siena per passare a Lucca[2304], affine di
maggiormente avvicinarsi all'avversario _antipapa Benedetto_, il quale
sul fine dell'anno precedente co' suoi cardinali era venuto a Porto
Venere. Fu quel verno dei più rigorosi che mai si fossero provati,
perchè tutta la riviera di Genova (cosa ben pellegrina) era coperta di
ghiaccio e neve; e nel territorio di Siena, affinchè potesse passare
il papa[2305], bisognò rompere coi picconi il ghiaccio. Giunse egli
a Lucca nel dì 26 di gennaio, e durante questa tal quale vicinanza
i due contendenti del papato giocavano a chi sapea più di scherma
per iscreditar l'avversario, e ributtar sopra di lui la non seguita
concordia. Gregorio si copriva col mantello della paura, allegando
che non v'era sicurezza per lui in luoghi marittimi, dove comandava
_Bucicaldo_; e l'antipapa teneva al suo servigio molte galee: e in
parte non aveva il torto[2306]. Vicendevolmente l'antipapa, che, più
astuto dell'altro, era venuto a Sarzana, ricusava ciò che Gregorio
voleva, accettava ciò che era ricusato dall'altro. E proposto per
luoghi di abboccamento Pietra Santa, Carrara, Lavenza, Motrone, Livorno
e Pisa, gran tempo s'andò disputando, senza che mai si potessero
accordar fra loro. Facevano essi un passo innanzi e due indietro,
perchè sempre veniva in campo qualche sutterfugio. Per non poter di
meglio, fu preso il ripiego di trattare anche in lontananza de' punti
principali dell'accordo; ma data oggi una parola, domani si mutava, di
modo che fu conchiuso di dar tutto in iscritto. Indarno ancor questo.
Erano amendue risoluti d'ingannare l'un l'altro, e in fine il pubblico,
perchè niun d'essi volea spogliarsi di quella splendida tiara, e
neppure un d'essi mai si ridusse a dir chiaramente che rinunzierebbe.
Durante questo conflitto, i buoni cardinali e gli ambasciatori non si
davano posa per muovere due colonne fitte sulla base dell'ambizione, e
si affliggevano al veder buttati al vento tanti lor passi, preghiere
ed insinuazioni. Giunse anche un predicator lucchese sul pulpito
alla presenza del papa fino a riprenderlo in maniera intelligibile di
spergiuro, di fede mentita e di voto trasgredito. Se l'ebbe tanto a
male Gregorio, che fece carcerar l'oratore ardito, e per più giorni
appena il tenne vivo con un tozzo di pane e di acqua; anzi, se non
era _Paolo Guinigi_ signor di Lucca, che s'interpose, fu creduto che
l'avrebbe fatto morire: cosa che alterò e stomacò forte tutta la corte
pontificia. Ciò che finalmente fece sciogliere in nulla tutto questo
grande apparato, l'intenderanno ora i lettori.
Dalla parte dell'antipapa Benedetto il re di Francia co' più
assennati suoi consiglieri trovarono la via di scoprire il di lui
finto cuore[2307]. Nel gennaio di quest'anno pubblicarono un editto,
in cui era ordinato di negar l'ubbidienza all'uno e all'altro de'
del 1407. Marsilio, avendo nell'anno 1455 un trattato in Padova, si
portò a quella volta; ma scoperto nella villa di Carturo del territorio
padovano nel dì 17 di marzo[2265], preso e condotto a Venezia, lasciò
la testa sopra un palco nel dì 28 d'esso mese. Ed ecco dove andò a
terminare la tela degli ambiziosi disegni di Francesco Carrarese,
con ingrandimento notabile in terra ferma dell'inclita repubblica
di Venezia, che stese la sua signoria sopra le riguardevoli città di
Padova, Verona e Vicenza, ed anche sopra Feltro e Belluno, cedutele
dal duca di Milano, e collo sterminio della nobil casa da Carrara. Fu
un gran dire per tutta l'Italia del fine di questa tragedia. Occupate
poi le scritture del Carrarese, si scoprì che alcuni nobili veneti
il favorivano, e n'ebbero il dovuto gastigo. Lo stesso _Carlo Zeno_,
che pur tanto avea operato contra di lui, ebbe per questo non poche
vessazioni.
NOTE:
[2246] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
[2247] Raynaldus, Annal. Eccles. Antonii Petri Diar., tom. 24 Rer. Ital.
[2248] Leonardus Aretin., Hist. sui temp., tom. 19 Rer. Ital.
[2249] Vita Innocentii VII, P. II, tom. 3 Rer. Italic.
[2250] Leonardus Aretin., Hist. sui temp., tom. 19 Rer. Ital.
[2251] Theodoricus de Niem, Hist.
[2252] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2253] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2254] Antonii Petri Diar., tom. 24 Rer. Ital.
[2255] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
[2256] Annales Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.
[2257] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
[2258] S. Antonin., Par. III, tit. 22, cap. 4.
[2259] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2260] Ammirat., Istoria di Firenze, lib. 16. Bonincontrus, Annal.,
tom. 21 Rer. Ital. Sozomenus, Hist, tom. 16 Rer. Ital.
[2261] Gino Capponi, Istor., tom. 18 Rer. Ital.
[2262] Corio, Istoria di Milano.
[2263] Sozomenus, Istor., tom. 16 Rer. Ital.
[2264] Gatari, Istor. di Pad., tom. 17 Rer. Ital. Delayto, Annal., tom.
18 Rer. Ital. Redusius, Chron., tom. 19 Rer. Ital.
Anno di CRISTO MCCCCVI. Indizione XIV.
GREGORIO XII papa 1.
ROBERTO re de' Romani 7.
Benchè dopo la fuga di _papa Innocenzo VII_ da Roma quel popolo tenesse
il pieno possesso e dominio di quella città, pure la pazza discordia
quivi più che mai imperversava[2266]. Temevano inoltre dell'insaziabil
ambizione del _re Ladislao_, dal cui presidio era occupato castello
Sant'Angelo. Ma avendo _Paolo Orsino_ messe in rotta le genti d'esso
re, e restando accertati i Romani che il buon papa non solamente niuna
mano avea avuta nella crudel bestialità di _Lodovico_ suo nipote, ma
l'avea al maggior segno detestata, pentiti delle insolenze usate contra
del papa medesimo, il mandarono a chiamar da Viterbo. Senza farsi molto
pregare, nel dì 15 di marzo si trasferì il pontefice a Roma[2267],
ed incredibil onore gli fu fatto. Formò poscia processo contra del
re Ladislao siccome perturbatore di Roma e dello Stato ecclesiastico;
il dichiarò decaduto dal regno, e privato di ogni privilegio. Strinse
parimente d'assedio castello Sant'Angelo. Per le quali cose Ladislao
giudicò meglio di pacificare il papa con un accordo, ch'egli poi
pensava di non mantenere, e mediatore ne fu Paolo Orsino. In tal
congiuntura fu restituito ad esso pontefice il castello suddetto
nel dì 9 d'agosto con giubilo universal de' Romani, e Ladislao venne
creato gonfaloniere della Chiesa. Ma poco potè poi godere di questo
buono stato Innocenzo, perciocchè fu rapito dalla morte nel dì 6 di
novembre: pontefice da tutti commendato per la sua mansuetudine, per
l'abborrimento alla simonia, e desideroso di far del bene a tutti.
Solamente l'aver egli alzato l'immeritevol suo nipote _Lodovico de'
Migliorati_ al grado di marchese della marca d'Ancona, che noi vedremo
poi signor di Fermo, e il non aver data mano all'estinzion dello
scisma, sminuirono non poco la gloria del suo pontificato. Non mancò
chi sparse sospetti d'averlo fatto avvelenare il _cardinal Cossa_
per timore di perdere la legazion di Bologna[2268]. Ma in que' tempi
era suggetta a simili dicerie la morte di cadauno de' gran signori.
Radunatisi nel conclave quattordici cardinali che si trovavano allora
in Roma, per desiderio di riunir la Chiesa divisa, e per secondar le
istanze di molti re e principi, che faceano premura di levar quello
scandalo[2269], tutti a gara si obbligarono con giuramento e voto,
che chiunque fossa eletto papa, rinunzierebbe la dignità, qualunque
volta anche l'antipapa facesse altrettanto, per devenire unitamente
col partito contrario all'elezion d'un indubitato pontefice[2270]: con
altri bei capitoli e restrizion di tempo, tutto per ben della Chiesa.
Restò dunque eletto nel dì 30 di novembre Angelo Corrano, cardinale di
santa Maria, di patria Veneziano, già vescovo di Venezia, ed allora
patriarca di Costantinopoli, persona dottissima nella teologia, e
tenuta in concetto di santa vita[2271], che prese il nome di _Gregorio
XII_. Fu egli creduto più d'ogni altro a proposito per togliere lo
scisma, e venne dipoi coronato nel dì 19 di dicembre. Non solamente,
fatto che fu papa, confermò il voto e la promessa di promuovere a tutto
potere l'union della Chiesa, ma ne scrisse ancora calde lettere ed
esortazioni all'antipapa e ai di lui cardinali, affinchè si mettesse
fine alla lor deplorabil divisione. Senza far caso dell'accordo fatto
nel precedente anno col popolo di Forlì[2272], _Baldassare Cossa_
cardinale legato di Bologna mandò il suo esercito nel gennaio di
quest'anno ai danni di quella città. Replicò poi la cosa nel dì 23
d'aprile, tanto che gli riuscì nel dì 19 ossia 29 di maggio[2273] di
sottomettere quella città ai suoi voleri, e tosto ordinò che quivi si
fabbricasse una cittadella.
Oltre a Parma e Reggio, siccome dicemmo, avea _Ottabuono de' Terzi_
occupata la città di Piacenza, mostrandosi, ciò non ostante, amico
di_ Gian-Maria Visconte_ duca di Milano. Anche _Facino Cane_ s'era
impadronito d'Alessandria, ma non perciò lasciava di mostrarsi aderente
ed unito con _Filippo Maria Visconte_ conte di Pavia. Per ordine di
Filippo, a mio credere, prese egli a liberar Piacenza dalla tirannia
d'Ottobuono, e a questo fine si mosse egli a quella volta con poderoso
esercito nel mese di maggio[2274]. Perchè Ottobuono non credea di
aver forze bastanti a resistergli, abbandonò Piacenza, ma col lasciar
ivi lunga memoria della sua crudeltà, perchè le fece dar, prima di
partirsi, un orrido universal sacco dalle sue genti d'armi, rapportato
all'anno seguente dalla Cronica di Bologna[2275], colla morte di molti
cittadini e col rubamento di molte zitelle. Giunto colà Facino[2276],
dacchè ebbe colla forza costrette alla sua resa tutte le fortezze, si
fece proclamar signore di quella città. Brutta scena si vide ancora
in Cremona nel dì 31 di luglio. Da _Gabrino Fondolo_ Cremonese restò
tradito _Carlo Cavalcabò_ signore di quella città; e fatto prigione
egli, Andrea e quattro altri di quella nobil casa, tutti furono
crudelmente privati di vita nelle carceri, impadronendosi in tal guisa
il tiranno del dominio di quella città. Fu in quest'anno[2277] afflitta
di molto la città di Genova dalla peste. Predicava nello stesso tempo
in quella città fra _Vincenzo Ferreri_ dell'ordine de' Predicatori, che
poi fu aggiunto al catalogo dei santi. Arrivò la moria anche a Savona,
e cagion fu che _Benedetto antipapa_ ivi dimorante scappasse a Monaco,
indi a Nizza, e finalmente a Marsilia. Abbiamo il suo Itinerario, da
me dato alla luce[2278]. Erasi intanto partito, perchè disgustato,
dal servigio de' Veneziani _Galeazzo da Mantova_, uno de' più prodi
condottieri d'armi che si avesse allora l'Italia, e che già vedemmo
aver terminata la guerra di Padova in favor d'essi Veneziani[2279].
Acconciatosi col duca di Milano, fu spedito a soggiogare i villani
di una valle di Bergamo, oppur della Riva di Trento, che s'erano
ribellati. Vi lasciò la vita ucciso da quella gente; e i Padovani
credettero ciò vendetta di Dio, per aver egli, come diceano, sotto
la parola tradito Francesco da Carrara già loro signore. Secondochè
abbiamo dagli Annali di Lorenzo Bonincontri[2280], essendo morto
_Raimondo Orsino_ potente principe di Taranto, con lasciar dopo di sè
_Gian-Antonio_ e _Gabriello_ figliuoli di tenera età e una figliuola,
il _re Ladislao_ nella primavera di questo anno volle profittar di
tale occasione, e andò a mettere il campo intorno a Taranto. Prese
tutte le castella di quel territorio. Impadronissi ancora di Conversano
e di Sant'Angelo. Dopo lunga difesa entrò per tradimento anche
nella città di Taranto. Si ritirò allora co' figliuoli nel castello
_Maria_ vedova del suddetto Raimondo. Possedeva ella un gran tesoro,
ed anche era dotata di rara bellezza e di distinta nobiltà. Perciò
Ladislao, volonteroso di dar fine a quella guerra, e di mettere le
mani in quell'oro, si esibì di prenderla per moglie. Accettata la
proposizione, egli la sposò, e da lì a due mesi la condusse a Napoli,
dove con grande onore fu ricevuta. Da Sozomeno[2281], dall'autore de'
Giornali Napoletani[2282] e dalla Cronica di Bologna[2283] tali nozze
son differite all'anno seguente. Il testo del Bonincontro è slogato in
questi tempi.
Dappoichè i Fiorentini ebbero fatto un copioso ammasso di genti
d'armi e provvigione di viveri per l'impresa di Pisa[2284], nel dì 4
di marzo andarono a piantar l'assedio intorno a quella città, città
mal preparata, perchè per varii sinistri avvenimenti le erano mancati
i soccorsi di gente per terra, e quelli della vettovaglia per mare.
Tuttavia i cittadini per l'inveterato odio verso de' Fiorentini si
accinsero ad una valorosa difesa. _Luca del Fiesco_ era generale
de' Fiorentini. _Sforza da Cotignola_ con Micheletto suo parente, e
Tartaglia, condottieri di gente, erano anch'essi al loro servigio. Un
dì che i Pisani aveano fatta una sortita, esso Sforza e Tartaglia con
tal vigore, benchè inferiori di gente, gli assalirono e sbaragliarono,
che non venne lor voglia da lì a molto tempo di uscire dalla città.
Insorse poi discordia, anzi implacabil nemicizia fra questi due
capitani, e convenne separarli. Mandò intanto il duca di Borgogna ad
intimare a' Fiorentini che Pisa era sua; ma questi se ne risero, nè
lasciarono per questo di continuar le offese e gli assalti. Cresceva di
dì in dì maggiormente la fame nella misera città, e giunse a tal segno,
che per difetto di cibo mancava di vita la povera gente per le strade.
Ora _Giovanni Gambacorta_, doge ossia capitano del popolo, pensò allora
a profittar per sè stesso nella rovina della patria; e segretamente
inviata persona a trattar coi Fiorentini, vendè lor Pisa per cinquanta
mila fiorini d'oro, oltre ad alcune castella, che doveano restare in
suo dominio, con altri suoi vantaggi[2285]. Pertanto nel dì 9 d'ottobre
aperta una porta di Pisa, quel popolo, senza essere prima informato
del contratto, vide entrare a bandiere spiegate l'esercito fiorentino,
e prendere il possesso della città con sì buona disciplina, che niuno
sconcerto ne seguì; ed arrivate poi carrette di pane, attesero tutti
a cavarsi la fame, per cui la maggior parte erano divenuti scheletri.
In questa maniera l'antica e già sì possente città di Pisa giunse a
perdere la sua libertà, ma col guadagno di veder cessate le tante sue
gare civili, e con accrescimento grande di gloria e potenza dalla parte
dei Fiorentini. Da orribil pestilenza fu in quest'anno afflitta la
città di Milano[2286]. Quivi, oltre a ciò, tutto era in disordine per
la discordia de' Guelfi e Ghibellini.
NOTE:
[2265] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
[2266] Raynaldus, Annal. Eccles. Aretinus, Histor. sui temp., tom. 19
Rer. Ital. Theodoricus de Niem, Histor.
[2267] Antonii Petri Diar., tom. 24 Rer. Ital.
[2268] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
[2269] Leonardus Aretin., Hist., tom. 19 Rer. Ital. Theodor. de Niem,
Histor. Gobelinus.
[2270] Vita Innocentii VII, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
[2271] Sozomenus, Istor., tom. 16 Rer. Ital.
[2272] Matth. de Griffon., Chron., tom. 18 Rer. Italic. Delayto,
Annal., tom. eod.
[2273] Annal. Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.
[2274] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
[2275] Cronica di Bologna, tom. eod.
[2276] Ripalta, Annal. Placent., tom. 20 Rer. Ital.
[2277] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2278] Itinerar. Benedicti Antipapae, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
[2279] Annal. Forolivienses, tom. 22 Rer. Ital.
[2280] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2281] Sozomen., Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2282] Giornal Napolet., tom. 23 Rer. Ital.
[2283] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
[2284] Gino Capponi, Istor., tom. 16 Rer. Ital. Bonincontrus, Annal.,
tom. 21 Rer. Ital. Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital. Poggius et
alii.
Anno di CRISTO MCCCCVII. Indizione XV.
GREGORIO XII papa 2.
ROBERTO re de' Romani 8.
Una speciosa apparenza di vedere in quest'anno il termine dello scisma
diedero amendue i contendenti del papato[2287]. A udir le loro parole,
lettere ed ambascerie, si scorgevano pronti cadauno a spogliarsi del
manto pontificio. _Papa Gregorio XII_, per ben accertare il pubblico
della sua buona intenzione, spedì _Antonio vescovo_ di Modena suo
nipote con altri due ambasciatori a Marsilia[2288] per convenire
coll'_antipapa Benedetto_ del luogo, dove s'avea a tenere il congresso
fra loro. Si stabilì che amendue venissero alla città di Savona; e
Teodorico da Niem[2289] rapporta i capitoli formati per la maniera
con cui doveano gli emuli venire, stare e regolarsi nel progettato
loro abboccamento. Furono accettati e confermati da papa Gregorio, il
bello fu che questo futuro viaggio a Savona servì ad esso pontefice
di colore e pretesto per intimar le decime a tutto il clero d'Italia,
Sicilia, Dalmazia, Ungheria ed altri paesi, come costa dai documenti
rapportati dal Rinaldi. E perciocchè i prelati per le lunghe passate
guerre trovandosi impoveriti, allegavano l'impotenza di pagare, non
erano ascoltate le lor querele e ragioni; la pena della privazion
degli uffizii, intimata a chiunque fosse renitente, obbligò ciascuno
a soddisfare. Moltissimi perciò venderono i vasi e paramenti sacri
delle lor chiese, come attesta l'autore della Vita d'esso pontefice.
Teodorico da Niem aggiugne che le chiese e i monisteri di Roma furono
obbligati ad impegnare od alienare le lor sacre suppellettili e molti
dei loro poderi. Servì poi questo ammassamento di danaro a far vivere
lautamente e splendidamente esso papa, la comitiva de' suoi nipoti,
e la sua gran famiglia, di modo che consumava egli più in zucchero
che non aveano fatto i suoi predecessori in vitto e vestito. E da lì
a pochi mesi si videro i di lui nipoti secolari abbandonarsi ad ogni
forma di lusso con pompa di numerosa servitù e di cavalli. Ingrato
ancora verso _Innocenzo VII_ suo predecessore, che lo avea esaltato,
cacciò di corte la di lui famiglia e il nipote. Privò della marca di
Ancona _Lodovico de' Migliorati_ altro di lui nipote, il quale, con
raccomandarsi alla protezione del _re Ladislao_, occupò Ascoli e Fermo.
Tolse ancora la camerlengheria ad un altro nipote d'esso Innocenzo,
e la conferì ad _Antonio_ suo nipote. Bene è che il lettore sappia
tutte queste particolarità, acciocchè, vedendo poi deposto questo papa
dai cardinali zelanti, comprenda che fu abbassato uno, il quale in
apparenza era uomo santo, ma senza che i fatti corrispondessero a sì
vantaggioso concetto.
Non piacque ad esso re Ladislao la convenzion fatta da Gregorio XII
di passare a Savona per trattare coll'antipapa, perchè temeva che
i Franzesi carpissero in quel congresso, qualche capitolo in favore
della casa d'Angiò, pregiudiziale a' suoi diritti. Ora, per fargli
paura ed imbrogliar le carte, fece che nel dì 17 di giugno[2290] i
Colonnesi ed altri nobili romani entrassero per un pezzo di muro rotto
nella città di Roma. Diedero alle armi i Romani; il papa si ritirò in
castello Sant'Angelo. Nel dì seguente _Paolo Orsino_, ch'era al soldo
del medesimo papa, andò ad attaccar battaglia co' nemici, li mise
in rotta e fece prigioni _Giovanni, Niccolò_ e _Corradino Colonnesi,
Antonio Savello, Jacopo Orsino_ ed altri baroni romani, ad alcuni de'
quali fu tagliata la testa, ad altri restituita per danari la libertà.
Credettero alcuni che questo badalucco fosse seguito di concerto fra
il papa e Ladislao; ma Leonardo Aretino[2291], che si trovava in Roma,
attribuisce la trama ai soli parenti del papa, senza che egli ne avesse
contezza. Vennero poi gli ambasciatori del re di Francia nel mese di
luglio a sollecitar Gregorio pel divisato congresso, giacchè Antonio
Corrario suo nipote avea largamente spacciata a Parigi la prontezza
di suo zio alla cessione; ma Gregorio cominciò a mettere in campo
delle difficoltà, e a produr diffidenze di Savona, proponendo altri
luoghi. E perciocchè Paolo Orsino l'inquietava non poco pel soldo
non pagato della sua condotta, ascendente a sessanta mila fiorini
d'oro, nel dì 9 di agosto co' suoi cardinali se n'andò a Viterbo, e
di là nel settembre passò a Siena, ove fermò la sua residenza. Colà
furono a trovarlo di nuovo gli ambasciatori dell'antipapa e del re
di Francia, a' quali rispose ad aperta ciera di non voler Savona.
Fu proposto d'andare a Lucca, o a Pietra Santa, e si convenne che
papa Gregorio si trasferirebbe all'ultimo d'essi luoghi, e Benedetto
antipapa a Porto Venere; ma si consumarono più mesi in pretensioni,
perchè Gregorio voleva prima in sua mano tutte le fortezze di Lucca: al
che _Paolo Guinigi_ signore di quella città non si sapeva accomodare.
Nè bastarono i suddetti ambasciatori, co' quali s'unirono anche
quelli di Venezia, per muovere Gregorio a partirsi di Siena. Intanto
passarono i termini già accordati pel congresso di Savona[2292],
dove s'era portato l'astuto antipapa circa il principio d'ottobre,
sparlando forte dell'avversario, quantunque neppur egli si sentisse
voglia alcuna di rinunziare il papato, menando a mano chi forse gli
credea. Certo nel cuore di tutti e due più poteva l'ambizione che la
religione. Lasciossi ben intendere papa Gregorio, stando in Siena, che
avrebbe rinunziato[2293], purchè fossero a lui riservati i vescovati
di Modone e Corone, e l'arcivescovato di Jorch in Inghilterra creduto
allora vacante, benchè tal non fosse, con altre rendite; o purchè a'
suoi nipoti fossero concedute in vicariato le città di Faenza, Forti,
Orvieto, Corneto ed altri luoghi. Ma i saggi cardinali non crederono di
aver tanta autorità da poter promettere ed eseguir le promesse. L'amor
de' parenti, siccome vediamo, facea perdere a questo pontefice di mira
il buon cammino; e si sa che eglino tutto dì gli mettevano davanti agli
occhi pericoli e rovine, s'egli dimetteva la sacra tiara[2294]. Ora
l'antipapa per far bene credere quanto contrario l'animo di Gregorio,
altrettanto disposto il suo alla riunione, giacchè l'altro non si volea
ridurre in Savona, venne maggiormente ad avvicinarsi a lui[2295]; cioè
servito da sei galee passò a Genova, e nel dì 20 di dicembre vi fece la
sua solenne entrata.
_Paolo Orsino_ in quest'anno con due mila lancie andò a Toscanella,
dove fu ben ricevuto da quel popolo[2296]. Ma da lì a qualche tempo,
col pretesto che quei cittadini avessero tramata contra di lui una
congiura, mise a sacco tutta quella nobil terra, e se ne fece padrone.
_Luigi de' Casali_ nel mese d'ottobre[2297] uccise _Francesco_ suo
zio, oppur cugino, signore di Cortona, e ne usurpò egli il dominio.
_Lodovico de' Migliorati_, siccome già accennai, divenuto signore
d'Ascoli, in premio d'aver ceduta quella città al re Ladislao, fu
creato conte di Monopello; ma poco ne godè, perchè Ladislao, a cui il
mancar fede poco costava, gli ritolse quello Stato. Altre terre della
marca d'Ancona furono prese da esso re; e _Berardo Varano_, signore
di Camerino, collegatosi con lui, e ribellatosi al papa, s'impossessò
anch'egli di varii luoghi. Dopo la perdita di Pisa era venuto a Milano
_Gabriello Maria Visconte_, e, raccomandatosi al duca _Giovanni-Maria_
suo fratello, fu creato suo consigliere, e crebbe molto in autorità.
Si prevalsero della di lui lontananza i Genovesi[2298], e _Bucicaldo_
lor governatore, per impadronirsi di Sarzana, città rimasta in
potere d'esso Gabriello. Il danaro fece tutto; e i governatori di
quelle fortezze l'un dietro all'altro nel mese d'agosto, ricevuto
il contante, le consegnarono ai Genovesi, i quali ne presero il
possesso a nome proprio e del re di Francia. Durava la confusione,
anzi più che mai cresceva in Milano per le opposte fazioni de' Guelfi
e Ghibellini[2299], mancando maniere al giovinetto duca di calmare
i loro tumulti. Lo stesso castello fortissimo di porta Zobia a lui
non ubbidiva. Mostravano tutti in apparenza qualche rispetto a lui,
e che i loro fossero movimenti privati per atterrar cadauno la parte
contraria. Intanto _Facino Cane_ gran guerriero di questi tempi, che,
per attestato di Andrea Redusio[2300], si potea appellare un altro
Alessandro, venne a Milano in soccorso de' Ghibellini con ischiere
numerose di armati. Allora fu[2301] che, veggendosi a mal partito,
i Guelfi, ricorsero per aiuto a _Jacopo del Verme_, e questi con
ingorde promesse trasse colà _Ottobuono de' Terzi_ con altre brigate
di combattenti. Trovandosi Ottobuono in vicinanza di Binasco, terra
occupata da Facino e da Gabriello Maria Visconte[2302], nel dì 21 di
febbraio si mosse in ordinanza di battaglia per assalire il nemico
Facino; e per accidente anche Facino era in armi co' suoi per fare lo
stesso. Incontratisi dunque gli eserciti, ne seguì un crudel fatto di
armi con istrage e prigionia di moltissimi. La notte sola cessar fece
il combattimento. Era toccata la peggio ad Ottobuono, ed, irritato
per questo, dopo aver ricevuto un rinforzo da Jacopo del Verme, andò
con gran furore, non so se in quella oppure in altra notte, ad assalir
di nuovo il campo di Facino sul primo sonno. Non si aspettava Facino
questa scortese visita; e però furono ben tosto messe in rotta le sue
genti. Vi restarono prigionieri circa mille uomini d'armi; Facino si
ricoverò in Binasco; _Marquardo dalla Rocca_, valoroso condottiere
d'armi, fatto prigione, ed interrogato da Ottobuono, ove fosse Facino,
rispose di non saperlo, e quand'anche lo sapesse, che non l'avrebbe
rivelato. L'infuriato Ottobuono allora gli passò colla spada la gola,
e il lasciò morto. Ritirossi Facino ad Alessandria; Ottobuono per opera
del Verme fu introdotto in Milano. Di che peso fosse costui, non tardò
quel popolo a sentirlo. Si studiarono i cittadini di farlo partire,
ma non partì senza aver prima cavato dalle borse più di cento mila
fiorini d'oro; e poi si unì a Monza con _Astorre Visconte_ bastardo di
Bernabò, per far guerra a Milano. Racconto io in poche parole tutti
questi fatti, perchè l'assunto mio non mi permette di più. Nè si dee
tacere che Jacopo del Verme, già passato al soldo de' Veneziani, e
spedito in Levante contro de' Turchi, quivi lasciò poi gloriosamente la
vita. In questo anno a dì 17 di marzo _Francesco da Gonzaga_ signore
di Mantova, principe assai rinomato pel suo valore, terminò la sua
vita, con succedere a lui _Gian-Francesco_ suo figliuolo in età di
circa quindici anni[2303]. Corse subito a Mantova _Carlo Malatesta_,
siccome zio materno d'esso novello principe, per dare buon sesto a quel
governo. Erasi intanto ritirato a Parma Ottobuono, e perchè il costume
suo era di vivere di rapine, passò con più di due mila cavalli, benchè
nemicizia dichiarata non vi fosse, sul territorio della Mirandola e di
San Felice, fermandosi quivi più d'un mese. Immenso fu il saccheggio
ch'egli diede non solamente a quella contrada, ma anche a tutto il
basso Modenese. Nè bastò questo alla crudel prepotenza. Sette navi
grosse di mercatanti milanesi e veneziani, cariche di mercatanzie per
valore di più di cento cinquanta mila fiorini d'oro, andavano giù per
Po alla volta di Venezia. Aveano passaporto dello stesso Ottobuono, e
a nulla servì; tutto fu preso dall'insaziabile ed infedel tiranno.
NOTE:
[2285] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2286] Corio, Istoria di Milano.
[2287] Raynaldus, Annal. Eccles.
[2288] vita Gregorii XII, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
[2289] Theodoricus de Niem, Hist.
[2290] Antonii Petri Diarii, tom. 24 Rer. Ital.
[2291] Leonardus Aretinus, tom. 19 Rer. Ital.
[2292] Bonincontrus, Annal., tom, 21 Rer. Ital.
[2293] Theodoric. de Niem, lib. 3, cap. 23.
[2294] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2295] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2296] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2297] Ammirato, Istor. Fiorentina, lib. 17.
[2298] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2299] Corio, Istor. di Milano.
[2300] Redus., Chron., tom. 19 Rer. Ital.
[2301] Billius, Hist., lib. 2, tom. 19 Rer. Ital.
[2302] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
Anno di CRISTO MCCCCVIII. Indizione I.
GREGORIO XII papa 3.
ROBERTO re de' Romani 9.
Tanto tempestarono i cardinali zelanti del ben della Chiesa, e gli
ambasciatori di varii principi, che _papa Gregorio_ contro suo genio
deliberò di muoversi da Siena per passare a Lucca[2304], affine di
maggiormente avvicinarsi all'avversario _antipapa Benedetto_, il quale
sul fine dell'anno precedente co' suoi cardinali era venuto a Porto
Venere. Fu quel verno dei più rigorosi che mai si fossero provati,
perchè tutta la riviera di Genova (cosa ben pellegrina) era coperta di
ghiaccio e neve; e nel territorio di Siena, affinchè potesse passare
il papa[2305], bisognò rompere coi picconi il ghiaccio. Giunse egli
a Lucca nel dì 26 di gennaio, e durante questa tal quale vicinanza
i due contendenti del papato giocavano a chi sapea più di scherma
per iscreditar l'avversario, e ributtar sopra di lui la non seguita
concordia. Gregorio si copriva col mantello della paura, allegando
che non v'era sicurezza per lui in luoghi marittimi, dove comandava
_Bucicaldo_; e l'antipapa teneva al suo servigio molte galee: e in
parte non aveva il torto[2306]. Vicendevolmente l'antipapa, che, più
astuto dell'altro, era venuto a Sarzana, ricusava ciò che Gregorio
voleva, accettava ciò che era ricusato dall'altro. E proposto per
luoghi di abboccamento Pietra Santa, Carrara, Lavenza, Motrone, Livorno
e Pisa, gran tempo s'andò disputando, senza che mai si potessero
accordar fra loro. Facevano essi un passo innanzi e due indietro,
perchè sempre veniva in campo qualche sutterfugio. Per non poter di
meglio, fu preso il ripiego di trattare anche in lontananza de' punti
principali dell'accordo; ma data oggi una parola, domani si mutava, di
modo che fu conchiuso di dar tutto in iscritto. Indarno ancor questo.
Erano amendue risoluti d'ingannare l'un l'altro, e in fine il pubblico,
perchè niun d'essi volea spogliarsi di quella splendida tiara, e
neppure un d'essi mai si ridusse a dir chiaramente che rinunzierebbe.
Durante questo conflitto, i buoni cardinali e gli ambasciatori non si
davano posa per muovere due colonne fitte sulla base dell'ambizione, e
si affliggevano al veder buttati al vento tanti lor passi, preghiere
ed insinuazioni. Giunse anche un predicator lucchese sul pulpito
alla presenza del papa fino a riprenderlo in maniera intelligibile di
spergiuro, di fede mentita e di voto trasgredito. Se l'ebbe tanto a
male Gregorio, che fece carcerar l'oratore ardito, e per più giorni
appena il tenne vivo con un tozzo di pane e di acqua; anzi, se non
era _Paolo Guinigi_ signor di Lucca, che s'interpose, fu creduto che
l'avrebbe fatto morire: cosa che alterò e stomacò forte tutta la corte
pontificia. Ciò che finalmente fece sciogliere in nulla tutto questo
grande apparato, l'intenderanno ora i lettori.
Dalla parte dell'antipapa Benedetto il re di Francia co' più
assennati suoi consiglieri trovarono la via di scoprire il di lui
finto cuore[2307]. Nel gennaio di quest'anno pubblicarono un editto,
in cui era ordinato di negar l'ubbidienza all'uno e all'altro de'
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