Annali d'Italia, vol. 5 - 60
furono tolti dal mondo. Dopo di che il traditore Appiano ebbe seguito
e forza per farsi proclamare signor di Pisa: colpo che sommamente
increbbe ai Fiorentini, i quali, perduto un buon amico, ebbero
da lì innanzi un dichiarato nemico in costui, siccome creatura di
Gian-Galeazzo Visconte, che all'aperta si diede poscia a conoscere
gran protettore di lui. I fuorusciti allora rientrarono tutti in Pisa;
ne uscirono i parziali de' Gambacorti, e non pochi altri de' migliori
cittadini, e fra gli altri lo stesso _arcivescovo Lotto Gambacorta_.
Di gravi molestie soffrì ancora in quest'anno la Toscana dalla
compagnia di masnadieri raunata da _Azzo da Castello_ e da _Biordo
de' Michelotti_[2079]. Per liberarsene furono obbligati i Fiorentini a
sborsare quaranta mila fiorini d'oro, sette mila i Sanesi, dodici mila
i Pisani, otto mila i Lucchesi. Ecco se sapeano dare dei buoni salassi
questi assassini. Altra via di cacciar costoro non ebbero i Perugini,
che d'invitare alla lor città il papa, siccome abbiam già detto. In
Genova gran commozione fu nell'anno presente contro ad _Antoniotto
Adorno_ doge di quella istabile repubblica[2080]. _Antonio Viale
vescovo_ di Savona nel dì 19 d'aprile fu il primo ad entrar coll'armi
nella città; ma preso e cacciato in un'orrida prigione fu costretto per
qualche tempo a far penitenza dell'attentato sconvenevole ad un pari
suo. Altro sforzo fu fatto nel maggio, ma con poco successo, contra
di esso doge. Finalmente nel dì 16 di giugno i Guelfi tutti, prese le
armi, fecero battaglia cogli avversarii, costrignendoli alla fuga, di
modo che anche l'Adorno segretamente si ritirò fuori della città, e in
luogo suo fu creato doge _Antonio di Montaldo_, parente del medesimo
Adorno, benchè in età di soli ventitrè anni.
NOTE:
[2067] Corio, Istoria di Milano.
[2068] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
[2069] Gatari, Istoria di Padova, tom. 17 Rer. Ital.
[2070] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2071] Ammirati, Istoria di Firenze, lib. 16.
[2072] Chronic. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
[2073] Giornal. Napol., tom. 21 Rer. Ital.
[2074] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2075] Raynald., Annales Ecclesiast. Histor. Sicula, tom. 24 Rer. Ital.
[2076] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
[2077] Tronci, Annal. Pisani.
[2078] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital. Bonincontrus, Annal., tom. 21
Rer. Ital. Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
Anno di CRISTO MCCCXCIII. Indizione I.
BONIFAZIO IX papa 5.
VENCESLAO re de' Romani 16.
Mentre _papa Bonifazio_ dimorava in Perugia[2081], co' suoi buoni
maneggi trasse alla sua divozione il popolo d'Ancona, dianzi attaccato
all'antipapa. Per guadagnarsi l'affetto de' Bolognesi[2082], accordò
loro quanti privilegii e grazie seppero addimandare, confermando loro,
fra le altre cose, il supposto privilegio di Teodosio imperadore.
Acconciò ancora i suoi affari con altre città della Marca, lasciando ad
esse la libertà, purchè pagassero un annuo censo. Viterbo, occupato da
_Giovanni Sciarra_, gli era tuttavia contrario; ma i Romani, antichi
nemici di quella città, ostilmente usciti contro alla medesima,
obbligarono colla forza l'usurpatore a ricorrere alla clemenza del
pontefice. Camerino, Jesi, Fabriano, Matelica ed altri luoghi occupati
da varii signori, anch'essi gli ubbidirono, salva la signoria di que'
potenti, che promisero censo anche essi. Ma nel mese d'agosto ebbe
fine la quiete di Perugia, e la residenza del pontefice in quella
città. Ne era esclusa la fazione de' Raspanti, ed, unitasi questa
alla compagnia de' masnadieri di _Biordo de' Michelotti_, Perugino
di patria, si portò sotto Perugia. Trattossi d'accordo, e, il papa,
credendo alle promesse di que' fuorusciti, permise loro l'ingresso
nella patria. Male per la fazion contraria de' Beccarini, contra dei
quali non tardarono ad incrudelire col ferro i nuovi entrati; e non
potendo il pontefice frenar così fatto furore, si ritirò ad Assisi.
Entrò poscia Biordo in quella città, rimasta desolata, e tirannicamente
ne prese il dominio. La partenza del papa da Perugia fu cagione che i
Romani s'invogliarono di farlo ritornare a Roma. Spedirongli a questo
fine ambasciatori; e giacchè non ebbero difficoltà a prendere quelle
leggi che loro prescrisse il papa, il videro comparire a Roma, prima
che terminasse l'anno presente. Ma non terminarono in quest'anno
le violenze di Biordo[2083]. Avea papa Bonifazio, secondo l'uso del
nepotismo d'allora, creato marchese della Marca _Andrea_ suo fratello
di casa Tomacelli. Biordo l'assediò in Macerata; per interposizione
de' Fiorentini si salvò Andrea[2084], con avergli i Maceratesi pagata
la somma di mille fiorini d'oro. Diversamente scrive Bonincontro, con
dire che Biordo l'ebbe prigione, e ciò viene confermato da Teodorico di
Niem[2085]. Fu poi riscattato con danari dal papa, e Biordo s'impadronì
di varie città e castella della Marca. Anche i Malatesti, cioè _Carlo_
e _Pandolfo_, nel mese d'agosto coll'oste loro andarono fin sotto
Forlì saccheggiando il paese. Poco vi mancò che non facessero prigioni
_Francesco_ e _Pino degli Ordelaffi_, i quali poi colla valevole
applicazion del danaro liberarono per ora dalle forze de' nemici il
loro paese.
Guerra non fu in quest'anno in Lombardia, ma si videro bene i preludii
di quella che nacque nel seguente[2086]. Penava _Gian-Galeazzo
Visconte_ a tenere in freno il rancore conceputo contra di _Francesco
Gonzaga_ signore di Mantova, perchè egli s'era staccato da lui, e
molto più perchè avea manipolata una sì forte lega a' suoi danni, ed
ultimamente ancora, unito ad _Alberto marchese d'Este_, era stato a
Venezia a trattar con quella signoria. Intendeva ben egli a che fine
esso Gonzaga, aiutato dai collegati, avesse piantato un ponte sul Po
a Borgoforte, e ben afforzatolo ai due lati. Pertanto gli venne in
pensiero di far anch'egli un brutto scherzo al Gonzaga con divertire
dal loro letto le acque del Mincio. Fece a questo oggetto tagliare un
monte presso a Valezzo; fece far di grandi chiuse ed altri lavorieri
con incredibili fatiche e spese. Se riusciva il disegno, addio Mantova.
Restava essa priva del lago, cioè della sua fortificazione, e vicina
ad essere spopolata per l'aria fetente delle paludi. Ma più possanza
ebbe l'escrescenza del fiume, che le invenzioni degli architetti, e
andò a male tutto quel dispendioso lavoro: disgrazia, a cui soccombe
facilmente chi vuol far da maestro alla forza de' fiumi. Se ne erano
ingelositi forte i collegati, e tennero per questo i loro ambasciatori
un parlamento in Ferrara; e veduto poi che il fiume da sè stesso avea
provveduto al bisogno, altro non fecero per allora. Venne a morte nel
dì 30 di luglio[2087] _Alberto marchese d'Este_, signor di Ferrara,
Modena, Rovigo e Comacchio, principe di sempre cara ricordanza; e
a lui d'unanime consenso dei popoli succedette nel dominio _Niccolò
marchese d'Este_ suo figliuolo, già investito degli Stati dal papa e
dall'imperadore[2088]. Era egli in età di nove anni e mesi, e però
gli furono assegnati dal padre alcuni nobili per tutori, sotto la
protezione dell'inclita repubblica di Venezia, la quale, unitamente co'
Bolognesi, Fiorentini e Mantovani, inviò rinforzi di milizie a Ferrara
e Modena[2089], per sicurezza del giovinetto principe, e per isventar
le trame che potesse tentare il conte di Virtù. Fu ancora in questo
anno un terribile sconvolgimento nella discorde città di Genova[2090]
per li tentativi fatti più volte da _Antoniotto Adorno_ affin di
ricuperare la perduta dignità di doge. Troppo lontano mi condurrebbe
l'argomento, se narrar volessi quegli avvenimenti, diffusamente
descritti da Giorgio Stella. A me perciò basterà di accennare che il
doge _Antonio di Montaldo_, cedendo alla forza, si ritirò. _Pietro
da Campofregoso_ fu assunto a quella dignità da alcuni; ma cadde
anch'egli. Venne proclamato da altri _Clemente di Promontorio_; neppur
egli durò. Con più bella apparenza fu esaltato _Francesco Giustiniano_
del fu Garibaldo. Vi furono battaglie, e con tutti i suoi sforzi
Antoniotto Adorno nulla potè ottenere. Finalmente, prevalendo la
fazione d'_Antonio di Montaldo_, questi riacquistò nel dì primo di
settembre il trono ducale, e tornò alla sua quiete la scompigliata
città, con restar nulladimeno in moto i mali umori delle detestabili
fazioni. Guerra fu in quest'anno[2091] fra _Carlo_ e _Pandolfo de'
Malatesti_ signori di Rimini, Pesaro e d'altri luoghi dall'un canto,
e _Cecco_ e _Pino degli Ordelaffi_ signori di Forlì. Si venne a
battaglia fra loro nel dì 8 di agosto presso alla villa di Bosecchio,
e ne andarono sconfitti gli ultimi, con lasciar molti prigionieri in
mano de' nemici. Fin qui era stato ritenuto prigioniere nel castello
di Monza[2092] _Francesco il vecchio da Carrara_, trattato nondimeno
con umanità da _Gian-Galeazzo Visconte_, quando s'avvicinarono i giorni
suoi al fine. Mancò egli di vita nel dì 6 d'ottobre dell'anno presente;
e il Visconte, uomo di massime grandi, fattolo imbalsamare, con
esequie magnifiche gli celebrò il funerale. Ottenne dipoi _Francesco
Novello_ il cadavero del padre, e, fattolo condurre a Padova, quivi
con solennissima pompa gli diede sepoltura nel dì 20, oppure 21 di
novembre. L'orazione funebre fatta in tale occasione da Pietro Paolo
Vergerio, insigne oratore di questi tempi, colla descrizione del
funerale, fu da me data alla luce[2093].
NOTE:
[2079] Ammirat., Istoria Fiorentina, lib. 16.
[2080] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2081] Raynaldus, Annal. Eccles.
[2082] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
[2083] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2084] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2085] Theodoricus de Niem, Hist.
[2086] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Italic.
[2087] Matth. de Griffon., Chron., tom. 18 Rer. Ital. Cronica di
Bologna, tom. eod.
[2088] Delayto, Annal., tom. eod.
[2089] Gatari, Istor. di Padova, tom. 17 Rer. Ital.
[2090] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. eod.
Anno di CRISTO MCCCXCIV. Indizione II.
BONIFAZIO IX papa 6.
VENCESLAO re de' Romani 17.
Terminò in quest'anno i suoi giorni l'ambizioso antipapa CLEMENTE
VII, dimorante allora in Avignone, lodato da quei della sua fazione,
detestato e abborrito dagli altri[2094]. Succedette la morte sua nel
dì 16 di settembre, mentre l'Università della Sorbona e _Carlo VI
re_ di Francia si maneggiavano forte per trovar ripiego colla forza
allo scandaloso scisma che, tuttavia durando, producea innumerabili
sconcerti nella Chiesa di Dio, essendo specialmente divenuta troppo
familiare la simonia. Forse questo maneggio accelerò la morte di lui.
Ma nulla si guadagnò coll'esser egli mancato di vita; perciocchè i
cardinali del seguito suo raunati, senza voler ascoltare ragioni, gli
diedero per successore da lì a dodici giorni il _cardinal Pietro di
Luna_, che prese il nome _Benedetto XIII_, uomo d'ingegno destro, molto
eloquente e negoziator finissimo. Abbiamo da Teodorico di Niem[2095]
che quest'uomo furbo, finchè fu cardinale, dappertutto parlando ai
principi e predicando ai popoli, detestò sempre lo scisma, e fu inteso
più volte dire, che s'egli arrivasse mai al papato, avrebbe ridotta
la Chiesa alla sua prima unione. Fu questo uno de' motivi per cui i
cardinali di Avignone concorsero ad eleggerlo. Mostrò egli anche dipoi
la sua premura di metter fine a quella tragedia, in iscrivendo le
lettere circolari della sua elezione ai principi: parole speziose per
farsi credito, perchè i fatti gridarono dipoi sonoramente in contrario.
Intanto _papa Bonifazio IX_ non tralasciava diligenze per tirar nel
suo partito gli aderenti in addietro all'antipapa Clemente, senza
punto mostrar disposizione ai ripieghi che si proponevano per levare
lo scisma. Nè già mancavano torbidi allo Stato ecclesiastico[2096].
Biordo Perugino proditoriamente s'impadronì d'Assisi nel dì 22 di
maggio. _Pandolfo Malatesta_ occupò Todi, poi Narni; diede il guasto
ai territorii di Spoleti e di Terni, e introdusse in Orta i Bretoni
ed altri soldati dell'antipapa. Fu perciò fulminata contra di lui
la scomunica; ma questi fulmini in que' cattivi tempi poca paura
faceano ai potenti di larga coscienza. Anzi abbiamo dalla Cronica di
Forlì[2097] che Carlo e Pandolfo Malatesti comperarono nel dì 13 di
luglio Bertinoro da papa Bonifazio per ventidue mila fiorini di oro:
il che si dee credere fatto prima della scomunica. Grande applicazione
davano intanto ad esso papa gli affari di Napoli[2098]. Si andava
rinforzando il giovinetto _re Ladislao_ per terra e per mare con
disegno di tentare qualche impresa contra del nemico _re Lodovico
d'Angiò_. Ma, giunta a Gaeta una fiera pestilenza, si ritirò esso re
fuori della città con tutta la corte. Poco vi stette, perchè due galee
di Mori fecero in quella marina più di cento schiavi; il che consigliò
Ladislao a tornarsene in città. Fu circa questi tempi proposto da'
mediatori ch'esso re desse in moglie all'Angioino _Giovanna_ sua
sorella, e cadaun d'essi tenesse quel che possedeva. Ladislao escluso
da Napoli non vi trovò i suoi conti. Ma per lo sforzo che egli meditava
di fare, troppo sfornita trovandosi la di lui borsa, nel dì 27 di
ottobre con quattro galee si partì da Gaeta, e andossene a Roma.
Per conto degli onori n'ebbe in eccesso, ma non così della pecunia.
Tuttavia ricavato dal pontefice e da' cardinali quanto ne potè, nel
dì 19 di novembre se nè tornò a Gaeta[2099]. Avvenne che mentre egli
dimorava in Roma, gl'insolenti Banderesi romani, cioè i capurioni delle
milizie urbane, si levarono a rumore contra del papa, talmente ch'egli
corse anche pericolo della vita. Il re colle sue guardie si oppose,
e gli riuscì poi di mettere la concordia fra loro. Scrive Sozomeno
storico ciò succeduto nel mese di maggio. Abbiam veduto che, secondo
gli Annali Napoletani, Ladislao di ottobre si trasferì a Roma.
Perderono i Fiorentini quest'anno, a dì 17 di marzo, oppure, come
ha Matteo Griffoni[2100], nel mese d'agosto, il prode lor capitano,
stato dianzi gran masnadiere d'Italia, cioè _Giovanni Aucud_, al
quale fu data con sommo onore sepoltura in Santa Maria del Fiore, dove
tuttavia si mira la di lui memoria. A forza di danari s'accordarono
con _Biordo Perugino_. Costui, dopo avere smunto dai Sanesi venti mila
fiorini d'oro, entrò nella Romagna, e diede il sacco a varie terre.
_Jacopo di Appiano_, tiranno di Pisa, temendo di costui, impetrò da
_Gian-Galeazzo Visconte_ quattrocento lancie, ed egli ben volentieri
le spedì colà, per meglio assicurarsi di quella città. Turbata fu più
che mai, nell'anno presente, la città di Genova dalla discordia e dalle
sedizioni de' Guelfi e de' Ghibellini[2101]. Il già doge _Antoniotto
Adorno_ con isforzi novi tentò di risalire sul trono, e deporre il
doge Antonio di Montaldo. Furono in armi tutte le fazioni. Veggendo il
Montaldo di non potere resistere alla possanza degli avversarii, nel dì
24 di maggio, deposte le redini del governo, si ritirò a Savona, indi
a Gavi, per far guerra alla città. _Niccolò di Zoaglio_ in luogo suo
fu eletto doge; ma per poco tempo, perchè gli succedette colla forza
_Antonio di Guarco_, proclamato doge da buona parte del popolo. Contra
di questo nuovo doge essendo entrato in Genova _Antoniotto Adorno_,
trovatosi abbandonato da' suoi, restò prigione; ma fu rilasciato con
varii patti. Sino al dì ultimo d'agosto Antonio di Guarco tenne saldo
il suo governo: ma, essendo rientrato in Genova l'Adorno, ed accolto
con sonoro applauso da numeroso popolo, nella notte precedente al
dì 3 di settembre esso Guarco prese la fuga, e si salvò anch'egli a
Savona. Prevalendo allora i Ghibellini contra de' Guelfi, attaccarono
il fuoco al palazzo dell'arcivescovo, cioè di _Jacopo del Fiesco_, e
ad altre case dei nobili guelfi. Nello stesso dì 3 di settembre da'
suoi parziali fu di nuovo eletto doge _Antoniotto Adorno_, ma con
restare in armi i deposti _Antonio di Montaldo_, e _Antonio di Guarco_,
i quali mossero le armi straniere contro la patria per sostenere
la pugna. Infatti nell'anno presente, chiamato da essi il _sire di
Cossì_ Franzese, ed assistito da _Carlo marchese_ del Carretto, e dai
nobili _Doria_, entrò armato nella riviera occidentale di Genova, e
prese Diano, con far correre voce di sottoporre quella contrada al
re di Francia. Ma non avendo tali forze da poter compiere sì vasto
disegno, non tardò molto a ritirarsi. Restò la città di Genova e tutto
il suo territorio in gran confusione per tali discordie e per tanti
pretendenti.
Era, siccome dicemmo, succeduto al padre nella signoria di Ferrara
_Niccolò II marchese d'Este_[2102]. Contra di questo giovinetto
principe insorse _Azzo marchese Estense_ figliuolo di quel _marchese
Francesco_ che fuoruscito di Ferrara, e divenuto generale delle
armi di _Galeazzo Visconte_, vedemmo far guerra agli Estensi allora
dominanti. Ora anch'egli animato dall'età del marchese Niccolò incapace
del governo e sotto mano fiancheggiato da _Gian-Galeazzo_ signor di
Milano[2103], cominciò più trame contro lo Stato di Ferrara, e trasse
varii nobili e vassalli della casa d'Este nel suo partito. _Obizzo da
Monte-Garullo_, castellano nelle montagne del Frignano, fu il primo ad
alzar bandiera, con occupar varie castella di quelle contrade. Accorse
l'esercito del marchese, ed unito coi Lucchesi nemici del medesimo
Monte-Garullo, lo obbligò, dopo varie battaglie ed assedii, a chieder
mercè. Venne con salvo condotto a Ferrara, ed ottenne da chi gli prestò
fede più di quel che poteva sperare. Sollevossi ancora _Francesco
signor di Sassuolo_, ed aiutato da _Azzo signor di Rodea_, prese Monte
Baranzone ed altri luoghi in quelle parti. Era liberal di promesse il
marchese Azzo verso chiunque gli aderiva[2104]; e, facendo loro sperare
alcuno degli Stati che si doveano conquistare, od altri premii, sollevò
altri vassalli della casa d'Este contro il marchese Niccolò, con
giugnere a farsi de' partigiani in Ferrara stessa. Tuttavia, a riserva
di alcune terre che si ribellarono, non potè Azzo far progressi, perchè
da Venezia, Bologna e Firenze vennero nuovi soccorsi a Ferrara; ed
_Azzo da Castello_, valoroso mastro di guerra, general del marchese
Niccolò, non solamente fece svanir tutti i disegni dei nemici, ma anche
assediò Castellarano, finchè tra la vicinanza del verno, e le genti che
segretamente spediva in aiuto de' ribelli Gian-Galeazzo Visconte, gli
convenne ritirarsi. Ribellatasi nel dì 7 di marzo di quest'anno[2105]
la città di Catania a _don Martino re_ di Sicilia, per mare e per
terra fu da lui assediata, e colla fame forzata a rendersi nel dì 5
d'agosto. Cento mila fiorini d'oro dovettero pagar que' cittadini in
pena della loro ribellione. Già pensava _Carlo VI re_ di Francia allo
acquisto di Genova[2106]; e, per non aver contrario Gian-Galeazzo
Visconte, conchiuse seco una lega in quest'anno; ed allora fu[2107]
che il Visconte cominciò ad inquartar coll'arme sue del biscione i
gigli della real casa di Francia. Anche il _sire di Cossì_, a nome
di _Lodovico_ divenuto _duca d'Orleans_ e signore di Asti, cioè del
marito di _Valentina Visconte_[2108], nel dì 16 d'ottobre fece lega con
_Teodoro marchese_ di Monferrato, ed in questa entrò anche _Amedeo di
Savoia_ principe della Morea.
NOTE:
[2091] Chron. Foroliv., tom. 22 Rer. Ital.
[2092] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital. Chron. Estense, tom. 15 Rer.
Ital.
[2093] Verger., Orat., tom. 16 Rer. Ital.
[2094] Vita Clementis antipapae, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
[2095] Theodoricus de Niem, Hist.
[2096] Raynaldus, in Annal. Eccles.
[2097] Chron. Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.
[2098] Giornal. Napol., tom. 21 Rer. Ital.
[2099] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2100] Matthaeus de Griffonibus, Chron. Bonon., tom. 18 Rer. Ital.
[2101] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2102] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
[2103] Gatari, Istor. di Pad., tom. 17 Rer. Ital.
[2104] Delayto, Annal., ubi sup.
Anno di CRISTO MCCCXCV. Indizione III.
BONIFAZIO IX papa 7.
VENCESLAO re de' Romani 18.
Con sommo zelo si adoperò in questo anno[2109] _Carlo VI re_ di Francia
coll'Università di Parigi per estinguere il pernicioso scisma della
Chiesa di Dio, e spedì ambasciatori all'_antipapa Benedetto_, con
proporgli varie maniere per giugnere alla riunione. Cercò l'astuto
ogni sutterfugio per sottrarsi alla cessione, e solamente si appigliò
al ripiego di abboccarsi e di trattare con _papa Bonifazio_, ben
riflettendo che mai per tal via non sarebbe seguito accordo alcuno. In
questi tempi il pontefice Bonifazio attese a fortificarsi in Roma, con
ridurre lo stesso Campidoglio in forma di fortezza: del che mormoravano
non poco i Romani. Ma i maggiori suoi pensieri erano rivolti a dar
vigore al _re Ladislao_, per desiderio di veder detronizzato il nemico
_re Lodovico d'Angiò_, signoreggiante in Napoli. Spedì pertanto ad esso
Ladislao un gran rinforzo di galee ed assai brigate di combattenti,
acciocchè si portasse allo assedio di Napoli[2110]. In premio di tai
soccorsi impetrò che il re investisse del ducato di Sora i pontificii
nipoti. Ora Ladislao, uniti che ebbe tutti i suoi baroni e le forze
sue, nell'aprile di quest'anno si portò all'assedio di Napoli[2111],
strignendo quella nobil città per mare e per terra. Entro d'essa il
re Lodovico, fornito di copiosa cavalleria niun timore, mostrava. Durò
l'assedio sino al dì 15 di maggio, in cui, sopraggiunte quattro galee
di Provenza, diedero la caccia alle pontificie, e furono cagione che
Ladislao levasse il campo, e si ritirasse ad Aversa e poscia a Gaeta
colle mani piene di mosche. Per maneggio de' Sanseverini l'almirante
_duca di Sessa_ di casa Marzano si staccò da lui, e si unì col re
Lodovico. Nel dì 26 di dicembre Ladislao maritò con Andrea da Capoa
_Costanza di Chiaramonte_, stata sua moglie, e ripudiata. Andando
essa a marito, pubblicamente nella piazza di Gaeta piagnendo disse al
novello sposo, doversi egli tenere per ben fortunato, dacchè avrebbe
da lì innanzi per concubina la moglie del re Ladislao. Gran dispiacere
e pietà recarono a tutti queste parole. Ma in tempi sì sconcertati le
iniquità maggiori trovavano passaporto.
L'anno fu questo in cui _Gian-Galeazzo_, deposto il basso e miserabile
titolo di conte di Virtù[2112], prese quello di duca di Milano. Si
procacciò egli questa onorevol dignità da _Venceslao re de' Romani_,
per quanto fu creduto, collo sborso di cento mila fiorini d'oro. Il
privilegio a lui conceduto da esso Venceslao in Praga nel dì primo di
maggio dell'anno presente, vien riferito negli Annali Milanesi. Quivi
egli è dichiarato duca di Milano a titolo di feudo con tutti gli onori
e l'autorità competente a sì sublime grado. Nell'anno seguente, con
altro diploma dato in Praga nel dì 13 d'ottobre, lo stesso Venceslao
confermò al medesimo Gian-Galeazzo il _ducato di Milano_, e insieme
la_ contea di Pavia_, colle altre città e terre da lui possedute
e dipendenti dall'imperio: cioè _Brescia, Bergamo, Como, Novara,
Vercelli, Alessandria, Tortona, Bobbio, Piacenza, Reggio, Parma,
Cremona, Lodi, Crema, Soncino, Borgo San Donnino, Verona, Vicenza,
Feltro, Belluno, Bassano, Sarzana, Carrara_, ed altre terre e ville con
più ampia autorità. Non v'intervenne l'assenso degli elettori, i quali
poscia fecero a Venceslao un reato di tal concessione. Ora nel dì 5 di
settembre, o piuttosto, come ha il Delaito[2113], nel dì 8 d'esso mese,
festa della Natività della Vergine, si diede, con ammirabil sontuosità
in Milano esecuzione alla grazia, avendo _Benesio Camsinich_,
deputato da Venceslao, conferito il manto e le altre insegne ducali
al nuovo duca[2114]. Fu onorata questa magnifica funzione, di cui,
oltre all'autore degli Annali di Milano, lasciò anche il Corio una
copiosa relazione, da molti vescovi, dagli ambasciatori di quasi
tutti i potentati d'Italia, e da innumerabil popolo, e festeggiata da
suntuosissime giostre, tornei, conviti ed altri pubblici divertimenti;
nè da gran tempo avea veduto l'Italia sì maestosi solazzi. Prese dunque
il Visconte da lì innanzi il nome di _Gian-Galeazzo duca di Milano e
conte di Pavia_[2115]. Maggiori sforzi fece in quest'anno il _marchese
Azzo Estense_ contra del _marchese Niccolò_ signor di Ferrara. Con
promettere Comacchio e la riviera di Filo ad _Obizzo_ e _Pietro da
Polenta,_ signori di Ravenna e Cervia, li guadagnò al suo partito.
Allettò ancora con danari ed altre promesse _Cecco degli Ordelaffi_
signore di Forlì. Ma sopra tutti s'impegnò in favore di lui _Giovanni
conte di Barbiano_, uomo solito a pescare nel torbido. Raunato un
esercito di Romagnuoli, nel dì 20 di gennaio s'inviarono questi alla
volta di Ferrara. Ma quando men sel pensavano, essendo venute loro
incontro le milizie e il naviglio di Ferrara, nel passare che essi
faceano il Po di Primaro, furono sconfitti e obbligati a tornarsene
indietro. Ora giacchè il marchese Azzo tuttodì andava ordendo nuovi
tradimenti contro la persona del picciolo marchese Niccolò, e dei
suoi consiglieri e tutori, venne in mente a questi ultimi di valersi
de' medesimi mezzi per isbrigarsi una volta da guerra sì dispendiosa,
credendo lecito tutto contra di un indebito perturbator dello Stato,
già processato e condannato con taglia.
Pertanto, trovandosi il _marchese Azzo_ nelle terre di Giovanni conte
di Barbiano[2116] trattarono, con esso conte di farlo uccidere,
promettendogli in ricompensa la ricca e nobil terra di Lugo, e
quella di Conselice, oltre ad una buona somma di danaro, che si dice
ascendesse a trenta mila fiorini d'oro. Seguì l'accordo nel mese di
marzo; fu mandato Giovanni da San Giorgio, come persona fidata, da
Ferrara, che si accertasse della morte di Azzo. Ma memorabil sempre
sarà la truffa che il conte di Barbiano fece in questa occasione[2117].
Dacchè il marchese Azzo fu ben riconosciuto dal deputato ferrarese, si
ritirò esso Azzo in una vicina camera, dove immediatamente fece vestir
de' suoi abiti e del suo cappuccio un tal Cervo da Modena, familiare
del conte, che gli si rassomigliava non poco. Scagliatisi poi addosso
a questo misero innocente gli sgherri, a forza di pugnalate il tolsero
di vita, avendolo specialmente ferito nel volto. Le grida e gli urli
erano uditi dall'incauto messo ferrarese, che, dipoi entrato, vide
steso a terra, e conobbe morto il creduto marchese Azzo. Dopo avere
spedita la nuova a Ferrara, andò egli tosto coi segnali a lui confidati
a dare il possesso delle terre di Lugo e Conselice a _Giovanni conte
di Barbiano_, che le tenne per sè, ed anche per giunta fece prigioni le
guarnigioni estensi, le quali poi convenne riscattar con danaro. Grande
strepito fece per tutta Italia questo avvenimento; ma Iddio, che non
paga ogni sabbato sera, raggiunse a suo tempo questo manipolator di
tradimenti. Ne furono sì irritati i Veneziani, Fiorentini, Bolognesi,
e i signori di Mantova e di Padova, che tutti inviarono nuovi rinforzi
di gente a Ferrara, co' quali gran guerra fu cominciata contro le
terre d'esso conte di Barbiano, con dare il guasto a tutto il paese,
e piantar bastie in più siti. Crebbero, ciò non ostante, le segrete
cabale dei _marchese Azzo_; trovò in Ferrara non pochi disposti ad
una gran congiura; passò nell'aprile con quanti armati potè ottenere
dal conte di Barbiano sul Ferrarese; ed accorsero in servigio di
lui a migliaia i villani, allettati da voce sparsa del secolo d'oro
sotto di lui. Già egli s'inviava verso Ferrara, quando nel dì 16
d'aprile, arrivato alla villa di Porto, si vide in faccia l'esercito
ferrarese, con cui volontariamente s'era venuto a congiungere _Astorre
de' Manfredi_ signor di Faenza seco menando secento uomini d'armi.
Si attaccò una crudel battaglia; vi fu messo a fil di spada più d'un
migliaio di que' villani; sterminata copia s'ebbe di prigioni, e
contossi fra loro il _marchese Azzo_, preso dal _conte Corrado di
Altimberg_ Tedesco. Fecero il possibile i Ferraresi per averlo in
mano, ma l'accorto Astorre il fece condurre nelle carceri di Faenza:
con che respirò l'afflitta Ferrara. Si andava in questi tempi sempre
più rinforzando di gente _Gian-Galeazzo_ duca di Milano, con aver egli
e forza per farsi proclamare signor di Pisa: colpo che sommamente
increbbe ai Fiorentini, i quali, perduto un buon amico, ebbero
da lì innanzi un dichiarato nemico in costui, siccome creatura di
Gian-Galeazzo Visconte, che all'aperta si diede poscia a conoscere
gran protettore di lui. I fuorusciti allora rientrarono tutti in Pisa;
ne uscirono i parziali de' Gambacorti, e non pochi altri de' migliori
cittadini, e fra gli altri lo stesso _arcivescovo Lotto Gambacorta_.
Di gravi molestie soffrì ancora in quest'anno la Toscana dalla
compagnia di masnadieri raunata da _Azzo da Castello_ e da _Biordo
de' Michelotti_[2079]. Per liberarsene furono obbligati i Fiorentini a
sborsare quaranta mila fiorini d'oro, sette mila i Sanesi, dodici mila
i Pisani, otto mila i Lucchesi. Ecco se sapeano dare dei buoni salassi
questi assassini. Altra via di cacciar costoro non ebbero i Perugini,
che d'invitare alla lor città il papa, siccome abbiam già detto. In
Genova gran commozione fu nell'anno presente contro ad _Antoniotto
Adorno_ doge di quella istabile repubblica[2080]. _Antonio Viale
vescovo_ di Savona nel dì 19 d'aprile fu il primo ad entrar coll'armi
nella città; ma preso e cacciato in un'orrida prigione fu costretto per
qualche tempo a far penitenza dell'attentato sconvenevole ad un pari
suo. Altro sforzo fu fatto nel maggio, ma con poco successo, contra
di esso doge. Finalmente nel dì 16 di giugno i Guelfi tutti, prese le
armi, fecero battaglia cogli avversarii, costrignendoli alla fuga, di
modo che anche l'Adorno segretamente si ritirò fuori della città, e in
luogo suo fu creato doge _Antonio di Montaldo_, parente del medesimo
Adorno, benchè in età di soli ventitrè anni.
NOTE:
[2067] Corio, Istoria di Milano.
[2068] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
[2069] Gatari, Istoria di Padova, tom. 17 Rer. Ital.
[2070] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2071] Ammirati, Istoria di Firenze, lib. 16.
[2072] Chronic. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
[2073] Giornal. Napol., tom. 21 Rer. Ital.
[2074] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2075] Raynald., Annales Ecclesiast. Histor. Sicula, tom. 24 Rer. Ital.
[2076] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
[2077] Tronci, Annal. Pisani.
[2078] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital. Bonincontrus, Annal., tom. 21
Rer. Ital. Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
Anno di CRISTO MCCCXCIII. Indizione I.
BONIFAZIO IX papa 5.
VENCESLAO re de' Romani 16.
Mentre _papa Bonifazio_ dimorava in Perugia[2081], co' suoi buoni
maneggi trasse alla sua divozione il popolo d'Ancona, dianzi attaccato
all'antipapa. Per guadagnarsi l'affetto de' Bolognesi[2082], accordò
loro quanti privilegii e grazie seppero addimandare, confermando loro,
fra le altre cose, il supposto privilegio di Teodosio imperadore.
Acconciò ancora i suoi affari con altre città della Marca, lasciando ad
esse la libertà, purchè pagassero un annuo censo. Viterbo, occupato da
_Giovanni Sciarra_, gli era tuttavia contrario; ma i Romani, antichi
nemici di quella città, ostilmente usciti contro alla medesima,
obbligarono colla forza l'usurpatore a ricorrere alla clemenza del
pontefice. Camerino, Jesi, Fabriano, Matelica ed altri luoghi occupati
da varii signori, anch'essi gli ubbidirono, salva la signoria di que'
potenti, che promisero censo anche essi. Ma nel mese d'agosto ebbe
fine la quiete di Perugia, e la residenza del pontefice in quella
città. Ne era esclusa la fazione de' Raspanti, ed, unitasi questa
alla compagnia de' masnadieri di _Biordo de' Michelotti_, Perugino
di patria, si portò sotto Perugia. Trattossi d'accordo, e, il papa,
credendo alle promesse di que' fuorusciti, permise loro l'ingresso
nella patria. Male per la fazion contraria de' Beccarini, contra dei
quali non tardarono ad incrudelire col ferro i nuovi entrati; e non
potendo il pontefice frenar così fatto furore, si ritirò ad Assisi.
Entrò poscia Biordo in quella città, rimasta desolata, e tirannicamente
ne prese il dominio. La partenza del papa da Perugia fu cagione che i
Romani s'invogliarono di farlo ritornare a Roma. Spedirongli a questo
fine ambasciatori; e giacchè non ebbero difficoltà a prendere quelle
leggi che loro prescrisse il papa, il videro comparire a Roma, prima
che terminasse l'anno presente. Ma non terminarono in quest'anno
le violenze di Biordo[2083]. Avea papa Bonifazio, secondo l'uso del
nepotismo d'allora, creato marchese della Marca _Andrea_ suo fratello
di casa Tomacelli. Biordo l'assediò in Macerata; per interposizione
de' Fiorentini si salvò Andrea[2084], con avergli i Maceratesi pagata
la somma di mille fiorini d'oro. Diversamente scrive Bonincontro, con
dire che Biordo l'ebbe prigione, e ciò viene confermato da Teodorico di
Niem[2085]. Fu poi riscattato con danari dal papa, e Biordo s'impadronì
di varie città e castella della Marca. Anche i Malatesti, cioè _Carlo_
e _Pandolfo_, nel mese d'agosto coll'oste loro andarono fin sotto
Forlì saccheggiando il paese. Poco vi mancò che non facessero prigioni
_Francesco_ e _Pino degli Ordelaffi_, i quali poi colla valevole
applicazion del danaro liberarono per ora dalle forze de' nemici il
loro paese.
Guerra non fu in quest'anno in Lombardia, ma si videro bene i preludii
di quella che nacque nel seguente[2086]. Penava _Gian-Galeazzo
Visconte_ a tenere in freno il rancore conceputo contra di _Francesco
Gonzaga_ signore di Mantova, perchè egli s'era staccato da lui, e
molto più perchè avea manipolata una sì forte lega a' suoi danni, ed
ultimamente ancora, unito ad _Alberto marchese d'Este_, era stato a
Venezia a trattar con quella signoria. Intendeva ben egli a che fine
esso Gonzaga, aiutato dai collegati, avesse piantato un ponte sul Po
a Borgoforte, e ben afforzatolo ai due lati. Pertanto gli venne in
pensiero di far anch'egli un brutto scherzo al Gonzaga con divertire
dal loro letto le acque del Mincio. Fece a questo oggetto tagliare un
monte presso a Valezzo; fece far di grandi chiuse ed altri lavorieri
con incredibili fatiche e spese. Se riusciva il disegno, addio Mantova.
Restava essa priva del lago, cioè della sua fortificazione, e vicina
ad essere spopolata per l'aria fetente delle paludi. Ma più possanza
ebbe l'escrescenza del fiume, che le invenzioni degli architetti, e
andò a male tutto quel dispendioso lavoro: disgrazia, a cui soccombe
facilmente chi vuol far da maestro alla forza de' fiumi. Se ne erano
ingelositi forte i collegati, e tennero per questo i loro ambasciatori
un parlamento in Ferrara; e veduto poi che il fiume da sè stesso avea
provveduto al bisogno, altro non fecero per allora. Venne a morte nel
dì 30 di luglio[2087] _Alberto marchese d'Este_, signor di Ferrara,
Modena, Rovigo e Comacchio, principe di sempre cara ricordanza; e
a lui d'unanime consenso dei popoli succedette nel dominio _Niccolò
marchese d'Este_ suo figliuolo, già investito degli Stati dal papa e
dall'imperadore[2088]. Era egli in età di nove anni e mesi, e però
gli furono assegnati dal padre alcuni nobili per tutori, sotto la
protezione dell'inclita repubblica di Venezia, la quale, unitamente co'
Bolognesi, Fiorentini e Mantovani, inviò rinforzi di milizie a Ferrara
e Modena[2089], per sicurezza del giovinetto principe, e per isventar
le trame che potesse tentare il conte di Virtù. Fu ancora in questo
anno un terribile sconvolgimento nella discorde città di Genova[2090]
per li tentativi fatti più volte da _Antoniotto Adorno_ affin di
ricuperare la perduta dignità di doge. Troppo lontano mi condurrebbe
l'argomento, se narrar volessi quegli avvenimenti, diffusamente
descritti da Giorgio Stella. A me perciò basterà di accennare che il
doge _Antonio di Montaldo_, cedendo alla forza, si ritirò. _Pietro
da Campofregoso_ fu assunto a quella dignità da alcuni; ma cadde
anch'egli. Venne proclamato da altri _Clemente di Promontorio_; neppur
egli durò. Con più bella apparenza fu esaltato _Francesco Giustiniano_
del fu Garibaldo. Vi furono battaglie, e con tutti i suoi sforzi
Antoniotto Adorno nulla potè ottenere. Finalmente, prevalendo la
fazione d'_Antonio di Montaldo_, questi riacquistò nel dì primo di
settembre il trono ducale, e tornò alla sua quiete la scompigliata
città, con restar nulladimeno in moto i mali umori delle detestabili
fazioni. Guerra fu in quest'anno[2091] fra _Carlo_ e _Pandolfo de'
Malatesti_ signori di Rimini, Pesaro e d'altri luoghi dall'un canto,
e _Cecco_ e _Pino degli Ordelaffi_ signori di Forlì. Si venne a
battaglia fra loro nel dì 8 di agosto presso alla villa di Bosecchio,
e ne andarono sconfitti gli ultimi, con lasciar molti prigionieri in
mano de' nemici. Fin qui era stato ritenuto prigioniere nel castello
di Monza[2092] _Francesco il vecchio da Carrara_, trattato nondimeno
con umanità da _Gian-Galeazzo Visconte_, quando s'avvicinarono i giorni
suoi al fine. Mancò egli di vita nel dì 6 d'ottobre dell'anno presente;
e il Visconte, uomo di massime grandi, fattolo imbalsamare, con
esequie magnifiche gli celebrò il funerale. Ottenne dipoi _Francesco
Novello_ il cadavero del padre, e, fattolo condurre a Padova, quivi
con solennissima pompa gli diede sepoltura nel dì 20, oppure 21 di
novembre. L'orazione funebre fatta in tale occasione da Pietro Paolo
Vergerio, insigne oratore di questi tempi, colla descrizione del
funerale, fu da me data alla luce[2093].
NOTE:
[2079] Ammirat., Istoria Fiorentina, lib. 16.
[2080] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2081] Raynaldus, Annal. Eccles.
[2082] Cronica di Bologna, tom. 18 Rer. Ital.
[2083] Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.
[2084] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2085] Theodoricus de Niem, Hist.
[2086] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Italic.
[2087] Matth. de Griffon., Chron., tom. 18 Rer. Ital. Cronica di
Bologna, tom. eod.
[2088] Delayto, Annal., tom. eod.
[2089] Gatari, Istor. di Padova, tom. 17 Rer. Ital.
[2090] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. eod.
Anno di CRISTO MCCCXCIV. Indizione II.
BONIFAZIO IX papa 6.
VENCESLAO re de' Romani 17.
Terminò in quest'anno i suoi giorni l'ambizioso antipapa CLEMENTE
VII, dimorante allora in Avignone, lodato da quei della sua fazione,
detestato e abborrito dagli altri[2094]. Succedette la morte sua nel
dì 16 di settembre, mentre l'Università della Sorbona e _Carlo VI
re_ di Francia si maneggiavano forte per trovar ripiego colla forza
allo scandaloso scisma che, tuttavia durando, producea innumerabili
sconcerti nella Chiesa di Dio, essendo specialmente divenuta troppo
familiare la simonia. Forse questo maneggio accelerò la morte di lui.
Ma nulla si guadagnò coll'esser egli mancato di vita; perciocchè i
cardinali del seguito suo raunati, senza voler ascoltare ragioni, gli
diedero per successore da lì a dodici giorni il _cardinal Pietro di
Luna_, che prese il nome _Benedetto XIII_, uomo d'ingegno destro, molto
eloquente e negoziator finissimo. Abbiamo da Teodorico di Niem[2095]
che quest'uomo furbo, finchè fu cardinale, dappertutto parlando ai
principi e predicando ai popoli, detestò sempre lo scisma, e fu inteso
più volte dire, che s'egli arrivasse mai al papato, avrebbe ridotta
la Chiesa alla sua prima unione. Fu questo uno de' motivi per cui i
cardinali di Avignone concorsero ad eleggerlo. Mostrò egli anche dipoi
la sua premura di metter fine a quella tragedia, in iscrivendo le
lettere circolari della sua elezione ai principi: parole speziose per
farsi credito, perchè i fatti gridarono dipoi sonoramente in contrario.
Intanto _papa Bonifazio IX_ non tralasciava diligenze per tirar nel
suo partito gli aderenti in addietro all'antipapa Clemente, senza
punto mostrar disposizione ai ripieghi che si proponevano per levare
lo scisma. Nè già mancavano torbidi allo Stato ecclesiastico[2096].
Biordo Perugino proditoriamente s'impadronì d'Assisi nel dì 22 di
maggio. _Pandolfo Malatesta_ occupò Todi, poi Narni; diede il guasto
ai territorii di Spoleti e di Terni, e introdusse in Orta i Bretoni
ed altri soldati dell'antipapa. Fu perciò fulminata contra di lui
la scomunica; ma questi fulmini in que' cattivi tempi poca paura
faceano ai potenti di larga coscienza. Anzi abbiamo dalla Cronica di
Forlì[2097] che Carlo e Pandolfo Malatesti comperarono nel dì 13 di
luglio Bertinoro da papa Bonifazio per ventidue mila fiorini di oro:
il che si dee credere fatto prima della scomunica. Grande applicazione
davano intanto ad esso papa gli affari di Napoli[2098]. Si andava
rinforzando il giovinetto _re Ladislao_ per terra e per mare con
disegno di tentare qualche impresa contra del nemico _re Lodovico
d'Angiò_. Ma, giunta a Gaeta una fiera pestilenza, si ritirò esso re
fuori della città con tutta la corte. Poco vi stette, perchè due galee
di Mori fecero in quella marina più di cento schiavi; il che consigliò
Ladislao a tornarsene in città. Fu circa questi tempi proposto da'
mediatori ch'esso re desse in moglie all'Angioino _Giovanna_ sua
sorella, e cadaun d'essi tenesse quel che possedeva. Ladislao escluso
da Napoli non vi trovò i suoi conti. Ma per lo sforzo che egli meditava
di fare, troppo sfornita trovandosi la di lui borsa, nel dì 27 di
ottobre con quattro galee si partì da Gaeta, e andossene a Roma.
Per conto degli onori n'ebbe in eccesso, ma non così della pecunia.
Tuttavia ricavato dal pontefice e da' cardinali quanto ne potè, nel
dì 19 di novembre se nè tornò a Gaeta[2099]. Avvenne che mentre egli
dimorava in Roma, gl'insolenti Banderesi romani, cioè i capurioni delle
milizie urbane, si levarono a rumore contra del papa, talmente ch'egli
corse anche pericolo della vita. Il re colle sue guardie si oppose,
e gli riuscì poi di mettere la concordia fra loro. Scrive Sozomeno
storico ciò succeduto nel mese di maggio. Abbiam veduto che, secondo
gli Annali Napoletani, Ladislao di ottobre si trasferì a Roma.
Perderono i Fiorentini quest'anno, a dì 17 di marzo, oppure, come
ha Matteo Griffoni[2100], nel mese d'agosto, il prode lor capitano,
stato dianzi gran masnadiere d'Italia, cioè _Giovanni Aucud_, al
quale fu data con sommo onore sepoltura in Santa Maria del Fiore, dove
tuttavia si mira la di lui memoria. A forza di danari s'accordarono
con _Biordo Perugino_. Costui, dopo avere smunto dai Sanesi venti mila
fiorini d'oro, entrò nella Romagna, e diede il sacco a varie terre.
_Jacopo di Appiano_, tiranno di Pisa, temendo di costui, impetrò da
_Gian-Galeazzo Visconte_ quattrocento lancie, ed egli ben volentieri
le spedì colà, per meglio assicurarsi di quella città. Turbata fu più
che mai, nell'anno presente, la città di Genova dalla discordia e dalle
sedizioni de' Guelfi e de' Ghibellini[2101]. Il già doge _Antoniotto
Adorno_ con isforzi novi tentò di risalire sul trono, e deporre il
doge Antonio di Montaldo. Furono in armi tutte le fazioni. Veggendo il
Montaldo di non potere resistere alla possanza degli avversarii, nel dì
24 di maggio, deposte le redini del governo, si ritirò a Savona, indi
a Gavi, per far guerra alla città. _Niccolò di Zoaglio_ in luogo suo
fu eletto doge; ma per poco tempo, perchè gli succedette colla forza
_Antonio di Guarco_, proclamato doge da buona parte del popolo. Contra
di questo nuovo doge essendo entrato in Genova _Antoniotto Adorno_,
trovatosi abbandonato da' suoi, restò prigione; ma fu rilasciato con
varii patti. Sino al dì ultimo d'agosto Antonio di Guarco tenne saldo
il suo governo: ma, essendo rientrato in Genova l'Adorno, ed accolto
con sonoro applauso da numeroso popolo, nella notte precedente al
dì 3 di settembre esso Guarco prese la fuga, e si salvò anch'egli a
Savona. Prevalendo allora i Ghibellini contra de' Guelfi, attaccarono
il fuoco al palazzo dell'arcivescovo, cioè di _Jacopo del Fiesco_, e
ad altre case dei nobili guelfi. Nello stesso dì 3 di settembre da'
suoi parziali fu di nuovo eletto doge _Antoniotto Adorno_, ma con
restare in armi i deposti _Antonio di Montaldo_, e _Antonio di Guarco_,
i quali mossero le armi straniere contro la patria per sostenere
la pugna. Infatti nell'anno presente, chiamato da essi il _sire di
Cossì_ Franzese, ed assistito da _Carlo marchese_ del Carretto, e dai
nobili _Doria_, entrò armato nella riviera occidentale di Genova, e
prese Diano, con far correre voce di sottoporre quella contrada al
re di Francia. Ma non avendo tali forze da poter compiere sì vasto
disegno, non tardò molto a ritirarsi. Restò la città di Genova e tutto
il suo territorio in gran confusione per tali discordie e per tanti
pretendenti.
Era, siccome dicemmo, succeduto al padre nella signoria di Ferrara
_Niccolò II marchese d'Este_[2102]. Contra di questo giovinetto
principe insorse _Azzo marchese Estense_ figliuolo di quel _marchese
Francesco_ che fuoruscito di Ferrara, e divenuto generale delle
armi di _Galeazzo Visconte_, vedemmo far guerra agli Estensi allora
dominanti. Ora anch'egli animato dall'età del marchese Niccolò incapace
del governo e sotto mano fiancheggiato da _Gian-Galeazzo_ signor di
Milano[2103], cominciò più trame contro lo Stato di Ferrara, e trasse
varii nobili e vassalli della casa d'Este nel suo partito. _Obizzo da
Monte-Garullo_, castellano nelle montagne del Frignano, fu il primo ad
alzar bandiera, con occupar varie castella di quelle contrade. Accorse
l'esercito del marchese, ed unito coi Lucchesi nemici del medesimo
Monte-Garullo, lo obbligò, dopo varie battaglie ed assedii, a chieder
mercè. Venne con salvo condotto a Ferrara, ed ottenne da chi gli prestò
fede più di quel che poteva sperare. Sollevossi ancora _Francesco
signor di Sassuolo_, ed aiutato da _Azzo signor di Rodea_, prese Monte
Baranzone ed altri luoghi in quelle parti. Era liberal di promesse il
marchese Azzo verso chiunque gli aderiva[2104]; e, facendo loro sperare
alcuno degli Stati che si doveano conquistare, od altri premii, sollevò
altri vassalli della casa d'Este contro il marchese Niccolò, con
giugnere a farsi de' partigiani in Ferrara stessa. Tuttavia, a riserva
di alcune terre che si ribellarono, non potè Azzo far progressi, perchè
da Venezia, Bologna e Firenze vennero nuovi soccorsi a Ferrara; ed
_Azzo da Castello_, valoroso mastro di guerra, general del marchese
Niccolò, non solamente fece svanir tutti i disegni dei nemici, ma anche
assediò Castellarano, finchè tra la vicinanza del verno, e le genti che
segretamente spediva in aiuto de' ribelli Gian-Galeazzo Visconte, gli
convenne ritirarsi. Ribellatasi nel dì 7 di marzo di quest'anno[2105]
la città di Catania a _don Martino re_ di Sicilia, per mare e per
terra fu da lui assediata, e colla fame forzata a rendersi nel dì 5
d'agosto. Cento mila fiorini d'oro dovettero pagar que' cittadini in
pena della loro ribellione. Già pensava _Carlo VI re_ di Francia allo
acquisto di Genova[2106]; e, per non aver contrario Gian-Galeazzo
Visconte, conchiuse seco una lega in quest'anno; ed allora fu[2107]
che il Visconte cominciò ad inquartar coll'arme sue del biscione i
gigli della real casa di Francia. Anche il _sire di Cossì_, a nome
di _Lodovico_ divenuto _duca d'Orleans_ e signore di Asti, cioè del
marito di _Valentina Visconte_[2108], nel dì 16 d'ottobre fece lega con
_Teodoro marchese_ di Monferrato, ed in questa entrò anche _Amedeo di
Savoia_ principe della Morea.
NOTE:
[2091] Chron. Foroliv., tom. 22 Rer. Ital.
[2092] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital. Chron. Estense, tom. 15 Rer.
Ital.
[2093] Verger., Orat., tom. 16 Rer. Ital.
[2094] Vita Clementis antipapae, P. II, tom. 3 Rer. Ital.
[2095] Theodoricus de Niem, Hist.
[2096] Raynaldus, in Annal. Eccles.
[2097] Chron. Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.
[2098] Giornal. Napol., tom. 21 Rer. Ital.
[2099] Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.
[2100] Matthaeus de Griffonibus, Chron. Bonon., tom. 18 Rer. Ital.
[2101] Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.
[2102] Delayto, Annal., tom. 18 Rer. Ital.
[2103] Gatari, Istor. di Pad., tom. 17 Rer. Ital.
[2104] Delayto, Annal., ubi sup.
Anno di CRISTO MCCCXCV. Indizione III.
BONIFAZIO IX papa 7.
VENCESLAO re de' Romani 18.
Con sommo zelo si adoperò in questo anno[2109] _Carlo VI re_ di Francia
coll'Università di Parigi per estinguere il pernicioso scisma della
Chiesa di Dio, e spedì ambasciatori all'_antipapa Benedetto_, con
proporgli varie maniere per giugnere alla riunione. Cercò l'astuto
ogni sutterfugio per sottrarsi alla cessione, e solamente si appigliò
al ripiego di abboccarsi e di trattare con _papa Bonifazio_, ben
riflettendo che mai per tal via non sarebbe seguito accordo alcuno. In
questi tempi il pontefice Bonifazio attese a fortificarsi in Roma, con
ridurre lo stesso Campidoglio in forma di fortezza: del che mormoravano
non poco i Romani. Ma i maggiori suoi pensieri erano rivolti a dar
vigore al _re Ladislao_, per desiderio di veder detronizzato il nemico
_re Lodovico d'Angiò_, signoreggiante in Napoli. Spedì pertanto ad esso
Ladislao un gran rinforzo di galee ed assai brigate di combattenti,
acciocchè si portasse allo assedio di Napoli[2110]. In premio di tai
soccorsi impetrò che il re investisse del ducato di Sora i pontificii
nipoti. Ora Ladislao, uniti che ebbe tutti i suoi baroni e le forze
sue, nell'aprile di quest'anno si portò all'assedio di Napoli[2111],
strignendo quella nobil città per mare e per terra. Entro d'essa il
re Lodovico, fornito di copiosa cavalleria niun timore, mostrava. Durò
l'assedio sino al dì 15 di maggio, in cui, sopraggiunte quattro galee
di Provenza, diedero la caccia alle pontificie, e furono cagione che
Ladislao levasse il campo, e si ritirasse ad Aversa e poscia a Gaeta
colle mani piene di mosche. Per maneggio de' Sanseverini l'almirante
_duca di Sessa_ di casa Marzano si staccò da lui, e si unì col re
Lodovico. Nel dì 26 di dicembre Ladislao maritò con Andrea da Capoa
_Costanza di Chiaramonte_, stata sua moglie, e ripudiata. Andando
essa a marito, pubblicamente nella piazza di Gaeta piagnendo disse al
novello sposo, doversi egli tenere per ben fortunato, dacchè avrebbe
da lì innanzi per concubina la moglie del re Ladislao. Gran dispiacere
e pietà recarono a tutti queste parole. Ma in tempi sì sconcertati le
iniquità maggiori trovavano passaporto.
L'anno fu questo in cui _Gian-Galeazzo_, deposto il basso e miserabile
titolo di conte di Virtù[2112], prese quello di duca di Milano. Si
procacciò egli questa onorevol dignità da _Venceslao re de' Romani_,
per quanto fu creduto, collo sborso di cento mila fiorini d'oro. Il
privilegio a lui conceduto da esso Venceslao in Praga nel dì primo di
maggio dell'anno presente, vien riferito negli Annali Milanesi. Quivi
egli è dichiarato duca di Milano a titolo di feudo con tutti gli onori
e l'autorità competente a sì sublime grado. Nell'anno seguente, con
altro diploma dato in Praga nel dì 13 d'ottobre, lo stesso Venceslao
confermò al medesimo Gian-Galeazzo il _ducato di Milano_, e insieme
la_ contea di Pavia_, colle altre città e terre da lui possedute
e dipendenti dall'imperio: cioè _Brescia, Bergamo, Como, Novara,
Vercelli, Alessandria, Tortona, Bobbio, Piacenza, Reggio, Parma,
Cremona, Lodi, Crema, Soncino, Borgo San Donnino, Verona, Vicenza,
Feltro, Belluno, Bassano, Sarzana, Carrara_, ed altre terre e ville con
più ampia autorità. Non v'intervenne l'assenso degli elettori, i quali
poscia fecero a Venceslao un reato di tal concessione. Ora nel dì 5 di
settembre, o piuttosto, come ha il Delaito[2113], nel dì 8 d'esso mese,
festa della Natività della Vergine, si diede, con ammirabil sontuosità
in Milano esecuzione alla grazia, avendo _Benesio Camsinich_,
deputato da Venceslao, conferito il manto e le altre insegne ducali
al nuovo duca[2114]. Fu onorata questa magnifica funzione, di cui,
oltre all'autore degli Annali di Milano, lasciò anche il Corio una
copiosa relazione, da molti vescovi, dagli ambasciatori di quasi
tutti i potentati d'Italia, e da innumerabil popolo, e festeggiata da
suntuosissime giostre, tornei, conviti ed altri pubblici divertimenti;
nè da gran tempo avea veduto l'Italia sì maestosi solazzi. Prese dunque
il Visconte da lì innanzi il nome di _Gian-Galeazzo duca di Milano e
conte di Pavia_[2115]. Maggiori sforzi fece in quest'anno il _marchese
Azzo Estense_ contra del _marchese Niccolò_ signor di Ferrara. Con
promettere Comacchio e la riviera di Filo ad _Obizzo_ e _Pietro da
Polenta,_ signori di Ravenna e Cervia, li guadagnò al suo partito.
Allettò ancora con danari ed altre promesse _Cecco degli Ordelaffi_
signore di Forlì. Ma sopra tutti s'impegnò in favore di lui _Giovanni
conte di Barbiano_, uomo solito a pescare nel torbido. Raunato un
esercito di Romagnuoli, nel dì 20 di gennaio s'inviarono questi alla
volta di Ferrara. Ma quando men sel pensavano, essendo venute loro
incontro le milizie e il naviglio di Ferrara, nel passare che essi
faceano il Po di Primaro, furono sconfitti e obbligati a tornarsene
indietro. Ora giacchè il marchese Azzo tuttodì andava ordendo nuovi
tradimenti contro la persona del picciolo marchese Niccolò, e dei
suoi consiglieri e tutori, venne in mente a questi ultimi di valersi
de' medesimi mezzi per isbrigarsi una volta da guerra sì dispendiosa,
credendo lecito tutto contra di un indebito perturbator dello Stato,
già processato e condannato con taglia.
Pertanto, trovandosi il _marchese Azzo_ nelle terre di Giovanni conte
di Barbiano[2116] trattarono, con esso conte di farlo uccidere,
promettendogli in ricompensa la ricca e nobil terra di Lugo, e
quella di Conselice, oltre ad una buona somma di danaro, che si dice
ascendesse a trenta mila fiorini d'oro. Seguì l'accordo nel mese di
marzo; fu mandato Giovanni da San Giorgio, come persona fidata, da
Ferrara, che si accertasse della morte di Azzo. Ma memorabil sempre
sarà la truffa che il conte di Barbiano fece in questa occasione[2117].
Dacchè il marchese Azzo fu ben riconosciuto dal deputato ferrarese, si
ritirò esso Azzo in una vicina camera, dove immediatamente fece vestir
de' suoi abiti e del suo cappuccio un tal Cervo da Modena, familiare
del conte, che gli si rassomigliava non poco. Scagliatisi poi addosso
a questo misero innocente gli sgherri, a forza di pugnalate il tolsero
di vita, avendolo specialmente ferito nel volto. Le grida e gli urli
erano uditi dall'incauto messo ferrarese, che, dipoi entrato, vide
steso a terra, e conobbe morto il creduto marchese Azzo. Dopo avere
spedita la nuova a Ferrara, andò egli tosto coi segnali a lui confidati
a dare il possesso delle terre di Lugo e Conselice a _Giovanni conte
di Barbiano_, che le tenne per sè, ed anche per giunta fece prigioni le
guarnigioni estensi, le quali poi convenne riscattar con danaro. Grande
strepito fece per tutta Italia questo avvenimento; ma Iddio, che non
paga ogni sabbato sera, raggiunse a suo tempo questo manipolator di
tradimenti. Ne furono sì irritati i Veneziani, Fiorentini, Bolognesi,
e i signori di Mantova e di Padova, che tutti inviarono nuovi rinforzi
di gente a Ferrara, co' quali gran guerra fu cominciata contro le
terre d'esso conte di Barbiano, con dare il guasto a tutto il paese,
e piantar bastie in più siti. Crebbero, ciò non ostante, le segrete
cabale dei _marchese Azzo_; trovò in Ferrara non pochi disposti ad
una gran congiura; passò nell'aprile con quanti armati potè ottenere
dal conte di Barbiano sul Ferrarese; ed accorsero in servigio di
lui a migliaia i villani, allettati da voce sparsa del secolo d'oro
sotto di lui. Già egli s'inviava verso Ferrara, quando nel dì 16
d'aprile, arrivato alla villa di Porto, si vide in faccia l'esercito
ferrarese, con cui volontariamente s'era venuto a congiungere _Astorre
de' Manfredi_ signor di Faenza seco menando secento uomini d'armi.
Si attaccò una crudel battaglia; vi fu messo a fil di spada più d'un
migliaio di que' villani; sterminata copia s'ebbe di prigioni, e
contossi fra loro il _marchese Azzo_, preso dal _conte Corrado di
Altimberg_ Tedesco. Fecero il possibile i Ferraresi per averlo in
mano, ma l'accorto Astorre il fece condurre nelle carceri di Faenza:
con che respirò l'afflitta Ferrara. Si andava in questi tempi sempre
più rinforzando di gente _Gian-Galeazzo_ duca di Milano, con aver egli
- Parts
- Annali d'Italia, vol. 5 - 01
- Annali d'Italia, vol. 5 - 02
- Annali d'Italia, vol. 5 - 03
- Annali d'Italia, vol. 5 - 04
- Annali d'Italia, vol. 5 - 05
- Annali d'Italia, vol. 5 - 06
- Annali d'Italia, vol. 5 - 07
- Annali d'Italia, vol. 5 - 08
- Annali d'Italia, vol. 5 - 09
- Annali d'Italia, vol. 5 - 10
- Annali d'Italia, vol. 5 - 11
- Annali d'Italia, vol. 5 - 12
- Annali d'Italia, vol. 5 - 13
- Annali d'Italia, vol. 5 - 14
- Annali d'Italia, vol. 5 - 15
- Annali d'Italia, vol. 5 - 16
- Annali d'Italia, vol. 5 - 17
- Annali d'Italia, vol. 5 - 18
- Annali d'Italia, vol. 5 - 19
- Annali d'Italia, vol. 5 - 20
- Annali d'Italia, vol. 5 - 21
- Annali d'Italia, vol. 5 - 22
- Annali d'Italia, vol. 5 - 23
- Annali d'Italia, vol. 5 - 24
- Annali d'Italia, vol. 5 - 25
- Annali d'Italia, vol. 5 - 26
- Annali d'Italia, vol. 5 - 27
- Annali d'Italia, vol. 5 - 28
- Annali d'Italia, vol. 5 - 29
- Annali d'Italia, vol. 5 - 30
- Annali d'Italia, vol. 5 - 31
- Annali d'Italia, vol. 5 - 32
- Annali d'Italia, vol. 5 - 33
- Annali d'Italia, vol. 5 - 34
- Annali d'Italia, vol. 5 - 35
- Annali d'Italia, vol. 5 - 36
- Annali d'Italia, vol. 5 - 37
- Annali d'Italia, vol. 5 - 38
- Annali d'Italia, vol. 5 - 39
- Annali d'Italia, vol. 5 - 40
- Annali d'Italia, vol. 5 - 41
- Annali d'Italia, vol. 5 - 42
- Annali d'Italia, vol. 5 - 43
- Annali d'Italia, vol. 5 - 44
- Annali d'Italia, vol. 5 - 45
- Annali d'Italia, vol. 5 - 46
- Annali d'Italia, vol. 5 - 47
- Annali d'Italia, vol. 5 - 48
- Annali d'Italia, vol. 5 - 49
- Annali d'Italia, vol. 5 - 50
- Annali d'Italia, vol. 5 - 51
- Annali d'Italia, vol. 5 - 52
- Annali d'Italia, vol. 5 - 53
- Annali d'Italia, vol. 5 - 54
- Annali d'Italia, vol. 5 - 55
- Annali d'Italia, vol. 5 - 56
- Annali d'Italia, vol. 5 - 57
- Annali d'Italia, vol. 5 - 58
- Annali d'Italia, vol. 5 - 59
- Annali d'Italia, vol. 5 - 60
- Annali d'Italia, vol. 5 - 61
- Annali d'Italia, vol. 5 - 62
- Annali d'Italia, vol. 5 - 63
- Annali d'Italia, vol. 5 - 64
- Annali d'Italia, vol. 5 - 65
- Annali d'Italia, vol. 5 - 66
- Annali d'Italia, vol. 5 - 67
- Annali d'Italia, vol. 5 - 68
- Annali d'Italia, vol. 5 - 69
- Annali d'Italia, vol. 5 - 70
- Annali d'Italia, vol. 5 - 71
- Annali d'Italia, vol. 5 - 72
- Annali d'Italia, vol. 5 - 73
- Annali d'Italia, vol. 5 - 74
- Annali d'Italia, vol. 5 - 75
- Annali d'Italia, vol. 5 - 76
- Annali d'Italia, vol. 5 - 77
- Annali d'Italia, vol. 5 - 78
- Annali d'Italia, vol. 5 - 79
- Annali d'Italia, vol. 5 - 80
- Annali d'Italia, vol. 5 - 81
- Annali d'Italia, vol. 5 - 82
- Annali d'Italia, vol. 5 - 83
- Annali d'Italia, vol. 5 - 84
- Annali d'Italia, vol. 5 - 85
- Annali d'Italia, vol. 5 - 86
- Annali d'Italia, vol. 5 - 87
- Annali d'Italia, vol. 5 - 88
- Annali d'Italia, vol. 5 - 89