Annali d'Italia, vol. 4 - 69

quest'anno il suddetto marchese Bonifazio _a Graecis et Blachis_
(Bulgari erano costoro) _multa passus est_; e che la fortuna nell'anno
presente favorevole fu ai Greci, contraria ai Latini. In quest'anno
ancora, conoscendo il suddetto marchese di non poter tenere l'isola di
Candia, ne fece vendita ai Veneziani per mille marche d'argento, e tanti
poderi, che rendessero dieci mila perperi di entrata ogni anno. Lo
strumento si legge presso Benevento da San Giorgio[2616]. Si rodevano
intanto i Pisani per cagion di Siracusa, tolta loro da' Genovesi, e per
ansietà di ricuperarla, fecero in quest'anno un grande armamento, ed
ebbero soccorso dal conte Rinieri e da altri Toscani. Con queste forze
andarono a mettere l'assedio a Siracusa, e la strinsero per tre mesi e
mezzo. Mossesi allora _Arrigo conte_ di Malta con quattro galee ben
armate, e, venuto a Messina, vi trovò alcune navi de' Genovesi, ed altre
ne unì per soccorrere quella città. Dichiarato generale di quella
flotta, da Messina passò alla volta di Siracusa. Gli vennero incontro i
Pisani con dodici galee ed altri legni, ed attaccarono battaglia, ma con
lor danno; perchè, a riserva di cinque galee di Lombardi che presero la
fuga, l'altre vennero in potere de' Genovesi. Uscito anche di Siracusa
Alemanno conte di quella città, diede addosso ai Pisani ch'erano in
terra, e li mise in rotta, con prendere le bandiere, tende e bagaglio
del campo loro. Succedette questo fatto nel lunedì avanti alla Natività
del Signore.
Molte altre prodezze e prese di ricche navi mercantili veneziane fatte
da esso Arrigo conte di Malta, e l'aiuto da lui prestato al conte di
Tripoli, si leggono negli Annali Genovesi. In questi tempi la pirateria,
ossia il fare il corsaro, era un mestiere che non dispiaceva neppure a
molti cristiani; e questo conte non era l'ultimo a praticarlo. All'udire
i Genovesi, erano corsari i Pisani, e lo stesso nome veniva dato da
altri ai Genovesi. Riuscì in quest'anno al popolo di Modena[2617] di
ridurre con amichevol trattato i capitani, cioè i nobili padroni di
terre e castella nel Frignano, a sottomettersi alla loro comunità, con
divenir cittadini di Modena, promettere di abitar in essa città qualche
mese dell'anno, e di militare, secondo le occorrenze, in aiuto del
comune. Così il distretto di Modena ripigliò gli antichi suoi confini, e
così andavano anche facendo le altre città libere d'Italia. Abbiamo da
Gerardo Maurisio che in quest'anno _venit studium scholarium in civitate
Vicentiae, et duravit usque ad potestariam domini Drudi_[2618], cioè
sino all'anno 1209. Antonio Godio[2619] anche gli attesta che nell'anno
presente _studium generale fuit in civitate Vicentiae, doctores que in
contrata sancti Viti manebant_. I primi ad istituire lo studio delle
leggi nel secolo undecimo o duodecimo furono i Bolognesi, e in quella
sola città durò per molti anni questo ornamento, con essersi a poco a
poco aggiunti anche i lettori di lettere umane, di filosofia e medicina.
Mirando poi gli altri popoli quanto onore e vantaggio venisse a Bologna
dal gran concorso degli scolari, s'invogliarono di nobilitar le loro
città con somigliante studio. Ciò specialmente fecero anche i Modenesi e
i Padovani: del quale argomento ho io trattato altrove[2620]. Era in
questi tempi capo della fazion ghibellina in Ferrara _Salinguerra_
figliuolo di Torello. Capo della guelfa tanto in quella città, che per
tutta la marca di Verona, era _Azzo VI marchese_ d'Este. Fra sì
contrarii genii ed impegni troppo era difficile che lungamente durasse
la concordia. In fatti, secondo la Cronica di Bologna[2621], nell'anno
presente il marchese Azzo, non gli piacendo che Salinguerra avesse
fortificata la Fratta, castello ne' confini dei suoi Stati, gliel prese
e lo dirupò: il che fu principio delle tante dissensioni che seguirono
poscia fra loro. La Cronica Estense[2622] parla di questo fatto all'anno
1189; ma fuor di sito, a mio credere, perchè solamente nell'anno
seguente fra questi due emuli si accese la guerra. Essendo mancato di
vita in Costantinopoli l'insigne doge di Venezia _Arrigo Dandolo_ nel dì
primo di giugno, portatane la funesta nuova a Venezia, si venne nel dì 5
d'agosto all'elezione d'un nuovo doge, e questa cadde nella persona di
_Pietro Ziano_[2623] conte d'Arbe, figliuolo del già doge _Sebastiano_.
NOTE:
[2613] Richardus de S. Germano, in Chron. Vita Innocentii III, P. I,
tom. 3 Rer. Ital.
[2614] Sicard., in Chron., tom. 7 Rer. Ital. Nicetas et alii.
[2615] Caffari, Annal. Genuens., tom 6 Rer. Ital.
[2616] Benvenuto da S. Giorgio, Storia del Monferrato.
[2617] Annales Veteres Mutinens., tom. 11 Rer. Ital.
[2618] Maurisius, Hist., tom. 8 Rer. Ital.
[2619] Godius, in Chron., tom. 8 Rer. Ital.
[2620] Antiquit. Italic., Dissert. XLIV.
[2621] Chron. Bononiense, tom. 17 Rer. Ital.
[2622] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
[2623] Dandul., in Chron., tom. 12 Rer. Ital.


Anno di CRISTO MCCVI. Indizione IX.
INNOCENZO III papa 9.
Vacante l'imperio.

Dopo tanta opposizione fatta fin qui da Diopoldo conte tedesco a papa
_Innocenzo III_ in Puglia, costui finalmente cercò di rimettersi in
grazia d'esso pontefice[2624], con promettergli una totale ubbidienza e
sommissione, e specialmente per gli affari del governo del regno di
Sicilia. Fu dunque chiamato a Roma, ed ottenuta che ebbe l'assoluzion
dalle scomuniche, con licenza del sommo pontefice se ne tornò a Salerno.
Sperava Innocenzo col braccio di questo ministro di ristabilir la pace,
e insieme la sua autorità nella corte reale di Palermo. Passò infatti
Diopoldo, secondo l'Anonimo Casinense[2625], in quest'anno, oppure, come
ha Riccardo da san Germano, nell'anno seguente in Sicilia; e tanto si
adoperò con Guglielmo Capperone, che l'indusse a consegnare il
giovinetto _re Federigo_ nelle mani del cardinale legato. Ma Diopoldo si
trovò ben presto tradito. Fu sparsa voce ch'egli con sì belle apparenze
era dietro ad impossessarsi del re, e ad atterrare lo stesso Capperone e
Gualtieri gran cancelliere, che cozzavano da gran tempo fra loro.
Fondata, o immaginata che si fosse dai malevoli una tal diceria, la
verità è che, avendo Diopoldo preparato un convito per solennizzare la
pace fatta, contra di lui fu svegliata una sedizione, in cui preso, egli
andò a far delle meditazioni in prigione. Ma non vi si fermò molto,
perchè ebbe chi Io aiutò a fuggire; e fortunatamente uscito di Palermo,
si ricoverò di nuovo a Salerno. Allora il gran cancelliere giunse ad
aver in suo potere il re Federigo. Circa questi tempi _Bonifazio
marchese_ di Monferrato fu coronato re di Tessalia; ed abbiamo dal
Continuatore di Caffaro[2626] che in Genova furono armate quattro galee
per condurre a Costantinopoli una figliuola d'esso marchese, destinata
in moglie ad _Arrigo_ di Fiandra, nuovo imperador latino in quelle
parti. Proseguiva con calore l'astio e la guerra fra i due competitori
nel regno germanico, cioè tra Filippo di Suevia e Ottone
estense-guelfo[2627]. Ebbe una rotta in quest'anno il _re Ottone_: il
che indusse il popolo di Colonia ad accomodarsi col re Filippo. Trovossi
allora Ottone a mal termine, e, portatosi a Brunsvich, dopo aver dato
buon sesto a' suoi affari, passò in Inghilterra a chiedere soccorso al
_re Giovanni_ suo zio, e vi fu ricevuto con grande onore sì dal re, come
da tutti i baroni. Dopo esservisi trattenuto per qualche tempo, se ne
tornò in Germania, portando seco un gagliardo rinforzo di danaro. Verso
questi tempi i nobili, che soli governavano Brescia[2628], vennero fra
loro alle mani, e si sparse molto sangue: il che fu cagione che fu
richiamata in città quella plebe che n'era stata cacciata. Ma poca
durata in quella sconvolta città ebbe la pace. Sorse Alberto conte di
Casalalto, che aspirava al comando sopra gli altri, e si venne all'armi.
Coi suoi aderenti fu forzato a fuggirsene dalla città, e continuò dipoi
la guerra civile. Essendo mancato di vita in questo anno _Filippo_
arcivescovo di Milano, in luogo suo venne eletto _Uberto da Pirovano_,
il quale, secondo le pruove addotte dal signor Sassi[2629], fu insieme
cardinale della santa romana Chiesa. Terminò ancora i suoi giorni
_Alberto_ arcivescovo di Ravenna, ed ebbe per successore _Egidio_
vescovo di Modena[2630]. Entrò in quest'anno la discordia anche nella
città di Verona. _Bonifazio conte_, figliuolo di _Sauro_ conte di San
Bonifazio, che era chiamato conte di Verona, non già perchè la
governasse allora, ma perchè era discendente dagli antichi conti, o,
vogliam dire, governatori perpetui di quella città, siccome del partito
de' Guelfi, ebbe controversie[2631] coi Monticoli, ossia Montecchi,
potenti cittadini di Verona, di partito contrario. Nel di 14 di maggio
venute alle mani queste due fazioni, seguì un fiero conflitto; e
soccombendo i Monticoli, si sottrassero colla fuga al pericolo di
peggio. Furono in questa occasione bruciate le case loro, le botteghe
de' mercatanti e le case dei nobili dalla Carcere e di Lendenara.
NOTE:
[2624] Richardus de S. Germano.
[2625] Anonymus Casinens., in Chron.
[2626] Caffari, Annal. Genuens., lib. 4, tom. 6 Rer. Ital.
[2627] Godefridus Monachus, in Chron. Alberic. Monachus, in Chron.
[2628] Malvecius, Chron. Brixian., tom. 14 Rer. Italic.
[2629] Saxius, in Not. ad Sigon., de Regno Ital.
[2630] Annal. Veter. Mutin., tom, 11 Rer. Ital. Rubens, Hist. Ravenn.,
lib. 6.
[2631] Paris. de Cereta, Chron. Veronense, tom. 8 Rer. Ital.


Anno di CRISTO MCCVII. Indizione X.
INNOCENZO III papa 10.
Vacante l'imperio.

Era in grande auge di gloria e di potenza _Bonifazio marchese_ di
Monferrato, perchè re di un bel regno, cioè di Salonichi e della
Tessalia. All'udire[2632] che i Saraceni aveano assediata Satalia,
benchè non di sua giurisdizione, non potè contenersi il suo valore
dall'accorrere in aiuto de' cristiani. Ma, venuto a battaglia con
quegl'infedeli, ferito da una saetta avvelenata, diede gloriosamente
fine alla sua vita. Restarono di lui due figliuoli maschi, _Guglielmo_,
che fu marchese di Monferrato, e _Demetrio_, a cui toccò la corona del
regno tessalico. Soggiornava in Salerno il conte Diopoldo[2633], mal
soddisfatto de' suoi emuli che governavano la Sicilia, e probabilmente
anche della corte di Roma. Insorsero dissapori fra lui e i Napoletani, e
si venne a decidere col ferro la loro contesa. Rimasero disfatti i
Napoletani, con gravissima loro perdita di gente. Fra gli altri prigioni
vi restò Giffredo da Montefuscolo, che era loro generale. Essendo
prevaluta in Verona la fazione de' Guelfi, per fortificarla maggiormente
si studiarono essi di avere per loro podestà in quest'anno _Azzo VI
marchese_ d'Este: uffizio ben volentieri accettato da lui, perchè
l'andare per podestà nelle città libere d'allora si chiamava _andare in
signoria_, cioè andar a fare il principe in quelle città[2634]. Unitosi
dunque col _conte Bonifazio_ da San Bonifazio, nobile e potente signore
tanto in Verona che nel suo distretto, cominciò il marchese ad esercitar
con vigore il suo governo. Ma i Montecchi esiliati, ai quali troppo
dispiaceva la patita depressione, collegatisi col marchese _Bonifazio d
Este_, zio d'esso Azzo, e alieno da lui per liti civili, e con Eccelino
da Onara, padre del crudele Eccelino, e non già del conte Bonifazio da
San Bonifazio, come per qualche errore de' copisti si legge nella
Cronica di Parisio da Cereta[2635], furtivamente introdotti una notte in
Verona, costrinsero il marchese Azzo ad abbandonar la città. Allora fu
che anche _Salinguerra_, capo de' Ghibellini in Ferrara, scopertosi
intrinseco amico di Eccelino, cacciò da quella città tutti gli aderenti
del marchese Azzo, e senza lasciar più luogo a lui, cominciò a farla da
signore di Ferrara. Ma che non andasse impunita l'insolenza di costoro,
lo vedremo all'anno seguente. Ritirossi il marchese alla terra della
Badia, e negli altri suoi Stati, dove attese a far gente. Parla di
questo fatto anche la Cronica Estense[2636], con aggiugnere che
Salinguerra prese in quest'anno ai Ravennati la grossa terra d'Argenta,
e, consegnatala alle fiamme, se ne tornò trionfalmente a Ferrara con
assaissimi prigioni. Fin l'anno addietro _papa Innocenzo III_, che vedea
in gran declinazione gli affari del _re Ottone_ in Germania, ricevute
che ebbe lettere di gran sommessione dal _re Filippo_[2637], siccome
personaggio provveduto di una buona bussola per sapere con vantaggio
navigare secondo i venti, cominciò a parlar dolce con esso Filippo; e,
spediti in quest'anno in Germania due cardinali legati, diede ordine che
si trattasse di pace. V'ha chi scrive[2638] essersi questa conchiusa con
obbligarsi il re Filippo di dare una sua figliuola per moglie al re
Ottone col ducato della Suevia. Altri niegano che seguisse accordo
alcuno; e giacchè non si potè ottener altro, i legati stabilirono una
tregua d'un anno, e fecero depor l'armi a Filippo. Ciò non
ostante[2639], papa Innocenzo diede mano ad un accomodamento proprio con
Filippo, disposto a dargli la corona dell'imperio, tuttochè avesse già
riconosciuto Ottone per legittimo re de' Romani. Racconta Corrado abbate
Urspergense d'avere inteso da persone veridiche che Filippo si guadagnò
l'animo del pontefice colla promessa di concedere in moglie a Riccardo
fratello d'esso papa, già fatto conte, una sua figliuola, e di dargli in
dote la Toscana, Spoleti e la marca d'Ancona. Probabilmente queste
furono dicerie de' fautori del re Ottone, oppure di coloro che
facilmente fanno gl'interpreti de' gabinetti de' principi. Per altro non
dimenticò mai questo pontefice, in mezzo ai pubblici affari, i privati
della propria casa. Sparsasi poi per l'Italia la nuova del favorevol
ascendente del re Filippo, non perde tempo _Azzo VI marchese _ d'Este ad
inviar deputati in Germania, per ottener la conferma delle appellazioni
della marca di Verona, cioè di Verona, Vicenza, Padova, Trivigi, Trento,
Feltre e Belluno, e l'investitura di cinque ville poste nel territorio
di Vicenza, per sè e per la principessa _Alisia_ sua moglie. Leggonsi
questi due diplomi, spediti in Argentina _XIV kalendas julii_, nelle
Antichità Estensi[2640]. Un altro diploma, con cui Filippo concede in
feudo a _Tommaso conte_ di Savoia nel dì primo di giugno alcune
castella, mentre stava in Basilea, si legge presso il Guichenon[2641].
NOTE:
[2632] Sicard., in Chron., tom. 7 Rer. Ital.
[2633] Anonymus Casinens., in Chron. Richardus de S. Germano.
[2634] Roland., lib. 1, cap. 9. Gerard. Maurisius, tom. 8 Rer. Ital.
[2635] Parisius de Cereta, Chron. Veron., tom. 8 Rer. Italic.
[2636] Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.
[2637] Arnold. Lubec., lib. 7, cap. 6.
[2638] Abbas Urspergens., in Chron.
[2639] Arnol. Lubec., Chron., lib. 7, cap. 6. Albert. Stad., ad annum
1207.
[2640] Antichità Estensi, P. I, cap. 39.
[2641] Guichenon, Histoire de la Mais. de Savoye, tom. 3.


Anno di CRISTO MCCVIII. Indizione XI.
INNOCENZO III papa 11.
Vacante l'imperio.

Già il tutto era disposto per la riconciliazione ed esaltazione del _re
Filippo_; già avea egli spedito i suoi ambasciatori a PAPA INNOCENZO III
per la confermazione dei capitoli accordati coi legati apostolici:
quando un funesto accidente scompigliò e rovesciò tutti questi
disegni[2642]. Soggiornava il re Filippo in Bamberga, raunando un
potente esercito contra del _re Ottone_, oppur contra di _Waldemaro re_
di Danimarca, collegato d'esso Ottone. Trovandosi alla sua corte Ottone
palatino conte di Witelspach, uomo facinoroso, sdegnato con esso Filippo
per alcune cagioni, e specialmente per non aver potuto impetrare da lui
in moglie _Cunigonda_ di lui figliuola, benchè ne fossero seguiti gli
sponsali o le promesse: nel giorno in cui s'era Filippo fatto salassare
ad amendue le braccia, chiese udienza per parlargli. Ammesso nella
camera del re, sguainato il ferro, con un sol colpo vibrato alla testa,
lo stese morto a terra. Sbrigato poi con altri colpi da chi voleva
arrestarlo, e salito co' suoi nei preparati cavalli, felicemente si mise
in salvo. Quest'orrido eccesso, commesso nel dì 21 di giugno, oppure nel
seguente, si tirò dietro la detestazione di tutti, e massimamente del re
Ottone, che nulla ebbe che fare nella risoluzion presa da questo
assassino. Tornò bensì in vantaggio di esso Ottone l'altrui iniquità;
perciocchè, tenuta una dieta ad Alberstad, quivi con unanime consenso
dei principi fu di nuovo eletto re de' Romani e di Germania. Poscia in
un altro più solenne parlamento congregato in Francoforte nella festa di
san Martino, non solamente ricevette le regali insegne, ma conchiuse
ancora un altro importante affare, cioè di prendere in moglie _Beatrice_
figliuola dell'ucciso re Filippo, la quale gli portò poi in dote
trecento cinquanta castella, e gli altri allodiali della casa di Suevia,
quasichè per nulla si contasse allora _Federigo II re_ di Sicilia,
nipote d'esso Filippo. Così per tutta la Germania rifiorì la pace e la
tranquillità; e papa Innocenzo, dopo aver detestato l'assassinio fatto a
Filippo, rivolse tutto il suo studio e le sue carezze in favore del re
Ottone. Attese dal suo canto anche Ottone a guadagnarsi gli animi de'
principi già suoi avversarii, con rinunziare particolarmente alle
pretensioni sue sopra quegl'immensi Stati, de' quali era stato spogliato
a' tempi di Federigo Barbarossa il duca _Arrigo Leone_ suo padre.
Per vendicarsi dell'affronto ricevuto nell'anno addietro in Verona dagli
emuli suoi, _Azzo VI, marchese_ d'Este[2643] congregò un potente
esercito di Lombardi, Romagnuoli e della marca di Verona, e massimamente
ebbe in suo aiuto il comune di Mantova. Con queste forze entrato in
Verona, s'impadronì di qualche fortezza. In aiuto della fazione
contraria dei Montecchi accorse Eccelino da Onara, soprannominato poi il
Monaco, con un buon corpo di gente. Vennero anche i Vicentini fino alle
porte, per desiderio di metter pace; ma guerra vi fu, e si venne a
battaglia nella Braida di Verona, in cui, dopo ostinato combattimento e
strage di molti, la vittoria si dichiarò in favore del marchese.
Fuggirono i Montecchi, e si fecero forti nelle rocche di Garda e di
Peschiera. Le lor torri e case in Verona furono diroccate, e da lì
innanzi il marchese Azzo col conte di San Bonifazio signoreggiò, finchè
ebbe vita, in quella città. Ho ben io raccontato questo avvenimento
sotto l'anno presente colla scorta di Rolandino[2644]. Ma Parisio da
Cereta[2645] mi par più degno di fede, perchè scrittor veronese, e non
men antico dell'altro. Questi lo riferisce all'anno 1207, e ci assicura
che quel conflitto accadde nel dì 29 di settembre, festa di san Michele.
Scrive ancora Rolandino che il suddetto Eccelino, padre del crudele
Eccelino, restò prigione del marchese, che il trattò con gran cortesia
ed onorevolezza, e infine, donatagli la libertà senza riscatto, il fece
nobilmente accompagnare fino a Bassano. E quivi Rolandino prorompe in
lode di questi tempi, ne' quali sì buon trattamento si faceva ai nemici
prigionieri, laddove cinquanta anni dappoi ogni sorta di crudeltà si
cominciò a praticar contra di essi. Gherardo Maurisio, scrittore
parzialissimo della casa d'Eccelino, scrive ch'egli ebbe la fortuna di
salvarsi co' suoi dopo la rotta suddetta; e che avendo poi il marchese
Azzo messo l'assedio alla fortezza di Garda, e ridottala a tale, che già
alla guarnigione erano mancati i viveri, Eccelino con alcune schiere
d'armati raunati in Brescia comparve all'improvviso sotto Garda, e la
fornì di vettovaglie per un anno: sicchè fu obbligato il marchese a
ritirarsi. All'incontro abbiamo dal poco fa mentovato Parisio che Garda
fu presa dal marchese, e condotti prigioni ad Este quei difensori: il
che vien anche asserito da Andrea Dandolo[2646].
Qui non si fermò l'attività e il valore del marchese d'Este. Venuto a
Ferrara con grande sforzo di genie, ne cacciò _Salinguerra_ capo de'
Ghibellini. E allora fu che il popolo di Ferrara, per mettere fine alle
interne sue turbolenze, determinò di mettersi nelle braccia d'un solo, e
di proclamare per suo signore il marchese. Fu eseguito il pensiero, e
data a lui una piena balia sopra quella città e suo distretto con uno
strumento che si legge nelle Antichità Estensi[2647]. Di questo suo
dominio in Ferrara abbiamo anche la testimonianza di Gherardo Maurisio.
Negli Annali antichi di Modena[2648] è scritto che Salinguerra, cacciato
da Ferrara, si ricoverò in Modena. E merita riflessione che il predetto
marchese Azzo fu il primo, per quanto io sappia, che acquistasse
principato in città libere per volere de' cittadini, acciocchè
cessassero gli abbominevoli effetti delle fazioni e guerre civili: il
che servì poscia d'esempio ad altre per fare lo stesso. Venivano allora
così fatti principi considerati come capi delle repubbliche, perchè
tuttavia restava il nome e l'autorità d'esse repubbliche. La lega fatta
dallo stesso marchese colla città di Cremona, nelle suddette Antichità
Estensi si può leggere. E d'un'altra stabilita col popolo di Ravenna
parla Girolamo Rossi[2649]. Ricuperò ancora il marchese la fortezza di
Peschiera, e quivi caduti nelle sue mani i Montecchi, li mandò nelle
carceri d'Este. A quell'assedio intervennero i Veronesi e Mantovani coi
loro carrocci. Truovasi poi nei suddetti Annali di Modena che in questo
anno il popolo modenese andò in aiuto de' Mantovani, perchè loro si era
ribellata Suzara. Secondo la Cronica di Reggio[2650], all'assedio di
quella terra furono i Mantovani, il marchese d'Este, i Modenesi e
Cremonesi. Ma sopraggiunti i Reggiani coi loro collegati, si sciolse
quell'assedio. Quali fossero questi collegati, si raccoglie dagli Annali
di Modena, nei quali è scritto sotto il presente anno: _Bononienses cum
suo carroccio. Imolenses, et Faventini iverunt in servitio Regiensium
per burgos civitatis Mutinae_. Ed ecco come in questi tempi erano sempre
in armi e in moto i popoli della Lombardia, per opprimersi o difendersi
l'un l'altro. La lor libertà era un gran bene, ma insieme un gran male
la loro ambizione ed inquietudine. Se crediamo agli storici moderni
della Sicilia, Inveges, Pirro ed altri, il pontefice _Innocenzo III_
nell'anno presente per mare si portò a Palermo, e vi arrivò nel dì 30 di
maggio, per dar sesto agli affari del re Federigo. Sono favole, fondate,
a mio credere, sopra una lettera d'esso papa, in cui dice d'essere
_entrato nel regno_. Ma questa sua entrata altro non vuol dire, se non
ch'egli andò a Sora, ricuperata con altre terre in quest'anno dalla
tirannide degli uffiziali tedeschi, delle quali creò egli conte
_Riccardo_ suo fratello. Poscia se n'andò a San Germano e a Monte
Casino. Questo è tutto quello che di lui raccontano l'autore anonimo
della sua Vita[2651], l'Anonimo Casinense[2652] e Riccardo da San
Germano[2653]. Se il pontefice avesse fatto un viaggio fino in Sicilia,
siccome avvenimento tanto più considerabile, non l'avrebbono taciuto
quegli autori. Aggiungasi che esso Riccardo storico e Giovanni da
Ceccano[2654] minutamente descrivono i passi di questo pontefice, con
dire ch'egli nel dì 16 di giugno, uscito di Roma, andò ad Anagni, poscia
a Piperno, al monistero di Fossanuova, e nel dì 23 d'esso mese a San
Germano, dove tenne un parlamento coi baroni del regno per aiuto del re
_Federigo_, e per la pace di quelle contrade. Che luogo dunque resta
all'immaginato suo viaggio in Sicilia?
Racconta Galvano Fiamma[2655] che in quest'anno i Milanesi, udita
l'esaltazione di Ottone IV re, non più dubbiosa, gli spedirono
ambasciatori fino a Colonia, pregandolo di venire a ricevere la corona
del regno d'Italia. Duranti le discordie passate fra la nobiltà e la
plebe di Brescia, era venuta alle mani de' Cremonesi la terra di Ponte
Vico. Vollero i Bresciani ricuperarla, e la strinsero d'assedio. Si
mossero bensì i Cremonesi, con avere in aiuto il marchese d'Este; ma
sopraggiunti i Milanesi collegati de' Bresciani, misero in rotta il
campo cremonese, con far prigionieri quattrocento de' loro uomini a
cavallo; e Ponte Vico tornò in potere de' Bresciani. Nella Cronichetta
di Cremona[2656] è scritto di Assagito da San Nazario, potestà in
quest'anno di Cremona: _Hic suo tempore cepit Pontevicum, et suo tempore
perdidit_. Aveva _Arrigo conte_ di Malta[2657] fiancheggiato dai
Genovesi, tolta ai Veneziani l'isola di Creta, ossia di Candia,
nell'anno 1206. Inviarono in quest'anno i Veneziani una flotta contra di
lui; ma furono rotti, e restò prigione Rinieri Dandolo loro ammiraglio.
L'insigne storico veneto Andrea Dandolo[2658] differentemente parla di
questi affari: cioè che nell'anno 1206 fu spedito Rinieri Dandolo con
una armata di galee trentuna, il quale prese Leone Vetrano corsaro
genovese con galee nove di suo seguito; dal che nacque guerra fra i
Genovesi e Veneziani. Impadronissi ancora il suddetto Rinieri di Corfù,
Modone, Corone, Atene e d'altri luoghi. In questi tempi Arrigo chiamato
Pescatore, conte di Malta, colle forze de' Genovesi mise piede in
Candia, coll'impadronirsi di molto paese. Nell'anno 1207 l'armata veneta
giunta colà, ricuperò la capitale dell'isola, e mise in fuga il Maltese,
con prendergli quattro navi. Nell'anno presente, uscito in campagna esso
Rinieri Dandolo contra d'alcuni ribelli, ferito da una saetta in un
occhio, terminò i suoi dì, e fu seppellito nella città di Candia.
Seguitò poi la guerra coi Genovesi; ma pare che l'isola di Candia
restasse interamente sotto il dominio veneto. Ebbero anche i Veneziani
il possesso di Negroponte e di Cefalonia, ed infeudarono quei paesi per
lor minore fastidio ad alcuni nobili.
NOTE:
[2642] Arnold. Lubecensis, lib. 7, cap. 14. Otto de S. Blasio. Abbas
Urspergens. Godefridus Monachus.
[2643] Gerardus Maurisius Hist., tono. 8 Rer. Ital.
[2644] Roland., lib. 1, cap. 9.
[2645] Paris. de Cereta, Chron., tom. 8 Rer. Ital.
[2646] Dandul., in Chron., tom. 12 Rer. Ital.
[2647] Antichità Estensi, P. I, cap. 39.
[2648] Annal. Veter. Mutinens., tom. 11 Rer. Ital.
[2649] Rubeus, Histor. Ravenn., lib. 6. Parisius de Cereta, in Chron.,
tom. 8 Rer. Ital.
[2650] Memoriale Potest. Regiens., tom. 8 Rer. Italic.
[2651] Vita Innocentii III, P. I, tom. 3 Rer. Ital.
[2652] Anonymus Casinensis, in Chron.
[2653] Richardus de S. Germano, in Chron.
[2654] Johann. de Ceccano, Chron. Fossaenovae.
[2655] Gualv. Flamma, in Manipul. Flor., cap. 241.
[2656] Chron. Cremonense, tom. 7 Rer. Ital.
[2657] Caffari, Annal. Genuens., lib. 4, tom. 6 Rer. Ital.
[2658] Dandul., in Chron., tom. 12 Rer. Ital.


Anno di CRISTO MCCIX. Indizione XII.
INNOCENZO III papa 12.
OTTONE IV imperadore 1.

Solennizzò in quest'anno con dispensa pontificia _Ottone IV_ re de'
Romani in Wirtzburg le sue nozze con _Beatrice_ figliuola del _re
Filippo_ ucciso[2659]. Aveva egli messo al bando dell'imperio _Ottone_
conte palatino di Witelspach uccisore del medesimo, e confiscati i di
lui Stati, con distribuirli a varie persone. Questi nell'anno presente
colto da Arrigo di Calendin maresciallo, restò con più ferite tolto dal
mondo. Inviò in Italia _Volchero_ patriarca d'Aquileia a riconoscere i
diritti imperiali, e a disporre le città per la sua venuta. Sopra di che
è da leggere il Sigonio. Acconciò egli intanto tutti i suoi affari con
_papa Innocenzo III_, per poter passare a Roma, e ricevere la corona
imperiale. Tutto quanto seppe dimandare il pontefice, fu
liberalissimamente accordato e promesso da lui, mentre era nella città
di Spira, con obbligarsi di restituire alla Chiesa romana _tutta la
terra di Radicofani sino a Ceperano, la marca d'Ancona, il ducato di
Spoleti, la terra della contessa Matilda, la contea di Bertinoro,
l'esarcato di Ravenna, la Pentapoli, e tutto quanto era espresso in
molti privilegii d'imperadori e re dai tempi di Lodovico Pio_. Ciò
fatto, Ottone, dopo aver celebrata in Augusta la festa de' santi
Apostoli Pietro e Paolo, con forte esercito per la valle di Trento calò
in Italia. Passò l'Adige sopra un ponte fabbricato dai Veronesi[2660],
da' quali pretese e ricevette la rocca di Garda. Furono a pagargli il
tributo de' loro ossequii _Azzo VI marchese_ d'Este, ed Eccelino da