Annali d'Italia, vol. 4 - 09

raccomandato i pochi Normanni, che gli restavano, a _Guaimario III_
principe di Salerno, e a _Pandolfo IV_ principe di Capua, imprese il
viaggio di Germania, o per muovere l'imperadore Arrigo a venire in
persona in Italia, o almeno per ottenere da lui un poderoso soccorso di
milizie. Ecco come di quest'ultimo fatto d'armi parla Guglielmo
pugliese[347].
_Vicinus Cannis qua defluit Aufidus amnis,_
_Circiter octobris pugnatur utrimque calendas,_
_Cum modica non gente valens obsistere Melus,_
_Terga dedit magna spoliatus parte suorum,_
_Et puduit victum patria tellure morari._
_Samnites adiit superatus, ibique moratur,_
_Post Alemannorum petiit suffragia regis_
_Henrici, solito placidus qui more precantem_
_Suscipit, auxilii promittens dona propinqui._
Leggesi una cessione fatta delle decime di quattro pievi al vescovato di
Cremona[348] da _Bonefacius marchio filius quondam Teotaldi itemque
marchio, et Richilda filia quondam Giselberti comitis_, nell'anno
presente. Bonifazio è il padre della contessa Matilda. Vo io credendo
che appartenga ancora all'anno presente un diploma, spedito
dall'imperadore Arrigo in favore del monistero di Monte Casino e
dell'abbate Atenolfo[349]. Le note son queste: _Datum III idus julii,
anno dominicae Incarnationis millesimo vigesimo, Indictione secunda,
anno domni Heinrici regis decimo septimo, imperii vero ejus quinto.
Actum Radesbone._ Se crediamo al padre Gattola, il diploma è originale;
ma io ho pena a crederlo. _La indizione seconda_ accenna l'anno
presente. Come poi sia l'anno MXX, se non ricorriamo all'anno pisano,
non si sa capire. E resta poi da mostrare come in Germania avesse luogo
l'era pisana. Posto ancora che sia l'anno nostro _MXIX_, non si accorda
con esso l'_anno XVII_ del regno, nè il quinto dell'imperio.
NOTE:
[344] Hermannus Contract., in Chronico, edit. Canis.
[345] Lupus Protospata, in Chronico.
[346] Leo Ostiensis, Chronic., lib. 2, cap. 37.
[347] Guilielmus Apulus, de Norman., lib. 1.
[348] Antiq. Ital., Dissert. VI.
[349] Gattola, Hist. Monast. Casinens. P. I.


Anno di CRISTO MXX. Indiz. III.
BENEDETTO VIII papa 9.
ARRIGO II re di Germania 19, imperadore 7.

L'anno fu questo in cui_ papa Benedetto VIII_ andò in Germania a trovar
l'imperadore Arrigo, che l'aspettava in Bamberga. Il Sigonio, il
Baronio, l'Hoffmanno, e soprattutto il padre Pagi hanno preteso che
questa andata del pontefice accadesse nell'anno precedente 1019, e che
mal si sieno apposti coloro che la riferiscono all'anno presente, con
citare per la loro sentenza Lamberto da Scafnaburgo, Mariano Scoto, gli
Annali d'Ildeseim e l'abbate Urspergense. Ma non ha fatta assai
riflessione il padre Pagi a questo punto di storia. Mariano Scoto, se
ben si guarda, a quest'anno[350] appunto parla del viaggio di papa
Benedetto. E si conosce che le stampe hanno alterato i testi di Lamberto
e dell'Urspergense, e degli Annali d'Ildeseim. Dico, si conosce, perchè
ivi la morte di sant'Eriberto arcivescovo di Colonia si mira nei loro
testi stampati all'anno 1020, quando è fuor di dubbio che avvenne
nell'anno 1021, come confessa lo stesso padre Pagi. Però gli autori
suddetti si dee credere che abbiano posta l'andata del papa nel presente
anno 1020, e nel seguente la morte di sant'Eriberto. Che poi veramente
il papa in quest'anno si portasse a Bamberga, l'abbiamo da Ermanno
Contratto[351] nell'edizion migliore e più copiosa del Canisio, da
Sigeberto[352], dall'Annalista sassone[353], dal Cronografo
sassone[354], da Alberico monaco dei tre Fonti e da altri storici. Lo
stesso si scorge dell'antica Vita dello stesso santo Arrigo[355]
pubblicata dal Gretsero e da altri. Quivi è scritto che il papa invitato
dall'imperadore, _in proximo aprili Alemanniam intravit, omnibusque
civitatibus illius regionis peragratis, tempore, quo condixerat,
Babengerg locum adire disposuit. Venit ergo V feria majoris hebdomadae,
hora sexta, sacris pontificalibus vestimentis indutus_, ec. Questo
minuto racconto fa conoscere che l'autor d'essa vita prese un tal fatto
da buone notizie, e probabilmente da quella che scrisse Adelboldo,
giunta a noi troppo mancante. Ma se papa Benedetto entrò d'aprile in
Alemagna, ed arrivò nel giovedì santo a Bamberga, adunque nell'anno
presente arrivò colà, e non già nel precedente. Perciocchè nell'anno
1019 la Pasqua cadde nel dì 20 di _marzo_, e in quest'anno si celebrò
essa nel dì 17 d'_aprile_. Nè voglio tacere che viene anche citata la
Vita di san Meinwerco vescovo di Paderbona[356], per comprovar
l'opinione dei suddetti sostenitori dell'anno 1019. Ma quella Vita,
quando anche dicesse ciò che pretendono, essendo scritta nel secolo
susseguente, non può chiamarsi un testimonio infallibile di quel che
cerchiamo. Oltre di che, fors'anche quella va d'accordo coll'opinione
mia, scorgendosi che il medesimo autore all'anno susseguente mette il
passaggio a miglior vita del suddetto santo Eriberto, ii qual pure viene
stabilito nell'anno 1021. Fra l'altre cose che aggiugne l'autore della
Vita suddetta di santo Arrigo imperadore, racconta che nel mattutino di
Pasqua il _patriarca d'Aquileia_ recitò la prima lezione, l'_arcivescovo
di Ravenna_ la seconda, e il _papa_ la terza. E che poscia il pontefice
medesimo _VIII kalendas maii basilicam in honore sancti Stephani
consecravit_; e lo stesso ancora abbiamo dall'autor della Vita di san
Meinwerco. Il dì 24 d'aprile qui enunziato più s'accorda colla mia
suddetta opinione. Saggiamente osservò il cardinal Baronio che fra i
motivi per li quali andò volentieri papa Benedetto, ancor quello vi
dovette essere di commuovere l'Augusto Arrigo a condurre o spedire una
buona armata per far argine ai progressi dei Greci. Circa il dì primo di
ottobre nell'anno precedente era succeduta, come dicemmo, la disfatta
del picciolo esercito di Melo. Tutto perciò andava a seconda dei Greci,
i quali non solamente ricuperarono quanto aveano perduto, ma eziandio
ritirarono nel loro partito _Pandolfo II_, principe di Capua. Scrive
l'Ostiense[357]: _Quum capuanus princeps latenter faveret
constantinopolitano Basilio, fecit interim fieri claves aureas, et misit
ad illum, tam se, quam civitatem capuanam, immo universum principatum
ejus per haec imperio contradens_.
Davano negli occhi e gran gelosia recavano a papa Benedetto questi
maneggi ed avanzamenti de' Greci, che stendevano il loro dominio fino ad
Ascoli; e se mettevano il piede anche sopra il principato di Capua, già
se li sentiva alle porte di Roma. Nè era già da sperare che i greci
Augusti avessero voluto lasciare ai papi, se si fossero impadroniti di
Roma, quella signoria che, secondo i patti cogl'imperadori d'Occidente,
da più di due secoli godevano. Però dovette il buon papa sollecitare,
per quanto potè, l'Augusto Arrigo ad impiegar le sue forze contra di
quella nazione, nemica ancora dei Latini, la quale aspirava allora a dei
gran voli. Abbiamo anche da Glabro[358] che Rodolfo normanno fuggito da
Normandia a Roma con alquanti compagni, andò a trovar papa Benedetto
VIII per contargli i suoi guai. Ma il papa _coepit ei querelam exponere
de Graecorum invasione romani imperii_, e indusse que' Normanni a
militar contra di loro. Portò intanto la disgrazia che Melo trovandosi
in Germania per muovere quella corte contra de' Greci, infermatosi quivi
nell'anno presente, cessò di vivere. L'abbiamo da Lupo Protospata[359];
e Guglielmo pugliese[360] l'attesta anch'egli scrivendo d'esso Melo, e
dell'onore fattogli alla sepoltura, le seguenti parole:
_At Melus regredi praeventus morte nequivit;_
_Henricus sepelit rex hunc, ut regius est mos;_
_Funeris exsequias comitatus ad usque sepulcrum,_
_Carmine regali tumulum decoravit humati._
Nella Cronica del Protospata egli è appellato _dux Apuliae_, nè senza
ragione. Questo titolo gliel diede l'Augusto Arrigo per premio del già
operato, e per animarlo ad operare di più: il che è da avvertire per
intendere se gli Augusti avessero donato ai papi il ducato di Benevento;
e con ciò va concorde il suddetto passo di Glabro col seguente. Abbiamo
nella Vita di esso santo imperadore[361], benchè non con tutta
l'esattezza, che esso imperadore _Apuliam a Graecis diu possessam,
romano imperio recuperavit, et eidem provinciae Ismaelem_ (vuol dire
Melo) _ducem praefecit, qui postea in babenbergensi loco mortuus, et in
capitulo majoris monasterii sepultus requiescit in Domino_. Oltre a ciò,
sappiamo dal Protospata che in quest'anno i Saraceni assediarono la
città di _Bisignano_, e la sottomisero al loro dominio: sicchè e Greci e
Mori malmenavano forte quelle contrade. Specialmente poi in questi tempi
si studiavano i principi e gran signori di pelare or soavemente or
violentemente le chiese. La maniera soave era quella di prendere i loro
beni e castella a livello con promettere un annuo canone, e intanto
donar qualche terra in proprietà ad essi luoghi sacri, per indurre i
vescovi e gli abbati col picciolo presente vantaggio a livellar essi
beni, l'usufrutto dei quali mai più non soleva arrivare a consolidarsi
col diretto dominio. Uno dei gran cacciatori di tali beni già ho detto
che era il _marchese Bonifazio_, padre poscia della gloriosa contessa
Matilda. Può essere motivo di stupore l'osservare quante castella,
corti, chiese, ec. egli carpisse al solo vescovato di Reggio. Ne ho io
pubblicata la lista[362]. Altrettanto, o poco meno, dovette egli fare
co' vescovi di Modena, Parma, Cremona, Mantova, ed altre città
circonvicine. Ed in questo anno appunto egli ottenne a livello da
_Warino_ ossia _Guarino_ vescovo di Modena _medietatem de monte uno, qui
dicitur Barelli, ubi antea castrum edificatum fuit, cum fossatum in
parte circumdatum_.
NOTE:
[350] Marianus Scotus, in Chron.
[351] Ermannus Contractus, in Chron., edition. Canisii.
[352] Sigebertus, in Chron.
[353] Annalista Saxo.
[354] Chronographus Saxo.
[355] Vita S. Henrici inter Acta Sanctor. Bolland., ad diem 14 julii.
[356] Vita S. Meinwerci apud Leibnitium, tom. 1, Scriptor. Brunswic.
[357] Leo Ostiensis, Chron., lib. 2, cap. 38.
[358] Glaber, Chronic., lib. 3, cap. 1.
[359] Lupus Protospata, in Chronico.
[360] Guilielmus Apulus, lib. i, de Normann.
[361] Vita S. Henrici, cap. 3, in Actis Sanct. ad diem 14 julii.
[362] Antiquit. Ital., Dissert. XXXVI.


Anno di CRISTO MXXI. Indizione IV.
BENEDETTO VIII papa 10.
ARRIGO II re di Germania 20, imperadore 8.

Ardevano di voglia i Greci di aver in lor mano _Datto_, che già dicemmo
uno dei principali della Puglia ribellati alla lor signoria, e parente
del defunto Melo. Dopo l'infelice battaglia di Canne, per attestato
dell'Ostiense[363], s'era egli ritirato colla sua famiglia sotto la
protezione di Atenolfo abbate di Monte Casino. Ma poscia papa Benedetto
VIII, perchè il conosceva fedele all'imperadore Arrigo, il mise alla
custodia della torre del Garigliano, _quam idem papa tunc retinebat_,
con alcuni Normanni. Che fece il catapano greco _Boiano_ (lo stesso è
che _Bugiano_) per averlo? Guadagnò con danari _Pandolfo II principe_ di
Capua, acciocchè gli permettesse di prendere il misero Datto.
All'improvviso dunque arrivato colle sue soldatesche sotto quella torre,
cominciò a tormentarla con assalti e macchine. Per due giorni si
difesero quei di dentro, ma in fine colla torre rimasero presi. Alle
preghiere dell'abbate Atenolfo, lasciò Bugiano la libertà ai Normanni;
ma _Datto_[364] fra le catene e sopra un asinello condotto a Bari nel dì
15 di giugno, a guisa de' parricidi, chiuso in un sacco di cuoio, fu
gittato in mare. Secondo gli Annali di Pisa[365], avea Mugetto re de'
Mori, oppure, come io credo, corsaro potente, preso nell'anno precedente
castel Giovanni (forse in Sardegna) che era sotto l'arcivescovo di
Milano. Nell'anno presente poi con poderosa armata di navi tornò in
Sardegna. Allora i Pisani, tirati in lega i Genovesi contra di questo
comune nemico, fatto un grande sforzo di navi e di gente, il cacciarono
dall'isola, e maggiormente poscia attesero a stabilirsi e fortificarsi
in quella vasta isola. Il ricco tesoro d'esso Mugetto, venuto alle lor
mani, fu da essi ceduto ai Genovesi in pagamento delle loro spese e
fatiche. Il Tronci storico pisano scrive[366] che Mugetto in quest'anno
s'impadronì di nuovo della Sardegna, e che nel seguente ne fu cacciato.
E qui combattono gli storici di Pisa con quei di Genova, pretendendo i
primi che niun diritto acquistassero i Genovesi sopra la Sardegna, e gli
altri sostenendo il contrario; intorno a che li lasceremo duellare. Se
parimente vogliam credere al Tronci suddetto, i Pisani divisero poi
quell'isola in quattro giudicati, _che furono dati in governo a quattro
nobili pisani_, cioè di _Cagliari_, di _Gallura_, di _Arborea_ e di
_Torri_, volgarmente detto _Sasseri_. E tali _giudici arrivarono a tanto
fasto, che furono anche nominati regi, e le loro mogli regine_. Ma temo
io forte che non sieno assai sicure tali notizie, dappoichè ho altrove
fatto vedere[367] che in questo medesimo secolo vi era in Sardegna la
division dei giudicati, e che quei giudici usavano anche liberamente il
titolo di re: il che punto non conviene a chi unicamente fosse stato
governatore di quelle contrade per la repubblica pisana. Oltre di che,
non v'ha negli atti di quei giudici o re menomo vestigio di dipendenza
da Pisa. Anzi da un fatto narrato dall'Ostiense[368] circa l'anno 1063
si scorge che i Pisani miravano con invidia i Sardi, ed aveano nemicizia
con Barasone re di quell'isola. Però si può sospettare che molto più
tardi la potenza dei Pisani fissasse il piede nella Sardegna; o almeno
meriterebbe questo punto d'essere più sodamente chiamato ad esame.
L'insulto fatto alla torre del Garigliano, colla presa e morte crudele
di Datto, dovette far rinforzare le istanze e preghiere di papa
_Benedetto VIII_ all'Augusto _Arrigo_, perchè accorresse alla difesa
dell'Italia orientale che era in manifesto pericolo di perdersi. Perchè
Arrigo, siccome scrive Leone ostiense[369] _reputans secum, fore ut
Graeci amissa Apulia ac principatu, Romam quoque maturarent, Italiamque
totam simul amitteret_, determinò di tornare, e ben armato, in Italia.
Comunemente il Sigonio, il Baronio, il padre Pagi ed altri hanno scritto
ch'egli venisse solamente nell'anno seguente.
Ma si ha a tenere per certo che la sua calata fu nell'autunno dell'anno
presente, sotto il quale Ermanno Contratto[370] _racconta che Henricus
imperator in Italiam expeditionem movit_. E l'Annalista sassone[371]
aggiugne ch'egli _Natale Domini celebravit in Italia_. Abbiamo inoltre
documenti che ce ne assicurano. Ho io prodotto un insigne placito[372],
da lui stesso tenuto in Verona, _anno praedicti Domni Heinrici
gloriosissimi imperatoris Deo propicio, hic in Italia, octavo, sexta die
mensis decembris, Indictione V_, cominciata nel settembre di quest'anno.
Degno è d'essere rapportato qui il principio di quell'atto: _Dum in Dei
nomine foris, et non multum longe urbis veronensis, in solario proprio
beatissimi sancti Zenonis confessori Christi, quod est constructum juxta
praedictum monasterium sancti Zenonis confessoris Christi, in caminata
dormitoria ad regalem imperium in judicio resideret domnus
gloriosissimus Heinricus Romanorum imperator Augustus, unicuique
justitias faciendas, hac deliberandas, residentibus cum eo domnus Popo
sanctae aquilejensis ecclesiae patriarcha_. Fermiamoci qui per dire che
non meritava censura il Sigonio, per avere scritto che Arrigo passò in
Italia _cum Piligrino coloniensi, et Poppone aquilejensi praesulibus_,
con pretendersi che non Poppone patriarca di Aquileia, ma bensì
_Poppone_ allora arcivescovo di Treveri, ignorato dal Sigonio, quegli
fosse che accompagnò in tale spedizione l'imperadore. Perchè l'Ostiense
chiamò _arcivescovo_ questo Poppone, perciò si è creduto che sbagliasse
il Sigonio. Il Browero[373] anch'egli (e poscia il padre
Mabillone[374]), fondato solamente sopra quella parola dell'Ostiense,
quasichè il patriarca d'Aquileia non fosse anch'egli arcivescovo, si
figurò che il suo Poppone venisse in Italia, e seco menasse un grosso
corpo di truppe. Ma noi qui abbiam chiaramente _Poppone patriarca
d'Aquileia_ al corteggio dell'imperadore, e non già l'arcivescovo di
Treveri, e però salda saldissima resta l'asserzion del Sigonio.
Seguitano le parole del placito: _Pelegrinus coloniensis, Eribertus
mediolanensis, sanctarum dei ecclesiarum archiepiscopis, Johannes
veronensis, Leo vercellensis, Siginfredus placentinus, Henricus
parmensis, Arnaldus tervianensis_ (di Trivigi), _Ermingerius cenedensis,
Rigizo feltrensis, Ludovicus bellunensis, Ugo marchio_, ec. De' marchesi
d'Italia non si trovò in tale occasione a corteggiare Arrigo, se non
_Ugo_, uno degli antenati della casa d'Este, di cui tornerà occasion di
parlare. Fra i pochi che sottoscrissero, si legge ancora _Ugo marchio_.
Era, come abbiam veduto, l'imperadore in Verona nel dì 6 di dicembre. Io
il trovo nel dì 10 d'esso mese in Mantova, ciò constando da un suo
diploma, dato da esso Augusto in favore d'_Itolfo_ vescovo di quella
città, e da me pubblicato[375], le cui note guaste, da me allora non
esaminate, conviene ora raddirizzare. Tali sono esse nella copia ch'io
n'ebbi: _Data IIII idus decembris, Indictione V, anno dominicae
Incarnationis MXX, anno domni Heinrici regnantis XVIII, imperii vero
VII. Actum Mantuae in palatio ejusdem episcopi_. L'indizione V
cominciata nel settembre ci dà a conoscer che nell'originale sarà stato
scritto _anno dominicae Incarnationis MXXI_, ec. _regnantis XX, imperii
VIII_.
NOTE:
[363] Leo Ostiensis, lib. 2, cap. 37 et 38.
[364] Lupus Protospata, in Chronico.
[365] Annal. Pisani, tom. 6 Rer. Ital.
[366] Tronci, Annal. Pisan.
[367] Antiquit. Ital., Dissert. V et XXXII.
[368] Leo Ostiensis, Chron. lib. 3, cap. 23.
[369] Idem, ibidem, lib. 2.
[370] Ermannus Contract., edition. Canisii.
[371] Annalista Saxo apud Eccardum.
[372] Antichità Estensi P. 1, cap. 14.
[373] Brovverus, Annal. Trevirens., tom. I.
[374] Mabillon., in Annal. Benedictin.
[375] Antiquit. Ital., Dissert. LXXIII.


Anno di CRISTO MXXII. Indizione V.
BENEDETTO VIII papa 11.
ARRIGO II re di Germania 21, imperadore 9.

Nel gennaio dell'anno presente col suo poderoso esercito continuò
l'Augusto Arrigo il suo viaggio alla volta della Puglia[376]. Per la
marca di Camerino inviò il patriarca Poppone con quindicimila
combattenti contra de' Greci; e per quella di Spoleti e del ducato
romano spedì Piligrino, ossia Piligrimo arcivescovo di Colonia, con
altri ventimila armati verso Monte Casino e verso Capua, ad oggetto di
prendere Atenolfo abbate e il principe di Capua _Pandolfo IV_ suo
fratello, amendue proclamati come segreti fautori dei Greci, e che
avessero tenuta mano alla morte di Datto. L'abbate non volle aspettar
questo turbine, e se ne fuggì ad Otranto con disegno di passare a
Costantinopoli. Ma imbarcatosi e colto da una fiera burrasca, lasciò con
tutti i suoi la vita in mare. Saputasi dall'arcivescovo la di lui fuga,
per timore che _Pandolfo_ principe non gli scappasse dalle mani, con
isforzata marcia arrivò sotto Capua, e la cinse d'assedio. Allora
Pandolfo, che sapea d'essersi colle sue iniquità comperato l'odio dei
Capuani, anzi era informato che macchinavano di tradirlo, la fece da
disinvolto; ed affidato si venne a mettere in mano dell'arcivescovo
Piligrino, con dire che gli dava l'animo di giustificarsi delle
imputazioni disseminate contra di lui. Intanto l'Augusto Arrigo era
passato all'assedio di Troia, città che, quantunque non fossero per
anche terminate le incominciate fortificazioni, pure tante n'avea, e sì
copioso presidio di Greci, che si accinse ad una gagliarda difesa. Sotto
a quella città fu a lui presentato il principe di Capua, il quale poco
mancò che non vi lasciasse la testa, perchè condannato a morte dal pieno
consiglio. Ma cotanto si adoperò l'arcivescovo di Colonia, geloso del
salvocondotto a lui dato, che gli guadagnò la vita. Posto nondimeno in
catene, fu dipoi menato prigione in Germania. Ma non si dee tralasciare,
che prima d'imprendere l'assedio di Troia, l'imperadore Arrigo, per
attestato di Lupo Protospata[377], giunse di marzo a Benevento, dove da
_Landolfo_ principe, e, come lasciò scritto Epidanno[378], _a
Beneventanis gratulantibus honorifice ac magnifice suscipitur_, e fu
riconosciuto ivi per sovrano. Di questo ancora ci restano buone
testimonianze ne' documenti di quelle contrade, vedendosi il suo nome
nei pubblici contratti d'allora, e trovandosi dei placiti tenuti da lui
per l'amministrazione della giustizia in quelle parti. Uno di questi si
legge nella Cronica del monistero del Volturno[379], tenuto _in
territorio beneventano in locum, qui nominatur ad Campum de Petra,
ibique in praesentia domni Henrici serenissimi imperatoris_, ec. Fu
scritto quel giudicato _anno ab Incarnatione Domini nostri Jesu Christi
sunt MXXII, et imperante domno Henrico serenissimo imperatore Augusto,
anno imperii ejus, Deo propitio in Italia octavo, et dies mense
februarii per Indiction. IV_ (scrivi _V_). _Actum in territorio
beneventano_. Un altro placito tenne nel mese di marzo di quest'anno in
Balva _domnus Ambrosius, qui est missus et capellanus domni Henrici
imperatoris Augusti_. Un altro parimente in essa Cronica si legge,
tenuto nell'_aprile_ dell'anno presente da _Leone_ vescovo di Vercelli,
e da un altro vescovo deputati _a praeclara potestate serenissimi
Einrici Augusti, in territorio beneventano juxta ecclesiam sancti Petri
apostoli, situs propinquo hanc Beneventi civitatem_, ec. Ci fa anche
vedere un diploma d'esso Augusto in favore del monistero di santa Sofia
di Benevento, rapportato dall'Ughelli[380], che il medesimo soggiornava
in Benevento _VI idus martii_. Posesi dunque l'imperadore all'assedio
della città di Troia, valorosamente difesa da quei cittadini e dalla
guarnigione greca, di modo che per tre mesi convenne tener ivi il campo
con gran disagio degli assedianti e non minore degli assediati. Radolfo
Glabro[381], storico di questi tempi, descrive un tal assedio. Era
tormentata la città dai mangani e da altre macchine di guerra. Uscirono
i cittadini, e ne fecero un falò: perlochè montato forte in collera
l'imperadore, fece prepararne dell'altre coperte di crudo cuoio, e
continuar le offese. Indarno furono invitati i difensori alla resa con
buone condizioni: s'ostinarono essi, perchè lor si faceva credere
imminente un gagliardo soccorso. Per questo impazientatosi l'imperadore,
gli uscì di bocca, che se potea mettere il piede in quella città, volea
mandar tutti quanti a fil di spada. Ma non potendo più i cittadini,
allora si rivolsero a chiedere misericordia: al qual fine spedirono
fuori della città un romito con dietro tutti i lor fanciulli in
processione, che gridavano _Kyrie, eleyson, cioè, Signore, abbiate
pietà_. Arrigo colle lagrime agli occhi ordinò che si rimandassero in
città. Tornò il dì seguente il romito coi fanciulli e colle stesse voci,
ed, uscito l'imperadore dal suo padiglione, non potè reggere a quel
tenero spettacolo, e perdonò a quei cittadini, con che abbattessero
quella parte delle mura che aveano fatta resistenza alle sue macchine, e
che poi le rifacessero. Lasciato dunque ivi presidio, e presi gli
ostaggi, se ne venne a Capua, dove, per attestato dell'Ostiense[382],
diede quel principato a _Pandolfo_ conte di Tiano, senza che s'oda che
papa Benedetto VIII pretendesse ivi giurisdizione alcuna temporale. Creò
ancora conti, non si sa di qual luogo, Stefano Melo e Pietro, nipoti del
già defunto Melo duca di Puglia, co' quali allogò quei pochi Normanni
che erano restati in quelle contrade.
Di là passò in compagnia del romano pontefice al monistero di Monte
Casino, dove seguì l'elezione di Teobaldo abbate, consecrato poscia dal
papa. Pativa l'imperadore dei gravi dolori, e ne fu guarito per
intercessione di san Benedetto; per la qual grazia fece dei ricchi
regali a quell'insigne santuario. Rapporta il padre Gattola[383] un
diploma, da lui dato allo stesso monistero, con queste note: _Anno ab
Incarnatione Domini MXXII, Indictione V, anno vero domni Heinrici
Romanorum imperatoris Augusti secundi regnantis XXI, imperantis autem
nono. Actum in Monte Casino_. Non dia fastidio ad alcuni il veder ivi
sottoscritto il cancellier Teodorico _vice Ebbonis papembergensis
episcopi et archicapellani_, quando negli altri diplomi questo vescovo
di Bamberga porta il nome di _Eberardo_ e di _arcicancelliere_;
perciocchè _Ebbone_ è lo stesso nome di Eberardo; ed egli era anche
_arcicappellano_ dell'imperadore, se pure in questi tempi non era lo
stesso il grado di _arcicancelliere_ e di _arcicappellano_. Leggesi
inoltre una lettera del medesimo Augusto a papa Benedetto, in cui gli
raccomandò efficacemente il monistero imperiale di Monte Casino,
sottoscritto colle stesse note cronologiche. Tutti i sopra narrati
avvenimenti appartengono all'anno presente; e se il Sigonio li riferì
all'anno seguente, non si dee già argomentare che in lui mancasse la
diligenza, ma bensì che gli mancarono molte storie e documenti, de'
quali noi godiamo ora, disotterrati dagli eruditi. Lo stesso dee dirsi
del cardinal Baronio, il quale si figurò che l'imperadore Arrigo si
trattenesse sino all'anno seguente in Italia, quando è fuor di dubbio
oggidì ch'egli in questo se ne tornò frettolosamente in Germania. Ma
prima di accennare il suo viaggio convien qui avvertire, avere scritto
Epidanno[384], monaco di san Gallo in questo secolo, che l'Augusto
Arrigo _Trojam, Capuam, Salernum, Neapolim, urbes imperii sui ad Graecos
deficientes ad deditionem coegit_. Che anche _Guaimario III_ principe di
Salerno, atterrito dall'esempio di Capua, riconoscesse per suo sovrano
l'imperadore, niuna difficoltà ho a crederlo. Leggesi tuttavia un
diploma[385] d'esso Arrigo, conceduto ad _Amato II_ arcivescovo di
Salerno, dove è chiamato _fidelis noster, dato pridie kalendas junii,
Indictione V_, cioè nell'anno presente coll'_Actum Troje_. Potrebbe solo
dubitarsi di Napoli. Ma abbiamo ancora _Ermanno Contratto_ che lo
conferma con iscrivere sotto il presente anno[386]: _Beneventum
intravit, Trojam oppidum oppugnavit et cepit; Neapolim, Capuam,
Salernum, aliasque eo locorum civitates in deditionem omnes accepit_.
Era già insorta, durante l'assedio di Troia, la peste, oppure una
epidemia nell'esercito dell'Augusto, e questo aveva anche servito a lui
di maggiore impulso a perdonare a quel popolo, per isbrigarsi da que'
contorni. Si mise dunque in viaggio alla volta della Germania, e dovette
passare per la Toscana; avendo io pubblicato un suo diploma[387] in
favore dei Benedettini di Arezzo, dato _X kalendas augusti, anno
Incarnationis dominicae MXXII, Indictione V, anno domni Heinrici
regnantis secundi XXI, imperii vero VIIII. Actum Privaria in comitatu
lucense._ Perchè a cagion de' calori d'Italia crebbe nell'armata
imperiale l'epidemia, che ne fece grande strage, Arrigo in fretta e con
poche guardie _Alpium cacumina citato transgreditur cursu_, come s'ha
dall'Annalista e dal Cronologo Sassoni[388], e, giunto in Germania,
raunò un numeroso concilio di vescovi. Crede il padre Solerio della
compagnia di Gesù[389] che tal concilio sia stato quello di
Salingenstad, pubblicato dal Labbe nel tomo IX de' concilii, e tenuto
nel dì 12 d'agosto dell'anno presente. Ma se Arrigo, come abbiam veduto,
nel dì 25 di luglio era tuttavia nel territorio di Lucca, resterebbe da
esaminare come egli potesse compiere in tempo sì stretto il suo viaggio
in Germania, e l'adunamento di tanti prelati a quel concilio. Oltre di
che, in Salingenstad non si trovò se non l'arcivescovo di Magonza con
cinque suoi suffraganei: laddove quel di Arrigo fu composto di
moltissimi vescovi. Nel mese di dicembre dell'anno presente il marchese
_Bonifazio_ padre della contessa Matilda, insieme con _Richilda_
contessa sua moglie, prese a livello da _Landolfo_ vescovo di Cremona
due corti[390] _cum castro inibi habente_, e colla lor pieve; ed
all'incontro egli cedette al vescovo la corte di Piadena, patria del