Annali d'Italia, vol. 4 - 06

[220] Ughell., Ital. Sacr., tom. 3 in Episcop. Clusin.


Anno di CRISTO MVII. Indizione V.
GIOVANNI XVIII papa 5.
ARDOINO re d'Italia 6.
ARRIGO II re di Germania 6, d'Italia 4.

Esige ben la storia d'Italia che a quest'anno si faccia menzione di
_Fulberto_ creato circa questi tempi, come comunemente vien creduto,
vescovo di Sciartres (_Carnutum_) in Francia. Siccome osservò il padre
Mabillone[221], fondamento c'è di tenerlo per nato in Italia. Bassi ben
furono i natali suoi, ma passato in Francia, per l'elevatezza
dell'ingegno e saper suo, meritò d'essere innalzato a quella cattedra.
Aveva avuto in Rems per maestro Gerberto, che fu poi papa Silvestro II.
Aprì anch'egli scuola, e la continuò anche dopo essere salito al
vescovato; e dalla medesima uscirono poi eccellenti discepoli. Più
celebre scuola di questa non v'era allora tra i Franzesi. Le opere di
così insigne prelato sono assai note nella storia letteraria. Già avea
_Tedaldo_ marchese, _filius quondam Adalberti itemque marchio_, avolo
della celebre contessa Matilda, ridotto a perfezione il magnifico
monistero di san Benedetto, situato tra il Po e il fiumicello Larione,
oggidì appellato di Polirone. Al medesimo fece egli un'amplissima
donazione di beni in quest'anno. Presso il padre Bacchini[222] si legge
lo strumento stipulato _infra Rocca Canossa_, con queste note: _Henricus
Dei gratia rex, anno regni ejus, Deo propitio, hic in Italia quarto,
mense junii, Indictione V_. Dal che impariamo che in Italia si usava
l'epoca particolare del regno italico diversa da quella del germanico.
Un'altra donazione parimente da lui fatta al monistero medesimo si vede
scritta _anno millesimo septimo, Indictione quinta, secundo die intrante
mense aprilis_, senza apporvi gli anni del re. Comunemente si crede
ch'esso marchese Tedaldo desse fine in quest'anno ai suoi giorni. Io non
ne sono abbastanza persuaso, siccome dirò qui sotto all'anno 1012. Nel
presente riuscì al _re Arrigo_ di appagar le sue piissime voglie con
ergere in vescovato e dotare magnificamente la chiesa di Bamberga, e
sottoporla al solo romano pontefice. Fu confermato quest'atto con sua
bolla particolare data in quest'anno da Giovanni XVIII papa, come si
legge presso l'Hofmanno[223] ed altri scrittori[224]. Con gagliardo
esercito passò circa questi tempi il medesimo re Arrigo la Schelda
contro di Baldovino conte di Fiandra, il quale veggendo di non potere
resistere, si gittò alla misericordia di lui, e ne ottenne buona
capitolazione. Si riaccese anche la guerra fra esso re Arrigo e Boleslao
duca di Polonia e degli Sclavi. Questo è poi l'anno in cui venne alla
luce in Ravenna _Pietro Damiano_, grande ornamento del secolo
presente[225]. Fu il suo nome _Pietro di Damiano_, cioè Pietro fratello
di Damiano. Confessa egli in più di un luogo che attese allo studio
delle lettere prima in Faenza, poscia in Parma; il che ci dà a conoscere
che le lettere a poco a poco risorgeano anche in Italia. Terminò il
corso di sua vita in quest'anno _Landolfo IV_ principe di Capua[226],
soprannominato _da santa Agata_, nel dì 24 di luglio, e lasciò
successore nel principato _Pandolfo IV_. Andavano di male in peggio gli
affari della Chiesa di Cremona. Non fu sì presto uscito del mondo
_Odelrico_ ossia _Olderico_ vescovo di quella Chiesa, che i beni d'essa
patirono non lieve detrimento. Gli succedette _Landolfo_ cappellano del
re Arrigo, il quale nell'anno presente ottenne da esso re un diploma di
protezione per la sua Chiesa[227], _anno dominicae Incarnationis MVII,
Indictione V, anno regni domni Heinrici regis secundi regnantis VI_
(questa è l'epoca del regno germanico). _Actum Polede._ In Milano
Fulcoino figliuolo di Bernardo, vivente secondo la legge salica, fondò
in quest'anno la collegiata di santa Maria, oggidì appellata
_Folcorina_. Lo strumento ha queste note: _Henricus gratia Dei rex, anno
regni ejus quarto, VIII die mensis octobris, Indictione ingrediente
sexta._ Ancor qui abbiamo l'epoca del regno d'Italia del re Arrigo.
NOTE:
[221] Mabill., Annal. Benedict., ad ann. 992.
[222] Bacchini, Istor. di Poliron. nell'Appendice.
[223] Hofmannus, Annal. Bambergens.
[224] Apud Ludewig, tom. 1. Scriptor. Bamberg.
[225] Petrus Damian., Opuscul. 67, cap. 5.
[226] Camillus Peregrinius, Histor. Princip. Langobard.
[227] Antiquit. Italic., Dissert. LXI.


Anno di CRISTO MVIII. Indizione VI.
GIOVANNI XVIII papa 6.
ARDOINO re d'Italia 7.
ARRIGO II re di Germania 7, d'Italia 5.

Ebbe in quest'anno degli aspri affari il re Arrigo per cagione di uno
dei fratelli della imperadrice _Cunigonda_ sua moglie, chiamato
_Adalberone_. Essendo vacata l'archiepiscopale chiesa di Treveri, fu
egli eletto, benchè mal volentieri, da quel clero e popolo per
arcivescovo. Ma non vi consentì il re Arrigo, da cui fu data quella
chiesa a _Megingaudo_, camerario di _Willigiso_ arcivescovo di
Magonza[228]. Per questa cagione insorse guerra fra esso re e lo stesso
Adalberone, al quale furono in aiuto _Teodorico_ vescovo di Metz,
_Arrigo_ duca di Baviera, suoi fratelli. Li soggiogò il re Arrigo, e
tolse poi il ducato al cognato Arrigo. Intorno a che si possono leggere
gli Annali di Treveri del Browero[229]. Gl'imperadori greci possedevano
in questi tempi quasi tutta la Puglia, cominciando da Ascoli, e
seguitando la costa dell'Adriatico, a riserva di Siponto e del monte
Gargano, dipendenti dal principato di Benevento. Erano anche in possesso
della maggior parte della Calabria, con ritenere ancora qualche
sovranità o autorità almeno nei ducati di Napoli, Amalfi e Gaeta.
Soleano chiamar _Longobardia_ quegli Stati e mandarvi un governator
generale col nome di _catapano_, come già accennammo. Abbiamo da Lupo
Protospata[230] che nell'anno 1006 _Xifea_ catapano era venuto a quel
governo. Ma essendo egli mancato di vita nell'anno appresso, in
quest'anno _descendit Curcua patricius mense maii_, cioè fu inviato per
governatore d'essa minor Lombardia. Pare che in quest'anno il re Arrigo
confermasse i suoi privilegii e beni al monistero delle monache di san
Sisto di Piacenza con un diploma[231], dato _anno dominicae
Incarnationis millesimo octavo, Indictione V, anno vero domni Heinrici
secundi regis, regnantis VI. Actum in Ingelheim._ Ma qui v'ha errore, o
nell'anno, e si dee scrivere _millesimo septimo_, ovvero nell'indizione,
e si dee leggere _Indictione VI_. Ed è considerabile che nè in questo,
nè nell'altro diploma, accennato all'anno precedente, non comparisce il
giorno, nè il mese, contro il costume delle regali cancellerie. Anche il
padre Mabillone[232] osservò questo rito o difetto in altri diplomi
d'esso re Arrigo. Nell'archivio del monistero di Subiaco si legge una
bolla o strumento con queste note: _Anno, Deo propitio, pontificatus
domni Johanni summi pontifici XVIII papae in sacratissima sede beati
Petri Apostoli V, Indictione VI, mense junii die VI_, cioè nell'anno
presente. Vo io tuttavia contando gli anni del re _Ardoino_; perciocchè
sebbene ha creduto più d'uno scrittore che egli dopo la venuta in Italia
del re Arrigo, e dopo la di lui coronazione, decadesse affatto dal
soglio reale, pure è certo che egli ritenne circa nove anni ancora non
solamente il titolo di re, ma anche ne esercitò l'autorità in molti
luoghi. Allorchè gli convenne cedere al re Arrigo, egli si ritirò nelle
fortezze del Piemonte in salvo. Ma non sì tosto uscì Arrigo d'Italia,
che Ardoino tornò ad alzare la testa, e trovando specialmente inviperito
il popolo di Pavia contro dei Tedeschi per l'immenso danno recato colla
spada e col fuoco alla lor città, si può facilmente credere che fu quivi
di nuovo riconosciuto per re. Porta il Guichenon[233] una donazione
fatta alla cattedrale di Pavia da _Ottone_ conte, chiamato ivi _filius
serenissimi domini, et metuendissimi patris mei domini Ardoini regis_.
Lo strumento ha queste note: _Ardoinus divina tribuente gratia piissimus
rex, anno regni ejus propitio septimo, Indictione VII._ Manca il mese e
il giorno, con restare incerto se fosse fatta quell'offerta negli ultimi
quattro mesi dell'anno corrente, o nei due primi del seguente. Lo
strumento è sottoscritto dallo stesso re Ardoino, e vi si legge: _Actum
apud Papiam in palatio juxta ecclesiam sancti Michaelis_. Sicchè abbiam
qualche fondamento di credere ritornato questo re al suo comando in
Pavia.
NOTE:
[228] Hermannus Contractus, in Chron.
[229] Browerus, Annal. Trevirens.
[230] Lupus Protospata, in Chron.
[231] Antiquit. Ital., Dissert. LXX.
[232] Mabillon., de Re Diplomatica.
[233] Guichenon Bibliot. Sebus Centur. II, cap. 3.


Anno di CRISTO MIX. Indizione VII.
SERGIO IV papa 1.
ARDOINO re d'Italia 8.
ARRIGO II re di Germania 8, d'Italia 6.

Giunse al fine di sua vita in quest'anno, senza sapersene il più preciso
tempo, _Giovanni XVIII_ papa, che da Ditmaro è chiamato _Phasan_[234], e
dall'Annalista sassone[235] _Phasianus, idest Gallus_ cioè fagiano. Uno
strumento si legge nel monistero di Subbiaco, che porta le seguenti
note: _Anno, Deo propitio, pontificatus domni Johanni summi pontifici et
universali XVIII papae in sacratissima sede beati Petri Apostoli sexto,
Indictione septima, mensis januarii die XI_, cioè nel presente anno.
Rapporta il cardinal Baronio[236] un epitaffio, che era nella basilica
vaticana, attribuito da Motteo Veggio a questo papa. Lo riferisce ancora
Pietro Manlio[237], ma con dirlo _cujusdam Johannis papae_. Non oserei
io crederlo sepolcro di questo papa. Ivi si legge:
NAM GRAIOS SVPERANS, EOIS PARTIBVS VNAM,
SCHISMATA PELLENDO, REDDIDIT ECCLESIAM.
Non è probabile che di questa gloriosa azione niuno avesse lasciata
qualche menzione nella Storia ecclesiastica d'Oriente o d'Occidente.
Egli è chiamato ancora
AVGVSTIS CARVS, GENTIBUS, ET TRIBVBVS.
Più convien questo titolo a qualche papa Giovanni, vivuto allorchè i
greci Augusti signoreggiavano in Roma. Successore di questo pontefice fu
_Sergio IV_, il quale, per attestato di Ditmaro[238], _vocabatur Bucca
Porci_. Erano forse in voga ancora in quei tempi i soprannomi, molti dei
quali, tuttochè fossero imposti più per vituperio che per onore,
tuttavia passarono dipoi in cognomi di famiglia, siccome ho osservato
altrove[239]. Negò il cardinal Baronio che questo papa portasse un tal
soprannome, perchè dal suo epitaffio si scorge che prima del pontificato
era chiamato _Pietro_.
SERGIUS EX PETRO SIC VOCITATVS ERAT.
Ma questo a nulla serve. _Pietro_ fu il suo nome battesimale; ma per
soprannome, secondo il costume d'allora, egli dovette essere chiamato
_Bocca di Porco_, siccome il suo predecessore Giovanni fu soprannominato
_fasano_, ossia _fagiano_. Per attestato del Dandolo[240], in quest'anno
pagò il tributo della natura _Pietro Orseolo II_ doge di _Venezia_,
principe glorioso per avere assaissimo ampliato il dominio veneto,
sconfitti i Saraceni, e governati con somma prudenza e dolcezza i suoi
popoli. Gli succedette circa il mese di marzo _Ottone Orseolo_ suo
figliuolo, dianzi creato suo collega, non inferiore nella religione e
giustizia al padre, e ricchissimo di beni di fortuna. Ebbe egli per
moglie una figliuola di Geiza duca di Ungheria, e sorella di santo
Stefano, primo re regnante allora in quelle contrade, la quale
gareggiava nelle virtù col fratello. Era, per testimonianza di Camillo
Pellegrino[241], in questi tempi principe di Capua _Pandolfo IV_. Prese
egli per suo collega in quel principato _Pandolfo II_ principe di
Benevento, suo zio paterno. Non ne veggiamo assegnato il motivo; ma
probabilmente fu, perchè mancandogli successione maschile, volle
assicurare nei parenti suoi il principato. Abbiamo sotto questo anno da
Lupo Protospata[242] che _cecidit maxima nix, ex qua siccaverunt arbores
olivae, et pisces et volatilia mortua sunt_. Poscia aggiugne: _Mense
maii incoepta est rebellio_: il che io intendo de' Pugliesi che
cominciarono a ribellarsi ai Greci _Et mense augusti apprehenderunt
Saraceni civitatem Cosentiam_ (metropoli della Calabria) _rupto foedere
nominae Cayti Sati_, cioè del generale dei Mori. Ancorchè Ardoino re
avesse ripigliate le forze, e signoreggiasse, a mio credere, in Pavia,
pure la maggior parte delle città del regno stava costante nella
divozione e fedeltà giurata al _re Arrigo_, e fra queste Milano,
Piacenza, Cremona. _Landolfo_ vescovo appunto di Cremona ottenne in
quest'anno da Arrigo un divieto a Lamberto, abate del monistero di san
Lorenzo, situato presso a Cremona, di non poter alienare, livellare o
contrattare in altre guise i beni di qual sacro luogo senza la licenza
del vescovo suddetto, il quale poscia se ne abusò. Il diploma si dice
dato[243] _VII idus octobris, anno ab Incarnatione Domini MVIIII, anno
vero domni Henrici primi_ (scrivi _secundi_) _regis VII. Actum
Maideburg._ Dovrebbe essere l'_anno VIII_, se pure non appartiene
all'anno precedente: il che non si può comprendere per la mancanza
dell'indizione. Ho veduta un'autentica donazione fatta in Correggio alla
chiesa di san Michele, oggidì di san Quirino, con queste note: _Enricus
gratia Dei rex ic in Italia quinto, die quinto de mense octubris,
Indictione octava_, che appartiene all'anno presente. Sotto quest'anno
ancora abbiamo dal Bollario casinense[244] e dall'Ughelli[245] una
donazione fatta alla badia di santa Maria di Firenze, _anno ab
Incarnatione Domini nono post mille, pridie idus augusti, Indictione
settima_. Il suo principio è questo: _Ego quidem Bonifatius inclitus
marchio, filio domni Alberti, qui fuit comes, qui professus sum legem
vivere Ribuariorum_. Lo strumento fu stipulato _in loco Palanoro
territorio motinense_. Dove fosse questo _Planoro_ del contado di
Modena, nol saprei dire. Pianoro si trova sulle montagne di Bologna,
Pianorso in quelle di Modena. Meno poi so di qual contrada fosse
marchese questo _Bonifazio_. Cosimo della Rena nella seconda parte, a
noi promessa, ma non mai data, della Serie dei duchi di Toscana, pare
che inclinasse a crederlo duca di Toscana. Non c'è fondamento alcuno per
sì fatta opinione. I duchi, marchesi, conti e signori grandi per lo più
possedeano allora dei beni in varie parti d'Italia; nè basta una
donazione di beni privati, fatta da alcun di essi in qualche territorio,
per argomentare il dominio principesco di questo _Bonifazio_ marchese,
vivente secondo la legge ripuaria, ho io trattato altrove[246], con
crederlo discendente da quel _Bonifazio_ che già vedemmo duca di Spoleti
e marchese di Camerino, e da _Teobaldo_ parimente duca e marchese di
quelle contrade nel secolo precedente. Ma non apparisce punto se questo
giovane Bonifazio governasse marca alcuna: e certamente egli fu
personaggio diverso da _Bonifazio_, marchese padre della gran contessa
Matilda.
NOTE:
[234] Ditmarus, in fine, lib. 6.
[235] Annalista Saxo.
[236] Baron., in Annal. Eccles.
[237] Manlius tom. 7 Junii Act. Sanctor. Bolland.
[238] Ditmarus, in Chron., lib. 6.
[239] Antiquit. Ital., Dissert. XLI.
[240] Dandul., in Chron. tom. 12 Rer. Italic.
[241] Camillus Peregrinius, Histor. Princip. Langobard.
[242] Lupus Protospata, in Chronico.
[243] Ughell., Ital. Sacr., tom. 4 in Episcop. Cremonens.
[244] Bullarium Casinens., tom. 2, Constit. LXXV.
[245] Ughell., Ital. Sacr., tom. 3.
[246] Antiquit. Ital., Dissert. XXII.


Anno di CRISTO MX. Indizione VIII.
SERGIO IV papa 2.
ARDOINO re d'Italia 9.
ARRIGO II re di Germania 9, d'Italia 7.

Se vogliam qui prestar fede a Giovanni Villani[247] che, narrando
avvenimenti lontani dai suoi tempi, ci conta bene spesso delle favole,
oppure con favolose particolarità sconcia i fatti veri, in quest'anno i
Fiorentini, mirando da gran tempo di mal occhio la vicina città di
Fiesole, con inganno finalmente se ne fecero padroni. Nel dì solenne di
san Romolo, protettore dei Fiesolani, mentre quel popolo era intento
alla festa, spedirono i Fiorentini colà una mano de' loro giovani
segretamente armati, che presero le porte, e diedero campo all'esercito
d'essi Fiorentini d'impadronirsi di quella città, con ismantellarla poi
tutta, e ridurre quel popolo a Firenze. Questo racconto passò dipoi in
tutte le storie fiorentine, non mancando nondimeno altri scrittori
moderni che tengono succeduto un tal fatto nell'anno 1024. Credane il
lettor ciò che vuole. Quanto a me, vo assai lento a persuadermi cotali
bravure in questi tempi, nei quali le città d'Italia non aveano per
anche nè facoltà nè uso di muover l'armi da sè, nè di distruggersi l'una
l'altra. Molto meno credo che in questi tempi, come vuole Scipione
Ammirati[248] con altri, fosse duca di Toscana _Bonifazio_ marchese,
padre della contessa Matilda. Niuna pruova di questo viene addotta; e
senza pruove l'asserir cose antiche, non è diverso dal fabbricar nelle
nuvole. Leggesi sotto quest'anno una magnifica donazione fatta ai
canonici di Ferrara da _Ingone_, vescovo di quella città, con uno
strumento scritto[249], _pontificatus domni nostri Sergii summi
pontificis et universalis papae in apostolica sacratissima beati Petri
sede anno primo, regnante vero domno Enrico rege a Deo coronato,
pacifico, magno, in Italia septimo_ (dovrebbe essere _sexto_) _die
tertia mensis februarii, Indictione octava. Ferrariae._ Si osservi come
in Ferrara sono contati gli anni di Arrigo re d'Italia. In questi tempi,
per la Toscana specialmente e pel ducato di Spoleti, san Romoaldo abbate
spargeva odore di gran santità, edificava monisteri, e dilatava l'ordine
religioso che si chiamò camaldolese, e fu una riforma del benedettino in
Italia. Abbiamo da Lupo Protospata[250] nell'anno presente, che _Curcua_
patrizio, governatore degli Stati posseduti dai Greci in Italia, diede
fine a' suoi giorni, e in luogo suo venne a quel governo _Basilio_
catapano nel mese di marzo con un corpo di milizie tratte dalla
Macedonia. Aggiugne questo scrittore che _Syllistus incendit multos
homines in civitate Trani_. Da un altro testo si ha che _Langobardia_
(così chiamavano i Greci, come già si accennò, gli Stati loro in Italia)
_rebellavit a Caesare_ (cioè dal greco Augusto) _opera Melo ducis. Isque
accurrens praeliatus est Barum contra Barenses, ubi ipsi obierunt._
Questo _Melo_ di nazion longobarda, siccome c'insegna Leone
ostiense[251], _barensium civium, immo totius Apuliae primus, et clarior
erat, strenuissimus valde ac prudentissimus vir. Sed quum superbiam,
insolentiamque, ac nequitiam Graecorum, qui non multo antea, tempore
scilicet primi Octonis, Apuliam sibi Calabriamque, sociatis in auxilium
suum Danis, Russis, et Gualanis, vindicaverunt, Apuli ferre non possent,
cum eodem Melo, et cum Datto quodam aeque nobilissimo, ipsiusque Meli
cognato, tamdem rebellant._ Che strepitose conseguenze si tirasse seco
questa ribellion dei Pugliesi, l'andremo a poco a poco scorgendo.
Abbiamo da Ademaro[252] e da Glabro[253] che circa questi tempi i
Saraceni infierirono sotto varii pretesti contra dei Cristiani abitanti
in Gerusalemme, con ucciderne assaissimi, e forzarli ad abiurare la fede
di Cristo. Diroccarono eziandio la basilica del santo Sepolcro con varie
altre chiese. Era allora Gerusalemme sottoposta al califa ossia al
sultano dell'Egitto, e non già ai Turchi. Fecero ancora i Saraceni
dimoranti in Italia, oppure in Sicilia, una battaglia, per attestato del
suddetto protospata, coi Greci a Monte Peloso, non lungi dal distretto
di Bari, _unde peremptus est dux_, senza sapersi se dei Greci o dei
Mori.
NOTE:
[247] Giovanni Villani, Istor., lib. 4, cap. 5.
[248] Ammirati, Istor. Fiorent.
[249] Antiquit. Ital., Dissert. LXV.
[250] Lupus Protospata, in Chronico.
[251] Leo Ostiensis, Chron., lib. 2, cap. 37.
[252] Ademarus, in Chron. apud Labbe.
[253] Glaber Rodulfus, in Chronico.


Anno di CRISTO MXI. Indizione IX.
SERGIO IV papa 3.
ARDOINO re d'Italia 10.
ARRIGO II re di Germania 10, d'Italia 8.

Già ho accennata la ribellione dei Pugliesi, capo de' quali era Melo,
con essersi sottratti al dominio dei Greci. Scrive Romualdo
salernitano[254]: _Anno MXI, Indictione IX, fames validam Italiam
obtinuit. Quo tempore Mel catipanus cum Normannis Apuliam impugnabat_.
Ecco il _catipanus_ o _catapanus_, adoperato invece di _capitanus_, o
_capitaneus_. Ma questo storico anticipa di troppo la venuta dei
Normanni a guerreggiare in Puglia. Potrebbe ben essere che nell'anno
presente seguisse l'assedio di Bari fatto da Basilio generale dei Greci,
ed accennato da Leone ostiense. In un testo di Lupo Protospata[255] pare
che tale assedio sia narrato all'anno precedente. In un altro è posto
sotto l'anno 1013. Forse anche la ribellione dei Pugliesi non divampò se
non in quest'anno, oppure nel seguente, perchè lo storico greco
Curopalata[256] mette nei primi mesi dell'anno presente alcune disgrazie
che servirono di preludio. Comunque sia, abbiamo dall'Ostiense[257], che
ancorchè entro essa città di Bari assistesse Melo alla difesa, pure quel
popolo vilmente sosteneva il peso degli assalti; e però dopo un mese
d'assedio trattarono di rendersi e di dar lo stesso Melo in mano de'
Greci. Ebbe Melo conoscenza di questa trama, e la fortuna di salvarsi
segretamente in compagnia di Datto, con rifugiarsi in Ascoli, città che
s'era anch'essa ribellata. Quivi fu di nuovo assediato, laonde una notte
gli convenne fuggire anche di là insieme con Datto, e ritirarsi a
Benevento. Poscia andò a Salerno, indi a Capoa, meditando sempre le
maniere di liberar la sua patria dalla tirannia de' Greci, e studiandosi
di muovere que' principi in aiuto suo. Ebbe nuova guerra in quest'anno
il re Arrigo con Boleslao duca di Polonia[258]. Con gran solennità fece
il re Arrigo[259] dedicare anche nel presente anno (se pure non fu
piuttosto nel seguente) la chiesa di Bamberga. _Giovanni_ patriarca
d'Aquileia con più di trenta vescovi fece quella sacra funzione. Ci
somministra a quest'anno il Guichenon[260] una donazione fatta dal re
Ardoino a san Siro, cioè alla cattedrale di Pavia, _pro anima patris
nostri Doddonis, et pro anima patrui nostri domni Adalberti, rogante
domno Willelmo marchione carissimo consobrino germano nostro_. Tale atto
fu scritto _anno dominicae Incarnationis MXI, tertio kalendas aprilis,
Indictione IX. Actum Bobii in episcopali palatio_. È osservabile che non
compariscono qui gli anni del suo regno. Scorgiamo poi che il dominio di
esso re Ardoino si stendeva anche nella città di Bobbio, situata sulla
Trebbia, ventiquattro miglia sopra di Piacenza. Se è vero questo
documento, converrà dire che prima dell'anno 1014, cioè prima di quel
che pensasse l'Ughelli[261], fosse creato il primo vescovo di Bobbio. Ma
Ditmaro[262], storico di questi tempi, ci assicura che quel vescovo fu
istituito nell'anno 1014, e però fondamento giusto ci è di dubitare
della legittimità di questo documento. Qualora poi si potesse provare,
come pensò il suddetto Guichenon[263], che _Berengario II_ re d'Italia
avesse avuto un figliuolo chiamato _Doddone_ ossia _Oddone_, noi
potremmo dedurre dal documento suddetto, che il re Ardoino fosse nipote
di lui, e per pretensioni ereditarie avesse conseguito la corona
d'Italia. Perciocchè in tal caso _Adalberto_, zio paterno d'esso
Ardoino, sarebbe quel medesimo che abbiam veduto re d'Italia, scacciato
da Ottone il Grande. E _Guglielmo_ marchese, qui nominato, sarebbe
_Otton Guglielmo_ figliuolo di esso re Adalberto, che in questi tempi
tuttavia vivente era conte ossia duca di _Borgogna_. Ma io non so che
Berengario II avesse se non tre figliuoli, cioè _Adalberto, Conone_,
ossia Corrado, e _Guido_; e qui poi si tratta di un documento che non è
affatto sicuro. Per testimonianza del padre Mabillone[264], in
quest'anno, _undecima die decembris, anno Sergii papae tertio_, tenuto
fu un placito in Roma davanti a Giovanni patrizio, e a Crescenzio
prefetto della città, in cui Guido abbate del monistero di Farfa vinse
una casa di ragione del suo monistero. Resta a noi ignoto come allora si
regolasse il governo di Roma. Era in questi tempi console e duca di
Napoli _Sergio IV_ mentovato da Leone ostiense, e in un documento da me
dato alla luce[265].
NOTE:
[254] Romualdus Salern., in Chron. l. 6 Rer. Ital.
[255] Lupus Protospata, in Chronico.
[256] Curopalata.
[257] Leo Ostiensis, Chron., lib. 2, cap. 37.
[258] Annalista Saxo. Hermannus Contractus, in Chron.
[259] Marianus Scotus, in Chron. Ditmar., Chron., lib. 6.
[260] Guichenon, Bibliothec. Sebus Centur. II, cap. 10.
[261] Ughell. Ital. Sacr., tom. 4 in Episcop. Bobiens.
[262] Ditmarus, Chron., lib. 7.
[263] Guichenon, Histoire de la Maison de Savoye, tom. 2.
[264] Mabillonius, Annal. Benedict. ad hunc annum.
[265] Antiquit. Italic., Disser. V, pag. 195.


Anno di CRISTO MXII. Indizione X.
BENEDETTO VIII papa 1.
ARDOINO re d'Italia 11.
ARRIGO II re di Germania 11, di Italia 9.

Scrive Ermanno Contratto[266] che in quest'anno fu chiamato da Dio
all'altra vita _Corrado duca_ di Carintia. Questi era figliuolo di
_Ottone_, duca parimente di Carintia e marchese della marca di Verona,
da noi menzionato di sopra, e fratello di _Brunone_, cioè del già papa
_Gregorio V_. Lasciò dopo di sè un figliuolo appellato anch'esso
_Corrado_. Ma il re Arrigo, forse perchè questo principe si trovava in
età non per anche capace da governar popoli, conferì il ducato suddetto
della Carintia ad _Adalberone_, giacchè non erano per anche stabilite le
leggi feudali usate oggidì. Ho io prodotto un placito[267] tenuto
nell'anno seguente fuori di Verona da esso Adalberone, chiamato ivi
_Adalperio dux istius marchiae_. Se Ottone fu nello stesso tempo duca di
Carintia e marchese di Verona, e tale veggiamo ancora che fu il suddetto
Adalberone, per conseguenza intendiamo che anche _Corrado_ duca di
Carintia, morto in quest'anno, dovette essere marchese di Verona.
Andavano allora congiunti questi due governi. Fra i documenti pubblicati
dal padre Bacchini[268] nella Storia del monistero di Polirone abbiamo
una donazione fatta ad esso monistero da _Bonifazio_ marchese, padre
della contessa Matilda, esistente in Pigognaga, oggidì terra del
Mantovano. Le note son queste: _Henricus gratia Dei rex, anno regni ejus
Leo propitio, in Italia nono, VIII kalendas augustus, Indictione
decima_, cioè nell'anno presente. Egli s'intitola nella seguente forma:
_Ego in Dei nomine Bonifacius marchio, filius domni Theudaldi itemque
marchio qui professo sum ex natione mea lege vivere Langobardorum_. Han
creduto il Sigonio, il Fiorentini ed altri moderni che _Tedaldo_
marchese, padre d'esso Bonifazio, cessasse di vivere nell'anno 1007. Ma
non trovandosi qui segno alcuno che Tedaldo fosse morto, cioè non
comparendo il _quondam_, usitata parola per tale effetto; ed essendo
simile questa formola all'altra che abbiam veduto nella donazione fatta
dal medesimo marchese Bonifazio nell'anno 1004, quanto a me, sospendo la
credenza della di lui morte in quell'anno. Per altro abbiam già
osservato introdotto il costume, che vivente ancora il padre _marchese_,
i figliuoli talvolta venivano decorati del medesimo titolo per
concessione, credo io, degli imperadori ossia dei re d'Italia. Abbiamo
nella Cronica del monistero di Volturno[269] una bolla data da _papa
Sergio IV_ in favor di quell'insigne monistero, con queste note: _Data V
kalendas martii, anno Deo propitio, pontificatus domni nostri Sergii
sanctissimi quarti papae, sedente anno tertio, Indictione supradicta
decima_, cioè nell'anno presente. Altri atti del medesimo papa spettanti
al marzo e all'aprile di quest'anno son citati dal padre Mabillone, ed
uno del dì 16 di giugno del cardinal Baronio. Però ragionevolmente dopo
il padre Papebrochio pensò il padre Pagi, che questo pontefice passasse
a miglior vita prima dell'agosto dell'anno presente, e che
immediatamente gli succedesse _Benedetto VIII_, il quale in fatti si
truova papa nel dì 2 d'esso mese d'agosto. Ciò costa da una carta
d'accordo seguito fra Guido abbate di Farfa[270] _et inter Johannem.