Annali d'Italia, vol. 3 - 87
[2580] Gattola, Hist. Monaster. Casinens., Part. I.
[2581] Campi, Stor. Eccles. di Piacenza, tom 1.
Anno di CRISTO DCCCCXC. Indizione III.
GIOVANNI XV papa 6.
OTTONE III re di Germania e d'Italia 8.
Abbiamo detto che l'imperadrice _Teofania_ colla sua venuta in Italia
mise o rimise alla divozione del re _Ottone III_ suo figliuolo que'
popoli che voleano vivere senza briglia. La Cronica del monistero del
Volturno[2582] ci somministra una pruova dell'autorità da lei esercitata
in Italia per un diploma suo spedito in protezione d'esso monistero,
_quarto nonas januarias anno dominicae Incarnationis DCCCCXC, Indictione
II, anno vero tertii Ottonis regnantis III. Actum Romae_, dove ella avea
celebrato il santo Natale. Ma si dee scrivere _Indictione III_, e per
conto degli anni del _regno_ si ha da scrivere _anno VII_. Tuttavia,
siccome fu osservato in alcuni atti accennati di sopra, non si contavano
per anche gli anni del regno di Ottone III in Italia. Un altro più
importante documento[2583] ho io dato alla luce, cioè un placito tenuto,
_anno, Deo propitio, pontificatus domni Johannis summi pontificis V, die
XIII mense martii, Indictione III, foris civitate Ravenne, in vico, qui
dicitur Sablonaria, post tribunal palatii, quod olim construere jussit
domnus Hotto imperator_. Notabili son queste parole, ma più ancora le
seguenti: _Dum resideret, Deo annuente, Johannes archiepiscopus sanctae
placentine ecclesie in generali placito, simul cum eo Hugo gratia Dei
episcopus sancte hansdeburgensis ecclesie jussione domne Theofana
imperatris_, ec. Un tale atto finisce di chiarire che l'esarcato di
Ravenna, non so se per qualche accordo seguito coi romani pontefici, o
per altre ragioni, era divenuto parte del regno d'Italia; e che da gran
tempo non ne erano più in possesso i romani pontefici. Ottone III non
per anche avea conseguito la corona e il diritto degl'imperadori; e pure
Teofania sua madre fa da padrona in Ravenna, mandandovi i suoi ministri
a tenere pubblicamente giustizia, senza che si sappia che ne facessero
doglianza i papi. Ed ora s'intende perchè Ottone il Grande avesse quivi
fabbricato di pianta un palazzo regale per sè e per gli suoi successori.
Dobbiamo anche al padre Mabillone[2584] la memoria di un diploma d'essa
imperadrice, dato in favore del monistero di Farfa, affinchè gli fosse
restituita la cella di santa Vittoria, posta nel territorio di Camerino.
Fu ottenuto questo diploma _interventu Johannis archiepiscopi
ravennatis, et Hugonis principis_, cioè di _Ugo duca_ e marchese di
Toscana e di Spoleti, che faceva la sua corte alla vedova imperadrice.
Le note di quel documento, come cosa rara, meritano d'essere qui
rammentate. _Datum kal. aprilis, anno dominicae Incarnationis DCCCCXC,
imperii domnae Theophanu imperatris XVIII, Indictione III, Ravennae._
L'epoca di Teofania non è giù presa, come pensò il suddetto padre
Mabillone, dall'anno della morte di Ottone II suo consorte, ma bensì,
come avverti il dottissimo padre Gotifredo abbate gotwicense[2585],
dall'anno delle sue nozze, cioè dal 972. Intanto osserviamo che questa
principessa la faceva non da imperadrice, ma da imperadore. Tornossene
ella in quest'anno in Germania per assistere al re Ottone III suo
figliuolo nel governo degli stati. Secondochè racconta Romoaldo
salernitano[2586], _anno DCCCCXC stella a parte Septemtrionis apparuit,
habens splendorem, qui tenebat contra Meridiem, quasi passum unum. Et
post paucos dies iterum apparuit eadem stella a parte Occidentis, et
splendor ejus ad Orientem tendebat. Et non post multos dies fuit
terraemotus magnus, qui plures evertit domos in Benevento et Capua,
multosque homines occidit, et in civitate Ariano multas ecclesias
subvertit. Civitas quoque Frequentus paene media cecidit. Civitatem vero
Consanam prope mediam cum episcopo subvertit, multosque homines
oppressit. Ronsem totam cum ejus hominibus submersit._ Viene anche da
Leone ostiense[2587] narrata questa disavventura con aggiugnere: _In
Benevento Viperam dejecit, et subvertit quindecim turres, in quibus
centum quinquaginta homines mortui sunt_. Angelo della Noce fu di parere
che col nome di _Vipera_ sia indicato un castello di questo nome nel
territorio di Benevento. Credo io piuttosto che Leone significhi una
figura di vipera che tuttavia i Beneventani nella stessa loro città
tenessero alzata sopra qualche colonna, o fabbrica alta: superstizione
ereditata dagli antichi Longobardi. _Simulacrum, quod vulgo Vipera
nominatur, cui Langobardi flectebant colla_[2588], si legge nella vita
di san Barbato vescovo di Benevento. Pare che sino a questi tempi
durasse quella superstiziosa statua o figura in essa città. Ma avendo
noi veduto all'anno 663 che per opera di quel santo prelato fu
atterrata, si può sospettare che almeno il luogo dove essa fu ritenesse
quel nome, e in alcuni non fosse ben estinta quella ridicola persuasione
che dal mantenimento di quel luogo dipendesse la felicità e salvezza
della città, in quella guisa che gli antichi Romani pensarono
dell'altare della Vittoria, i Troiani del Palladio, i Fiorentini della
statua di Marte, ed altri simili.
NOTE:
[2582] Chronic. Vulturnense, P. II, tom. 2 Rer. Ital.
[2583] Antiq. Ital., Dissertat. XXXI, pag. 959.
[2584] Mabill., in Annal. Benedict. ad hunc annum.
[2585] Chron. Gotwicense, tom. 1, pag. 224.
[2586] Romualdus Salernit., Chron. tom. 7 Rer. Ital.
[2587] Leo Ostiensis, Chron., lib. 2, cap. 11.
[2588] Ughell., Ital. Sacr., tom. 8 in episcop. Benevent.
Anno di CRISTO DCCCCXCI. Indizione IV.
GIOVANNI XV papa 7.
OTTONE III re di Germania e d'Italia 9.
Abbiamo dall'Annalista sassone[2589], che Ottone III coll'Augusta
Teofania sua madre celebrò con solennità ed allegria la santa Pasqua in
Quidelingeburg in Sassonia. Intervennero a tal festa _Marchio Tuscanorum
Hugo, et dux Polonorum Miseco cum pluribus regni princibus, diversa
munera ad obsequium imperatoris_ (non era per anche imperadore)
_deferentes_. _Ugo marchese_ e duca di Toscana con grandi ricchezze e
potenza accoppiava una non minore accortezza; e volendosi ben mettere in
grazia di Ottone III e di sua madre, non tornò sì tosto in Italia, ma
continuò a far la sua corte a que' regnanti, finchè giunsero a Nimega.
Quivi infermatasi l'imperadrice Teofania, da morte immatura fu rapita
nel dì 16 di giugno dell'anno presente Presso Ditmaro[2590] la sua morte
è posta sotto il precedente anno, ma per errore dei copisti. L'Annalista
sassone, Ermanno Contratto, Lamberto da Scafnaburgo, che copiavano la
Cronica di Ditmaro, dovettero ben vedere che anch'egli sotto il presente
anno notò la morte della suddetta imperadrice. Era questa greca
principessa donna di spiriti virili, di bella ed onesta conversazione,
molto caritativa verso de' poveri e delle chiese; sapeva cattivarsi
l'affetto di chi ella voleva, ed insieme tener basso chi alzava la
cresta; utilissima perciò nel governo degli stati al figliuolo. Un solo
difetto viene in lei riprovato da sant'Odilone[2591]: cioè, che
quantunque ella fosse utile ed ottima per gli altri, _socrui tamen_
(cioè a sant'Adelaide) _fuit ex parte contraria. Ad postremum vero
cujusdam Graeci_ (probabilmente vuol intendere di Giovanni arcivescovo
di Piacenza) _aliorumque adulantium consilio fruens, minabatur ei, quasi
manu designando, dicens: Si integrum annum supervixero, non dominabitur
Adhelhaida in toto mundo, quod non possit circumdari palmo uno. Quam
sententiam inconsulte prolatam, divina censura fecit esse veracem. Ante
quatuor hebdomadas graeca imperatrix ab hac luce discessit. Augusta
Adalhaida superstes, felixque remansit._ All'avviso della defunta nuora
la piissima imperadrice _Adelaide_ si portò dall'Italia in Germania per
consolare l'afflitto nipote _Ottone III_, e per dare assistenza alla di
lui età bisognosa tuttavia di consiglio nel governo del regno. E quivi
_ille eam matris instar secum tamdiu habuit, quoad usque ipse
protervorum consilio juvenum depravatus, tristem illam dimisit_. Sicchè
ella malcontenta si restituì all'Italia (non so in qual tempo),
lasciando il re nipote in balìa ai trasporti della sua gioventù. Fin qui
avea _Tribuno Memmo_ doge di Venezia governato il suo popolo senza
operar cose che gliene guadagnassero l'affetto[2592]. Gli stava non poco
a cuore che Maurizio suo figliuolo succedesse a lui nel governo, e
perciò lo spedì a Costantinopoli con isperanza, che ritornando
condecorato da quegli Augusti di qualche illustre dignità, più
facilmente otterrebbe il suo intento. Ma cadde intanto malato esso doge,
e sentendo accostarsi il suo fine, si fece portare al monistero di san
Zacheria, e quivi preso l'abito monastico, dopo sei giorni terminò di
vivere. Non già il di lui figliuolo, ma bensì _Pietro Orseolo II_ fu
creato in suo luogo doge di Venezia. Egli era figliuolo di quel _Pietro
Orseolo_ che già vedemmo doge, e poi passato alla vita monastica in
Francia, dove per le sue virtù si guadagnò il titolo di beato e di
santo. Questi fu principe di gran senno, e talmente attento ai vantaggi
della sua patria, che Venezia a' suoi di crebbe sommamente di potenza e
decoro. All'anno precedente 990 racconta il Sigonio[2593] le rivoluzioni
seguite in Milano fra _Landolfo arcivescovo_ e il popolo di quella
città. Il signor Sassi nelle annotazioni[2594] fu di parere ch'esso
Landolfo venisse promosso a quell'arcivescovato nell'anno 980, come in
fatti è notato nel Codice estense della Storia di Arnolfo
milanese[2595]; e che nel 982 succedessero quelle dissensioni, per le
quali Ottone II imperadore, secondo lui assediò Milano nell'anno 983. Io
non m'arrischio a proporre alcuno di tali fatti, perchè circa il tempo
la storia ci lascia nelle tenebre, e mi prendo la libertà di narrar qui
le sollevazioni suddette con qualche barlume di verisimiglianza, che
trovandosi troppo giovane il re Ottone III, e morta la madre sua, e
passata in Germania l'avola sua Adelaide, potesse allora il popolo di
Milano prendere l'armi contra del suo arcivescovo. Ora il fatto è in
questa maniera narrato da Landolfo seniore[2596] storico milanese.
A' tempi di Ottone I era potentissimo in Milano Bonizone da Carcano.
Essendo vacata la chiesa di Milano per la morte di _Gotifredo
arcivescovo_ nell'anno 980, costui a forza d'oro procurò
quell'arcivescovato dall'imperadore per suo figliuolo _Landolfo_ contro
la volontà di tutto il clero e popolo milanese, al quale apparteneva
l'elezione. Crebbe perciò di giorno in giorno sempre più l'odio
universale contra di lui. _Interea Landulphus paucis commoratus annis,
patre ejus male mortuo a quodam Tazonis vernula suo in lecto, ad Ottonem
imperatorem cursu veloci fugiens tetendit._ Istigato l'imperadore
(questi era Ottone II) venne all'assedio di Milano. Per una visione
ritornò in sè stesso Landolfo, e chiamati dalla città molti nobili,
stabilì un infame accordo con essi, concedendo loro in feudo o a livello
le dignità della chiesa e le pievi della sua diocesi: con che egli
ritornò quieto alla sua cattedra, e l'Augusto Ottone se ne andò in
Liguria. Ma nulla parlando Arnolfo milanese, scrittore più esatto e
contemporaneo d'esso Landolfo nel secolo susseguente, di un tale
assedio, e nulla dicendone gli scrittori tedeschi, che pure van
registrando tutte le più riguardevoli azioni di Ottone II, io non so che
s'abbia a creder a Landolfo storico per conto d'esso assedio. Però
meglio fia l'attenersi qui al racconto d'esso Arnolfo[2597], che con
altre circostanze ci rappresenta quegli avvenimenti. Dice adunque, che
succeduto Landolfo, nativo del castello di Carcano, a Gotofredo
arcivescovo, per la troppa insolenza del padre e del fratello cominciò a
tirarsi addosso l'odio del popolo, coll'abusarsi del dominio della
città, di cui forse era conte, o vogliam dire governatore. Congiurò
contra di lui la plebe, ma i nobili erano in favore di lui. _Quibus
assidue rixantibus grande commissum est in urbe certamen._ Vedendo
Landolfo di non potere reggere alla forza del popolo, lasciato nella
città il padre suo decrepito, si ritirò fuori coi nobili, ai quali, per
tenerli saldi nel suo partito con farli suoi vassalli, distribuì molti
benefizii dei cherici e beni della sua Chiesa, _Iterum autem collecto ex
diversis partibus agmine, conflixit eisdem cum civibus in campo
Carbonariae, ubi facta est plurima caedes utrinque: a quo bello aegre
divertit hac etiam vice. In civitate autem quaedam_ (scrivi _quidam_,)
_vernula, audita domini sui nece, accurrens, patrem praesulis lecto
jacentem cultro transfixit._ Ma non andò molto, che frappostesi varie
persone sagge, seguì concordia e pace fra Landolfo e il popolo.
L'arcivescovo in emenda de' suoi peccati fece fabbricare in Milano il
monistero di san Celso, dove poi venendo a morte, volle essere
seppellito. Qui non c'è parola nè di Ottone II, nè di assedio da lui
fatto di Milano; e però potrebbono essere succeduti cotali sconcerti
durante la lontananza e minorità di Ottone III. Circa questi medesimi
tempi anche il popolo di Cremona recò non pochi affanni ad _Odelrico
vescovo_ di quella città; perciocchè _ecclesiae suae terram potestative
invaserunt, ac illam_ (forse illum) _devestierunt; atque sub obtentu,
seu occasione commendationis atque facticii, clericos illius, ac laicos
suo regimini juste et legaliter deditos, ec. injuste depraedantes,
eamdem ecclesiam coarctando ac depraedando, multis calamitatibus
opprimebant_. Tutto ciò si legge in un diploma di Ottone III[2598]
dell'anno 996. Fatti tutti che son degni d'attenzione, poichè di qui si
scorge il principio della libertà e indipendenza che a poco a poco
andarono poi procacciando a sè stessi i popoli d'Italia con una
strepitosa mutazion di cose, di cui andremo di mano in mano ravvisando
il progresso. Rapporta il Campi[2599] un placito tenuto _in civitate
Placentia in solario proprio donni archiepiscopi sanctae placentinae
ecclesiae,_ dove _in judicio residebat domnus Joannes vir venerabilis
archiepiscopus sanctae placentinae ecclesiae, missus donni Ottonis
regis_. Dal notaio fu scritto _anno ab Incarnatione Domini nostri Jesu
Christi DCCCCXCI, decimotertio kalendas februarii, Indictione quarta_.
Noi ancor qui troviamo in uso l'autorità regale di Ottone III in Italia,
ma non giù notati negli atti pubblici gli anni del suo regno. Abbiamo da
Lupo Protospata[2600] che _fecit bellum Asto comes cum Saracenis in
Tarento, et ibi cecidit ille cum multis Barensibus_. In vece di _Asto_,
un altro codice e l'Anonimo barense hanno _Otto comes_; ma si dee
scrivere _Atto comes_. Medesimamente in quest'anno _Ugo Capeto_ re di
Francia, sdegnato contra di _Arnolfo arcivescovo_ di Rems, il fece
deporre dai vescovi in un concilio tenuto in quella città, ma senza che
fosse approvata una tal risoluzione dalla santa Sede. In suo luogo fece
egli ordinare _Gerberto_, che noi già vedemmo abbate di Bobbio, in
ricompensa di essere stato maestro del _re Roberto_ suo figliuolo, e per
la stima della di lui rara letteratura. Vedremo poi fin dove arrivò la
fortuna di questo personaggio.
NOTE:
[2589] Annalista Saxo.
[2590] Ditmarus, in Chron., lib. 4.
[2591] Odilo, in Vit. Sanct. Adelheidis.
[2592] Dandul., in Chron., tom. 12 Rer. Ital.
[2593] Sigonius, de Regno Ital., lib. 7.
[2594] Saxius, in Adnotation. ad eumdem.
[2595] Arnulf., Hist. Mediol., tom. 4 Rer. Ital.
[2596] Landulf. Senior, Hist. Mediol., tom. 4 Rer. Ital.
[2597] Arnulf., Hist. Mediol., lib. 1, cap. 10.
[2598] Ughell., Ital. Sacr., tom. 4 in Episcop. Cremonens.
[2599] Campi, Istor. di Piacenza, tom. 1.
[2600] Lupus Protospata, in Chron.
Anno di CRISTO DCCCCXCII. Indizione V.
GIOVANNI XV papa 8.
OTTONE III re di Germania e d'Italia 10.
Dacchè fu alzato alla dignità ducale in Venezia _Pietro Orseolo II_,
siccome persona di grande attività e senno, spedì tosto a Costantinopoli
i suoi legati, ed ottenne dagl'imperadori _Basilio_ e _Costantino_ la
bolla d'oro contenente la conferma di tutte le libertà ed esenzioni
godute in addietro dal popolo di Venezia per tutto l'imperio d'Oriente.
Studiossi ancora di stabilir buona amicizia con tutti i principi de'
Saraceni, a' quali per tal effetto mandò ambasciatori. Ma
particolarmente ebbe cura di far confermare al re _Ottone III_ i vecchi
patti. Si legge nella Cronica del Dandolo[2601] il diploma di tal
conferma, conceduta da esso re _interventu et petitione nostrae
dilectissimae dominae aviae Adelheidae imperatricis Augustae_: il che fa
conoscere che la santa imperadrice tuttavia dimorava in Germania nella
corte del re suo nipote. E il diploma è dato _XIV kalendas augusti, anno
dominicae Incarnationis DCCCCXCII, Indictione V, anno vero domni Ottonis
III regnantis nono. Actum Molinhusen._ Asserisce Lupo Protospata[2602]
che in quest'anno si provò una terribil carestia per tutta l'Italia. Non
già nell'anno 991, come stimò il Sigonio[2603], ma bensì nel fine del
presente, diede fine ai suoi giorni _Aloara_ principessa di Capua, già
moglie di _Pandolfo Capodiferro_, la quale fin qui col figliuolo
_Landenolfo_[2604] virilmente avea governato quegli Stati. Siccome
osservò il cardinal Baronio[2605], ella avea fatto ammazzare un suo
nipote conte, per paura ch'egli col suo credito potesse occupare il
principato a' suoi figliuoli: perlochè san _Nilo abbate_ le predisse che
mancherebbe la stirpe sua, siccome in fatti da lì a non molto avvenne.
NOTE:
[2601] Dandul., in Chronic., tom. 12 Rer. Ital.
[2602] Lupus Protospata, in Chronico.
[2603] Sigonius, de Regno Ital., lib. 7.
[2604] Leo Ostiensis, Chron., lib. 2, cap. 10.
[2605] Baron., in Annal. Eccles.
Anno di CRISTO DCCCCXCIII. Indiz VI.
GIOVANNI XV papa 9.
OTTONE III re di Germania e d'Italia 11.
Nell'archivio dell'insigne monistero di Subiaco sì legge uno strumento
scritto _anno, Deo propitio, pontificatus domni Johanni summi pontificis
et universali XV papae in sacratissima sede beati Petri apostoli
septimo, Indictione V, mensis februarii die tertia_, cioè nell'anno
precedente. Ma questo mese non s'accorda con quanto s'è accennato
all'anno 985 intorno al tempo della elezione di questo papa. Più si
confà un altro scritto _anno octavo, Indictione VI, mensis julii die
octava_, cioè nell'anno presente. Appena furono passati quattro mesi
dopo la morte di _Aloara_ principessa di Capua[2606], che in essa città
di Capua nel dì 20 d'aprile di quest'anno scoppiò una congiura di
malvagi contra di _Landenolfo principe_ suo figliuolo, per cui egli
restò miseramente privato di vita presso la chiesa di san Marcello. Era
parente di Landenolfo _Trasmondo conte_ teatino, ossia di Chieti, e
marchese, cioè, a mio credere, quel medesimo che di sopra dicemmo duca
di Spoleti, o almeno marchese di Camerino. Si accinse questi a vendicar
la morte dell'ucciso principe, e dopo due mesi con un competente
esercito, accompagnato da _Rinaldo_ ed _Oderisio conti_ di Marsi,
pertossi all'assedio di Capua. Vi stette sotto quindici dì, nel qual
tempo diede il guasto al territorio, cioè gastigò in vece de' rei
gl'innocenti; e senza far altro se ne ritornò a casa. Per attestato
della Cronica del Volturno[2607], entrò la peste in Capua con tal furia,
che appena restò in vita la terza parte del popolo. Giunta intanto la
nuova dell'assassinamento suddetto alla corte di _Ottone III_ in
Germania, venne un ordine ad _Ugo marchese_ di Toscana di farne rigorosa
vendetta. Adunque Ugo, ammassate le forze sue, ed unitele con quelle di
Trasmondo e dei conti suddetti, tornò ad assediare più strettamente
Capua, tanto che obbligò quei cittadini a dargli in mano i malfattori,
cioè gli uccisori del suddetto Landenolfo[2608]. Sei d'essi ne fece
impiccar per la gola; gli altri con varie pene ricevettero il pagamento
de' loro misfatti. Restò principe di Capua _Laidolfo_ fratello minore
del medesimo Landenolfo.
Attese circa questi tempi _Pietro Orseolo II_ doge egregio di Venezia a
ristorare la città di Grado, le cui fabbriche venivano meno per
l'antichità[2609]. La cinse di mura dai fondamenti; vi fabbricò il
palazzo ducale presso alla torre occidentale, e fece riporre in segreti
luoghi sotterra i corpi de' santi di quella cattedrale. E perciocchè
_Giovanni vescovo_ di Belluno seguitava ad occupar certi beni e diritti
de' Veneziani, e non voleva arrendersi nè alle ambasciate nè alle
lettere dello stesso re Ottone, proibì il savio doge ogni commercio del
suo popolo colla marca di Trivigi. Bastò questo ripiego per metter in
dovere i Bellunesi, i quali non potendo più ricevere sale, nè altre
mercatanzie, domandarono pace ai Veneziani, e l'ottennero, allorchè il
re Ottone venne in Italia. Credesi che a quest'anno appartenga la
dotazione della badia di santa Maria dei Benedettini, fondata in
Firenze[2610] da _Willa_ contessa, ivi chiamata _filia domni Bonifacii,
qui fuit marchio_, cioè di Spoleti. Era essa stata moglie di _Uberto_
duca e marchese di Toscana, ed era madre del vivente allora marchese di
Toscana _Ugo_. Le duchesse e marchesane per lo più usavano il solo nome
di _contesse_. Lo strumento fu scritto con queste note: _Otho gratia Dei
imperator Augustus, filius domni Othonis, anno imperii ejus XI, pridie
kalendas junii, Indictione VI_, cioè nell'anno presente, secondochè
pensò l'Ughelli, e dopo di lui il padre Mabillone[2611]. Ma doveasi por
mente che Ottone III non era per anche giunto alla corona imperiale, nè
in questi secoli alcun re tedesco portò mai il titolo d'imperadore, se
non dopo d'essere stato coronato dal sommo pontefice. Però quello
strumento è più antico, e s'ha da riferire all'anno 978, nel cui giugno
correva l'_anno XI_ dell'imperio di _Ottone II_ e la _Indizione VI_.
Abbiamo da Leone ostiense[2612] che i monaci di monte Casino
fabbricarono varii monisterii in Toscana _ex Hugonis marchionis
largitione et concessione_, fra' quali il suddetto di santa Maria in
Firenze. Terminò i suoi giorni in quest'anno[2613] _Corrado re_ di
Borgogna, fratello della piissima imperadrice _Adelaide_, ed ebbe per
suo successore _Rodolfo_ suo figliuolo, appellato dagli storici il
_Dappoco_. Tenne parimenti in questi tempi un placito in Verona _Arrigo
duca_, padre di santo _Arrigo_ imperadore, che governava allora non
solamente il ducato di Baviera, ma quello ancora della Carintia colla
marca di Verona. L'Ughelli[2614] rapporta i suoi titoli scorrettamente,
e si dee leggere così: _Domnus Henricus dux Bavariorum, seu
Karentanensium, atque istius marchiae Veronensium_. Fu scritto quel
giudicato _anno ab Incarnatione Domini nostri Jesu Christi nongentesimo
tertio....... de mense novembri, Indictione septima_. Pretendeva
_Ocberto_ (piuttosto _Otberto_) _vescovo_ di Verona che gli fossero
stati usurpati de' beni _a Theodaldo olim marchione_, cioè dall'avolo
della _contessa Matilde_, che si vede allora molto ben vivo; nè so
perchè v'entri quell'_olim_, se pur non dee dirsi una delle
disattenzioni dell'Ughelli. Perchè Tedaldo marchese citato non comparve,
fu decretato il possesso di que' beni al vescovo. Ecco chi era
governatore della marca di Verona in questi tempi.
NOTE:
[2606] Leo Ostiensis, Chron., lib. 2, cap. 10.
[2607] Chron. Vulturnens., P. II, tom. 1 Rer. Ital.
[2608] Petrus Damian., Opuscul. 57, cap. 3.
[2609] Dandul., in Chron. tom. 12 Rer. Ital.
[2610] Puccinelli, Vita di Ugo. Ughelli, Ital. Sacr., tom. 3.
[2611] Mabill., Annal. Benedict. ad ann. 989.
[2612] Leo Ostiensis, Chron., lib. 2, cap. 12.
[2613] Hermannus Contract., in Chron., edition. Canis.
[2614] Ughell., Ital. Sacr., tom. 5 in Episcop. Veronens.
FINE DEL VOLUME III.
[2581] Campi, Stor. Eccles. di Piacenza, tom 1.
Anno di CRISTO DCCCCXC. Indizione III.
GIOVANNI XV papa 6.
OTTONE III re di Germania e d'Italia 8.
Abbiamo detto che l'imperadrice _Teofania_ colla sua venuta in Italia
mise o rimise alla divozione del re _Ottone III_ suo figliuolo que'
popoli che voleano vivere senza briglia. La Cronica del monistero del
Volturno[2582] ci somministra una pruova dell'autorità da lei esercitata
in Italia per un diploma suo spedito in protezione d'esso monistero,
_quarto nonas januarias anno dominicae Incarnationis DCCCCXC, Indictione
II, anno vero tertii Ottonis regnantis III. Actum Romae_, dove ella avea
celebrato il santo Natale. Ma si dee scrivere _Indictione III_, e per
conto degli anni del _regno_ si ha da scrivere _anno VII_. Tuttavia,
siccome fu osservato in alcuni atti accennati di sopra, non si contavano
per anche gli anni del regno di Ottone III in Italia. Un altro più
importante documento[2583] ho io dato alla luce, cioè un placito tenuto,
_anno, Deo propitio, pontificatus domni Johannis summi pontificis V, die
XIII mense martii, Indictione III, foris civitate Ravenne, in vico, qui
dicitur Sablonaria, post tribunal palatii, quod olim construere jussit
domnus Hotto imperator_. Notabili son queste parole, ma più ancora le
seguenti: _Dum resideret, Deo annuente, Johannes archiepiscopus sanctae
placentine ecclesie in generali placito, simul cum eo Hugo gratia Dei
episcopus sancte hansdeburgensis ecclesie jussione domne Theofana
imperatris_, ec. Un tale atto finisce di chiarire che l'esarcato di
Ravenna, non so se per qualche accordo seguito coi romani pontefici, o
per altre ragioni, era divenuto parte del regno d'Italia; e che da gran
tempo non ne erano più in possesso i romani pontefici. Ottone III non
per anche avea conseguito la corona e il diritto degl'imperadori; e pure
Teofania sua madre fa da padrona in Ravenna, mandandovi i suoi ministri
a tenere pubblicamente giustizia, senza che si sappia che ne facessero
doglianza i papi. Ed ora s'intende perchè Ottone il Grande avesse quivi
fabbricato di pianta un palazzo regale per sè e per gli suoi successori.
Dobbiamo anche al padre Mabillone[2584] la memoria di un diploma d'essa
imperadrice, dato in favore del monistero di Farfa, affinchè gli fosse
restituita la cella di santa Vittoria, posta nel territorio di Camerino.
Fu ottenuto questo diploma _interventu Johannis archiepiscopi
ravennatis, et Hugonis principis_, cioè di _Ugo duca_ e marchese di
Toscana e di Spoleti, che faceva la sua corte alla vedova imperadrice.
Le note di quel documento, come cosa rara, meritano d'essere qui
rammentate. _Datum kal. aprilis, anno dominicae Incarnationis DCCCCXC,
imperii domnae Theophanu imperatris XVIII, Indictione III, Ravennae._
L'epoca di Teofania non è giù presa, come pensò il suddetto padre
Mabillone, dall'anno della morte di Ottone II suo consorte, ma bensì,
come avverti il dottissimo padre Gotifredo abbate gotwicense[2585],
dall'anno delle sue nozze, cioè dal 972. Intanto osserviamo che questa
principessa la faceva non da imperadrice, ma da imperadore. Tornossene
ella in quest'anno in Germania per assistere al re Ottone III suo
figliuolo nel governo degli stati. Secondochè racconta Romoaldo
salernitano[2586], _anno DCCCCXC stella a parte Septemtrionis apparuit,
habens splendorem, qui tenebat contra Meridiem, quasi passum unum. Et
post paucos dies iterum apparuit eadem stella a parte Occidentis, et
splendor ejus ad Orientem tendebat. Et non post multos dies fuit
terraemotus magnus, qui plures evertit domos in Benevento et Capua,
multosque homines occidit, et in civitate Ariano multas ecclesias
subvertit. Civitas quoque Frequentus paene media cecidit. Civitatem vero
Consanam prope mediam cum episcopo subvertit, multosque homines
oppressit. Ronsem totam cum ejus hominibus submersit._ Viene anche da
Leone ostiense[2587] narrata questa disavventura con aggiugnere: _In
Benevento Viperam dejecit, et subvertit quindecim turres, in quibus
centum quinquaginta homines mortui sunt_. Angelo della Noce fu di parere
che col nome di _Vipera_ sia indicato un castello di questo nome nel
territorio di Benevento. Credo io piuttosto che Leone significhi una
figura di vipera che tuttavia i Beneventani nella stessa loro città
tenessero alzata sopra qualche colonna, o fabbrica alta: superstizione
ereditata dagli antichi Longobardi. _Simulacrum, quod vulgo Vipera
nominatur, cui Langobardi flectebant colla_[2588], si legge nella vita
di san Barbato vescovo di Benevento. Pare che sino a questi tempi
durasse quella superstiziosa statua o figura in essa città. Ma avendo
noi veduto all'anno 663 che per opera di quel santo prelato fu
atterrata, si può sospettare che almeno il luogo dove essa fu ritenesse
quel nome, e in alcuni non fosse ben estinta quella ridicola persuasione
che dal mantenimento di quel luogo dipendesse la felicità e salvezza
della città, in quella guisa che gli antichi Romani pensarono
dell'altare della Vittoria, i Troiani del Palladio, i Fiorentini della
statua di Marte, ed altri simili.
NOTE:
[2582] Chronic. Vulturnense, P. II, tom. 2 Rer. Ital.
[2583] Antiq. Ital., Dissertat. XXXI, pag. 959.
[2584] Mabill., in Annal. Benedict. ad hunc annum.
[2585] Chron. Gotwicense, tom. 1, pag. 224.
[2586] Romualdus Salernit., Chron. tom. 7 Rer. Ital.
[2587] Leo Ostiensis, Chron., lib. 2, cap. 11.
[2588] Ughell., Ital. Sacr., tom. 8 in episcop. Benevent.
Anno di CRISTO DCCCCXCI. Indizione IV.
GIOVANNI XV papa 7.
OTTONE III re di Germania e d'Italia 9.
Abbiamo dall'Annalista sassone[2589], che Ottone III coll'Augusta
Teofania sua madre celebrò con solennità ed allegria la santa Pasqua in
Quidelingeburg in Sassonia. Intervennero a tal festa _Marchio Tuscanorum
Hugo, et dux Polonorum Miseco cum pluribus regni princibus, diversa
munera ad obsequium imperatoris_ (non era per anche imperadore)
_deferentes_. _Ugo marchese_ e duca di Toscana con grandi ricchezze e
potenza accoppiava una non minore accortezza; e volendosi ben mettere in
grazia di Ottone III e di sua madre, non tornò sì tosto in Italia, ma
continuò a far la sua corte a que' regnanti, finchè giunsero a Nimega.
Quivi infermatasi l'imperadrice Teofania, da morte immatura fu rapita
nel dì 16 di giugno dell'anno presente Presso Ditmaro[2590] la sua morte
è posta sotto il precedente anno, ma per errore dei copisti. L'Annalista
sassone, Ermanno Contratto, Lamberto da Scafnaburgo, che copiavano la
Cronica di Ditmaro, dovettero ben vedere che anch'egli sotto il presente
anno notò la morte della suddetta imperadrice. Era questa greca
principessa donna di spiriti virili, di bella ed onesta conversazione,
molto caritativa verso de' poveri e delle chiese; sapeva cattivarsi
l'affetto di chi ella voleva, ed insieme tener basso chi alzava la
cresta; utilissima perciò nel governo degli stati al figliuolo. Un solo
difetto viene in lei riprovato da sant'Odilone[2591]: cioè, che
quantunque ella fosse utile ed ottima per gli altri, _socrui tamen_
(cioè a sant'Adelaide) _fuit ex parte contraria. Ad postremum vero
cujusdam Graeci_ (probabilmente vuol intendere di Giovanni arcivescovo
di Piacenza) _aliorumque adulantium consilio fruens, minabatur ei, quasi
manu designando, dicens: Si integrum annum supervixero, non dominabitur
Adhelhaida in toto mundo, quod non possit circumdari palmo uno. Quam
sententiam inconsulte prolatam, divina censura fecit esse veracem. Ante
quatuor hebdomadas graeca imperatrix ab hac luce discessit. Augusta
Adalhaida superstes, felixque remansit._ All'avviso della defunta nuora
la piissima imperadrice _Adelaide_ si portò dall'Italia in Germania per
consolare l'afflitto nipote _Ottone III_, e per dare assistenza alla di
lui età bisognosa tuttavia di consiglio nel governo del regno. E quivi
_ille eam matris instar secum tamdiu habuit, quoad usque ipse
protervorum consilio juvenum depravatus, tristem illam dimisit_. Sicchè
ella malcontenta si restituì all'Italia (non so in qual tempo),
lasciando il re nipote in balìa ai trasporti della sua gioventù. Fin qui
avea _Tribuno Memmo_ doge di Venezia governato il suo popolo senza
operar cose che gliene guadagnassero l'affetto[2592]. Gli stava non poco
a cuore che Maurizio suo figliuolo succedesse a lui nel governo, e
perciò lo spedì a Costantinopoli con isperanza, che ritornando
condecorato da quegli Augusti di qualche illustre dignità, più
facilmente otterrebbe il suo intento. Ma cadde intanto malato esso doge,
e sentendo accostarsi il suo fine, si fece portare al monistero di san
Zacheria, e quivi preso l'abito monastico, dopo sei giorni terminò di
vivere. Non già il di lui figliuolo, ma bensì _Pietro Orseolo II_ fu
creato in suo luogo doge di Venezia. Egli era figliuolo di quel _Pietro
Orseolo_ che già vedemmo doge, e poi passato alla vita monastica in
Francia, dove per le sue virtù si guadagnò il titolo di beato e di
santo. Questi fu principe di gran senno, e talmente attento ai vantaggi
della sua patria, che Venezia a' suoi di crebbe sommamente di potenza e
decoro. All'anno precedente 990 racconta il Sigonio[2593] le rivoluzioni
seguite in Milano fra _Landolfo arcivescovo_ e il popolo di quella
città. Il signor Sassi nelle annotazioni[2594] fu di parere ch'esso
Landolfo venisse promosso a quell'arcivescovato nell'anno 980, come in
fatti è notato nel Codice estense della Storia di Arnolfo
milanese[2595]; e che nel 982 succedessero quelle dissensioni, per le
quali Ottone II imperadore, secondo lui assediò Milano nell'anno 983. Io
non m'arrischio a proporre alcuno di tali fatti, perchè circa il tempo
la storia ci lascia nelle tenebre, e mi prendo la libertà di narrar qui
le sollevazioni suddette con qualche barlume di verisimiglianza, che
trovandosi troppo giovane il re Ottone III, e morta la madre sua, e
passata in Germania l'avola sua Adelaide, potesse allora il popolo di
Milano prendere l'armi contra del suo arcivescovo. Ora il fatto è in
questa maniera narrato da Landolfo seniore[2596] storico milanese.
A' tempi di Ottone I era potentissimo in Milano Bonizone da Carcano.
Essendo vacata la chiesa di Milano per la morte di _Gotifredo
arcivescovo_ nell'anno 980, costui a forza d'oro procurò
quell'arcivescovato dall'imperadore per suo figliuolo _Landolfo_ contro
la volontà di tutto il clero e popolo milanese, al quale apparteneva
l'elezione. Crebbe perciò di giorno in giorno sempre più l'odio
universale contra di lui. _Interea Landulphus paucis commoratus annis,
patre ejus male mortuo a quodam Tazonis vernula suo in lecto, ad Ottonem
imperatorem cursu veloci fugiens tetendit._ Istigato l'imperadore
(questi era Ottone II) venne all'assedio di Milano. Per una visione
ritornò in sè stesso Landolfo, e chiamati dalla città molti nobili,
stabilì un infame accordo con essi, concedendo loro in feudo o a livello
le dignità della chiesa e le pievi della sua diocesi: con che egli
ritornò quieto alla sua cattedra, e l'Augusto Ottone se ne andò in
Liguria. Ma nulla parlando Arnolfo milanese, scrittore più esatto e
contemporaneo d'esso Landolfo nel secolo susseguente, di un tale
assedio, e nulla dicendone gli scrittori tedeschi, che pure van
registrando tutte le più riguardevoli azioni di Ottone II, io non so che
s'abbia a creder a Landolfo storico per conto d'esso assedio. Però
meglio fia l'attenersi qui al racconto d'esso Arnolfo[2597], che con
altre circostanze ci rappresenta quegli avvenimenti. Dice adunque, che
succeduto Landolfo, nativo del castello di Carcano, a Gotofredo
arcivescovo, per la troppa insolenza del padre e del fratello cominciò a
tirarsi addosso l'odio del popolo, coll'abusarsi del dominio della
città, di cui forse era conte, o vogliam dire governatore. Congiurò
contra di lui la plebe, ma i nobili erano in favore di lui. _Quibus
assidue rixantibus grande commissum est in urbe certamen._ Vedendo
Landolfo di non potere reggere alla forza del popolo, lasciato nella
città il padre suo decrepito, si ritirò fuori coi nobili, ai quali, per
tenerli saldi nel suo partito con farli suoi vassalli, distribuì molti
benefizii dei cherici e beni della sua Chiesa, _Iterum autem collecto ex
diversis partibus agmine, conflixit eisdem cum civibus in campo
Carbonariae, ubi facta est plurima caedes utrinque: a quo bello aegre
divertit hac etiam vice. In civitate autem quaedam_ (scrivi _quidam_,)
_vernula, audita domini sui nece, accurrens, patrem praesulis lecto
jacentem cultro transfixit._ Ma non andò molto, che frappostesi varie
persone sagge, seguì concordia e pace fra Landolfo e il popolo.
L'arcivescovo in emenda de' suoi peccati fece fabbricare in Milano il
monistero di san Celso, dove poi venendo a morte, volle essere
seppellito. Qui non c'è parola nè di Ottone II, nè di assedio da lui
fatto di Milano; e però potrebbono essere succeduti cotali sconcerti
durante la lontananza e minorità di Ottone III. Circa questi medesimi
tempi anche il popolo di Cremona recò non pochi affanni ad _Odelrico
vescovo_ di quella città; perciocchè _ecclesiae suae terram potestative
invaserunt, ac illam_ (forse illum) _devestierunt; atque sub obtentu,
seu occasione commendationis atque facticii, clericos illius, ac laicos
suo regimini juste et legaliter deditos, ec. injuste depraedantes,
eamdem ecclesiam coarctando ac depraedando, multis calamitatibus
opprimebant_. Tutto ciò si legge in un diploma di Ottone III[2598]
dell'anno 996. Fatti tutti che son degni d'attenzione, poichè di qui si
scorge il principio della libertà e indipendenza che a poco a poco
andarono poi procacciando a sè stessi i popoli d'Italia con una
strepitosa mutazion di cose, di cui andremo di mano in mano ravvisando
il progresso. Rapporta il Campi[2599] un placito tenuto _in civitate
Placentia in solario proprio donni archiepiscopi sanctae placentinae
ecclesiae,_ dove _in judicio residebat domnus Joannes vir venerabilis
archiepiscopus sanctae placentinae ecclesiae, missus donni Ottonis
regis_. Dal notaio fu scritto _anno ab Incarnatione Domini nostri Jesu
Christi DCCCCXCI, decimotertio kalendas februarii, Indictione quarta_.
Noi ancor qui troviamo in uso l'autorità regale di Ottone III in Italia,
ma non giù notati negli atti pubblici gli anni del suo regno. Abbiamo da
Lupo Protospata[2600] che _fecit bellum Asto comes cum Saracenis in
Tarento, et ibi cecidit ille cum multis Barensibus_. In vece di _Asto_,
un altro codice e l'Anonimo barense hanno _Otto comes_; ma si dee
scrivere _Atto comes_. Medesimamente in quest'anno _Ugo Capeto_ re di
Francia, sdegnato contra di _Arnolfo arcivescovo_ di Rems, il fece
deporre dai vescovi in un concilio tenuto in quella città, ma senza che
fosse approvata una tal risoluzione dalla santa Sede. In suo luogo fece
egli ordinare _Gerberto_, che noi già vedemmo abbate di Bobbio, in
ricompensa di essere stato maestro del _re Roberto_ suo figliuolo, e per
la stima della di lui rara letteratura. Vedremo poi fin dove arrivò la
fortuna di questo personaggio.
NOTE:
[2589] Annalista Saxo.
[2590] Ditmarus, in Chron., lib. 4.
[2591] Odilo, in Vit. Sanct. Adelheidis.
[2592] Dandul., in Chron., tom. 12 Rer. Ital.
[2593] Sigonius, de Regno Ital., lib. 7.
[2594] Saxius, in Adnotation. ad eumdem.
[2595] Arnulf., Hist. Mediol., tom. 4 Rer. Ital.
[2596] Landulf. Senior, Hist. Mediol., tom. 4 Rer. Ital.
[2597] Arnulf., Hist. Mediol., lib. 1, cap. 10.
[2598] Ughell., Ital. Sacr., tom. 4 in Episcop. Cremonens.
[2599] Campi, Istor. di Piacenza, tom. 1.
[2600] Lupus Protospata, in Chron.
Anno di CRISTO DCCCCXCII. Indizione V.
GIOVANNI XV papa 8.
OTTONE III re di Germania e d'Italia 10.
Dacchè fu alzato alla dignità ducale in Venezia _Pietro Orseolo II_,
siccome persona di grande attività e senno, spedì tosto a Costantinopoli
i suoi legati, ed ottenne dagl'imperadori _Basilio_ e _Costantino_ la
bolla d'oro contenente la conferma di tutte le libertà ed esenzioni
godute in addietro dal popolo di Venezia per tutto l'imperio d'Oriente.
Studiossi ancora di stabilir buona amicizia con tutti i principi de'
Saraceni, a' quali per tal effetto mandò ambasciatori. Ma
particolarmente ebbe cura di far confermare al re _Ottone III_ i vecchi
patti. Si legge nella Cronica del Dandolo[2601] il diploma di tal
conferma, conceduta da esso re _interventu et petitione nostrae
dilectissimae dominae aviae Adelheidae imperatricis Augustae_: il che fa
conoscere che la santa imperadrice tuttavia dimorava in Germania nella
corte del re suo nipote. E il diploma è dato _XIV kalendas augusti, anno
dominicae Incarnationis DCCCCXCII, Indictione V, anno vero domni Ottonis
III regnantis nono. Actum Molinhusen._ Asserisce Lupo Protospata[2602]
che in quest'anno si provò una terribil carestia per tutta l'Italia. Non
già nell'anno 991, come stimò il Sigonio[2603], ma bensì nel fine del
presente, diede fine ai suoi giorni _Aloara_ principessa di Capua, già
moglie di _Pandolfo Capodiferro_, la quale fin qui col figliuolo
_Landenolfo_[2604] virilmente avea governato quegli Stati. Siccome
osservò il cardinal Baronio[2605], ella avea fatto ammazzare un suo
nipote conte, per paura ch'egli col suo credito potesse occupare il
principato a' suoi figliuoli: perlochè san _Nilo abbate_ le predisse che
mancherebbe la stirpe sua, siccome in fatti da lì a non molto avvenne.
NOTE:
[2601] Dandul., in Chronic., tom. 12 Rer. Ital.
[2602] Lupus Protospata, in Chronico.
[2603] Sigonius, de Regno Ital., lib. 7.
[2604] Leo Ostiensis, Chron., lib. 2, cap. 10.
[2605] Baron., in Annal. Eccles.
Anno di CRISTO DCCCCXCIII. Indiz VI.
GIOVANNI XV papa 9.
OTTONE III re di Germania e d'Italia 11.
Nell'archivio dell'insigne monistero di Subiaco sì legge uno strumento
scritto _anno, Deo propitio, pontificatus domni Johanni summi pontificis
et universali XV papae in sacratissima sede beati Petri apostoli
septimo, Indictione V, mensis februarii die tertia_, cioè nell'anno
precedente. Ma questo mese non s'accorda con quanto s'è accennato
all'anno 985 intorno al tempo della elezione di questo papa. Più si
confà un altro scritto _anno octavo, Indictione VI, mensis julii die
octava_, cioè nell'anno presente. Appena furono passati quattro mesi
dopo la morte di _Aloara_ principessa di Capua[2606], che in essa città
di Capua nel dì 20 d'aprile di quest'anno scoppiò una congiura di
malvagi contra di _Landenolfo principe_ suo figliuolo, per cui egli
restò miseramente privato di vita presso la chiesa di san Marcello. Era
parente di Landenolfo _Trasmondo conte_ teatino, ossia di Chieti, e
marchese, cioè, a mio credere, quel medesimo che di sopra dicemmo duca
di Spoleti, o almeno marchese di Camerino. Si accinse questi a vendicar
la morte dell'ucciso principe, e dopo due mesi con un competente
esercito, accompagnato da _Rinaldo_ ed _Oderisio conti_ di Marsi,
pertossi all'assedio di Capua. Vi stette sotto quindici dì, nel qual
tempo diede il guasto al territorio, cioè gastigò in vece de' rei
gl'innocenti; e senza far altro se ne ritornò a casa. Per attestato
della Cronica del Volturno[2607], entrò la peste in Capua con tal furia,
che appena restò in vita la terza parte del popolo. Giunta intanto la
nuova dell'assassinamento suddetto alla corte di _Ottone III_ in
Germania, venne un ordine ad _Ugo marchese_ di Toscana di farne rigorosa
vendetta. Adunque Ugo, ammassate le forze sue, ed unitele con quelle di
Trasmondo e dei conti suddetti, tornò ad assediare più strettamente
Capua, tanto che obbligò quei cittadini a dargli in mano i malfattori,
cioè gli uccisori del suddetto Landenolfo[2608]. Sei d'essi ne fece
impiccar per la gola; gli altri con varie pene ricevettero il pagamento
de' loro misfatti. Restò principe di Capua _Laidolfo_ fratello minore
del medesimo Landenolfo.
Attese circa questi tempi _Pietro Orseolo II_ doge egregio di Venezia a
ristorare la città di Grado, le cui fabbriche venivano meno per
l'antichità[2609]. La cinse di mura dai fondamenti; vi fabbricò il
palazzo ducale presso alla torre occidentale, e fece riporre in segreti
luoghi sotterra i corpi de' santi di quella cattedrale. E perciocchè
_Giovanni vescovo_ di Belluno seguitava ad occupar certi beni e diritti
de' Veneziani, e non voleva arrendersi nè alle ambasciate nè alle
lettere dello stesso re Ottone, proibì il savio doge ogni commercio del
suo popolo colla marca di Trivigi. Bastò questo ripiego per metter in
dovere i Bellunesi, i quali non potendo più ricevere sale, nè altre
mercatanzie, domandarono pace ai Veneziani, e l'ottennero, allorchè il
re Ottone venne in Italia. Credesi che a quest'anno appartenga la
dotazione della badia di santa Maria dei Benedettini, fondata in
Firenze[2610] da _Willa_ contessa, ivi chiamata _filia domni Bonifacii,
qui fuit marchio_, cioè di Spoleti. Era essa stata moglie di _Uberto_
duca e marchese di Toscana, ed era madre del vivente allora marchese di
Toscana _Ugo_. Le duchesse e marchesane per lo più usavano il solo nome
di _contesse_. Lo strumento fu scritto con queste note: _Otho gratia Dei
imperator Augustus, filius domni Othonis, anno imperii ejus XI, pridie
kalendas junii, Indictione VI_, cioè nell'anno presente, secondochè
pensò l'Ughelli, e dopo di lui il padre Mabillone[2611]. Ma doveasi por
mente che Ottone III non era per anche giunto alla corona imperiale, nè
in questi secoli alcun re tedesco portò mai il titolo d'imperadore, se
non dopo d'essere stato coronato dal sommo pontefice. Però quello
strumento è più antico, e s'ha da riferire all'anno 978, nel cui giugno
correva l'_anno XI_ dell'imperio di _Ottone II_ e la _Indizione VI_.
Abbiamo da Leone ostiense[2612] che i monaci di monte Casino
fabbricarono varii monisterii in Toscana _ex Hugonis marchionis
largitione et concessione_, fra' quali il suddetto di santa Maria in
Firenze. Terminò i suoi giorni in quest'anno[2613] _Corrado re_ di
Borgogna, fratello della piissima imperadrice _Adelaide_, ed ebbe per
suo successore _Rodolfo_ suo figliuolo, appellato dagli storici il
_Dappoco_. Tenne parimenti in questi tempi un placito in Verona _Arrigo
duca_, padre di santo _Arrigo_ imperadore, che governava allora non
solamente il ducato di Baviera, ma quello ancora della Carintia colla
marca di Verona. L'Ughelli[2614] rapporta i suoi titoli scorrettamente,
e si dee leggere così: _Domnus Henricus dux Bavariorum, seu
Karentanensium, atque istius marchiae Veronensium_. Fu scritto quel
giudicato _anno ab Incarnatione Domini nostri Jesu Christi nongentesimo
tertio....... de mense novembri, Indictione septima_. Pretendeva
_Ocberto_ (piuttosto _Otberto_) _vescovo_ di Verona che gli fossero
stati usurpati de' beni _a Theodaldo olim marchione_, cioè dall'avolo
della _contessa Matilde_, che si vede allora molto ben vivo; nè so
perchè v'entri quell'_olim_, se pur non dee dirsi una delle
disattenzioni dell'Ughelli. Perchè Tedaldo marchese citato non comparve,
fu decretato il possesso di que' beni al vescovo. Ecco chi era
governatore della marca di Verona in questi tempi.
NOTE:
[2606] Leo Ostiensis, Chron., lib. 2, cap. 10.
[2607] Chron. Vulturnens., P. II, tom. 1 Rer. Ital.
[2608] Petrus Damian., Opuscul. 57, cap. 3.
[2609] Dandul., in Chron. tom. 12 Rer. Ital.
[2610] Puccinelli, Vita di Ugo. Ughelli, Ital. Sacr., tom. 3.
[2611] Mabill., Annal. Benedict. ad ann. 989.
[2612] Leo Ostiensis, Chron., lib. 2, cap. 12.
[2613] Hermannus Contract., in Chron., edition. Canis.
[2614] Ughell., Ital. Sacr., tom. 5 in Episcop. Veronens.
FINE DEL VOLUME III.
- Parts
- Annali d'Italia, vol. 3 - 01
- Annali d'Italia, vol. 3 - 02
- Annali d'Italia, vol. 3 - 03
- Annali d'Italia, vol. 3 - 04
- Annali d'Italia, vol. 3 - 05
- Annali d'Italia, vol. 3 - 06
- Annali d'Italia, vol. 3 - 07
- Annali d'Italia, vol. 3 - 08
- Annali d'Italia, vol. 3 - 09
- Annali d'Italia, vol. 3 - 10
- Annali d'Italia, vol. 3 - 11
- Annali d'Italia, vol. 3 - 12
- Annali d'Italia, vol. 3 - 13
- Annali d'Italia, vol. 3 - 14
- Annali d'Italia, vol. 3 - 15
- Annali d'Italia, vol. 3 - 16
- Annali d'Italia, vol. 3 - 17
- Annali d'Italia, vol. 3 - 18
- Annali d'Italia, vol. 3 - 19
- Annali d'Italia, vol. 3 - 20
- Annali d'Italia, vol. 3 - 21
- Annali d'Italia, vol. 3 - 22
- Annali d'Italia, vol. 3 - 23
- Annali d'Italia, vol. 3 - 24
- Annali d'Italia, vol. 3 - 25
- Annali d'Italia, vol. 3 - 26
- Annali d'Italia, vol. 3 - 27
- Annali d'Italia, vol. 3 - 28
- Annali d'Italia, vol. 3 - 29
- Annali d'Italia, vol. 3 - 30
- Annali d'Italia, vol. 3 - 31
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- Annali d'Italia, vol. 3 - 33
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- Annali d'Italia, vol. 3 - 58
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- Annali d'Italia, vol. 3 - 65
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- Annali d'Italia, vol. 3 - 68
- Annali d'Italia, vol. 3 - 69
- Annali d'Italia, vol. 3 - 70
- Annali d'Italia, vol. 3 - 71
- Annali d'Italia, vol. 3 - 72
- Annali d'Italia, vol. 3 - 73
- Annali d'Italia, vol. 3 - 74
- Annali d'Italia, vol. 3 - 75
- Annali d'Italia, vol. 3 - 76
- Annali d'Italia, vol. 3 - 77
- Annali d'Italia, vol. 3 - 78
- Annali d'Italia, vol. 3 - 79
- Annali d'Italia, vol. 3 - 80
- Annali d'Italia, vol. 3 - 81
- Annali d'Italia, vol. 3 - 82
- Annali d'Italia, vol. 3 - 83
- Annali d'Italia, vol. 3 - 84
- Annali d'Italia, vol. 3 - 85
- Annali d'Italia, vol. 3 - 86
- Annali d'Italia, vol. 3 - 87