Annali d'Italia, vol. 3 - 84

non un ripiego, che io nondimeno sono il primo a confessar poco
verisimile. Cioè che i Ravegnani confondessero insieme i due Benedetti,
cioè il sesto e il settimo, con credere che il primo uscito di carcere
avesse continuato a sedere nella cattedra di san Pietro, e che perciò
attribuissero all'uno anche gli anni dell'altro, mentre succedettero sì
da vicino l'uno all'altro. Fors'anche tali carte potrebbono far dubitare
che Benedetto, da noi chiamato sesto, non fosse strangolato, ma
risorgesse.
NOTE:
[2443] Dandul., in Chronico, tom. 12 Rer. Ital.
[2444] Annalista Saxo, apud Eccardum.
[2445] Syrus, in Vit. S. Majoli apud Mabill.
[2446] Odilo, in Vit. S. Adelheidis.
[2447] Petrus Damian., in Vit. S. Romualdi.
[2448] Camill. Peregr., Hist. Princip. Langob., P. I, tom. 2 Rer. Ital.
[2449] Bullarium Casinens., tom. 2, Constit. LXI.
[2450] Donizo, in Vita Mathild., lib. 1, cap. 1.
[2451] Bacchini, Istoria del Monistero di Polirone, Append.
[2452] Hermannus Contractus, in Chronico, edition. Canis.
[2453] Lambertus Schafnaburgensis, in Chron.
[2454] Antiquit. Ital., Dissert. XVIII.
[2455] Rubeus, Histor. Ravenn., lib. 5.


Anno di CRISTO DCCCCLXXIX. Indiz. VII.
BENEDETTO VII papa 5.
OTTONE II imperadore 13, 7.

Per attestato del Dandolo[2456], _Vitale Candiano_, creato doge di
Venezia nell'anno precedente, dopo aver passato solamente un anno e due
mesi nel governo colla sanità sempre languente ed afflitta da varii
malori, infermossi gravemente; e però quattro giorni prima di morire,
fattosi portare al monistero di sant'Ilario, quivi preso l'abito
monastico, e fatta la professione, passò a miglior vita. Tale era allora
il pio costume di molti, persuasi di assicurarsi in tal maniera l'eterna
loro salute. E resta tuttavia qualche vestigio di quest'uso nell'abito
religioso, con cui molti, e non men de' buoni che de' cattivi, si fanno
portare alla sepoltura, eleggendo allora alcuni ciò che forse
sprezzarono e derisero in loro vita. Fu in luogo di Vitale proclamato
doge di Venezia _Tribuno Memmo_, persona assai facoltosa, sotto il quale
per poca sua cura accaddero varii scandali e sconcerti in quella nobil
città. Perciocchè nata nimicizia fra i Caloprini e Morosini, potenti
famiglie di Venezia, i primi un giorno, spalleggiati dal medesimo doge,
presero l'armi contra degli altri, che ebbero la fortuna di salvarsi,
fuorchè Domenico Morosino, che restò vittima del furor de' nemici. Io
non so onde abbia tratto il Sigonio[2457] ciò che egli racconta sotto
l'anno presente. Cioè che insorse una gran guerra in Italia, _quippe
Basilius et Constantinus imperatores turpe rati, se vetere tot annorum
Apuliae, Calabriaeque fuisse possessione dejectos, Sarracenis, quos
nuper Creta exegerant_ (abbiam veduto che l'isola di Candia fu ritolta
ai Saraceni l'anno 961 sotto Romano juniore imperadore) _magna mercede
conductis, Italiam invaserunt, et Barrio, ac Matera expugnatis, Apuliam
primum, deinde, nemine prohibente, Calabriam receperunt_. Ma a chi
ritolsero i Greci quelle contrade? Se i Saraceni erano in loro aiuto,
dalle mani di chi le avran ricuperate i Greci? A me non è venuto sotto
gli occhi antico scrittore alcuno, che parli di sì fatto avvenimento. E
noi vedremo in breve i Saraceni potenti in Calabria. Lupo Protospata
sotto quest'anno scrive[2458]: _Occidit Porphyrius Protospata Andream
episcopum oriensem mense augusti_. Altra avventura di conseguenza non
dovette egli sapere. E poscia all'anno 982 nota che la città di Bari fu
consegnata ai Greci: come dunque se ne impadronirono in quest'anno? Per
altro è certo che pochi anni prima aveano i Greci perduta la città di
Bari, e seco, come si può credere, la Puglia. Cedreno l'attesta[2459],
favellando di Basilio e Costantino Augusti greci: _In Italia_, dice
egli, _quidam, vir potens, unus de iis, qui Barim incolebant, nomine
Meles, concitatis Longobardis, contra Romanos_ (tal nome attribuivano a
sè stessi i Greci) _movit. Quumque imperator adversus hunc misisset
Basilium Argyrum Sami, et Contoleonem Cephalleniae praefectos, Meles
illustri eos praelio vicit, multis caesis, haud paucis captis, reliquis
turpi fuga vitam tutatis._ È da stupire come Lupo Protospata nulla parli
di questo fatto, quando sia vero. Tanto l'Ughelli[2460], quanto il
Bordoni[2461] rapportano a quest'anno un privilegio conceduto a
_Sigefredo vescovo_ di Parma con queste note: _Data nonis aprilis, anno
dominicae Incarnationis DCCCCLXXIX, Indictione VII, anno tertii Othonis
regni regnante sexto. Actum Quitelemburgi:_ senza punto badar essi che
Ottone terzo non era per anche nato in quest'anno, e che allora regnava
Ottone secondo imperadore, e non già suo figliuolo, e che l'_indizione
VII_ non s'accorda coll'_anno VI_ di Ottone III. Sarà forse un diploma
vero, ma alterato dai copisti ignoranti. _Mansone_ imperiale patrizio ed
antipato, cioè proconsole, si truova duca di Amalfi[2462]. Questi
nell'anno 892 fu degradato da _Oferio_ suo fratello, il quale, dopo
avere regnato un anno e nove mesi, mancò di vita, e diede adito al
suddetto Mansone di riassumere il governo di Amalfi.
NOTE:
[2456] Dandul., in Chron., tom. 12 Rer. Ital.
[2457] Sigonius, de Regno Ital., lib. 7.
[2458] Lupus Protospata, in Chron.
[2459] Cedrenus, in Annal.
[2460] Ughell., Ital. Sacr., tom. 2.
[2461] Bordon., Thesaur. Eccles. Parmens.
[2462] Antiq. Ital., tom. 1, pag. 210.


Anno di CRISTO DCCCCLXXX. Indiz. VIII.
BENEDETTO VII papa 6.
OTTONE II imperadore 14 e 8.

Era fin qui durata la nimicizia di _Ottone II_ imperatore con _Lottario
re_ di Francia, a cagione della Lorena, provincia allora di grande
estensione fra la Germania e la Gallia. In quest'anno ebbe fine. Seguì
un abboccamento fra loro, e, per attestato di Ditmaro[2463], _Lutharius
rex cum filio suimet, ac muneribus magnificis ad Ottonem venit, et sibi
satis faciens, amicitiam ejus firmiter acquisivit_. Così hanno altri
scrittori[2464]. E Sigeberto aggiugne[2465], che _rex Lotharius
Lotharingiam abjurat_. Ma il continuatore di Frodoardo[2466] scrive che
Ottone Augusto riconobbe quel paese in feudo dal re di Francia:
_Lotharius rex Francorum contra voluntatem principum regni sui Remis
pacificatus est cum Othone imperatore, deditque Othoni in beneficium
Lotharingiae ducatum: quod magis corda praedictorum principum
contristavit_. Lascerò io disputare intorno a questo punto gli eruditi
franzesi e tedeschi; perchè quel continuatore non è di tale antichità da
potersi riposar sul suo detto. In questa maniera avendo l'Augusto Ottone
assicurata la quiete della Germania, rivolse i suoi pensieri all'Italia.
Stavagli ai fianchi l'imperadrice _Teofania_ sua moglie, che gli andava
mettendo in capo delle pretensioni sopra gli stati posseduti dai greci
Augusti in Italia, per esser ella figliuola d'un greco imperatore: con
che s'invogliò il marito di tentare la conquista. Se si ha da credere ad
un continuatore della Cronica di Frodoardo[2467] presso il Du-Chesne, fu
egli in oltre chiamato in Italia dal papa, per provvedere ai mali umori
che più che mai serpeggiavano in Roma: _Evocatus a papa, ut Ecclesiae
succurreret, in Italiam, ubi Apuliam et Calabriam Italiae provincias ad
jus imperii Graecorum appendentes, ad imperium romanum conatus
transferre_. In quest'anno, per testimonianza dell'Annalista
sassone[2468], la suddetta imperadrice Teofania partorì all'Augusto
marito un figliuolo, appellato _Ottone III_, che fu poi re ed
imperatore. Calò dunque in Italia Ottone II imperadore nell'autunno
dell'anno corrente, e, giunto a Pavia, quivi si pacificò colla santa
imperadrice _Adelaide_ sua madre. Non van d'accordo su questo punto
santo _Odilone abbate_[2469] di Clugnì, e Siro monaco abbate d'esso
monistero[2470] prima di Odilone. Secondo il suddetto Odilone, pentito
l'imperadore dei disgusti dati alla madre, spedì a _Corrado re_ di
Borgogna e a san _Maiolo_ dei messi, con pregarli d'interporsi per la
riconciliazione, e di condurre Adelaide a Pavia. Venne ella in fatti a
quella città, abboccossi col figliuolo, ed amendue non senza lagrime si
pacificarono. Siro all'incontro scrive che non attentandosi alcuno dei
buoni cortigiani di aprir bocca in favor d'Adelaide, sollecitato san
Majolo da molti, si portò alla corte, e con generosa franchezza talmente
ne parlò all'imperadore, ch'egli si diede per vinto, e andò a gittarsi
a' piedi della madre. Nelle annotazioni alle leggi longobardiche[2471]
ho io scritto che questa riconciliazione seguì in Verona nell'anno 983.
Ma essa è indubitatamente da riferirsi all'anno presente. Da Pavia passò
l'Augusto Ottone a Ravenna, dove, per relazione dell'Annalista sassone,
celebrò il santo Natale. Della sua permanenza in quella città ne abbiamo
anche la testimonianza in un diploma[2472] da me dato alla luce, in cui
egli confermò ai canonici di Parma _interventu ac petitione dominae
nostrae matris Adelaidae_, (già riconciliata con lui) tutti i loro
privilegii, _V kalendas januarii, anno dominicae Incarnationis
DCCCCLXXX, Indictione nona, regni vero domni Ottonis XXII_ (dovrebbe
essere _XX_) _imperii autem ejus XIII_ (dee essere XIIII, facile errore
del copista). _Actum Ravennae._ Vuole il Sigonio[2473] che Ottone,
appena arrivato in Italia, tenesse nel mese d'agosto una solennissima
dieta dei principi italiani in Roncaglia sul Piacentino, dove si fece
giustizia di chi avea mosse sedizioni in Italia, e furono conferiti
feudi a varie persone, e fra le altre a _Lanfranco Bracciforte_
piacentino. Aggiugne che _Tedaldo_, figliuolo di _Alberto Azzo_ conte ed
avolo della _contessa Matilde_, fu dichiarato marchese di Mantova. Ma
nulla di ciò sussiste. Nel dì 7 di ottobre era tuttavia di là da' monti
l'imperadore Ottone II, come con un suo diploma pruova il padre
Mabillone[2474]. In que' tempi non v'era marchese di Mantova. Senza
dubbio _Tedaldo_ portò il titolo di _marchese_, ma con restare tuttavia
ignoto onde a lui venisse questa denominazione. Ed è una favola quella
del Bracciforte.
NOTE:
[2463] Ditmarus, in Chron., lib. 3.
[2464] Annales Hildeshemenses. Annalista Saxo.
[2465] Sigebert., in Chron.
[2466] Continuator Frodoardi, apud Du-Chesne, tom. 2 Rer. Franc.
[2467] Idem, Ibidem.
[2468] Annalista Saxo, apud Eccardum.
[2469] Odilo, in Vita S. Adelheidis.
[2470] Syrus, in Vita S. Majoli.
[2471] Rer. Ital., P. II, tom. 1.
[2472] Antiquit. Ital., Dissert. XVIII.
[2473] Sigonius, de Regno Ital., lib. 7.
[2474] Mabill., Annal. Benedict., ad ann. 980.


Anno di CRISTO DCCCCLXXXI. Indiz. IX.
BENEDETTO VII papa 7.
OTTONE II imperadore 15 e 9.

Era tuttavia in Ravenna l'Augusto _Ottone II_ nel dì 15 di gennaio,
citando il Rossi[2475] un suo diploma, dato _XVIII kalendas februarii
anno dominicae Incarnationis DCCCCLXXXI, Indictione IX, regni XX,
imperii XIV. Ravennae._ Passò dipoi a Roma per attestato dell'Annalista
sassone[2476], in compagnia delle Auguste, cioè di _Adelaide_ sua madre
e di _Teofania_ moglie, e vi solennizzò la Pasqua. Confermò all'insigne
monistero di Farfa i suoi privilegii con un diploma[2477] dato _III
nonas maii, anno dominicae Incarnatione DCCCCLXXXI, Indictione VIII_
(scrivi _VIIII_), _imperii autem ejus XIV. Actum Romae._ Un altro suo
diploma in favor del monistero di Casauria fu spedito _XIV kalendas
maii_ nell'anno suddetto, _Indictione nona, regni vero domni Ottonis
secundi vicesimo primo, imperii autem ejus decimoquarto. Actum Romae in
palatio juxta ecclesiam beati Petri Apostoli_, cioè fuor di Roma, dove
soleano abitar gli imperadori, allorchè andavano a quella augusta città.
Lo stesso pure praticavano in Ravenna, in Milano ed in altre città,
abitando fuori d'essa, credo io, per loro maggior sicurezza, e quiete
ancora dei cittadini. Susseguentemente nel mese d'agosto confermò tutti
i privilegii e beni al celebratissimo monistero di Monte Casino. Il suo
diploma, che tuttavia originale col suo sigillo di cera si conserva
nell'archivio casinense, dato alla luce dal padre abbate Gattola[2478],
si vede spedito _VIII idus augusti anno dominicae Incarnationis
DCCCCLXXXI, imperii vero domni secundi Ottonis imperatoris Augusti
quartodecimo Indictione nona. Actum Cevice._ Quivi è degno d'attenzione
ciò che dice quest'imperadore in confermare ad _Aligerno abbate_ tutte
le tenute del monistero casinense _in ambobus ducatibus nostris
spoletino atque firmano, seu infra omnes fines nostri regni italici_. Il
ducato di Fermo, appellato anche Marca di Fermo, altro non è che il
ducato ossia la Marca di Camerino. Or di qua si vegga, se possa
sussistere che i due Ottoni primo e secondo avessero donato, ossia
confermato, alla santa Chiesa romana _cunctum ducatum spoletinum, seu
beneventanum_. Ognun sa, per conto del beneventano, che esso era in
questi tempi de' suoi proprii principi, i quali riconoscevano ora i
greci, ora i latini imperadori per loro sovrani, senza che mai niuno de'
papi se ne lamentasse, o vi pretendesse. Così i due ducati ossia le due
marche di Spoleti e di Camerino dipendevano dai soli imperadori
d'Occidente, ed erano parti del regno d'Italia; e i re e gl'imperadori
vi mettevano al governo i duchi di mano in mano; il che appunto
succedette nell'anno presente, imperciocchè venne a morte _Pandolfo
Capodiferro_, potentissimo principe di Benevento e Capua, che per molti
anni era anche stato duca di Spoleti e marchese di Camerino. Dopo
l'aprile, e prima del mese di giugno di quest'anno egli terminò i suoi
giorni, e fu seppellito in Capua. A _Landolfo IV_ suo primogenito toccò
il principato di Benevento e Capua; a Pandolfo ossia Paldolfo
secondogenito restò il principato di Salerno. Per conto di _Spoleti_ e
di _Camerino_, siccome vedremo, questo pervenne a _Trasmondo_ duca e
marchese, nominato nelle croniche di Farfa e del Volturno. Trovavasi in
Capua l'Augusto Ottone nell'ultimo dì di settembre, allorchè confermò
una gran copia di beni donati al nobil monistero di san Salvatore di
Pavia dall'imperadrice _Adelaide_ sua madre, piissima fondatrice di quel
sacro luogo. Il diploma fu dato[2479] _pridie kalendas octobris anno
dominicae Incarnationis DCCCCLXXXI, Indictione X, regni domni secundi
Ottonis XXIV, imperii quoque XIV. Actum Capuae_. Gli anni del regno sono
scorretti, nè si accorda questo diploma colla dotazione fatta più tardi
di esso monistero dall'Augusta Adelaide. Attese in questi tempi
l'imperadore Ottone ad ammassar gente, e a far tutti i preparativi per
cominciar la guerra coi Greci. Ma perchè _Pandolfo principe_ di Salerno
doveva essere ora dipendente da essi, Ottone, per attestato di Romoaldo
salernitano[2480], assediò quella città, e la prese: _Veniens Salernum
obsedit, cepitque illam expugnans_: sono parole di quello storico. Ed
Ermanno Contratto[2481] scrive a quest'anno: _Otto imperator peragrata
Italia, Campaniam, calabrosque fines cum exercitu ingreditur_. Lasciò
scritto Lupo Protospata[2482] sotto quest'anno, che _fecit praelium Otho
rex cum Saracenis in Calabria in civitate Cotruna, et mortui sunt ibi
quadraginta millia Poenorum_ (enorme slargata di bocca) _cum rege eorum,
nomine Bulcassimus_. Ma questa notizia è fuor di sito, conoscendosi che
appartiene all'anno seguente; ed è anche alterata di molto. Così egli
narra all'anno 982 la morte di Ottone II, la quale pure accadde
solamente nel 983.
Ci vien poi dicendo Gotifredo da Viterbo[2483], che prima che Ottone II
tornasse in Italia, erano qui insorte fra i popoli, e massimamente in
Roma, varie sedizioni. Arrivato ch'egli fu a Roma in collera, sentì le
doglianze de' popoli, notò i rei; ed un giorno, fatto un solenne
convito, in cui si trovarono tutti i principi e baroni, e circondato il
luogo dalle sue guardie, mentre erano sul più bello dell'allegria,
intimò il silenzio a tutti. Quindi ordinò che si leggesse il processo
dei delinquenti, a cadaun dei quali immediatamente fu spiccato il capo
dal busto:
_Qui meruit, damnatur ibi poena capitali._
_Sanguine nobilium jam mensa potest maculari._
_Otho sibi capita vult quasi fercula dari._
_Humani capitis dum mensa cruore medescit._
_Non minus ante datis Rex imperat undique vesci._
Da Gotifredo prese queste notizie il Sigonio[2484], come buona moneta, e
le inserì nei suoi Annali. Ma s'ha da tenere per certo che queste son
tutte fandonie, almeno per quel che riguarda Ottone II imperadore. Al
più al più potrebbe aver dato motivo a questa favola Ottone III suo
figliuolo, per l'operato suo in Roma: del che parleremo a suo luogo. E
che lo stesso Gotifredo imbrogli qui i fatti del terzo Ottone con quei
del secondo, si scorge dal dire egli che Ottone II portò da Benevento il
corpo di san Bortolomeo apostolo: il che sappiamo attribuito dai vecchi
scrittori ad Ottone III, tuttochè neppur questo sussista. Ora non
parlando alcuno degli antichi storici della sopraddetta rigorosa, anzi
orrida giustizia, che avrebbe fatto grande strepito nel mondo: non è
bastante farcela credere l'autorità di Gotifredo, lontano da questi
tempi, e scrittore dell'anno 1190. Abbiamo poi dall'Annalista
Sassone[2485] che il suddetto imperadore celebrò la festa del santo
Natale in Salerno: il che ci vien sempre più assicurando che in
quest'anno egli se ne impadronì colla forza dell'armi. Lamberto da
Scafnaburgo[2486] dice ch'egli solennizzò essa festa in Roma. Ma qui non
se gli può prestar fede. Nella Cronica del monistero del Volturno[2487]
abbiamo un bel placito tenuto _ipso die lunae, quinto die intrante mense
decembrio, Indictione X super salernitanam civitatem, in qua residebat
supradictum imperatorem cum suis honoralibus hostiliter, anni Domini
DCCCCLXXXI, imperii vero domni secundi Ottoni XIIII_. Cadde appunto in
quest'anno il dì quinto di dicembre in lunedì; e però abbiamo che allora
l'imperadore era ad oste sotto Salerno, ed avendolo preso prima del
Natale, quivi dovette celebrar quella festa. A questo anno parimente
dovrebbe appartenere un diploma d'esso Ottone, conceduto ai canonici di
Lucca[2488] _XII kalendas januarias, anno dominicae Incarnationis
DCCCCLXXXII, Indictione X, anno regni secundi Ottonis XXV, imperii
quoque ejus XV. Actum justa civitatem Salernum._ Sono scorrette queste
note. L'anno, per mio avviso, ha da essere _DCCCCLXXXI_. Quando
nulladimeno fosse dato nell'anno susseguente, di qui apprenderemmo che
anche nell'anno appresso l'imperadore celebrò il Natale del Signore in
Salerno: cosa nondimeno ch'io peno a credere. Nè si dee tralasciare ciò
che scrive l'autore della Cronica di Casauria[2489], cioè che nell'anno
presente _dominus Otto imperator ex romulea egressus urbe, et aedificata
sibi regali domo in campo, qui vocatur de Cedici, toto ipso aestivo
tempore ibi perendinans mansit_. Era questo luogo nel territorio di
Marsi, ciò apparendo da un placito, da me aggiunto alla medesima
Cronica, tenuto _in territorio Marsicano in ipso campo de Cedici, ubi
erat ipsa casa domni Ottonis aedificata, ubi residebat in placito
Gislebertus venerabilis episcopus_ (di Bergamo), ec. Esso placito fu
celebrato _anno ab Incarnatione Domini nostri Jesu Cristi DCCCCLXXXI,
anno imperatoris magni Ottonis filii quondam Ottonis imperatoris Augusti
XIV, die mensis augusti, Indictione IX Actum in Marsi_. _Adamo abbate_
di Casauria vinse quivi una lite di beni. Truovasi ancora nella Cronica
del monistero di santa Sofia[2490] un diploma d'esso Augusto, impetrato
da _Gregorio abbate_ di quel sacro luogo, e dato _XV kalendas novembris,
anno dominicae Incarnationis 997, imperii vero domni secundi Ottonis
XIV, Indictione X. Actum in civitate beneventana in palatio regio_. Ma è
grossamente fallato l'anno, e s'ha da scrivere _anno DCCCCLXXXI_. Ho
detto di sopra che il principato di Benevento e di Capua, dopo la morte
di _Pandolfo Capodiferro_, fu governato da _Landolfo IV_ suo figlio.
Aggiungo ora che in quest'anno coll'espulsione d'esso Landolfo IV,
Benevento pervenne alle mani di _Pandolfo II_ figliuolo di _Landolfo
III_, cioè di un fratello del suddetto Capodiferro. Anche _Pandolfo II_
principe di Salerno[2491] era stato spossessato di quel principato da
_Mansone_ duca di Amalfi, il quale con _Giovanni I_ suo figliuolo il
tenne per due anni. E quantunque Ottone II assediasse e prendesse quella
città, siccome abbiam veduto, pure tanto sapere ebbero, che restarono
amendue confermati in quel principato.
NOTE:
[2475] Rubeus, Hist. Ravenn., lib. 5.
[2476] Annalista Saxo, apud Eccardum.
[2477] Chronicon Farfens., P. II, tom. 2 Rer. Ital.
[2478] Gattola, Hist. Monaster. Casinens. P. I.
[2479] Margarinius, Bullar. Casines., tom. 2, Constitut. LX.
[2480] Romuald. Salernit., Chron., tom. 7, Rer. Ital.
[2481] Hermannus Contractus, in Chron.
[2482] Lupus Protospata, in Chronico, tom. 5 Rer. Italic.
[2483] Godefredus Viterbiensis, Panth. de Othone II.
[2484] Sigonius, de Regno Ital., lib. 7.
[2485] Annalista Saxo.
[2486] Lambertus Schafnaburgensis, in Chronico.
[2487] Chron. Vulturnen., P. II, tom. 1 Rer. Ital.
[2488] Antiquit. Italic., Dissert. LXII.
[2489] Chron. Casauriense, P. II, tom. 2 Rer. Ital.
[2490] Ughell., Ital. Sacr., tom. 8.
[2491] Peregrinus, Hist. Princip. Langobard.


Anno di CRISTO DCCCCLXXXII. Indiz. X.
BENEDETTO XII papa 8.
OTTONE II imperad. 16 e 10.

Nel catalogo del monistero nonantolano[2492], da me dato alla luce,
viene scritto che in quest'anno fu conferita questa insigne badia a
_Giovanni archimandrita_ greco, ed è importante la notizia per imparare
a conoscer per tempo un volpone che arrivò in fine ad occupar la stessa
cattedra di san Pietro, siccome vedremo. S'era questo astuto calabrese
mirabilmente introdotto nella confidenza dell'imperadrice _Teofania_,
greca anche essa di nazione. Ed informato che buon boccone fosse quello
della badia nonantolana, goduto in addietro da alcuni vescovi, valenti
cacciatori de' beni de' monaci, l'impetrò, secondo i perversi costumi
d'allora, dall'imperadore. Nella copia del diploma da me veduta e
pubblicata mancava la data[2493]; ma è da osservare come sia ivi dipinto
questo ipocrita. Dopo aver detto l'imperadore che quel monistero, _in
comitatu mutinense constructum, quod Nonantula vocatur, omnibus aliis
majus, et quod olim exemplar bene vivendi, et sanctae conversationis
fuerat reliquis, paene jam annullatum, atque fondo tenus depopulatum
iniquorum pravitate hominum eo quod per longa curricula annorum_, era
stato senza veri abbati, e non essersi trovato fra i monaci alcuno atto
a quel governo, soggiugne: _Posthac consultu sapientium reduxi oculos
meos ad aulicos, inter quos quemdam archimandritem et consecretalem
meum, Johannem nomine, reperi, probis moribus ornatum, pudicum, sobrium,
docibilem, graeca scientia non ineruditum, totiusque prudentia, et
sanctitatis fulgore praeclarum. Quem consilio virorum illustrium,
Deumque timentium, et electione fratrum in jam dicto monasterio
commanentium, a nostro cubili, et necessariis consiliis abstrahentes,
super nominatis fratribus in patrem et rectorem praefecimus_. Osservisi
come la badia nonantolana vien chiamata la più grande, s'io non erro, di
tutte l'altre d'Italia. Ottima fu qui l'intenzione dell'imperadore, ma
andando innanzi, scorgeremo che santo uomo fosse questo archimandrita
Giovanni. Nel mese di marzo del corrente anno si truova l'imperadore
Ottone II in Taranto, dove conferma ad _Odelrico vescovo_ di Cremona i
beni della sua chiesa. Le note del diploma son queste[2494]: _Datum XVII
kalendas aprilis anno dominicae Incarnationis DCCCCLXXXII, Indictione X,
regni domni secundi Ottonis XX, imperii autem XIIII (si dee scrivere
XVI)_. Quivi ancora egli dimorava _XIV kalendas majas_, come si
raccoglie da altro suo diploma[2495] in favore di _Giovanni vescovo_ di
Salerno da me pubblicato. Scrive Leone Ostiense[2496], che Ottone _venit
Capuam et abiit Tarentum, ac Metapontum, et deinde Calabriam, unde
prospere ad suas reversus. Anno Domini DCCCCLXXXIII iterum magno
exercitu congregato cum Saracenis in Calabriam dimicaturus descendit_.
Ma non v'ha grande esattezza in queste parole, o, per dir meglio, nel
testo che abbiamo. L'anno è ivi fallato certo, essendo che nel presente,
e non già nel susseguente, seguì la battaglia di cui seguita esso
ostiense a parlare.
Romoaldo salernitano racconta[2497], che Ottone II da Salerno _per
Brixiam_ (forse _Brutios_) _et Lucaniam in Calabriam perrexit, et apud
Stylum Calabriae oppidum cum Saracenis pugnavit, eosque devicit, Rhegium
quoque cepit_. Anche Lupo Protospata, siccome abbiam veduto all'anno
precedente, nota che la battaglia d'esso imperadore coi Saraceni riuscì
favorevole ai Cristiani, e che vi restarono sul campo quaranta mila
Mori; nel che, siccome dissi, ognun vede ch'egli aprì di troppo la
bocca. Ma s'ingannarono questi ed altri autori non meno nel fatto che
nel tempo. Non si può staccare dall'anno presente il fatto d'armi
succeduto fra Ottone Augusto e i Mori; ed in questo non restò vincitore,
ma vinto l'imperador d'Occidente. Abbiamo da Ditmaro[2498], da Ermanno
Contratto[2499], da Epidanno[2500], dall'Annalista sassone[2501] e da
altri il vero racconto di questo infelice avvenimento. Intorno a che è
da sapere che i greci Augusti _Basilio_ e _Costantino_, dacchè
penetrarono l'intenzione dell'imperadore Ottone II, di voler assalire
gli Stati da loro posseduti in Puglia e Calabria, gli spedirono
ambasciatori per distornarlo da sì fatta impresa. A nulla avendo servito
le loro esortazioni e preghiere, si rivolsero per aiuto ai Mori di
Sicilia e d'Africa, promettendo loro buon soldo e regali. A questo
invito si leccarono le dita i Saraceni, di nulla più vogliosi che di
poter mettere liberamente il piede nella Calabria: se pure la guerra di
Ottone non fu ancora contra di loro, come possedenti qualche città o
fortezza in quelle parti. Pertanto, raunata una possente flotta navale,
accorsero a sostenere gl'interessi dei Greci, e fors'anche i loro
proprii. Avea l'imperador Ottone anche egli un gagliardo esercito dei
suoi Sassoni, accresciuto da un buon rinforzo di Bavaresi ed Alemanni.
In persona era venuto _Ottone duca_ di Baviera e di Svevia, figliuolo
del già _Litolfo_ suo fratello, a militar sotto il di lui comando. Oltre
a ciò, concorsero alla di lui armata i Beneventani, Capuani, Salernitani
ed altri popoli dell'Italia. La sua prima impresa fu l'assedio di
Taranto, città difesa e tenuta dai Greci: _eamque_, come dice Ditmaro,
_viriliter in parvo tempore oppugnatam devicit_. Proseguì il viaggio in
Calabria per azzuffarsi coi Mori. A tutta prima li mise in fuga, ed
obbligò a ritirarsi in una città. Usciti poi costoro con bella ordinanza
in campo, si attaccò la crudele battaglia. Gran macello fecero i
Cristiani di quegl'infedeli, sbaragliarono i loro squadroni, fecero
fuggire i restanti. Ma mentre i Cristiani sbandati son dietro a
raccogliere le spoglie del campo, eccoti, a mio credere, comparir di
nuovo raccolti e schierati i Saraceni, che senza trovar resistenza,
misero a fil di spada quanti dei Cristiani vennero loro alle mani, e
restarono padroni del medesimo campo. Perirono in quell'infelice
conflitto non già il suddetto _Ottone duca_ di Alemagna e di Baviera,
come vuole il Sigonio, perchè egli tornò in Germania, e quivi mancò di
vita nel presente anno, ma bensì _Arrigo vescovo_ d'Augusta, _Vernero
abbate_ di Fulda, siccome ancora, per attestato di Leone Ostiense,
_Landolfo principe_ di Benevento e di Capua, con _Atenolfo marchese_
(forse di Camerino) suo fratello, ed altri principi, vescovi e conti.
Altri ancora restarono prigioni, e convenne loro riscattarsi con gran
somma d'oro. _Quorum unus_ (scrive Epidanno) _erat vercellensis
episcopus, carcere diu maceratus apud Alexandriam_ d'Egitto. Le memorie
della chiesa di Vercelli presso l'Ughelli[2502] portano che circa questi
tempi _Pietro II_ vescovo di quella chiesa andò per sua divozione ai
luoghi santi d'Oriente, e fu preso e tenuto gran tempo in prigione.
Tornato poscia a Vercelli, dopo la morte fu aggregato al catalogo dei
beati. Ma s'egli per disavventura, secondo gli abusi de' secoli barbari,