Annali d'Italia, vol. 3 - 82

in locum ubi Cellice_ (oppure _Sillice_) _dicitur, capuano territorio_.
Truovasi poi esso Augusto nel settembre seguente, amministrante
giustizia nel ducato di Spoleti. Nelle giunte da me fatte alla Cronica
di Casauria[2370] si può leggere un giudicato del medesimo Augusto, e di
_Pandolfo duca_ e marchese di quelle contrade, giacchè questo monarca
non isdegnava di assistere in persona ai placiti, e decidere le liti de'
sudditi col parere dei ministri. Ivi è scritto, _qualiter in territorio
marsicano in campo Castiri ad ipsam civitatem marsicanam, dum in placito
resideret domnus Otto magnus imperator serenissimus augustus, et
Pandulfus dux et marchio pro singulorum hominum justitia fieri
facienda_, ec. Così usavano allora i monarchi amanti de' suoi popoli; e
dovunque si trovavano, ed anche in campagna, alzavano tribunale, e,
sommariamente ascoltate le ragioni delle parti, proferivano la
convenevole sentenza. Fu esso placito tenuto _ab Incarnatione Domini
nostri Jesu Christi anno DCCCCLXX, anno imperii domni imperatoris
Ottonis serenissimi Augusti IX, et Ottonis filii ejus III, mense
septembri, Indictione XIV_, cominciata in esso mese di settembre. Ed è
qui considerabile il vedere che a quel medesimo placito assistè _Ezeca
duca, marchese e conte del palazzo_. Non ho saputo immaginar finora,
onde costui prendesse i titoli di duca e marchese, perchè chiaro si vede
che allora Pandolfo Capodiferro era tuttavia duca di Spoleti e marchese
di Camerino. Nè egli si sottoscrive, se non con queste parole: _Signum
manus Ezecae comitis palatii_. Per me penso che ivi sia egli chiamato
così in fallo, perchè in un altro simil placito, tenuto nel medesimo
luogo e tempo, e pubblicato nella Cronica del monistero di
Volturno[2371], egli interviene, ma con essere solamente intitolato
_Ezzeca comes palatius_, ossia _palatii_. Convien credere che in questi
tempi contro il costume Ottone Augusto avesse due _conti del sacro
palazzo_, essendo indubitato che nello stesso tempo era sostenuta questa
medesima carica da _Otberto marchese_, progenitor degli Estensi. E ciò
costa da un suo placito, tenuto in non so qual luogo[2372]. Ivi è
scritto: _Dum in Dei nomine locus, qui dicitur Classo in terra Alberici
filio bonae memoriae Aigoni, ubi domnus imperator praeerat, rexidisset
in judicio Otbertus marchio et comes palatio_, ec. Fu scritto quel
giudicato, _anno imperii donni Otto filio, ejus Deo propicio, tertio,
Indictione quartadecima_, cioè nell'anno presente. E notisi che quivi si
trovava in persona lo stesso Ottone Augusto.
Se non falla l'Anonimo salernitano[2373], dovrebbe essere accaduto in
quest'anno ciò ch'egli dopo il racconto dell'anno precedente seguita a
scrivere, con dire che l'imperadore Ottone con una copiosa armata si
portò ai danni de' Napoletani per gastigarli della crudeltà usata ai
Capoani nel tempo del precedente assedio. Allora fu che se gli presentò
davanti _Aloara_ moglie di _Pandolfo principe_ di Benevento e di Capua,
insieme con _Landolfo IV_ suo figliuolo, già dichiarato collega nel
principato dal padre nell'anno 968, e gli raccomandò vivamente il
marito, già condotto prigione a Costantinopoli. Ottone per costringere i
Greci a liberarlo, o almen per farne vendetta, menò l'esercito in
Puglia, fece dare il sacco al paese, e strinse coll'assedio la città di
Bovino, i cui borghi furono dati in preda alle fiamme. Ma le mutazioni
seguite in Costantinopoli influirono a far cessare la guerra. Perciocchè
mentre Pandolfo si trovava ne' ceppi in quella città, _Niceforo Foca_,
il quale si preparava a maggiormente angustiarlo, fu ucciso per congiura
dell'iniqua sua moglie, ed alzato al trono _Giovanni Tzimisce_. Questi
non volendo liti coll'imperadore Ottone, fece tosto mettere in libertà
Pandolfo ed inviollo in Italia con precedente concerto che facesse
desistere dalle ostilità Ottone. Informato dell'arrivo di Pandolfo a
Bari, spedì subito l'imperadore ad Abdala patrizio, acciocchè senza
perdere tempo gliel mandasse; il che fu eseguito; e tanto si adoperò poi
Pandolfo, che Ottone fece fine alla guerra. Quando sussista tutto questo
racconto, dovette prima del settembre ritornar libero in Italia esso
principe di Benevento e Capoa, giacchè l'abbiamo poco fa veduto
intervenire ai placiti tenuti di quel mese in Marsi. Venne dipoi
l'imperadore a Roma, e quivi, per attestato dell'Annalista sassone,
celebrò la festa del santo Natale. Ma io avrei volentieri veduto il
giorno preciso, in cui nell'anno presente da esso Augusto Ottone tenuto
fu un placito in Ravenna, rapportato dal padre Mabillone[2374], perchè
presente al medesimo si trovò _Pandolfo principe_ e _marchese_, per
confrontare l'asserzion dell'Anonimo salernitano con esso documento. Ho
detto di sopra che questo imperadore fece fabbricare un palazzo in
Ravenna, e tal notizia vien confermata dal medesimo placito. Eccone le
parole: _Dum in Dei nomine Otto, divina providente clementia imperator
Augustus, resideret in Regia Aula, non longe a moenibus Ravennae urbis
sita, quam ipse imperator clarissimus in honorem sui claris aedificiis
fundare praeceperat juxta rivum penes muros ipsius civitatis
decurrentem, qui dicitur Muro-novo, tunc eo imperatore clarissimo ibi
plurima sui imperii ordinante et disponente_, ec. Questo soggiorno
dell'Augusto Ottone in Ravenna, il palazzo ivi fabbricato, ed altri
segni di dominio ivi da lui esercitati e continuati dai suoi successori,
siccome vedremo, mi han fatto dubitare più volte se sussista quanto
vedemmo di sopra all'anno 967 intorno alla restituzione che si dice da
lui fatta a papa _Giovanni XIII_ di Ravenna e del suo esarcato. Ma non
ho assai lumi per poter ben decidere su questo punto. Ne parleremo
andando innanzi. Diede nel novembre dell'anno presente papa Giovanni
XIII in livello la città di Palestrina a _Stefania chiarissima
senatrice_ di Roma, come costa dallo strumento da me dato alla
luce[2375].
NOTE:
[2365] Annalista Saxo, apud Eccardum.
[2366] Antiquit. Ital., Dissert. XXXIV.
[2367] Antiquit. Ital., Dissert. XXXI.
[2368] Rubeus, Histor. Ravenn., lib. 5.
[2369] Gattola, Hist. Monaster. Casin.
[2370] Chronic. Casauriense, P. II, tom. 2 Rer. Ital.
[2371] Chronicon Vulturnens., P. II, tom. 2 Rer. Ital.
[2372] Antichità Estensi, P. I, cap. 16.
[2373] Anonymus Salern., P. II, tom. 2 Rer. Ital., pag. 300.
[2374] Mabillon., Annal. Benedict. ad annum 971.
[2375] Antiquit. Italic., Dissert. XXXVI, pag. 235.


Anno di CRISTO DCCCCLXXI. Indiz. XIV.
GIOVANNI XIII papa 7.
OTTONE I imperadore 10.
OTTONE II imperadore 5.

_Ottone Augusto_ il Grande, che, siccome dissi, molto si dilettava di
soggiornare in Ravenna, solennizzò in quella città, secondochè attesta
l'Annalista sassone[2376], la Pasqua dell'anno presente in compagnia
dell'imperatrice _Adelaide_, la quale non si staccava mai dal suo
fianco. Era ito a Roma santo _Uldarico vescovo_ d'Augusta[2377]. Nel
tornare indietro, si portò egli a visitare in essa città amendue quegli
Augusti, che con somma divozione e con distinte finezze l'accolsero. Ed
è notabile[2378] che _Pietro arcivescovo_ di Ravenna in quest'anno circa
il mese d'agosto spontaneamente rinunziò la sua chiesa, ed ebbe per
successore _Onesto arcivescovo_. Aveva giù intavolata _Pandolfo
principe_ di Benevento la pace fra l'Augusto Ottone e _Giovanni
Tzemisce_ imperador de' Greci. Fra le altre condizioni di questo accordo
v'era, che il greco Augusto desse in moglie al giovane imperadore
_Ottone II Teofania_, figliuola di _Romano juniore_, e già imperador
d'Oriente, e di _Teofania_, ossia _Teofanone Augusta_: il che dovette
recar maraviglia ai politici d'allora, stante l'essere Teofania figlia
di chi non era più imperadore. Però Ottone Augusto suo padre si crede
che spedisse in quest'anno a Costantinopoli degli ambasciatori per
prendere e condurre in Italia questa principessa; e, secondo il
Sigonio[2379], fu scelto per questa incumbenza _Arnolfo I_, creato in
quest'anno arcivescovo di Milano. In tale opinione concorse anche il
padre Pagi[2380]. Ma essi incautamente confusero l'ambasceria di
_Arnolfo II arcivescovo_, succeduta a' tempi di _Ottone III_, con
questi tempi. Non parlano punto di questa funzione incaricata ad
Arnolfo gli antichi storici milanesi. Abbiamo all'incontro da Ugo
Flaviniacense[2381] che il corpo di san Pantaleone martire fu portato in
Germania dall'arcivescovo di Colonia, cioè da _Gerone, obtentum dono
constantinopolitani imperatoris, quando pro ejus filia Ottoni II in
matrimonio jungenda, jussu ejusdem Ottonis ad eumdem imperatorem legatus
missus est cum episcopis duobus, ducibus et comitibus_. Confessa
Ditmaro[2382] che non mancarono persone nella corte dell'imperadore, che
non solo disapprovarono questo maritaggio, forse per la ragione
suddetta, o perchè parea loro che, stante questa lega ed amistà coi
Greci, non sarebbe più permesso ad Ottone di togliere ad essi gli stati
da loro goduti in Puglia e Calabria, come essi desideravano. Ma Ottone
il Grande, senza far caso del loro parere, andò innanzi, e volle che si
eseguisse il trattato, perchè verisimilmente egli pensava di
maggiormente fiancheggiar le sue pretensioni colle ragioni di questa
nuora; e ne vedremo anche gli effetti. Narra sotto quest'anno il
Dandolo[2383] che _Pietro Candiano IV_ doge di Venezia, _Vitale
patriarca_ di Grado suo figliuolo, _Marino vescovo_ olivolense, cioè di
Venezia, e gli altri vescovi, clero e popolo di Venezia, per soddisfare
all'imperador di Costantinopoli, il quale pensava a ricuperar
Gerusalemme dalle mani degl'infedeli, e che avea guerra coi Russiani
Moscoviti, a' quali diede in quest'anno una gran rotta, fecero un
solenne decreto che niuno de' Veneziani osasse di portar armi, ferro,
legnami ed altri militari attrecci ai Saraceni, de' quali potessero
valersi contra dei Cristiani, sotto pena di cento libbre d'oro; e chi
non potesse pagar con danaro, pagasse colla testa: giustissimo divieto,
confermato poi da molti susseguenti editti dei Cristiani, ma mal
osservato anche oggidì. Abbiamo dall'Annalista sassone che Ottone
Augusto celebrò il santo Natale di quest'anno in Ravenna. E dalla
Cronica del monistero mosomense[2384], che _Adalberone arcivescovo_ di
Rems, _Natali Domini celebrato_ (in quest'anno), _legatos suos Romam cum
literis dirigit ad domnum Johannem papam, cognomento Albam Gallinam, qui
a juventutis suae primis annis, reverentiae competentis, et dignitatis
angelicae albebat canis_. Di costume antichissimo sono i soprannomi,
alcuni de' quali passarono col tempo anche in cognomi, e tale appunto
era quel di _Gallina bianca_ applicato a papa Giovanni, perchè fino
dalla gioventù ebbe il crine bianco. Di questo uso ho io trattato nelle
Antichità italiche[2385].
NOTE:
[2376] Annalista Saxo apud Eccard.
[2377] Vita S. Udalrici, cap. 21 et 22.
[2378] Rubeus, Hist. Ravenn., lib. 5.
[2379] Sigonius, de Regn. Ital., lib. 7.
[2380] Pagius, Critic. Baron.
[2381] Hugo Flaviniacens., Chron. Virdun., p. 166.
[2382] Ditmaros, in Chron., lib. 2.
[2383] Dandul., in Chron., tom. 12 Rer. Ital.
[2384] Dachery Spicileg., tom. 2, novae edition.
[2385] Antiq. Ital., Dissert. LXI et seq.


Anno di CRISTO DCCCCLXXII. Indiz. XV.
BENEDETTO VI papa 1.
OTTONE I imperadore 11.
OTTONE II imperadore 6.

In Roma celebrò _Ottone Augusto_ la Pasqua dell'anno presente, secondo
l'attestato dell'Annalista sassone[2386]. Colà s'era egli portato per
aspettarvi la regal nuora _Teofana_, o vogliam dire _Teofania_, che già
era pervenuta in Italia con superbo accompagnamento, e magnifici regali
da dispensare alla corte cesarea. Ottone le mandò incontro _Teoderico
vescovo_ di Metz. Di questo vescovo parla Sigeberto[2387] diacono nella
sua vita, allorchè dice: _Domno praesule Beneventum veniente, dum nurui
imperatoris a Graecia venienti obviam missus esset_, ec. Giunse a Roma
questa regal principessa, fanciulla di rara avvenenza, e d'ingegno e
facondia ben provveduta. Nell'ottava di Pasqua, cioè nel dì 14 di
aprile, seguì il solennissimo matrimonio suo con _Ottone II_ Augusto,
_arridentibus cunctis Italiae Germaniaeque primatibus_, come scrive
Ditmaro, e si fecero di grandi feste in così lieta congiuntura. Poscia
l'imperadore col figliuolo e colla nuora, lasciando l'Italia in pace,
s'inviò alla volta della Germania, da cui per tanto tempo era stato
lontano. Nel passare per Ravenna, concedette un privilegio chiestogli da
_Onesto arcivescovo_ in favore del monistero di Classe[2388], e dato
_anno dominicae Incarnationis DCCCCLXXII, imperii vero domni Ottonis
semper Augusti XI, alterius vero Ottonis V, Indictione XV. Acta
Ravennae._ Manca il giorno e mese o per dimenticanza del cancelliere, o
per inavvertenza del copista. Ma si vede che era tuttavia vivo papa
_Giovanni XIII_, col cui consenso, trattandosi di affare di Chiesa,
Ottone proibisce l'alienazion de' beni di quel monistero. Tenne esso
papa un concilio in Roma nell'anno presente, ciò apparendo da una sua
bolla rapportata dal padre Dachery[2389], e data _anno pontificatus VII,
imperii domni Ottonis majoris XI, junioris vero V, in mense aprili,
Indictione XV_. Solamente pochi mesi dopo questo fatto sopravvisse
questo dignissimo papa; e la sua morte, come si ricava dall'epitaffio
suo presso il cardinale Baronio[2390], accadde nel di 6 di settembre.
Ebbe verso il fine dell'anno per successore nella cattedra di san
Pietro, non già _Dono_, come Ermanno Contratto ed altri, seguitati da
esso cardinale, hanno scritto, ma, come c'insegna Sigeberto[2391] con
Martino Polacco[2392], Tolomeo da Lucca[2393] ed altri, _Benedetto VI_
di nazione romano. Durò la vacanza della santa sede circa tre mesi, come
osserva il padre Pagi[2394], perchè convenne aspettare l'assenso
degl'imperadori che erano allora in Germania. Ho io dato alla luce un
placito tenuto nella villa di Gragio da _Otberto marchese_ e conte del
sacro palazzo, cioè da uno de' progenitori della casa d'Este[2395],
_anno imperii domni Hottoni undecimo, imperii vero domni Hottoni filio
ejus, Deo propitio, quinto, XIII kalendas septembris, Indictione XV_,
cioè nel dì 20 d'agosto dell'anno presente. Da esso documento risulta
ch'esso marchese godeva con titolo di _benefizio_, secondo la biasimevol
usanza di que' tempi il celebre monistero di san Colombano di Bobbio, a
lui conferito _de parte domnorum imperatorum_.
Intorno a che è da osservare che circa a questi medesimi tempi era
abbate di Bobbio _Gerberto_, di nazione franzese, famoso personaggio per
la sua letteratura, per varie sue avventure, e per essere infine,
siccome vedremo, giunto a conseguire il pontificato romano. Si sa da una
sua lettera[2396], scritta verso l'anno 970, ch'egli fu promosso a
quella ricchissima badia da _Ottone I imperadore_, e ch'egli ricevette
il baston pastorale di quel monistero da papa _Giovanni XIII_. Di grandi
vessazioni ebbe quivi Gerberto, e tali, che in fine gli convenne
ritirarsi in Germania: il che fu principio della sua fortuna, perchè
giunse ad essere maestro di lettere di _Ottone III_, poscia imperadore,
ed entrò in più vaste carriere. Nelle lettere che restano di lui, si
scorge che abbondavano i suoi nemici, ma niun vestigio c'è ch'egli si
lagni del _marchese Otberto_, tuttochè per ragione di quell'appellato
benefizio questi possedesse una parte delle rendite del monistero. Le
sue principali querele erano contra di _Pietro vescovo_ di Pavia, al
quale scrive[2397] come ad un usurpatore dei beni appartenenti a quel
sacro luogo. A me non è venuta alle mani altra notizia dell'ulterior
vita del suddetto principe, cioè del marchese Otberto. Ben so ch'egli
nell'anno 975 non si contava tra i vivi, e che lasciò dopo di sè almeno
due figliuoli, cioè _Adalberto_ (lo stesso è che _Alberto_) ed _Oberto
II_, amendue marchesi. Varie pruove ne aveva io addotto nelle Antichità
estensi[2398], ma più individualmente si raccoglie da uno strumento,
esistente nell'archivio archiepiscopale di Pisa, somministratomi dal fu
chiarissimo padre abbate camaldolese don _Guido Grandi_, pubblico
lettore in quella università, e da me pubblicato nelle Antichità
italiane[2399]. Ivi _Adalbertus et Obertus germani marchioni filii bonae
memoriae Oberti marchionis et comitis palatio_, prendono a livello varii
beni da _Alberico vescovo_ di Pisa, _regnante domno nostro Otto
imperatore Augusto, filio bonae memoriae Ottonis imperator, anno imperii
ejus in Italia octavo, idus octobris_...... cioè nell'anno 975. Da
_Oberto II_ marchese discendono i principi estensi, siccome andremo
vedendo. Lasciò _Oberto I_ di grandi stati e beni ai suoi figliuoli,
situati specialmente in varii contadi della Toscana, dove poi fu celebre
la _terra Obertenga_. E più che altrove la sua potenza e ricchezza fu
nella Luigiana: tutti indizii che _Adalberto_ marchese suo padre
discendeva dagli _Adalberti_ da noi veduti duchi e marchesi potentissimi
della Toscana, secondo le forti conietture da me recate nelle suddette
Antichità[2400]. Merita ancora d'essere qui rammentata la distruzione
circa questi tempi seguita dei Saraceni, da tanti anni annidati in
Frassineto ne' confini dell'Italia, che infestavano il vicinato, e
mettevano in contribuzione chiunque osava di passare per le Alpi venendo
o andando in Francia. La gloria di averli schiantati di colà è dovuta a
_Guglielmo conte_ di Provenza, fratello di _Corrado re_ di Borgogna, che
con un forte esercito gli assalì e sconfisse[2401], liberando una volta
da sì gran peso quelle contrade. Racconta ancora Lupo protospata[2402]
un altro fatto d'armi dei Cristiani, succeduto in quest'anno contro i
Saraceni di Calabria, che per noi resta involto in molte tenebre:
_Pugnavit_, dice egli, _Asto filius Trasmundi marchisi cum quatuordecim
millibus Saracenorum. Caytus_ (sive dux) _Bucobolus vocabatur; et Otto
in subsidium misit sex millia suos, et vicit Asto persequens Agarenos
usque Tarentum_. Si dee scrivere _Atto_ cioè _Azzo_, il quale ebbe per
padre quel _Trasmondo_ che noi vedemmo all'anno 959 duca e marchese di
Spoleti: se pure (il che par poco credibile) non parlasse il suddetto
autore per anticipazione di _Trasmondo_, che troveremo creato duca e
marchese di que' paesi nell'anno 981, senza apparire se questo fosse
diverso dall'altro. La città d'Amalfi ebbe nei tempi correnti per suo
duca[2403] _Sergio_ imperiale patrizio, titolo a lui conferito dai greci
Augusti. Salì egli a questa dignità con aver fatto levare la vita a
_Mastari_ precedente duca.
NOTE:
[2386] Annalista Saxo, apud Eccard.
[2387] Sigebert., in Vit. Theoderici I Episcop., Metens.
[2388] Antiquit. Ital., Dissertat. LXXII.
[2389] Chronic. Monaster. Mosomens., apud Dachery, in Spicileg.
[2390] Baron., in Annal. Eccles. ad hunc annum.
[2391] Sigebertus, in Chronic.
[2392] Martinus Polonus, in Chronic.
[2393] Ptolomaeus Lucens., Hist. Eccl.
[2394] Pagius, in Crit. Baron. ad hunc. annum.
[2395] Antichità Estensi, P. I, cap. 16.
[2396] Gerbertus, Epist. 17.
[2397] Idem, Epist. 5.
[2398] Antichità Estensi, P. I, cap. 15 e 20.
[2399] Antiq. Ital., Dissert. VII.
[2400] Antichità Estensi, P. I.
[2401] Odilo et Syrus, in Vita S. Majoli apud Mabill. Annal. Bened.
[2402] Lupus Protospata, in Chron., tom. 5 Rer. Italic.
[2403] Antiquit. Italic., tom. I, pag. 210.


Anno di CRISTO DCCCCLXXIII. Indiz. I.
BENEDETTO VI papa 2.
OTTONE II imperadore 7 e 1.

Fu questo l'ultimo anno della vita del vecchio _Ottone imperadore_.
Trovavasi egli in Germania; avea celebrato il santo Natale dell'anno
addietro in Francfort, la Pasqua del presente in Quintileburg[2404],
dove ricevette le ambascerie dei Boemi, Greci, Beneventani, Ungheri,
Bulgari, Danesi e Slavi. Quivi ancora dimorando confermò i privilegii
alla chiesa di Cremona con diploma[2405] dato _V kalendas aprilis, anno
dominicae Incarnationis DCCCCLXXIII, Indictione I, Imperii domni Ottonis
XII, item Ottonis VI. Actum Quintileburg._ La morte di _Erimanno_
insigne duca di Sassonia l'attristò non poco. Passò a Merseburg,
lasciando dappertutto segni della rara pietà. Giunto a Miminleve, quivi
sorpreso o da accidente apopletico, o da altro frettoloso malore, dopo
aver ricreata l'anima coi santi sacramenti, la rendè al suo Creatore nel
dì 7 di maggio. Principe terror dei Barbari, che per le sue grandi
imprese in guerra, per l'amore e propagazion della religione, per lo
zelo della giustizia, e per altre luminose virtù, giustamente dopo Carlo
Magno si acquistò il titolo di Grande. Fu portato il suo corpo alla
sepoltura in Maddeburgo. Ancorchè _Ottone II_ suo figliuolo già fosse
coronato re di Germania e d'Italia, e solennemente creato imperadore de'
Romani dal papa; contuttociò i principi della Germania confermarono di
nuovo l'elezione sua. Questi, soprannominato il _Rosso_, nei primi suoi
anni lasciossi alquanto trasportare alla via lubrica de' vizii, ma non
tardò a rimettersi sul buon cammino. Abbondava allora la Germania di
vescovi e di abbati santi che coll'esempio loro ispiravano l'amore delle
virtù. Era anche una scuola di santità la stessa sua casa paterna, in
cui l'avola _Matilde_, e la madre _Adelaide_ meritarono d'essere riposte
nel catalogo delle principesse sante, per nulla dire del piissimo suo
genitore, di _Brunone arcivescovo_ di Colonia suo zio paterno, di
_Guglielmo arcivescovo_ di Magonza suo fratello, e d'altri di quella
regal famiglia, tutti per la singolare lor pietà e per molte altre virtù
commendati nella storia di questi tempi. Godeva nell'anno presente
l'Italia un'invidiabil pace. Rapporta Girolamo Rossi[2406] gli atti
assai logori di un concilio tenuto nel dì 7 di settembre dell'anno
presente da _Onesto arcivescovo_ di Ravenna con alcuni vescovi suoi
suffraganei e molti nobili nella terra di Marzaglia del contado di
Modena vicino al fiume Secchia. Anche il Sigonio[2407] ne fa menzione
sotto questo anno, citandone gli atti esistenti nell'archivio de'
canonici di Modena, i quali diversi da quei del Rossi furono poi dati
alla luce dal vescovo Sillingardi[2408]. Tali sono le note cronologiche
presso il Rossi: _Temporibus domni Benedicti apostolici..... ejus in Dei
nomine anno primo, imperante domno Othone piissimo anno VI, die nono
septembris, Indictione II. Actum in loco, ubi dicitur Martialia,
territorio mutinensi._ Di qui e da altri atti apparisce che gli anni de'
papi, anche fuor degli Stati della Chiesa, si contavano per venerazione
al sommo pontificato. Presso al Sillingardi si leggono queste altre
note: _Anno dominicae Incarnationis DCCCCLXXIII, apostolatus domni
Benedicti primo, imperii vero domni Othonis octavo, pontificatus domni
Honesti ravennatis metropolitani tertio. In loco Marsaglia._ Ma qui v'ha
qualche sbaglio. In uno strumento del monistero di Subiaco s'incontrano
queste note: _Deo propitio, pontificatus domni Benedicti summi
pontificis et universalis papae primo, imperantibus imperatoribus Ottone
majori anno XII, et Othone minori ejus filio anno sexto, Indictione I,
mense februario, die nona_. Camminano ben queste note, perchè non era
per anche mancato di Vita Ottone il Grande. Negli atti del Sillingardi
litigava _Adalberto vescovo_ di Bologna per alcuni beni pretesi della
sua chiesa, e goduti da _Uberto vescovo_ di Parma. In quei del Rossi
alcuni nobili ravegnani pretendevano alcuni beni, come lor propri,
esistenti nel Bolognese e in altri luoghi della Romagna; e il suddetto
vescovo di Parma li sosteneva come a sè spettanti _ex investituris magni
Othonis imperatoris_: il che fa intendere il dominio di Ottone I
imperadore nell'esarcato. _Uberto_ per essere stato arcicancelliere di
esso Ottone ne dovea aver ben profittato. Morto che fu Ottone, chi si
credea gravato gridò. Veggonsi ancora presenti a quel concilio alcuni
_conti_ dell'esarcato. Tali soleano denominarsi i governatori delle
città del regno d'Italia. Nel suddetto archivio di Subiaco si conserva
un'altra bolla con queste note: _Data VI kalendas december, per manum
Johannis Deo amabilis primicerei summe apostolice sedis, anno, Deo
propitio, pontificatus domni Benedicti summi pontifici et universali
pape in sacratissima sede beati Petri apostoli primo, imperante domno
nostro Ottone piissimo P. P. Augusto, a Deo coronato pacifico
imperatore, Indictione II_. Se questa indizione ha avuto principio nel
settembre, abbiam qui l'anno presente 973, e da tale documento risulta
che _Benedetto VI_ avea dato principio al suo pontificato o sul fine del
precedente anno, o sul principio di questo. Può essere poi che a questo
medesimo anno appartenga ciò che viene raccontato dall'Anonimo
salernitano[2409], cioè che _Pandolfo Capodiferro_, principe di
Benevento, a cui non uscivano di mente i danni recati dai Napoletani al
distretto di Capoa, unito insieme un esercito di Beneventani e
Spoletini, andò a devastare il territorio di Napoli. Pensava anche di
fare il medesimo giuoco a quel di Salerno; ma eccoti venire _Gisolfo I_
principe di quella contrada con una buona armata de' suoi, e postarsi ad
un luogo appellato Fiumicello, dove erano delle buone fosse, anticamente
fatte, aspettando a piè fermo i Beneventani. Ciò veduto, Pandolfo se ne
tornò a casa, senza recar altra molestia ai Salernitani.
NOTE:
[2404] Witichindus, Ditmarus, Annalista Saxo et alii.
[2405] Antiquit. Ital., Dissert. LXXI.
[2406] Rubeus, Histor. Ravenn., lib. 5.
[2407] Sigonius, de Regno Italiae, lib. 7.
[2408] Sillingardus, Catalog. Episc. Mutinens.
[2409] Anonymus Salern., P. I. tom. 2 Rer. Italic.


Anno di CRISTO DCCCCLXXIV. Indiz. II.
DONO II papa 1.
OTTONE II imperadore 8 e 2.

Duravano tuttavia i mali umori in Roma. Ad alcuni potenti non piaceva
punto la dipendenza dall'imperador dei Romani, siccome avvezzi, prima
che _Ottone il Grande_ mettesse loro la briglia, ad una sregolata
licenza in quell'augusta città. Pertanto, cessato che fu il timore
d'esso imperadore Ottone per la sua morte accaduta nell'anno addietro,
eglino senza mettersi pensiero del regnante imperadore di lui figliuolo,
perchè lontano e giovane, passarono ad un'orrida iniquità. _Bonifazio_
soprannominato Francone, figliuolo di Ferruccio, di nazione romano e
cardinal diacono, ma uomo scelleratissimo, mise le mani addosso a papa
_Benedetto VI_, cacciollo in prigione, e quivi crudelmente il fece dopo
qualche tempo strangolare. Quindi non per legittima elezione, ma colla
violenza, vivente anche lo stesso vero papa, occupò il pontificato
romano, rendendosi perciò immeritevole d'essere annoverato fra i
legittimi papi. Ma questo pseudo-pontefice e tiranno poco godè il frutto
delle sue scelleraggini; perciocchè, secondo Ermanno Contratto[2410],
_post unum mensem expulsus, Constantinopolim postea petiit_. Secondo
lui, fu _Crescenzio_ figliuolo di Teodota che fece imprigionar
Benedetto. Dal Sigonio[2411] è chiamato _Cencio_, siccome ancora nella
cronica del Volturno. Aggiugne il cardinal Baronio[2412] che Bonifazio
prima di abbandonare Roma, spogliò del suo tesoro e di tutti i sacri
arredi la basilica vaticana, e tutto portò con seco a Costantinopoli,
coronando con questo gli altri suoi sacrilegii. Di questo fatto abbiamo
anche menzione presso il Dandolo[2413]. E tali enormità commettevano e
commisero anche prima e dipoi i Romani d'allora, contra dei quali
sarebbono state più a proposito le doglianze del cardinal Baronio, che
contro i principi di que' tempi infelici. Cacciato via l'usurpatore, se
crediamo a Sigeberto[2414], a Mariano Scoto[2415], a Martino
Polacco[2416] e ad altri scrittori, fu alzato al trono pontificale _Dono
II_, delle cui azioni nulla ci ha conservato l'antica storia, la quale
anzi è confusissima nell'assegnare il tempo e la successione de' papi
d'allora. Abbiamo dal suddetto Dandolo che in quest'anno _Ottone II_
Augusto _existens Verhelae_ (oggidì _Verla_ nella Vestfalia, se pure non
è _Verda_ ossia _Verden_) _privilegium concessit Audoino capellano et
nuntio Vitalis gradensis patriarchae, confirmans gradensem ecclesiam
metropolitanam, exemtiones et immunitates et libertates, quas Otto I
eidem ecclesiae concesserat, per privilegium renovavit_. Crede lo