Annali d'Italia, vol. 3 - 81

et Lucaniae secessit_, cioè nel ducato di Benevento. Certo è ch'egli fu
in Toscana nel mese di giugno, ciò apparendo da un placito tenuto dal
_marchese Otberto_ conte del sacro palazzo, da me dato alla luce[2329],
e tenuto _locus nuncupante prope monte Vultrario, quod est infra
comitatu voloterense, ubi domnus Hotto imperator Augustus praeerat_. Il
documento fu scritto _anno imperii domni Hottoni imperatore Augustus, et
item Hotto filio ejus gratia Dei rex sexto, XII die mense junii,
Indictione decima_. Se poscia Ottone passasse verso Benevento, nol so
dire. Abbiamo bensì un diploma d'esso Augusto presso l'Ughelli[2330],
che cel rappresenta nella stessa città di _Benevento_ nel dì 13 di
febbraio dell'anno presente, e ci dà a conoscere ch'egli non andò a
dirittura da Roma a Ravenna. Esso privilegio fu dato in favore della
chiesa di Benevento: _Idibus februarii anno dominicae Incarnationis
DCCCCLXVII, imperii vero domni Ottonis piissimi Caesaris VI, Indictione
X. Actum in civitate Beneventi._ Ci conduce poi questo medesimo atto ad
intendere che _Pandolfo Capodiferro e Landolfo III_ suo fratello già
aveano riconosciuto l'alto dominio dell'imperadore sopra i loro
principati di Benevento e Capoa, e s'erano dichiarati suoi vassalli, con
abbandonare i Greci. Però _Niceforo Foca_ imperador greco nell'anno
seguente ebbe a dire a _Liutprando vescovo_ di Cremona e ambasciator di
Ottone[2331]: _Principes autem, capuanam scilicet, et beneventanum,
sancti nostri imperii olim servos, nunc rebelles, servituti pristinae
(Otto) tradat_. Ma Pandolfo la seppe fare da buon mercatante, perchè in
ricompensa di questa sua soggezione aveva ottenuto dall'imperadore di
esser creato anche _duca di Spoleti e marchese di Camerino_. Fu di
parere Camillo Pellegrino[2332] che Pandolfo solamente nell'anno 969
conseguisse così buon boccone. Ma ci restano documenti sicuri, indicanti
che prima anche dell'anno presente, egli arrivò a conseguirlo. L'abbiam
poco fa veduto intervenire al concilio romano nel dì undici di gennaio
del presente anno con i titoli di duca e marchese. Oltre a ciò, nelle
giunte da me fatte alla Cronica casauriense[2333] abbiamo un bel
placito, tenuto _in villa Mariani, campo juris proprietatis sanctae
Firmanae ecclesiae, residente Pandulfo duce et marchione_, e scritto
_anno ab Incarnatione Domini Jesu Christi DCCCCLXVII, et imperante domno
Ottone imperatore Augusto, anno imperii ejus VI, mense februario, per
Indictionem X_. Il nome di _duca_ e di _marchese_ riguarda il ducato di
_Spoleti_ e la marca di _Camerino_, nella quale era compresa la città di
_Fermo_, trovandosi anche la stessa marca talvolta appellata _marca di
Fermo_. Leggesi un altro placito nella Cronica del Volturno[2334],
tenuto nell'anno seguente _in territorio marsicano_, che era allora
parte del ducato di Spoleti, _ubi sedebat domnus Pandolfus gloriosus
princeps_ (di Benevento, oppur solamente di Capoa), _dux_ (di Spoleti)
_et marchio_ (di Camerino) scritto _in anno ab Incarnatione Domini
nostri Jesu Christi DCCCCLXVIII, anno imperii magni Ottonis Augusti in
anno septimo, et Otto imperatoris filius insimul cum eo in anno primo,
et IV kalendas septembris, Indictione undecima_. Di qui ancora si scorge
che Pandolfo non aspettò l'anno 969 per acquistare i governi di Spoleti
e di Camerino. Era stato ne' tempi del re Ugo in possesso di questi due
stati _Uberto_ duca e marchese di Toscana suo figlio bastardo. Quando
egli ne decadesse, e se per cagion del suo esilio, oppure per la sua
morte, non si sa; e noi troviamo ben imbrogliata la storia de' suoi
ultimi anni e il tempo della morte sua; del che ho io parlato
altrove[2335]. Quel che è certo, _Ugo_ suo figliuolo a lui succedette
nel ducato della Toscana (non so dire in qual anno preciso), ma non già
in quello di Spoleti, e neppur della marca di Camerino, quantunque col
tempo egli arrivasse a dominar ancora in quelle contrade. Ci vien poi
dicendo il Continuatore di Reginone[2336] che tanto papa Giovanni XIII,
quanto l'imperadore scrissero lettere al giovane re _Ottone II_,
invitandolo per la festa del santo natale a Roma.
Impiegò Ottone II alcuni mesi per mettere in buon ordine gli affari di
Germania, al qual fine tenne anche una dieta de' principi in Vormazia.
Ed essendosi finalmente messo in viaggio nel mese di settembre,
accompagnato da _Guglielmo arcivescovo_ di Magonza suo fratello,
solennizzò la festa di san Michele in Augusta. E qui termina la
continuazione degli Annali di Reginone. Seguita a dire l'Annalista
sassone[2337] ch'esso re per la valle di Trento calò in Italia, e trovò
in Verona l'Augusto suo padre, con cui celebrò la festa dell'Ognissanti.
Poscia passando per Mantova, ed imbarcatisi in Po, giunsero a Ravenna, e
dopo essersi fermati quivi per alquanto tempo, ripigliato il viaggio,
arrivarono a Roma _XI kalendas januarii_ nel dì 22 di dicembre; ma dee
dire _IX kalendas_, cioè nel dì 24, incontrati tre miglia fuori di Roma
dai senatori colle scuole portanti le lor croci ed insegne, e cantanti
le lodi dell'imperadore. Si trovò papa Giovanni nelle scalinate di san
Pietro a riceverli. Nel _seguente giorno_, cioè nella festa del santo
Natale, _Ottone II_ nella basilica vaticana fu proclamato imperadore
Augusto, e ricevette dalle mani di papa Giovanni l'unzione e corona
imperiale con gran plauso ed allegria non meno dei Tedeschi che dei
Romani. Ditmaro[2338] all'incontro scrive che Ottone suo padre non si
trovò allora in Roma: _Æquivocus imperatoris junior, Otto, quem peperit
inclyta mater Adelhaidis, in nativitate domini Romae imperator effectus
est, patre jubente, ac tunc in Campania juxta Capuam commorante_. Nè si
dee tralasciare, che stando nell'aprile di quest'anno Ottone il Grande
in Ravenna[2339], Niceforo Foca imperador de' Greci gli spedì degli
ambasciatori con diversi regali, chiedendo pace ed amicizia con lui.
Furono assai onorevolmente accolti e rispediti, forse con sole buone
parole; perchè l'imperadore covava delle pretensioni sopra gli stati
chiamati ora il regno di Napoli. Tuttavia, sperando egli di far meglio
questo affare con inviare i suoi ambasciatori alla corte di
Costantinopoli, scelse per tale incumbenza _Liutprando vescovo_ di
Cremona, a cui non mancava la lingua in bocca. Questi nell'anno
susseguente s'incamminò a quella volta, portando specialmente la
commission di chiedere per moglie del cesareo figliuolo _Ottone
Teofania_ figliuola di _Romano_ juniore, già imperador d'Oriente. Sotto
quest'anno scrive Lupo protospata:[2340] _Descendit Otho rex et senex,
pater Othonis regis, qui pugnavit cum Bulcassimo Saracenorum rege, et
interfecit eum, et in eo praelio perierunt quadraginta millia hominum_.
Ma pretende Camillo Pellegrini che questa sì strepitosa vittoria, in
tempi tali non conosciuta da verun altro storico, sia narrata fuor di
sito (siccome credo io che nel gran numero di que' Saraceni ammazzati il
protospata slargasse esorbitantemente la bocca), e s'abbia essa da
riferire all'anno 981, e a' tempi di Ottone II Augusto. Appartiene al
presente anno un diploma[2341] di Ottone I, in cui dona molte corti ad
_Aledramo_ ossia _Aleramo marchese_, il quale vien creduto che fosse il
primo marchese della marca del _Monferrato_. Da lui poscia discese la
famiglia di quei principi che fecero risonare il suo nome non meno in
Occidente che in Oriente.
NOTE:
[2318] Continuator Rheginonis, in Chron.
[2319] Pagius, in Crit. Baron.
[2320] Baron., in Annal. Eccl. ad ann. 966.
[2321] Liutprandus, in Legation.
[2322] Hermannus Contractus, in Chronic.
[2323] Antiquit. Ital., Dissert. LXV.
[2324] Dandul., in Chron., tom. 12 Rer. Ital.
[2325] Continuator Rheginonis, in Chronico.
[2326] Bacchini, Ist. del Monistero di Polirone, Append.
[2327] Liutprandus, in Legationib.
[2328] Annalista Saxo.
[2329] Antichità Estensi, P. 1. cap. 16.
[2330] Ughell., Ital. Sacr., in Episcop. Benevent., tom. 8.
[2331] Liutprandus, in Legation.
[2332] Peregrinus, Hist. Princip. Langobard.
[2333] Chron. Casauriense, P. II, tom, 2 Rer. Ital.
[2334] Chron. Vulturnense, P. II, tom. 1 Rer. Ital.
[2335] Antichità Estensi, P. I, cap. 15.
[2336] Continuator Rheginonis, in Chronico.
[2337] Annalista Saxo, apud Eccardum.
[2338] Ditmarus, in Chron., lib. 2.
[2339] Continuator Rheginonis in Chronico.
[2340] Lupus Protospata, in Chronico.
[2341] Benvenuto da S. Giorgio, Istor. del Monferrato.


Anno di CRISTO DCCCCLXVIII. Indiz. XI.
GIOVANNI XIII papa 4.
OTTONE I imperadore 7.
OTTONE II imperadore 2.

Ci resta la descrizione dell'ambasciata fatta da _Liutprando_ vescovo di
Cremona a _Niceforo Foca_ imperadore di Oriente, a nome dei due _Ottoni_
imperadori d'Occidente[2342], ed è un pezzo stupendo per que' secoli
d'ignoranza, che fa più che mai conoscere quanto fosse spiritoso e
lepido l'ingegno di questo vescovo. Giunse egli nel dì 4 di giugno del
presente anno a Costantinopoli; fu mal ricevuto, maltrattato in varie
maniere a quella corte. S'ebbe a male Niceforo Foca che Ottone
s'intitolasse _imperadore de' Romani_, perchè, secondo lui, dovea
chiamarsi solamente _re_, pretendendo riserbato a sè solo il titolo
d'imperadore: pretensione che saltò fuori anche a' tempi di _Lodovico
II_ imperadore. Andò parimente in furia contra di _papa Giovanni_, il
quale avea spedito anch'egli de' legati con lettere esortatorie per le
nozze proposte con _Ottone II_ chiamato _imperadore_. Ma quel che più
scottava il greco Augusto Niceforo, a noi dipinto (non so se con tutta
verità) da Liutprando come uomo a cui niun vizio mancava, era l'aver già
inteso che i principi di Benevento e di Capua, in addietro vassalli e
tributarii dei greci imperadori, si fossero sottomessi all'imperadore
Ottone; e tanto più perchè era insorta paura che Ottone potesse e
volesse anche toglier ai Greci gli stati dipendenti da essi in Puglia e
in Calabria. Si vede da questa relazione che _Adalberto_ e _Corrado_
figliuoli del già re Berengario, erano ricorsi alla corte greca, e le
faceano credere d'avere in Calabria o in Puglia sette mila corrazzieri
da unire coll'armata navale che Niceforo pensava di spedire in Italia
contro gli sforzi d'Ottone Augusto. Fra le molte insolenze, vanti e
spropositate cose che Niceforo imperadore, o i suoi ministri dissero a
Liutprando, il più ridicolo fu l'aver eglino preteso, che se Ottone
voleva pure per moglie del figliuolo la regal principessa greca
_Teofania_, avesse da cedere al greco augusto l'esarcato di Ravenna,
Roma col suo ducato e il resto del paese, cioè Benevento e Capua, sino
ai confini degli stati goduti dai Greci in Puglia ed in Calabria.
Oppure, se cercava solo amicizia, senza trattar di parentela, che
lasciasse libera Roma, cioè ch'egli si spogliasse del titolo e diritto
imperiale sopra di Roma. Poichè per altro intendeva il greco imperadore
di restituire ai papi tutto quel che loro era dovuto, purchè potesse
ricuperare la sovranità sopra di Roma, e l'antica pretesa autorità
nell'elezione dei nuovi papi. In questo mentre avvertito l'imperadore
Ottone dell'indegno ricevimento del suo ambasciatore in Costantinopoli,
e che Niceforo in vece di pace voleva guerra, e dava ricovero ad
Adalberto e Corrado nemici suoi, e metteva in ordine una flotta, per
inviarla contra di lui in Italia: vedendosi invitato al suo giuoco,
senza perdere tempo, andò a mettere il campo sotto Bari, città allora
sottoposta ai Greci. Di questo assedio fa menzione lo stesso Liutprando,
ma con soggiugnere che alle sue preghiere Ottone l'avea poi levato:
_Induperator enim Barium conscenderat Otto,_
_Caede simul, flammisque sibi loca subdere tentans_
_Sed precibus remeat romanas victor ad urbes_
_Inde meis:_
Si dovea trovar in affanni Liutprando al veder cominciata la guerra,
quand'egli era tuttavia in mano de' Greci che poteano voler vendicarsi
sulla di lui persona. L'Anonimo salernitano[2343] scrive che Ottone
_Apuliae fines venit, et valide eam dimicavit, et civitatem Bari
aliquantulum obsedit, et quantum valuit undique constrinxit_. Forse
interpretando il Sigonio[2344] alcune parole di Sigeberto storico, prese
occasione di scrivere che i principi di Benevento e Capoa, ribellatisi
ad Ottone, furono in aiuto de' Greci, e che dipoi astretti dalla forza
tornarono all'ubbidienza dell'imperador latino. Ma Liutprando nella
relazion della sua ambasciata, e i placiti di Pandolfo, da me rammentati
all'anno precedente, fanno abbastanza intendere che esso Pandolfo e
Landolfo suo fratello osservarono una buona armonia coll'Augusto Ottone,
nè punto a lui si ribellarono in questi tempi. Cosa operassero in
congiuntura di tali turbolenze i due figliuoli del fu re Berengario, non
apparisce. Arnolfo storico milanese del secolo susseguente
racconta[2345] che _Corrado_, si quietò, perchè _Gotifredo_ creato dipoi
arcivescovo di Milano nell'anno 975, oppure Ottone II imperadore gli
dovette accordar qualche stato o pensione. Ma _Adalberto_ non volle mai
ascoltare trattato alcuno d'accordo, e finchè visse fu in armi contro
gli Ottoni Augusti. Dei figliuoli di Berengario così scrive il suddetto
Arnolfo storico: _Quorum Widone interfecto, Conone pactione quieto,
Adelbertus ceteris animosior diebus vitae omnibus factus est in diversa
profugus_. Contra di questi ebbe molta guerra il suddetto Gotifredo
arcivescovo di Milano, siccome prelato molto fedele agl'imperadori
Ottoni.
Appartiene all'anno presente, e non già all'antecedente, come immaginò
l'Annalista sassone, una lettera scritta da Ottone primo Augusto ai
baroni di Germania _XV kalendas februarii in Campania juxta Capuam_, e
riferita da Witichindo[2346], in cui fa loro sapere che aspettava gli
ambasciatori del greco imperadore, con apparenza che venissero a chieder
pace. Ma se altramente accadesse, sperava di tor loro coll'armi la
Puglia e la Calabria. Che se poi si accordassero, e gli concedessero la
moglie richiesta pel figliuolo, allora egli pensava di passare colle
milizie sino a _Frassineto_, per isnidar di colà i Saraceni spagnuoli.
Pareva che, secondo la relazion di Liutprando[2347], da noi veduta di
sopra all'anno 942, avessero i Mori abbandonato quel sito; ma di qui si
scorge che tuttavia ne erano in possesso, e che i lamenti dei popoli
circonvicini aveano mosso l'animo di Ottone il Grande a liberarli da
que' malandrini: il che poi non eseguì per la guerra insorta coi Greci,
e per altri disturbi suoi. In fine d'essa lettera scrive Ottone: _Filius
noster in Nativitate Domini coronam a domno Apostolico in imperii
dignitatem suscepit_: parole che compruovano scritta quella lettera nel
gennaio dell'anno presente. Nel dì primo di luglio parimente di
quest'anno diede esso imperadore in favore del monistero di Monte Casino
un diploma, accennato da Leone Ostiense[2348] e pubblicato dal padre
Gattola[2349], con queste note: _Data die kalendas julias anno dominicae
Incarnationis nongentesimo sexagesimo septimo, imperii vero domni
Ottonis serenissimi Caesaris septimo, Indictione XI. Actum in Monte, ubi
Staphulo Regis dicitur_. _L'anno VII_ di Ottone coll'_indizione XI_
chiaramente indicano l'anno presente 968, e pure ivi si legge 967. Altro
non si può pensare, se non che o il documento non sia autentico, e che
l'antico copista sbagliasse scrivendo _nongentesimo sexagesimo septimo_
in vece di dire _octavo_, oppure disattentamente copiasse il numero
romano DCCCCLXVIII tal quale forse stava notato nell'originale; oppure
che il cancelliere abbia fallato nell'_anno_, e forse anche nel nome del
_luogo_ il quale in un altro diploma, dato da esso Augusto al monistero
di San Vincenzo del Volturno nel dì precedente di questo medesimo anno,
vien chiamato _Stabulum Regis_. Le note di quest'altro diploma
sono[2350]: _Data pridie kalendas julias, anno dominicae Incarnationis
DCCCCLXVIII, imperii vero domni Ottonis serenissimi Caesaris septimo,
Indictione XI. Actum in Monte, ubi Stabulo Regis dicitur._ Di simili
sbagli commessi nelle segreterie e cancelliere de' principi, ne abbiamo
più di un esempio; ed io tengo un breve originale di Sisto IV papa,
scritto _pontificatus nostri anno tertiodecimo, die VII aprilis
MCCCCLXXXXIIII_, quando ha da essere _MCCCCLXXXIIII_. Sul fine di
quest'anno tornò indietro dalla sua ambasciata _Liutprando vescovo_ di
Cremona, mal soddisfatto dei Greci, e più del loro imperadore. Venne
anche a morte _Landolfo III_ principe di Benevento a Capoa[2351]. Benchè
lasciasse figliuoli, suo fratello _Pandolfo Capodiferro_ occupò tutti
gli stati dianzi da lui posseduti, con che crebbe di molto la di lui
potenza. In questi tempi fu creato duca di Amalfi _Mastaro_ juniore,
fratello del precedente Mastari, e tenne quel governo solamente quattro
anni, come si ricava dalla Cronichetta amalfitana, da me data alla
luce[2352].
NOTE:
[2342] Liutprandus, in Legation.
[2343] Anonymus Salern., P. II, tom. 1 Rer. Ital.
[2344] Sigon., de Regno Ital. lib. 7.
[2345] Arnulf., Hist. Mediolan., lib. 1, cap. 8, tom. 4 Rer. Ital.
[2346] Witichindus, Annal., lib. 3. Annalista Saxo.
[2347] Liutprand., Hist. lib. 5, cap. 5 et 7.
[2348] Leo Ostiensis, Chron., lib. 2, cap. 4.
[2349] Gattola, Histor. Monaster. Casinens. P. I.
[2350] Chron. Volturn., P. I, tom. 2 Rer. Ital.
[2351] Peregrinus, Hist. Princip. Langob., P. I, tom. 2 Rer. Ital.
[2352] Antiquit. Ital., tom. 1, pag. 120.


Anno di CRISTO DCCCCLXIX. Indiz. XII.
GIOVANNI XIII papa 5.
OTTONE I imperadore 8.
OTTONE II imperadore 3.

Secondo l'Annalista Sassone[2353], _Ottone il Grande_, dopo aver
solennizzata la festa del santo Natale dell'anno precedente nella
Puglia, fermossi tuttavia in quelle parti, e celebrò la Pasqua dell'anno
presente in Calabria. Sono affatto scuri i fatti d'esso Augusto in
quelle parti, dove egli si tratteneva, perchè tuttavia durava la guerra
coi Greci, nè voleva egli permettere che i principi di Benevento e di
Capua, divenuti suoi vassalli, restassero esposti allo sdegno
dell'imperadore di Oriente. Sigeberto[2354] attribuisce a quest'anno una
vittoria riportata sopra i Greci in Calabria da Guntero e Sigefredo
uffiziali dell'Augusto Ottone. Che vittoria fosse questa, lo dirò fra
poco. Lupo protospata[2355] altro non dice sotto quest'anno, se non _che
introivit Otho rex in Apuliam mense martii; obsedit civitatem Bari
irrito conatu_. Abbiam veduto che ciò succedette nell'anno antecedente.
Aggiunge: _Et in alio anno intravit in Calabriam mense octobris, et sol
obscuratus est mense decembris_. Pare che questo accadesse nell'anno
presente. In fatti abbiamo presso l'Ughelli[2356] un suo diploma, dato
_XIV kalendas maii, anno Incarnationis dominicae DCCCCLXIX, anno vero
domni Othonis serenissimi Augusti, octavo Indictione XII. Actum in
Calabria in suburbio Cassano._ In esso, a petizione di _Uberto vescovo_
di Parma ed arcicancelliere, conferma Ottone ad Ingone suo vassallo
tutti i beni da lui goduti _in comitatibus bulgariensi, laumellensi,
plombiensi, mediolanensi, evoriensi, papiensi, placentino, parmensi_: e
dice fra le altre cose: _Cum nos in Calabria residebamus in confine
atque planicie, quae est inter Cassanum, et Petram Sanguinariam, ibique
nostro imperiali jure nostris fidelibus tam calabris, quam omnibus
italicis, francisque atque theutonicis leges praeceptaque imponeremus_,
ec.; il che ci fa intendere la sovranità imperiale in quelle parti,
senza che ivi si parli punto di alcun altro diritto o pretensione dei
romani pontefici. Leggesi un altro diploma, spedito da esso Augusto in
confermazione de' beni e privilegii del monistero di Casauria, dato
_kalendis maii_, coll'altre note suddette[2357]. _Actum in suburbio
Bivino_ oggidì _Bovino_. Trovasi in questi tempi _Giovanni duca_ e
console di Gaeta[2358], cioè principe di quella città, ma dipendente dai
greci Augusti. Ora per tornare alla vittoria che dissi riportata
dall'imperadore in Calabria, Witichindo[2359] e Ditmaro[2360] la
raccontano in questa maniera. Fecero credere i Greci ad Ottone Augusto
d'aver condotta la principessa richiesta in moglie pel giovinetto
_Ottone II_; perlochè egli inviò in Calabria molta nobiltà con alcuni
reggimenti di soldati a riceverla. Quando questi si credevano d'essere
iti a far feste, all'improvviso i Greci si scagliarono loro addosso, non
pochi ne uccisero e molti ne presero, che inviarono prigioni a
Costantinopoli, con dar anche il sacco a tutto il loro bagaglio. Se a
questo avviso fumasse per la collera Ottone il Grande, ci vuol poco a
figurarselo. Diede ordine immantinente a Guntario e Sigefredo, valorosi
suoi generali, che col fiore delle sue genti andassero a dimandar conto
ai Greci di tanta iniquità. Volarono questi, sorpresero l'armata nemica;
ne fecero gran macello, e a quanti presero tagliarono il naso,
lasciandoli poi ire a lor comodo dove voleano. Posero in contribuzione
tutta quella parte di Calabria e Puglia che apparteneva ai Greci, e
carichi di bottino, d'allegria e di gloria se ne tornarono
all'imperadore. L'Anonimo salernitano[2361] scrive che Ottone _Calabriae
fines venit, incendiis et depraedationibus eam vehementer afflixit, et
millia damna vel oppressiones gessit in principatu salernitano_.
_Gisolfo principe_ di Salerno tenea allora coi Greci. Pretende
Witichindo che questa nuova portata a Costantinopoli servisse di motivo
al popolo di congiurare unitamente coll'iniqua imperadrice contra di
_Niceforo Foca_ imperadrice d'Oriente, a cui levarono la vita. Ma da
altre cagioni ebbe origine la morte inferita nel dicembre di quest'anno
a Niceforo: sopra di che si possono vedere gli storici greci[2362]. Lupo
protospata, Sigeberto ed altri il fanno ucciso nell'anno seguente, e
questa sembra opinione meglio fondata. In luogo suo salì sul trono
_Giovanni Tzimisce_, che ebbe assai a cuore di trattar d'amicizia con
Ottone Augusto.
Tenuto fu quest'anno un concilio in Roma da papa _Giovanni XIII_. Gli
atti ne sono periti; ma ne resta la testimonianza nella bolla
dell'erezione della chiesa di Benevento in arcivescovato, fatta in esso
concilio dal papa. Le note cronologiche di quella bolla son
queste:[2363] _Data VII kalendas junii anno pontificatus domni nostri
Johannis XIII papae IV, imperatoris Othonis majoris VII, et minoris II,
Indictione XII, anno dominicae Incarnationis DCCCCLXIX_. _Pandolfo
Capodiferro_ quegli fu che procacciò questo onore alla sua città di
Benevento, e adoperò l'intercessione dell'imperadore, _praesidentibus
nobis_, dice il pontefice, _in sancta synodo acta ante confessionem
beati Petri Apostolorum principis septimo kalendas junias, praesente
domno Ottone gloriosissimo imperatore Augusto Romanorum, nostro filio,
ec. hortatu benigno ipsius praefati domni Ottonis clementissimi
imperatoris Augusti_, ec. _intervenientibus Pandulfo beneventanae et
capuanae urbium principe, seu Spoleti et Camerini ducatus marchione et
duce, simulque et Landulfo excellentissimo principe filio ejus_, ec.
Sicchè seguitava tuttavia Pandolfo a governare anche Spoleti e Camerino.
Di lui racconta l'Anonimo salernitano il fatto seguente[2364]. Dacchè
l'imperadore ebbe dato il guasto alla Calabria e al principato di
Salerno, se no andò a Ravenna Pandolfo; il pregò di lasciargli un corpo
delle sue truppe, per poter tentare qualche altra prodezza contra de'
Greci, e l'ottenne. Con questo e co' suoi si portò sotto la città di
Bovino; venne alle mani coi Greci, usciti della città, e li sconfisse.
Ma sopraggiunto un rinforzo ad essi Greci, si attaccò di nuovo la
battaglia, e _Pandolfo_ preso nella mischia (di ciò si può dubitare non
poco) fu inviato a Costantinopoli prigione. Dopo ciò Eugenio patrizio
generale de' Greci spinse le sue armi contra gli stati di Pandolfo.
Prese Avellino, e giunto a Capoa vi mise l'assedio, con saccheggiar
intanto il paese e far prigioni quanti gli vennero alle mani. Si
prevalse di tal congiuntura _Marino duca_ di Napoli per danneggiare il
più che potè il distretto di Capoa. Ma dopo quaranta giorni d'assedio,
in cui inutilmente tormentata fu quella città dalle macchine di guerra,
i Greci, per timore che non sopraggiugnesse l'armata imperiale di
Ottone, se n'andarono con Dio, ritirandosi a Salerno, dove quel
principe, cioè _Gisolfo_, che sembra collegato con essi, fece lor godere
un delizioso trattamento. Arrivò in fatti a Capua l'esercito de'
Tedeschi e degli Spoletini, e trovando sloggiati i nemici, passò coi
Capuani a vendicarsi de' Napoletani. Renderono ben loro la pariglia.
Ripresero Avellino, e ne fecero un falò, perchè s'era dato ai Greci
spontaneamente. Ad Eugenio, patrizio greco, preso per la sua crudeltà
dai suoi ed inviato a Costantinopoli, era succeduto Abdila patrizio.
Questi, con quante forze potè, andò a trovar l'esercito cesareo verso
Ascoli. Restò egli ucciso, e sbaragliata la sua gente colla morte di
mille e cinquecento persone. Arricchirono forte delle spoglie de' vinti
i vincitori. Se è vero tutto questo racconto, e massimamente la
prigionia del principe Pandolfo, convien credere che tali fatti
accadessero qualche settimana dopo il dì 20 di maggio, in cui abbiamo
veduto il medesimo Pandolfo presente al concilio romano.
NOTE:
[2353] Annalista Saxo, apud Eccardum.
[2354] Sigebertus, in Chronico.
[2355] Lupus Protospata, Chronic., tom. 5 Rer. Ital.
[2356] Ughell., Ital. Sacr., tom. 2 in Episcop. Parmens.
[2357] Chronic. Casauriense, P. II, tom. 2 Rer. Ital.
[2358] Ughell., Ital. Sacr., tom. 5 in Append.
[2359] Witichinius, Hist., lib. 3.
[2360] Ditmarus, in Chron., lib. 2.
[2361] Anonymus Salernit., P. II, tom. 2 Rer. Ital., pag. 299.
[2362] Curopalata. Leo Diacon. Cedrenus. Zonaras.
[2363] Ughell., Ital. Sacr., tom. 8 in Episcop. Benevent.
[2364] Anonymus Saler., P. I. tom. 2 Rer. Ital. p. 299.


Anno di CRISTO DCCCCLXX. Indiz. XIII.
GIOVANNI XIII papa 6.
OTTONE I imperadore 9.
OTTONE II imperadore 4.

Celebrò _Ottone il Grande_, per attestato dell'Annalista sassone[2365],
il santo Natale dell'anno antecedente in Pavia. Del suo soggiorno in
quella città anche nel dì 22 di gennaio dell'anno presente resta
tuttavia sicura pruova in un suo diploma[2366], dato in favore del
monistero veronese di santa Maria dell'Organo, _XI kalendas februarii,
anno dominicae Incarnationis DCCCCLXVIIII, imperii vero domni Ottonis
VIII, Indictione XIII_. Qui l'anno 969 è secondo l'era fiorentina e
veneziana, e viene, secondo noi, ad essere l'anno 970, nel cui gennaio
correva tuttavia l'_anno ottavo_ del suo impero. Di là poi passò a
Ravenna, e quivi solennizzò la Pasqua del Signore. Piaceva non poco
all'Augusto Ottone quella magnifica città, e però quivi fece fabbricare
un palazzo nuovo per abitazione sua, siccome costa da un placito ch'io
ho dato alla luce nelle Antichità italiane[2367]. Cotale notizia sembra
indicare che Ottone godesse non solamente il diretto e sovrano dominio,
ma anche l'utile di Ravenna e del suo esarcato. Se non fosse stato così,
difficilmente s'intenderebbe come egli fabbricasse a sè stesso un
palazzo in suolo altrui. Abbiamo da Girolamo Rossi[2368], che trovandosi
in questo medesimo anno nella Romagna il suddetto imperadore, tenuto fu
in Ferrara un placito, dove alla presenza di _Adalberto vescovo_ di
Bologna, di _Uberto vescovo_ di Forlì, di _Giovanni vescovo_ d'Imola, e
di _Leone vescovo_ di Ferrara, _Pietro arcivescovo_ di Ravenna fece
istanza di riaver Consandolo, ed altri beni spettanti alla sua chiesa.
_Vidensque Liuzius episcopus cremonensis_ (così ancora si chiamava
_Liutprando_ allora vescovo di Cremona) _ea ad comitatum ferrariensem
nulla omnino ex parte posse spectare, nullius juris, nisi ravennatis
esse: Eccico nuntius Othonis Augusti pronuntiavit, probavitque, ea
ravennatis esse ecclesiae._ Sì _Liutprando_ che _Eccico_, chiamato
_Ezeca_ in altri documenti, erano messi spediti dall'imperadore Ottone
per conoscere e giudicare intorno a questa differenza; e però scorgiamo
l'autorità imperiale in quelle contrade. Da Ravenna portossi dipoi
l'imperadore Ottone nel principato di Capua, dove diede un diploma pel
nobilissimo monistero di monte Casino[2369] _VIII kalendas junii. Actum