Annali d'Italia, vol. 3 - 50

_maestro de' militi_, ed è lo stesso che dire _duca_. Lasciò anche dopo
di sè altri figliuoli, fra' quali _Atanasio_ già creato vescovo di
Napoli, uomo di santa vita, e _Stefano_ vescovo di Sorrento[1210].
Finchè visse e regnò Gregorio, per esser egli uomo valoroso e savio, e
peritissimo della lingua greca e latina, camminarono bene gli affari di
quella città: e benchè l'imperadore Lodovico, allorchè nell'anno 866
venne coll'armi in quelle parti, si professasse mal soddisfatto di quel
popolo, e forse anche del loro duca, pure il santo vescovo Atanasio,
spedito incontro a lui, con sì buona maniera s'introdusse nella grazia
di esso imperadore e dell'Augusta sua consorte, che non fece violenza
alcuna a Napoli, e neppure vi entrò dentro. Da lì a non molto cadde
malato Gregorio, e consultati i suoi fratelli, e massimamente Atanasio
vescovo, dichiarò duca e collega suo _Sergio II_ suo figliuolo, al quale
prima di morire raccomandò vivamente d'essere ubbidiente al prelato suo
zio, e di regolarsi affatto col di lui parere; perchè così operando,
bene sarebbe per lui, male, facendo il contrario. Di questi documenti si
dimenticò ben presto lo sconsigliato giovane. La moglie sua, donna
superba, non potea sofferire ch'egli si suggettasse ai consigli ed alle
ammonizioni del santo prelato, e gli andava intonando all'orecchio, che
se pur intendeva di comparire e di essere veramente principe, dovea non
solo astenersi dall'averlo per consigliere, ma anche tenerlo lungi da
sè, anzi sbrigarsi da quell'intoppo. Dalla lettera, che citeremo
all'anno seguente, dell'imperador Lodovico, si ricava che fra l'altre
ammonizioni del buon vescovo che amareggiavano il duca suo nipote e la
moglie di lui, quella vi entrava di troncar l'amicizia coi Saraceni, o,
per dir meglio, una specie di lega contratta con loro, e vergognosa
troppo per un principe cristiano. De' Napoletani scrive così
quell'imperadore[1211]: _Infidelibus arma et alimenta et cetera subsidia
tribuentes, per totius imperii nostri litora eos ducunt; ut cum ipsis
toties Petri Apostolorum principis fines furtim depraedari conantur, ita
ut facta videatur Neapolis Panormum vel Africa. Quumque nostri quique
Saracenos insequuntur, ipsi ut possint evadere, Neapolim fugiunt, quibus
non est necessarium, Panormum repetere, sed Neapolim fugientes, ibidem
quousque perviderint latitantes, rursus improviso ad exterminia
redeunt._ Ora tanto picchiarono in capo al duca Sergio la moglie ed
altri perversi consiglieri, che il trassero a mettere in prigione il
vescovo Atanasio e gli altri zii. Non si può dire che commozione
eccitasse in tutta la città questo barbaro avvenimento. Altro non
s'udiva che gemiti, urli e mormorazioni contra dell'iniquo principe.
Però congregato tutto il clero sì greco che latino di quella città coi
monaci, si portò al palazzo, chiedendo con grido la liberazione
dell'amato loro prelato. Andò nelle furie Sergio, prese tempo a
rispondere, e finalmente dopo sette dì, avendo inteso che i sacerdoti
erano risoluti di scomunicarlo, di desistere dai sacri uffizii e di
spogliar gli altari, rimise in libertà il buon vescovo. Incredibile per
questo fu il giubilo e la festa di tutto il clero e popolo, in guisa che
si pentì il duca d'averlo liberato, e cominciò a tenergli delle spie
intorno, per sapere chi andava e veniva da lui; e da lì innanzi
perseguitò a man salva gli ecclesiastici, oppresse le vedove e i poveri,
perchè niuno più v'era che in lor favore aprisse la bocca. In questo
anno, secondo la Cronica saracenica[1212], s'impadronirono i Mori
dell'isola di Malta nel dì 20 d'agosto.
NOTE:
[1203] Annales Franc. Bertinian. et Fuldenses.
[1204] Labbe, Concilior., tom. 8.
[1205] Annal. Francor. Metenses, tom. 3 Du-Chesne.
[1206] Pagius, in Crit. Baron.
[1207] Peregrinus, Hist. Princip. Langob., P. II, tom. 2 Rer. Ital.
[1208] Anonymus Salernitan., Paralipom., cap. 102 et 103.
[1209] Andreas Presbyter, Chron. tom. I Rer. Germ. Menchenii.
[1210] Johann. Diaconus, in Vit. S. Athanasii Episcopi Neapol. P. II,
tom. 2 Rer. Italic.
[1211] Epist. Ludov. II apud Anonym. Salern. cap. 106.
[1212] Chron. Saracin., P. II tom. 2 Rer. Italic.


Anno di CRISTO DCCCLXXI. Indizione IV.
ADRIANO II papa 5.
LODOVICO II imp. 23, 22 e 17.

Non potè più lungamente resistere all'armi cristiane l'assediata città
di Bari. Da essa furono in quest'anno finalmente snidati i Saraceni.
Lupo protospata[1213], che scrive presa quella città dai Franchi _anno_
868, _Indictione prima, tertia die intrante mense februario_, troppo
sconciamente falla nell'anno. Ha bensì colpito nel mese, perciocchè
Andrea prete[1214], scrittore contemporaneo, nella sua breve Cronica,
notò che dopo le sconfitte sopra riferite de' Saraceni, _sequenti mense
februario, quinto_, (forse _quarto_) _expleto anno, quod Bari possessam_
(obsessam) _habebat dominus imperator, comprehendit soldanum, et
reliquos Saracenos ibi consistentes interemit anno XXI, Indictione IV_,
cioè nell'anno presente. Che quella città non si rendesse per
capitolazione, ma fosse presa per forza, si può raccogliere dalla strage
allora fatta de' Saraceni. Se la scappò netta il loro sultano, fu,
secondo la testimonianza dell'Anonimo salernitano[1215], perchè costui
ritiratosi in una torre ben forte, chiamò _Adelgiso principe_ di
Benevento, che era intervenuto coll'_imperador Lodovico_ a
quell'impresa, e si arrendè a lui, salva la vita, con dirgli di
meritarla bene, perchè aveva in suo potere una figliuola di esso
principe, già datagli per ostaggio, e giurò di non averla toccata. Da
ciò prese motivo Adelgiso di domandarlo con due compagni in grazia
all'imperadore, che se ne contentò, ma male per lui. Costantino
Porfirogenneta[1216], parlando della presa suddetta di Bari, scrive che
quella _città col suo territorio, e coi prigioni tutti venne in potere
de' Romani_, cioè de' Greci. Ma senza fallo s'inganna. Non apparisce che
i Greci avessero parte nello acquisto di essa città; niun segno d'averla
Lodovico ceduta all'imperador Basilio, si raccoglie dalla lettera che da
qui a poco verrò allegando. Quel che è più, tanto Erchemperto[1217],
quanto il sopraccitato Lupo Protospata asseriscono che i Greci solamente
dopo la morte dell'imperador Lodovico, siccome vedremo, entrarono in
quella città. Dopo questa gloriosa impresa, aggiugne il suddetto
Erchemperto, che l'Augusto Lodovico inviò la sua armata all'assedio di
Taranto città tiranneggiata anch'essa dai Saraceni. All'anno presente
pare che s'abbia a riferire col cardinal Baronio una lettera scritta
dall'imperador Lodovico a _Basilio imperadore de' Greci_, e a noi
conservata dall'Anonimo salernitano[1218]. Forse i prosperi successi
dell'Augusto latino, notificati al greco colla spedizion di due
ambasciatori, mossero ad invidia Basilio, il quale perciò scrisse al
medesimo Lodovico una lettera tutta tessuta di varie doglianze. La prima
era del farsi Lodovico chiamare _imperadore_, pretendendo Basilio che
questo nome, siccome ancor quello di _Basileo_, fosse riserbato ai soli
imperadori d'Oriente con tacciare di novità l'uso che ne facea Lodovico,
e con dire ch'egli dovea intitolarsi _imperador dei Franchi_, e non già
de' Romani. Risponde saviamente l'Augusto Lodovico, che il nome di
Basileo, significante _re_, si truova adoperato da tutte le antiche e
moderne nazioni; che quello d'_imperadore_ nella sua casa non è nuovo,
avendolo goduto infino il suo bisavolo Carlo. Riconosce poi che dai
Romani ne' suoi maggiori e in lui stesso, era venuto non solamente
l'imperio, ma anche il regno di Francia, perchè essi erano stati unti re
dai romani pontefici. _Nisi_, dice egli, _Romanorum imperator essemus,
utique neque Francorum. A Romanis enim hoc nomen et dignitatem
assumimus, apud quos profecto primo tantae culmen sublimitatis et
appellationis effulsit, quorumque gentem et urbem divinitus gubernandam,
et matrem omnium Ecclesiarum Dei defendendam atque sublimandam
suscepimus, ex qua re et regnandi prius, et postmodum imperandi
auctoritatem prosapiae nostrae seminarium sumsit_. Si stupisce poi come
Basilio abbia scritto, che mentre i suoi Greci tentavano di espugnar
Bari, i Franzesi se ne stavano colle mani alla cintola mirandoli, senza
porger loro aiuto, e con attender solo ai conviti. Quando manifesta cosa
era che i Greci, dopo aver fatto i bravi con dar uno o due assalti,
s'erano tosto avviliti, e segretamente tornati al loro paese; e intanto
que' Franchi, che, secondo lui, attendeano solamente a divertirsi,
aveano daddovero presa la città di Bari. Lamentasi poi l'imperador
Lodovico, perchè Niceta patrizio, destinato da Basilio alla _guardia del
golfo Adriatico_ colla sua flotta, avea dato il sacco a molte terre
della _Schiavonia_ franzese, col pretesto che gli Schiavoni avessero
spogliato i legati pontificii nel ritorno loro da Costantinopoli, benchè
condotti sopra legni dello stesso greco imperadore. Duolsi, dico,
gravemente perchè quei legati sieno stati sì malamente provveduti e
guidati; e nulla finora delle robe loro restituito; e che Niceta abbia
dato il guasto a varie castella di giurisdizione del medesimo Lodovico,
ed inoltre abbia menata via prigione gran quantità di quegli innocenti
popoli: iniquità tanto più intollerabile, _utiisdem Sclavinis nostris
cum navibus suis apud Barim in procinctu communis utilitatis
consistentibus, et nihil sibi adversi aliunde imminere putantibus, tam
impie domus suae quaeque diriperentur, sibique contingerent; quae si
praenoscerent, nequaquam prorsus incurrerent_. Perciò qualora Basilio
non emendi il fatto, _justae severitatis nostrae proxima ultio procul
dubio subsequetur_. Ci fan conoscere tali notizie, che tuttavia l'Istria
e almen qualche parte delle città marittime della Dalmazia ubbidivano
all'imperador d'Occidente. Riferisce Giovanni Lucio[1219] uno strumento
fatto nella città di _Spalatro, regnante in Italia Lothario Francorum
rege per indictione XV, sub die IV non. martii_, cioè nell'anno 857,
oppure 852. Mi giova ancor di produrre una iscrizione che tuttavia si
legge nella città di Pola nell'Istria, ed è testimonio del continuato
dominio dell'imperador Lodovico in quelle parti. Si mira esso sopra una
porta laterale del duomo.
[=AN]. INCARNT. [=DNI] DCCCLVII.
IND. V. REGE LODOVICO IMP. AUG.
IN ITALIA. HANDEGIS HUJUS AECCE
ELEC P. [=ENE] CONS. EPS. SED. AN. [=V].
Questo vescovo non fu conosciuto dall'Ughelli nel tomo quinto
dell'Italia sacra.
Finalmente scrive nella sua lettera l'imperador Lodovico, dopo aver
parlato dell'iniquo procedere de' Napoletani fautori dei Saraceni:
_Noveris, exercitum nostrum, Bari triumphis nostris submissa, Saracenos
Tarenti pariter et Calabriae nos mirabiliter humiliasse, simul et
comminuisse; ac hos celeriter, duce Deo, penitus contriturum, si a mari
prohibiti fuerint escarum admittere copias, vel etiam classibus a
Panormo vel Africa suscipere multitudines_. Perciò prega Basilio di
voler inviare un competente stuolo di navi, che impedisca i trasporti
de' Saraceni, con aggiugnere: _Nos enim Calabria, Deo auctore,
expugnata, Siciliam disposuimus, secundum commune placitum, libertati
restituere_. Queste gloriose imprese meditava l'imperador Lodovico
contra de' Saraceni, formidabili allora alla Cristianità sì in Oriente
che in Occidente, non men di quello che poi furono i Turchi, professori
della lor legge, spezialmente dopo aver soggiogato i Saraceni medesimi.
Ma sconcertate rimasero tutte le sue idee da una di quelle vicende che
ben di rado succedono, ma pur succedono sulla terra, patria della
corruzion degli animi e dei corpi. Dimorava tuttavia in Benevento esso
Augusto, allorchè cadde in cuore al principe della terra _Adelgiso_ il
malvagio pensiero di metter le mani addosso alla di lui sacrata persona.
Costantino Porfirogenneta scrive[1220] che il sultano prigione in
Benevento, uomo de' più furbi ed astuti del mondo, quegli fu che gli
inspirò una sì detestabil risoluzione. Infatti anche l'Anonimo
Salernitano[1221] attesta che Adelgiso si consigliò con lui sopra un
affare di sì grande importanza: tanto s'era egli affratellato con
quell'infedele. Il motivo di procedere a fare un atto sì palpabile di
fellonia contra del suo sovrano variamente viene scritto dagli antichi
storici. L'Annalista di Metz[1222] dice ch'egli ciò operò _Graecorum
persuasionibus corruptus_, e che a persuasione di lui molte città
_Samnii, Campaniae, et Lucaniae, a Ludovico recedentes, Graecorum
dominationi se subdiderunt_. A tali notizie l'imperador mosse l'esercito
verso la capitale, cioè per andare a Benevento, città allora piena di
ricchezze. Non l'aspettò Adelgiso, ma scaltramente gli venne incontro;
protestò la sua fedeltà ed ossequio; giurò di non aver in guisa alcuna
acconsentito alla ribellion di quelle città; fece anche giocar molti
regali; laonde fu restituito nella grazia primiera. Passato dipoi
l'imperadore contro delle città ribellate, tutte le ridusse
all'ubbidienza, fuorchè Capua, che per essere forte di mura convenne
stringerla con assedio. A tutti i contorni di essa città fu dato un
terribil guasto. Veggendosi i Capuani ridotti a mal punto, pregarono il
vescovo loro _Landolfo_ di interporsi, ed alzato il corpo di santo
Germano, processionalmente usciti di città, andarono a trovar
l'imperadore, gridando misericordia. Mosso a pietà lo Augusto sovrano,
loro perdonò; e in tal maniera scacciati i Greci, posta guarnigione
nelle città prese, andossene dipoi a Benevento, dove gli succedette la
disgrazia che or ora verrò raccontando. In essa città si truova egli nel
dì 14 d'aprile dell'anno presente, come apparisce da un suo diploma già
pubblicato da me[1223]. Ma non si può, se non difficilmente, prestar
fede al racconto del suddetto autore, perchè oltre al non avere gli
antichi scrittori italiani nulla detto, nulla conosciuto dell'assedio di
Capua, nè dell'essersi data, come egli pretende, quella con altre città
circonvicine ai Greci, lontano dal verisimile si scuopre che i principi
di Benevento e i conti di Capua avessero voluto ammettere presidii greci
nelle loro città, e massimamente stando in tanta vicinanza l'imperador
Lodovico coll'armi in mano. Si vuol nondimeno confessare che Leone
Ostiense[1224] sembra accostarsi a tale opinione, allorchè dopo la presa
di Bari scrive, che _duo quidam comites nisi sunt in imperatorem
insurgere. Quod quum cognovisset imperator, persecutus est eos usque
Marsiam, ubi illi non audentes consistere, fugerunt Beneventum_. Di
questi due conti parleremo fra poco. Aggiugne, che l'imperadore in
perseguitando que' due conti, arrivò ad Isernia, e volendo quella città
resistere, la espugnò e prese. Poscia per Alife e Telese passò alla
città di Sant'Agata, intorno al cui assedio si fermò per alquanti
giorni. V'era dentro Isembardo gastaldo, cioè governatore perpetuo della
medesima; buon per lui che _Bassacio abbate_ di Monte Casino, per essere
suo parente, impetrò a lui e alla città dall'imperatore perdono. Colà
comparve _Adelgiso principe_ di Benevento. Gittatosi a' piedi
dell'Augusto sovrano, ottenne non solo per sè, ma anche per gli due
conti suddetti, d'essere rimessi nella sua grazia. Ciò fatto,
l'imperadore andò a Benevento a trovare una sciagura ch'egli mai non si
sarebbe aspettato. Ma neppur qui possiam riposare sull'autorità
dell'Ostiense. La ribellione di que' due conti, per attestato di
Erchemperto, siccome vedremo, accadde dopo la disavventura occorsa
all'imperadore, e per conseguente anche l'espugnazion di quella città.
Ciò che bensì possiam credere all'Ostiense, perchè concordemente
asserito dagli altri antichi storici, si è, che le insolenze usate al
popolo di Benevento, non già da Lodovico imperadore, principe assai
buono, ma dalle sue milizie, e massimamente dall'imperadrice
_Angilberga_ sua moglie, principessa, in cui non si sapeva discernere se
maggior fosse la superbia o l'avarizia, quelle furono che fecero perdere
in fine la pazienza ad Adelgiso loro principe. _Coeperunt Galli graviter
Beneventanos persegui, ac crudeliter vexare_: son parole
d'Erchemperto[1225]. _Quumque Beneventanos ostiliter insequeretur sua
conjux, atque mulieres illorum omnimodis nimirum foedaret; et ipsa
Beneventanos variis injuriis afficeret, asserens ad suos, quia minime se
sciunt communire Beneventani clypeis_, ec. Lo stesso viene asserito
dall'Anonimo salernitano[1226], per tacer d'altri autori. Cedreno[1227]
autor greco scrive, essere proceduta tutta la scena, che io son per
raccontare, dai consigli e dalle cabale del soldano, che condotto
prigione a Benevento, s'era intrinsecato con Adelgiso e collo stesso
imperadore. E certamente che Adelgiso si consigliasse con costui, lo
asserì anche l'Anonimo salernitano. Nel resto il racconto di Cedreno
discorda dalla verità della storia, e meritano qui più fede gli storici
latini.
Ora gli Annali di Metz c'insegnano avere _Adelgiso principe_ di
Benevento fraudolentemente persuaso all'imperador Lodovico di lasciar
tornare alle loro case le milizie franzesi, perchè lo star più quivi era
di loro incomodo e di gran danno ai suoi sudditi. Restò dunque con pochi
Lodovico. Ma è maggiormente da prestar fede ad Andrea prete[1228],
storico italiano contemporaneo, che scrive aver Adelgiso profittato del
tempo, in cui _erant Franci separati per castella, vel civitates
fidentes absque ullo terrore, credentes fidei Beneventanorum_. Però
venuto il bisogno del loro aiuto, furono trattenuti dai Beneventani in
maniera, che niun d'essi potè accorrere alla difesa del proprio padrone.
Nel giorno 23 agosto, _Indictione XI_ (si dee scrivere quarta), per
attestato del suddetto Andrea, scoppiò la congiura de' Beneventani.
Mentre l'imperadore dopo il mezzodì riposava, uniti andarono al palazzo
per sorprenderlo. Corsero all'armi i pochi Franzesi di sua guardia; e
svegliato l'imperadore da quel rumore, corse anche egli alla difesa.
Adelgiso veggendo la resistenza, fece mettere il fuoco alle porte del
palazzo, il che costrinse l'imperadore a ritirarsi colla moglie Augusta
e alquanti de' suoi in una torre forte, dove per tre dì si difese: se
pur questa torre non fu il palazzo medesimo. Negli Annali
bertiniani[1229] si legge: _Adelgisus cum aliis Beneventanis adversus
ipsum imperatorem conspiravit, quoniam idem imperator factione uxoris
suae eum in perpetuum exsilium disponebat. Et quum idem Adelgisus noctu
super ipsum imperatorem irruere disposuisset, isdem cum uxore sua, et
cum eis, quos secum habebat, quandam turrim valde altam munitissimam
ascendit, et ibi per tres dies cum suis se defendit_. Seguita poi a
dire, che interpostosi il vescovo di quella città, ottenne di poter
andarsene sano e salvo. Ma non così presto egli dovette ricevere la
libertà, scrivendo Erchemperto[1230], autore di que' tempi, che Lodovico
fu preso e messo in prigione; e mentre era in quello stato, _consistente
Augusto in custodia_, Iddio mosse dall'Africa i Saraceni, e non tardò
quaranta giorni a vendicar l'enorme strapazzo fatto al maggior principe
della Cristianità, ch'esso Erchemperto chiama _sanctissimum virum,
salvatorem scilicet Beneventanorum provinciae_. E Andrea prete lasciò
scritto che la di lui prigione durò fino a dì 17 di settembre. Ora le
soldatesche sue s'erano intanto ammassate; cosa che diede molta
appressione al principe Adelgiso, se pur ciò è vero, perchè Erchemperto
diversamente ne parla. Giunse anche nuove che un poderoso esercito di
Saraceni era sbarcato verso Salerno, sicchè si venne a capitolare la
libertà del maltrattato Augusto. Fu convenuto che egli, la moglie, la
figliuola Ermengarda e tutti i suoi con fortissimi giuramenti presi
sopra le sacre reliquie, si obbligassero di non fare in alcun tempo nè
per sè nè per altri vendetta alcuna di quel fatto, nè di entrare mai più
con armi ed armata nel ducato di Benevento. Dopo di che gli fu permesso
d'andarsene ovunque gli piacea. Soggiugne Erchemperto che Adelgiso _bona
ejus diripiens, ditatus est, cunctosque viros exercitales expoliavit, et
ex bonis eorum onustatus est_. Incredibile fu il rumore (e ben lo
meritava il caso) che per l'Italia e fuori d'Italia si fece per questo
insulto. D'altro non si parlava, dando alcuni ragione ad Adelgiso per
cagion delle estorsioni ed insolenze praticate nella provincia
beneventana dai Franzesi, e massimamente dall'imperadrice Angilberga; ma
i più detestando la fellonia e la somma ingratitudine di costui, che
pagava di questa moneta chi con tanti sudori di sangue e spese avea
liberato lui e i suoi popoli dal giogo de' Saraceni. Ho io
pubblicato[1231] un ritmo, allora composto che probabilmente si andava
cantando per le piazze. Tali sono i primi tre pretesi versi:
_Audite omnes fines terrae horrore cum tristitia,_
_Quale scelus fuit factum Benevento civitas._
_Lhuduicum comprenderunt sancto pio Augusto._
Corse velocemente la nuova, di questo tragico caso in Francia e
Germania, per attestato degli Annali di san Bertino[1232] e di
Fulda[1233], e colla giunta che suol fare alle cose la fama, cioè con
spacciare che l'imperadore Lodovico era stato, non solamente preso, ma
anche trucidato dai Beneventani. Perciò chi degl'Italiani spedì al re
Carlo Calvo in Francia, e chi al re Lodovico in Germania, invitandolo a
venire a prendere l'eredità del creduto morto loro nipote.
Venne _Carlo Calvo_ fino a Besanzone e di là spedì corrieri in Italia,
per risapere più fondatamente la serie di questo sì strepitoso
avvenimento, e uditane poi la verità, se ne tornò indietro. _Lodovico
re_ di Germania inviò anch'egli _Carlo il Grosso_ suo figliuolo a tirar
nel suo partito i popoli posti di qua dal monte Jura, sudditi
dell'imperatore. Rimesso poi che fu in libertà esso Augusto, a dirittura
sen venne nel ducato di Spoleti, sdegnato forte contro i due _Lamberti_.
Son questi i due conti, de' quali parlò Leone Ostiense, forse con
anticipar di troppo la loro rivolta. Certamente l'un di essi era duca di
Spoleti; l'altro o fratello o nipote, se pur non v'ha errore nei nomi,
perciocchè l'Ignoto casinense scrive[1234]: _Lampert filius Widonis, et
Ildebert comites nisi sunt manus erigere contra Hludovicum imperatorem.
Sed relata illorum fraude persecutus est eo Hludovicus usque Marsim._
Siccome vedemmo di sopra all'anno 860, si truova in que' tempi un
_Ildeberto_ conte in quella contrade, non so se conte di Marsi, oppur
duca di Spoleti o di Camerino. Ma più innanzi non s'incontra memoria
alcuna di lui. Convien nullameno confessare che da Erchemperto[1235]
chiaramente sono appellati _ambo Lamperti comites_, e dall'Anonimo
salernitano[1236] _ambo nominis unius Lamperti_. Per me non credo che
propriamente questi due Lamberti si ribellassero a visiera calata contra
dell'imperador Lodovico, come si figurò il conte Campello[1237], benchè
assistito dal suddetto Ignoto casinense. Pare a me più verisimile che la
collera contra di loro procedesse, perchè Lodovico o li sospettasse
d'accordo con Adelgiso, o imputasse loro a fellonia il non essere
accorsi, come portava l'obbligo loro, in sua difesa ed aiuto colle
soldatesche di Spoleti, allorchè egli stava sotto il torchio in
Benevento. _Interea Landbertus_ (così dice l'Annalista bertiniano[1238])
_cum alio Lamberto sentientes sibi reputari ab imperatore de his, quae
in eum facta fuerant, ab eo discesserunt, et in partes Beneventi, quia
praefatus Adelgisus eis conjunctus erat, perrexerunt_. Erchemperto
attesta che i Lamberti furono onorevolmente accolti in sua corte da
Adelgiso. Nè sussiste, come vuole Leone Ostiense, che Lodovico Augusto
da Benevento si ritirasse a Veroli, ed ivi si fermasse quasi undici
mesi. Aveva egli mandata l'imperadrice a Ravenna acciocchè ivi tenesse
la gran dieta del regno d'Italia. Nel giorno 22 di novembre di
quest'anno _in villa, quae dicitur Vico, ubi ipse Augustus praeerat_,
fece esso Augusto acquisto da un certo Sisenardo dell'isola appellata
_Casauria_ presso il fiume Pescara. Verso quelle parti sembra che fosse
la villa di _Vico_. E in quest'anno appunto (piuttosto che nell'anno
886, come vuole il padre Mabillone) son io d'avviso che seguisse la
fondazione del celebre monistero benedettino di Casauria, ordinato
dall'imperador Lodovico in rendimento di grazie a Dio, che l'aveva
liberato dal gravissimo pericolo incorso in Benevento. Se egli in
quest'anno comperò quel sito, non si può ragionevolmente pensare ch'egli
fabbricasse prima nel fondo altrui. Della nuova guerra portata in
quest'anno dai Saraceni a Salerno parlerò all'anno seguente. Qui non
voglio lasciar di dire che _papa Adriano_, il quale nell'anno precedente
con tanto vigore adoperando anche le minacce avea scritto a _Carlo
Calvo_ re di Francia per sostenere i diritti dell'_imperador Lodovico_
sopra la Lorena e per altri affari; nell'anno presente dopo aver
ricevute delle risposte alquante brusche, tutto si raddolcì, e cominciò
a far degli elogi mirabili d'esso re Carlo in iscrivendogli. Fra l'altre
cose è notabile nella lettera d'esso papa, rapportata dal cardinal
Baronio, un pensiero ch'egli in somma confidenza notifica al medesimo re
con dire[1239]: _Ut sermo sit secretior et literae clandestinae,
nullique nisi fidissimis publicandae; vobis confitemur devovendo, et
notescimus affirmando, salva fidelitate imperatoris nostri, quia si
superstes ei fuerit vestra nobilitas, vita nobis comite, si dederit
nobis quislibet multorum modiorum auri cumulum, nunquam acquiescemus,
exposcemus aut sponte suscipiemus alium in regnum et imperium romanum,
nisi te ipsum. Quem, quia praedicaris sapientia et justitia, religione
et virtute, nobilitate et forma, videlicet prudentia, temperantia,
fortitudine, atque pietate refertus, si contigerit te imperatorem
nostrum supergredi, optamus omnis clerus, et plebs, et nobilitas totius
orbis et urbis, non solum ducem et regem, patricium et imperatorem, sed
in praesenti ecclesia defensorem, et in aeterna cum omnibus sanctis
participem fore_. Ma papa Adriano II non avendo potuto eseguir questa
idea, la trasmise almeno al suo successore, che vedremo dichiararsi in
favore del medesimo Carlo.
NOTE:
[1213] Lupus Protospata, Chron., tom. 5 Rer. Ital.
[1214] Andreas Presbyter, Chron., tom. 1 Rer. Germ. Mechenii.
[1215] Anonymus Salern., Paralipom., cap. 108.
[1216] Constantinus Porphirogenn., in Vit. Basil. Maced.
[1217] Erchempertus, Hist., cap. 38.
[1218] Anonym. Salernit., Paralipom., cap. 94.
[1219] Johann. Lucius, de Regn. Dalmat., lib. 2, cap. 1.
[1220] Constant. Porphyrogenn., in Vit. Basilii Maced.
[1221] Anonymus Salernit., Paralipom., cap. 109.
[1222] Annal. Francorum Metenses.
[1223] Antiquitat. Italic., Dissert. XI, pag. 585.
[1224] Leo Ostiensis, Chron., lib. 1, cap. 36.
[1225] Erchempertus, Hist., cap. 34.
[1226] Anonym. Salern., Paralip., cap. 109.
[1227] Cedren., in Annalib.
[1228] Andreas Presbyter, Hist. tom. 1 Rer. Germ. Menchenii.
[1229] Annales Francor. Bertiniani.
[1230] Erchempertus, Hist., cap. 34.
[1231] Antiq. Ital., Dissert. XL.
[1232] Annales Francor. Bertiniani.
[1233] Annales Francor. Fuldenses.
[1234] Ignotus Casinens., Chron. P. I, tom. 2 Rer. Ital.
[1235] Erchempert., Hist., cap. 35.
[1236] Anonym. Salernit., Paralip., cap. 114.
[1237] Campelli, Storia di Spoleti, lib. 17.
[1238] Annales Francor. Bertiniani.
[1239] Epist. 34 Hadriani II. tom. 8 Concil. Labbe.


Anno di CRISTO DCCCLXXII. Indizione V.
GIOVANNI VIII papa 1.
LODOVICO II imp. 24, 23 e 18.

Giunse ai confini della vita in questo anno _papa Adriano II_. Restò di
lui una gloriosa memoria sì per le sue virtù ed azioni lodevoli in
servizio della sede apostolica e della Chiesa di Dio, come ancora della
sua munificenza verso de' sacri templi e de' poverelli. E qui cominciano
ad abbandonarci le vite de' sommi pontefici con grave danno della storia
ecclesiastica e secolare di questi secoli. A lui succedette _Giovanni
VIII_, dianzi arcidiacono della chiesa romana, senza precisamente
sapersi, come pensa il padre Pagi, in qual giorno seguisse la sua
consecrazione. Nondimeno gli Annali bertiniani la mettono nel dì 14 di
dicembre. Stavano intanto in cuore _dell'imperador Lodovico_ due