Annali d'Italia, vol. 3 - 39

Anno di CRISTO DCCCXXX. Indizione VIII.
GREGORIO IV papa 4.
LODOVICO PIO imperad. 17.
LOTTARIO imperadore e re di Italia 11 e 8.

Scoppiarono finalmente in quest'anno le mine formate contra
dell'_imperador Lodovico_ dai malcontenti, e, quel che fa più orrore,
da' suoi stessi figliuoli, cioè da _Lottario, Pippino_ e
_Lodovico_[928]. _Bernardo duca_ della Settimania, divenuto lo arbitro e
padron della corte, se vogliam credere a Pascasio Ratberto[929], l'aveva
tutta sconvolta, e la facea da tiranno; e può essere che non pochi
disordini succedessero a cagione della di lui prepotenza. Ma questo non
bastò. Si fece correre anche voce che egli mantenesse pratica disonesta
coll'_imperadrice Giuditta_, fino a dire che il _principe Carlo_, ultimo
genito dell'imperadore, a lui doveva i suoi natali. Ratberto su questo
si scalda, e francamente spaccia per vero tutto quanto era apposto ad
esso Bernardo, con dargli il nome di _amissarius_ (o pure, come par più
credibile, di _emissarius_) _qui cuncta reliquit honesta_. Avrebbe avuta
pena il buon monaco a recar buone pruove di questa imputazione; e certo
non conveniva mai ad un par suo il parlare così. Mossesi
l'imperador[930] sul principio della quaresima coll'esercito per passare
ostilmente contro ai popoli della minore Bretagna sempre tumultuanti.
Era la stagion fredda, fangose le strade, disastroso il cammino. Si
prevalsero i nobili congiurati di questa occasione per distrarre
l'armata dall'ubbidienza dovuta al sovrano, di modo che la maggior parte
delle milizie, tornatasene indietro, venne a Parigi; ed eglino intanto
fecero sapere a _Lottario_ che accorresse colà dall'Italia, e a
_Pippino_ di venir dall'Aquitania, perchè il tempo era questo di deporre
il padre, di levar dal trono la creduta impudica _Giuditta Augusta_, e
dal mondo il decantato adultero _Bernardo_, come sovvertitore del regno.
Se potesse servire di scusa a Lottario il sapere che i migliori e più
assennati tra' Franzesi non poteano sofferire lo stato della corte
imperiale d'allora: certo questa scusa non gli mancò. Ma nel tribunal di
Dio, e neppure in quello degli uomini, non avrà mai peso una scusa sì
fatta. Pervenuto allo orecchio dell'imperador Lodovico il suono
dell'insorta tempesta, preveduta in parte per l'abbandono seguito delle
soldatesche, mandò a Laon in monistero la Augusta sua moglie; permise a
Bernardo di ritirarsi a Barcellona, se pur questi non prese da sè stesso
e dalla sua paura un tal consiglio; ed esso imperadore sen venne a
Compiegne. Colà corse il _re di Aquitania Pippino_ suo figliuolo,
accompagnato da una gran folla di popolo; e secondo il concerto fatto
per via di lettere con Lottario Augusto suo fratello, levò al padre il
comando. Presa poi l'imperadrice Giuditta dal monistero di Laon, la
mandò a quello di Poitiers, ed ivi per forza la costrinsero a prendere
l'abito monastico. Per forza ancora cacciarono in monistero i due
fratelli d'essa Augusta _Corrado_ e _Ridolfo_. Alla serie di queste
abbominevoli vicende, secondo Pascasio Ratberto, pare che intervenisse
_Lodovico re di Baviera_, altro figliuolo dell'imperadore; ma è ben
certo che _Lottario Augusto_ dopo l'ottava di Pasqua arrivò a Compiegne,
e fece cavar gli occhi ad Eriberto fratello di Bernardo duca, giacchè
non potè aver nelle mani Bernardo stesso. Fu approvato da Lottario tutto
quanto fin qui aveva operato Pippino; e trattò ben egli rispettosamente
il padre, ma tendeva ogni mira de' figliuoli ad indurlo ad assumere la
tonsura monastica in qualche monistero. Prima ancora che Giuditta
prendesse il sacro velo, adoperarono lei stessa per persuadergli questa
ritirata; ed in fatti gli parlò essa in segreto, ma senza sapersi s'ella
mantenesse la parola data. Lodovico prese tempo per pensare a sì gran
risoluzione, ed intanto, poco fidandosi dei Franzesi, segretamente
cominciò dei maneggi coi Tedeschi. Per voglia di metter fine in qualche
maniera a tante turbolenze, fu destinata una dieta a Nimega. Il concorso
di chi era in favore dell'imperador Lodovico si scoprì maggiore di quel
che si credeva, di maniera che la contraria fazione, come disperata,
ricorse la notte a Lottario per esortarlo o a decidere col ferro la
contesa o a ritirarsi. Informatone Lodovico, fece venire a sè nella
mattina seguente il figliuolo Lottario, al dispetto di chi il
consigliava di non andarvi, e con una parlata da padre si studiò di
fargli conoscere il suo dovere. Intanto il popolo temendo chi per
Lodovico e chi per Lottario, furiosamente diedero di piglio all'armi; e
ne sarebbe venuto gran male, se i due Augusti non si fossero fatti
vedere a tutti in forma di concordia: il che servì a quetar tutto quel
pazzo movimento. E perciocchè oramai senza misura prevaleva la fazione
dell'Augusto Lodovico, egli ricuperò il comando; e successivamente
ordinata fu la cattura de' principali fra' congiurati, e d'essi formato
il processo. Fra questi si trovarono _Ilduino abbate_ di s. Dionisio in
Parigi e di altri monisteri, che godeva anche la riguardevol carica di
cappellano della corte, _Elisacaro_ abbate di Centulae, _Walla_ abbate
della vecchia Corbeia, di cui abbiamo parlato di sopra. Questi abbati
cortigiani ci vengono descritti per santi; ma certo, che che ne dica
Pascasio Ratberto ad acquistar loro il credito della santità, niuno dirà
che concorresse l'aver eglino avuta mano in questi imbrogli, e tenuto il
partito de' figliuoli contra di un padre. _Lottario Augusto_ giurò
allora fedeltà al genitore; e _Lodovico re di Baviera_, intervenuto alla
dieta suddetta, aiutò, per quanto potè, la causa del medesimo suo padre
Augusto. E ciò perchè non meno a lui che a _Pippino_ suo fratello
segretamente esso Lodovico Pio diede intenzione di accrescere la lor
porzione di stati. Può essere che in quest'anno accadesse ciò che narra
il Dandolo[931], cioè che _Obelerio_, già doge deposto di Venezia, se ne
tornò furtivamente a casa, e si fece forte nell'isola appellata Vigilia.
Accorse incontanente _Giovanni_ doge regnante coll'esercito, e lo
assediò in quell'isola. Avvenne che quei di Malamocco, perchè Obelerio
era di nascita loro concittadino, passarono al campo di lui, con
abbandonar Giovanni. Allora Giovanni, lasciata stare Vigilia, passò
contra di Malamocco, e dopo avere espugnato quel luogo e datolo alle
fiamme, tornò contra d'Obelerio, ed avutolo finalmente nelle mani, se ne
assicurò con fargli tagliare la testa.
NOTE:
[928] Anonymus, in Vit. Ludov. Pii. Theganus, de Gest. Ludovici Pii,
cap. 36.
[929] Paschasius Ratbertus, in Vit. Wallae Ab., lib. 2, cap. 28.
[930] Annales Francor. Bertiniani.
[931] Dandul., Chronic., tom. 12 Rer. Italic.


Anno di CRISTO DCCCXXXI. Indiz. IX.
GREGORIO IV papa 5.
LODOVICO PIO imperadore 18.
LOTTARIO imperadore e re di Italia 12 e 9.

Secondo gli Annali bertiniani[932], sul principio di febbraio dell'anno
presente fu in Aquisgrana tenuta una general dieta, dove si presero le
risoluzioni convenienti intorno a coloro che aveano cospirato contro di
Lodovico Pio. Furono tutti concordemente giudicati incorsi nella pena
della testa. Ma il buon imperadore volle che la clemenza andasse innanzi
alla giustizia, con decretare ai laici il farsi monaci, e ai monaci la
relegazione in qualche monistero. Cadde questo lieve gastigo sopra i tre
abbati suddetti _Ilduino_, _Elisacaro_ e _Walla_. _Jesse_ vescovo di
Amiens fu deposto. Altri vescovi ed ecclesiastici spontaneamente
elessero l'esilio con fuggire in Italia, e ricoverarsi sotto la
protezion di Lottario. Vi restava da decidere il punto dell'_imperadrice
Giuditta_. Sopra di ciò era stato consultato il sommo _pontefice
Gregorio_, e la sentenza sua fu che si avesse per nulla ed insussistente
la di lei monacazione, e concordi colla santa sede andarono i vescovi di
Francia. Però, come scrive Tegano[933], _jubente Gregorio romano
pontifice cum aliorum episcoporum justo judicio_ ella sen venne ad
Aquisgrana con riassumere gli abiti secolareschi; ma prima le fu
prescritto di purgarsi dagli apposti reati. Il che si fece secondo i
biasimevoli riti di que' tempi, cioè con esibirsi un campion d'essa
pronto a provare la di lei innocenza col duello. E posciachè non
comparve accusatore alcuno, fu accettato il di lei giuramento per pruova
bastevole della sua onestà. Dopo di che _Pippino_ e _Lodovico_ figliuoli
dell'imperadore, lieti per l'accrescimento fatto a' loro domini, ebbero
licenza di andarsene l'uno in Aquitania, l'altro in Baviera. Lottario
solo si trovò deluso in mezzo alle sue grandi idee e speranze[934],
perciocchè gli convenne contentarsi della sola Italia, con giurare
inoltre di non far da lì innanzi novità nella monarchia contro la
volontà del padre. A lui più che ad altri era attribuita l'origine e
continuazione di sì brutti sconcerti. E cercarono anche di profittarne i
suddetti suoi due fratelli, col cominciar cadauno a far broglio per
ottenere il primato, cioè il titolo imperiale dopo la morte del padre;
ma per questo conto ritrovarono una forte opposizione nei ministri della
corte paterna. La verità nondimeno è che Lodovico Pio non trattò sempre
da lì innanzi Lottario come collega nell'imperio. Tennesi poi un'altra
dieta in Ingeleim sul principio del seguente maggio, dove comparve
ancora esso Lottario Augusto, che fu onorevolmente accolto dal padre; ma
fra poco ebbe ordine di tornarsene in Italia, perchè non poca
apprensione dovea dare a Lodovico lo spirito imbroglione di questo suo
figliuolo. Quivi il clementissimo Augusto fece grazia a molti degli
esiliati, permettendo ad alcuni di ritornarsene alle lor case, e ad
altri anche il rivenire alla corte. In un'altra dieta, che fu
nell'autunno seguente tenuta a Tionvilla, si vide comparire _Bernardo
duca_ di Settimania, quel medesimo, per cui tanto rumore s'era sollevato
nell'anno addietro. Anch'egli si esibì pronto a provar coll'armi le
calunniose voci sparse contra di lui; e non essendosi trovato chi si
sentisse voglia di prendere questa briga, si venne al giuramento, per
cui, nel tribunale del mondo, egli restò bastantemente giustificato.
Assisterono a questa dieta due figliuoli dell'imperadore, cioè
_Lottario_ e _Lodovico_, e di poi se ne andarono. Ma non v'intervenne
già il re _Pippino_. Aspettollo un pezzo il padre, e non veggendolo
venire, mandò gente apposta a chiamarlo. Promise Pippino di andarvi, e
finalmente sol pochi dì prima del santo natale si presentò all'Augusto
genitore, che, a cagion della disubbidienza sua, lo accolse assai
freddamente, ed anche lo sgridò. Se ne impazientò il giovine principe, e
nel dì 27 di dicembre, senza dire addio ad alcuno, se ne fuggì
frettolosamente verso l'Aquitania. E tali erano i portamenti de'
figliuoli verso l'infelice Lodovico imperadore lor padre, che
declinarono anche in peggio, siccome vedremo. Abbiamo dalla Cronica
arabica[935], tratta dal codice di Cambridge e da me ristampata, che in
quest'anno riuscì ai Saraceni, dopo aver già fissato il piede in
Sicilia, d'impadronirsi della città di Messina. Teodoto patrizio, che
per l'imperadore greco, il meglio che poteva, andava contrastando e
difficultando le conquiste di quegl'infedeli, restò da loro ucciso in
qualche mischia.
NOTE:
[932] Annales Franc. Bertin. et Metens.
[933] Theganus, de Gest. Ludovici Pii, cap. 37.
[934] Nithardus, Hist. lib. 1.
[935] P. II, tom. 2 Rer. Ital.


Anno di CRISTO DCCCXXXII. Indizione X.
GREGORIO IV papa 6.
LODOVICO PIO imperad. 19.
LOTTARIO imperadore e re di Italia 15 e 10.

Non senza nuovi affanni passò l'_Augusto Lodovico_ quest'anno ancora a
cagione de' suoi figliuoli. L'improvvisa fuga e disubbidienza del _re
Pippino_ gli avea trafitto il cuore. Per cercare rimedio a questi
disordini intimò una nuova dieta in Orleans[936], dove eziandio furono
invitati _Lottario Augusto_ dall'Italia, e _Lodovico re_ dalla Baviera.
Ma non andò molto che arrivò nuova come il suddetto suo figliuol
Lodovico, messa insieme una poderosa armata di Bavaresi e Schiavoni
disegnava d'invadere l'Alemagna, ossia la Suevia e di torla al picciolo
fratello _Carlo_ e di passar poscia in Francia per sottomettere al suo
dominio tutto quanto quel paese che potesse. Tegano[937] ci vuol far
credere mosso questo principe dai consigli di _Lottario_, al quale
veniva forse troppo facilmente da alcuni attribuito ogni malanno
d'allora. Altri ne fanno autore _Malfrido conte_ di Orleans, a cui
l'imperadore avea donata la vita. A tali avvisi non tardò Lodovico Pio a
mettere in piedi un grosso esercito di Franzesi e di Sassoni, co' quali
marciò contra del figliuolo. Si trovarono a fronte le due armate presso
a Vormazia, e parea disposto il figliuolo a venire ad un cimento; ma
perchè riconobbe vana la speranza a lui data che passerebbono nel campo
suo le soldatesche del padre, e nello stesso tempo il buon imperadore,
non mai dimentico che quegli era suo figliuolo, il mandò a chiamare;
andò coraggiosamente il giovane Lodovico a trovarlo. Fu dal buon padre
benignamente accolto, e con sì amorevoli parole esortato alla pace, che
restò dissipato tutto questo nuvolo, ed amendue si separarono con
apparenza di grande amore. Non fu già così per l'altro figliuolo
_Pippino_. Questi fuggito, come dicemmo, s'ebbe avviso che meditasse
anch'egli delle novità; però fu obbligato l'imperador suo padre a mandar
ordine perchè sul principio di settembre si facesse la raunanza
dell'esercito ad Orleans, dove si portò per tenere la dieta. Colà fu
chiamato, e colà finalmente venne, ma contra sua voglia, il re Pippino.
Lo sgridò il padre, perchè senza chiedere licenza si fosse ritirato
dalla corte nell'anno addietro, e messolo sotto buona guardia, gli
comandò di andare a Treveri, e di guadagnarsi il perdono del passato
coll'ubbidienza in avvenire. Le promesse del figliuolo furono quali si
desideravano da un padre, ma i fatti non corrisposero. Non andò molto
ch'egli tornò a fuggire. Il perchè l'imperador Lodovico avendo non poco
fondamento che il figliuolo fosse pervertito dai consigli d'alcune
malvage persone, e specialmente da _Bernardo duca_ della Settimania,
autore in addietro di tanti mali, e dimorante allora in Aquitania, fece
citar costui a render conto di sua persona. L'imputazione era di
fellonia. Egli elesse la detestabil via del duello per provare
l'innocenza sua. Non si venne al combattimento per mancanza di chi
volesse uscire in campo contra di lui. Ciò non ostante, egli venne
degradato, e liberato il pubblico da sì pernicioso arnese. Presero qui
occasione _Lottario Augusto_ e _Lodovico re_ di Baviera di profittare
dello sdegno del padre contra del loro fratello _Pippino_[938], con
tirarlo a fare un'altra divisione della monarchia in vantaggio d'essi e
di _Carlo_, quarto loro fratello; ma questa non ebbe poi effetto. In
questi medesimi tempi la Cristianità e l'Italia ebbero di che piagnere,
perciocchè, secondo la Cronica arabica[939], riuscì ai Saraceni di
forzare alla resa la città di Palermo; con che venne la maggiore e
miglior parte della Sicilia sotto il loro giogo. Ne abbiamo anche la
testimonianza di Giovanni Diacono[940], che fiorì in questi tempi, e
racconta che tutti i Palermitani furono stati schiavi, e che il solo
_Luca_ eletto vescovo di quella città, e Simeone spatario
dell'imperadore greco con pochi altri ottennero dipoi la libertà. Circa
questi tempi ancora diede fine a questa mortal vita _Antonino_ abbate
benedettino di Sorrento. Leggesi la breve sua vita pubblicata dal padre
Bollando[941], e poi ristampata dal padre Mabillone[942], dove dice
ch'egli morì _sexto decimo kalendas martii, consule Probiano_. Non
riguarda già questa nota cronologica l'anno di Cristo 471, in cui fu
console _Probiano_, ma bensì l'anno presente, o i due vicini, ne' quali
_Probiano_ console ossia duca di Sorrento vivea. Ancorchè nulla di
riguardevole o per virtù o per miracoli si narri di lui nella vita
suddetta, pure in que' tempi barbari egli meritò il titolo di santo e lo
si ritien tuttavia in quella città.
NOTE:
[936] Annal. Franc. Bertiniani.
[937] Thegan., de Gest. Ludovici Pii, cap. 39.
[938] Astronomus, in Vita Ludov. Pii.
[939] P. II, tom. 1 Rer. Ital.
[940] Johann. Diac., in Vit. Episcop. Neapol., P. II, tom. 1 Rerum
Italicarum.
[941] Bollandus, in Act. Sanct. ad diem 13 februarii.
[942] Mabill., Saecul. IV Benedict.


Anno di CRISTO DCCCXXXIII. Indiz. XI.
GREGORIO IV papa 7.
LODOVICO PIO imperadore 20.
LOTTARIO imperadore e re di Italia 14 e 11.

Intorno a questi tempi si può credere accaduto ciò che narra Anastasio
bibliotecario[943]. Quasi tutta la Sicilia era già caduta in mano de'
Saraceni africani, e cominciarono tosto a provarsi i funesti effetti
della maggiore loro vicinanza all'Italia, facendo quei barbari corsari
delle scorrerie per tutto il litorale del Mediterraneo. Questa calamità
diede molto da pensare al sommo _pontefice Gregorio_, per la giusta
apprensione che le città di Porto e d'Ostia potessero un dì restar preda
degl'infedeli. Tanto maggiore era la di lui ansietà, perchè se coloro
avessero presi quei due luoghi alla sboccatura del Tevere e peggio se vi
avessero fermato il piede, Roma non era sicura, o certo correva gran
pericolo la venerata basilica vaticana coi corpi de' santi Apostoli,
giacchè era essa in questi tempi fuori di Roma. Però il vigilante papa
determinò di fabbricare una nuova città nel sito d'Ostia. Vi si portò
egli in persona e diede principio con vigore alle mura, che riuscirono
alte, con porte ben fortificate, troniere e petriere e con buona fossa
all'intorno. Questa nuova Ostia ordinò egli che in avvenire si nomasse
dal suo nome _Gregoriopoli_. Cessò di vivere secondo i conti di Camillo
Pellegrino[944], nel presente anno _Sicone_ principe di Benevento, il
cui epitaffio resta tuttavia e vien registrato nella storia de' principi
longobardi del suddetto Pellegrino. Quivi è detto ch'egli regnò _per
quinos annos_, anni quindici, i quali dedotti dall'anno 817, ci possono
far dubitare che la sua morte accadesse piuttosto nell'anno precedente.
Comunque sia, fra le sue lodi si conta ch'egli difese il ducato
beneventano dall'ira de' Franchi; assediò vigorosamente Napoli, ed
obbligò quel popolo a pagargli il tributo, e di là condusse a Benevento
il corpo di san Gennaro vescovo e martire, in onore del quale fabbricò
un tempio e fece grandi donativi d'argento. A proposito dell'assedio di
Napoli narra Erchemperto[945], aver egli talmente stretta e bersagliata
quella città con arieti e mangani, che diroccato un buon pezzo di muro
vicino al mare, i Beneventani erano già alla vigilia di entrarvi per
forza. Allora il duca di Napoli mandò a trattar della resa per ischivare
il sacco, e diede per ostaggio la madre e due suoi figliuoli.
Impetrarono i legati che Sicone entrasse solamente nel giorno appresso
nella città; ma non v'entrò già egli mai, perchè nella notte stessa i
Napoletani alzarono bravamente nella parte smantellata un nuovo muro, e
sul far del giorno comparvero sopra di esso coll'armi più che mai
risoluti di difendersi. L'Anonimo salernitano[946] aggiugne che fu
inviato _Orso_, eletto vescovo di Napoli, ad implorar misericordia e
pace da Sicone, il quale, cedendo alle esortazioni e preghiere del
prelato, venne ad un accordo; cioè si obbligò il duca napoletano di
pagare ogni anno tributo al principe di Benevento. Abbiamo inoltre dal
prefato Salernitano che _Landolfo_ seniore conte di Capua per ordine di
esso Sicone fabbricò una nuova forte città nel monte Trilisco non lungi
dalla medesima città di Capua. Fu pregato Sicone di venirla a vedere e
giunto colà chiese parere a' suoi baroni, qual nome si potesse porre a
questa nuova città. Tutti ad una voce risposero _Sicopoli_, fuorchè uno
il qual disse: piuttosto che Sicopoli, chiamiamola _Rebellopoli_. Montò
in collera Sicone a questo motto, e gli dimandò perchè parlasse così.
Perchè, disse colui, dappoichè i Capuani hanno un luogo sì ben
fortificato, dureran fatica ad ubbidirvi; e questo vi succederà quando
non si formi una buona lega d'animi fra i Beneventani e Capuani col
mezzo di varii matrimoni. Non cadde in terra questo avvertimento; e
Sicone da lì innanzi procurò varie parentele fra que' due popoli. A
Sicone defunto succedette nel principato di Benevento _Sicardo_ suo
figliuolo, già dichiarato suo collega, principe, al dire di Erchemperto,
anch'esso divoratore de' suoi sudditi.
L'anno fu questo in cui si vide una scandalosa rivoluzion di stato, che
non si può rammentar senza orrore e senza obbrobrio della Francia e di
que' tempi. Tornarono peggio che prima a rivoltarsi contro l'_imperador
Lodovico_ i suoi tre maggiori figliuoli _Lottario, Pippino_ e
_Lodovico_. Le cagioni di sì fatti abbominevoli movimenti non sono ben
registrate dagli storici. Per quel ch'io credo, e per quanto si può
dedurre da _Agobardo_[947], celebre arcivescovo di Lione, l'invidia e
gelosia di stato rimise l'armi in mano a que' principi dimentichi della
riverenza dovuta ad un padre. Si lasciava pur troppo il buon imperadore
menar pel naso dalla _imperadrice Giuditta_ loro matrigna, e si può in
parte prestar fede a quanto di lei in questo proposito lasciarono
scritto Pascasio Ratberto[948] ed Agobardo. Le mire dell'ambiziosa donna
tendevano tutte ad ingrandir l'unico suo figliuolo Carlo; e in
quest'anno ancora le era riuscito di fargli assegnar l'Aquitania, con
levarla al figliastro Pippino, come attesta Nitardo[949], _Aquitania,
Pippino demta, Carolo datur, et in ejus obsequio primatus populi, qui
cum patre sentiebat, jurat_. Questi passi sì svantaggiosi agli altri
figliuoli e il timore di peggio, fecero perdere la pazienza a Lottario,
Pippino e Lodovico; e tanto più perchè non mancavano segreti istigatori
che malignamente accendevano il fuoco e nulla più desideravano che di
veder discendere dal trono il cristianissimo e clementissimo loro
monarca. Passata dunque intelligenza fra i tre suddetti fratelli, dopo
aver trattato indarno di concordia col padre in lontananza, _Lottario_
dall'Italia, _Pippino_ dall'Aquitania, _Lodovico_ dalla Baviera,
marciarono coi loro eserciti per andarlo a trovare in persona. L'Augusto
Lodovico, subodorati questi movimenti, anch'egli s'armò come potè, e
venne in Alsazia, dove a fronte di lui arrivarono anche i figliuoli,
risoluti di dare alla monarchia quel regolamento che al loro senno, o,
per dir meglio, alla loro detestabile ambizione parea più proprio. Quel
sito acquistò da lì innanzi il nome di _Campo della bugia_, o di _Campo
mendace_. Avea Lottario fatto venire d'Italia e condotto seco _papa
Gregorio IV_, figurandosi che niun personaggio fosse atto più di lui,
siccome padre comune e di tanta autorità, a maneggiar un trattato di
pace fra un padre e i suoi figliuoli. Ma fu presa in sospetto
dall'imperador Lodovico la venuta del romano pontefice, quasichè egli si
fosse unicamente mosso per favorire i disegni del figliuolo Lottario,
cioè di chi era arbitro dell'Italia. Fece in oltre delle doglianze
perchè egli fosse venuto, senz'averne preventivamente avuto da lui
ordine alcuno, ed anche dopo essere venuto, tardasse tanto a lasciarsi
vedere da lui. Anzi gli stessi vescovi franzesi del partito d'esso
imperador Lodovico, essendosi sparsa voce che il papa per troppa
parzialità nudrisse pensiero di scomunicar l'imperadore e i vescovi, se
alcun di loro si mostrasse disubbidiente al volere di lui e de'
figliuoli di esso Augusto, si lasciarono trasportare all'eccesso con
fargli sapere, secondochè narra l'autore della vita di Lodovico[950],
_nullo modo se velle ejus voluntati succumbere. Sed si excommunicaturus
adveniret, excommunicatus abiret: quum aliter se habeat antiquorum
canonum auctoritas._ Finalmente fu permesso al papa di andar ad
abboccarsi coll'imperador Lodovico, che il ricevette con poco garbo, e
senza la riverenza usata da' suoi maggiori al vicario di Cristo. Per
testimonianza di Tegano[951], Gregorio gli presentò grandi e
innumerabili regali, si fermò con lui qualche giorno e trattò seco de'
correnti scabrosi affari, per quanto si può conghietturare, con tutta
onoratezza e vera intenzione di rimettere la buona armonia fra lui e i
figliuoli. Da Pascasio Ratberto si può ricavare ch'egli proponeva ed
insisteva che stesse salda la _prima division dell'imperio_ fatta
dall'imperadore, giacchè l'averla egli guasta, per esaltare il fanciullo
quartogenito _Carlo_, avea troppo disgustato i tre maggiori figliuoli. I
seguenti successi ci danno a conoscere che o Lodovico Augusto, o i
figliuoli non vi vollero acconsentire. Però il papa licenziato si
restituì al campo di Lottario, nè gli fu più permesso di tornar a
parlare coll'Augusto Lodovico.
Intanto lavoravano sott'acqua i figliuoli tirando a poco a poco con doni
o con minacce nel loro partito i seguaci del padre, di modo che non andò
molto che esso Lodovico si vide quasi affatto abbandonato dai suoi e
costretto a far sapere ai figliuoli che andrebbe alle lor tende,
persuadendosi bene che non mancherebbono di rispetto verso di lui e
verso la moglie, nè di amore verso il loro fratello Carlo. Andò e fu
ricevuto col figliuolo nel padiglione di Lottario, che era il principal
promotore di questa esecrabil briga. Allora fu che i tre fratelli si
divisero fra loro la monarchia franzese, e si fecero giurar fedeltà dai
popoli. Quindi Lottario mandò in esilio l'imperadrice _Giuditta_ in
Italia, confinandola nella città di Tortona[952], con promessa giurata
fatta al padre di non nuocere al corpo nè alla vita di lei. Fu anche
levato da lato dell'imperadore con suo gran rammarico il tanto da lui
amato figliuolo _Carlo_ e relegato nel monistero di Prumia nella
Germania. _Papa Gregorio_ al vedere cotali sregolate violenze, le
disapprovò, nè soffrendogli più il cuore d'essere spettatore di sì
brutta tragedia, se ne ritornò malcontento a Roma. _Pippino_ e
_Lodovico_ fratelli di Lottario se ne tornarono ai regni loro. Restò
l'infelice _Augusto Lodovico_ nelle mani di _Lottario_, il quale, avendo
già prese le redini del governo, seco il condusse, come privata persona
e a guisa di prigioniere sotto buona guardia, a Soissons, con adoperare
intanto emissarii e segrete esortazioni per indurlo a rinunziare
spontaneamente l'imperio e a monacarsi, siccome altre volte pareva che
avesse avuta intenzione di fare. Per muoverlo più agevolmente, gli fu
dato a credere che l'imperadrice avesse già dato l'addio al secolo con
prender l'abito monastico, o fosse morta, e che il figliuolo Carlo già
fosse tonsurato in un monistero. Ma Lodovico non si arrendè per questo,
e tanto più perchè segretamente fu avvertito della falsità di quelle
voci, ed esortato a tener forte per quanto potesse lo scettro. Non
valendo questi mezzi, si venne al più vigoroso e fu quello di raunare
nel mese di ottobre in Compiegne molti vescovi, alla testa de' quali era
_Ebbone_ arcivescovo di Reims, fazionario di Lottario, uomo di vil
nascita, ma di una crudeltà che non avea pari. Videsi in tal occasione,
con vergogna del nome cristiano, empiamente impiegata dai ministri di
Dio la santissima religione per ispaventare e detronizzare quel misero
principe con indurlo a chiamarsi colpevole delle seguenti imputazioni.
Cioè, di aver permessa la morte del re _Bernardo_ suo nipote e fatti
monacare per forza i suoi fratelli naturali, tuttochè di ciò egli avesse
già fatta penitenza. Di aver contro i giuramenti rotta la divisione da
lui già stabilita dell'imperio, ed astretti i sudditi a due contrari
giuramenti: dal che erano venuti spergiuri e gravi turbazioni. Di avere
in tempo di quaresima intimata al popolo una spedizion generale: cosa
che avea cagionata una gran mormorazione. Di aver maltrattato chi dei
suoi fedeli era ito ad informarlo dei malanni correnti e delle insidie a
lui tese, con cacciarli in esilio e confiscar loro i beni; siccome
ancora d'aver cagionato del discredito ai sacerdoti e monaci. Di aver
esatto contro la giustizia varii giuramenti da' suoi figliuoli e popoli.
Di aver fatto varie spedizioni militari che aveano prodotti tanti
omicidii, sacrilegii, adulterii, rapine ed incendii, con oppression de'
poveri: mali tutti, de' quali era reo presso Dio. Di aver fatto delle
divisioni dell'imperio a capriccio, turbata la pace comune, armati i