Annali d'Italia, vol. 3 - 36
documento dato _III nonas februarias, anno, Christo propitio, imperii
domni Hlotharii imperatoris XVIII, Indictione XV,_ cioè nell'anno 837,
giacchè l'epoca dell'imperio denotava quella del regno. Dirò di più:
puossi anche dubitare, per quanto proposi nelle Antichità italiane[836],
che tale epoca prendesse principio negli ultimi mesi dell'anno 819;
sopra di che lascerò disputarne ad altri. Comunque sia, a noi basti di
sapere che al regno d'Italia fu dato in quest'anno (se pur ciò non seguì
nel precedente) un nuovo re, e questi fu _Lottario_, imperadore, il
quale non andrà molto che vedremo venire a prenderne il possesso.
NOTE:
[830] Cedren. Leo Grammaticus, Zonaras et alii in Hist. Byz.
[831] Eginhard., Annal. Francor. Annal. Franc. Bertiniani.
[832] Ermold. Nigellus, lib. 3, P. II, tom. 2 Rer. Italic.
[833] Antiquit. Ital., Dissert. X.
[834] Pagius, ad Ann. Baron.
[835] Antiquit. Ital., Dissert. LXXIII.
[836] Ibid., Dissert. X.
Anno di CRISTO DCCCXXI. Indizione XIV.
PASQUALE papa 5.
LODOVICO PIO imperadore 8.
LOTTARIO imperadore e re di Italia 2.
Trovavasi a Nimega l'_imperador Lodovico_ dopo Pasqua, ed ivi nella
dieta dei suoi conti magnati confermò la partizion degli stati fra' suoi
figliuoli, precedentemente da lui fatta nell'anno 817. Leggesi questa
presso il Baluzio[837]. Di _Lottario_ altro non è detto, se non che era
stato dichiarato compagno e successore nell'imperio. Al re _Pippino_
viene assegnata l'Aquitania, la Guascogna, la Linguadoca e la Marca di
Tolosa con quattro altri comitati; a _Lodovico_ re la Baviera, la
Carintia, la Boemia, e ciò che apparteneva alla monarchia franzese nella
Schiavonia e Pannonia. Comanda poi che i due minori fratelli non possano
ammogliarsi[838], nè far pace o guerra senza il consiglio o consenso del
fratello maggiore, cioè dell'_imperadore Lottario_. Colà arrivarono
nello stesso tempo i legati di _papa Pasquale_ cioè _Pietro Vescovo_ di
Cento Celle, oggidì Cività Vecchia, e Leone nomenclatore. Il suggetto di
tale ambasciata restò nella penna agli storici. Furono essi prontamente
ammessi all'udienza e rispediti. Fecesi ancora in quest'anno una
spedizione degli eserciti nella Pannonia contra del ribello _Liudevito_
duca, ed altro non si sa operato da essi, fuorchè l'aver dato il sacco
dovunque arrivarono. Nel mese poi di ottobre nella villa di Teodone,
essendo stata intimata colà una dieta generale, quivi il giovane
imperador _Lottario_ prese per moglie _Ermengarda_ figliuola di _Ugo
conte_[839], discendente da _Eticone_ duca d'Alemagna: _Qui erat de
stirpe cujusdam ducis nomine Edith_, scrive Tegano[840]. Informato il
romano pontefice che si aveano a celebrar queste nozze, vi spedì
anch'egli i suoi legati, cioè Teodoro primicerio e Floro, che portarono
dei gran regali agli Augusti sposi. E allora fu che il piissimo
imperador Lodovico, mosso a compassione (probabilmente ancora per le
istanze e preghiere del suddetto papa) verso gli esiliati a cagion della
congiura del fu re d'Italia _Bernardo_, li fece venire alla sua
presenza[841], nè solamente donò loro la vita e la libertà, ma eziandio
fece loro restituire tutto quanto dei lor beni era venuto in potere del
fisco. Negli Annali di Fulda più precisamente sta scritto che _singulos
in statum pristinum restituit_. Di qui han preso giusto motivo il
Puricelli, l'Ughelli e il padre Papebrochio di credere che _Anselmo_
arcivescovo di Milano se ne tornasse alla sua cattedra, e morisse
placidamente fra' suoi. _Wolfoldo_ vescovo di Cremona (chiamato
dall'Ughelli[842], non so con qual fondamento modenese) scrive il
medesimo autore che mancò di vita nell'esilio, ma senza addurne pruova
alcuna. _Teodolfo_ ancora vescovo d'Orleans fu partecipe di questo
perdono; ma comune opinione è ch'egli poco ne godesse, e che terminasse
da lì a non molto i suoi giorni. Anzi, se è vero quanto scrive Letaldo
monaco miciacense[843], il veleno fu quello che il levò di vita, a lui
dato da chi nel tempo di sua disgrazia avea occupati i suoi beni. Già
dicemmo all'anno 814 che il celebre _Adalardo_, abbate della vecchia
Corbeia, era stato per meri sospetti relegato in un monistero
d'Aquitania. A lui pure fece grazia in quest'anno l'imperadore, e il
rimise in possesso della sua badia. Avenne in questi tempi che
_Fortunato patriarca di Grado_ fu accusato da Tiberio suo prete presso
l'imperador Lodovico d'infedeltà[844], quasi che egli esortasse
_Liudevito_ duca dell'inferiore Pannonia a persistere nella sua
ribellione, ed in oltre con inviargli de' muratori gli desse aiuto a
fortificar le sue castella. Fu perciò citato che venisse alla corte.
Mostrò egli a tutta prima prontezza ad ubbidire, e a tal effetto passò
in Istria. Poscia, fingendo di andare alla città di Grado, ed occultato
il suo disegno ai suoi stessi domestici, all'improvviso segretamente
s'imbarcò, e portossi a Fara, città della Dalmazia, dove rivelò a
Giovanni, governator della provincia per l'imperador greco, i motivi
della sua fuga; e questi presane la protezione, non tardò a spedirlo per
mare a Costantinopoli. Non ebbe contezza di questo fatto Andrea Dandolo
nella sua Cronica di Venezia. Fu in quest'anno nel mese d'agosto tenuto
un placito, ossia pubblico giudizio nella città di Norcia del ducato
spoletino[845], da _Aledramo conte_, e da _Adelardo_ e _Leone_, vassali
e messi spediti da _Lodovico magno imperadore, ad singulorum hominum
causas audiendas et deliberandas_. Aveano sessione nel medesimo giudizio
_Guinigiso_ e _Gerardo duchi, Sigoaldo_ vescovo di Spoleti, _Magio,
Ittone_ e _Liutardo_ parimente vescovi con altri abati, vassi e
gastaldi. Aveva il suddetto Guinigiso duca di Spoleti confiscato _ad
regiam partem_, cioè applicato alla camera del re d'Italia (il che la
conoscere chi fosse il sovrano di Spoleti) i beni di un certo Paolo, che
i monaci di Farfa pretendeano donati al loro monistero, ed anche
posseduti da loro. La decision fu in favore d'_Ingoaldo_ abate di Farfa.
L'aver trovato nella carta di questo placito con _Guinigiso duca Gerardo
duca_, diede, credo io, motivo a chi fece il catalogo dei duchi di
Spoleti, anteposto alla Cronica farfense, di registrarlo fra i duchi di
quella contrada; e tale l'hanno tenuto il padre Mabillone, il padre Pagi
e l'Eccardo. Anzi il conte Campelli, siccome di sopra accennai, spacciò
francamente per figliuolo di Guinigiso questo _Gerardo duca_. Io senza
altre pruove non ardirei di asserirlo duca di Spoleti, perchè potè
essere duca d'altro paese, ed essere capitato a Norcia per suoi affari;
sapendo noi che s'invitavano ai placiti i più riguardevoli signori che
quivi allora si trovavano. Abbiamo già veduto che nei vicini stati della
Chiesa i governatori delle città portavano il titolo di duca. Nè di
questo Gerardo si truova più menzione; ed essendo passato a miglior vita
nell'anno seguente _Guinigiso_, duca indubitato di Spoleti, vedremo che
gli succede _Suppone_, senza che più si parli di Gerardo. Però tali
riflessioni fanno me andar guardingo a concedergli luogo fra i duchi di
Spoleti. Al più si potrebbe sospettare che fosse stato duca di Camerino.
Abbiamo poi dal Dandolo[846] che _Angelo Particiaco_ doge di Venezia,
udita l'assunzione al trono imperiale d'Oriente di _Michele Balbo_, gli
spedì per suo ambasciatore _Angelo_ figliuolo di _Giustiniano_ suo
figliuolo, che avea per moglie una nobil donna per nome Romana. Ma
questi giunto a Costantinopoli, da lì a pochi giorni s'infermò e morì.
NOTE:
[837] Baluz., Capitular. Reg. Franc., tom. 1, p. 573.
[838] Eginh., Annal. Franc. Annal. Franc. Bertiniani.
[839] Eccard., Hist. Genealog. Domus Habsburg.
[840] Thegan., de Gest. Ludovici Pii, num. 28.
[841] Annal. Franc. Lauresham. Annal. Franc. Bertiniani.
[842] Ughell., tom. 4 Ital. Sacr.
[843] Letald., de Miracul. S. Maximini, cap. 13.
[844] Eginh., Annal. Franc. Annal. Franc. Bertiniani.
[845] Chron. Farfens.
[846] Dandulus, Chron., tom. 12 Rer. Ital.
Anno di CRISTO DCCCXXII. Indizione XV.
PASQUALE papa 6.
LODOVICO PIO imperadore 9.
LOTTARIO imp. e re d'Italia 3.
Per attestato di Eginardo e d'altri antichi annalisti, l'anno fu questo
in cui l'_imperador Lodovico_, trovandosi nella dieta di Attignì, che fu
universale di tutto l'imperio, e v'intervennero anche i legati del papa,
si riconciliò con _Drogone, Teodorico_ ed _Ugo_, suoi fratelli
bastardi[847], ch'egli nell'anno 818 avea forzati a prendere l'abito
monastico. A Drogone diede nell'anno seguente il vescovato di Metz, ad
Ugo varii monisteri, Teodorico verisimilmente col morir poco appresso
non godè dei benefizii a lui pure compartiti o destinati dal fratello
Augusto. Si accusò ancora pubblicamente il religiosissimo imperadore
della crudeltà usata contra di _Bernardo re d'Italia_ suo nipote, e di
quanto aveva operato contra di _Adalardo_ abate e di _Walla_ suo
fratello, personaggi illustri della real famiglia; e ne domandò e ne
fece pubblica penitenza. Dopo la dieta di Attignì[848] egli spedì
l'Augusto _Lottario_ suo primogenito al governo dell'Italia, e gli mise
a' fianchi il suddetto _Walla_, già fatto monaco e _Gerungo_ che era
_ostiariorum magister_ nella sua corte, acciochè essendo esso suo
figliuolo tuttavia giovane ed inesperto, si regolasse negli affari del
regno col loro consiglio. Questo Walla abate, nella vita di lui scritta
da Pascasio Ratberto, e pubblicata dal padre Mabillone[849], è chiamato
_paedagogus Augusti Caesaris_; noi diremmo _aio di Lottario imperadore_.
Son di parere il suddetto padre Mabillone[850] e il padre Pagi[851] che
da questo ingresso di Lottario cominciasse un'altra epoca, che dicono
incontrarsi in alcuni diplomi. Veramente nell'insigne archivio
dell'arcivescovato di Lucca ho io vedute varie pergamene segnate con gli
anni di esso imperador Lottario, _postquam in Italiam ingressus est_.
Una di quelle fu scritta _Anno XXVIII. Hlotharii imperatoris, postquam,
ec. Indictione XIII, nono kal. martias_, cioè nell'anno 850. Ma questa
epoca pare dedotta dall'anno seguente 823, poichè in Lucca non si
contavano peranche nel febbraio dell'anno presente gli anni di Lottario,
ciò constando da un placito tenuto da due Scabini, dove son queste
parole: _Facta notitia judicati in regno Dno nro Hludovvic magni
imperatoris, anno imperii ejus nono, mense aprile, Indictione
quintadecima,_ cioè nell'anno 822, dove non si vede menzione di
Lottario. Un'altra carta vidi scritta _regnante. D. N. Hlothario
imperatore Augusto, anno imperii ejus postquam in Italia ingressus est,
trigesimo tertio, et figlio ejus D. N. Hludovvico idemque imperator,
anno sexto, decimo kal. octobris, Indictione quarta._ Un'altra ha le
seguenti note: _Anno XXV. Hlotarii imperatoris postquam in Italia
ingressus est, V nonas martias, Indictione X,_ cioè nell'anno 847, a dì
3 di marzo. Questa epoca, che mi sembra dedotta dall'anno presente, non
s'accorda colle precedenti; e però lascerò sopra di ciò disputare a chi
ha più abbondanza di tempo.
Abbiamo a quest'anno le seguenti parole di Eginardo[852], alle quali son
conformi quelle d'altri annalisti[853]. _Vinigisus dux spoletanus, jam
senio confectus, habitu saeculari deposito, monasticae se mancipavit
conversationi; at non multo post tactus corporis infirmitate decessit.
In cujus locum Suppo Brixiae comes substitutus est_. Sicchè nell'anno
presente _Guinigiso_ duca di Spoleti si fece monaco, e poco dappoi
compiè il corso della sua vita, e in luogo suo fu sostituito
dagl'imperadori Lodovico e Lottario _Suppone_ conte di Brescia. Questo
_Guinigiso_ vien chiamato _il secondo_ dal padre Mabillone[854], perchè
nel catalogo anteposto da me alla Cronica di Farfa si legge due volte
_Guinichus dux_. Ma siccome ho di sopra avvertito, un solo _Guinigiso_
governò quel ducato, e ciò a noi viene anche insinuato dal _jam senio
confectus_. Il conte Campelli ed altri hanno poi creduto ch'egli non
lasciasse dopo di sè prole maschile; ma il suddetto padre Mabillone
pretende che restasse di lui un figliuolo similmente appellato
Guinigiso; perchè in un placito tenuto nella città di Spoleti _anno
Ludovici et Lotharii imperatorum decimo et quarto, mense aprili,
Indictione I_, cioè nell'anno seguente 823, _Ingoaldo_ abate di Farfa
ricuperò una corte a lui usurpata da _Guinigiso vasso dell'imperadore_.
Per chiarirsi meglio di ciò converrebbe aver sotto gli occhi il placito
stesso, e vedere se questo Guinigiso è allora vivente; e quando sia
vivo, se apparisca figliuolo del defunto duca Guinigiso, potendo altre
persone fuori della di lui casa aver portato il medesimo nome. Per altro
non è da fidarsi molto del catalogo suddetto, al vedere che in esso non
è dipoi fatta menzione di _Suppone_, che senza fallo succedette in quel
ducato. Secondo i sopraccitati Annali, in quest'anno ancora l'esercito
d'Italia fu spedito contra di _Liudevito_ duca ribello nella Pannonia.
Costui, veggendo appressarsi le armi nemiche, abbandonata la città di
Siscia, oggidì Sissec, posta alla sboccatura del Savo, si ricoverò
appresso i Sorabi, creduti dall'Eccardo gli stessi che i Serbi, o Servi,
da lì innanzi padroni della Servia. L'Astronomo[855] scrive ch'egli _ad
quemdam principem Delmatiae venit_. Ammesso da quel principetto in una
sua città, il pagò da par suo di questo benefizio, perchè ammazzatolo
s'impadronì della città medesima. Finalmente o pentito daddovero, o
fingendosi pentito, mandò all'imperador Lodovico alcuni de' suoi a
chiedere misericordia, con promessa ancora di comparire davanti a lui in
persona. Ma il barbaro fu poscia nell'anno seguente ucciso da uno de'
suoi: con che diede fine a tante sciagure per sua cagione accadute alla
Pannonia. Abbiamo parimente dal Porfirogenneta[856] e dal continuator di
Teofane[857], che i Saraceni, e, quel che può recar più maraviglia, i
Saraceni di Spagna, s'impadronirono in quest'anno dell'isola di Creta.
Credesi che i medesimi coll'aver quivi fabbricata la città appellata
_Candia_, fecero col tempo mutare all'isola il nome. Avendo spedito
_Deusdedit_ vescovo di Modena un suo prete all'imperador Lodovico,
ottenne la conferma de' privilegii conceduti al vescovato di Modena,
ossia alla _chiesa di san Geminiano_, dai re longobardi, e dei beni
spettanti alla medesima, fra' quali era un molino, _quod pertinebat ad
curtem regis civitatis Novae_. Presso il Sillingardi e presso
l'Ughelli[858], quel diploma è scorretto in molti siti, e specialmente
nel fine. L'originale ha: _Durandus diaconus ad vicem Fridugisi
recognovi et subscripsi. Data sexto idus februarias, anno Christo
propitio VIIII imperii domni Hludovici piissimi Augusti, Indictione XV.
Actum Aquisgrani palatio regio._
NOTE:
[847] Hincmarus, de Divor. Lotharii Regis.
[848] Annal. Franc. Eginhard.
[849] Mabill., Saecul. Bened. IV, P. 1.
[850] Idem, lib. 2. cap. 26, de Re Diplom.
[851] Pagius, in Crit. Baron.
[852] Eginhardus, Annal. Franc.
[853] Annales Franc. Bertiniani.
[854] Mabillon., Annal. Benedictin., ad hunc ann.
[855] Astronomus, in Vita Ludovici Pii.
[856] Constantinus Porphyrogenn. de Administr. Imper. cap. 22.
[857] Continuator Chron. Theoph.
[858] Ughell., Ital. Sacr., tom. 2.
Anno di CRISTO DCCCXXIII. Indizione I.
PASQUALE papa 7.
LODOVICO PIO imperadore 10.
LOTTARIO imperadore e re d'Italia 4 e 1.
Per attestato di Eginardo[859], dell'autore della vita di Lodovico
Pio[860] e d'altri annalisti antichi[861], l'_imperadore Lottario_ già
venuto in Italia, dopo avere per ordine del padre atteso a rendere
giustizia ai popoli in diversi luoghi, già si preparava per tornarsene
in Francia, quando fu inviato e pregato da _papa Pasquale (rogante
Paschale papa_) a portarsi a Roma, per quivi ricevere la corona
dell'imperio. L'aveano ricevuta Carlo Magno e Lodovico Pio dalle mani
de' sommi Pontefici; dovea premere a papa Pasquale di conservare i suoi
diritti, e di non permettere che Lottario seguitasse a farla da
imperadore senza la solenne funzione della coronazione, Pascasio
Ratberto[862] ci fa sapere che _Lodovico Pio_ anch'egli concorse ad
inviare colà il figliuolo, mettendo in bocca di Lottario queste parole
verso il padre: _Ad eamdem sedem_ (di Roma) _clementer me vestra
imperialis eximietas misit, ad confirmandum in me, quidquid pia dignatio
vestra decreverat, ut essem socius et consors, non minus
sanctificatione, quam potestate et nomine_. Ecco che ad autenticare e
confermare l'elezion di un Augusto si richiedeva la coronazione romana.
_Unde_ (soggiugne) _quia coram sancto altare et coram sancto corpore
beati Petri principis Apostolorum a summo pontifice, vestro ex consensu
et voluntate benedictionem, honorem et nomen suscepi imperialis
officii_. Andò in fatti Lottario a Roma, dove fu accolto con gran pompa
_(clarissima ambitione)_ dal sommo pontefice, e nel solenne giorno di
Pasqua, che in quest'anno cadde nel dì 3 di aprile, fu maestosamente
ornato della corona imperiale, _et Augusti nomen accepit_, come se
cominciasse allora ad usar questo glorioso titolo. Nelle giunte alla
storia di Paolo Diacono[863], date alla luce dal Freero, si legge
all'anno 823: _Lotharius imperator primo ad Italiam venit, et diem
sanctum Paschae Romae fecit Paschalis quoque apostolicus potestatem,
quam prisci imperadores habuere, ei super populum romanum concessit_. E
di qui prese principio un'epoca degli anni di Lottario imperadore, che
dipoi fu la più usata in Italia ed altrove. Fu in questa occasione del
trovarsi in Roma l'imperador Lottario che _Ingoaldo_ abbate di Farfa,
come consta da un diploma del medesimo Augusto dell'anno 840, rapportato
dal Du-Chesne e da me[864] nella Cronica di Farfa, reclamò nel
concistoro, dove erano _papa Pasquale_ ed esso _Lottario Augusto_,
contra del medesimo papa, perchè avea imposta al monistero di Farfa una
pensione contro i suoi privilegii. _Postquam nos_ (dice ivi Lottario)
_divino sibi nutu favente_ (Lodovico Pio) _consortes fecit imperii, ab
eo in Italiam directi sumus, et a summo invitati pontifice et universali
papa ac spirituali patre nostro Paschali, quondam Romani venimus. Quo
dum in praesentia ejusdem domni apostolici ac nostra, procerumque
romanorum, sive optimatum nostrorum, atque multorum utriusque partis
nobilium virorum quaestiones agitarentur: inter ceteras altercationes,
jubente eodem domno apostolico, advocatus suus nomine Sergius,
interpellavit virum venerabilem Ingoaldum abbatem, dicens, quod idem
Sabinense monasterium_ (cioè di Farfa) _ad jus et dominationem Romanae
Ecclesiae pertineret._ Ma avendo l'abbate Ingoaldo prodotti i diplomi
dei re longobardi e di Carlo Magno, da' quali appariva l'esenzione del
suddetto monistero, e che esso era sotto la tutela dei re d'Italia, nè
avendo che replicare in contrario l'avvocato pontificio: il pontefice
Pasquale riconobbe di non avervi diritto alcuno, e fece restituire
all'abbate tutti i beni che _ex eodem monasterio potestas antecessorum
ejusdem Paschalis papae injuste abstulerat._ Rapporta il padre Pagi[865]
questo atto all'anno seguente; ma è certo che si deve riferire al
presente in cui era tuttavia vivo papa Pasquale. Terminate queste
funzioni[866], se ne tornò l'augusto Lottario a Pavia, e di là nel mese
di giugno passò a visitar l'imperadore suo padre, con dargli contezza
delle giustizie in parte fatte e in parte cominciate in Italia. Il buono
imperador Lodovico, standogli forte a cuore il sollievo e buon
regolamento de' popoli, spedì allora in Italia _Adalardo_ conte del
palazzo, con ordine di prendere per suo compagno _Mauringo_ conte di
Brescia, e di perfezionar gli affari non terminati dal figliuolo.
Venuto l'autunno, tenne l'Augusto Lodovico una dieta in Compiegne[867],
e colà pervennero nuove da Roma come _Teodoro primicerio_ della Chiesa
romana, e _Leone nomenclatore_ suo genero (quel medesimo probabilmente,
che nell'anno 817 fu spedito da papa Pasquale a Lodovico Pio) nel
palazzo lateranense erano stati prima accecati, e che loro dipoi era
stato mozzato il capo: _et hoc ideo eis contigisse, quod se in omnibus
fideliter erga partes Lotharii juvenis imperatoris egerant. Erant et qui
dicerent, jussu vel consilio Paschalis pontificis rem fuisse
perpetratam_. Dispiacque non poco all'imperadore un tal fatto, ed
incontanente diede ordine ad _Adalongo abbate_ di san Vedasto e ad
_Unfredo conte_ di Coira, o pur duca della Rezia, di mettersi in viaggio
alla volta di Roma, per fare una diligente inquisizione di tali
omicidii. In questo mentre arrivarono alla corte i legati del papa, cioè
_Giovanni vescovo_ di Selva Candida e _Benedetto arcidiacono_ della
santa romana Chiesa, con incombenza di pregar l'imperadore che non
prestasse fede a chi volea caricare il pontefice dell'infamia d'aver
consentito alla morte di que' tali. Rispediti questi colle convenevoli
risposte, fu replicato l'ordine ai legati imperiali di passare a Roma ad
esaminar questo fatto. Andarono, ma non poterono raccogliere la certezza
come fosse passato l'affare; perchè papa Pasquale si era giustificato
col giuramento preso davanti ad un gran numero di vescovi, asserendo di
non aver avuta parte in quegli omicidii. Per altro si trovò che il papa
difendeva a spada tratta gli autori di quella strage, perchè erano della
famiglia di s. Pietro, cioè suoi cortigiani, sostenendo che gli uccisi
erano rei di lesa maestà, e però meritevolmente uccisi. Furono spediti
di nuovo all'imperadore quattro legati pontificii col ritorno
degl'imperiali; ed egli intese da loro la purgazione canonica praticata
dal papa, che tagliava il corso ad ulteriori perquisizioni intorno alla
pretesa di lui complicità, e udite le scuse degli uccisori (benchè mal
volentieri), lasciò morir questo processo senza vendicare gli uccisi.
_Occisorum vindictam ultra persegui non valens, quamquam multum volens
ab inquisitione hujusmodi cessandum existimavit_: son parole dello
Astronomo nella vita di Lodovico Pio. Chi non vede nella sostanza e nel
maneggio di questo fatto la sovranità dell'imperadore in Roma, è da
credere che abbia ben corta la vista. Sembra eziandio che i papi allora
non istendessero al criminale la loro autorità, forse appartenendo ciò
al prefetto di Roma, postovi dall'imperadore; ma ciò io non oso
asserirlo. Nel dì 13 di giugno dell'anno presente l'_imperadrice
Giuditta_ partorì in Francfort all'Augusto suo consorte un figliuolo, a
cui fu posto il nome di _Carlo_: figliuolo, che diede col tempo
occasione ad incredibili sconcerti nella monarchia franzese. Egli è
celebre nella storia col nome di _Carlo Calvo_. Noi, andando innanzi, il
vedremo un dì imperadore. Per altro in quest'anno s'unì insieme una gran
frotta di disgrazie in Francia, perchè un fiero tremuoto fece traballare
Aquisgrana, s'udirono di notte dei suoni insoliti; caddero furiose
gragnuole ed assaissimi fulmini, continuò la mortalità degli uomini e
delle bestie, ventitrè ville della Sassonia restarono distrutte dal
fuoco, creduto del cielo. Abbiamo ancora dagli Annali dei Franchi che in
quest'anno nella terra di Gravedona sul lago di Como una vecchia e già
scolorita immagine della beatissima Vergine con Gesù Bambino in braccio,
adorato dai Magi, per due giorni mandò splendor sì chiaro, che fu
cagione di maraviglia a tutti; nè questa irradiazione si stendeva ai
Magi. Della verità di questo miracolo io non fo la sigurtà ad alcuno.
Così fatti prodigii e disavventure tennero forte inquieto l'animo del
piissimo imperadore, di maniera che ricorse ai digiuni e alle orazioni
dei sacerdoti, e alle limosine, a fin di placare lo sdegno di Dio, con
farsi francamente a credere che tanti malanni presagissero qualche gran
rovina al genere umano. Già avea terminato il corso di sua vita
_Bonifazio conte di Lucca_, e verisimilmente _marchese di Toscana_, del
quale parlammo di sopra all'anno 813. Ebbe per successore, in quel
governo, _Bonifazio II_ suo figliuolo. Ciò si ricava da uno strumento
rapportato da Cosimo della Renna[868], e scritto _regnante domno nostro
Hludovicus serenissimus Augustus, a Deo coronatus, magnus et pacificus
imperator, anno imperii ejus decimo, et domni nostri Hlotarii
gloriosissimi Angusti filii et in Italia anno primo, III nonas mensis
octobris, Indictione secunda_, cominciata nel settembre di quest'anno.
Quivi _Richilda filia bonae memoriae Bonifati comiti, natio
Baivariorum_, badessa di s. Benedetto nella città di Lucca, promette
ubbidienza a _Pietro vescovo_ e ad _Odelberto abbate_ di san Salvatore
di Sesto. Dopo la di lei sottoscrizione seguita quella di _Bonifazio
conte_ suo _fratello_ con queste parole: _Signum manus Bonifati comitis
germanus suprascriptae abbatissae, per cujus licentiam hoc factum est_.
Sicchè nel governo di Lucca era già succeduto _Bonifazio II conte_, che
verisimilmente fu anche marchese di Toscana per le ragioni che addurremo
nell'anno 828.
NOTE:
[859] Eginh., Annal. Francor.
[860] Anonymus, in Vit. Ludov. Pii.
[861] Annales Franc. Bertiniani, etc.
[862] Paschasius Ratbertus, in vita Wallae Ab. apud Mabill.
[863] Rer. Ital., tom. 2, P. I.
[864] Chron. Farfense, P. II, tom. 2 Rer. Ital.
[865] Pagius, in Crit. Baron., ad ann. 824.
[866] Annales Francor. Metenses. Astronom., in Vit. Ludovici Pii.
[867] Annales Lauresham. Astronom., in Vit. Ludov. Pii.
[868] Renna, Serie de' duchi di Toscana, P. I, pag. 95.
Anno di CRISTO DCCCXXIV. Indizione II.
EUGENIO II papa 1.
LODOVICO PIO imperad. 11.
LOTTARIO imperadore e re di Italia 5 e 2.
Ritornarono a Roma i legati, già spediti da _papa Pasquale_ per
discolparsi presso l'imperador Lodovico[869]; ma trovarono esso papa
gravemente malato; e in fatti da lì a pochi dì accadde la morte sua. Non
se ne sa bene il dì preciso, nè se in gennaio o febbraio, o pure più
tardi. Anastasio[870] scrive ch'egli fece una solenne traslazione del
corpo di santa Cecilia vergine e martire; trasportò quelli d'altri
santi; riscosse molti schiavi cristiani dalle mani degl'infedeli, riparò
molte chiese rovinate; e lasciò dappertutto memorie illustri della sua
pia munificenza verso d'esse chiese e verso de' poveri. Si venne
all'elezion del nuovo pontefice, e non s'accordando il popolo, due ne
furono eletti; ma prevalendo la fazione de' nobili, restò canonicamente
prescelto ed ordinato _Eugenio_, _secondo_ di questo nome, che era prima
arciprete di santa Sabina. Ne fu portata subito la nuova all'imperador
Lodovico da Quirino suddiacono; e non resta sentore che fosse fatta
doglianza alcuna per la sua consecrazione, la qual nondimeno pare
seguita poco dopo l'elezione sua; se non che abbiamo dagli Annali de'
Franchi, avere in questi tempi l'Augusto Lodovico presa la risoluzione
d'inviare a Roma il figliuolo Lottario imperadore, _ut vice sua functus,
ea, quae rerum necessitas flagitare videbatur, cum novo pontifice,
populoque romano, statueret atque firmaret_. Dopo la metà d'agosto si
mise in viaggio esso Lottario, accompagnato da _Ilduino abate_ di s.
Dionisio, e arcicappellano di Francia; e giunto a Roma fu onorevolmente
ricevuto da papa Eugenio. _Cui quum injuncta sibi patefecisset_ (son
parole d'Eginardo) _statum populi romani, jamdudum quorumdam,
perversitate pontificum depravatum, memorati pontificis benevola
assensione ita correxit, ut omnes, qui rerum suarum direptione graviter
fuerant desolati, de receptione bonorum suorum, quae per illius
adventum, Deo donante receperant, magnifice sunt consolati_. Anche
Pascasio Ratberto[871] scrive che il celebre _Walla abbate_ si adoperò
molto perchè fosse eletto e consecrato _Eugenio_, santissimo vescovo
della sede apostolica, _in cujus ordinatione plurimum laborasse dicitur,
si quo modo per eum deinceps corrigerentur, quae diu negligentius a
plurimis fuerant depravata_. Odasi inoltre l'autore della vita di
Lodovico Pio[872], che dopo aver detto il buon accoglimento fatto dal
papa al giovane imperador Lottario, aggiugne: _quumque de his, quae
acciderant, quereretur, quare scilicet hi, qui imperatori et Francis
fideles fuerant, iniqua nece peremti fuerint, et qui superviverent,
ludibrio reliquis forent et haberentur; quare etiam tantae querelae
adversus Romanorum pontifices, judicesque sonarent: repertum est, quod
domni Hlotharii imperatoris XVIII, Indictione XV,_ cioè nell'anno 837,
giacchè l'epoca dell'imperio denotava quella del regno. Dirò di più:
puossi anche dubitare, per quanto proposi nelle Antichità italiane[836],
che tale epoca prendesse principio negli ultimi mesi dell'anno 819;
sopra di che lascerò disputarne ad altri. Comunque sia, a noi basti di
sapere che al regno d'Italia fu dato in quest'anno (se pur ciò non seguì
nel precedente) un nuovo re, e questi fu _Lottario_, imperadore, il
quale non andrà molto che vedremo venire a prenderne il possesso.
NOTE:
[830] Cedren. Leo Grammaticus, Zonaras et alii in Hist. Byz.
[831] Eginhard., Annal. Francor. Annal. Franc. Bertiniani.
[832] Ermold. Nigellus, lib. 3, P. II, tom. 2 Rer. Italic.
[833] Antiquit. Ital., Dissert. X.
[834] Pagius, ad Ann. Baron.
[835] Antiquit. Ital., Dissert. LXXIII.
[836] Ibid., Dissert. X.
Anno di CRISTO DCCCXXI. Indizione XIV.
PASQUALE papa 5.
LODOVICO PIO imperadore 8.
LOTTARIO imperadore e re di Italia 2.
Trovavasi a Nimega l'_imperador Lodovico_ dopo Pasqua, ed ivi nella
dieta dei suoi conti magnati confermò la partizion degli stati fra' suoi
figliuoli, precedentemente da lui fatta nell'anno 817. Leggesi questa
presso il Baluzio[837]. Di _Lottario_ altro non è detto, se non che era
stato dichiarato compagno e successore nell'imperio. Al re _Pippino_
viene assegnata l'Aquitania, la Guascogna, la Linguadoca e la Marca di
Tolosa con quattro altri comitati; a _Lodovico_ re la Baviera, la
Carintia, la Boemia, e ciò che apparteneva alla monarchia franzese nella
Schiavonia e Pannonia. Comanda poi che i due minori fratelli non possano
ammogliarsi[838], nè far pace o guerra senza il consiglio o consenso del
fratello maggiore, cioè dell'_imperadore Lottario_. Colà arrivarono
nello stesso tempo i legati di _papa Pasquale_ cioè _Pietro Vescovo_ di
Cento Celle, oggidì Cività Vecchia, e Leone nomenclatore. Il suggetto di
tale ambasciata restò nella penna agli storici. Furono essi prontamente
ammessi all'udienza e rispediti. Fecesi ancora in quest'anno una
spedizione degli eserciti nella Pannonia contra del ribello _Liudevito_
duca, ed altro non si sa operato da essi, fuorchè l'aver dato il sacco
dovunque arrivarono. Nel mese poi di ottobre nella villa di Teodone,
essendo stata intimata colà una dieta generale, quivi il giovane
imperador _Lottario_ prese per moglie _Ermengarda_ figliuola di _Ugo
conte_[839], discendente da _Eticone_ duca d'Alemagna: _Qui erat de
stirpe cujusdam ducis nomine Edith_, scrive Tegano[840]. Informato il
romano pontefice che si aveano a celebrar queste nozze, vi spedì
anch'egli i suoi legati, cioè Teodoro primicerio e Floro, che portarono
dei gran regali agli Augusti sposi. E allora fu che il piissimo
imperador Lodovico, mosso a compassione (probabilmente ancora per le
istanze e preghiere del suddetto papa) verso gli esiliati a cagion della
congiura del fu re d'Italia _Bernardo_, li fece venire alla sua
presenza[841], nè solamente donò loro la vita e la libertà, ma eziandio
fece loro restituire tutto quanto dei lor beni era venuto in potere del
fisco. Negli Annali di Fulda più precisamente sta scritto che _singulos
in statum pristinum restituit_. Di qui han preso giusto motivo il
Puricelli, l'Ughelli e il padre Papebrochio di credere che _Anselmo_
arcivescovo di Milano se ne tornasse alla sua cattedra, e morisse
placidamente fra' suoi. _Wolfoldo_ vescovo di Cremona (chiamato
dall'Ughelli[842], non so con qual fondamento modenese) scrive il
medesimo autore che mancò di vita nell'esilio, ma senza addurne pruova
alcuna. _Teodolfo_ ancora vescovo d'Orleans fu partecipe di questo
perdono; ma comune opinione è ch'egli poco ne godesse, e che terminasse
da lì a non molto i suoi giorni. Anzi, se è vero quanto scrive Letaldo
monaco miciacense[843], il veleno fu quello che il levò di vita, a lui
dato da chi nel tempo di sua disgrazia avea occupati i suoi beni. Già
dicemmo all'anno 814 che il celebre _Adalardo_, abbate della vecchia
Corbeia, era stato per meri sospetti relegato in un monistero
d'Aquitania. A lui pure fece grazia in quest'anno l'imperadore, e il
rimise in possesso della sua badia. Avenne in questi tempi che
_Fortunato patriarca di Grado_ fu accusato da Tiberio suo prete presso
l'imperador Lodovico d'infedeltà[844], quasi che egli esortasse
_Liudevito_ duca dell'inferiore Pannonia a persistere nella sua
ribellione, ed in oltre con inviargli de' muratori gli desse aiuto a
fortificar le sue castella. Fu perciò citato che venisse alla corte.
Mostrò egli a tutta prima prontezza ad ubbidire, e a tal effetto passò
in Istria. Poscia, fingendo di andare alla città di Grado, ed occultato
il suo disegno ai suoi stessi domestici, all'improvviso segretamente
s'imbarcò, e portossi a Fara, città della Dalmazia, dove rivelò a
Giovanni, governator della provincia per l'imperador greco, i motivi
della sua fuga; e questi presane la protezione, non tardò a spedirlo per
mare a Costantinopoli. Non ebbe contezza di questo fatto Andrea Dandolo
nella sua Cronica di Venezia. Fu in quest'anno nel mese d'agosto tenuto
un placito, ossia pubblico giudizio nella città di Norcia del ducato
spoletino[845], da _Aledramo conte_, e da _Adelardo_ e _Leone_, vassali
e messi spediti da _Lodovico magno imperadore, ad singulorum hominum
causas audiendas et deliberandas_. Aveano sessione nel medesimo giudizio
_Guinigiso_ e _Gerardo duchi, Sigoaldo_ vescovo di Spoleti, _Magio,
Ittone_ e _Liutardo_ parimente vescovi con altri abati, vassi e
gastaldi. Aveva il suddetto Guinigiso duca di Spoleti confiscato _ad
regiam partem_, cioè applicato alla camera del re d'Italia (il che la
conoscere chi fosse il sovrano di Spoleti) i beni di un certo Paolo, che
i monaci di Farfa pretendeano donati al loro monistero, ed anche
posseduti da loro. La decision fu in favore d'_Ingoaldo_ abate di Farfa.
L'aver trovato nella carta di questo placito con _Guinigiso duca Gerardo
duca_, diede, credo io, motivo a chi fece il catalogo dei duchi di
Spoleti, anteposto alla Cronica farfense, di registrarlo fra i duchi di
quella contrada; e tale l'hanno tenuto il padre Mabillone, il padre Pagi
e l'Eccardo. Anzi il conte Campelli, siccome di sopra accennai, spacciò
francamente per figliuolo di Guinigiso questo _Gerardo duca_. Io senza
altre pruove non ardirei di asserirlo duca di Spoleti, perchè potè
essere duca d'altro paese, ed essere capitato a Norcia per suoi affari;
sapendo noi che s'invitavano ai placiti i più riguardevoli signori che
quivi allora si trovavano. Abbiamo già veduto che nei vicini stati della
Chiesa i governatori delle città portavano il titolo di duca. Nè di
questo Gerardo si truova più menzione; ed essendo passato a miglior vita
nell'anno seguente _Guinigiso_, duca indubitato di Spoleti, vedremo che
gli succede _Suppone_, senza che più si parli di Gerardo. Però tali
riflessioni fanno me andar guardingo a concedergli luogo fra i duchi di
Spoleti. Al più si potrebbe sospettare che fosse stato duca di Camerino.
Abbiamo poi dal Dandolo[846] che _Angelo Particiaco_ doge di Venezia,
udita l'assunzione al trono imperiale d'Oriente di _Michele Balbo_, gli
spedì per suo ambasciatore _Angelo_ figliuolo di _Giustiniano_ suo
figliuolo, che avea per moglie una nobil donna per nome Romana. Ma
questi giunto a Costantinopoli, da lì a pochi giorni s'infermò e morì.
NOTE:
[837] Baluz., Capitular. Reg. Franc., tom. 1, p. 573.
[838] Eginh., Annal. Franc. Annal. Franc. Bertiniani.
[839] Eccard., Hist. Genealog. Domus Habsburg.
[840] Thegan., de Gest. Ludovici Pii, num. 28.
[841] Annal. Franc. Lauresham. Annal. Franc. Bertiniani.
[842] Ughell., tom. 4 Ital. Sacr.
[843] Letald., de Miracul. S. Maximini, cap. 13.
[844] Eginh., Annal. Franc. Annal. Franc. Bertiniani.
[845] Chron. Farfens.
[846] Dandulus, Chron., tom. 12 Rer. Ital.
Anno di CRISTO DCCCXXII. Indizione XV.
PASQUALE papa 6.
LODOVICO PIO imperadore 9.
LOTTARIO imp. e re d'Italia 3.
Per attestato di Eginardo e d'altri antichi annalisti, l'anno fu questo
in cui l'_imperador Lodovico_, trovandosi nella dieta di Attignì, che fu
universale di tutto l'imperio, e v'intervennero anche i legati del papa,
si riconciliò con _Drogone, Teodorico_ ed _Ugo_, suoi fratelli
bastardi[847], ch'egli nell'anno 818 avea forzati a prendere l'abito
monastico. A Drogone diede nell'anno seguente il vescovato di Metz, ad
Ugo varii monisteri, Teodorico verisimilmente col morir poco appresso
non godè dei benefizii a lui pure compartiti o destinati dal fratello
Augusto. Si accusò ancora pubblicamente il religiosissimo imperadore
della crudeltà usata contra di _Bernardo re d'Italia_ suo nipote, e di
quanto aveva operato contra di _Adalardo_ abate e di _Walla_ suo
fratello, personaggi illustri della real famiglia; e ne domandò e ne
fece pubblica penitenza. Dopo la dieta di Attignì[848] egli spedì
l'Augusto _Lottario_ suo primogenito al governo dell'Italia, e gli mise
a' fianchi il suddetto _Walla_, già fatto monaco e _Gerungo_ che era
_ostiariorum magister_ nella sua corte, acciochè essendo esso suo
figliuolo tuttavia giovane ed inesperto, si regolasse negli affari del
regno col loro consiglio. Questo Walla abate, nella vita di lui scritta
da Pascasio Ratberto, e pubblicata dal padre Mabillone[849], è chiamato
_paedagogus Augusti Caesaris_; noi diremmo _aio di Lottario imperadore_.
Son di parere il suddetto padre Mabillone[850] e il padre Pagi[851] che
da questo ingresso di Lottario cominciasse un'altra epoca, che dicono
incontrarsi in alcuni diplomi. Veramente nell'insigne archivio
dell'arcivescovato di Lucca ho io vedute varie pergamene segnate con gli
anni di esso imperador Lottario, _postquam in Italiam ingressus est_.
Una di quelle fu scritta _Anno XXVIII. Hlotharii imperatoris, postquam,
ec. Indictione XIII, nono kal. martias_, cioè nell'anno 850. Ma questa
epoca pare dedotta dall'anno seguente 823, poichè in Lucca non si
contavano peranche nel febbraio dell'anno presente gli anni di Lottario,
ciò constando da un placito tenuto da due Scabini, dove son queste
parole: _Facta notitia judicati in regno Dno nro Hludovvic magni
imperatoris, anno imperii ejus nono, mense aprile, Indictione
quintadecima,_ cioè nell'anno 822, dove non si vede menzione di
Lottario. Un'altra carta vidi scritta _regnante. D. N. Hlothario
imperatore Augusto, anno imperii ejus postquam in Italia ingressus est,
trigesimo tertio, et figlio ejus D. N. Hludovvico idemque imperator,
anno sexto, decimo kal. octobris, Indictione quarta._ Un'altra ha le
seguenti note: _Anno XXV. Hlotarii imperatoris postquam in Italia
ingressus est, V nonas martias, Indictione X,_ cioè nell'anno 847, a dì
3 di marzo. Questa epoca, che mi sembra dedotta dall'anno presente, non
s'accorda colle precedenti; e però lascerò sopra di ciò disputare a chi
ha più abbondanza di tempo.
Abbiamo a quest'anno le seguenti parole di Eginardo[852], alle quali son
conformi quelle d'altri annalisti[853]. _Vinigisus dux spoletanus, jam
senio confectus, habitu saeculari deposito, monasticae se mancipavit
conversationi; at non multo post tactus corporis infirmitate decessit.
In cujus locum Suppo Brixiae comes substitutus est_. Sicchè nell'anno
presente _Guinigiso_ duca di Spoleti si fece monaco, e poco dappoi
compiè il corso della sua vita, e in luogo suo fu sostituito
dagl'imperadori Lodovico e Lottario _Suppone_ conte di Brescia. Questo
_Guinigiso_ vien chiamato _il secondo_ dal padre Mabillone[854], perchè
nel catalogo anteposto da me alla Cronica di Farfa si legge due volte
_Guinichus dux_. Ma siccome ho di sopra avvertito, un solo _Guinigiso_
governò quel ducato, e ciò a noi viene anche insinuato dal _jam senio
confectus_. Il conte Campelli ed altri hanno poi creduto ch'egli non
lasciasse dopo di sè prole maschile; ma il suddetto padre Mabillone
pretende che restasse di lui un figliuolo similmente appellato
Guinigiso; perchè in un placito tenuto nella città di Spoleti _anno
Ludovici et Lotharii imperatorum decimo et quarto, mense aprili,
Indictione I_, cioè nell'anno seguente 823, _Ingoaldo_ abate di Farfa
ricuperò una corte a lui usurpata da _Guinigiso vasso dell'imperadore_.
Per chiarirsi meglio di ciò converrebbe aver sotto gli occhi il placito
stesso, e vedere se questo Guinigiso è allora vivente; e quando sia
vivo, se apparisca figliuolo del defunto duca Guinigiso, potendo altre
persone fuori della di lui casa aver portato il medesimo nome. Per altro
non è da fidarsi molto del catalogo suddetto, al vedere che in esso non
è dipoi fatta menzione di _Suppone_, che senza fallo succedette in quel
ducato. Secondo i sopraccitati Annali, in quest'anno ancora l'esercito
d'Italia fu spedito contra di _Liudevito_ duca ribello nella Pannonia.
Costui, veggendo appressarsi le armi nemiche, abbandonata la città di
Siscia, oggidì Sissec, posta alla sboccatura del Savo, si ricoverò
appresso i Sorabi, creduti dall'Eccardo gli stessi che i Serbi, o Servi,
da lì innanzi padroni della Servia. L'Astronomo[855] scrive ch'egli _ad
quemdam principem Delmatiae venit_. Ammesso da quel principetto in una
sua città, il pagò da par suo di questo benefizio, perchè ammazzatolo
s'impadronì della città medesima. Finalmente o pentito daddovero, o
fingendosi pentito, mandò all'imperador Lodovico alcuni de' suoi a
chiedere misericordia, con promessa ancora di comparire davanti a lui in
persona. Ma il barbaro fu poscia nell'anno seguente ucciso da uno de'
suoi: con che diede fine a tante sciagure per sua cagione accadute alla
Pannonia. Abbiamo parimente dal Porfirogenneta[856] e dal continuator di
Teofane[857], che i Saraceni, e, quel che può recar più maraviglia, i
Saraceni di Spagna, s'impadronirono in quest'anno dell'isola di Creta.
Credesi che i medesimi coll'aver quivi fabbricata la città appellata
_Candia_, fecero col tempo mutare all'isola il nome. Avendo spedito
_Deusdedit_ vescovo di Modena un suo prete all'imperador Lodovico,
ottenne la conferma de' privilegii conceduti al vescovato di Modena,
ossia alla _chiesa di san Geminiano_, dai re longobardi, e dei beni
spettanti alla medesima, fra' quali era un molino, _quod pertinebat ad
curtem regis civitatis Novae_. Presso il Sillingardi e presso
l'Ughelli[858], quel diploma è scorretto in molti siti, e specialmente
nel fine. L'originale ha: _Durandus diaconus ad vicem Fridugisi
recognovi et subscripsi. Data sexto idus februarias, anno Christo
propitio VIIII imperii domni Hludovici piissimi Augusti, Indictione XV.
Actum Aquisgrani palatio regio._
NOTE:
[847] Hincmarus, de Divor. Lotharii Regis.
[848] Annal. Franc. Eginhard.
[849] Mabill., Saecul. Bened. IV, P. 1.
[850] Idem, lib. 2. cap. 26, de Re Diplom.
[851] Pagius, in Crit. Baron.
[852] Eginhardus, Annal. Franc.
[853] Annales Franc. Bertiniani.
[854] Mabillon., Annal. Benedictin., ad hunc ann.
[855] Astronomus, in Vita Ludovici Pii.
[856] Constantinus Porphyrogenn. de Administr. Imper. cap. 22.
[857] Continuator Chron. Theoph.
[858] Ughell., Ital. Sacr., tom. 2.
Anno di CRISTO DCCCXXIII. Indizione I.
PASQUALE papa 7.
LODOVICO PIO imperadore 10.
LOTTARIO imperadore e re d'Italia 4 e 1.
Per attestato di Eginardo[859], dell'autore della vita di Lodovico
Pio[860] e d'altri annalisti antichi[861], l'_imperadore Lottario_ già
venuto in Italia, dopo avere per ordine del padre atteso a rendere
giustizia ai popoli in diversi luoghi, già si preparava per tornarsene
in Francia, quando fu inviato e pregato da _papa Pasquale (rogante
Paschale papa_) a portarsi a Roma, per quivi ricevere la corona
dell'imperio. L'aveano ricevuta Carlo Magno e Lodovico Pio dalle mani
de' sommi Pontefici; dovea premere a papa Pasquale di conservare i suoi
diritti, e di non permettere che Lottario seguitasse a farla da
imperadore senza la solenne funzione della coronazione, Pascasio
Ratberto[862] ci fa sapere che _Lodovico Pio_ anch'egli concorse ad
inviare colà il figliuolo, mettendo in bocca di Lottario queste parole
verso il padre: _Ad eamdem sedem_ (di Roma) _clementer me vestra
imperialis eximietas misit, ad confirmandum in me, quidquid pia dignatio
vestra decreverat, ut essem socius et consors, non minus
sanctificatione, quam potestate et nomine_. Ecco che ad autenticare e
confermare l'elezion di un Augusto si richiedeva la coronazione romana.
_Unde_ (soggiugne) _quia coram sancto altare et coram sancto corpore
beati Petri principis Apostolorum a summo pontifice, vestro ex consensu
et voluntate benedictionem, honorem et nomen suscepi imperialis
officii_. Andò in fatti Lottario a Roma, dove fu accolto con gran pompa
_(clarissima ambitione)_ dal sommo pontefice, e nel solenne giorno di
Pasqua, che in quest'anno cadde nel dì 3 di aprile, fu maestosamente
ornato della corona imperiale, _et Augusti nomen accepit_, come se
cominciasse allora ad usar questo glorioso titolo. Nelle giunte alla
storia di Paolo Diacono[863], date alla luce dal Freero, si legge
all'anno 823: _Lotharius imperator primo ad Italiam venit, et diem
sanctum Paschae Romae fecit Paschalis quoque apostolicus potestatem,
quam prisci imperadores habuere, ei super populum romanum concessit_. E
di qui prese principio un'epoca degli anni di Lottario imperadore, che
dipoi fu la più usata in Italia ed altrove. Fu in questa occasione del
trovarsi in Roma l'imperador Lottario che _Ingoaldo_ abbate di Farfa,
come consta da un diploma del medesimo Augusto dell'anno 840, rapportato
dal Du-Chesne e da me[864] nella Cronica di Farfa, reclamò nel
concistoro, dove erano _papa Pasquale_ ed esso _Lottario Augusto_,
contra del medesimo papa, perchè avea imposta al monistero di Farfa una
pensione contro i suoi privilegii. _Postquam nos_ (dice ivi Lottario)
_divino sibi nutu favente_ (Lodovico Pio) _consortes fecit imperii, ab
eo in Italiam directi sumus, et a summo invitati pontifice et universali
papa ac spirituali patre nostro Paschali, quondam Romani venimus. Quo
dum in praesentia ejusdem domni apostolici ac nostra, procerumque
romanorum, sive optimatum nostrorum, atque multorum utriusque partis
nobilium virorum quaestiones agitarentur: inter ceteras altercationes,
jubente eodem domno apostolico, advocatus suus nomine Sergius,
interpellavit virum venerabilem Ingoaldum abbatem, dicens, quod idem
Sabinense monasterium_ (cioè di Farfa) _ad jus et dominationem Romanae
Ecclesiae pertineret._ Ma avendo l'abbate Ingoaldo prodotti i diplomi
dei re longobardi e di Carlo Magno, da' quali appariva l'esenzione del
suddetto monistero, e che esso era sotto la tutela dei re d'Italia, nè
avendo che replicare in contrario l'avvocato pontificio: il pontefice
Pasquale riconobbe di non avervi diritto alcuno, e fece restituire
all'abbate tutti i beni che _ex eodem monasterio potestas antecessorum
ejusdem Paschalis papae injuste abstulerat._ Rapporta il padre Pagi[865]
questo atto all'anno seguente; ma è certo che si deve riferire al
presente in cui era tuttavia vivo papa Pasquale. Terminate queste
funzioni[866], se ne tornò l'augusto Lottario a Pavia, e di là nel mese
di giugno passò a visitar l'imperadore suo padre, con dargli contezza
delle giustizie in parte fatte e in parte cominciate in Italia. Il buono
imperador Lodovico, standogli forte a cuore il sollievo e buon
regolamento de' popoli, spedì allora in Italia _Adalardo_ conte del
palazzo, con ordine di prendere per suo compagno _Mauringo_ conte di
Brescia, e di perfezionar gli affari non terminati dal figliuolo.
Venuto l'autunno, tenne l'Augusto Lodovico una dieta in Compiegne[867],
e colà pervennero nuove da Roma come _Teodoro primicerio_ della Chiesa
romana, e _Leone nomenclatore_ suo genero (quel medesimo probabilmente,
che nell'anno 817 fu spedito da papa Pasquale a Lodovico Pio) nel
palazzo lateranense erano stati prima accecati, e che loro dipoi era
stato mozzato il capo: _et hoc ideo eis contigisse, quod se in omnibus
fideliter erga partes Lotharii juvenis imperatoris egerant. Erant et qui
dicerent, jussu vel consilio Paschalis pontificis rem fuisse
perpetratam_. Dispiacque non poco all'imperadore un tal fatto, ed
incontanente diede ordine ad _Adalongo abbate_ di san Vedasto e ad
_Unfredo conte_ di Coira, o pur duca della Rezia, di mettersi in viaggio
alla volta di Roma, per fare una diligente inquisizione di tali
omicidii. In questo mentre arrivarono alla corte i legati del papa, cioè
_Giovanni vescovo_ di Selva Candida e _Benedetto arcidiacono_ della
santa romana Chiesa, con incombenza di pregar l'imperadore che non
prestasse fede a chi volea caricare il pontefice dell'infamia d'aver
consentito alla morte di que' tali. Rispediti questi colle convenevoli
risposte, fu replicato l'ordine ai legati imperiali di passare a Roma ad
esaminar questo fatto. Andarono, ma non poterono raccogliere la certezza
come fosse passato l'affare; perchè papa Pasquale si era giustificato
col giuramento preso davanti ad un gran numero di vescovi, asserendo di
non aver avuta parte in quegli omicidii. Per altro si trovò che il papa
difendeva a spada tratta gli autori di quella strage, perchè erano della
famiglia di s. Pietro, cioè suoi cortigiani, sostenendo che gli uccisi
erano rei di lesa maestà, e però meritevolmente uccisi. Furono spediti
di nuovo all'imperadore quattro legati pontificii col ritorno
degl'imperiali; ed egli intese da loro la purgazione canonica praticata
dal papa, che tagliava il corso ad ulteriori perquisizioni intorno alla
pretesa di lui complicità, e udite le scuse degli uccisori (benchè mal
volentieri), lasciò morir questo processo senza vendicare gli uccisi.
_Occisorum vindictam ultra persegui non valens, quamquam multum volens
ab inquisitione hujusmodi cessandum existimavit_: son parole dello
Astronomo nella vita di Lodovico Pio. Chi non vede nella sostanza e nel
maneggio di questo fatto la sovranità dell'imperadore in Roma, è da
credere che abbia ben corta la vista. Sembra eziandio che i papi allora
non istendessero al criminale la loro autorità, forse appartenendo ciò
al prefetto di Roma, postovi dall'imperadore; ma ciò io non oso
asserirlo. Nel dì 13 di giugno dell'anno presente l'_imperadrice
Giuditta_ partorì in Francfort all'Augusto suo consorte un figliuolo, a
cui fu posto il nome di _Carlo_: figliuolo, che diede col tempo
occasione ad incredibili sconcerti nella monarchia franzese. Egli è
celebre nella storia col nome di _Carlo Calvo_. Noi, andando innanzi, il
vedremo un dì imperadore. Per altro in quest'anno s'unì insieme una gran
frotta di disgrazie in Francia, perchè un fiero tremuoto fece traballare
Aquisgrana, s'udirono di notte dei suoni insoliti; caddero furiose
gragnuole ed assaissimi fulmini, continuò la mortalità degli uomini e
delle bestie, ventitrè ville della Sassonia restarono distrutte dal
fuoco, creduto del cielo. Abbiamo ancora dagli Annali dei Franchi che in
quest'anno nella terra di Gravedona sul lago di Como una vecchia e già
scolorita immagine della beatissima Vergine con Gesù Bambino in braccio,
adorato dai Magi, per due giorni mandò splendor sì chiaro, che fu
cagione di maraviglia a tutti; nè questa irradiazione si stendeva ai
Magi. Della verità di questo miracolo io non fo la sigurtà ad alcuno.
Così fatti prodigii e disavventure tennero forte inquieto l'animo del
piissimo imperadore, di maniera che ricorse ai digiuni e alle orazioni
dei sacerdoti, e alle limosine, a fin di placare lo sdegno di Dio, con
farsi francamente a credere che tanti malanni presagissero qualche gran
rovina al genere umano. Già avea terminato il corso di sua vita
_Bonifazio conte di Lucca_, e verisimilmente _marchese di Toscana_, del
quale parlammo di sopra all'anno 813. Ebbe per successore, in quel
governo, _Bonifazio II_ suo figliuolo. Ciò si ricava da uno strumento
rapportato da Cosimo della Renna[868], e scritto _regnante domno nostro
Hludovicus serenissimus Augustus, a Deo coronatus, magnus et pacificus
imperator, anno imperii ejus decimo, et domni nostri Hlotarii
gloriosissimi Angusti filii et in Italia anno primo, III nonas mensis
octobris, Indictione secunda_, cominciata nel settembre di quest'anno.
Quivi _Richilda filia bonae memoriae Bonifati comiti, natio
Baivariorum_, badessa di s. Benedetto nella città di Lucca, promette
ubbidienza a _Pietro vescovo_ e ad _Odelberto abbate_ di san Salvatore
di Sesto. Dopo la di lei sottoscrizione seguita quella di _Bonifazio
conte_ suo _fratello_ con queste parole: _Signum manus Bonifati comitis
germanus suprascriptae abbatissae, per cujus licentiam hoc factum est_.
Sicchè nel governo di Lucca era già succeduto _Bonifazio II conte_, che
verisimilmente fu anche marchese di Toscana per le ragioni che addurremo
nell'anno 828.
NOTE:
[859] Eginh., Annal. Francor.
[860] Anonymus, in Vit. Ludov. Pii.
[861] Annales Franc. Bertiniani, etc.
[862] Paschasius Ratbertus, in vita Wallae Ab. apud Mabill.
[863] Rer. Ital., tom. 2, P. I.
[864] Chron. Farfense, P. II, tom. 2 Rer. Ital.
[865] Pagius, in Crit. Baron., ad ann. 824.
[866] Annales Francor. Metenses. Astronom., in Vit. Ludovici Pii.
[867] Annales Lauresham. Astronom., in Vit. Ludov. Pii.
[868] Renna, Serie de' duchi di Toscana, P. I, pag. 95.
Anno di CRISTO DCCCXXIV. Indizione II.
EUGENIO II papa 1.
LODOVICO PIO imperad. 11.
LOTTARIO imperadore e re di Italia 5 e 2.
Ritornarono a Roma i legati, già spediti da _papa Pasquale_ per
discolparsi presso l'imperador Lodovico[869]; ma trovarono esso papa
gravemente malato; e in fatti da lì a pochi dì accadde la morte sua. Non
se ne sa bene il dì preciso, nè se in gennaio o febbraio, o pure più
tardi. Anastasio[870] scrive ch'egli fece una solenne traslazione del
corpo di santa Cecilia vergine e martire; trasportò quelli d'altri
santi; riscosse molti schiavi cristiani dalle mani degl'infedeli, riparò
molte chiese rovinate; e lasciò dappertutto memorie illustri della sua
pia munificenza verso d'esse chiese e verso de' poveri. Si venne
all'elezion del nuovo pontefice, e non s'accordando il popolo, due ne
furono eletti; ma prevalendo la fazione de' nobili, restò canonicamente
prescelto ed ordinato _Eugenio_, _secondo_ di questo nome, che era prima
arciprete di santa Sabina. Ne fu portata subito la nuova all'imperador
Lodovico da Quirino suddiacono; e non resta sentore che fosse fatta
doglianza alcuna per la sua consecrazione, la qual nondimeno pare
seguita poco dopo l'elezione sua; se non che abbiamo dagli Annali de'
Franchi, avere in questi tempi l'Augusto Lodovico presa la risoluzione
d'inviare a Roma il figliuolo Lottario imperadore, _ut vice sua functus,
ea, quae rerum necessitas flagitare videbatur, cum novo pontifice,
populoque romano, statueret atque firmaret_. Dopo la metà d'agosto si
mise in viaggio esso Lottario, accompagnato da _Ilduino abate_ di s.
Dionisio, e arcicappellano di Francia; e giunto a Roma fu onorevolmente
ricevuto da papa Eugenio. _Cui quum injuncta sibi patefecisset_ (son
parole d'Eginardo) _statum populi romani, jamdudum quorumdam,
perversitate pontificum depravatum, memorati pontificis benevola
assensione ita correxit, ut omnes, qui rerum suarum direptione graviter
fuerant desolati, de receptione bonorum suorum, quae per illius
adventum, Deo donante receperant, magnifice sunt consolati_. Anche
Pascasio Ratberto[871] scrive che il celebre _Walla abbate_ si adoperò
molto perchè fosse eletto e consecrato _Eugenio_, santissimo vescovo
della sede apostolica, _in cujus ordinatione plurimum laborasse dicitur,
si quo modo per eum deinceps corrigerentur, quae diu negligentius a
plurimis fuerant depravata_. Odasi inoltre l'autore della vita di
Lodovico Pio[872], che dopo aver detto il buon accoglimento fatto dal
papa al giovane imperador Lottario, aggiugne: _quumque de his, quae
acciderant, quereretur, quare scilicet hi, qui imperatori et Francis
fideles fuerant, iniqua nece peremti fuerint, et qui superviverent,
ludibrio reliquis forent et haberentur; quare etiam tantae querelae
adversus Romanorum pontifices, judicesque sonarent: repertum est, quod
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