Annali d'Italia, vol. 3 - 19
intendere che sotto nome di giustizia venivano beni patrimoniali ed
allodiali, e non già luoghi giurisdizionali. Ringrazia inoltre il re
Pippino, perchè abbia raccomandato al re Desiderio di forzare i _re di
Napoli e di Gaeta_ (non già che questi portassero il titolo di re, ma
perchè erano duchi di somma autorità indipendenti dal regno
longobardico, sottoposti nondimeno ai greci imperadori) a forzarli,
dissi, a rendere anch'essi i patrimonii esistenti sotto il loro
distretto, ed usurpati in addietro alla Chiesa di Roma, siccome ancora
ad inviare i lor vescovi eletti a Roma per esser ivi consecrati; e non
già, come si può conghietturare fatto in addietro a Costantinopoli,
cercando que' patriarchi coll'autorità dell'eretico Augusto di dilatare
le lor fimbrie in pregiudizio della santa Sede romana. Vedemmo di sopra
all'anno 758, che il re Desiderio avea preso e cacciato in prigione
_Alboino_ duca di Spoleti, perchè reo di ribellione al suo regno. Il
catalogo posto avanti alla Cronica del monistero di Farfa[435] ci fa
vedere in quest'anno sostituito in suo luogo il duca _Gisolfo_. Ma forse
ciò avvenne nell'anno precedente, trovandosi fra le carte del monistero
medesimo una scritta _anno II Gisulfi_. _Actum in marsis mense januario
Indictione XIIII_, cioè nel gennaio dell'anno seguente, in cui correva
l'anno secondo del suo ducato. Ci fanno anche intendere queste note che
il paese di Marsi formava allora una porzione del ducato medesimo.
NOTE:
[435] Rer. Italic., P. II, tom. II.
Anno di CRISTO DCCLXI. Indizione XIV.
PAOLO I papa 5.
COSTANTINO Copronimo imperadore 42 e 21.
LEONE IV imperadore 11.
DESIDERIO re 5.
ADELGISO re 3.
Sembra che fossero già quetati tutti i litigii fra il pontefice _Paolo
I_ e _Desiderio_ re de' Longobardi, e dall'una e dall'altra parte
seguita la restituzione dei patrimonii e d'altri diritti. Ma non si
provava già la stessa quiete e pace dalla parte de' Greci, a' quali
stava nel cuore la doglia del perduto esarcato, e la brama di
ricuperarlo. Perciò probabilmente appartiene all'anno presente la
lettera ventottesima del Codice Carolino, con cui esso papa notifica al
re Pippino, patrizio de' Romani, d'essergli stata inviata da _Sergio_
arcivescovo di Ravenna una lettera scritta da Leone ministro imperiale
alla provincia di Ravenna, con esortar que' popoli a tornare sotto
l'ubbidienza dell'imperador suo padrone. Però prega esso re dei Franchi
di voler ordinare al re Desiderio, che, occorrendo il bisogno, porga
aiuto alle città di Ravenna e della Pentapoli, per resistere ai
tentativi dei Greci. Parimente nell'epistola trentesima, che pare
scritta in questo medesimo anno dal suddetto papa, si legge aver Pippino
raccomandato ad esso pontefice di camminar con buona concordia e pace
col re Desiderio: il che promette lo stesso pontefice di fare, ogni
qualvolta Desiderio continui nell'amore e nella buona fede promessa
verso la Sede apostolica. Anzi soggiugne, essere già stabilito che segua
un abboccamento fra di loro in Ravenna, per trattare d'affari utili alla
Chiesa, e delle maniere di opporsi alle malizie de' Greci, più che mai
ansanti di ricuperar quella contrada. Se seguisse poi di fatto questo
abboccamento, noi nol sappiamo. Truovansi replicati questi sentimenti
nell'epistola trentesimaterza del medesimo papa Paolo. Riferisce in
quest'anno il cardinal Baronio una Bolla del soprammentovato papa Paolo,
conceduta al monistero da lui fondato in onore di s. Stefano I papa e
martire, e di san Silvestro papa, il cui corpo si dice trasferito colà:
notizia che non s'accorda colla Bolla primordiale della badia
nonantolana, di cui fu fatta menzione all'anno 755. Le note cronologiche
son queste: _Datum IV nonas junii, imperante domino Constantino Augusto,
a Deo coronato magno imperatore, anno quadragesimoprimo, ex quo cum
patre regnare coepit, et post consulatum ejus anno vicesimoprimo,
indictione decimaquarta. Se crediamo al padre Pagi, si ha da scrivere
anno quadragesimoprimo, et post consulatum ejus anno XX_. Ma potrebbe
anche darsi che l'errore fosse non già in quella Bolla, ma bensì nei
conti del padre Pagi. E noi intanto miriamo continuarsi ne' pubblici
documenti romani la menzione dell'imperadore: il che soleva essere
indizio della continuata sovranità.
Anno di CRISTO DCCLXII. Indizione XV.
PAOLO I papa 6.
COSTANTINO Copronimo imperadore 45 e 22.
LEONE IV imperadore 12.
DESIDERIO re 6.
ADELGISO re 4.
Leggesi nel Codice Carolino una Bolla di papa _Paolo_, sotto nome di
epistola duodecima, in cui concede al re _Pippino_ il monistero di san
Silvestro, posto nel monte Soratte, con tre altri monisteri da quello
dipendenti, cioè di santo Stefano martire, di santo Andrea apostolo e di
san Vittore, _a praesenti quintadecima Indictione_, per sostentamento
de' pellegrini, de' poveri e de' monaci. Perchè _Carlomanno_ fratello di
esso re Pippino avea qui professata la vita monastica, e, quel che è
più, era stato fondatore di quel monistero, si può credere che il re
desiderasse d'averlo in suo dominio, ossia sotto la sua protezione e
cura, per benefizio ancora del medesimo sacro luogo. Forse ancora
nell'anno presente (se pur non fu nell'antecedente) scrisse il medesimo
pontefice al re Pippino la lettera trigesima quarta del Codice Carolino,
con dargli ragguaglio di avere da buona parte ricevuto avviso, come i
Greci, nemici della Chiesa di Dio e della vera fede, meditavano in buona
forma di venire ostilmente contra di esso papa e contra di Ravenna, ed
esser eglino in movimento per questa impresa. Perciò efficacemente il
prega di spedire un inviato al re Desiderio, con raccomandargli di
porgere un gagliardo soccorso, qualora venissero ad effetto cotali
minacce, e di pregarlo che comandi ai popoli di _Benevento, Spoleti e
Toscana_, confinanti al ducato romano, di accorrere, bisognando, in
aiuto di lui. Certamente pare che que' duchi si fossero suggettati al
dominio di Pippino, e che ciò si ricavi ancora dall'epistola
quindicesima del Codice Carolino. Basta almeno questa notizia per
convincere d'insussistenza la narrativa di Leone Ostiense, che stimò
compreso nella donazion di Pippino i ducati di Benevento e Spoleti,
siccome abbiam detto di sopra. Era in questi tempi impegnato il re
Pippino in una scabrosa guerra contro di _Guaifario_ duca di Aquitania,
la quale, cominciata nell'anno 760, durò sino all'anno 768, e terminò
colla morte di quel duca. All'incontro, l'imperador Costantino seguitava
a perseguitar le sacre immagini, e chiunque le difendeva e onorava, e
specialmente i monaci, con giugnere a proibire che alcuno abbracciasse
il santo loro istituto. Ci fa sapere Anastasio[436] che lo zelante papa
_Paolo_ spedì più messi con lettere esortatorie agl'imperadori
_Costantino_ e Leone, acciocchè rimettessero in onore esse sacre
immagini, e desistessero dall'odio contra delle medesime e de' loro
veneratori. Ma frustranei furono tutti questi passi. E qui ben
s'intende, come fra il romano pontefice e la corte cesarea seguissero sì
fatti negoziati, senza che apparisca dalle memorie antiche che i Greci
Augusti facessero doglianza alcuna pel dominio di Roma, quando sia vero
che ne fossero stati esclusi e privati, come vien supposto da molti.
Consta che la facevano per l'esarcato; ma nulla mai si parla di Roma.
NOTE:
[436] Anastas. Bibliothec., in Vita Pauli Papae.
Anno di CRISTO DCCLXIII. Indizione I.
PAOLO I papa 7.
COSTANTINO Copronimo imperadore 44 e 23.
LEONE IV imperadore 13.
DESIDERIO re 7.
ADELGISO re 5.
Mi sia lecito il rapportare a questo anno la lettera trentesima sesta
del Codice Carolino, scritta da tutto il _senato_ e dalla generalità del
_popolo romano_ al re _Pippino, patrizio de' Romani_. Il ringraziano
essi perchè abbia presa la difesa della vera fede per le controversie
che allora bollivano coi Greci, e perchè abbia procurata la salute al
popolo romano con proteggerlo dai Longobardi. Dicono d'avere ricevuto
con tutto onore una lettera graziosa d'esso re, in cui gli esortava ad
essere fermi e fedeli verso la Chiesa romana e verso il sommo pontefice
Paolo, e protestano d'essere fermi e fedeli servi della santa Chiesa di
Dio e del beatissimo padre e signor nostro Paolo papa, perchè egli è
nostro padre ed ottimo pastore, e non cessa di operare per la nostra
salute, siccome ancor fece papa Stefano suo fratello, con governar noi
come pecorelle ragionevoli a lui consegnate da Dio, mostrandosi sempre
misericordioso e imitatore di san Pietro, di cui è vicario. Il pregano
ancora di voler perfezionare la dilatazione di questa provincia, ch'egli
avea liberata dalle mani de' Longobardi, e di continuare nella difesa di
tutti loro, per poter vivere con sicurezza della pace. Veramente si
aspettava il lettore di poter apprendere da questa lettera qual fosse
allora il governo di Roma, cioè se ne era sì o no sovrano il sommo
pontefice. Ma non si può quindi accogliere assai di lume per ben chiarir
questo fatto, se non che al papa è ivi dato il titolo di _domino
nostro_; il che lascerò decidere ad altri, se sia un concludente indizio
di quel che si cerca. Certo non apparisce assai palesemente, quantunque
sia verisimile, che l'imperadore avesse perduta affatto la sua autorità
sopra di Roma, nè come si reggesse allora il popolo romano, potendo
essere che si governasse a repubblica, di cui fosse capo il sommo
pontefice. Lo stesso scrivere il re Pippino al senato e popolo, con
raccomandargli di onorare papa Paolo, porge luogo a conghietturare che
anche presso di loro risedesse in parte l'autorità del comando
temporale. E tanto più, perchè se nel papa era già trasferita, come vien
preteso, la sovranità sopra Roma, non ben s'intende come Leone III, per
quanto vedremo, volesse privarne sè stesso e i suoi successori, con
trasferirla in Carlo Magno, allorchè il dichiarò imperadore Augusto. Si
possono qui dir molte cose, ma forse niuna sarà bastevole a mettere ben
in chiaro il sistema d'allora; e massimamente perchè neppure ben
sappiamo in che consistesse l'autorità e il grado di _patrizio de'
Romani_ conferito in questi tempi ai re di Francia. Nell'anno presente,
essendo probabilmente mancato di vita _Gisolfo_ duca di Spoleti,
succedette in suo luogo, se crediamo al catalogo posto avanti alla
Cronica di Farfa, _Teoderico_ duca. Ma si dee scrivere _Teodicio_, i cui
Atti si cominciarono a vedere sotto quest'anno nelle memorie del
suddetto monistero, che io ho rapportato altrove[437]. Di lui parimente
è fatta menzione in varii siti della Cronica sopraddetta. Seguitava
intanto una fiera guerra fra il re _Pippino_ e _Guaifario_ duca
d'Aquitania, colla peggio dell'ultimo.
NOTE:
[437] Antiquitat. Italic., Dissert. LXVII.
Anno di CRISTO DCCLXIV. Indizione II.
PAOLO I papa 8.
COSTANTINO Copronimo imperadore 45 e 24.
LEONE IV imperadore 14.
DESIDERIO re 8.
ADELGISO re 6.
Secondochè pensa il padre Pagi, intorno a questi tempi passava commercio
di lettere e d'ambasciatori fra _Costantino_ Augusto e _Pippino_ re di
Francia, per l'affare delle sacre immagini, riprovate dai Greci
adulatori dell'imperadore. Però egli è di parere che al presente anno
appartenga la lettera vigesima del Codice Carolino, indicante che
s'erano abboccati davanti al re Pippino i messi del papa e gl'imperiali,
giacchè non avea voluto Pippino dare udienza a questi senza l'intervento
di quelli. Vi s'era disputato della materia suddetta, ma con poco
frutto. Aggiugne il papa di essere stato pregato da _Tassilone_ duca
della Baviera d'interporsi fra Pippino e lui in occasione della mala
intelligenza insorta fra loro, essendo, per attestato degli Annali de'
Franchi, nell'anno precedente fuggito Tassilone dall'esercito del re
Pippino, con ritirarsi ne' suoi stati, o mosso da spirito di ribellione,
o mal soddisfatto d'esso re suo sovrano. Ma gli ambasciatori spediti per
questo affare dal papa erano stati fermati a Pavia dal re _Desiderio_,
per sospetto che si manipolasse qualche negozio contra di lui. Per
attestato poi di Teofane[438], che viveva in questi tempi, siccome
ancora dei suddetti Annali de' Franchi, nel gennaio e febbraio del
presente anno sorse un sì rigoroso freddo non meno in Oriente che in
Occidente, che i fiumi agghiacciarono, e sul mare a Costantinopoli
s'andava liberamente colle carra. Similmente in quest'anno e nel
precedente i Turchi, popolo della Tartaria già conosciuto in addietro,
usciti delle loro contrade per le porte Caspie, fecero un'irruzione
nell'Armenia, e vennero alle mani con gli Arabi, e costò ad amendue le
parti quella battaglia assaissimo sangue. Fino a questi dì, per
testimonianza del Dandolo[439] _Domenico Monegario_ avea tenuto il
governo del ducato di Venezia, quando il popolo, avvezzo già a simili
brutti giuochi, fatta una congiura, il cacciò via, con cavargli anche
gli occhi. In suo luogo fu sostituito _Maurizio_, nobile di Eraclea, e
più nobile per le imprese da lui fatte, essendo stato proclamato doge in
Malamocco. Per sua cura venne dipoi restituita pace e concordia fra'
cittadini discordi.
NOTE:
[438] Theoph., in Chronogr.
[439] Dandulus, in Chronic., tom. 12 Rer. Ital.
Anno di CRISTO DCCLXV. Indizione III.
PAOLO I papa 9.
COSTANTINO Copronimo imperadore 46 e 25.
LEONE IV imperadore 15.
DESIDERIO re 9.
ADELGISO re 7.
Riferisce il padre Pagi all'anno presente le lettere quattordicesima e
vigesimaquarta del Codice Carolino, nelle quali papa _Paolo_ significa
al re _Pippino_ che sei patrizii greci con trecento legni erano in moto
verso l'Italia. Ma soggiugnendo egli che tuttavia erano occupate dal re
_Desiderio_ le _giustizie_ di san Pietro, senza che egli mostrasse
voglia di restituire, e che in contraccambio altro non faceva che dare
il sacco alle terre de' Romani, ed inviare delle minacce a Roma: è
sembrato a me ben più probabile che tali azioni e questo avviso
appartengano all'anno 738, o certamente molto prima d'ora accadessero,
dacchè si è, a mio credere, veduto che già s'era stabilita buona armonia
fra il papa e il re Desiderio. Seguitava intanto l'imperador
_Costantino_ ad infierir contro i difensori delle sacre immagini, e il
re Pippino continuava la guerra contro il duca dell'Aquitania. E
perciocchè gran rumore per la cristianità avea fatto la traslazione di
varii corpi di Santi, seguita in Roma per ordine e zelo di papa Paolo,
si invogliarono d'essi anche le chiese della Gallia, ma più quelle della
Germania, perchè prive di questi sacri pegni. Cominciossi dunque più di
prima, e specialmente verso l'anno corrente, dai Tedeschi e dai Franchi
a far delle premurose istanze a Roma, per ottenere dei corpi santi, o
almeno qualche loro reliquia; ed appunto in questi tempi si raccontano
alcune strepitose traslazioni, delle quali parlano gli Annali
ecclesiastici.
Anno di CRISTO DCCLXVI. Indizione IV.
PAOLO I papa 10.
COSTANTINO Copronimo imperadore 47 e 26.
LEONE IV imperadore 16.
DESIDERIO re 10.
ADELGISO re 8.
Non è ben noto in qual anno preciso fosse fondato l'insigne monistero
delle monache di santa Giulia in Brescia. Il Sigonio ne mette la
fondazione nell'anno 759. A me sia permesso di farne qui parola. Certo è
che a _Desiderio_ re dei Longobardi e ad _Ansa_ regina sua moglie dee
quel sacro luogo l'origine sua. Jacopo Malvezzi[440], nella Cronica
bresciana, pretese ch'esso Desiderio fosse, prima di salire al trono,
cittadino di Brescia potentissimo. Da un diploma del re Adelgiso, che
sembra scritto in questo anno, presso il Margarino[441], pare che abbia
qualche fondamento questa immaginazione. Comunque sia, fu fondato quel
Monistero da esso re e dalla regina consorte, e magnificamente ancora
dotato con beni sparsi per tutto il regno longobardico. Sulle prime
venne appellato Monistero del Signor Salvatore, e non so bene se anche
Monistero Nuovo; ma perchè colà venne trasferito dalla Corsica il corpo
di santa Giulia vergine e martire, da quella prese poi la denominazione
che dura tuttavia. Merita ben esso d'essere annoverato fra i più
illustri monisteri d'Italia, sì perchè ivi si consecrò a Dio
_Anselberga_ figliuola di que' regnanti, che ne fu la prima badessa, con
servire d'esempio ad altre principesse, le quali dipoi presero ivi la
veste monastica; e sì perchè l'opulenza sua e il copioso numero delle
sacre vergini negli antichi secoli ivi abitanti si lasciava indietro gli
altri monisteri di monache in Italia. A' tempi del suddetto Malvezzi era
molto scaduto dal suo primiero splendore; ma, rimesso poscia in vigore,
oggidì ancora vien riguardato per una della più nobili e ricche comunità
di vergini del sacro Ordine benedettino. Della suddetta Anselberga si
truova menzione in due documenti dell'anno 760 e 769, e in altri da me
prodotti nelle Antichità italiane[442]. Un altro monistero ancora di
monaci fuori di Brescia nel luogo di Leno, detto una volta _ad Leones_ e
_Leonense_, riconosce la fondazione sua dal medesimo re Desiderio.
Alcune favole intorno alla sua origine duravano tuttavia a' tempi del
suddetto Malvezzi. Per varii secoli si mantenne questo in gran credito;
ma per le guerre che infierirono, dappoichè le città della Lombardia
cominciarono a governarsi a repubblica, diede un tracollo tale, che
forse più non ne resta vestigio. Crede il padre Pagi che a quest'anno
appartenga la lettera diciassettesima del Codice Carolino, in cui si
parla delle dissensioni fra il pontefice Paolo e il re de' Longobardi, a
cagione de' patrimoni e confini usurpati da essi Longobardi. Quanto a
me, tengo che molto prima fosse stato posto fine a quei litigi. In
quest'anno, per attestato di Teofane[443], una flotta numerosa di
duemila e secento legni, composta dall'imperador Costantino, e piena di
soldati, con disegno di una spedizione contra de' Bulgari, fracassata da
un furioso aquilone, andò quasi tutta a male.
NOTE:
[440] Malvecius, Chron., tom. 14 Rer. Ital.
[441] Margarinius, Bullar. Casinens. tom. 2, Constit. XII.
[442] Antiquit. Italic, Dissert. X, pag. 525, et Dissert. XII, pag. 667.
[443] Theoph., in Chronogr.
Anno di CRISTO DCCLXVII. Indizione V.
Sede vacante.
COSTANTINO Copronimo imperadore 48 e 27.
LEONE IV imperadore 17.
DESIDERIO re 11.
ADELGISO re 9.
L'ultimo anno fu questo della vita di papa _Paolo I_, che nel dì 28 di
giugno passò a miglior vita, con portar seco il merito di molte illustri
e pie azioni. Fu susseguita la morte sua da molti torbidi nella Chiesa
romana. Perciocchè non per anche il buon papa avea spirato l'ultimo
fiato, che _Totone_ duca, cioè governatore di Nepi[444], insieme co'
suoi fratelli Costantino, Passivo e Pasquale, fatta una raunata di assai
gente d'essa città, e di Toscani e di rustici, ed entrato a mano armata
per la porta di san Pancrazio in Roma, nella sua casa fece eleggere papa
il suddetto suo fratello _Costantino_, tuttochè laico, e
coll'accompagnamento di que' suoi sgherri l'introdusse nel palazzo
patriarcale del Laterano Sforzò dipoi _Giorgio_ vescovo di Palestina suo
malgrado a dargli la tonsura e i sacri ordini; dopo di che nella
domenica susseguente, cioè nel dì quinto di luglio, si fece questo idolo
consecrare papa da esso Giorgio, da _Eustrasio_ vescovo d'Albano e da
_Citonato_ vescovo di Porto. Non v'ha dubbio che l'assunzione di costui
fu contro i sacri canoni, e per più motivi nulla e sacrilega: però non
solo dipoi, ma anche allora da tutta la gente saggia e pia fu riguardato
come falso pontefice. Premeva forte all'intruso Costantino di
assicurarsi della grazia di Pippino re di Francia, nè fu pigro ad
inviargli i suoi nunzii con lettere, nelle quali gli dava ad intendere
d'essere stato per forza dalla concordia d'innumerabil popolo alzato
alla cattedra di san Pietro, con fingere una grande umiltà e paura di
tanto peso, e con pregarlo della sua amicizia e protezione. Ci ha
conservato il Codice Carolino queste due lettere, e sono la nonagesima
ottava e la nonagesima nona. Probabilmente il re Pippino, altronde
informato come era passato l'affare, non cadde nella rete, nè volle
riconoscere costui per vero papa. Succedette in quest'anno la morte di
santo _Stefano_ juniore, insigne monaco e martire d'Oriente, dopo avere
sofferti varii tormenti e l'esilio dall'empio Costantino Copronimo, il
quale seguitava in questi tempi a sfogare il suo odio e la crudeltà sua
contro i difensori delle sacre immagini. Abbiamo nondimeno da una delle
suddette lettere di Costantino falso papa, che era giunta a Roma una
epistola sinodica del patriarca di Gerusalemme, con cui andavano
d'accordo gli altri due patriarchi di Alessandria e d'Antiochia, ed
assaissimi metropolitani orientali nel sostener l'onore d'esse immagini.
Perchè questi si trovavano fuori del dominio, e per conseguente
dell'unghie dell'Augusto Copronimo, però con libertà esponevano i lor
sentimenti, che erano gli stessi della Chiesa cattolica.
NOTE:
[444] Anastas., in Vit. Stephani III Papae.
Anno di CRISTO DCCLXVIII. Indizione VI.
STEFANO III papa 1.
COSTANTINO Copronimo imperadore 49 e 28.
LEONE IV imperadore 18.
DESIDERIO re 12.
ADELGISO re 10.
Tenne il sacrilego _Costantino_ occupata la sedia di san Pietro per lo
spazio di un anno e di un mese, nel qual tempo fece anche varie
ordinazioni di diaconi, preti e vescovi. Come si liberasse da questo
obbrobrio la Chiesa e città di Roma, lo abbiamo da Anastasio
bibliotecario[445]. Non potendo più sofferire Cristoforo primicerio e
Sergio sacellario, ossia sagrestano, suo figliuolo, di mirar nella
cattedra pontificia lo scomunicato usurpatore, finsero di volersi far
monaci, e con tal pretesto ottennero da Costantino di poter uscire di
Roma. Furono essi a trovar _Teodicio_ duca di Spoleti, con pregarlo di
condurli a Pavia e di presentarli al re Desiderio. Così fu fatto, ed
essi supplicarono il re di volere dar mano, affinchè si togliesse dalla
Chiesa di Dio sì fatto scandalo. Ciò che poi succedette, porge a noi
sufficiente indizio che il re volentieri concorresse a questa bell'opera
e permettesse o desse impulso ai Longobardi del ducato di Spoleti per
unirsi coi due suddetti uffiziali primarii della Chiesa romana, i quali
con una gran brigata di Longobardi armati, presi da Rieti, da Forcona e
da altri luoghi del ducato di Spoleti, nella sera del dì 28 di luglio
occuparono il ponte Salario, e nel giorno appresso, per intelligenza che
avevano entro la città di Roma, si fecero padroni della porta di san
Pancrazio. Venuto alle mani con essi Totone fratello dell'usurpatore,
restò ucciso. Passivo, altro di lui fratello, e lo stesso Costantino
falso papa, veggendo la mal parata, si rifugiarono nella basilica
lateranense, e quivi si serrarono nella cappella di san Cesario, finchè,
venuti i capi della milizia romana, li fecero uscir sotto la fede. Nella
seguente domenica Valdiperto prete, senza saputa di Cristoforo e di
Sergio, congregati alcuni della sua fazione, e andato al monistero di
san Vito, ne cavò _Filippo_ prete, e condottolo al Laterano, quivi il
fece eleggere papa, e dar la benedizione al popolo, con tenere poi seco
a pranzo i primati del clero e della milizia, come era il costume degli
altri papi. Ma ciò saputo da Cristoforo, tutto ardente di sdegno giurò
che non uscirebbe di Roma, se prima Filippo non fosse cacciato fuori di
san Giovanni. Laonde i Romani a contemplazione di lui fecero sloggiare
Filippo, che umilmente se ne tornò al suo monistero. Nel giorno seguente
dal suddetto Cristoforo fatti ragunare i capi del clero e della milizia,
e tutto l'esercito e popolo romano, dopo maturo scrutinio fu
concordemente eletto papa _Stefano_ prete di santa Cecilia, _terzo_ di
questo nome fra i romani pontefici. Fu egli consecrato a dì 7 d'agosto.
Non si quetarono per questo i torbidi di Roma, perchè alcuni scellerati
insorsero contra di Costantino dianzi falso papa, e di Passivo suo
fratello, e di Teodoro vescovo, e di Gracile tribuno complice d'esso
Costantino, con cavar loro gli occhi, ed esercitar altre crudeltà. Non
finì la faccenda, che fecero il medesimo trattamento a Valdiperto prete
longobardo, quantunque avesse cooperato alla deposizione di Costantino,
per sospetto ch'egli nudrisse intelligenza con _Teodicio_ duca di
Spoleti affine di sorprendere la città di Roma. In mezzo a questi
sconcerti papa _Stefano III_ ebbe ricorso a _Pippino_ re di Francia, e
ai suoi due figliuoli, patrizii de' Romani, con inviar loro Sergio
secondicerio, e pregarli di spedire a Roma dei vescovi ben pratici delle
divine lettere e dei canoni, per togliere affatto gli errori prodotti
dall'usurpator Costantino. Ma Sergio arrivato in Francia, trovò che
_Pippino_ avea già terminata la carriera dei suoi giorni. Questo
glorioso principe, dopo aver felicemente compiuta la lunga guerra
mantenuta nell'Aquitania contra di _Guaifario_ duca di quella contrada,
il quale finalmente restò ucciso dai suoi, venne a morte nel dì 24 di
settembre dell'anno presente, con lasciare suoi successori _Carlo_,
appellato poscia _Magno_, ch'era allora in età di ventisei anni, e
_Carlomanno_ suo fratello. Da una delle appendici di Fredegario
impariamo che egli in sua vita avea diviso i regni fra i suddetti suoi
due figliuoli, già dichiarati re nell'anno 754. Toccò a _Carlo_ il regno
d'Austrasia, che abbracciava le Provincie poste al Reno, colla Sassonia,
Baviera, Turingia, ec. A _Carlomanno_ toccò la Borgogna, la Provenza, la
Linguadoca, l'Alsazia e l'Alemagna, cioè la Svevia. Amendue di nuovo
colla sacra unzione nel dì 9 di ottobre riceverono la corona regale, il
primo a Noyon, e l'altro in Soissons. Soddisfecero essi alle premure del
novello papa con inviare a Roma una mano di vescovi per assistere al
disegnato concilio.
NOTE:
[445] Anastas., in Vit. Stephani III Papae.
Anno di CRISTO DCCLXIX. Indizione VII.
STEFANO III papa 2.
COSTANTINO Copronimo imperadore 50 e 29.
LEONE IV imperadore 19.
DESIDERIO re 13.
ADELGISO re 11.
Giunti che furono a Roma dodici vescovi di Francia, fra' quali
specialmente si contarono _Lullo_ arcivescovo di Magonza e _Tilpino_
arcivescovo di Rems, quel medesimo che sotto nome di Turpino acquistò
tanta fama dalle favole dei romanzi italiani, papa _Stefano III_
celebrò[446] nell'aprile un concilio nella chiesa patriarcale del
Laterano, al quale intervennero ancora molti vescovi della Toscana e
Campania, e di altre città di Italia. Ancorchè sieno periti gli atti di
quella sacra adunanza, pure si sa che furono stabiliti canoni contro
coloro che, essendo laici, fossero eletti al grado episcopale, o colla
violenza dell'armi fossero promossi al vescovato. Fu parimente
condannato il falso concilio tenuto negli anni addietro in
Costantinopoli contro le sacre immagini, e profferita scomunica contro
chiunque disprezzasse o credesse indegne di venerazione le medesime
immagini. Fu provveduto a coloro che erano stati ordinati da
_Costantino_ falso papa, decretando che seguisse di nuovo la loro
elezione e consecrazione. Introdotto lo stesso Costantino, benchè cieco,
alla presenza dei Padri, ed interrogato, come essendo laico, avesse
osato di passare al papato, perchè allegò in sua scusa l'esempio di
_Sergio_ arcivescovo di Ravenna e di _Stefano_ vescovo di Napoli, i
preti gli diedero molte guanciate, e il cacciarono fuori da quella sacra
assemblea. Dal trattato di papa Adriano a Carlo Magno si raccoglie che
_Sergio_ arcivescovo di Ravenna non intervenne a questo concilio, ma vi
mandò Giovanni Diacono, che sostenne il culto delle sacre immagini,
provandolo con un'antica pittura esistente in Ravenna. Significò poscia
il papa con sue lettere all'imperadore _Costantino_ Copronimo il
risultato di questo concilio; ma altro ci voleva a ritirare da' suoi
errori ed eccessi quel traviato Augusto. Era toccata a Carlo re di
Francia in sua parte, come dicemmo, l'Aquitania conquistata da Pippino;
ma _Unaldo_, già duca di quella provincia, che tanti anni prima aveva
allodiali, e non già luoghi giurisdizionali. Ringrazia inoltre il re
Pippino, perchè abbia raccomandato al re Desiderio di forzare i _re di
Napoli e di Gaeta_ (non già che questi portassero il titolo di re, ma
perchè erano duchi di somma autorità indipendenti dal regno
longobardico, sottoposti nondimeno ai greci imperadori) a forzarli,
dissi, a rendere anch'essi i patrimonii esistenti sotto il loro
distretto, ed usurpati in addietro alla Chiesa di Roma, siccome ancora
ad inviare i lor vescovi eletti a Roma per esser ivi consecrati; e non
già, come si può conghietturare fatto in addietro a Costantinopoli,
cercando que' patriarchi coll'autorità dell'eretico Augusto di dilatare
le lor fimbrie in pregiudizio della santa Sede romana. Vedemmo di sopra
all'anno 758, che il re Desiderio avea preso e cacciato in prigione
_Alboino_ duca di Spoleti, perchè reo di ribellione al suo regno. Il
catalogo posto avanti alla Cronica del monistero di Farfa[435] ci fa
vedere in quest'anno sostituito in suo luogo il duca _Gisolfo_. Ma forse
ciò avvenne nell'anno precedente, trovandosi fra le carte del monistero
medesimo una scritta _anno II Gisulfi_. _Actum in marsis mense januario
Indictione XIIII_, cioè nel gennaio dell'anno seguente, in cui correva
l'anno secondo del suo ducato. Ci fanno anche intendere queste note che
il paese di Marsi formava allora una porzione del ducato medesimo.
NOTE:
[435] Rer. Italic., P. II, tom. II.
Anno di CRISTO DCCLXI. Indizione XIV.
PAOLO I papa 5.
COSTANTINO Copronimo imperadore 42 e 21.
LEONE IV imperadore 11.
DESIDERIO re 5.
ADELGISO re 3.
Sembra che fossero già quetati tutti i litigii fra il pontefice _Paolo
I_ e _Desiderio_ re de' Longobardi, e dall'una e dall'altra parte
seguita la restituzione dei patrimonii e d'altri diritti. Ma non si
provava già la stessa quiete e pace dalla parte de' Greci, a' quali
stava nel cuore la doglia del perduto esarcato, e la brama di
ricuperarlo. Perciò probabilmente appartiene all'anno presente la
lettera ventottesima del Codice Carolino, con cui esso papa notifica al
re Pippino, patrizio de' Romani, d'essergli stata inviata da _Sergio_
arcivescovo di Ravenna una lettera scritta da Leone ministro imperiale
alla provincia di Ravenna, con esortar que' popoli a tornare sotto
l'ubbidienza dell'imperador suo padrone. Però prega esso re dei Franchi
di voler ordinare al re Desiderio, che, occorrendo il bisogno, porga
aiuto alle città di Ravenna e della Pentapoli, per resistere ai
tentativi dei Greci. Parimente nell'epistola trentesima, che pare
scritta in questo medesimo anno dal suddetto papa, si legge aver Pippino
raccomandato ad esso pontefice di camminar con buona concordia e pace
col re Desiderio: il che promette lo stesso pontefice di fare, ogni
qualvolta Desiderio continui nell'amore e nella buona fede promessa
verso la Sede apostolica. Anzi soggiugne, essere già stabilito che segua
un abboccamento fra di loro in Ravenna, per trattare d'affari utili alla
Chiesa, e delle maniere di opporsi alle malizie de' Greci, più che mai
ansanti di ricuperar quella contrada. Se seguisse poi di fatto questo
abboccamento, noi nol sappiamo. Truovansi replicati questi sentimenti
nell'epistola trentesimaterza del medesimo papa Paolo. Riferisce in
quest'anno il cardinal Baronio una Bolla del soprammentovato papa Paolo,
conceduta al monistero da lui fondato in onore di s. Stefano I papa e
martire, e di san Silvestro papa, il cui corpo si dice trasferito colà:
notizia che non s'accorda colla Bolla primordiale della badia
nonantolana, di cui fu fatta menzione all'anno 755. Le note cronologiche
son queste: _Datum IV nonas junii, imperante domino Constantino Augusto,
a Deo coronato magno imperatore, anno quadragesimoprimo, ex quo cum
patre regnare coepit, et post consulatum ejus anno vicesimoprimo,
indictione decimaquarta. Se crediamo al padre Pagi, si ha da scrivere
anno quadragesimoprimo, et post consulatum ejus anno XX_. Ma potrebbe
anche darsi che l'errore fosse non già in quella Bolla, ma bensì nei
conti del padre Pagi. E noi intanto miriamo continuarsi ne' pubblici
documenti romani la menzione dell'imperadore: il che soleva essere
indizio della continuata sovranità.
Anno di CRISTO DCCLXII. Indizione XV.
PAOLO I papa 6.
COSTANTINO Copronimo imperadore 45 e 22.
LEONE IV imperadore 12.
DESIDERIO re 6.
ADELGISO re 4.
Leggesi nel Codice Carolino una Bolla di papa _Paolo_, sotto nome di
epistola duodecima, in cui concede al re _Pippino_ il monistero di san
Silvestro, posto nel monte Soratte, con tre altri monisteri da quello
dipendenti, cioè di santo Stefano martire, di santo Andrea apostolo e di
san Vittore, _a praesenti quintadecima Indictione_, per sostentamento
de' pellegrini, de' poveri e de' monaci. Perchè _Carlomanno_ fratello di
esso re Pippino avea qui professata la vita monastica, e, quel che è
più, era stato fondatore di quel monistero, si può credere che il re
desiderasse d'averlo in suo dominio, ossia sotto la sua protezione e
cura, per benefizio ancora del medesimo sacro luogo. Forse ancora
nell'anno presente (se pur non fu nell'antecedente) scrisse il medesimo
pontefice al re Pippino la lettera trigesima quarta del Codice Carolino,
con dargli ragguaglio di avere da buona parte ricevuto avviso, come i
Greci, nemici della Chiesa di Dio e della vera fede, meditavano in buona
forma di venire ostilmente contra di esso papa e contra di Ravenna, ed
esser eglino in movimento per questa impresa. Perciò efficacemente il
prega di spedire un inviato al re Desiderio, con raccomandargli di
porgere un gagliardo soccorso, qualora venissero ad effetto cotali
minacce, e di pregarlo che comandi ai popoli di _Benevento, Spoleti e
Toscana_, confinanti al ducato romano, di accorrere, bisognando, in
aiuto di lui. Certamente pare che que' duchi si fossero suggettati al
dominio di Pippino, e che ciò si ricavi ancora dall'epistola
quindicesima del Codice Carolino. Basta almeno questa notizia per
convincere d'insussistenza la narrativa di Leone Ostiense, che stimò
compreso nella donazion di Pippino i ducati di Benevento e Spoleti,
siccome abbiam detto di sopra. Era in questi tempi impegnato il re
Pippino in una scabrosa guerra contro di _Guaifario_ duca di Aquitania,
la quale, cominciata nell'anno 760, durò sino all'anno 768, e terminò
colla morte di quel duca. All'incontro, l'imperador Costantino seguitava
a perseguitar le sacre immagini, e chiunque le difendeva e onorava, e
specialmente i monaci, con giugnere a proibire che alcuno abbracciasse
il santo loro istituto. Ci fa sapere Anastasio[436] che lo zelante papa
_Paolo_ spedì più messi con lettere esortatorie agl'imperadori
_Costantino_ e Leone, acciocchè rimettessero in onore esse sacre
immagini, e desistessero dall'odio contra delle medesime e de' loro
veneratori. Ma frustranei furono tutti questi passi. E qui ben
s'intende, come fra il romano pontefice e la corte cesarea seguissero sì
fatti negoziati, senza che apparisca dalle memorie antiche che i Greci
Augusti facessero doglianza alcuna pel dominio di Roma, quando sia vero
che ne fossero stati esclusi e privati, come vien supposto da molti.
Consta che la facevano per l'esarcato; ma nulla mai si parla di Roma.
NOTE:
[436] Anastas. Bibliothec., in Vita Pauli Papae.
Anno di CRISTO DCCLXIII. Indizione I.
PAOLO I papa 7.
COSTANTINO Copronimo imperadore 44 e 23.
LEONE IV imperadore 13.
DESIDERIO re 7.
ADELGISO re 5.
Mi sia lecito il rapportare a questo anno la lettera trentesima sesta
del Codice Carolino, scritta da tutto il _senato_ e dalla generalità del
_popolo romano_ al re _Pippino, patrizio de' Romani_. Il ringraziano
essi perchè abbia presa la difesa della vera fede per le controversie
che allora bollivano coi Greci, e perchè abbia procurata la salute al
popolo romano con proteggerlo dai Longobardi. Dicono d'avere ricevuto
con tutto onore una lettera graziosa d'esso re, in cui gli esortava ad
essere fermi e fedeli verso la Chiesa romana e verso il sommo pontefice
Paolo, e protestano d'essere fermi e fedeli servi della santa Chiesa di
Dio e del beatissimo padre e signor nostro Paolo papa, perchè egli è
nostro padre ed ottimo pastore, e non cessa di operare per la nostra
salute, siccome ancor fece papa Stefano suo fratello, con governar noi
come pecorelle ragionevoli a lui consegnate da Dio, mostrandosi sempre
misericordioso e imitatore di san Pietro, di cui è vicario. Il pregano
ancora di voler perfezionare la dilatazione di questa provincia, ch'egli
avea liberata dalle mani de' Longobardi, e di continuare nella difesa di
tutti loro, per poter vivere con sicurezza della pace. Veramente si
aspettava il lettore di poter apprendere da questa lettera qual fosse
allora il governo di Roma, cioè se ne era sì o no sovrano il sommo
pontefice. Ma non si può quindi accogliere assai di lume per ben chiarir
questo fatto, se non che al papa è ivi dato il titolo di _domino
nostro_; il che lascerò decidere ad altri, se sia un concludente indizio
di quel che si cerca. Certo non apparisce assai palesemente, quantunque
sia verisimile, che l'imperadore avesse perduta affatto la sua autorità
sopra di Roma, nè come si reggesse allora il popolo romano, potendo
essere che si governasse a repubblica, di cui fosse capo il sommo
pontefice. Lo stesso scrivere il re Pippino al senato e popolo, con
raccomandargli di onorare papa Paolo, porge luogo a conghietturare che
anche presso di loro risedesse in parte l'autorità del comando
temporale. E tanto più, perchè se nel papa era già trasferita, come vien
preteso, la sovranità sopra Roma, non ben s'intende come Leone III, per
quanto vedremo, volesse privarne sè stesso e i suoi successori, con
trasferirla in Carlo Magno, allorchè il dichiarò imperadore Augusto. Si
possono qui dir molte cose, ma forse niuna sarà bastevole a mettere ben
in chiaro il sistema d'allora; e massimamente perchè neppure ben
sappiamo in che consistesse l'autorità e il grado di _patrizio de'
Romani_ conferito in questi tempi ai re di Francia. Nell'anno presente,
essendo probabilmente mancato di vita _Gisolfo_ duca di Spoleti,
succedette in suo luogo, se crediamo al catalogo posto avanti alla
Cronica di Farfa, _Teoderico_ duca. Ma si dee scrivere _Teodicio_, i cui
Atti si cominciarono a vedere sotto quest'anno nelle memorie del
suddetto monistero, che io ho rapportato altrove[437]. Di lui parimente
è fatta menzione in varii siti della Cronica sopraddetta. Seguitava
intanto una fiera guerra fra il re _Pippino_ e _Guaifario_ duca
d'Aquitania, colla peggio dell'ultimo.
NOTE:
[437] Antiquitat. Italic., Dissert. LXVII.
Anno di CRISTO DCCLXIV. Indizione II.
PAOLO I papa 8.
COSTANTINO Copronimo imperadore 45 e 24.
LEONE IV imperadore 14.
DESIDERIO re 8.
ADELGISO re 6.
Secondochè pensa il padre Pagi, intorno a questi tempi passava commercio
di lettere e d'ambasciatori fra _Costantino_ Augusto e _Pippino_ re di
Francia, per l'affare delle sacre immagini, riprovate dai Greci
adulatori dell'imperadore. Però egli è di parere che al presente anno
appartenga la lettera vigesima del Codice Carolino, indicante che
s'erano abboccati davanti al re Pippino i messi del papa e gl'imperiali,
giacchè non avea voluto Pippino dare udienza a questi senza l'intervento
di quelli. Vi s'era disputato della materia suddetta, ma con poco
frutto. Aggiugne il papa di essere stato pregato da _Tassilone_ duca
della Baviera d'interporsi fra Pippino e lui in occasione della mala
intelligenza insorta fra loro, essendo, per attestato degli Annali de'
Franchi, nell'anno precedente fuggito Tassilone dall'esercito del re
Pippino, con ritirarsi ne' suoi stati, o mosso da spirito di ribellione,
o mal soddisfatto d'esso re suo sovrano. Ma gli ambasciatori spediti per
questo affare dal papa erano stati fermati a Pavia dal re _Desiderio_,
per sospetto che si manipolasse qualche negozio contra di lui. Per
attestato poi di Teofane[438], che viveva in questi tempi, siccome
ancora dei suddetti Annali de' Franchi, nel gennaio e febbraio del
presente anno sorse un sì rigoroso freddo non meno in Oriente che in
Occidente, che i fiumi agghiacciarono, e sul mare a Costantinopoli
s'andava liberamente colle carra. Similmente in quest'anno e nel
precedente i Turchi, popolo della Tartaria già conosciuto in addietro,
usciti delle loro contrade per le porte Caspie, fecero un'irruzione
nell'Armenia, e vennero alle mani con gli Arabi, e costò ad amendue le
parti quella battaglia assaissimo sangue. Fino a questi dì, per
testimonianza del Dandolo[439] _Domenico Monegario_ avea tenuto il
governo del ducato di Venezia, quando il popolo, avvezzo già a simili
brutti giuochi, fatta una congiura, il cacciò via, con cavargli anche
gli occhi. In suo luogo fu sostituito _Maurizio_, nobile di Eraclea, e
più nobile per le imprese da lui fatte, essendo stato proclamato doge in
Malamocco. Per sua cura venne dipoi restituita pace e concordia fra'
cittadini discordi.
NOTE:
[438] Theoph., in Chronogr.
[439] Dandulus, in Chronic., tom. 12 Rer. Ital.
Anno di CRISTO DCCLXV. Indizione III.
PAOLO I papa 9.
COSTANTINO Copronimo imperadore 46 e 25.
LEONE IV imperadore 15.
DESIDERIO re 9.
ADELGISO re 7.
Riferisce il padre Pagi all'anno presente le lettere quattordicesima e
vigesimaquarta del Codice Carolino, nelle quali papa _Paolo_ significa
al re _Pippino_ che sei patrizii greci con trecento legni erano in moto
verso l'Italia. Ma soggiugnendo egli che tuttavia erano occupate dal re
_Desiderio_ le _giustizie_ di san Pietro, senza che egli mostrasse
voglia di restituire, e che in contraccambio altro non faceva che dare
il sacco alle terre de' Romani, ed inviare delle minacce a Roma: è
sembrato a me ben più probabile che tali azioni e questo avviso
appartengano all'anno 738, o certamente molto prima d'ora accadessero,
dacchè si è, a mio credere, veduto che già s'era stabilita buona armonia
fra il papa e il re Desiderio. Seguitava intanto l'imperador
_Costantino_ ad infierir contro i difensori delle sacre immagini, e il
re Pippino continuava la guerra contro il duca dell'Aquitania. E
perciocchè gran rumore per la cristianità avea fatto la traslazione di
varii corpi di Santi, seguita in Roma per ordine e zelo di papa Paolo,
si invogliarono d'essi anche le chiese della Gallia, ma più quelle della
Germania, perchè prive di questi sacri pegni. Cominciossi dunque più di
prima, e specialmente verso l'anno corrente, dai Tedeschi e dai Franchi
a far delle premurose istanze a Roma, per ottenere dei corpi santi, o
almeno qualche loro reliquia; ed appunto in questi tempi si raccontano
alcune strepitose traslazioni, delle quali parlano gli Annali
ecclesiastici.
Anno di CRISTO DCCLXVI. Indizione IV.
PAOLO I papa 10.
COSTANTINO Copronimo imperadore 47 e 26.
LEONE IV imperadore 16.
DESIDERIO re 10.
ADELGISO re 8.
Non è ben noto in qual anno preciso fosse fondato l'insigne monistero
delle monache di santa Giulia in Brescia. Il Sigonio ne mette la
fondazione nell'anno 759. A me sia permesso di farne qui parola. Certo è
che a _Desiderio_ re dei Longobardi e ad _Ansa_ regina sua moglie dee
quel sacro luogo l'origine sua. Jacopo Malvezzi[440], nella Cronica
bresciana, pretese ch'esso Desiderio fosse, prima di salire al trono,
cittadino di Brescia potentissimo. Da un diploma del re Adelgiso, che
sembra scritto in questo anno, presso il Margarino[441], pare che abbia
qualche fondamento questa immaginazione. Comunque sia, fu fondato quel
Monistero da esso re e dalla regina consorte, e magnificamente ancora
dotato con beni sparsi per tutto il regno longobardico. Sulle prime
venne appellato Monistero del Signor Salvatore, e non so bene se anche
Monistero Nuovo; ma perchè colà venne trasferito dalla Corsica il corpo
di santa Giulia vergine e martire, da quella prese poi la denominazione
che dura tuttavia. Merita ben esso d'essere annoverato fra i più
illustri monisteri d'Italia, sì perchè ivi si consecrò a Dio
_Anselberga_ figliuola di que' regnanti, che ne fu la prima badessa, con
servire d'esempio ad altre principesse, le quali dipoi presero ivi la
veste monastica; e sì perchè l'opulenza sua e il copioso numero delle
sacre vergini negli antichi secoli ivi abitanti si lasciava indietro gli
altri monisteri di monache in Italia. A' tempi del suddetto Malvezzi era
molto scaduto dal suo primiero splendore; ma, rimesso poscia in vigore,
oggidì ancora vien riguardato per una della più nobili e ricche comunità
di vergini del sacro Ordine benedettino. Della suddetta Anselberga si
truova menzione in due documenti dell'anno 760 e 769, e in altri da me
prodotti nelle Antichità italiane[442]. Un altro monistero ancora di
monaci fuori di Brescia nel luogo di Leno, detto una volta _ad Leones_ e
_Leonense_, riconosce la fondazione sua dal medesimo re Desiderio.
Alcune favole intorno alla sua origine duravano tuttavia a' tempi del
suddetto Malvezzi. Per varii secoli si mantenne questo in gran credito;
ma per le guerre che infierirono, dappoichè le città della Lombardia
cominciarono a governarsi a repubblica, diede un tracollo tale, che
forse più non ne resta vestigio. Crede il padre Pagi che a quest'anno
appartenga la lettera diciassettesima del Codice Carolino, in cui si
parla delle dissensioni fra il pontefice Paolo e il re de' Longobardi, a
cagione de' patrimoni e confini usurpati da essi Longobardi. Quanto a
me, tengo che molto prima fosse stato posto fine a quei litigi. In
quest'anno, per attestato di Teofane[443], una flotta numerosa di
duemila e secento legni, composta dall'imperador Costantino, e piena di
soldati, con disegno di una spedizione contra de' Bulgari, fracassata da
un furioso aquilone, andò quasi tutta a male.
NOTE:
[440] Malvecius, Chron., tom. 14 Rer. Ital.
[441] Margarinius, Bullar. Casinens. tom. 2, Constit. XII.
[442] Antiquit. Italic, Dissert. X, pag. 525, et Dissert. XII, pag. 667.
[443] Theoph., in Chronogr.
Anno di CRISTO DCCLXVII. Indizione V.
Sede vacante.
COSTANTINO Copronimo imperadore 48 e 27.
LEONE IV imperadore 17.
DESIDERIO re 11.
ADELGISO re 9.
L'ultimo anno fu questo della vita di papa _Paolo I_, che nel dì 28 di
giugno passò a miglior vita, con portar seco il merito di molte illustri
e pie azioni. Fu susseguita la morte sua da molti torbidi nella Chiesa
romana. Perciocchè non per anche il buon papa avea spirato l'ultimo
fiato, che _Totone_ duca, cioè governatore di Nepi[444], insieme co'
suoi fratelli Costantino, Passivo e Pasquale, fatta una raunata di assai
gente d'essa città, e di Toscani e di rustici, ed entrato a mano armata
per la porta di san Pancrazio in Roma, nella sua casa fece eleggere papa
il suddetto suo fratello _Costantino_, tuttochè laico, e
coll'accompagnamento di que' suoi sgherri l'introdusse nel palazzo
patriarcale del Laterano Sforzò dipoi _Giorgio_ vescovo di Palestina suo
malgrado a dargli la tonsura e i sacri ordini; dopo di che nella
domenica susseguente, cioè nel dì quinto di luglio, si fece questo idolo
consecrare papa da esso Giorgio, da _Eustrasio_ vescovo d'Albano e da
_Citonato_ vescovo di Porto. Non v'ha dubbio che l'assunzione di costui
fu contro i sacri canoni, e per più motivi nulla e sacrilega: però non
solo dipoi, ma anche allora da tutta la gente saggia e pia fu riguardato
come falso pontefice. Premeva forte all'intruso Costantino di
assicurarsi della grazia di Pippino re di Francia, nè fu pigro ad
inviargli i suoi nunzii con lettere, nelle quali gli dava ad intendere
d'essere stato per forza dalla concordia d'innumerabil popolo alzato
alla cattedra di san Pietro, con fingere una grande umiltà e paura di
tanto peso, e con pregarlo della sua amicizia e protezione. Ci ha
conservato il Codice Carolino queste due lettere, e sono la nonagesima
ottava e la nonagesima nona. Probabilmente il re Pippino, altronde
informato come era passato l'affare, non cadde nella rete, nè volle
riconoscere costui per vero papa. Succedette in quest'anno la morte di
santo _Stefano_ juniore, insigne monaco e martire d'Oriente, dopo avere
sofferti varii tormenti e l'esilio dall'empio Costantino Copronimo, il
quale seguitava in questi tempi a sfogare il suo odio e la crudeltà sua
contro i difensori delle sacre immagini. Abbiamo nondimeno da una delle
suddette lettere di Costantino falso papa, che era giunta a Roma una
epistola sinodica del patriarca di Gerusalemme, con cui andavano
d'accordo gli altri due patriarchi di Alessandria e d'Antiochia, ed
assaissimi metropolitani orientali nel sostener l'onore d'esse immagini.
Perchè questi si trovavano fuori del dominio, e per conseguente
dell'unghie dell'Augusto Copronimo, però con libertà esponevano i lor
sentimenti, che erano gli stessi della Chiesa cattolica.
NOTE:
[444] Anastas., in Vit. Stephani III Papae.
Anno di CRISTO DCCLXVIII. Indizione VI.
STEFANO III papa 1.
COSTANTINO Copronimo imperadore 49 e 28.
LEONE IV imperadore 18.
DESIDERIO re 12.
ADELGISO re 10.
Tenne il sacrilego _Costantino_ occupata la sedia di san Pietro per lo
spazio di un anno e di un mese, nel qual tempo fece anche varie
ordinazioni di diaconi, preti e vescovi. Come si liberasse da questo
obbrobrio la Chiesa e città di Roma, lo abbiamo da Anastasio
bibliotecario[445]. Non potendo più sofferire Cristoforo primicerio e
Sergio sacellario, ossia sagrestano, suo figliuolo, di mirar nella
cattedra pontificia lo scomunicato usurpatore, finsero di volersi far
monaci, e con tal pretesto ottennero da Costantino di poter uscire di
Roma. Furono essi a trovar _Teodicio_ duca di Spoleti, con pregarlo di
condurli a Pavia e di presentarli al re Desiderio. Così fu fatto, ed
essi supplicarono il re di volere dar mano, affinchè si togliesse dalla
Chiesa di Dio sì fatto scandalo. Ciò che poi succedette, porge a noi
sufficiente indizio che il re volentieri concorresse a questa bell'opera
e permettesse o desse impulso ai Longobardi del ducato di Spoleti per
unirsi coi due suddetti uffiziali primarii della Chiesa romana, i quali
con una gran brigata di Longobardi armati, presi da Rieti, da Forcona e
da altri luoghi del ducato di Spoleti, nella sera del dì 28 di luglio
occuparono il ponte Salario, e nel giorno appresso, per intelligenza che
avevano entro la città di Roma, si fecero padroni della porta di san
Pancrazio. Venuto alle mani con essi Totone fratello dell'usurpatore,
restò ucciso. Passivo, altro di lui fratello, e lo stesso Costantino
falso papa, veggendo la mal parata, si rifugiarono nella basilica
lateranense, e quivi si serrarono nella cappella di san Cesario, finchè,
venuti i capi della milizia romana, li fecero uscir sotto la fede. Nella
seguente domenica Valdiperto prete, senza saputa di Cristoforo e di
Sergio, congregati alcuni della sua fazione, e andato al monistero di
san Vito, ne cavò _Filippo_ prete, e condottolo al Laterano, quivi il
fece eleggere papa, e dar la benedizione al popolo, con tenere poi seco
a pranzo i primati del clero e della milizia, come era il costume degli
altri papi. Ma ciò saputo da Cristoforo, tutto ardente di sdegno giurò
che non uscirebbe di Roma, se prima Filippo non fosse cacciato fuori di
san Giovanni. Laonde i Romani a contemplazione di lui fecero sloggiare
Filippo, che umilmente se ne tornò al suo monistero. Nel giorno seguente
dal suddetto Cristoforo fatti ragunare i capi del clero e della milizia,
e tutto l'esercito e popolo romano, dopo maturo scrutinio fu
concordemente eletto papa _Stefano_ prete di santa Cecilia, _terzo_ di
questo nome fra i romani pontefici. Fu egli consecrato a dì 7 d'agosto.
Non si quetarono per questo i torbidi di Roma, perchè alcuni scellerati
insorsero contra di Costantino dianzi falso papa, e di Passivo suo
fratello, e di Teodoro vescovo, e di Gracile tribuno complice d'esso
Costantino, con cavar loro gli occhi, ed esercitar altre crudeltà. Non
finì la faccenda, che fecero il medesimo trattamento a Valdiperto prete
longobardo, quantunque avesse cooperato alla deposizione di Costantino,
per sospetto ch'egli nudrisse intelligenza con _Teodicio_ duca di
Spoleti affine di sorprendere la città di Roma. In mezzo a questi
sconcerti papa _Stefano III_ ebbe ricorso a _Pippino_ re di Francia, e
ai suoi due figliuoli, patrizii de' Romani, con inviar loro Sergio
secondicerio, e pregarli di spedire a Roma dei vescovi ben pratici delle
divine lettere e dei canoni, per togliere affatto gli errori prodotti
dall'usurpator Costantino. Ma Sergio arrivato in Francia, trovò che
_Pippino_ avea già terminata la carriera dei suoi giorni. Questo
glorioso principe, dopo aver felicemente compiuta la lunga guerra
mantenuta nell'Aquitania contra di _Guaifario_ duca di quella contrada,
il quale finalmente restò ucciso dai suoi, venne a morte nel dì 24 di
settembre dell'anno presente, con lasciare suoi successori _Carlo_,
appellato poscia _Magno_, ch'era allora in età di ventisei anni, e
_Carlomanno_ suo fratello. Da una delle appendici di Fredegario
impariamo che egli in sua vita avea diviso i regni fra i suddetti suoi
due figliuoli, già dichiarati re nell'anno 754. Toccò a _Carlo_ il regno
d'Austrasia, che abbracciava le Provincie poste al Reno, colla Sassonia,
Baviera, Turingia, ec. A _Carlomanno_ toccò la Borgogna, la Provenza, la
Linguadoca, l'Alsazia e l'Alemagna, cioè la Svevia. Amendue di nuovo
colla sacra unzione nel dì 9 di ottobre riceverono la corona regale, il
primo a Noyon, e l'altro in Soissons. Soddisfecero essi alle premure del
novello papa con inviare a Roma una mano di vescovi per assistere al
disegnato concilio.
NOTE:
[445] Anastas., in Vit. Stephani III Papae.
Anno di CRISTO DCCLXIX. Indizione VII.
STEFANO III papa 2.
COSTANTINO Copronimo imperadore 50 e 29.
LEONE IV imperadore 19.
DESIDERIO re 13.
ADELGISO re 11.
Giunti che furono a Roma dodici vescovi di Francia, fra' quali
specialmente si contarono _Lullo_ arcivescovo di Magonza e _Tilpino_
arcivescovo di Rems, quel medesimo che sotto nome di Turpino acquistò
tanta fama dalle favole dei romanzi italiani, papa _Stefano III_
celebrò[446] nell'aprile un concilio nella chiesa patriarcale del
Laterano, al quale intervennero ancora molti vescovi della Toscana e
Campania, e di altre città di Italia. Ancorchè sieno periti gli atti di
quella sacra adunanza, pure si sa che furono stabiliti canoni contro
coloro che, essendo laici, fossero eletti al grado episcopale, o colla
violenza dell'armi fossero promossi al vescovato. Fu parimente
condannato il falso concilio tenuto negli anni addietro in
Costantinopoli contro le sacre immagini, e profferita scomunica contro
chiunque disprezzasse o credesse indegne di venerazione le medesime
immagini. Fu provveduto a coloro che erano stati ordinati da
_Costantino_ falso papa, decretando che seguisse di nuovo la loro
elezione e consecrazione. Introdotto lo stesso Costantino, benchè cieco,
alla presenza dei Padri, ed interrogato, come essendo laico, avesse
osato di passare al papato, perchè allegò in sua scusa l'esempio di
_Sergio_ arcivescovo di Ravenna e di _Stefano_ vescovo di Napoli, i
preti gli diedero molte guanciate, e il cacciarono fuori da quella sacra
assemblea. Dal trattato di papa Adriano a Carlo Magno si raccoglie che
_Sergio_ arcivescovo di Ravenna non intervenne a questo concilio, ma vi
mandò Giovanni Diacono, che sostenne il culto delle sacre immagini,
provandolo con un'antica pittura esistente in Ravenna. Significò poscia
il papa con sue lettere all'imperadore _Costantino_ Copronimo il
risultato di questo concilio; ma altro ci voleva a ritirare da' suoi
errori ed eccessi quel traviato Augusto. Era toccata a Carlo re di
Francia in sua parte, come dicemmo, l'Aquitania conquistata da Pippino;
ma _Unaldo_, già duca di quella provincia, che tanti anni prima aveva
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