Annali d'Italia, vol. 1 - 82

faccia alla Mesia. E però il Mezzabarba[3071] rapporta monete battute,
a suo credere, nel presente anno col motto VICTORIA GOTHICA. Ma forse
tali medaglie son da riferire nell'anno 322. Per altro ve n'ha di
quelle, dove egli comparisce circa questi tempi _imperadore per la
vigesima seconda volta_, e queste dovrebbono assicurarci di qualche
vittoria da lui riportata verisimilmente contra de' Barbari
transdanubiani. In questi tempi appunto gli autori della storia
ecclesiastica[3072] muovono gravi querele contro la memoria di
Costantino, perchè egli richiamò dall'esilio l'eresiarca Ario, e poi
Eusebio, Mari e Teognide, vescovi protettori del medesimo: dal che
vennero poi non poche turbolenze alla Chiesa di Dio, e cominciò la
persecuzione contra di sant'Atanasio. Certo è da stupire come un sì
saggio Augusto, dianzi veneratore dei decreti del celebre concilio
niceno, e che avea banditi i vescovi suddetti, perchè disubbidienti al
medesimo concilio, poscia retrocedesse, e tanto si lasciasse
avviluppar da Eusebio, vescovo di Nicomedia, che da lì innanzi il
tenne per uno de' suoi più intimi consiglieri, e in riguardo suo molti
falli commise in favore dell'arianismo. A simili salti è suggetto
chiunque de' principi non sa sceglier buoni ministri.
NOTE:
[3066] Gothofred., Chronolog. Cod. Theodos.
[3067] Victor, in Epitome. Idem, de Caesarib.
[3068] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[3069] Mediobarb., in Numismat. Imperat.
[3070] Gothofredus et Tillemont.
[3071] Mediob., in Numismat. Imperator.
[3072] Socrat. Sozomen. Philostorg. Pagius. Baronius et alii.


Anno di CRISTO CCCXXIX. Indizione II.
SILVESTRO papa 16.
COSTANTINO imperatore 23.
_Consoli_
FLAVIO VALERIO COSTANTINO AUGUSTO per l'ottava volta e FLAVIO VALERIO
COSTANTINO CESARE per la quarta.

Ad Anicio Giuliano nella prefettura di Roma succedette nel dì 7 di
settembre _Publio Optaziano_[3073], che taluno ha creduto quel
medesimo Optaziano poeta da noi veduto di sopra autore del panegirico
di Costantino. Ma quel poeta si nomò _Publilio_, e forse non è da
credere che uomo di grande affare e degno di sì riguardevol carica
egli fosse, da che si perdeva in quelle pedanterie d'acrostici. Oltre
di che, san Girolamo[3074] scrive ch'egli in quest'anno fu richiamato
dall'esilio. Poscia nella suddetta prefettura entrò, nel dì 8 di
ottobre, _Petronio Probiano_. Dimorò Costantino in questi tempi,
siccome risulta dalle date delle sue leggi[3075], nella Pannonia,
Dacia e Tracia, ora in Sirmio, ora in Naisso, Sardica ed Eraclea. Era
egli in questi tempi tutto applicato alla fabbrica della nuova città
di Costantinopoli, della cui dedicazione parleremo all'anno seguente.
Nota san Girolamo, nella sua Cronica, che in quest'anno solamente fece
Costantino morir Fausta sua moglie; ma dee ben prevalere l'opinione di
tanti altri che tal tragedia riferiscono all'anno stesso in cui tolta
fu la vita a Crispo Cesare. Aggiugne il medesimo che parimente in
questi tempi fece grande strepito in Africa Donato vescovo di
Cartagine, con avvalorare lo scisma di quelle chiese, e che da lui
venne il nome de' Donatisti più tosto che da un altro precedente
Donato. Similmente scrive che nella città di Antiochia si cominciò a
fabbricare la suntuosa basilica de' cristiani, chiamata Aurea, per
ordine senza fallo di Costantino. Giovanni Malala[3076] probabilmente
indica il medesimo tempio, con dire che esso Augusto edificò in quella
città la gran chiesa, cioè la cattedrale, opera veramente magnifica,
con aver demolito il bagno del re Filippo, già maltrattato dalle
ingiurie del tempo, e divenuto inutile. Presso a quella chiesa ancora
fabbricò lo spedale dei pellegrini; e del tempio di Mercurio formò la
basilica appellata di Rufino.
NOTE:
[3073] Cuspinianus. Panvinius. Bucherius.
[3074] Hieronymus, in Chron.
[3075] Gothofred., in Chron. Cod. Theodos.
[3076] Joannes Malala, in Chronogr.


Anno di CRISTO CCCXXX. Indizione III.
SILVESTRO papa 17.
COSTANTINO imperadore 24.
_Consoli_
GALLICANO e SIMMACO.

In alcuni Fasti[3077] in vece di _Gallicano_ si trova un _Costanzo per
la terza volta_, piuttosto che _per la settima_, console con
_Simmaco_. Però taluno ha creduto ch'egli fosse sostituito a
Gallicano. Io il lascio nelle sue tenebre. Continuò anche per l'anno
presente _Petronio Probiano_ ad esercitar la prefettura di Roma. S'è
disputato non poco fra gli eruditi[3078] intorno all'anno, in cui
Costantino Augusto cominciò la fabbrica della nuova città di
Costantinopoli, e poi ne fece la dedicazione. Lasciando io il primo
punto che poco importa, dico convenire oggidì i più in credere che in
quest'anno egli dedicasse quella città, mutando il nome di Bisanzio in
quello di Costantinopoli. Era egli negli anni addietro, siccome
sommamente vago di gloria, invogliato di fabbricare una città, per
imporle il suo nome, ed eternar con ciò maggiormente la sua memoria
nei secoli avvenire. Pensava ancora di stabilir ivi la sua residenza,
facendo di quella città una nuova Roma, che gareggiasse in grandezza
ed ornamenti colla vecchia. Pretende Zosimo[3079] che egli a ciò
s'inducesse, perchè mal soddisfatto del popolo romano, da cui era
stato caricato di maledizioni l'ultima volta che egli fu a Roma, a
cagion della religione mutata. Non è questo improbabile, dacchè
sappiamo che dalla nuova città egli escluse ogni reliquia di
paganesimo: il che non gli sarebbe con egual facilità e quiete
riuscito nell'antica Roma. Fosse questo il motivo, o pure il desiderio
della gloria, e di divertire i suoi pensieri in tempo di pace, che
gl'ispirasse tal disegno, certissimo è aver egli a tutta prima scelto
un sito sulla costa dell'Asia in vicinanza della già distrutta città
di Troia, per fabbricarvi la novella sua città, e che v'impiegò assai
tempo ed operarii ad alzarne le mura e le porte. Ma nell'andar egli
soggiornando in quelle vicinanze, meglio di quel che avesse fatto in
addietro, adocchiò, e ravvisò la mirabil situazione dell'antica città
di Bisanzio, e quivi determinò di far la sua reggia; e lasciato andare
l'incominciato lavoro, tutto si diede ad accrescere e rinnovare
quest'altro luogo. Chiunque anche oggidì osserva Costantinopoli,
confessa non potersi trovare un sito più bello, più delizioso e più
comodo di quello sulla terra, perchè posta quella città sotto moderato
clima sul fin dell'Europa in un promontorio, e in faccia alla vicina
Asia, col mare che le bacia le mura, con porto capacissimo di navi,
con fertili campagne, e frapposta a due mari, ciascun dei quali può
facilmente mantenere in essa l'abbondanza. Quivi dunque tutto si diede
l'Augusto Costantino a fabbricare, con aprire gli scrigni ed impiegar
largamente i suoi tesori in quell'impresa, con ritenere il meglio del
vecchio Bisanzio, ed accrescere a meraviglia il circuito delle sue
mura.
Gli autori greci[3080], siccome si può vedere nella descrizion di
Costantinopoli cristiana, che abbiamo dall'erudita penna del Du-Cange,
contano maraviglie, avvenimenti soprannaturali, ed anche favolosi,
della fondazione di questa città. Non convenendo all'assunto mio
l'entrare in sì fatto argomento, a me basterà di dire che le nuove
mura abbracciarono un gran sito, entro il quale egli fece edificare un
superbo imperial palagio, con altri assaissimi per i suoi cortigiani
ed uffiziali, belle strade e case, piazze non inferiori in bellezza a
quelle di Roma, circhi, statue, fontane, terme, portici suntuosi
sostenuti da più file di colonne di marmo: in una parola, si studiò
egli di formare una città che in fabbriche ed ornamenti potesse
competere con quella di Roma che era la maraviglia delle città. E per
maggiormente abbellirla, non si mise scrupolo di spogliar l'altre
città, per asportar colà le cose più rare, senza neppur eccettuare
quella di Roma. Chi leggesse la storia sola di Zosimo[3081],
crederebbe che Costantino in questa nuova città avesse eretti templi
ai falsi dii, ed onorate le statue loro. Ma Eusebio[3082], che scrive
le cose de' suoi dì, ed altri antichi scrittori[3083] ci assicurano
che egli unicamente vi fabbricò delle magnifiche chiese, fra le quali
mirabil poscia fu quella de' Santi Apostoli, oltre a varii oratorii in
memoria de' martiri, e che in quella città non soffrì alcun tempio de'
gentili, nè che le statue de' loro dii si onorassero ne' templi.
Quelle che v'erano, o che furono portate altronde colà, servivano
solamente per ornamento della città, e non per ricevere culto dai
pagani. Però di là fu estirpata l'idolatria, ed in essa pubblicamente
non si adorava se non il vero Dio e la croce santa; e questa
gioiellata facea bella comparsa nella sala maggiore dell'imperial
palazzo. Quel solo che troviam ripreso da Zosimo[3084] e da
Temistio[3085] in Costantino, fu la soverchia fretta sua, per aver
presto il piacere di veder terminate tante fabbriche, perchè,
trovandole malfatte, le disfaceva, ed altre non poche d'esse ebbero in
effetto corta sussistenza, e convenne ai susseguenti Augusti di
risarcirle e far di nuovo. A fine poi di popolare quest'ampia città,
ed accrescerne l'abitato, tirava ad essa i popoli delle altre città e
provincie, allettandoli con privilegii ed esenzioni, e con donar loro
terre da coltivare, ovver danari. E a molti senatori ancora, venuti da
Roma a stanziare colà, donò palazzi e ville. Assegnò anche rendite
annuali che servissero ad aumentare le case e a sempre più abbellir la
città di nuovi edifizii. Altre poi erano destinate per dare
annualmente al povero popolo pane o pur grano, carne ed olio[3086].
In questa maniera non passò gran tempo che Costantino vide piena di
abitatori la sua città, con avere, siccome scrisse anche san
Girolamo[3087], spogliate quasi tutte le altre per ingrandire ed ornar
questa sua favorita figlia. Affinchè poi vi abbondassero i viveri,
concedette varii privilegii ai mercatanti di grano dell'Oriente e
dell'Egitto, che tutti da lì innanzi correvano a smaltire in sì
popolata città le lor vettovaglie, città che per l'addietro tante ne
produceva, che ne facea parte all'altre. I Greci moderni, spezialmente
Codino[3088], spacciarono dipoi una man di fole intorno a questa
fondazione, e massimamente una curiosa particolarità, che, quantunque
favolosa, merita di essere comunicata ai lettori. Cioè che Costantino,
allorchè era dietro alla fabbrica d'essa città, chiamò a sè i
principali nobili romani, e li mandò alla guerra contro i Persiani. In
quel mentre, secondo le misure venute da Roma, ordinò che si
fabbricassero palazzi e case affatto simili a quelle che essi godevano
in Roma; e dopo averle mobigliate di tutto punto, segretamente fece
venir colà le loro mogli e i figliuoli con tutte le famiglie, e le
collocò in quelle abitazioni. Dopo sedici mesi tornarono que' nobili
dalla guerra, accolti con un solenne convito dall'imperadore, il quale
fece poi condurre cadauno all'abitazion loro assegnata, e tutti
all'improvviso si trovarono fra gli abbracciamenti dei lor cari. Torno
a dire, che è spezioso il racconto; ma che chiunque l'esamina, ne
scorge tosto la finzione; e tanto più che guerra non fu allora coi
Persiani, nè gli antichi fan parola di questo fatto, e lo avrebbono
ben saputo e dovuto dire, se fosse avvenuto. Ora varii autori[3089]
s'accordano in iscrivere che l'Augusto Costantino nel dì 11 di maggio
dell'anno presente fece con gran solennità di giuochi e profusion di
doni la dedicazione di questa nuova città, abolendo l'antico nome di
Bisanzio, ed ordinando ch'essa da lì innanzi fosse chiamata _città di
Costantino_, o sia _Costantinopoli_. Fra le sue leggi[3090] comincia
appunto a trovarsene una data sul fin di novembre in quella città col
suddetto nome. Non è già che in quest'anno fosse ridotta a perfezione
così insigne città, ricavandosi da Giuliano Apostata[3091] e da
Filostorgio[3092] che si continuarono i lavori anche qualche anno
dipoi. Ma perchè dovevano essere terminate le mura, le porte e i
principali edifizii, perciò l'imperadore impaziente non potè aspettare
di più per darle il nome e farne la dedicazione in quel giorno, che
annualmente fu poi celebrato anche ne' secoli susseguenti dalla
nazione greca. Per maggiormente poi esaltare la sua città, Costantino
le diede ancora il titolo di _seconda Roma_, o pure di _Roma
novella_[3093]; volle che godesse tutti i diritti e le esenzioni che
godeva la vecchia, stabilì ivi un senato, ma del secondo ordine, e
varii magistrati, che esercitavano la loro autorità sopra tutto
l'imperio dell'Oriente, e sopra l'Illirico orientale; in una parola,
se vogliam credere a Sozomeno, andò così crescendo Costantinopoli, che
in meno di cento anni giunse a superar Roma stessa non men per le
ricchezze che per la copia degli abitanti. Zosimo[3094] scriveva,
circa cento anni dappoi, che facea stupore la sterminata folla di
gente e di giumenti che si mirava in quelle strade e piazze; ma che,
essendo strette esse strade, scomodo e pericoloso era il passarvi.
Giunge anche a dire che niun'altra città potea allora paragonarsi in
felicità e grandezza a Costantinopoli, senza eccettuar Roma vecchia,
la qual certo cominciò a declinar da qui innanzi non poco per questa
emula nuova.
NOTE:
[3077] Cassiodorus, Prosper, in Fastis.
[3078] Baron. Gothofred. Petavius. Pagius.
[3079] Zosimus, lib. 2, cap 30.
[3080] Euseb. Sozomen. Philostorg. Codinus, et alii.
[3081] Zosimus, l. 2, cap. 31.
[3082] Euseb., in Vita Costantini, lib. 3, cap. 48.
[3083] Socrates, l. 1 Histor., cap. 16 et alii.
[3084] Zosimus, lib. 2, cap. 32.
[3085] Themistius, Orat. 3.
[3086] Sozom. Socrates. Zosimus. Cod. Theodos. et alii.
[3087] Hieron., in Chronico.
[3088] Codinus, Origin. Constantin.
[3089] Idacius, in Fastis. Chronic. Alexandrinum. Hieron., in Chron.
Zonaras, in Annalib. et alii.
[3090] L. 2, de Judaeis, Cod. Theod.
[3091] Julian., Oratione I.
[3092] Philostorgius, Histor., lib. 2, cap. 9.
[3093] Sozomenus, Histor., lib. 2, cap. 3. Socrates, Hist., lib. 1,
cap. 1.
[3094] Zosimus, lib. 2, cap. 35.


Anno di CRISTO CCCXXXI. Indizione IV.
SILVESTRO papa 18.
COSTANTINO imperadore 25.
_Consoli_
ANNIO BASSO ed ABLAVIO.

Nel dì 12 d'aprile entrò nella prefettura di Roma _Anicio Paolino_. Le
leggi[3095] pubblicate in quest'anno dall'Augusto Costantino cel fanno
vedere tuttavia residente in Costantinopoli, applicato ivi al
compimento di varie fabbriche. Allora fu ch'egli con un prolisso
editto, il quale nel Codice di Giustiniano si trova diviso in sei
diverse leggi, e indrizzato a tutte le provincie del romano imperio,
si studiò di provvedere alle concussioni ed avanie dei giudici, notai,
portieri ed altri uffiziali della giustizia, ed anche alla prepotenza
de' privati. Vuol dunque ivi che chiunque si sentirà aggravato
dall'avarizia, rapacità e ingiustizia de' suddetti, liberamente porti
le sue doglianze ai governatori; e, non provvedendo essi, ricorra ai
conti delle provincie, o ai prefetti del pretorio, affinchè essi ne
diano conto alla maestà sua, ed egli possa punire questi abusi e
delitti secondo il merito. Nè solamente impiegava in questi tempi
Costantino i suoi tesori per l'accrescimento della sua diletta città
di Costantinopoli; stendeva anche la sua munificenza ad altre città,
con fabbricar ivi dei riguardevoli templi in onore di Dio, de' quali
parla Eusebio[3096]. Faceva inoltre sfavillare il suo zelo in favore
della Chiesa cattolica, con aver pubblicato un editto contra de' varii
eretici che allora l'infestavano, ma non già contra degli Ariani,
perchè introdottosi forte in grazia di lui uno scaltro protettore
d'essi, cioè quel volpone di Eusebio, vescovo di Nicomedia, di cui si
parlò di sopra, andò egli non solamente inorpellando al buon Augusto i
sacrileghi dogmi dell'eresiarca Ario, ma mise anche sottosopra le due
insigni chiese di Antiochia e di Alessandria: del che potrà il lettore
chiarirsi consultando la storia ecclesiastica. Racconta eziandio il
medesimo Eusebio[3097] che Costantino fece sentire la beneficenza sua
a tutto l'imperio, con levare un quarto dei tributi che annualmente
pagavano i terreni: indulgenza che gli tirò addosso la benedizione dei
popoli. E perciocchè non mancavano persone, le quali si lamentavano di
essere state oltre il dovere aggravate negli estimi delle loro terre
sotto i principi precedenti, spedì estimatori dappertutto, acciocchè
riducessero al giusto quello che fosse difettoso. Parla anche Eusebio
della non mai stanca liberalità di questo grazioso regnante verso le
provincie e verso chiunque a lui ricorreva; di maniera che egli
giunse, per soddisfare a tanti che chiedevano onori, ad inventar nuove
cariche e nuovi uffizii, colla distribuzion de' quali si studiava di
rimandar contenta ogni meritevol persona. Zosimo[3098], che per
cagione del suo paganismo non seppe se non mirar d'occhio bieco tutte
le azioni di Costantino, gli fa un reato di questo, e particolarmente
perchè di due prefetti del pretorio egli ne formasse quattro. Il primo
d'essi era prefetto del pretorio dell'_Italia_, da cui dipendeva
l'Italia tutta colla Sicilia, Sardegna e Corsica, e l'Africa dalle
Sirti sino a Cirene, e la Rezia, e qualche parte dell'antico Illirico,
come l'Istria e Dalmazia, e verisimilmente anche il Norico. Era il
secondo quello dell'_Oriente_, a cui Costantino, per onorar la sua
cara Costantinopoli, diede una buona porzione, unendo sotto di lui
l'Egitto colla Libia Tripolitana, e tutte le provincie dell'Asia, e la
Tracia, e la Mesia inferiore con Cipri ed altre moltissime isole. Il
terzo fu quel dell'_Illirico_, al quale erano sottoposte le provincie
della Mesia superiore, la Pannonia, la Macedonia, la nuova Dacia, la
Grecia ed altri adiacenti paesi, compresi anticamente sotto esso nome
d'Illirico. Fu il quarto quello delle _Gallie_, che comandava a tutta
la Francia moderna sino al Reno, e a tutta la Spagna, con cui andava
congiunta la Mauritania Tangitana, e alle provincie romane della
Bretagna. Zosimo pretende che l'istituzione di tali magistrati
riuscisse pregiudiziale all'imperio. Ma doveva far mente quello
storico che Diocleziano il primo fu in certa maniera ad istituire
quattro prefetti del pretorio, allorchè in quattro parti divise il
romano imperio. Quel che più importava, quand'anche se ne faccia
autore Costantino, con ottima intenzione o per maggior comodo de'
popoli egli creò que' magistrati. Veggasi il Gotofredo[3099] ed altri
che han trattato dell'uffizio, dell'autorità e delle incumbenze de'
prefetti del pretorio. Che se uffiziali di tanta dignità, o i lor
subalterni col tempo si abusarono del loro impiego, alla lor
negligenza o malizia si dovea attribuire il reato, e non già alla
dignità, saviamente e con buon fine istituita, che, al pari di tante
altre, potè cadere in mani cattive.
NOTE:
[3095] Gothofred., Chronolog. Cod. Theodos.
[3096] Euseb., in Vita Const., lib. 3, cap. 50 et 63.
[3097] Idem, ibidem, lib. 4, cap. 2.
[3098] Zosimus, lib. 2, cap. 32 et seq.
[3099] Gothofred., tom. VI Cod. Theodosian. Pancirolus, Notitia
Utriusque Imperii. Bulenger., de Imp. Roman., lib. 3.


Anno di CRISTO CCCXXXII. Indizione V.
SILVESTRO papa 19.
COSTANTINO imperadore 26.
_Consoli_
PACAZIANO ed ILARIANO.

Trovasi _Anicio Paolino_ continuare in quest'anno ancora nella
prefettura di Roma. Se vogliam riposar sull'asserzione di quella mala
lingua di Zosimo[3100], da che Costantino si perdè tutto dietro alla
fabbrica di Costantinopoli, non si curò più di far guerra, ed attese
solamente a darsi bel tempo. Cinquecento Taifali, nazione scitica,
fecero con soli cinquecento cavalli un'irruzione nel paese romano
(probabilmente in quest'anno), e non solamente niuna schiera loro
oppose Costantino, ma anche, dopo aver perduta la maggior parte
dell'esercito suo, allorchè vide comparire sino ai trincieramenti del
suo campo i nemici che davano il sacco alla campagna, si mise fuggendo
con gran fretta in salvo. Ho tradotto le stesse parole di Zosimo,
acciocchè il lettore comprenda la contraddizione di questo
appassionato storico. Se Costantino perdè tanti de' suoi armati, il
che suppone qualche battaglia, come non oppose egli gente a que'
Barbari? Ma nè questi svantaggi della cesarea armata, nè la fuga
dell'invitto imperadore son cose da credere a Zosimo, venendo egli
smentito da Eusebio scrittore contemporaneo[3101], e da s.
Girolamo[3102], e da Socrate[3103], e da Sozomeno[3104]. Sotto
quest'anno san Girolamo scrive che i Romani vinsero i Goti; perciocchè
con questo nome usarono molti di comprendere molte delle nazioni
scitiche, Tartari da noi chiamate oggidì, si può conghietturare
ch'egli significasse i Taifali di Zosimo. Eusebio anch'esso ci
assicura che Costantino soggiogò le dianzi indomite nazioni degli
Sciti e dei Sarmati. E Socrate attesta bensì che i Goti fecero delle
incursioni nel territorio romano, ma soggiugne che Costantino li
vinse. Abbiamo anche dall'Anonimo Valesiano[3105] che i Sarmati,
pressati dalla guerra che lor facevano i Goti, implorato l'aiuto di
Costantino, l'impetrarono; e che per la buona condotta di _Costantino
Cesare_ circa cento mila di que' Barbari perirono di fame e di freddo.
Pare perciò che Costantino, primogenito dell'Augusto Costantino,
quegli fosse che un titolo di generale a nome del padre guerreggiasse
coi Goti: il che si può anche inferire da Giuliano Apostata[3106]. A
ciò si dee unire lo scriversi da Idacio[3107] che i Goti furono
sconfitti dai Romani nel paese de' Sarmati, correndo il dì 22 d'aprile
dell'anno presente. Secondo l'Anonimo Valesiano[3108], Ararico o sia
Aorico, re dei Goti, per tale riconosciuto anche da Giordano[3109]
istorico, fu poscia obbligato a chiedere pace, per sicurezza della
quale diede alcuni ostaggi, e fra essi un suo figliuolo. Anche Aurelio
Vittore[3110] ed Eutropio[3111] riconobbero vinti da Costantino
Augusto i Goti; di maniera che le dicerie di Zosimo si scuoprono
effetti unicamente del suo mal cuore verso di un imperadore sì
glorioso e degno. Abbiamo inoltre nelle medaglie[3112] autenticati
questi fatti colla memoria della VICTORIA GOTHICA. E qui Eusebio[3113]
osserva un riguardevol pregio dell'Augusto Costantino. Erano stati
soliti non pochi de' precedenti imperadori di pagare alle nazioni
barbare confinanti un annuo regalo, che in sostanza era un tributo, ed
indizio che i Romani si professavano come sudditi e servi de' Barbari.
Non volle l'invitto Costantino sofferir questo vergognoso aggravio; e
perchè ricusò di pagare, ebbe guerra con que' popoli. Confidato nella
protezione di quel divino Signore, colla cui croce egli procedeva
nelle guerre, domò tutti coloro che osarono di fargli resistenza; nè
più pagò loro tributo: il che vien confermato da Socrate[3114]. Gli
altri Barbari poi che non presero l'armi ammansò egli in tal maniera
con prudenti ambascerie, che li ridusse da una vita senza legge e
simile alle fiere ad una civile ed umana forma di vivere, imparando in
fine gli Sciti ad ubbidir ai Romani. Così Eusebio vescovo di Cesarea,
egregio testimonio di tali affari, perchè vivente e scrivente allora
le sue Storie. Ma esso Eusebio, nel descrivere le azioni di
Costantino, perchè si prefisse di compilar quelle solamente che
riguardavano la di lui pietà, non si curò delle altre che concernevano
la di lui gloria civile e militare; e però non sappiamo distintamente
in che consistessero le sue guerre e vittorie contra dei Goti e
d'altri Barbari. Se fossero pervenute sino a' dì nostri le storie di
_Prassagora Ateniese_, conosciute da Fozio[3115], e quelle di _Bemarco
Cesariense_, mentovate da Suida[3116], siccome ancora le Vite
degl'imperadori composte da _Eunapio_, autori che trattarono de' fatti
di Costantino, altre particolarità noi sapremmo ora della di lui vita.
Tanto nondimeno a noi resta da potere smentire la licenza di Zosimo
ostinato pagano. Nè si dee tacere aver asserito Socrate[3117] e
Sozomeno[3118] che le vittorie di Costantino, riportate nelle guerre
coi Goti, fecero visibilmente conoscere la protezione di Dio sopra
questo principe, in guisa tale che moltissimi d'essi Goti, convinti
anche per tale osservazione della verità della religion cristiana
(passata settanta anni prima nelle lor contrade coll'occasion degli
schiavi cristiani), la abbracciarono e professarono, benchè infettata
dagli errori d'Ario. Abbiamo ancora dal sopraccitato storico
Giordano[3119] che Alarico, re allora d'essi Goti, provvide all'armate
di Costantino quaranta mila de' suoi soldati, i quali sotto nome di
collegati cominciarono a militare al di lui servigio. Se costoro
vollero i danari de' Romani, convenne che da lì innanzi se li
guadagnassero col servire negli eserciti cesarei.
NOTE:
[3100] Zosimus, lib. 2, cap. 31.
[3101] Euseb., in Vit. Const., lib. 4, cap. 5.
[3102] Hieronymus, in Chronico.
[3103] Socrates, Histor., lib. 1, cap. 18.
[3104] Sozomenus, Histor., lib. 2, cap. 8.
[3105] Anonym. Valesianus.
[3106] Julian., Oration. I.
[3107] Idacius, in Fastis.
[3108] Anonym. Vales.
[3109] Jordan., de Reb. Get., cap. 21.
[3110] Aurelius Victor, de Caesarib.
[3111] Eutrop., in Breviar.
[3112] Mediob., in Numismat. Imperator.
[3113] Euseb., in Vit. Const., lib. 4, cap. 5.
[3114] Socrates, Hist., lib. 1, cap. 18.
[3115] Photius, in Biblioth., Cod. 62.
[3116] Suidas, in Lexico.
[3117] Socrat., lib. 1, cap. 8.
[3118] Sozomenus, lib. 1, cap. 18.
[3119] Jordan., de Reb. Getic., cap. 21.


Anno di CRISTO CCCXXXIII. Indizione VI.
SILVESTRO papa 20.
COSTANTINO imperadore 27.
_Consoli_
FLAVIO DELMAZIO e ZENOFILO.

Quelle leggi e que' fasti, ne' quali in vece di _Delmazio_ si legge
_Dalmazio_, s'hanno da credere alterati dai copisti ignoranti ed
avvezzi a chiamar _Dalmazia_ quella che negli antichi secoli era
appellata _Delmazia_, siccome apparisce da varie iscrizioni militari
nella mia Raccolta[3120]. Nelle medaglie[3121] poi troviamo conservato
il di lui vero nome _Delmazio_. Alcuni han creduto questo Delmazio
fratello di Costantino, ma di altra madre. Oggidì opinion più ricevuta
è ch'egli fosse figlio di un fratello di Costantino, nè andrà molto
che il vedremo decorato col titolo di _Cesare_. Nel dì 7 d'aprile fu
conferita la carica di prefetto di Roma a _Publio Optaziano_[3122]
creduto dal Tillemont[3123] quel medesimo Publio Optaziano Porfirio
che compose in acrostici il panegirico di Costantino. Ma poco durò il
suo impiego, perchè nel dì 10 di maggio gli succedette _Ceionio
Giuliano Camenio_. Fra i tre figliuoli dell'Augusto Costantino,
l'ultimo era _Costante_, nato circa l'anno 320. Al pari degli altri
due fratelli fu anch'egli nel dì 25 di dicembre dell'anno presente
creato _Cesare_[3124]. Nelle altre medaglie e nelle iscrizioni si
trova chiamato _Flavio Giulio Costante_. Abbiamo da san Girolamo che
terribilmente infierì nella Soria e Cicilia la carestia colla
mortalità d'innumerabili persone. Di questa orrida fame, che afflisse
tutto l'Oriente, parla anche Teofane[3125], dicendo che un moggio di
grano costava allora un'incredibile prezzo; e che in Antiochia e Cipri
le ville altro non faceano che saccheggi sulle vicine, e buon per chi
avea superiorità di forze. Racconta ancora Eunapio che in non so qual
anno si patì penuria di grano in Costantinopoli, perchè i venti
contrarii impedivano ai legni mercantili l'abbordare a quel porto.
Trovavasi allora in gran credito alla corte di Costantino _Sopatro_,
filosofo platonico, ito colà per frenare l'impetuosità di Costantino
in distruggere il paganesimo. Ma, venuto un dì in cui mancò il pane
alla piazza, infuriata la plebe con alte grida cominciò ad esclamare
contra di Sopatro, con dire ch'egli era un mago, ed incantava i venti,
affinchè non arrivassero i vascelli del grano. Zosimo[3126] pretende
che questa fosse una cabala di _Ablavio_ prefetto del pretorio, al
quale non piaceva tanta familiarità di quel barbone coll'imperador