Annali d'Italia, vol. 1 - 75
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Massenzio genero suo, parve che non se ne mettesse gran
pensiero[2746], ben sapendo che egli era un solennissimo poltrone, ed
immerso nei vizii, per i quali in vece dell'amore si guadagnerebbe
l'odio di tutti. Però senza curarsi di venir egli in persona ad
abbattere questo idolo (il che se avesse fatto, sarebbono forse
passati gli affari a seconda dei suoi desiderii), diede questa
incombenza a _Severo Augusto_ sua creatura, a cui particolarmente
apparteneva il governo dell'Italia. Venne Severo in Italia nell'anno
presente con una buona armata, ma composta la maggior parte di
milizie, che due anni prima aveano servito a Massimiano Erculio, ed
ansavano di tornare alle delizie di Roma. Però appena si presentò
Severo alle mura di Roma, che Massenzio facilmente subornò con segrete
offerte quell'armata, la quale, alzate le bandiere, e passata nel suo
partito, rivolse l'armi contra di Severo. Altro scampo adunque non
restò a costui che di prendere la fuga, ed incontratosi in Massimiano,
che probabilmente conduceva rinforzi di gente a Roma, il più che potè
fare fu di ritirarsi a Ravenna. Quivi fu bensì assediato da
Massimiano, ma essendo quella città forte ed abbondante di viveri,
apparenza non v'era di superarla[2747]. Superolla la frode, se è vero
quanto narra Zosimo[2748], perchè non si accordano in tutto con lui
Eusebio ed Eutropio: cioè Massimiano con varie lusinghe, promesse e
giuramenti il trasse a deporre la porpora e a venir seco a Roma.
Giunto che fu Severo al luogo appellato le Tre Taberne, sbucò un
agguato di armati ivi dallo spergiuro Massimiano preparati, che col
laccio gli tolsero la vita, o pure, come ha l'Anonimo Valesiano[2749],
tenuto ivi in prigione, allorchè Galerio calò in Italia, fu fatto
strangolare. Gli altri scrittori il dicono ucciso in Ravenna, e che
per grazia gli fu permesso di morir dolcemente colle vene tagliate; e
Lattanzio[2750] lasciò scritto, che egli, veggendo disperato il caso,
volontariamente s'era renduto a Massimiano. Pare che tal tragedia
succedesse nel febbraio di questo anno. Rimase di Severo un figlio per
nome _Severiano_, che Licinio fece poi morire nell'anno di Cristo 313
per estinguere in lui ogni pretensione al dominio.
Sbrigato da questo nemico, Massimiano Erculio ben conosceva che gli
restava più da fare con Galerio Augusto, uomo temuto pel suo valore,
ma più per la copia e possanza delle sue armi; giacchè ognun prevedeva
ch'egli non lascerebbe invendicata la morte di Severo. Pertanto andò
in persona a trovare il vecchio Diocleziano che si godeva un delizioso
riposo nella sua villa di Salona, per muoverlo a riassumere la porpora
imperiale. Gittò i passi, perchè Diocleziano vedeva il mare in
burrasca, ed egli se ne voleva stare sicuro sul lido, di là mirando le
altrui tempeste. Rivolse dunque Massimiano le speranze e i passi suoi
a Costantino Cesare, che nelle Gallie, dopo le vittorie riportate
contro ai Franchi, con gran credito di valore e di forze si godeva la
pace[2751]. Per tirarlo nel suo partito, gli disse quanto male potè di
Massenzio suo figliuolo, probabilmente esibendo di deporlo; il
dichiarò ancora _Imperadore Augusto_, e gli diede in moglie _Flavia
Massimiana Fausta_ sua figliuola, chiamata così nelle medaglie[2752],
giacchè si suppone che fosse già mancata di vita _Minervina_ sua prima
moglie, o pur concubina e madre di Crispo suo primogenito, che fu poi
Cesare. Perciò di qui cominceremo a contare gli anni dell'imperio di
Costantino. Intanto calò in Italia con poderoso esercito Galerio
Augusto, e venne a Roma, con trovare che si era ingannato in credere
sufficiente quell'armata ad assediarla, perchè, non avendola mai
veduta, non ne sapeva la vasta circonferenza. Arrivato a Terni, spedì
Licinio e Probo a Massenzio suo genero, per indurlo a venire a
trovarlo, e trattare d'accordo. Se ne rise Massenzio: dal che
maggiormente irritato Galerio minacciava l'eccidio al genero, al
senato e a tutto il popolo romano[2753]. Ma seppe anche questa volta
Massenzio sedurre una parte della di lui armata, perchè conoscendo
costoro quanto fosse vergognosa azione che soldati romani volgessero
l'armi contra di Roma lor madre, non durarono fatica ad abbandonar
Galerio, per darsi a Massenzio. Avrebbe fatto altrettanto il resto
dell'armata di Galerio, s'egli, gittatosi ai lor piedi, non avesse con
preghiere e promesse frastornata la lor sollevazione. Sicchè fu
costretto a levar l'assedio; e colui che si credeva di far paura a
tutti, ebbe per grazia il potersene andare in salvo, pieno non so se
più di rabbia o di vergogna. Nel tornarsene addietro, parte per
impedire ai nemici il tenergli dietro, e parte perchè così avea
promesso ai soldati restati con lui, loro permise di dare il sacco a
tutto il paese per dove passò: nella quale occasione commisero tutte
quante le enormità che si sogliono praticare nel saccheggio delle
nemiche prese città. Ebbe in questa maniera Galerio il comodo di
tornarsene nella Pannonia, ma con lasciare in Italia il nome non
d'Imperadore, ma di assassino de' Romani.
Mentre tali cose succedeano in Italia, Massimiano Erculio, che
dimorava nelle Gallie, avea ben conseguito che il genero Costantino
Augusto non si unisse con Galerio, ma non potè già ottenere ch'egli
prendesse l'armi contra del medesimo Galerio, ancorchè venissero le
nuove ch'esso al maggior segno spelato e scornato se ne scappava
dall'Italia. Indispettito il suo cuore per questo, se ne ritornò a
Roma, e quivi col figlio Massenzio seguitò a signoreggiare[2754]. Ma
l'ambizioso ed inquieto vecchio non sapea sofferire che si desse la
preminenza al figliuolo, benchè da lui avesse ricevuta la porpora, nè
che i soldati mostrassero maggior obbedienza ad esso suo figlio che a
lui. Perciò pien di veleno cominciò sotto mano a procurar d'alienare
gli animi delle soldatesche da Massenzio; ma vedendo che non gli
riusciva il tentativo, un dì, fatte raunar le milizie e il popolo,
alla presenza del figliuolo, esagerò forte i mali e i disordini
correnti dello Stato, e poi si rivolse con fiera invettiva contra
Massenzio, attribuendo alla di lui poca testa e cattiva condotta la
serie di tutti que' malanni. Non avea lo indiavolato vecchio finito di
dire, quando preso colle mani il manto purpureo del figliuolo, glielo
strappò di dosso, e lo stracciò. Si contenne Massenzio in quel
frangente, ed altro non fece se non che si rifugiò fra i soldati, i
quali caricarono di villanie Massimiano, e si sollevarono contra di
lui. Sembrerà a taluno una semplicità il dirsi da Zonara[2755], che
Massimiano volle dipoi far credere ai soldati che quella era stata una
burla, per provare se amavano veramente suo figlio: il che nulla gli
valse, perchè tanto strepito fecero le milizie, ch'egli fu forzato a
fuggirsi di Roma. Se ne andò nelle Gallie a dolersi col genero
Costantino d'essere stato cacciato dal figlio[2756]; ma Costantino, a
cui non doveano mancare più sicuri avvisi del fatto, niun impegno
volle assumere dell'inquieto suocero, di maniera ch'egli, dopo essere
dimorato qualche tempo, ma senza vantaggio de' suoi interessi, nelle
Gallie, prese lo spediente di andar a trovare il maggior nemico che si
avesse il figliuolo, cioè lo stesso Galerio Augusto. Fu creduto, per
vedere se potesse aprirsi la strada a qualche tradimento per levargli
la vita, ed occupar, se gli veniva fatto il suo luogo[2757]. Trovavasi
allora Galerio nella Pannonia a Carnonto, dove avea fatto venir
Diocleziano da Salona, per dar più credito alla elezione di un nuovo
Augusto ch'egli meditava, per supplire la mancanza dell'ucciso Severo.
Andarono falliti tutti gl'intrighi, tutte le speranze di Massimiano,
per aver trovato quelle milizie fedeli a Galerio, e tentata invano la
costanza di Diocleziano per fargli riassumere la porpora imperiale.
Sicchè altro non gli restò che di assistere con lui e di dar vigore,
per non potere di meno, alla promozione che Galerio fece di _Licinio_,
dichiarandolo _Augusto_, avendogli forse ne' precedenti mesi conferito
il titolo di _Cesare_, come ha preteso taluno, e sembra confermato da
Aurelio Vittore. Seguì tal funzione, secondo Idacio[2758], nel dì 11
di novembre, non già dell'anno seguente, come ha esso Idacio, ma del
presente, come si raccoglie dalla Cronica Alessandrina.
_Licinio_ che, creato Augusto, si trova appellato nelle medaglie[2759]
e nelle iscrizioni[2760] _Caio Flavio Galerio Liciniano Licinio_, era
nativo[2761] anch'egli dell'Illirico, perchè venuto alla luce nella
Dacia nuova, oggidì la Servia, di vile e rustica famiglia[2762],
ancorchè egli dipoi cresciuto in fortuna si vantasse di trar l'origine
sua dall'imperadore Filippo. Passato dall'aratro alla milizia, niuna
conoscenza avea delle lettere, anzi se ne protestava nemico
dichiarato[2763], chiamandole un veleno e peste dello stato, e
massimamente odiando gli avvocati e procuratori, ch'egli credeva atti
solo ad imbrogliare ed eternar le liti del foro. L'amicizia fra lui e
Galerio Augusto avea avuto principio fin quando si diedero entrambi al
mestiere delle armi; ed ora poi cresciuta a tal segno la loro
intrinsichezza, massimamente dipoi che di grandi prodezze avea fatto
Licinio nella guerra co' Persiani, che Galerio nulla quasi facea senza
il di lui consiglio. Pertanto prima d'ora avea egli risoluto di
crearlo Augusto, subito che fosse mancato di vita l'imperador
Costanzo. Ma essendo stato prevenuto da Costantino, Galerio eseguì ora
il suo disegno con dargli la porpora imperiale, disegnando poi di
mandarlo a far guerra a Massenzio tiranno di Roma e dell'Italia.
Scrive Eusebio[2764] che sul principio del principato di Costantino i
Britanni posti all'Occidente dell'Oceano, si sottomisero al di lui
dominio. Non so io dire, se ciò sia un fatto diverso da quanto si è
narrato al precedente anno della guerra di Costanzo suo padre coi
Pitti e Caledonii.
NOTE:
[2743] Reland., in Fast.
[2744] Aurelius Victor, in Epitome.
[2745] Vopiscus, in Vita Aureliani.
[2746] Eutrop. Aurel. Vict. Lactantius.
[2747] Idacius, in Chronico.
[2748] Zosimus, lib. 2, cap. 10.
[2749] Anonymus Valesianus.
[2750] Lactantius, de Mortib. Persecut., cap. 26.
[2751] Incertus, in Panegyr. Maximian. et Const.
[2752] Mediobarbus, in Numismat. Imp.
[2753] Anonym. Valesianus. Lactantius. Zosimus. Aurel. Vict.
[2754] Lactantius, de Mortibus Persecut., cap. 28. Eutrop., in Brev.
[2755] Zonaras, in Annalibus.
[2756] Lactantius, de Mortib. Persecut., cap. 26.
[2757] Eusebius, in Chron.
[2758] Idacius, in Fastis.
[2759] Mediobarb., in Numismat. Imperat.
[2760] Gruterus in Inscription. Thesaur. Novus Veter. Inscript.
[2761] Eutrop., in Breviar. Anonymus Valesianus.
[2762] Capitolin., in Gordian.
[2763] Aurelius Victor, in Epitome.
[2764] Euseb., in Vita Constantini, lib. 4. cap. 50.
Anno di CRISTO CCCVIII. Indizione XI.
MARCELLO papa 1.
GALERIO imperadore 4.
MASSENZIO imperadore 3.
COSTANTINO imperadore 2.
LICINIO imperadore 2.
MASSIMINO imperadore 1.
_Consoli_
_Marco Aurelio Valerio Massimiano Augusto_ per la decima volta e CAIO
GALERIO MASSIMIANO AUGUSTO per la settima.
Durando tuttavia la discordia tra tanti imperadori, continuò ancora la
confusione ne' consolati. Pare che i suddetti consoli fossero
pubblicati da Galerio Augusto, che era d'accordo con Massimiano, ma
non già col di lui figliuolo e genero suo Massenzio, benchè
probabilmente si trattasse di qualche accordo. Di qua venne che in
Roma non furono accettati i consoli suddetti pei tre primi mesi. E non
essendo seguito aggiustamento alcuno, abbiamo dall'autore del Catalogo
dei prefetti di Roma[2765], che _Massenzio_ si fece dichiarar console
nell'anno presente insieme con _Romolo_ suo figliuolo, il quale è
nomato nelle medaglie[2766] _Marco Aurelio Romolo_. Truovasi anche in
alcuni Fasti sotto quest'anno _Diocleziano console per la decima
volta_; ma è da credere uno sbaglio de' copisti, perchè Diocleziano
non si volle più ingerire ne' pubblici affari. La prefettura di Roma
fu in quest'anno appoggiata a _Stazio Raffino_[2767]. Dopo essere
stata lungo tempo vacante la cattedra di San Pietro, in quest'anno fu
creato papa _Marcello_. Contuttochè il padre Pagi[2768] pretenda che
nell'anno precedente _Massimino Cesare_ prendesse di sua autorità il
titolo d'_Augusto_, tuttavia sembra più probabile che ciò succedesse
nell'anno presente. Stava esso Massimiano alla guardia e al governo
dell'Oriente. Allorchè egli intese che _Licinio_ era stato promosso,
nel di 11 di novembre, alla dignità imperiale, cominciò forte a
strepitare, pretendendo fatto a sè stesso un gravissimo torto, perchè,
essendo egli stato dichiarato Cesare molto prima di Licinio,
l'anzianità sua esigeva ch'egli fosse anteposto all'altro negli
onori[2769]. Pervenuti a notizia di Galerio questi suoi lamenti, per
attestato di Lattanzio, inviò _più legati_ a Massimino per quetarlo,
pregandolo istantemente di ubbidire, di accettar le risoluzioni da lui
prese, e di cedere a chi era maggiore di lui in età: che tale dovea
essere Licinio. Ostinossi Massimino nella sua pretensione, e perciò
Galerio si rodeva le dita per aver alzato costui dal fango, e creatolo
Cesare con isperanza d'averlo ubbidiente ad ogni suo cenno, quando ora
il trovava sì restio e impaziente degli ordini. Andò poi a terminare
la faccenda in avere il superbo Massimino, ad onta di Galerio, deposto
il titolo di _Cesare_ e preso quel di _Augusto_, con far poi sapere a
Galerio, essere stato l'esercito suo che l'avea proclamato
_imperadore_, senza ch'egli avesse potuto resistere. Queste ambasciate
e questo dibattimento, che per la lontananza delle persone richiedeva
del tempo, debbono a noi parere bastevoli fondamenti per credere
seguita, non già nell'anno precedente, ma bensì nel presente,
l'esaltazione di Massimino. Sicchè noi ora abbiamo nell'imperio romano
cinque diversi Augusti, _Galerio Massimiano_, _Massenzio_,
_Costantino_, _Licinio_, e _Massimino_. Lattanzio vi aggiugne anche
_Diocleziano_; ma niuno scrive ch'egli mai ripigliasse la porpora. Da
tanti principi ognun può immaginare qual confusione dovesse esser
quella de' pubblici affari. Sembra nondimeno che, a riserva di
Massenzio, gli altri andassero in qualche maniera d'accordo insieme.
Quanto a _Massimino_, già appellato _Daza_, come dicemmo, uscito da
parenti rustici e vili nell'Illirico, egli si era tirato innanzi colla
profession delle armi, e tuttochè si dica ch'egli fosse uomo
quieto[2770], pure abbiamo da Lattanzio[2771] e da Eusebio[2772],
ch'egli fu un grande assassino de' popoli a lui sottoposti, con
ispogliarli per arricchire i soldati, e del pari superstizioso e fiero
persecutor de' Cristiani, come risulta dalla storia ecclesiastica.
Chiarito in questi tempi _Massimiano Erculio_, che poco a lui
profittavano le cabale sue ne' paesi di Galerio Augusto, se ne promise
miglior effetto presso di Costantino imperadore, genero suo e
figliuolo di un suo genero. Andossene dunque[2773] a trovarlo nelle
Gallie, fu ricevuto da lui con tutti gli onori, alloggiato nel
palazzo, e sì nobilmente provveduto di tutto[2774], come s'egli fosse
padrone in quelle parti, volendo Costantino che ognun l'ossequiasse ed
ubbidisse quasi più di lui stesso. Allora l'astuto vecchio, trovandosi
in mezzo a tanti comodi, per far ben credere al genero di non covar
più pensiero alcuno di regno, e di voler terminare in pace al pari di
Diocleziano i suoi giorni, depose la porpora, e si ridusse ad una vita
privata, in cui non mancava a lui delizia veruna. Tutto questo per più
facilmente ingannare l'Augusto genero. Avvenne che i Franchi fecero in
questi tempi qualche movimento d'armi contro le terre romane. Marciò a
quella volta Costantino con poca gente e alla sordina, così
consigliato da Massimiano, per sorprendere i nemici; ma altro in testa
avea il tuttavia ambizioso suo suocero. Sperava costui che Costantino
restasse involto in qualche grave pericolo, e di poter egli intanto
impadronirsi dell'armi e milizie lasciate addietro. In fatti, da che
si fu separato da lui, s'inviò verso Arles, dov'era il grosso delle
soldatesche, consumando nel cammino tutti i viveri, affinchè
mancassero a Costantino, caso ch'egli si rivolgesse a quelle parti.
Giunto ad Arles, di nuovo assunse l'abito imperiale, s'impossessò del
palazzo e de' tesori, dei quali tosto si servì per adescare e tirar
dalla sua quelle soldatesche; scrisse del pari all'altre più lontane,
invitandole con grandiose promesse, e screditando presso tutti un
genero, da cui tante finezze avea ricevuto Costantino, che non molto
si fidava di questo inquieto vecchio, e gli avea lasciato appresso
delle spie, immantinente fu avvertito de' primi moti del suo
tradimento, e però a gran giornate dal Reno sen venne ad Arles, prima
che Massimiano avesse preso buon piede; riguadagnò tutte le ribellate
milizie, e seguitò il suocero, che andò a ritirarsi a Marsiglia. Dato
l'assalto a quella città, si trovò che le scale erano troppo corte pel
bisogno, e convenne far sonare la ritirata. Lasciatosi veder
Massimiano sulle mura, Costantino avvicinatosegli, con tutta la
dolcezza possibile gli rimproverò una perfidia così indegna di un par
suo. Altro per risposta non riportò che delle ingiurie. Ma i cittadini
in quel tempo, aperta una porta della città, vi lasciarono entrar la
gente di Costantino, la quale, preso Massimiano, il condusse davanti
al genero Augusto. Atto d'incredibil moderazione convien ben dire che
fosse quel di Costantino, perchè a riserva de' rimproveri fatti al
perfido suocero, e all'avergli tolta di dosso la porpora imperiale,
niun altro male gli fece, nè il cacciò dalle Gallie; anzi sembra che
seguitasse a ritenerlo in sua corte, vinto probabilmente dalle
preghiere di Fausta sua moglie. Qui nondimeno non finirono le scene di
quest'uomo perfidioso, siccome vedremo. Liberato dal suddetto pericolo
l'Augusto Costantino, perocchè tuttavia pagano[2775], fece dei ricchi
donativi al superbo tempio d'Apollo creduto quello di Autun, dove
opinione era che si scoprisse la gente spergiura in quelle acque
calde.
Si può fondatamente riferire all'anno presente una sollevazione
insorta nell'Africa, di cui parlano Zosimo[2776] ed Aurelio
Vittore[2777]. Probabilmente ubbidiva l'Africa a Galerio Augusto dopo
la morte di Severo. Massenzio, imperadore di Roma e dell'Italia, ben
sapendo che quelle provincie erano dinanzi assegnate all'Augusto
dominante in Roma, cercò di stendere colà il suo dominio, e vi mandò
le sue immagini scortate da una man di soldati. Furono queste
rigettale da que' popoli. Ma perchè le truppe del paese non poterono o
non vollero fare resistenza, Cartagine col resto della contrada venne
alla di lui ubbidienza. Cadde in pensiero a Massenzio di portarsi
personalmente in Africa per processare e spogliare chiunque avea
sprezzate l'immagini sue; ed avrebbe eseguito il disegno, se gli
aruspici, con allegar segni infausti nelle vittime, non l'avessero
trattenuto. Pertanto non fidandosi di _Alessandro_ nativo della
Frigia, che esercitava l'uffizio del prefetto del pretorio, o pur di
suo vicario in Cartagine, gli scrisse che voleva per ostaggio un di
lui figliuolo. Sapeva Alessandro che iniquo e sregolato principe fosse
Massenzio, e però si andò scusando per non inviarlo. Scoperto poi che
era venuta gente d'ordine d'esso Massenzio per assassinarlo, ancorchè
persona di poco spirito e di molta età e pigrizia, intavolò una
ribellione, e si fece proclamar _Augusto_ da quelle milizie. Cosi ai
cinque sopraccitati imperadori si aggiunse quest'altro, sempre più
crescendo con ciò lo smembramento del romano imperio. Crede il
Tristano[2778] che un _Nigriniano_, appellato _Divo_ in qualche rara
medaglia, fosse figliuolo del suddetto Alessandro; ma si può
dubitarne. Per tre anni si sostenne esso Alessandro nella signoria
dell'Africa, come apparisce dalle di lui medaglie[2779].
NOTE:
[2765] Bucher., de Cyclo.
[2766] Mediobarb., in Numismat. Imperat.
[2767] Cospinianus. Bucherius.
[2768] Pagius, in Crit. Baron.
[2769] Lactantius, de Mortib. Persec., cap. 32.
[2770] Aurelius Victor, in Epitome.
[2771] Lactantius, de Mortib. Persecut. cap. 32.
[2772] Euseb., Histor. Eccles., lib. 8, cap. 14.
[2773] Lactant., ibid., cap. 29.
[2774] Eumen., Panegyr. Constant., cap. 14 e seg.
[2775] Eumen., Panegyr. Const., cap. 21.
[2776] Zosimus, lib. 2, cap. 12.
[2777] Aurel. Victor, in Epitome.
[2778] Tristan., Medail., lib. 3.
[2779] Mediobarbus, Numism. Imperator.
Anno di CRISTO CCCIX. Indizione XII.
MARCELLO papa 2.
GALERIO imperadore 5.
MASSENZIO imperadore 4.
COSTANTINO imperadore 3.
LICINIO imperadore 3.
MASSIMINO imperadore 3.
_Consoli_
MASSENZIO AUGUSTO per la seconda volta, e ROMOLO CESARE per la
seconda.
I consoli da me proposti sono quei che Massenzio tiranno elesse in
Roma, e venivano riconosciuti per l'Italia. Ma per le altre provincie
del romano imperio, stante la discordia fra gli Augusti, non si sa che
fossero eletti consoli; o se furono eletti, ne è ignoto il nome, dal
che venne che la gente, per denotar l'anno presente, si valeva della
formola _post consulatum Maximiani X et Galerii VII_. Contuttociò vi
ha chi pretende che _Licinio Augusto_ prendesse il consolato anche
egli. Abbiam veduto _Romolo_ Cesare, figliuolo di Massenzio,
esercitare il secondo consolato nell'anno presente; ma forse in questo
medesimo egli mancò di vita, credendo alcuni che nelle acque del
Tevere egli si affogasse, ma senza notizia del come; anzi con dubbio
tuttavia se tale veramente fosse la morte di lui, perchè il passo di
un panegirista[2780] di Costantino non lascia scorgere se ivi si parli
di Massenzio stesso o pure del figlio. Anzi perchè vedremo veramente
annegato Massenzio in quel fiume, di lui e non del figliuolo pare che
s'abbia da intendere quel passo. La prefettura di Roma fu in
quest'anno appoggiata ad _Aurelio Ermogene_. Il tempo, in cui
Massimiano Erculio pose fine alle cabale sue colla morte, resta
tuttavia incerto. Idacio[2781] ne parla all'anno seguente.
Eusebio[2782] all'anno terzo di Massenzio suo figlio. E perciocchè
esso anno terzo si stendeva alla maggior parte del presente, sembra a
me assai verisimile che in questo succedesse il fine della sua
tragedia, di cui buon testimonio è Lattanzio[2783] scrittore di questi
tempi, oltre all'Anonimo Valesiano[2784], Zosimo[2785] ed
Eutropio[2786]. Noi lasciammo questo maligno personaggio nelle Gallie,
dove, deposta la porpora, non ostante la sua sperimentata perfidia,
ricevea un trattamento onorevolissimo da Costantino suo genero. Ma
avvezzo al comando, nè sapendo accomodarsi alla vita privata, che non
fece il mal uomo? Ora con preghiere ed ora con lusinghe andò
tempestando la figliuola Fausta, per indurla a tradire l'Augusto
marito, con promettergliene un altro più degno, e a lasciar aperta una
notte la camera del letto maritale. Finse ella d'acconsentire, e
rivelò tutto a Costantino; ed egli per chiarirsene mise nel suo letto
per quella notte un vile eunuco. Massimiano sulla mezza notte armato
comparve colà, e trovate poche guardie, ed anche lontane, con dir loro
d'aver fatto un sogno che egli voleva rivelare al suo caro figliuolo
imperadore, passò nella stanza e trucidò il misero eunuco. Ciò fatto,
uscì fuori confessando il fatto, ed anche gloriandosene; ma eccoti
sopravvenir Costantino con una man d'armati, il quale, fatto portare
il cadavero dell'ucciso alla presenza d'ognuno, fece una scarica
d'improperii sopra l'iniquissimo vecchio, senzachè egli sapesse
proferir parola in sua discolpa: tanto si trovò sbalordito e confuso.
Gli fu data licenza d'eleggersi la maniera della morte, e questo fu il
laccio, con cui diede fine alla scellerata sua vita. Fallò Zosimo con
dire che questo ignominioso fine gli arrivò in Tarso, quando è certo
che fu in Provenza, cioè ad Arles, dove soleva dimorar colla sua corte
Costantino, o pure a Marsiglia, dove l'autore della Cronaca
Novaliciense[2787] circa l'anno 1054 pretende che fosse disotterrato
il corpo di Massimiano, il quale si trovò imbalsamato ed esistente in
cassa di piombo entro un'altra di candido marmo. Questo poi per ordine
di Rambaldo arcivescovo d'Arles fu gittato in alto mare. E tale fu il
fine obbrobrioso di quel superbo ed ambizioso principe, stato in
addietro sì fiero persecutore della religione di Cristo, e d'uno
ancora di questi ultimi imperadori nemici del nome cristiano, che Dio
punì con una morte la più vergognosa ed infame. Dall'aver Costantino
data onorevole sepoltura al suocero (come anche attesta santo
Ambrosio[2788], con dire che il fece mettere in una cassa non di marmo
bianco, ma di porfido), dedusse il padre Pagi[2789] che esso Augusto
si attribuiva ad onore d'essere _nipote di Massimiano_, adducendo per
questo un'inscrizione a lui posta, dove si trova intitolato così. Ma
se Costantino il Grande non appetisse, anzi abborrisse questa lode, si
può argomentare[2790] dal saper noi ch'egli fece atterrare tutte le
statue ed immagini appartenenti a Massimiano, e cancellar quante
iscrizioni e memorie potè di lui; e per conseguente è più tosto da
riferire quel marmo a Costantino juniore, figliuolo del Grande e di
Fausta figlia di esso Massimiano.
NOTE:
[2780] Incertus, in Panegyr. Constantini, cap. 18.
[2781] Idacius, in Fastis.
[2782] Eusebius, in Chron.
[2783] Lactantius, de Mortib. Persecut., cap. 30.
[2784] Anonymus Valesianus.
[2785] Zosimus, lib. 2, cap. 11.
[2786] Eutrop., in Breviar.
[2787] Chron. Novaliciense, Rer. Italicar., Part. II, tom. 2.
[2788] Ambrosius, Epistol. 53.
[2789] Pagius, in Crit. Baron.
[2790] Euseb., Histor. Eccles., lib. 8, cap. 13. Lactantius, de Mort.
Persec., cap. 42.
Anno di CRISTO CCCX. Indizione XIII.
EUSEBIO papa 1.
MELCHIADE papa 1.
GALERIO MASSIMIANO imperadore 6.
MASSENZIO imperadore 5.
COSTANTINO imperadore 4.
LICINIO imperadore 4.
MASSIMINO imperadore 4.
_Console_
_Massenzio_ imperatore solo.
Ne' fasti d'Idacio e nell'Anonimo del Bucherio, o sia del Cuspiniano,
è nominato il solo _Massenzio_ console in Roma. Fuori d'Italia si
contava _l'anno II dopo il consolato di Massimiano Erculio X e di
Galerio Massimiano VII_. Ne' Fasti di Teone enunziati si veggono sotto
questo anno _Andronico_ e _Probo_. Possiam sospettare che fossero
sostituiti a Massenzio. _Rufo Volusiano_ si trova nel presente anno
prefetto di Roma. In questi tempi la giustizia di Dio, che già aveva
abbattuto l'iniquo Massimiano Erculio, si fece sentire anche all'altro
imperadore Galerio Massimiano, soggiornante[2791] in Sardica nella
Dacia novella, cioè a colui che abbiam di sopra veduto principal
promotore della persecuzion dei Cristiani. Era egli innamorato del suo
paese nativo, ed abbiamo da Aurelio Vittore[2792], ch'egli con far
tagliare delle sterminate selve nella Pannonia, e mettere quelle terre
a coltura, e con fare scolar l'acque del lago Pelsone nel Danubio,
avea renduto un gran tratto di paese utilissimo alla repubblica.
Ardeva egli di odio contra di Massenzio tiranno di Roma, nè ad altro
pensava che a procedergli contro, ammassando a questo fine a tutto
potere genti e denari. Col pretesto adunque d'aver egli a solennizzare
i vicennali del suo regno cesareo, al che diceva che occorreano
immense spese, dopo aver già rovinate le provincie a lui suddite a
furia d'imposte, inorpellate col nome di prestanze, finì di smugnerle
e di assassinarle con altre gravezze, alla riscossion delle quali
deputò i suoi soldati, che meritavano piuttosto il nome di carnefici
che di esattori: tanta era la lor crudeltà. Lattanzio ci fa qui un
lagrimevol ritratto di quelle inumane esazioni, per le quali
violentemente si toglievano alla gente tutti i frutti delle lor terre,
senza lasciarle di che vivere. Ma chi è terribile sopra i re della
terra, fece finalmente intendere a costui che v'era uno sopra di
lui[2793], percuotendolo con piaga nelle parti segrete e vergognose,
piaga orribile ed incurabile, per i cui dolori insoffribili cominciò
pensiero[2746], ben sapendo che egli era un solennissimo poltrone, ed
immerso nei vizii, per i quali in vece dell'amore si guadagnerebbe
l'odio di tutti. Però senza curarsi di venir egli in persona ad
abbattere questo idolo (il che se avesse fatto, sarebbono forse
passati gli affari a seconda dei suoi desiderii), diede questa
incombenza a _Severo Augusto_ sua creatura, a cui particolarmente
apparteneva il governo dell'Italia. Venne Severo in Italia nell'anno
presente con una buona armata, ma composta la maggior parte di
milizie, che due anni prima aveano servito a Massimiano Erculio, ed
ansavano di tornare alle delizie di Roma. Però appena si presentò
Severo alle mura di Roma, che Massenzio facilmente subornò con segrete
offerte quell'armata, la quale, alzate le bandiere, e passata nel suo
partito, rivolse l'armi contra di Severo. Altro scampo adunque non
restò a costui che di prendere la fuga, ed incontratosi in Massimiano,
che probabilmente conduceva rinforzi di gente a Roma, il più che potè
fare fu di ritirarsi a Ravenna. Quivi fu bensì assediato da
Massimiano, ma essendo quella città forte ed abbondante di viveri,
apparenza non v'era di superarla[2747]. Superolla la frode, se è vero
quanto narra Zosimo[2748], perchè non si accordano in tutto con lui
Eusebio ed Eutropio: cioè Massimiano con varie lusinghe, promesse e
giuramenti il trasse a deporre la porpora e a venir seco a Roma.
Giunto che fu Severo al luogo appellato le Tre Taberne, sbucò un
agguato di armati ivi dallo spergiuro Massimiano preparati, che col
laccio gli tolsero la vita, o pure, come ha l'Anonimo Valesiano[2749],
tenuto ivi in prigione, allorchè Galerio calò in Italia, fu fatto
strangolare. Gli altri scrittori il dicono ucciso in Ravenna, e che
per grazia gli fu permesso di morir dolcemente colle vene tagliate; e
Lattanzio[2750] lasciò scritto, che egli, veggendo disperato il caso,
volontariamente s'era renduto a Massimiano. Pare che tal tragedia
succedesse nel febbraio di questo anno. Rimase di Severo un figlio per
nome _Severiano_, che Licinio fece poi morire nell'anno di Cristo 313
per estinguere in lui ogni pretensione al dominio.
Sbrigato da questo nemico, Massimiano Erculio ben conosceva che gli
restava più da fare con Galerio Augusto, uomo temuto pel suo valore,
ma più per la copia e possanza delle sue armi; giacchè ognun prevedeva
ch'egli non lascerebbe invendicata la morte di Severo. Pertanto andò
in persona a trovare il vecchio Diocleziano che si godeva un delizioso
riposo nella sua villa di Salona, per muoverlo a riassumere la porpora
imperiale. Gittò i passi, perchè Diocleziano vedeva il mare in
burrasca, ed egli se ne voleva stare sicuro sul lido, di là mirando le
altrui tempeste. Rivolse dunque Massimiano le speranze e i passi suoi
a Costantino Cesare, che nelle Gallie, dopo le vittorie riportate
contro ai Franchi, con gran credito di valore e di forze si godeva la
pace[2751]. Per tirarlo nel suo partito, gli disse quanto male potè di
Massenzio suo figliuolo, probabilmente esibendo di deporlo; il
dichiarò ancora _Imperadore Augusto_, e gli diede in moglie _Flavia
Massimiana Fausta_ sua figliuola, chiamata così nelle medaglie[2752],
giacchè si suppone che fosse già mancata di vita _Minervina_ sua prima
moglie, o pur concubina e madre di Crispo suo primogenito, che fu poi
Cesare. Perciò di qui cominceremo a contare gli anni dell'imperio di
Costantino. Intanto calò in Italia con poderoso esercito Galerio
Augusto, e venne a Roma, con trovare che si era ingannato in credere
sufficiente quell'armata ad assediarla, perchè, non avendola mai
veduta, non ne sapeva la vasta circonferenza. Arrivato a Terni, spedì
Licinio e Probo a Massenzio suo genero, per indurlo a venire a
trovarlo, e trattare d'accordo. Se ne rise Massenzio: dal che
maggiormente irritato Galerio minacciava l'eccidio al genero, al
senato e a tutto il popolo romano[2753]. Ma seppe anche questa volta
Massenzio sedurre una parte della di lui armata, perchè conoscendo
costoro quanto fosse vergognosa azione che soldati romani volgessero
l'armi contra di Roma lor madre, non durarono fatica ad abbandonar
Galerio, per darsi a Massenzio. Avrebbe fatto altrettanto il resto
dell'armata di Galerio, s'egli, gittatosi ai lor piedi, non avesse con
preghiere e promesse frastornata la lor sollevazione. Sicchè fu
costretto a levar l'assedio; e colui che si credeva di far paura a
tutti, ebbe per grazia il potersene andare in salvo, pieno non so se
più di rabbia o di vergogna. Nel tornarsene addietro, parte per
impedire ai nemici il tenergli dietro, e parte perchè così avea
promesso ai soldati restati con lui, loro permise di dare il sacco a
tutto il paese per dove passò: nella quale occasione commisero tutte
quante le enormità che si sogliono praticare nel saccheggio delle
nemiche prese città. Ebbe in questa maniera Galerio il comodo di
tornarsene nella Pannonia, ma con lasciare in Italia il nome non
d'Imperadore, ma di assassino de' Romani.
Mentre tali cose succedeano in Italia, Massimiano Erculio, che
dimorava nelle Gallie, avea ben conseguito che il genero Costantino
Augusto non si unisse con Galerio, ma non potè già ottenere ch'egli
prendesse l'armi contra del medesimo Galerio, ancorchè venissero le
nuove ch'esso al maggior segno spelato e scornato se ne scappava
dall'Italia. Indispettito il suo cuore per questo, se ne ritornò a
Roma, e quivi col figlio Massenzio seguitò a signoreggiare[2754]. Ma
l'ambizioso ed inquieto vecchio non sapea sofferire che si desse la
preminenza al figliuolo, benchè da lui avesse ricevuta la porpora, nè
che i soldati mostrassero maggior obbedienza ad esso suo figlio che a
lui. Perciò pien di veleno cominciò sotto mano a procurar d'alienare
gli animi delle soldatesche da Massenzio; ma vedendo che non gli
riusciva il tentativo, un dì, fatte raunar le milizie e il popolo,
alla presenza del figliuolo, esagerò forte i mali e i disordini
correnti dello Stato, e poi si rivolse con fiera invettiva contra
Massenzio, attribuendo alla di lui poca testa e cattiva condotta la
serie di tutti que' malanni. Non avea lo indiavolato vecchio finito di
dire, quando preso colle mani il manto purpureo del figliuolo, glielo
strappò di dosso, e lo stracciò. Si contenne Massenzio in quel
frangente, ed altro non fece se non che si rifugiò fra i soldati, i
quali caricarono di villanie Massimiano, e si sollevarono contra di
lui. Sembrerà a taluno una semplicità il dirsi da Zonara[2755], che
Massimiano volle dipoi far credere ai soldati che quella era stata una
burla, per provare se amavano veramente suo figlio: il che nulla gli
valse, perchè tanto strepito fecero le milizie, ch'egli fu forzato a
fuggirsi di Roma. Se ne andò nelle Gallie a dolersi col genero
Costantino d'essere stato cacciato dal figlio[2756]; ma Costantino, a
cui non doveano mancare più sicuri avvisi del fatto, niun impegno
volle assumere dell'inquieto suocero, di maniera ch'egli, dopo essere
dimorato qualche tempo, ma senza vantaggio de' suoi interessi, nelle
Gallie, prese lo spediente di andar a trovare il maggior nemico che si
avesse il figliuolo, cioè lo stesso Galerio Augusto. Fu creduto, per
vedere se potesse aprirsi la strada a qualche tradimento per levargli
la vita, ed occupar, se gli veniva fatto il suo luogo[2757]. Trovavasi
allora Galerio nella Pannonia a Carnonto, dove avea fatto venir
Diocleziano da Salona, per dar più credito alla elezione di un nuovo
Augusto ch'egli meditava, per supplire la mancanza dell'ucciso Severo.
Andarono falliti tutti gl'intrighi, tutte le speranze di Massimiano,
per aver trovato quelle milizie fedeli a Galerio, e tentata invano la
costanza di Diocleziano per fargli riassumere la porpora imperiale.
Sicchè altro non gli restò che di assistere con lui e di dar vigore,
per non potere di meno, alla promozione che Galerio fece di _Licinio_,
dichiarandolo _Augusto_, avendogli forse ne' precedenti mesi conferito
il titolo di _Cesare_, come ha preteso taluno, e sembra confermato da
Aurelio Vittore. Seguì tal funzione, secondo Idacio[2758], nel dì 11
di novembre, non già dell'anno seguente, come ha esso Idacio, ma del
presente, come si raccoglie dalla Cronica Alessandrina.
_Licinio_ che, creato Augusto, si trova appellato nelle medaglie[2759]
e nelle iscrizioni[2760] _Caio Flavio Galerio Liciniano Licinio_, era
nativo[2761] anch'egli dell'Illirico, perchè venuto alla luce nella
Dacia nuova, oggidì la Servia, di vile e rustica famiglia[2762],
ancorchè egli dipoi cresciuto in fortuna si vantasse di trar l'origine
sua dall'imperadore Filippo. Passato dall'aratro alla milizia, niuna
conoscenza avea delle lettere, anzi se ne protestava nemico
dichiarato[2763], chiamandole un veleno e peste dello stato, e
massimamente odiando gli avvocati e procuratori, ch'egli credeva atti
solo ad imbrogliare ed eternar le liti del foro. L'amicizia fra lui e
Galerio Augusto avea avuto principio fin quando si diedero entrambi al
mestiere delle armi; ed ora poi cresciuta a tal segno la loro
intrinsichezza, massimamente dipoi che di grandi prodezze avea fatto
Licinio nella guerra co' Persiani, che Galerio nulla quasi facea senza
il di lui consiglio. Pertanto prima d'ora avea egli risoluto di
crearlo Augusto, subito che fosse mancato di vita l'imperador
Costanzo. Ma essendo stato prevenuto da Costantino, Galerio eseguì ora
il suo disegno con dargli la porpora imperiale, disegnando poi di
mandarlo a far guerra a Massenzio tiranno di Roma e dell'Italia.
Scrive Eusebio[2764] che sul principio del principato di Costantino i
Britanni posti all'Occidente dell'Oceano, si sottomisero al di lui
dominio. Non so io dire, se ciò sia un fatto diverso da quanto si è
narrato al precedente anno della guerra di Costanzo suo padre coi
Pitti e Caledonii.
NOTE:
[2743] Reland., in Fast.
[2744] Aurelius Victor, in Epitome.
[2745] Vopiscus, in Vita Aureliani.
[2746] Eutrop. Aurel. Vict. Lactantius.
[2747] Idacius, in Chronico.
[2748] Zosimus, lib. 2, cap. 10.
[2749] Anonymus Valesianus.
[2750] Lactantius, de Mortib. Persecut., cap. 26.
[2751] Incertus, in Panegyr. Maximian. et Const.
[2752] Mediobarbus, in Numismat. Imp.
[2753] Anonym. Valesianus. Lactantius. Zosimus. Aurel. Vict.
[2754] Lactantius, de Mortibus Persecut., cap. 28. Eutrop., in Brev.
[2755] Zonaras, in Annalibus.
[2756] Lactantius, de Mortib. Persecut., cap. 26.
[2757] Eusebius, in Chron.
[2758] Idacius, in Fastis.
[2759] Mediobarb., in Numismat. Imperat.
[2760] Gruterus in Inscription. Thesaur. Novus Veter. Inscript.
[2761] Eutrop., in Breviar. Anonymus Valesianus.
[2762] Capitolin., in Gordian.
[2763] Aurelius Victor, in Epitome.
[2764] Euseb., in Vita Constantini, lib. 4. cap. 50.
Anno di CRISTO CCCVIII. Indizione XI.
MARCELLO papa 1.
GALERIO imperadore 4.
MASSENZIO imperadore 3.
COSTANTINO imperadore 2.
LICINIO imperadore 2.
MASSIMINO imperadore 1.
_Consoli_
_Marco Aurelio Valerio Massimiano Augusto_ per la decima volta e CAIO
GALERIO MASSIMIANO AUGUSTO per la settima.
Durando tuttavia la discordia tra tanti imperadori, continuò ancora la
confusione ne' consolati. Pare che i suddetti consoli fossero
pubblicati da Galerio Augusto, che era d'accordo con Massimiano, ma
non già col di lui figliuolo e genero suo Massenzio, benchè
probabilmente si trattasse di qualche accordo. Di qua venne che in
Roma non furono accettati i consoli suddetti pei tre primi mesi. E non
essendo seguito aggiustamento alcuno, abbiamo dall'autore del Catalogo
dei prefetti di Roma[2765], che _Massenzio_ si fece dichiarar console
nell'anno presente insieme con _Romolo_ suo figliuolo, il quale è
nomato nelle medaglie[2766] _Marco Aurelio Romolo_. Truovasi anche in
alcuni Fasti sotto quest'anno _Diocleziano console per la decima
volta_; ma è da credere uno sbaglio de' copisti, perchè Diocleziano
non si volle più ingerire ne' pubblici affari. La prefettura di Roma
fu in quest'anno appoggiata a _Stazio Raffino_[2767]. Dopo essere
stata lungo tempo vacante la cattedra di San Pietro, in quest'anno fu
creato papa _Marcello_. Contuttochè il padre Pagi[2768] pretenda che
nell'anno precedente _Massimino Cesare_ prendesse di sua autorità il
titolo d'_Augusto_, tuttavia sembra più probabile che ciò succedesse
nell'anno presente. Stava esso Massimiano alla guardia e al governo
dell'Oriente. Allorchè egli intese che _Licinio_ era stato promosso,
nel di 11 di novembre, alla dignità imperiale, cominciò forte a
strepitare, pretendendo fatto a sè stesso un gravissimo torto, perchè,
essendo egli stato dichiarato Cesare molto prima di Licinio,
l'anzianità sua esigeva ch'egli fosse anteposto all'altro negli
onori[2769]. Pervenuti a notizia di Galerio questi suoi lamenti, per
attestato di Lattanzio, inviò _più legati_ a Massimino per quetarlo,
pregandolo istantemente di ubbidire, di accettar le risoluzioni da lui
prese, e di cedere a chi era maggiore di lui in età: che tale dovea
essere Licinio. Ostinossi Massimino nella sua pretensione, e perciò
Galerio si rodeva le dita per aver alzato costui dal fango, e creatolo
Cesare con isperanza d'averlo ubbidiente ad ogni suo cenno, quando ora
il trovava sì restio e impaziente degli ordini. Andò poi a terminare
la faccenda in avere il superbo Massimino, ad onta di Galerio, deposto
il titolo di _Cesare_ e preso quel di _Augusto_, con far poi sapere a
Galerio, essere stato l'esercito suo che l'avea proclamato
_imperadore_, senza ch'egli avesse potuto resistere. Queste ambasciate
e questo dibattimento, che per la lontananza delle persone richiedeva
del tempo, debbono a noi parere bastevoli fondamenti per credere
seguita, non già nell'anno precedente, ma bensì nel presente,
l'esaltazione di Massimino. Sicchè noi ora abbiamo nell'imperio romano
cinque diversi Augusti, _Galerio Massimiano_, _Massenzio_,
_Costantino_, _Licinio_, e _Massimino_. Lattanzio vi aggiugne anche
_Diocleziano_; ma niuno scrive ch'egli mai ripigliasse la porpora. Da
tanti principi ognun può immaginare qual confusione dovesse esser
quella de' pubblici affari. Sembra nondimeno che, a riserva di
Massenzio, gli altri andassero in qualche maniera d'accordo insieme.
Quanto a _Massimino_, già appellato _Daza_, come dicemmo, uscito da
parenti rustici e vili nell'Illirico, egli si era tirato innanzi colla
profession delle armi, e tuttochè si dica ch'egli fosse uomo
quieto[2770], pure abbiamo da Lattanzio[2771] e da Eusebio[2772],
ch'egli fu un grande assassino de' popoli a lui sottoposti, con
ispogliarli per arricchire i soldati, e del pari superstizioso e fiero
persecutor de' Cristiani, come risulta dalla storia ecclesiastica.
Chiarito in questi tempi _Massimiano Erculio_, che poco a lui
profittavano le cabale sue ne' paesi di Galerio Augusto, se ne promise
miglior effetto presso di Costantino imperadore, genero suo e
figliuolo di un suo genero. Andossene dunque[2773] a trovarlo nelle
Gallie, fu ricevuto da lui con tutti gli onori, alloggiato nel
palazzo, e sì nobilmente provveduto di tutto[2774], come s'egli fosse
padrone in quelle parti, volendo Costantino che ognun l'ossequiasse ed
ubbidisse quasi più di lui stesso. Allora l'astuto vecchio, trovandosi
in mezzo a tanti comodi, per far ben credere al genero di non covar
più pensiero alcuno di regno, e di voler terminare in pace al pari di
Diocleziano i suoi giorni, depose la porpora, e si ridusse ad una vita
privata, in cui non mancava a lui delizia veruna. Tutto questo per più
facilmente ingannare l'Augusto genero. Avvenne che i Franchi fecero in
questi tempi qualche movimento d'armi contro le terre romane. Marciò a
quella volta Costantino con poca gente e alla sordina, così
consigliato da Massimiano, per sorprendere i nemici; ma altro in testa
avea il tuttavia ambizioso suo suocero. Sperava costui che Costantino
restasse involto in qualche grave pericolo, e di poter egli intanto
impadronirsi dell'armi e milizie lasciate addietro. In fatti, da che
si fu separato da lui, s'inviò verso Arles, dov'era il grosso delle
soldatesche, consumando nel cammino tutti i viveri, affinchè
mancassero a Costantino, caso ch'egli si rivolgesse a quelle parti.
Giunto ad Arles, di nuovo assunse l'abito imperiale, s'impossessò del
palazzo e de' tesori, dei quali tosto si servì per adescare e tirar
dalla sua quelle soldatesche; scrisse del pari all'altre più lontane,
invitandole con grandiose promesse, e screditando presso tutti un
genero, da cui tante finezze avea ricevuto Costantino, che non molto
si fidava di questo inquieto vecchio, e gli avea lasciato appresso
delle spie, immantinente fu avvertito de' primi moti del suo
tradimento, e però a gran giornate dal Reno sen venne ad Arles, prima
che Massimiano avesse preso buon piede; riguadagnò tutte le ribellate
milizie, e seguitò il suocero, che andò a ritirarsi a Marsiglia. Dato
l'assalto a quella città, si trovò che le scale erano troppo corte pel
bisogno, e convenne far sonare la ritirata. Lasciatosi veder
Massimiano sulle mura, Costantino avvicinatosegli, con tutta la
dolcezza possibile gli rimproverò una perfidia così indegna di un par
suo. Altro per risposta non riportò che delle ingiurie. Ma i cittadini
in quel tempo, aperta una porta della città, vi lasciarono entrar la
gente di Costantino, la quale, preso Massimiano, il condusse davanti
al genero Augusto. Atto d'incredibil moderazione convien ben dire che
fosse quel di Costantino, perchè a riserva de' rimproveri fatti al
perfido suocero, e all'avergli tolta di dosso la porpora imperiale,
niun altro male gli fece, nè il cacciò dalle Gallie; anzi sembra che
seguitasse a ritenerlo in sua corte, vinto probabilmente dalle
preghiere di Fausta sua moglie. Qui nondimeno non finirono le scene di
quest'uomo perfidioso, siccome vedremo. Liberato dal suddetto pericolo
l'Augusto Costantino, perocchè tuttavia pagano[2775], fece dei ricchi
donativi al superbo tempio d'Apollo creduto quello di Autun, dove
opinione era che si scoprisse la gente spergiura in quelle acque
calde.
Si può fondatamente riferire all'anno presente una sollevazione
insorta nell'Africa, di cui parlano Zosimo[2776] ed Aurelio
Vittore[2777]. Probabilmente ubbidiva l'Africa a Galerio Augusto dopo
la morte di Severo. Massenzio, imperadore di Roma e dell'Italia, ben
sapendo che quelle provincie erano dinanzi assegnate all'Augusto
dominante in Roma, cercò di stendere colà il suo dominio, e vi mandò
le sue immagini scortate da una man di soldati. Furono queste
rigettale da que' popoli. Ma perchè le truppe del paese non poterono o
non vollero fare resistenza, Cartagine col resto della contrada venne
alla di lui ubbidienza. Cadde in pensiero a Massenzio di portarsi
personalmente in Africa per processare e spogliare chiunque avea
sprezzate l'immagini sue; ed avrebbe eseguito il disegno, se gli
aruspici, con allegar segni infausti nelle vittime, non l'avessero
trattenuto. Pertanto non fidandosi di _Alessandro_ nativo della
Frigia, che esercitava l'uffizio del prefetto del pretorio, o pur di
suo vicario in Cartagine, gli scrisse che voleva per ostaggio un di
lui figliuolo. Sapeva Alessandro che iniquo e sregolato principe fosse
Massenzio, e però si andò scusando per non inviarlo. Scoperto poi che
era venuta gente d'ordine d'esso Massenzio per assassinarlo, ancorchè
persona di poco spirito e di molta età e pigrizia, intavolò una
ribellione, e si fece proclamar _Augusto_ da quelle milizie. Cosi ai
cinque sopraccitati imperadori si aggiunse quest'altro, sempre più
crescendo con ciò lo smembramento del romano imperio. Crede il
Tristano[2778] che un _Nigriniano_, appellato _Divo_ in qualche rara
medaglia, fosse figliuolo del suddetto Alessandro; ma si può
dubitarne. Per tre anni si sostenne esso Alessandro nella signoria
dell'Africa, come apparisce dalle di lui medaglie[2779].
NOTE:
[2765] Bucher., de Cyclo.
[2766] Mediobarb., in Numismat. Imperat.
[2767] Cospinianus. Bucherius.
[2768] Pagius, in Crit. Baron.
[2769] Lactantius, de Mortib. Persec., cap. 32.
[2770] Aurelius Victor, in Epitome.
[2771] Lactantius, de Mortib. Persecut. cap. 32.
[2772] Euseb., Histor. Eccles., lib. 8, cap. 14.
[2773] Lactant., ibid., cap. 29.
[2774] Eumen., Panegyr. Constant., cap. 14 e seg.
[2775] Eumen., Panegyr. Const., cap. 21.
[2776] Zosimus, lib. 2, cap. 12.
[2777] Aurel. Victor, in Epitome.
[2778] Tristan., Medail., lib. 3.
[2779] Mediobarbus, Numism. Imperator.
Anno di CRISTO CCCIX. Indizione XII.
MARCELLO papa 2.
GALERIO imperadore 5.
MASSENZIO imperadore 4.
COSTANTINO imperadore 3.
LICINIO imperadore 3.
MASSIMINO imperadore 3.
_Consoli_
MASSENZIO AUGUSTO per la seconda volta, e ROMOLO CESARE per la
seconda.
I consoli da me proposti sono quei che Massenzio tiranno elesse in
Roma, e venivano riconosciuti per l'Italia. Ma per le altre provincie
del romano imperio, stante la discordia fra gli Augusti, non si sa che
fossero eletti consoli; o se furono eletti, ne è ignoto il nome, dal
che venne che la gente, per denotar l'anno presente, si valeva della
formola _post consulatum Maximiani X et Galerii VII_. Contuttociò vi
ha chi pretende che _Licinio Augusto_ prendesse il consolato anche
egli. Abbiam veduto _Romolo_ Cesare, figliuolo di Massenzio,
esercitare il secondo consolato nell'anno presente; ma forse in questo
medesimo egli mancò di vita, credendo alcuni che nelle acque del
Tevere egli si affogasse, ma senza notizia del come; anzi con dubbio
tuttavia se tale veramente fosse la morte di lui, perchè il passo di
un panegirista[2780] di Costantino non lascia scorgere se ivi si parli
di Massenzio stesso o pure del figlio. Anzi perchè vedremo veramente
annegato Massenzio in quel fiume, di lui e non del figliuolo pare che
s'abbia da intendere quel passo. La prefettura di Roma fu in
quest'anno appoggiata ad _Aurelio Ermogene_. Il tempo, in cui
Massimiano Erculio pose fine alle cabale sue colla morte, resta
tuttavia incerto. Idacio[2781] ne parla all'anno seguente.
Eusebio[2782] all'anno terzo di Massenzio suo figlio. E perciocchè
esso anno terzo si stendeva alla maggior parte del presente, sembra a
me assai verisimile che in questo succedesse il fine della sua
tragedia, di cui buon testimonio è Lattanzio[2783] scrittore di questi
tempi, oltre all'Anonimo Valesiano[2784], Zosimo[2785] ed
Eutropio[2786]. Noi lasciammo questo maligno personaggio nelle Gallie,
dove, deposta la porpora, non ostante la sua sperimentata perfidia,
ricevea un trattamento onorevolissimo da Costantino suo genero. Ma
avvezzo al comando, nè sapendo accomodarsi alla vita privata, che non
fece il mal uomo? Ora con preghiere ed ora con lusinghe andò
tempestando la figliuola Fausta, per indurla a tradire l'Augusto
marito, con promettergliene un altro più degno, e a lasciar aperta una
notte la camera del letto maritale. Finse ella d'acconsentire, e
rivelò tutto a Costantino; ed egli per chiarirsene mise nel suo letto
per quella notte un vile eunuco. Massimiano sulla mezza notte armato
comparve colà, e trovate poche guardie, ed anche lontane, con dir loro
d'aver fatto un sogno che egli voleva rivelare al suo caro figliuolo
imperadore, passò nella stanza e trucidò il misero eunuco. Ciò fatto,
uscì fuori confessando il fatto, ed anche gloriandosene; ma eccoti
sopravvenir Costantino con una man d'armati, il quale, fatto portare
il cadavero dell'ucciso alla presenza d'ognuno, fece una scarica
d'improperii sopra l'iniquissimo vecchio, senzachè egli sapesse
proferir parola in sua discolpa: tanto si trovò sbalordito e confuso.
Gli fu data licenza d'eleggersi la maniera della morte, e questo fu il
laccio, con cui diede fine alla scellerata sua vita. Fallò Zosimo con
dire che questo ignominioso fine gli arrivò in Tarso, quando è certo
che fu in Provenza, cioè ad Arles, dove soleva dimorar colla sua corte
Costantino, o pure a Marsiglia, dove l'autore della Cronaca
Novaliciense[2787] circa l'anno 1054 pretende che fosse disotterrato
il corpo di Massimiano, il quale si trovò imbalsamato ed esistente in
cassa di piombo entro un'altra di candido marmo. Questo poi per ordine
di Rambaldo arcivescovo d'Arles fu gittato in alto mare. E tale fu il
fine obbrobrioso di quel superbo ed ambizioso principe, stato in
addietro sì fiero persecutore della religione di Cristo, e d'uno
ancora di questi ultimi imperadori nemici del nome cristiano, che Dio
punì con una morte la più vergognosa ed infame. Dall'aver Costantino
data onorevole sepoltura al suocero (come anche attesta santo
Ambrosio[2788], con dire che il fece mettere in una cassa non di marmo
bianco, ma di porfido), dedusse il padre Pagi[2789] che esso Augusto
si attribuiva ad onore d'essere _nipote di Massimiano_, adducendo per
questo un'inscrizione a lui posta, dove si trova intitolato così. Ma
se Costantino il Grande non appetisse, anzi abborrisse questa lode, si
può argomentare[2790] dal saper noi ch'egli fece atterrare tutte le
statue ed immagini appartenenti a Massimiano, e cancellar quante
iscrizioni e memorie potè di lui; e per conseguente è più tosto da
riferire quel marmo a Costantino juniore, figliuolo del Grande e di
Fausta figlia di esso Massimiano.
NOTE:
[2780] Incertus, in Panegyr. Constantini, cap. 18.
[2781] Idacius, in Fastis.
[2782] Eusebius, in Chron.
[2783] Lactantius, de Mortib. Persecut., cap. 30.
[2784] Anonymus Valesianus.
[2785] Zosimus, lib. 2, cap. 11.
[2786] Eutrop., in Breviar.
[2787] Chron. Novaliciense, Rer. Italicar., Part. II, tom. 2.
[2788] Ambrosius, Epistol. 53.
[2789] Pagius, in Crit. Baron.
[2790] Euseb., Histor. Eccles., lib. 8, cap. 13. Lactantius, de Mort.
Persec., cap. 42.
Anno di CRISTO CCCX. Indizione XIII.
EUSEBIO papa 1.
MELCHIADE papa 1.
GALERIO MASSIMIANO imperadore 6.
MASSENZIO imperadore 5.
COSTANTINO imperadore 4.
LICINIO imperadore 4.
MASSIMINO imperadore 4.
_Console_
_Massenzio_ imperatore solo.
Ne' fasti d'Idacio e nell'Anonimo del Bucherio, o sia del Cuspiniano,
è nominato il solo _Massenzio_ console in Roma. Fuori d'Italia si
contava _l'anno II dopo il consolato di Massimiano Erculio X e di
Galerio Massimiano VII_. Ne' Fasti di Teone enunziati si veggono sotto
questo anno _Andronico_ e _Probo_. Possiam sospettare che fossero
sostituiti a Massenzio. _Rufo Volusiano_ si trova nel presente anno
prefetto di Roma. In questi tempi la giustizia di Dio, che già aveva
abbattuto l'iniquo Massimiano Erculio, si fece sentire anche all'altro
imperadore Galerio Massimiano, soggiornante[2791] in Sardica nella
Dacia novella, cioè a colui che abbiam di sopra veduto principal
promotore della persecuzion dei Cristiani. Era egli innamorato del suo
paese nativo, ed abbiamo da Aurelio Vittore[2792], ch'egli con far
tagliare delle sterminate selve nella Pannonia, e mettere quelle terre
a coltura, e con fare scolar l'acque del lago Pelsone nel Danubio,
avea renduto un gran tratto di paese utilissimo alla repubblica.
Ardeva egli di odio contra di Massenzio tiranno di Roma, nè ad altro
pensava che a procedergli contro, ammassando a questo fine a tutto
potere genti e denari. Col pretesto adunque d'aver egli a solennizzare
i vicennali del suo regno cesareo, al che diceva che occorreano
immense spese, dopo aver già rovinate le provincie a lui suddite a
furia d'imposte, inorpellate col nome di prestanze, finì di smugnerle
e di assassinarle con altre gravezze, alla riscossion delle quali
deputò i suoi soldati, che meritavano piuttosto il nome di carnefici
che di esattori: tanta era la lor crudeltà. Lattanzio ci fa qui un
lagrimevol ritratto di quelle inumane esazioni, per le quali
violentemente si toglievano alla gente tutti i frutti delle lor terre,
senza lasciarle di che vivere. Ma chi è terribile sopra i re della
terra, fece finalmente intendere a costui che v'era uno sopra di
lui[2793], percuotendolo con piaga nelle parti segrete e vergognose,
piaga orribile ed incurabile, per i cui dolori insoffribili cominciò
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