Annali d'Italia, vol. 1 - 70
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emuli si videro disputare il dominio del romano imperio. In Roma fu
compianta la morte di Numeriano, giovane universalmente amato per le
sue buone qualità, fra le quali si contava ancora l'eloquenza[2490],
dicendosi che egli componesse delle declamazioni; e fosse anche sì
eccellente nella poesia, che superasse tutti i poeti del suo tempo.
Una medaglia (se pure è legittima) vi ha[2491], in cui si trova la di
lui deificazione; e che Roma continuasse dopo la di lui morte a
riconoscere per imperadore suo fratello _Carino Augusto_, senza far
caso di _Diocleziano_ e di _Giuliano Valente_, pare che non se ne
abbia a dubitare.
NOTE:
[2477] Panvin., in Fastis Consul.
[2478] Reland., in Fastis.
[2479] Mediobarbus, in Numismat. Imp.
[2480] Vopiscus, in Carino.
[2481] Vopiscus, in Numeriano.
[2482] Syncell., Histor.
[2483] Victor, de Caesaribus.
[2484] Victor, de Caesaribus.
[2485] Johannes Malala, Chronogr.
[2486] Zonaras, in Annalibus.
[2487] Chron. Alexandrin.
[2488] L. ut nemo invit., Ibi. 3 Cod.
[2489] Victor, de Caesaribus.
[2490] Vopiscus, in Numeriano.
[2491] Mediobarb., in Numismat. Imperat.
Anno di CRISTO CCLXXXV. Indiz. III.
CAIO papa 3.
CARINO imperadore 3.
DIOCLEZIANO imperadore 2.
_Consoli_
MARCO AURELIO CARINO AUGUSTO per la terza volta ed ARISTOBOLO; CAIO
AURELIO VALERIO DIOCLEZIANO AUGUSTO per la seconda volta in Oriente.
Ancorchè le leggi spettanti a questo anno, e riferite dal
Relando[2492], ed anche i Fasti antichi solamente ci esibiscano
consoli ordinarii nell'anno presente _Diocleziano Augusto per la
seconda volta_ ed _Aristobolo_, si ha nondimeno, a mio credere, da
tenere che _Carino Augusto per la terza volta_ nelle calende di
gennaio procedesse console insieme con _Aristobolo_. Siccome osservò
il cardinal Noris[2493] coll'autorità di Vittore, _Aristobolo_ era
prefetto del pretorio di Carino, e fu ai di lui servigi sino alla di
lui morte, succeduta, siccome diremo, in quest'anno. Come dunque può
stare che Aristobolo procedesse console con Diocleziano nemico di
Carino sul principio dell'anno presente? Però la legge[2494] che si
dice data nelle calende di questo anno, _Diocletiano II Augusto, et
Aristobulo Coss._, o è fallata nel mese, o pure Diocleziano, rimasto
solo nell'imperio, fece mutar la data, come ora sta. Sembra dunque
credibile ciò che Idacio[2495] scrisse ne' Fasti: cioè che _Carino_ in
Occidente con _Aristobolo_, e _Diocleziano_ in Oriente con altro
collega prendessero il consolato. Essendo poi riuscito a Diocleziano,
il più furbo uomo del mondo, di sedurre secretamente Aristobolo ed
altri del partito di Carino ad essere traditori del loro principe, dal
che venne la caduta di esso Carino Diocleziano dipoi, per premiar
Aristobolo, il lasciò continuar seco nel consolato, con volere che da'
precedenti atti si cancellasse il nome di Carino, e si leggesse in
essi il solo suo e di Aristobolo. Alla rovina poi di Carino sommamente
contribuì il discredito ch'egli s'era guadagnato colla enormità de'
suoi vizii e col suo vivere troppo sregolato. Il ritratto a noi fatto
da Vopisco[2496] cel rappresenta per uomo dato solo ai piaceri, ed
anche più illeciti, perduto nel lusso, e con testa insieme leggiera.
Nove mogli l'una dopo l'altra aveva preso, ed anche aveva ripudiate,
rimandandole gravide per lo più. Abborrì e cacciò in esilio i suoi
ottimi amici, per prenderne de' pessimi. I posti principali erano da
lui conferiti a gente infame. Uccise il suo prefetto del pretorio, e
in suo luogo mise _Matroniano_, antico mezzano delle sue libidini.
Diede anche il consolato ad un suo notaio della medesima scuola, ed
empiè il palazzo di buffoni, meretrici, cantori e ruffiani. Per non
durar la fatica di sottoscrivere le lettere e i decreti, si serviva
della mano di un complice dei suoi impuri eccessi. Aggiungasi che di
varii atti della sua crudeltà parla Eutropio[2497]; al qual vizio si
aggiunse ancora l'alterigia, leggendosi questa nelle superbe lettere
che scriveva al senato e nel poco rispetto che portava ai consoli,
anche prima di essere imperadore. Ne' suoi conviti, ne' suoi bagni si
notava una pazza prodigalità. In somma tali erano le di lui perverse
inclinazioni e scapestrata vita, che l'imperador Caro ebbe più d'una
volta a dire: _Costui non è mio figlio_; e fu creduto che esso suo
padre meditasse di levarlo dal mondo per non lasciar dopo di sè
successore sì indegno. Soggiornava probabilmente tuttavia nelle Gallie
Carino, quando gli giunsero gli avvisi della morte di _Numeriano_ suo
fratello, e che _Diocleziano_ in Oriente, _Giuliano Valente_
nell'Illirico erano stati proclamati Augusti. Laonde[2498], raunate
quante forze potè, si mosse per abbattere, se poteva, cotali
competitori. Girata l'Italia, e venuto nell'Illirico, diede battaglia
ad esso Valente, ed ebbe la fortuna di vincerlo e di levargli la vita.
Continuato poscia il viaggio, arrivò nella Mesia, dove gli fu a fronte
_Diocleziano_ coll'esercito suo. Seguirono fra loro varii
combattimenti; ma finalmente tra Viminacio e Murgo si venne ad una
giornata capitale, in cui riuscì a Carino di rovesciar l'armata nemica
e d'inseguirla. Erano molti de' suoi, per attestato di Aurelio
Vittore[2499], disgustati di un sì sfrenato Augusto, perchè non erano
salve dalla di lui libidine le mogli loro; e pensando che, s'egli
restava vincitore e solo padron dello imperio, maggiormente
imperverserebbe, e verisimilmente ancora mossi dalle offerte segrete
di Diocleziano, nell'inseguir ch'egli faceva i fuggitivi, lo stesero
morto con più ferite a terra. Così in poco più di due anni mancò
l'imperador _Caro_ colla sua prole; e _Diocleziano_ Augusto rimasto
assodato sul trono imperiale, da uomo accorto, perdonò a tutti, e
massimamente ad _Aristobolo_ console, uomo insigne, a cui conservò
tutti i suoi onori. Prese anche al suo servigio quasi tutte le milizie
che aveano servito a _Carino_: azione, a cui fece ognuno gran plauso,
al veder terminata una guerra civile senza esilii, senza morti e
confische di beni, siccome cosa rara e quasi senza esempio sotto Roma
pagana. Che Diocleziano vincitore venisse dipoi in questo anno a farsi
conoscere a Roma, e a ricevere le sommessioni del senato e del popolo,
sembra non inverisimile; e Zonara[2500] lo scrive. Nulladimeno le
memorie antiche osservate dal cardinal Noris[2501] ci portano a
credere ch'egli andasse a passar il verno nella Pannonia, con
apparenza che meditasse una spedizione contra de' Persiani, perchè con
essi non era seguita pace alcuna.
NOTE:
[2492] Reland., Fast. Consul.
[2493] Noris, Dissertat. de Num. Imper. Dioclet.
[2494] L. 2, C. si quis aliquem.
[2495] Idacius, in Fastis.
[2496] Vopiscus, in Carino.
[2497] Eutrop., in Breviar.
[2498] Aurelius Victor, in Epitome.
[2499] Idem, ibidem.
[2500] Zonaras, in Annalibus.
[2501] Noris, de Dioclet. Num.
Anno di CRISTO CCLXXXVI. Indizione IV.
CAIO papa 4.
DIOCLEZIANO imperadore 3.
MASSIMIANO imperadore 1.
_Consoli_
MARCO GIUNIO MASSIMO per la seconda volta e VETTIO AQUILINO.
_Diocleziano_, che abbiam veduto sì prosperosamente portato al soglio
imperiale, e sbrigato dagli emuli suoi, era oriondo[2502] da Dioclea,
città della Dalmazia; portò anche il nome di _Diocle_, che cangiò
poscia in quello di _Diocleziano_. L'uno dei Vittori[2503] e Zonara il
fanno di famiglia bassissima; ed opinione anche fu che fosse liberato,
o pur figliuolo di un liberto di _Anulino_ senatore. I più nondimeno
credeano che suo padre fosse stato uno scrivano o notaio. Non si sa
perchè egli assumesse il nome di _Caio Valerio Diocleziano_, come per
l'ordinario era chiamato. Truovasi col nome ancora di _Caio Aurelio
Valerio Diocleziano_, per mostrarsi forse successore ed erede di Marco
Aurelio Caro, e di Numeriano suo figlio. Per la via dell'armi andò
salendo sino ad essere comandante delle milizie della Mesia; e sotto
Numeriano fu capitano della guardia a cavallo. Fama era che gli fosse
stato predetto dalla moglie di un druido, a Tungres nelle Gallie,
ch'egli sarebbe imperadore[2504]. Imperocchè, facendo i conti con
quella donna istessa, questa disse ch'egli era troppo avaro.
Diocleziano burlando le rispose _che sarebbe poi liberale quando fosse
divenuto imperadore_. Replicò la donna _che non burlasse, perchè tale
sarebbe, allorchè avesse ucciso un apro_, cioè un cignale. Non cadde
in terra questa parola. Da lì innanzi Diocleziano si dilettò molto
della caccia e di uccidere dei cignali, ma senza veder mai effettuata
la predizione. Allora poi ch'ebbe ucciso il prefetto del pretorio
Apro, gridò: _Ora sì che ho ucciso il fatal cignale_; racconto che ha
del curioso, purchè questa cosa nata non fosse e inventata da qualche
bell'ingegno dopo del fatto. Il credito di Diocleziano[2505] l'aveva
portato al posto di console surrogato nell'anno 283, siccome accennai
di sopra. Non si può negare: in lui s'univano delle invidiabili
qualità, e soprattutto mirabile fu in lui l'accortezza e vivacità
della mente. In questa non avea pari; col suo mezzo penetrava
facilmente nel cuore altrui per iscoprirne le intenzioni e non
lasciarsi ingannare; e mercè d'essa ne' bisogni e pericoli sapea tosto
ritrovar ripieghi e scappatoie, con prevedere a tutto, con simulare e
dissimulare dovunque occorreva. L'umor suo era veramente impetuoso e
violento, ma s'era anche avvezzato a ritenerlo e a comandare a sè
stesso; e quando ancora prorompeva in crudeltà, avea l'arte di
coprirla, o di rigettarne l'odiosità sopra i consiglieri e ministri.
Ancorchè fosse inclinatissimo al risparmio e alla avarizia, sino a
commettere ogni sorta d'ingiustizia per danari, pure si mostrava
appassionato del fasto, massimamente nella pompa de' suoi abiti, sì
ricchi d'oro e di gemme, che superò la vanità de' più vani suoi
antecessori. Ma questo fu il più picciolo sfogo della sua superbia.
Giunse egli col tempo, ad imitazion di Caligola e di Domiziano, a
farsi chiamar Signore, ed adorare qual Dio: pazzia che Vittore scusa
con dire ch'egli non lasciò per questo di comparir padre dei suoi
popoli. Noi vedremo le di lui militari imprese; e pure Lattanzio ci
assicura ch'egli naturalmente era timido e tremava ne' pericoli. Ma in
fine, la lunghezza del suo imperio, benchè agitata da assaissime
tempeste, è un bastante argomento di credere che Diocleziano fosse
uomo di gran testa, e capacissimo di reggere un vasto imperio, con
saper tenere in freno i soldati e i grandi, veduti da noi autori in
addietro di tante mutazioni e tragedie.
Aveva ben egli moglie, cioè _Prisca_, ma non aveva figliuoli maschi da
essa. Però, volendo provvedersi di un aiuto, per sostenere il gran
peso di quell'ampia monarchia, uno ne scelse, e questi fu
_Massimiano_, appellato _Marco Aurelio Valerio Massimiano_ nelle
monete[2506] ed iscrizioni: nomi ch'egli prese dallo stesso suo
benefattor Diocleziano, come se fosse stato adottato da lui.
Convennero anche fra loro che Diocleziano prendesse il titolo di
_Giovio_, e Massimiano quello d'_Erculio_, quasi che fosse rinato
Giove, per cui tante belle azioni Ercole fece, come s'ha dalle favole.
E ornati di questi due vani e ridicoli titoli si trovano amendue nelle
antiche storie. Credesi che Diocleziano fosse nato circa l'anno 255, e
Massimiano circa l'anno 250. La patria d'esso Massimiano fu una villa
del distretto di Sirmio nella Pannonia, dove egli col tempo fece
fabbricare un suntuoso palazzo. I suoi genitori si guadagnavano il
pane con lavorare a giornata per altri. Ma il mestier della guerra
quel fu che da sì bassa condizione alzò a varii gradi e finalmente
alla più sublime grandezza Massimiano[2507]. Era egli sempre stato
amico intrinseco di Diocleziano, e partecipe di tutti i suoi segreti.
Parecchi attestati della sua bravura parimente avea dato in varie
guerre al Danubio, all'Eufrate, al Reno, all'Oceano[2508] sotto
Aureliano e Probo Augusti; e però Diocleziano, sentendo sè stesso di
natural timido e bisognoso di chi avesse petto per lui alle occasioni,
elesse l'amico Massimiano per suo braccio diritto, e poi per compagno
nel trono, tuttochè non apparisca che fra loro passasse parentela
alcuna. Cioè primieramente nel precedente anno il creò Cesare, e
cominciò ad appoggiargli i rischi e le più importanti imprese
dell'imperio. Da che fu partito dalle Gallie Carino, ovvero dappoichè
s'intese la di lui morte, s'erano sollevati in esse Gallie due capi di
masnadieri, cioè _Lucio Eliano_ e _Gneo Salvio Amando_: che così si
veggono appellati, e col titolo d'_Augusti_ in due medaglie[2509], se
pur esse son vere, giacchè Eliano dal Tillemont[2510] è appellato
_Aulo Pomponio_, e può dubitarsi che il desiderio degli amatori dei
musei di aver continuata la serie di tutti gli imperadori, abbia mosso
gl'impostori ad appagarli. Costoro adunque alla testa di numerose
schiere di contadini e ladri, chiamati Bagaudi, si diedero a scorrere
e saccheggiar le Gallie, con forzare talvolta anche le stesse città.
Diocleziano contra di tal gente non tardò a spedir Massimiano[2511]
con assai forze, e questi dopo alcuni combattimenti dissipò quella
canaglia, e rimise in pace le Gallie. S'è disputato fra i
letterati[2512] se questa impresa di Massimiano Erculio appartenga
all'anno precedente, oppure al presente o seguente. Probabilmente i
lettori non amerebbono ch'io entrassi in sì fatto litigio, e
massimamente perchè non è sì facile il deciderlo. Quel sì in che
convengono essi eruditi, si è che Diocleziano essendo in Nicomedia, e
sempre più riconoscendo quanto egli si poteva promettere di questo suo
bravo e vecchio amico, cioè di Massimiano, nell'anno corrente il
dichiarò anche Augusto e collega nell'imperio nel dì primo di aprile,
per quanto si ricava da Idacio nei Fasti[2513]. Fu stupenda cosa in
que' tempi il vedere come questi due Augusti, senza legame di sangue,
e d'umore l'un dall'altro diverso, pure andassero da lì innanzi sì
uniti, o governassero a guisa di due buoni fratelli. Conservava
Massimiano quel rustico che egli aveva portato dalla nascita, non meno
nel volto che ne' costumi[2514]. Il suo naturale era aspro e violento,
privo di civiltà e di umanità; si osservava anche dell'imprudenza nei
suoi disegni. Diocleziano, all'incontro, siccome furbo al maggior
segno, affettava l'affabilità e la dolcezza[2515], con lamentarsi
anche talvolta della durezza di Massimiano. Ma sapeva valersi della di
lui ferocia e selvatichezza all'esecuzion de' suoi voleri; e qualor si
trattava di qualche risoluzion severa ed odiosa, a lui ne dava
l'incumbenza e l'onore, sicuro che l'altro, senza farsi pregare,
l'avrebbe ubbidito. Il perchè chi mirava le sole apparenze, diceva che
Diocleziano era nato per fare un secolo d'oro, e Massimiano un secolo
di ferro. Abbiamo inoltre da Lattanzio[2516] che Massimiano non si
assomigliava già all'altro nell'avarizia, amando di comparir liberale;
ma qualora abbisognava di danaro, sapeva anche addossar dei delitti di
false cospirazioni ai più ricchi senatori, e fargli uccidere per
occupare i loro beni. Parla in oltre Lattanzio dell'insaziabil
lussuria di Massimiano, e della violenza che egli usava dappertutto
alle figliuole de' benestanti. Un passo di Mamertino[2517] sembra
indicare che appena dopo la sconfitta de' Bagaudi facessero
un'irruzion nelle Gallie i Borgognoni, Alamanni, Caiboni ed Eruli,
popoli della Germania. Furono anch'essi ben ricevuti da Massimiano che
si trovava in quelle parti; pochi d'essi si contarono che non
restassero vittima delle spade romane, niuno quasi essendone restato
che potesse portar la nuova della rotta alle proprie contrade. Vedesi
una iscrizione fatta prima del dì 17 di settembre dell'anno
presente[2518], in cui Diocleziano porta i titoli di _Germanico_ e
_Britannico_, credendosi questi derivati dalla vittoria suddetta, e da
qualche altra riportata dai suoi generali nella Bretagna.
NOTE:
[2502] Eutrop., in Brev. Lactant., de Mort. Persec.
[2503] Aurel. Victor, in Epit. Zonaras, in Annal.
[2504] Vopiscus, in Numeriano.
[2505] Aurelius Victor, in Epitome. Lactantius, de Mort. Persecut.
Eutrop., in Breviar.
[2506] Mediobarb., in Numismat. Imperat.
[2507] Aurelius Victor. Lactantius. Eutropius.
[2508] Mamertinus, in Panegyrico.
[2509] Goltzius et Mediobarbus, in Numismat. Imperat.
[2510] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[2511] In Panegyr. Max. et Const. Aurel. Victor. Eutropius.
[2512] Noris. Pagius. Tillemont et alii.
[2513] Idacius, in Fastis.
[2514] Aurelius Victor, ibidem. Eutrop., in Breviar. Lactantius, de
Mortib. Persecutor.
[2515] Vopiscus, in Aureliano.
[2516] Lactantius, de Mortib. Persecutor., cap. 8.
[2517] Mamertinus, in Panegyr. Maximiani.
[2518] Pagius, in Critic. Baron. ad hunc annum.
Anno di CRISTO CCLXXXVII. Indizione V.
CAIO papa 5.
DIOCLEZIANO imperadore 4.
MASSIMIANO imperadore 2.
_Consoli_
CAIO AURELIO VALERIO DIOCLEZIANO per la terza volta e MARCO AURELIO
VALERIO MASSIMIANO.
Prefetto di Roma[2519] fu in questo anno _Giunio Massimo_, da noi
veduto console. Un medaglione illustrato dall'incomparabile cardinal
Noris[2520], e battuto in quest'anno, ci rappresenta Diocleziano e
Massimiano Augusti, condotti in una carretta trionfale: segno che essi
celebrarono qualche trionfo, oppure che questo fu loro decretato dal
senato. Ciò vien creduto fatto o per le vittorie riportate nel
precedente anno da Massimiano contra le nazioni germaniche accennate
di sopra, oppure per qualche altra guadagnata contra de' Persiani,
siccome dirò, ovvero contra de' Franchi e Sassoni[2521], i quali per
mare faceano delle scorrerie nell'Oceano contro le Gallie. Certamente
Mamertino[2522], per lodar Massimiano, scrive (probabilmente con
iperbole e adulazione oratoria) che erano seguiti innumerabili
combattimenti nelle Gallie contra de' Germani, con aggiugnere che
costoro dipoi giunsero nel dì primo di quest'anno fin sotto le mura di
Treveri. Massimiano, che quivi era a quartier di verno, e solennizzava
l'ingresso del suo consolato, prese l'armi, si scagliò contra di loro,
e li mise in rotta. Venuta poi la primavera, valicò il Reno, portando
la guerra in casa de' medesimi Barbari, devastando quel paese con loro
gran danno. Il movimento poco fa accennato dei Franchi e Sassoni per
mare contra le Gallie ebbe principio nell'anno precedente. Massimiano
non perdè tempo ad allestire anch'egli una flotta di navi per opporla
a quelle barbare nazioni, e ne diede il comando a _Carausio_, uomo
bassamente bensì nato fra i popoli Menapii[2523] nella Fiandra, oppur
nel Brabante, ma di gran credito, specialmente nel condurre navi e far
battaglie marittime. Che costui desse delle percosse a que' corsari,
pare che si ricavi dal panegirico di Mamertino. Ma a poco a poco si
venne scorgendo che Carausio prendea gusto a continuar la guerra in
vece di estinguerla, lasciando che i Franchi e i Sassoni venissero a
spogliar le contrade romane, per poscia tor loro il bottino, senza
pensare a restituirlo a chi si dovea. Ordinò perciò Massimiano colla
consueta fierezza che gli fosse tolta la vita. Trapelò quest'ordine,
ed avvisatone Carausio, provvide a sè stesso col condur tutta la
flotta a lui raccomandata nella Bretagna, dove tratte nel suo partito
le milizie romane di guarnigione in quella grand'isola, si fece
acclamare Augusto. Il Noris crede ciò fatto nell'anno presente, ed è
seco Eusebio[2524]. Il Pagi[2525] nel precedente. Diedesi poscia
Carausio a far preparamenti per sostenersi in quel grado, fabbricando
nuovi legni, facendo leve di gente e tirando al suo servigio una gran
copia di Barbari, a' quali insegnò l'arte di combattere in mare.
Perchè nel medaglione prodotto dal Noris si vede tirato il carro
trionfale da quattro elefanti, potrebbe ciò piuttosto indicar vittorie
riportate da Diocleziano in Levante contra de' Persiani. Certo è
ch'egli marciò a quella volta, non volendo soffrire che Narseo, o
Narse, re di Persia (altri dicono Vararane II) avesse[2526] dopo la
morte di Caro Augusto occupata la Mesopotamia, e se la ritenesse.
Sembra in oltre che l'armi persiane fossero penetrate nella Soria, e
ne minacciassero la stessa capitale Antiochia. Chiaramente scrisse
Mamertino che i Persiani, o pel terrore o per la forza dell'armi
romane, si ritirarono dalla Mesopotamia, e si vide obbligata quella
nazione ad aver per confine il fiume Tigri. E verisimilmente fu in
quella occasione che il re loro inviò dei ricchi presenti a
Diocleziano, con parere eziandio che seguisse pace fra loro.
Certamente la storia non ci esibisce per molti anni dissensione alcuna
fra i Romani e i Persiani; e però sembra che Diocleziano ottenesse
l'intento suo, non solo di ricuperar le provincie e città perdute in
Oriente, ma di lasciar quivi anche la quiete. Convien nondimeno
confessare che troppo difficil cosa è il riferire a' suoi proprii anni
le imprese di questi due imperadori, perchè d'esse fanno bensì
menzione i panegiristi d'allora, ma senza ordine di tempi. Perciò
può essere che appartenga all'anno seguente, come pensò il
Tillemont[2527], la guerra fatta da Massimiano ai Germani di là dal
Reno, con dare ampiamente il guasto al loro paese; e che medesimamente
si debba differire ad esso anno la rinnovata amicizia dei Persiani con
Diocleziano, e la spedizion dei regali fatta da quel re, e mentovata
da Mamertino[2528]. Ma in fine, quel che importa, si è di saper gli
avvenimenti d'allora, ancorchè non si possa con sicurezza assegnarne
il tempo.
NOTE:
[2519] Bucherius, de Cycl.
[2520] Noris, de Num. Dioclet.
[2521] Aurelius Victor, in Epitome. Eutrop., in Breviar.
[2522] Mamertinus, in Panegyr. Maximiani.
[2523] Aurelius Victor, in Epitome. Eutrop., in Breviar.
[2524] Eusebius, in Chron.
[2525] Pagius, Crit. Baron.
[2526] Mamertinus, in Panegyr. Maximiani, c. 7.
[2527] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[2528] Mamertinus, in Paneg. Maximian., cap. 10.
Anno di CRISTO CCLXXXVIII. Indiz. VI.
CAIO papa 6.
DIOCLEZIANO imperadore 5.
MASSIMIANO imperatore 3.
_Consoli_
MARCO AURELIO VALERIO MASSIMIANO AUGUSTO per la seconda volta e
POMPONIO JANUARIO.
Fu, secondo il catalogo pubblicato dal Cuspiniano e Bucherio, in
questo anno prefetto di Roma _Pomponio Januario_; però il
Panvinio[2529] ed altri han creduto ch'egli nello stesso tempo
esercitasse l'impiego del consolato. E parendo veramente che in questi
tempi non ripugnasse l'esser insieme console e prefetto di Roma,
perciò ho osato anche io di dar a questo console il nome di
_Pomponio_. Stimò eziandio il suddetto Panvinio che non _Massimiano_
Augusto, ma un _Massimo_ procedesse console in quest'anno, affidato ad
un passo di Ammiano[2530], e di uno o due scrittori; ma il cardinal
Noris colla comune dei Fasti ha assicurato qui il consolato a
Massimiano. Se noi sapessimo l'anno preciso, in cui Mamertino recitò
il suo primo panegirico nel natale di Roma, cioè nel dì 21 d'aprile,
in lode di esso Massimiano imperadore, alla cronologia d'allora si
porgerebbe qualche sussidio. Il Noris lo riferisce all'anno seguente,
il Pagi al presente, altri più tardi. A me basterà di dire
raccogliersi da quel panegirico che Massimiano[2531], nel medesimo
tempo che dava delle lezioni del suo valore ai popoli nemici della
Germania, mettendo a ferro e fuoco le lor campagne, faceva un
formidabil preparamento di navi ne' fiumi grossi delle Gallie, con
disegno di liberar la Bretagna dall'usurpatore Carausio. Accadde che
in questo o pure nel precedente anno per una mirabil serenità si
mostrò favorevole il cielo alla fabbrica di essa flotta, e il verno
stesso parve una primavera. Non si sa ben distinguere nel testo di
esso Mamertino se a Massimiano o pure a Diocleziano sia da riferire la
venuta con un buon esercito nella Rezia, e l'aver quivi riportata
qualche vittoria contra i Germani, con istendere da quella parte i
confini del romano imperio. Certo è che Diocleziano circa questi tempi
ritornò carico d'allori dalla spedizion militare contra de' Persiani
in Europa, per trattare con Massimiano dei pubblici affari. Fa
parimente menzione Mamertino[2532] di Genobon, o sia Genobaud, re di
qualche nazion germanica (il Valesio[2533] ed altri il credono re de'
Franchi), il quale con tutta la sua gente venne ad inchinar
Massimiano, ad implorar la pace, e a promettere buona amicizia e lega.
NOTE:
[2529] Panvin., in Fastis Consul.
[2530] Ammianus, lib. 23.
[2531] Mamertinus, in Panegyr., cap. 7 et 12.
[2532] Idem, ibid., cap. 10.
[2533] Valesius, Hist. Franc.
Anno di CRISTO CCLXXXIX. Indiz. VII.
CAIO papa 7.
DIOCLEZIANO imperadore 6.
MASSIMIANO imperadore 4.
_Consoli_
BASSO per la seconda volta e QUINZIANO.
Seguitò ad essere prefetto di Roma _Pomponio Januario_. Prima che
Mamertino recitasse il suo panegirico, racconta egli che i due
imperadori vennero, Diocleziano dall'Oriente, e Massimiano dal
Ponente, per abboccarsi insieme e trattar dei ripieghi per i bisogni
dell'imperio. _Carausio_, impadronito della Bretagna, sempre più
cresceva in forze; i Barbari scatenati da ogni parte, non ostante le
rotte lor date, minacciavano tutto dì le provincie romane.
Mamertino[2534] parla di questo abboccamento, che sembra diverso da un
altro, di cui ragioneremo più innanzi. Videsi allora e si ammirò la
stupenda unione e concordia di questi due principi, uno de' quali,
cioè Diocleziano, fece pompa dei regali a lui mandati dal re persiano,
e l'altro delle spoglie riportate dal paese germanico. Quando si
ammetta che in questo, e non già nel precedente, anno Mamertino
recitasse in Treveri il suo panegirico a Massimiano, che si trovava in
quella città, capo allora delle Gallie, e frontiera contro i Germani,
si può credere che qualche tempo prima avendo esso Augusto Massimiano
compiuta la fabbrica di una flotta, per procedere contro Carausio
usurpator della Bretagna[2535], la spignesse dai fiumi nel mare. Erano
state basse fin allora l'acque per la lunga serenità, durata anche nel
verno; ma vennero a tempo pioggie, le quali, coll'ingrossar i fiumi,
facilitarono il trasporto di que' legni all'Oceano. Di bei successi,
di felici vittorie prometteva perciò quel panegerista a Massimiano. Ma
diversi dall'aspettazione riuscirono poscia gli avvenimenti. Dovette
darsi qualche battaglia navale, in cui la peggio, per la testimonianza
di Eutropio[2536], toccò a Massimiano, non essendo le genti sue sì
sperte nei combattimenti marittimi, come quelle di Carausio, uomo
avvezzo più di Massimiano a combattere in quell'elemento. Questa non
aspettata disgrazia quella fu che indusse Massimiano[2537] ad ascoltar
proposizioni di pace. E infatti riuscì a Carausio di ottenerla, con
ritener la signoria della Bretagna, inorpellandola col titolo di
Difensore di quelle provincie per la repubblica romana. Se è vera una
medaglia, rapportata dal cardinal Noris[2538], leggendosi ivi PAX
AVGGG., si conosce che anche Carausio conservò il titolo di _Augusto_,
di consenso degli altri due imperadori. Per conto di Diocleziano,
potrebbe essere che in quest'anno egli facesse guerra ai Sarmati,
Jutunghi e Quadi, e ne riportasse quelle vittorie che si veggono
mentovate dai panegiristi d'allora[2539], per le quali in qualche
iscrizione Diocleziano è intitolato _Sarmatico_. Trovasi anche nelle
medaglie[2540] di questo Augusto VICTORIA SARMATICA. Sarà
probabilmente un'iperbole adulatoria quella di Eumene[2541], dove dice
che la nazion de' Sarmati fu per queste guerre sì estenuata ed
abbattuta, che appena ne restò il nome per pruova della sua rovina.
Noi troveremo anche da qui innanzi assai vigorosa quella gente, e
nemica possente dell'imperio romano. Parlano ancora i panegiristi del
ristabilimento della Dacia, provincia di là dal Danubio[2542],
abbandonata già da Aureliano, ma senza poter noi meglio conoscere in
che consistesse questo accrescimento o vantaggio dell'armi romane.
NOTE:
[2534] Mamert., in Panegyr., cap. 9.
compianta la morte di Numeriano, giovane universalmente amato per le
sue buone qualità, fra le quali si contava ancora l'eloquenza[2490],
dicendosi che egli componesse delle declamazioni; e fosse anche sì
eccellente nella poesia, che superasse tutti i poeti del suo tempo.
Una medaglia (se pure è legittima) vi ha[2491], in cui si trova la di
lui deificazione; e che Roma continuasse dopo la di lui morte a
riconoscere per imperadore suo fratello _Carino Augusto_, senza far
caso di _Diocleziano_ e di _Giuliano Valente_, pare che non se ne
abbia a dubitare.
NOTE:
[2477] Panvin., in Fastis Consul.
[2478] Reland., in Fastis.
[2479] Mediobarbus, in Numismat. Imp.
[2480] Vopiscus, in Carino.
[2481] Vopiscus, in Numeriano.
[2482] Syncell., Histor.
[2483] Victor, de Caesaribus.
[2484] Victor, de Caesaribus.
[2485] Johannes Malala, Chronogr.
[2486] Zonaras, in Annalibus.
[2487] Chron. Alexandrin.
[2488] L. ut nemo invit., Ibi. 3 Cod.
[2489] Victor, de Caesaribus.
[2490] Vopiscus, in Numeriano.
[2491] Mediobarb., in Numismat. Imperat.
Anno di CRISTO CCLXXXV. Indiz. III.
CAIO papa 3.
CARINO imperadore 3.
DIOCLEZIANO imperadore 2.
_Consoli_
MARCO AURELIO CARINO AUGUSTO per la terza volta ed ARISTOBOLO; CAIO
AURELIO VALERIO DIOCLEZIANO AUGUSTO per la seconda volta in Oriente.
Ancorchè le leggi spettanti a questo anno, e riferite dal
Relando[2492], ed anche i Fasti antichi solamente ci esibiscano
consoli ordinarii nell'anno presente _Diocleziano Augusto per la
seconda volta_ ed _Aristobolo_, si ha nondimeno, a mio credere, da
tenere che _Carino Augusto per la terza volta_ nelle calende di
gennaio procedesse console insieme con _Aristobolo_. Siccome osservò
il cardinal Noris[2493] coll'autorità di Vittore, _Aristobolo_ era
prefetto del pretorio di Carino, e fu ai di lui servigi sino alla di
lui morte, succeduta, siccome diremo, in quest'anno. Come dunque può
stare che Aristobolo procedesse console con Diocleziano nemico di
Carino sul principio dell'anno presente? Però la legge[2494] che si
dice data nelle calende di questo anno, _Diocletiano II Augusto, et
Aristobulo Coss._, o è fallata nel mese, o pure Diocleziano, rimasto
solo nell'imperio, fece mutar la data, come ora sta. Sembra dunque
credibile ciò che Idacio[2495] scrisse ne' Fasti: cioè che _Carino_ in
Occidente con _Aristobolo_, e _Diocleziano_ in Oriente con altro
collega prendessero il consolato. Essendo poi riuscito a Diocleziano,
il più furbo uomo del mondo, di sedurre secretamente Aristobolo ed
altri del partito di Carino ad essere traditori del loro principe, dal
che venne la caduta di esso Carino Diocleziano dipoi, per premiar
Aristobolo, il lasciò continuar seco nel consolato, con volere che da'
precedenti atti si cancellasse il nome di Carino, e si leggesse in
essi il solo suo e di Aristobolo. Alla rovina poi di Carino sommamente
contribuì il discredito ch'egli s'era guadagnato colla enormità de'
suoi vizii e col suo vivere troppo sregolato. Il ritratto a noi fatto
da Vopisco[2496] cel rappresenta per uomo dato solo ai piaceri, ed
anche più illeciti, perduto nel lusso, e con testa insieme leggiera.
Nove mogli l'una dopo l'altra aveva preso, ed anche aveva ripudiate,
rimandandole gravide per lo più. Abborrì e cacciò in esilio i suoi
ottimi amici, per prenderne de' pessimi. I posti principali erano da
lui conferiti a gente infame. Uccise il suo prefetto del pretorio, e
in suo luogo mise _Matroniano_, antico mezzano delle sue libidini.
Diede anche il consolato ad un suo notaio della medesima scuola, ed
empiè il palazzo di buffoni, meretrici, cantori e ruffiani. Per non
durar la fatica di sottoscrivere le lettere e i decreti, si serviva
della mano di un complice dei suoi impuri eccessi. Aggiungasi che di
varii atti della sua crudeltà parla Eutropio[2497]; al qual vizio si
aggiunse ancora l'alterigia, leggendosi questa nelle superbe lettere
che scriveva al senato e nel poco rispetto che portava ai consoli,
anche prima di essere imperadore. Ne' suoi conviti, ne' suoi bagni si
notava una pazza prodigalità. In somma tali erano le di lui perverse
inclinazioni e scapestrata vita, che l'imperador Caro ebbe più d'una
volta a dire: _Costui non è mio figlio_; e fu creduto che esso suo
padre meditasse di levarlo dal mondo per non lasciar dopo di sè
successore sì indegno. Soggiornava probabilmente tuttavia nelle Gallie
Carino, quando gli giunsero gli avvisi della morte di _Numeriano_ suo
fratello, e che _Diocleziano_ in Oriente, _Giuliano Valente_
nell'Illirico erano stati proclamati Augusti. Laonde[2498], raunate
quante forze potè, si mosse per abbattere, se poteva, cotali
competitori. Girata l'Italia, e venuto nell'Illirico, diede battaglia
ad esso Valente, ed ebbe la fortuna di vincerlo e di levargli la vita.
Continuato poscia il viaggio, arrivò nella Mesia, dove gli fu a fronte
_Diocleziano_ coll'esercito suo. Seguirono fra loro varii
combattimenti; ma finalmente tra Viminacio e Murgo si venne ad una
giornata capitale, in cui riuscì a Carino di rovesciar l'armata nemica
e d'inseguirla. Erano molti de' suoi, per attestato di Aurelio
Vittore[2499], disgustati di un sì sfrenato Augusto, perchè non erano
salve dalla di lui libidine le mogli loro; e pensando che, s'egli
restava vincitore e solo padron dello imperio, maggiormente
imperverserebbe, e verisimilmente ancora mossi dalle offerte segrete
di Diocleziano, nell'inseguir ch'egli faceva i fuggitivi, lo stesero
morto con più ferite a terra. Così in poco più di due anni mancò
l'imperador _Caro_ colla sua prole; e _Diocleziano_ Augusto rimasto
assodato sul trono imperiale, da uomo accorto, perdonò a tutti, e
massimamente ad _Aristobolo_ console, uomo insigne, a cui conservò
tutti i suoi onori. Prese anche al suo servigio quasi tutte le milizie
che aveano servito a _Carino_: azione, a cui fece ognuno gran plauso,
al veder terminata una guerra civile senza esilii, senza morti e
confische di beni, siccome cosa rara e quasi senza esempio sotto Roma
pagana. Che Diocleziano vincitore venisse dipoi in questo anno a farsi
conoscere a Roma, e a ricevere le sommessioni del senato e del popolo,
sembra non inverisimile; e Zonara[2500] lo scrive. Nulladimeno le
memorie antiche osservate dal cardinal Noris[2501] ci portano a
credere ch'egli andasse a passar il verno nella Pannonia, con
apparenza che meditasse una spedizione contra de' Persiani, perchè con
essi non era seguita pace alcuna.
NOTE:
[2492] Reland., Fast. Consul.
[2493] Noris, Dissertat. de Num. Imper. Dioclet.
[2494] L. 2, C. si quis aliquem.
[2495] Idacius, in Fastis.
[2496] Vopiscus, in Carino.
[2497] Eutrop., in Breviar.
[2498] Aurelius Victor, in Epitome.
[2499] Idem, ibidem.
[2500] Zonaras, in Annalibus.
[2501] Noris, de Dioclet. Num.
Anno di CRISTO CCLXXXVI. Indizione IV.
CAIO papa 4.
DIOCLEZIANO imperadore 3.
MASSIMIANO imperadore 1.
_Consoli_
MARCO GIUNIO MASSIMO per la seconda volta e VETTIO AQUILINO.
_Diocleziano_, che abbiam veduto sì prosperosamente portato al soglio
imperiale, e sbrigato dagli emuli suoi, era oriondo[2502] da Dioclea,
città della Dalmazia; portò anche il nome di _Diocle_, che cangiò
poscia in quello di _Diocleziano_. L'uno dei Vittori[2503] e Zonara il
fanno di famiglia bassissima; ed opinione anche fu che fosse liberato,
o pur figliuolo di un liberto di _Anulino_ senatore. I più nondimeno
credeano che suo padre fosse stato uno scrivano o notaio. Non si sa
perchè egli assumesse il nome di _Caio Valerio Diocleziano_, come per
l'ordinario era chiamato. Truovasi col nome ancora di _Caio Aurelio
Valerio Diocleziano_, per mostrarsi forse successore ed erede di Marco
Aurelio Caro, e di Numeriano suo figlio. Per la via dell'armi andò
salendo sino ad essere comandante delle milizie della Mesia; e sotto
Numeriano fu capitano della guardia a cavallo. Fama era che gli fosse
stato predetto dalla moglie di un druido, a Tungres nelle Gallie,
ch'egli sarebbe imperadore[2504]. Imperocchè, facendo i conti con
quella donna istessa, questa disse ch'egli era troppo avaro.
Diocleziano burlando le rispose _che sarebbe poi liberale quando fosse
divenuto imperadore_. Replicò la donna _che non burlasse, perchè tale
sarebbe, allorchè avesse ucciso un apro_, cioè un cignale. Non cadde
in terra questa parola. Da lì innanzi Diocleziano si dilettò molto
della caccia e di uccidere dei cignali, ma senza veder mai effettuata
la predizione. Allora poi ch'ebbe ucciso il prefetto del pretorio
Apro, gridò: _Ora sì che ho ucciso il fatal cignale_; racconto che ha
del curioso, purchè questa cosa nata non fosse e inventata da qualche
bell'ingegno dopo del fatto. Il credito di Diocleziano[2505] l'aveva
portato al posto di console surrogato nell'anno 283, siccome accennai
di sopra. Non si può negare: in lui s'univano delle invidiabili
qualità, e soprattutto mirabile fu in lui l'accortezza e vivacità
della mente. In questa non avea pari; col suo mezzo penetrava
facilmente nel cuore altrui per iscoprirne le intenzioni e non
lasciarsi ingannare; e mercè d'essa ne' bisogni e pericoli sapea tosto
ritrovar ripieghi e scappatoie, con prevedere a tutto, con simulare e
dissimulare dovunque occorreva. L'umor suo era veramente impetuoso e
violento, ma s'era anche avvezzato a ritenerlo e a comandare a sè
stesso; e quando ancora prorompeva in crudeltà, avea l'arte di
coprirla, o di rigettarne l'odiosità sopra i consiglieri e ministri.
Ancorchè fosse inclinatissimo al risparmio e alla avarizia, sino a
commettere ogni sorta d'ingiustizia per danari, pure si mostrava
appassionato del fasto, massimamente nella pompa de' suoi abiti, sì
ricchi d'oro e di gemme, che superò la vanità de' più vani suoi
antecessori. Ma questo fu il più picciolo sfogo della sua superbia.
Giunse egli col tempo, ad imitazion di Caligola e di Domiziano, a
farsi chiamar Signore, ed adorare qual Dio: pazzia che Vittore scusa
con dire ch'egli non lasciò per questo di comparir padre dei suoi
popoli. Noi vedremo le di lui militari imprese; e pure Lattanzio ci
assicura ch'egli naturalmente era timido e tremava ne' pericoli. Ma in
fine, la lunghezza del suo imperio, benchè agitata da assaissime
tempeste, è un bastante argomento di credere che Diocleziano fosse
uomo di gran testa, e capacissimo di reggere un vasto imperio, con
saper tenere in freno i soldati e i grandi, veduti da noi autori in
addietro di tante mutazioni e tragedie.
Aveva ben egli moglie, cioè _Prisca_, ma non aveva figliuoli maschi da
essa. Però, volendo provvedersi di un aiuto, per sostenere il gran
peso di quell'ampia monarchia, uno ne scelse, e questi fu
_Massimiano_, appellato _Marco Aurelio Valerio Massimiano_ nelle
monete[2506] ed iscrizioni: nomi ch'egli prese dallo stesso suo
benefattor Diocleziano, come se fosse stato adottato da lui.
Convennero anche fra loro che Diocleziano prendesse il titolo di
_Giovio_, e Massimiano quello d'_Erculio_, quasi che fosse rinato
Giove, per cui tante belle azioni Ercole fece, come s'ha dalle favole.
E ornati di questi due vani e ridicoli titoli si trovano amendue nelle
antiche storie. Credesi che Diocleziano fosse nato circa l'anno 255, e
Massimiano circa l'anno 250. La patria d'esso Massimiano fu una villa
del distretto di Sirmio nella Pannonia, dove egli col tempo fece
fabbricare un suntuoso palazzo. I suoi genitori si guadagnavano il
pane con lavorare a giornata per altri. Ma il mestier della guerra
quel fu che da sì bassa condizione alzò a varii gradi e finalmente
alla più sublime grandezza Massimiano[2507]. Era egli sempre stato
amico intrinseco di Diocleziano, e partecipe di tutti i suoi segreti.
Parecchi attestati della sua bravura parimente avea dato in varie
guerre al Danubio, all'Eufrate, al Reno, all'Oceano[2508] sotto
Aureliano e Probo Augusti; e però Diocleziano, sentendo sè stesso di
natural timido e bisognoso di chi avesse petto per lui alle occasioni,
elesse l'amico Massimiano per suo braccio diritto, e poi per compagno
nel trono, tuttochè non apparisca che fra loro passasse parentela
alcuna. Cioè primieramente nel precedente anno il creò Cesare, e
cominciò ad appoggiargli i rischi e le più importanti imprese
dell'imperio. Da che fu partito dalle Gallie Carino, ovvero dappoichè
s'intese la di lui morte, s'erano sollevati in esse Gallie due capi di
masnadieri, cioè _Lucio Eliano_ e _Gneo Salvio Amando_: che così si
veggono appellati, e col titolo d'_Augusti_ in due medaglie[2509], se
pur esse son vere, giacchè Eliano dal Tillemont[2510] è appellato
_Aulo Pomponio_, e può dubitarsi che il desiderio degli amatori dei
musei di aver continuata la serie di tutti gli imperadori, abbia mosso
gl'impostori ad appagarli. Costoro adunque alla testa di numerose
schiere di contadini e ladri, chiamati Bagaudi, si diedero a scorrere
e saccheggiar le Gallie, con forzare talvolta anche le stesse città.
Diocleziano contra di tal gente non tardò a spedir Massimiano[2511]
con assai forze, e questi dopo alcuni combattimenti dissipò quella
canaglia, e rimise in pace le Gallie. S'è disputato fra i
letterati[2512] se questa impresa di Massimiano Erculio appartenga
all'anno precedente, oppure al presente o seguente. Probabilmente i
lettori non amerebbono ch'io entrassi in sì fatto litigio, e
massimamente perchè non è sì facile il deciderlo. Quel sì in che
convengono essi eruditi, si è che Diocleziano essendo in Nicomedia, e
sempre più riconoscendo quanto egli si poteva promettere di questo suo
bravo e vecchio amico, cioè di Massimiano, nell'anno corrente il
dichiarò anche Augusto e collega nell'imperio nel dì primo di aprile,
per quanto si ricava da Idacio nei Fasti[2513]. Fu stupenda cosa in
que' tempi il vedere come questi due Augusti, senza legame di sangue,
e d'umore l'un dall'altro diverso, pure andassero da lì innanzi sì
uniti, o governassero a guisa di due buoni fratelli. Conservava
Massimiano quel rustico che egli aveva portato dalla nascita, non meno
nel volto che ne' costumi[2514]. Il suo naturale era aspro e violento,
privo di civiltà e di umanità; si osservava anche dell'imprudenza nei
suoi disegni. Diocleziano, all'incontro, siccome furbo al maggior
segno, affettava l'affabilità e la dolcezza[2515], con lamentarsi
anche talvolta della durezza di Massimiano. Ma sapeva valersi della di
lui ferocia e selvatichezza all'esecuzion de' suoi voleri; e qualor si
trattava di qualche risoluzion severa ed odiosa, a lui ne dava
l'incumbenza e l'onore, sicuro che l'altro, senza farsi pregare,
l'avrebbe ubbidito. Il perchè chi mirava le sole apparenze, diceva che
Diocleziano era nato per fare un secolo d'oro, e Massimiano un secolo
di ferro. Abbiamo inoltre da Lattanzio[2516] che Massimiano non si
assomigliava già all'altro nell'avarizia, amando di comparir liberale;
ma qualora abbisognava di danaro, sapeva anche addossar dei delitti di
false cospirazioni ai più ricchi senatori, e fargli uccidere per
occupare i loro beni. Parla in oltre Lattanzio dell'insaziabil
lussuria di Massimiano, e della violenza che egli usava dappertutto
alle figliuole de' benestanti. Un passo di Mamertino[2517] sembra
indicare che appena dopo la sconfitta de' Bagaudi facessero
un'irruzion nelle Gallie i Borgognoni, Alamanni, Caiboni ed Eruli,
popoli della Germania. Furono anch'essi ben ricevuti da Massimiano che
si trovava in quelle parti; pochi d'essi si contarono che non
restassero vittima delle spade romane, niuno quasi essendone restato
che potesse portar la nuova della rotta alle proprie contrade. Vedesi
una iscrizione fatta prima del dì 17 di settembre dell'anno
presente[2518], in cui Diocleziano porta i titoli di _Germanico_ e
_Britannico_, credendosi questi derivati dalla vittoria suddetta, e da
qualche altra riportata dai suoi generali nella Bretagna.
NOTE:
[2502] Eutrop., in Brev. Lactant., de Mort. Persec.
[2503] Aurel. Victor, in Epit. Zonaras, in Annal.
[2504] Vopiscus, in Numeriano.
[2505] Aurelius Victor, in Epitome. Lactantius, de Mort. Persecut.
Eutrop., in Breviar.
[2506] Mediobarb., in Numismat. Imperat.
[2507] Aurelius Victor. Lactantius. Eutropius.
[2508] Mamertinus, in Panegyrico.
[2509] Goltzius et Mediobarbus, in Numismat. Imperat.
[2510] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[2511] In Panegyr. Max. et Const. Aurel. Victor. Eutropius.
[2512] Noris. Pagius. Tillemont et alii.
[2513] Idacius, in Fastis.
[2514] Aurelius Victor, ibidem. Eutrop., in Breviar. Lactantius, de
Mortib. Persecutor.
[2515] Vopiscus, in Aureliano.
[2516] Lactantius, de Mortib. Persecutor., cap. 8.
[2517] Mamertinus, in Panegyr. Maximiani.
[2518] Pagius, in Critic. Baron. ad hunc annum.
Anno di CRISTO CCLXXXVII. Indizione V.
CAIO papa 5.
DIOCLEZIANO imperadore 4.
MASSIMIANO imperadore 2.
_Consoli_
CAIO AURELIO VALERIO DIOCLEZIANO per la terza volta e MARCO AURELIO
VALERIO MASSIMIANO.
Prefetto di Roma[2519] fu in questo anno _Giunio Massimo_, da noi
veduto console. Un medaglione illustrato dall'incomparabile cardinal
Noris[2520], e battuto in quest'anno, ci rappresenta Diocleziano e
Massimiano Augusti, condotti in una carretta trionfale: segno che essi
celebrarono qualche trionfo, oppure che questo fu loro decretato dal
senato. Ciò vien creduto fatto o per le vittorie riportate nel
precedente anno da Massimiano contra le nazioni germaniche accennate
di sopra, oppure per qualche altra guadagnata contra de' Persiani,
siccome dirò, ovvero contra de' Franchi e Sassoni[2521], i quali per
mare faceano delle scorrerie nell'Oceano contro le Gallie. Certamente
Mamertino[2522], per lodar Massimiano, scrive (probabilmente con
iperbole e adulazione oratoria) che erano seguiti innumerabili
combattimenti nelle Gallie contra de' Germani, con aggiugnere che
costoro dipoi giunsero nel dì primo di quest'anno fin sotto le mura di
Treveri. Massimiano, che quivi era a quartier di verno, e solennizzava
l'ingresso del suo consolato, prese l'armi, si scagliò contra di loro,
e li mise in rotta. Venuta poi la primavera, valicò il Reno, portando
la guerra in casa de' medesimi Barbari, devastando quel paese con loro
gran danno. Il movimento poco fa accennato dei Franchi e Sassoni per
mare contra le Gallie ebbe principio nell'anno precedente. Massimiano
non perdè tempo ad allestire anch'egli una flotta di navi per opporla
a quelle barbare nazioni, e ne diede il comando a _Carausio_, uomo
bassamente bensì nato fra i popoli Menapii[2523] nella Fiandra, oppur
nel Brabante, ma di gran credito, specialmente nel condurre navi e far
battaglie marittime. Che costui desse delle percosse a que' corsari,
pare che si ricavi dal panegirico di Mamertino. Ma a poco a poco si
venne scorgendo che Carausio prendea gusto a continuar la guerra in
vece di estinguerla, lasciando che i Franchi e i Sassoni venissero a
spogliar le contrade romane, per poscia tor loro il bottino, senza
pensare a restituirlo a chi si dovea. Ordinò perciò Massimiano colla
consueta fierezza che gli fosse tolta la vita. Trapelò quest'ordine,
ed avvisatone Carausio, provvide a sè stesso col condur tutta la
flotta a lui raccomandata nella Bretagna, dove tratte nel suo partito
le milizie romane di guarnigione in quella grand'isola, si fece
acclamare Augusto. Il Noris crede ciò fatto nell'anno presente, ed è
seco Eusebio[2524]. Il Pagi[2525] nel precedente. Diedesi poscia
Carausio a far preparamenti per sostenersi in quel grado, fabbricando
nuovi legni, facendo leve di gente e tirando al suo servigio una gran
copia di Barbari, a' quali insegnò l'arte di combattere in mare.
Perchè nel medaglione prodotto dal Noris si vede tirato il carro
trionfale da quattro elefanti, potrebbe ciò piuttosto indicar vittorie
riportate da Diocleziano in Levante contra de' Persiani. Certo è
ch'egli marciò a quella volta, non volendo soffrire che Narseo, o
Narse, re di Persia (altri dicono Vararane II) avesse[2526] dopo la
morte di Caro Augusto occupata la Mesopotamia, e se la ritenesse.
Sembra in oltre che l'armi persiane fossero penetrate nella Soria, e
ne minacciassero la stessa capitale Antiochia. Chiaramente scrisse
Mamertino che i Persiani, o pel terrore o per la forza dell'armi
romane, si ritirarono dalla Mesopotamia, e si vide obbligata quella
nazione ad aver per confine il fiume Tigri. E verisimilmente fu in
quella occasione che il re loro inviò dei ricchi presenti a
Diocleziano, con parere eziandio che seguisse pace fra loro.
Certamente la storia non ci esibisce per molti anni dissensione alcuna
fra i Romani e i Persiani; e però sembra che Diocleziano ottenesse
l'intento suo, non solo di ricuperar le provincie e città perdute in
Oriente, ma di lasciar quivi anche la quiete. Convien nondimeno
confessare che troppo difficil cosa è il riferire a' suoi proprii anni
le imprese di questi due imperadori, perchè d'esse fanno bensì
menzione i panegiristi d'allora, ma senza ordine di tempi. Perciò
può essere che appartenga all'anno seguente, come pensò il
Tillemont[2527], la guerra fatta da Massimiano ai Germani di là dal
Reno, con dare ampiamente il guasto al loro paese; e che medesimamente
si debba differire ad esso anno la rinnovata amicizia dei Persiani con
Diocleziano, e la spedizion dei regali fatta da quel re, e mentovata
da Mamertino[2528]. Ma in fine, quel che importa, si è di saper gli
avvenimenti d'allora, ancorchè non si possa con sicurezza assegnarne
il tempo.
NOTE:
[2519] Bucherius, de Cycl.
[2520] Noris, de Num. Dioclet.
[2521] Aurelius Victor, in Epitome. Eutrop., in Breviar.
[2522] Mamertinus, in Panegyr. Maximiani.
[2523] Aurelius Victor, in Epitome. Eutrop., in Breviar.
[2524] Eusebius, in Chron.
[2525] Pagius, Crit. Baron.
[2526] Mamertinus, in Panegyr. Maximiani, c. 7.
[2527] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[2528] Mamertinus, in Paneg. Maximian., cap. 10.
Anno di CRISTO CCLXXXVIII. Indiz. VI.
CAIO papa 6.
DIOCLEZIANO imperadore 5.
MASSIMIANO imperatore 3.
_Consoli_
MARCO AURELIO VALERIO MASSIMIANO AUGUSTO per la seconda volta e
POMPONIO JANUARIO.
Fu, secondo il catalogo pubblicato dal Cuspiniano e Bucherio, in
questo anno prefetto di Roma _Pomponio Januario_; però il
Panvinio[2529] ed altri han creduto ch'egli nello stesso tempo
esercitasse l'impiego del consolato. E parendo veramente che in questi
tempi non ripugnasse l'esser insieme console e prefetto di Roma,
perciò ho osato anche io di dar a questo console il nome di
_Pomponio_. Stimò eziandio il suddetto Panvinio che non _Massimiano_
Augusto, ma un _Massimo_ procedesse console in quest'anno, affidato ad
un passo di Ammiano[2530], e di uno o due scrittori; ma il cardinal
Noris colla comune dei Fasti ha assicurato qui il consolato a
Massimiano. Se noi sapessimo l'anno preciso, in cui Mamertino recitò
il suo primo panegirico nel natale di Roma, cioè nel dì 21 d'aprile,
in lode di esso Massimiano imperadore, alla cronologia d'allora si
porgerebbe qualche sussidio. Il Noris lo riferisce all'anno seguente,
il Pagi al presente, altri più tardi. A me basterà di dire
raccogliersi da quel panegirico che Massimiano[2531], nel medesimo
tempo che dava delle lezioni del suo valore ai popoli nemici della
Germania, mettendo a ferro e fuoco le lor campagne, faceva un
formidabil preparamento di navi ne' fiumi grossi delle Gallie, con
disegno di liberar la Bretagna dall'usurpatore Carausio. Accadde che
in questo o pure nel precedente anno per una mirabil serenità si
mostrò favorevole il cielo alla fabbrica di essa flotta, e il verno
stesso parve una primavera. Non si sa ben distinguere nel testo di
esso Mamertino se a Massimiano o pure a Diocleziano sia da riferire la
venuta con un buon esercito nella Rezia, e l'aver quivi riportata
qualche vittoria contra i Germani, con istendere da quella parte i
confini del romano imperio. Certo è che Diocleziano circa questi tempi
ritornò carico d'allori dalla spedizion militare contra de' Persiani
in Europa, per trattare con Massimiano dei pubblici affari. Fa
parimente menzione Mamertino[2532] di Genobon, o sia Genobaud, re di
qualche nazion germanica (il Valesio[2533] ed altri il credono re de'
Franchi), il quale con tutta la sua gente venne ad inchinar
Massimiano, ad implorar la pace, e a promettere buona amicizia e lega.
NOTE:
[2529] Panvin., in Fastis Consul.
[2530] Ammianus, lib. 23.
[2531] Mamertinus, in Panegyr., cap. 7 et 12.
[2532] Idem, ibid., cap. 10.
[2533] Valesius, Hist. Franc.
Anno di CRISTO CCLXXXIX. Indiz. VII.
CAIO papa 7.
DIOCLEZIANO imperadore 6.
MASSIMIANO imperadore 4.
_Consoli_
BASSO per la seconda volta e QUINZIANO.
Seguitò ad essere prefetto di Roma _Pomponio Januario_. Prima che
Mamertino recitasse il suo panegirico, racconta egli che i due
imperadori vennero, Diocleziano dall'Oriente, e Massimiano dal
Ponente, per abboccarsi insieme e trattar dei ripieghi per i bisogni
dell'imperio. _Carausio_, impadronito della Bretagna, sempre più
cresceva in forze; i Barbari scatenati da ogni parte, non ostante le
rotte lor date, minacciavano tutto dì le provincie romane.
Mamertino[2534] parla di questo abboccamento, che sembra diverso da un
altro, di cui ragioneremo più innanzi. Videsi allora e si ammirò la
stupenda unione e concordia di questi due principi, uno de' quali,
cioè Diocleziano, fece pompa dei regali a lui mandati dal re persiano,
e l'altro delle spoglie riportate dal paese germanico. Quando si
ammetta che in questo, e non già nel precedente, anno Mamertino
recitasse in Treveri il suo panegirico a Massimiano, che si trovava in
quella città, capo allora delle Gallie, e frontiera contro i Germani,
si può credere che qualche tempo prima avendo esso Augusto Massimiano
compiuta la fabbrica di una flotta, per procedere contro Carausio
usurpator della Bretagna[2535], la spignesse dai fiumi nel mare. Erano
state basse fin allora l'acque per la lunga serenità, durata anche nel
verno; ma vennero a tempo pioggie, le quali, coll'ingrossar i fiumi,
facilitarono il trasporto di que' legni all'Oceano. Di bei successi,
di felici vittorie prometteva perciò quel panegerista a Massimiano. Ma
diversi dall'aspettazione riuscirono poscia gli avvenimenti. Dovette
darsi qualche battaglia navale, in cui la peggio, per la testimonianza
di Eutropio[2536], toccò a Massimiano, non essendo le genti sue sì
sperte nei combattimenti marittimi, come quelle di Carausio, uomo
avvezzo più di Massimiano a combattere in quell'elemento. Questa non
aspettata disgrazia quella fu che indusse Massimiano[2537] ad ascoltar
proposizioni di pace. E infatti riuscì a Carausio di ottenerla, con
ritener la signoria della Bretagna, inorpellandola col titolo di
Difensore di quelle provincie per la repubblica romana. Se è vera una
medaglia, rapportata dal cardinal Noris[2538], leggendosi ivi PAX
AVGGG., si conosce che anche Carausio conservò il titolo di _Augusto_,
di consenso degli altri due imperadori. Per conto di Diocleziano,
potrebbe essere che in quest'anno egli facesse guerra ai Sarmati,
Jutunghi e Quadi, e ne riportasse quelle vittorie che si veggono
mentovate dai panegiristi d'allora[2539], per le quali in qualche
iscrizione Diocleziano è intitolato _Sarmatico_. Trovasi anche nelle
medaglie[2540] di questo Augusto VICTORIA SARMATICA. Sarà
probabilmente un'iperbole adulatoria quella di Eumene[2541], dove dice
che la nazion de' Sarmati fu per queste guerre sì estenuata ed
abbattuta, che appena ne restò il nome per pruova della sua rovina.
Noi troveremo anche da qui innanzi assai vigorosa quella gente, e
nemica possente dell'imperio romano. Parlano ancora i panegiristi del
ristabilimento della Dacia, provincia di là dal Danubio[2542],
abbandonata già da Aureliano, ma senza poter noi meglio conoscere in
che consistesse questo accrescimento o vantaggio dell'armi romane.
NOTE:
[2534] Mamert., in Panegyr., cap. 9.
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