Annali d'Italia, vol. 1 - 69
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Grato_ due volte console. Non è improbabile che ivi si parli del
console dell'anno presente. Lasciato ch'ebbe lo Augusto Probo in una
invidiabil pace l'Oriente, se ne ritornò in Europa. Fermatosi nella
Tracia, ricorsero a lui i Bastarni, popolo barbaro abitante verso le
bocche del Danubio, forse perchè cacciati dai lor nemici, o pure per
migliorar di paese, chiedendogli abitazione nelle terre romane, e
promettendo fedeltà[2428]. A cento mila di costoro assegnò Probo
campagne da coltivar nella Tracia, e costoro da lì innanzi furono
assai fedeli al romano imperio. Non così fu de' Gepidi, Grotunghi, o
sieno Trutunghi, e Vandali, molte migliaia de' quali ottennero
anch'essi di fissar il piede nelle provincie romane, acciocchè le
popolassero. Imperciocchè costoro, appena videro occupato Probo in
guerreggiar contro ai tiranni (de' quali fra poco parlerò), che si
rivoltarono, e, parte per terra, parte per mare, gravissimi danni
recarono a più contrade romane. Fu perciò obbligato dipoi l'imperadore
Probo a volgere l'armi contra di que' masnadieri, con opprimerli sì
fattamente, che pochi ne ritornarono vivi all'antico loro paese.
Abbiamo nondimeno da Zosimo che una parte de' Franchi, la quale si era
stabilita nel paese romano, fatta una sollevazione e raunata gran
copia di navi, infestò la Grecia; passata dipoi in Sicilia, vi prese
la città di Siracusa con grande strage di que' cittadini; ed infine
respinta dall'Africa, ebbe la fortuna, uscendo probabilmente dallo
stretto di Gibilterra, di ritornarsene sana e salva nella Germania.
Ancorchè manchino lumi per accertare il tempo in cui seguì e terminò
la ribellion di _Saturnino_, parlandone Eusebio[2429] sotto
quest'anno, e non dissentendo Vopisco[2430], a me non disdirà il farne
qui parola. Vedemmo già un _Saturnino_ tiranno sotto Gallieno; per
consenso di tutti gli antichi storici[2431], un altro di tal nome si
sollevò a' tempi di Probo. Trovansi medaglie[2432], nelle quali l'un
di essi è chiamato _Sesto Giulio Saturnino_, e l'altro _Publio
Sempronio Saturnino_, amendue col titolo di _Augusti_, senza potersi
ben chiarire qual d'essi appartenga al regno di Probo. Secondo il
Tillemont[2433], _Sesto Giulio_ par quegli che in questi tempi si
rivoltò. Zosimo il fa nato nella Mauritania; Vopisco cel dà oriondo
dalle Gallie, cioè da un paese inquietissimo e facile a crear dei
nuovi principi e a scuotere il giogo. Però Aureliano[2434], avendolo
fatto comandante dell'armi nelle frontiere dell'Oriente, specialmente
ordinò che costui non entrasse mai nell'Egitto, ben conoscendo il
carattere de' Galli, e l'inquietudine e vanità degli Egiziani, avidi
sempre di cose nuove. Si era segnalato Saturnino in varii posti
militari e in diverse occasioni di guerra, di modo che egli si vantava
di aver estinte le turbolenze delle Gallie, liberata l'Africa dalle
mani de' Mori, e data la pace alle Spagne. In somma era creduto il più
bravo generale che si avesse a' suoi di Aureliano. Probo Augusto lo
amava anche egli forte, e fidavasi assaissimo di lui. Avea inoltre
costui cominciato a fabbricare una nuova città in Antiochia, o pure
un'Antiochia nuova[2435], in non so qual paese. Ma essendo egli andato
in Egitto contro il divieto, il popolo troppo volubile d'Alessandria
lo acclamò improvvisamente _Augusto_. Saturnino, per operar da uomo di
onore, fuggì di colà, e si ritirò nella Palestina; ma quivi tanto gli
dovettero picchiar in capo gli amici suoi, rappresentandogli il
pericolo di vivere privato dopo un tal fatto, che si lasciò indurre a
prender la porpora e il titolo d'_Augusto_. Per altro, si dice[2436]
che egli mal volentieri si riducesse a questo; e fra le acclamazioni
del popolo gli cadevano le lagrime dagli occhi, considerando
gl'imminenti pericoli; e a chi gli facea coraggio, tenne un bel
discorso intorno alla miseria de' regnanti, e riconobbe che questo
passo il menava alla morte. Pretende Zonara[2437], tale essere stato
l'amore e la fiducia che a questo generale professava Probo, che fece
punir come calunniatore il primo che portò la nuova della di lui
ribellione. Gli scrisse anche più lettere per assicurarlo della sua
grazia; ma prevalendo le insinuazioni di chi sosteneva non doversi
egli fidar di sì belle parole, non si seppe arrendere. Pertanto colà
inviò l'Augusto Probo un corpo di milizia, a cui molte altre si
unirono, abbandonando Saturnino, il quale, assediato in un forte
castello, restò in fine preso, e gli fu reciso il capo contro la
volontà di Probo: con che tornò la calma nell'Oriente e nell'Egitto.
A questi medesimi tempi mi sia lecito di riferir anche la ribellione
di _Procolo_ e di _Bonoso_, esposta da Vopisco[2438], ed appena
accennata da Aurelio Vittore[2439] e da Eutropio[2440]. Era _Tito Elio
Procolo_[2441] nativo di Albenga nella Riviera di Genova, avvezzo dai
suoi maggiori al mestier de' ladroni, in cui era divenuto sì ricco,
che al tempo della sua rivolta potè mettere in armi due mila de' suoi
proprii servi. Datosi alla milizia, giunse ad essere tribuno di varie
legioni, e bei fatti d'arme si contavano di lui, non men che brutti
della sua abbominevole lussuria. Trovavasi egli in Colonia, e dicono
che, giuocando agli scacchi, per burla un soldato o buffone il chiamò
_Augusto_, e portata una veste di lana di color di porpora, gliela
mise addosso; e che per tal atto sul timore di gastigo egli tentò
l'esercito, e trovatolo condiscendente, assunse daddovero il nome di
_Augusto_. Credesi che a questo salto più d'ogni altro lo animasse la
moglie sua, donna d'animo virile, e che poi fu nominata Sansone. Anche
i Lionesi, disgustati di Aureliano per i mali trattamenti ricevuti da
lui, confortarono costui a prendere la porpora. Per attestato di
Vopisco[2442], la Gallia Narbonese, le Spagne e la Bretagna a lui si
sottomisero, ed avendo in que' tempi gli Alemanni fatta una incursione
nelle Gallie, Procolo li disfece in più volte. Ma rimase anch'egli
disfatto dall'armata che contra di lui inviò Probo, dalla quale
perseguitato sino ai confini, si raccomandò all'aiuto dei Franchi, ma
questi il tradirono, ed egli perdè la vita. Non diverso fine ebbe un
altro ribello, cioè _Bonoso_[2443], che osò di farsi dichiarar
_Imperadore_. Costui era nato in Ispagna, ma originario dalla
Bretagna, e la madre sua procedeva dalla Gallia. Oltre al credito di
essere un bravo uffiziale, godeva ancor l'altro di essere un
solennissimo bevitore. Quando più ne tracannava, più fresco sempre
appariva, in guisa che Aureliano imperadore ebbe più volte a dire:
_Costui non è nato per vivere, ma per bere_. Se ne serviva
quell'Augusto per cavare i segreti degli ambasciadori de' Barbari,
restando essi ubbriachi, ed egli no. Ma perciocchè, comandando egli
l'armi romane al Reno, per poca guardia de' suoi riuscì ai Germani di
bruciar la flotta romana esistente in quel fiume, per timore d'esserne
gastigato, si fece proclamar _Imperadore_[2444]. Pare che ciò
succedesse nel tempo che Procolo si era anch'egli ribellato, e che
unitamente si sostenessero contro le forze di Probo. Attesta Vopisco
che occorsero varii combattimenti per atterrar questo tiranno, il
quale in fine terminò la sua vita sopra una forca, con dire allora la
gente: _Mirate là pendente non un uomo, ma un gran fiasco_. Zosimo
poi[2445] e Zonara[2446] fanno menzione della ribellione di un
governatore della Bretagna, senza nominarlo. Del che avvertito Probo,
ne fece querela a _Mauro Vittorino_, perchè sulla raccomandazione di
lui gli avesse dato quel governo. Vittorino per questo andò a trovare
in Bretagna l'amico, ed ebbe maniera di farlo trucidare. Qualche
sedizion di gladiatori fu anche in Roma, e con esso loro si unirono
molti della plebe romana, laonde fu d'uopo che Probo mandasse
dell'armi a Roma per soggiogarli. Il che pienamente gli riuscì.
NOTE:
[2427] Malvasia, Marm. Felsin., pag. 353.
[2428] Vopiscus, in Probo. Zosimus, l. 1, c. 71.
[2429] Eusebius, in Chron.
[2430] Vopiscus, in Probo.
[2431] Zosimus, Aurelius Victor, in Epitome. Eutrop., in Brev.
[2432] Goltzius et Mediob., in Numismat. Imper.
[2433] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[2434] Vopiscus, in Saturn.
[2435] Euseb., in Chron.
[2436] Vopiscus, in Saturn.
[2437] Zonaras, in Annalib.
[2438] Vopiscus, in Probo.
[2439] Aurelius Victor, in Epitome.
[2440] Eutrop., in Breviar.
[2441] Goltzius et Mediob., in Numismat. Imperat.
[2442] Vopiscus, in Probo.
[2443] Idem, in Bonoso.
[2444] Vopiscus, in Probo.
[2445] Zosimus, lib. 1, cap. 66.
[2446] Zonaras, in Annalibus.
Anno di CRISTO CCLXXXI. Indizione XIV.
EUTICHIANO papa 7.
PROBO imperadore 6.
_Consoli_
MARCO AURELIO PROBO AUGUSTO per la quarta volta e TIBERIANO.
Prefetto di Roma fu _Ovinio Paterno_[2447] in quest'anno. Resta
tuttavia in disputa il tempo, in cui Probo Augusto entrasse trionfante
in Roma. Ma certo sembra più proprio questo che gli altri, giacchè
dopo tante vittorie contro le nazioni barbare, e dopo aver restituita
la pace a tutto l'imperio romano, potè egli finalmente venir a
cogliere gli allori e i plausi nella dominante città[2448]. In questo
suo trionfo precedevano varie schiere di nazioni barbariche da lui
vinte. Diedesi poi una caccia magnifica di fiere nel circo, del quale
era stata formata una selva, con trasportarvi gli alberi interi colle
loro radici. Vi si videro mille struzzoli ed altrettanti cervi,
cignali, caprioli, ibici ed altri animali che mangiano erba; e se ne
lasciò la preda al popolo. Nel dì seguente si fecero comparire
nell'anfiteatro cento lioni colle lor giubbe o crini, che coi ruggiti
formavano una specie di tuono. Furono tutti uccisi, ma con ispettacolo
che diede poco divertimento o piacere al popolo. Lo stesso avvenne di
ducento leopardi, di cento lionesse e di trecento orsi. Si fecero
ancora combattimenti di gladiatori, condotti in numero di trecento
paia; e Probo diede un ricco congiario al popolo. Aveva egli fin sul
principio del suo governo rimesse in piedi le appellazioni dai
processi e da altri primarii magistrati al senato, come era ne' vecchi
tempi, e conceduto al medesimo senato di mandare i proconsoli, e di
dar loro i legati, o vogliam dire i luogotenenti, e il gius pretorio
ai governatori nelle provincie; volendo ancora che le leggi da esso
Augusto fatte venissero confermate con decreto del medesimo senato.
Tanta autorità restituita a quell'insigne corpo, per cui pareva ai
senatori d'essere tornati ai tempi di Augusto, procacciò a Probo un
gran plauso e lode. In questi tempi poi di pace, affinchè i soldati
non si guastassero nell'ozio, gl'impiegò in varie faccende,
specialmente in piantar vigne nelle colline delle Gallie, della
Pannonia e della Mesia, permettendo ad ognuno[2449], e massimamente ai
popoli delle Spagne, di aver delle vigne: licenza che dopo Domiziano
non era conceduta a tutti. Giuliano Apostata[2450] scrive che Probo
nel breve corso del suo imperio rifabbricò ed ornò ben settanta varie
città. E da Giovanni Malala[2451] abbiamo ch'esso Augusto adornò in
Antiochia il Museo e il Ninfeo con de' musaici; siccome ancora ordinò
che l'erario pubblico di quella città contribuisse de' salarii
annuali, affinchè gratuitamente la gioventù di Antiochia fosse
istruita nelle lettere.
NOTE:
[2447] Bucherius, de Cycl.
[2448] Vopiscus, in Probo.
[2449] Aurelius Victor, in Epitome. Eutrop., in Breviario. Vopiscus,
in Probo.
[2450] Julianus, de Caesaribus.
[2451] Joannes Malala, in Chronogr.
Anno di CRISTO CCLXXXII. Indizione XV.
EUTICHIANO papa 8.
PROBO imperadore 7.
CARO imperadore 1.
_Consoli_
MARCO AURELIO PROBO AUGUSTO per la quinta volta e VITTORINO.
Ebbe Roma in quest'anno per suo prefetto _Pomponio Vittorino_, o sia
_Vittoriano_[2452], il quale vien creduto da alcuni lo stesso che
_Vittorino_ console. Quai nuovi disgusti avessero i Persiani recato
all'imperio romano, è a noi ignoto. Solamente sappiamo che Probo
imperadore era in procinto di far loro guerra. A questo fine marciò
egli coll'armata a Sirmio nella Pannonia, o sia nell'Illirico, con
disegno di passar in Oriente; ma eccoti que' medesimi soldati che lui
aveano renduto vincitore di tanti nemici, levargli la vita con
improvvisa sedizione[2453]. I motivi de' loro disgusti erano il
vedersi sempre d'una in altra fatica da lui impiegati senza mai goder
posa nè quartieri, dicendo egli _che il soldato non dovea mangiare il
pane a tradimento_; siccome ancora l'essergli scappato un giorno _che
sperava di ridurre in tale stato di quiete la repubblica, che non vi
fosse bisogno di soldati_; detto inverisimile in bocca di un sì saggio
imperadore. Ma quel che più irritò molti d'essi militari, fu, che
desiderando egli di accrescere e rendere più fecondo il territorio di
Sirmio sua patria, ordinò a molte migliaia di soldati di cavar una
fossa, per seccare una vasta palude in quelle parti. Per questo
inferociti coloro, un dì se gli scagliarono addosso[2454]; ed ancorchè
egli fuggisse nella torre ferrata, pur questa non fu sufficiente a
sottrarlo al loro furore e a salvargli la vita. Credesi che succedesse
la morte sua nell'agosto di quest'anno, correndo l'anno settimo del
suo imperio, e che egli non avesse più che cinquanta anni d'età[2455],
principe degno di lunghissima vita, perchè in valore non la cedeva ad
alcuno de' suoi predecessori, e nella clemenza moltissimi ne superò;
e, trovata la romana repubblica in cattivo stato, la rimise
nell'antica sua potenza di onore, più sempre pensando al pubblico che
al privato suo bene. Non si sa ch'egli avesse o lasciasse figliuoli;
si tiene che avesse moglie, ma senza che se ne possa assegnare con
sicurezza il nome. Perciò non intendiam bene ciò che significhi
Vopisco[2456] con dire che i di lui posteri si ritirarono da Roma, e
andarono ad abitare nel territorio di Verona verso i laghi di Garda e
di Como. Fu eretto dipoi dai soldati un magnifico sepolcro a Probo con
iscrizione denotante lui veramente principe dabbene, e vincitor delle
nazioni barbare e dei tiranni. Giunta a Roma la nuova della di lui
morte, inconsolabile si fece conoscere il dolore del senato e popolo
romano, non tanto per avere perduto un ottimo principe, quanto per
paura che a questa perdita tenessero dietro dei gravissimi guai,
siccome in fatti avvenne. Niuno vi fu degli onori anche sacrileghi,
che Roma pagana sapesse decretare alla memoria dei loro Augusti, di
cui restasse privo il defunto Probo, essendo egli stato deificato,
innalzati templi al suo nome, e stabiliti ogni anno da farsi i giuochi
circensi in onore di lui.
Prefetto del pretorio di Probo era _Marco Aurelio Caro_, e non pochi
furono coloro che sospettarono aver egli tenuta mano all'uccision del
suo principe. Vopisco[2457] da simil taccia il difende, allegando
l'integrità de' costumi di esso Caro, e l'aver egli fatta dipoi severa
giustizia di chi avea tolta la vita a quell'insigne imperadore. Ma non
seppe Vopisco assegnare qual fosse la vera patria di Caro, facendolo
alcuni nato in Roma, altri nell'Illirico ed altri in Milano. I due
Vittori[2458], Eutropio[2459] ed Eusebio[2460] cel rappresentano nato
in Narbona nella Gallia. Egli nondimeno pretendeva che i suoi maggiori
fossero di patria Romani. Per varii gradi militari era egli salito
all'eminente di prefetto del pretorio, e fu sommamente amato e
stimato, non men da Probo che dall'armata tutta, ancorchè, secondo
Giuliano Apostata[2461], egli fosse di genio melanconico e severo. Di
due suoi figliuoli il primogenito fu _Marco Aurelio Carino_, la cui
infame vita, troppo diversa da quella del padre, la vedremo fra poco.
L'altro si crede appellato _Marco Aurelio Numeriano_, di costumi
saggio e di maniere molto amabile. In due iscrizioni da me date alla
luce[2462] egli porta il nome di _Marco Numerio Numeriano_; e però è
da vedere se sieno legittime certe medaglie[2463] spettanti a lui, o
se il difetto fosse in tali iscrizioni. Ora, tolto di vita Probo,
concorsero i voti dei più dell'imperiale armata nella persona di esso
_Caro_, e il proclamarono _Augusto_, giudicandolo più d'ogni altro
meritevole di quell'eccelsa dignità, e volendo con ciò rimettere in
piedi l'uso negli eserciti di creare gl'imperadori, senza riceverli
dalle mani del senato. Portata questa nuova a Roma, tanto il senato
che il popolo se ne rattristarono forte, non perchè non sapessero
ch'egli era un buon uomo, benchè troppo inferiore a Probo[2464], ma
perchè ognun temeva _Carino_, di lui figliuolo, troppo screditato per
li suoi vizii. Nè tardò già Caro a dichiarar Cesari amendue i suoi
figliuoli, cioè _Carino_ e _Numeriano_. Poscia perchè il minore troppo
giovane non parea proprio per governar popoli, inviò il maggiore, cioè
_Carino_, nelle Gallie[2465], dandogli facoltà di comandar a quelle
provincie, ed insieme all'Italia, all'Illirico, alle Spagne, alla
Bretagna, come se fosse Augusto; giacchè esso Caro imperadore avea già
presa la risoluzione di passar in Oriente contra dei Persiani. Ma si
mostrò sempre scontentissimo di non avervi potuto inviar _Numeriano_,
perchè ben conosceva le ribalderie di Carino; anzi fu creduto che, se
vivea un poco di più, avrebbe levato ad esso Carino il titolo di
Cesare, per non lasciare un pessimo successore a sè stesso e
all'imperio. Mandandolo nondimeno nelle Gallie, gli mise a' fianchi
de' consiglieri onorati e saggi, rimedio di poca utilità, qualora nei
principi si unisca debolezza di testa ed inclinazione cattiva.
NOTE:
[2452] Bucher., in Cycl.
[2453] Vopiscus, in Probo. Julianus, de Caesaribus.
[2454] Aurelius Victor, in Epitome. Eutrop., in Breviario. Eusebius,
in Chronico.
[2455] Johannes Malala, in Chronogr.
[2456] Vopiscus, in Probo.
[2457] Idem, in Caro.
[2458] Aurelius Victor, in Epitome.
[2459] Eutrop., in Breviario.
[2460] Euseb., in Chronic.
[2461] Julianus, de Caesaribus.
[2462] Thesaurus Novus Inscription., pag. 256, num. 7, et 461, num. 5.
[2463] Mediobarb., in Numismat. Imperat.
[2464] Vopiscus, in Probo.
[2465] Vopiscus, in Carino.
Anno di CRISTO CCLXXXIII. Indizione I.
EUTICHIANO papa 9.
CAIO papa 1.
CARO imperadore 2.
CARINO imperatore 1.
NUMERIANO imperadore 1.
_Consoli_
MARCO AURELIO CARO AUGUSTO e MARCO AURELIO CARINO CESARE.
Ne' Fasti pubblicati dal Noris e presso Anastasio bibliotecario, _Caro
Augusto_ è detto _console per la seconda volta_. Perchè gli altri
Fasti e varie leggi non accennano questo suo secondo consolato, nè pur
io ho ardito di metterlo per cosa certa. Il Panvinio[2466] nondimeno
reca un'iscrizione, in cui Caro è chiamato CONSVL II. Aggiugne che nel
luglio furono sustituiti con _Numeriano Cesare_ e _Matroniano_,
adducendo l'autorità di Vopisco. Presso di questo storico non ne trovo
io vestigio. Nella Cronica Alessandrina[2467] sotto quest'anno, oltre
Caro e Carino, sono chiamati consoli _Diocleziano_ e _Basso_. Di
questi due consoli sustituiti pare che s'incontri memoria in un marmo
da me pubblicato[2468]. Noi vedremo in fatti fra poco _Diocleziano
console per la seconda volta_: segno di un precedente consolato. Fu in
quest'anno prefetto di Roma _Titurio Robusto_ o _Roburro_. Alcune
leggi ci fan vedere _Carino_ e _Numeriano_ decorati col titolo
d'Imperadori Augusti: il che vien confermato da Zonara[2469]; ma è
incerto il mese in cui dal padre fossero presi per colleghi
dell'imperio. La mente di Probo, terrore de' Barbari, avea fatto calar
l'orgoglio ai Sarmati. Ma da che costoro il seppero estinto, si
prepararono di nuovo per invadere l'Illirico e la Tracia, con
isperanza ancora di maggiori progressi. Mossi dalle lor contrade,
trovarono lo Augusto Caro coll'armi in mano, il quale lasciò loro un
buon ricordo del valore romano[2470], con ucciderne sedici mila, e
farne venti mila prigionieri. Di più non vi volle a rimettere la pace
nell'Illirico. Forse avrebbe fatto di più Caro, se i movimenti de'
Persiani non l'avessero chiamato in Oriente a quell'impresa che già
era disegnata da Probo, e desiderata dall'esercito suo, per isperanza
di fare maggior bottino quivi che nei paesi dei Barbari
settentrionali. Non si sa che egli, prima d'imprendere il viaggio di
Levante, venisse a Roma. Ne dà qualche indizio Vopisco[2471], con dire
che _Diocleziano_, udendo lodar i giuochi teatrali e circensi, dati da
Caro in Roma, rispose _che Caro s'era ben fatto ridere dietro
nell'imperio suo_. Ma anche in lontananza di esso Caro si poterono far
quegli spettacoli. Quel ch'è certo, si portò Caro col suo esercito
nella Mesopotamia, ed essendosene ritirati i Persiani, senza
difficoltà la ricuperò tutta. Di là entrato nel territorio persiano,
arrivò sino a Ctesifonte, capitale allora della Persia. Eutropio[2472]
e Zonara[2473] scrivono ch'egli la prese insieme con Seleucia; per la
quale impresa gli fu dato il titolo di _Partico_. Vero è che da'
Persiani gli fu voltato addosso un canale del fiume Tigri; tuttavia
egli pieno di gloria si ritirò in luogo sicuro coll'esercito suo:
sicuro, dissi, dai nemici persiani, ma non già dai domestici, essendo
anche negli antichi tempi stato disputato di qual genere di morte
terminasse i suoi giorni[2474]. Ma comune opinione si è ch'egli in
vicinanza del fiume Tigri cadesse infermo, e sopraggiunto un temporale
sì nero, che dei suoi cortigiani uno non vedeva l'altro, scoppiò un
fulmine, da cui morisse soffocato, e che nello stesso tempo si
attaccasse il fuoco alla sua tenda. Altri dissero che i di lui
camerieri, disperati al mirarlo morto, appiccarono il fuoco alla tenda
medesima, ma ch'egli era mancato di vita per la malattia in quel
brutto frangente. Tal fu la relazion di sua morte inviata al prefetto
di Roma. Se in ciò intervenisse malizia alcuna umana, non v'ha che Dio
che lo sappia. Fu egli deificato[2475], secondo il sacrilego stile de'
Romani gentili. Fra le molte favole che s'incontrano nella Cronografia
di Giovanni Malala[2476], vi sono ancor queste, cioè che Caro diede il
nome di Caria ad una delle provincie di Oriente, siccome ancora il
nome alla città di Caras nella Mesopotamia; e ch'egli tornato a Roma,
nel far poi guerra contro gli Unni, restò ucciso, essendo consoli
_Massimo_ e _Gennaro_, cioè nell'anno 288. Verso il fine dell'anno
vien creduto che seguisse la morte di Caro, e per cagion di essa
restarono imperadori _Carino_ e _Numeriano_ suoi figliuoli. Fuor di
dubbio è che Numeriano si trovava con esso lui alla guerra contro ai
Persiani; e sembra che Carino tuttavia soggiornasse alle Gallie.
L'anno fu questo in cui _Eutichiano_ sommo pontefice diede fine al suo
vivere, ed ebbe per successore _Caio_ papa.
NOTE:
[2466] Panvin., in Fastis Consul.
[2467] Chron. Paschale, seu Alexandr.
[2468] Thesaurus Novus Inscripit., pag. 368, n. 1.
[2469] Zonaras, in Annalib.
[2470] Vopiscus, in Caro.
[2471] Vopiscus, in Carino.
[2472] Eutrop., in Breviar.
[2473] Zonaras, in Annalib.
[2474] Vopiscus. Aurel. Victor. Eutropius. Eusebius. Zonaras.
[2475] Mediobarbus, in Numism. Imperator.
[2476] Johannes Malala, in Chronograph.
Anno di CRISTO CCLXXXIV. Indizione II.
CAIO papa 2.
CARINO imperadore 2.
NUMERIANO imperadore 2.
DIOCLEZIANO imperadore 1.
_Consoli_
MARCO AURELIO CARINO AUGUSTO per la seconda volta e MARCO AURELIO
NUMERIANO AUGUSTO.
Il Panvinio[2477] e il Relando[2478], che mettono anche _Numeriano_
Augusto console _per la seconda volta_, lavorano sul supposto ch'egli
fosse sostituito console nell'anno precedente; il che dissi non aver
fondamento. Certamente tutti i Fasti e le leggi ed altre antiche
memorie parlano bensì del secondo consolato di Carino, ma ciò non
dicono di Numeriano. Così nelle medaglie[2479] il troviamo appellato
solamente CONSVL, e non già _consul II_. Puossi perciò riputar falso
quel marmo che vien citato dal Panvinio col _consul II_. Si trova
prefetto di Roma in questo e nel seguente anno _Caio Ceionio Varo_.
Riconosciuti furono per imperadori in Roma e in tutte le provincie i
due fratelli _Carino_ e _Numeriano_, ed abbiam leggi pubblicate in
quest'anno col nome di amendue. Resta tuttavia incerto s'essi
venissero a Roma. Si crederebbe di sì, all'udir Vopisco[2480], il
quale racconta di aver veduti dipinti i giuochi romani celebrati da
loro con rarità di musiche e divertimenti teatrali, e questi nella
città di Roma: tuttavia le apparenze sono che dalle Gallie non venisse
sì tosto in Italia Carino, e che a Numeriano[2481] non restasse tempo
di ritornarci. Imperciocchè mentre esso _Numeriano_ era in viaggio
alla volta dell'Italia, e, secondo Sincello[2482], si trovava in
Eraclea della Tracia, tolta gli fu la vita. Aveva egli presa in moglie
una figlia di _Arrio Apro_ prefetto del pretorio, cioè di un
personaggio che moriva di voglia di esser imperadore; e coll'autorità
del suo grado e colla confidenza di suocero, sperava facile l'ottenere
il suo intento, sagrificando il giovinetto Numeriano alla sua
ambizione. Costui lo aveva spinto ad inoltrarsi nel paese de'
Persiani, lusingandosi di farlo perire in quella impresa per man de'
nemici. Non ebbe effetto la mina. Avvenne[2483] che _Numeriano_ fu
sorpreso da mal d'occhi, per cui non si lasciava vedere, e viaggiava
chiuso in una lettiga, ritornando coll'armata dalla Persia. Si servì
di questa occasione Apro per uccidere il genero Augusto, conducendo
poi il di lui corpo per più giorni in quella lettiga, come se fosse
vivo, per fare intanto de' maneggi affin di salire sul trono. Non è sì
facile il capire come alla uffizialità si potesse per tanto tempo
nascondere un imperadore, morto, non nel suo palagio, ma in una
marcia. Finalmente il fetore del cadavere scoprì il fatto, ed
accorgendosi ognuno che non si poteva imputare se non a frode del
capitano delle guardie, cioè ad Apro, lo aver tenuta così occulta la
morte del principe, fu egli preso e condotto avanti alle insegne e
schiere messe in ordinanza. Si tenne un'assemblea di tutta l'armata,
ed, alzato un tribunale, si cominciò a trattar di eleggere un altro
che fosse buon principe, ed insieme giustissimo vendicatore della
morte di Numeriano. Concorsero i voti dei più nella persona di
_Diocleziano_, capitano allora della guardia a cavallo de' domestici,
di cui parleremo all'anno seguente. Dall'anno presente appunto prese
principio l'era di Diocleziano, appellata anche de' Martiri, e celebre
nella storia della Chiesa. Salito dunque _Diocleziano_ sul palco, e
proclamato Augusto, mentre i soldati faceano istanza di sapere chi
fosse stato l'uccisore del principe, giurò egli prima di non aver
avuta parte nella morte di lui; poi, messa mano allo stocco, lo piantò
nel petto ad Apro, con dire: _Costui è quegli che ha tolto di vita
Numeriano_. Gloriavasi egli dipoi[2484] di avere ucciso un Apro, cioè
un cignale. Il dire Giovanni Malala[2485] che Numeriano dopo la morte
del padre riportò delle vittorie contro i Persiani, può aver qualche
sembianza di verità; ma non già il soggiugnere che egli, assediato
nella città di Caras dai Persiani, fu preso da essi, ucciso e
scorticato, con tenere dipoi la di lui pelle come un trofeo di gloria
per loro, di vergogna per gli Romani. Son qui attribuite a Numeriano
le disgrazie di Valeriano Augusto. Zonara[2486] rapporta bensì questa
tradizione, ma aggiugne l'altra più fondata ch'egli fu ucciso da Apro.
Nella Cronica poi di Alessandria[2487] è corso doppio errore, perchè
_Carino_, e non già _Numeriano_, vien detto da' Persiani. Trovandosi
una legge di Diocleziano Augusto, data nel dì 15 di ottobre di
quest'anno[2488], se ne deduce che nel settembre accadesse la morte di
Numeriano e l'innalzamento di Diocleziano, con restar tuttavia vivo e
in forze l'imperadore _Carino_. Ed ecco due competitori Augusti, e,
per conseguente, guerra civile fra i Romani. Il peggio fu che anche un
terzo concorse a questo mercato, cioè _Giuliano Valente_[2489], il
quale essendo Correttore della Venezia, appena udì la morte di Caro
Augusto, che prese la porpora e il titolo d'_Imperadore_. Sicchè tre
console dell'anno presente. Lasciato ch'ebbe lo Augusto Probo in una
invidiabil pace l'Oriente, se ne ritornò in Europa. Fermatosi nella
Tracia, ricorsero a lui i Bastarni, popolo barbaro abitante verso le
bocche del Danubio, forse perchè cacciati dai lor nemici, o pure per
migliorar di paese, chiedendogli abitazione nelle terre romane, e
promettendo fedeltà[2428]. A cento mila di costoro assegnò Probo
campagne da coltivar nella Tracia, e costoro da lì innanzi furono
assai fedeli al romano imperio. Non così fu de' Gepidi, Grotunghi, o
sieno Trutunghi, e Vandali, molte migliaia de' quali ottennero
anch'essi di fissar il piede nelle provincie romane, acciocchè le
popolassero. Imperciocchè costoro, appena videro occupato Probo in
guerreggiar contro ai tiranni (de' quali fra poco parlerò), che si
rivoltarono, e, parte per terra, parte per mare, gravissimi danni
recarono a più contrade romane. Fu perciò obbligato dipoi l'imperadore
Probo a volgere l'armi contra di que' masnadieri, con opprimerli sì
fattamente, che pochi ne ritornarono vivi all'antico loro paese.
Abbiamo nondimeno da Zosimo che una parte de' Franchi, la quale si era
stabilita nel paese romano, fatta una sollevazione e raunata gran
copia di navi, infestò la Grecia; passata dipoi in Sicilia, vi prese
la città di Siracusa con grande strage di que' cittadini; ed infine
respinta dall'Africa, ebbe la fortuna, uscendo probabilmente dallo
stretto di Gibilterra, di ritornarsene sana e salva nella Germania.
Ancorchè manchino lumi per accertare il tempo in cui seguì e terminò
la ribellion di _Saturnino_, parlandone Eusebio[2429] sotto
quest'anno, e non dissentendo Vopisco[2430], a me non disdirà il farne
qui parola. Vedemmo già un _Saturnino_ tiranno sotto Gallieno; per
consenso di tutti gli antichi storici[2431], un altro di tal nome si
sollevò a' tempi di Probo. Trovansi medaglie[2432], nelle quali l'un
di essi è chiamato _Sesto Giulio Saturnino_, e l'altro _Publio
Sempronio Saturnino_, amendue col titolo di _Augusti_, senza potersi
ben chiarire qual d'essi appartenga al regno di Probo. Secondo il
Tillemont[2433], _Sesto Giulio_ par quegli che in questi tempi si
rivoltò. Zosimo il fa nato nella Mauritania; Vopisco cel dà oriondo
dalle Gallie, cioè da un paese inquietissimo e facile a crear dei
nuovi principi e a scuotere il giogo. Però Aureliano[2434], avendolo
fatto comandante dell'armi nelle frontiere dell'Oriente, specialmente
ordinò che costui non entrasse mai nell'Egitto, ben conoscendo il
carattere de' Galli, e l'inquietudine e vanità degli Egiziani, avidi
sempre di cose nuove. Si era segnalato Saturnino in varii posti
militari e in diverse occasioni di guerra, di modo che egli si vantava
di aver estinte le turbolenze delle Gallie, liberata l'Africa dalle
mani de' Mori, e data la pace alle Spagne. In somma era creduto il più
bravo generale che si avesse a' suoi di Aureliano. Probo Augusto lo
amava anche egli forte, e fidavasi assaissimo di lui. Avea inoltre
costui cominciato a fabbricare una nuova città in Antiochia, o pure
un'Antiochia nuova[2435], in non so qual paese. Ma essendo egli andato
in Egitto contro il divieto, il popolo troppo volubile d'Alessandria
lo acclamò improvvisamente _Augusto_. Saturnino, per operar da uomo di
onore, fuggì di colà, e si ritirò nella Palestina; ma quivi tanto gli
dovettero picchiar in capo gli amici suoi, rappresentandogli il
pericolo di vivere privato dopo un tal fatto, che si lasciò indurre a
prender la porpora e il titolo d'_Augusto_. Per altro, si dice[2436]
che egli mal volentieri si riducesse a questo; e fra le acclamazioni
del popolo gli cadevano le lagrime dagli occhi, considerando
gl'imminenti pericoli; e a chi gli facea coraggio, tenne un bel
discorso intorno alla miseria de' regnanti, e riconobbe che questo
passo il menava alla morte. Pretende Zonara[2437], tale essere stato
l'amore e la fiducia che a questo generale professava Probo, che fece
punir come calunniatore il primo che portò la nuova della di lui
ribellione. Gli scrisse anche più lettere per assicurarlo della sua
grazia; ma prevalendo le insinuazioni di chi sosteneva non doversi
egli fidar di sì belle parole, non si seppe arrendere. Pertanto colà
inviò l'Augusto Probo un corpo di milizia, a cui molte altre si
unirono, abbandonando Saturnino, il quale, assediato in un forte
castello, restò in fine preso, e gli fu reciso il capo contro la
volontà di Probo: con che tornò la calma nell'Oriente e nell'Egitto.
A questi medesimi tempi mi sia lecito di riferir anche la ribellione
di _Procolo_ e di _Bonoso_, esposta da Vopisco[2438], ed appena
accennata da Aurelio Vittore[2439] e da Eutropio[2440]. Era _Tito Elio
Procolo_[2441] nativo di Albenga nella Riviera di Genova, avvezzo dai
suoi maggiori al mestier de' ladroni, in cui era divenuto sì ricco,
che al tempo della sua rivolta potè mettere in armi due mila de' suoi
proprii servi. Datosi alla milizia, giunse ad essere tribuno di varie
legioni, e bei fatti d'arme si contavano di lui, non men che brutti
della sua abbominevole lussuria. Trovavasi egli in Colonia, e dicono
che, giuocando agli scacchi, per burla un soldato o buffone il chiamò
_Augusto_, e portata una veste di lana di color di porpora, gliela
mise addosso; e che per tal atto sul timore di gastigo egli tentò
l'esercito, e trovatolo condiscendente, assunse daddovero il nome di
_Augusto_. Credesi che a questo salto più d'ogni altro lo animasse la
moglie sua, donna d'animo virile, e che poi fu nominata Sansone. Anche
i Lionesi, disgustati di Aureliano per i mali trattamenti ricevuti da
lui, confortarono costui a prendere la porpora. Per attestato di
Vopisco[2442], la Gallia Narbonese, le Spagne e la Bretagna a lui si
sottomisero, ed avendo in que' tempi gli Alemanni fatta una incursione
nelle Gallie, Procolo li disfece in più volte. Ma rimase anch'egli
disfatto dall'armata che contra di lui inviò Probo, dalla quale
perseguitato sino ai confini, si raccomandò all'aiuto dei Franchi, ma
questi il tradirono, ed egli perdè la vita. Non diverso fine ebbe un
altro ribello, cioè _Bonoso_[2443], che osò di farsi dichiarar
_Imperadore_. Costui era nato in Ispagna, ma originario dalla
Bretagna, e la madre sua procedeva dalla Gallia. Oltre al credito di
essere un bravo uffiziale, godeva ancor l'altro di essere un
solennissimo bevitore. Quando più ne tracannava, più fresco sempre
appariva, in guisa che Aureliano imperadore ebbe più volte a dire:
_Costui non è nato per vivere, ma per bere_. Se ne serviva
quell'Augusto per cavare i segreti degli ambasciadori de' Barbari,
restando essi ubbriachi, ed egli no. Ma perciocchè, comandando egli
l'armi romane al Reno, per poca guardia de' suoi riuscì ai Germani di
bruciar la flotta romana esistente in quel fiume, per timore d'esserne
gastigato, si fece proclamar _Imperadore_[2444]. Pare che ciò
succedesse nel tempo che Procolo si era anch'egli ribellato, e che
unitamente si sostenessero contro le forze di Probo. Attesta Vopisco
che occorsero varii combattimenti per atterrar questo tiranno, il
quale in fine terminò la sua vita sopra una forca, con dire allora la
gente: _Mirate là pendente non un uomo, ma un gran fiasco_. Zosimo
poi[2445] e Zonara[2446] fanno menzione della ribellione di un
governatore della Bretagna, senza nominarlo. Del che avvertito Probo,
ne fece querela a _Mauro Vittorino_, perchè sulla raccomandazione di
lui gli avesse dato quel governo. Vittorino per questo andò a trovare
in Bretagna l'amico, ed ebbe maniera di farlo trucidare. Qualche
sedizion di gladiatori fu anche in Roma, e con esso loro si unirono
molti della plebe romana, laonde fu d'uopo che Probo mandasse
dell'armi a Roma per soggiogarli. Il che pienamente gli riuscì.
NOTE:
[2427] Malvasia, Marm. Felsin., pag. 353.
[2428] Vopiscus, in Probo. Zosimus, l. 1, c. 71.
[2429] Eusebius, in Chron.
[2430] Vopiscus, in Probo.
[2431] Zosimus, Aurelius Victor, in Epitome. Eutrop., in Brev.
[2432] Goltzius et Mediob., in Numismat. Imper.
[2433] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[2434] Vopiscus, in Saturn.
[2435] Euseb., in Chron.
[2436] Vopiscus, in Saturn.
[2437] Zonaras, in Annalib.
[2438] Vopiscus, in Probo.
[2439] Aurelius Victor, in Epitome.
[2440] Eutrop., in Breviar.
[2441] Goltzius et Mediob., in Numismat. Imperat.
[2442] Vopiscus, in Probo.
[2443] Idem, in Bonoso.
[2444] Vopiscus, in Probo.
[2445] Zosimus, lib. 1, cap. 66.
[2446] Zonaras, in Annalibus.
Anno di CRISTO CCLXXXI. Indizione XIV.
EUTICHIANO papa 7.
PROBO imperadore 6.
_Consoli_
MARCO AURELIO PROBO AUGUSTO per la quarta volta e TIBERIANO.
Prefetto di Roma fu _Ovinio Paterno_[2447] in quest'anno. Resta
tuttavia in disputa il tempo, in cui Probo Augusto entrasse trionfante
in Roma. Ma certo sembra più proprio questo che gli altri, giacchè
dopo tante vittorie contro le nazioni barbare, e dopo aver restituita
la pace a tutto l'imperio romano, potè egli finalmente venir a
cogliere gli allori e i plausi nella dominante città[2448]. In questo
suo trionfo precedevano varie schiere di nazioni barbariche da lui
vinte. Diedesi poi una caccia magnifica di fiere nel circo, del quale
era stata formata una selva, con trasportarvi gli alberi interi colle
loro radici. Vi si videro mille struzzoli ed altrettanti cervi,
cignali, caprioli, ibici ed altri animali che mangiano erba; e se ne
lasciò la preda al popolo. Nel dì seguente si fecero comparire
nell'anfiteatro cento lioni colle lor giubbe o crini, che coi ruggiti
formavano una specie di tuono. Furono tutti uccisi, ma con ispettacolo
che diede poco divertimento o piacere al popolo. Lo stesso avvenne di
ducento leopardi, di cento lionesse e di trecento orsi. Si fecero
ancora combattimenti di gladiatori, condotti in numero di trecento
paia; e Probo diede un ricco congiario al popolo. Aveva egli fin sul
principio del suo governo rimesse in piedi le appellazioni dai
processi e da altri primarii magistrati al senato, come era ne' vecchi
tempi, e conceduto al medesimo senato di mandare i proconsoli, e di
dar loro i legati, o vogliam dire i luogotenenti, e il gius pretorio
ai governatori nelle provincie; volendo ancora che le leggi da esso
Augusto fatte venissero confermate con decreto del medesimo senato.
Tanta autorità restituita a quell'insigne corpo, per cui pareva ai
senatori d'essere tornati ai tempi di Augusto, procacciò a Probo un
gran plauso e lode. In questi tempi poi di pace, affinchè i soldati
non si guastassero nell'ozio, gl'impiegò in varie faccende,
specialmente in piantar vigne nelle colline delle Gallie, della
Pannonia e della Mesia, permettendo ad ognuno[2449], e massimamente ai
popoli delle Spagne, di aver delle vigne: licenza che dopo Domiziano
non era conceduta a tutti. Giuliano Apostata[2450] scrive che Probo
nel breve corso del suo imperio rifabbricò ed ornò ben settanta varie
città. E da Giovanni Malala[2451] abbiamo ch'esso Augusto adornò in
Antiochia il Museo e il Ninfeo con de' musaici; siccome ancora ordinò
che l'erario pubblico di quella città contribuisse de' salarii
annuali, affinchè gratuitamente la gioventù di Antiochia fosse
istruita nelle lettere.
NOTE:
[2447] Bucherius, de Cycl.
[2448] Vopiscus, in Probo.
[2449] Aurelius Victor, in Epitome. Eutrop., in Breviario. Vopiscus,
in Probo.
[2450] Julianus, de Caesaribus.
[2451] Joannes Malala, in Chronogr.
Anno di CRISTO CCLXXXII. Indizione XV.
EUTICHIANO papa 8.
PROBO imperadore 7.
CARO imperadore 1.
_Consoli_
MARCO AURELIO PROBO AUGUSTO per la quinta volta e VITTORINO.
Ebbe Roma in quest'anno per suo prefetto _Pomponio Vittorino_, o sia
_Vittoriano_[2452], il quale vien creduto da alcuni lo stesso che
_Vittorino_ console. Quai nuovi disgusti avessero i Persiani recato
all'imperio romano, è a noi ignoto. Solamente sappiamo che Probo
imperadore era in procinto di far loro guerra. A questo fine marciò
egli coll'armata a Sirmio nella Pannonia, o sia nell'Illirico, con
disegno di passar in Oriente; ma eccoti que' medesimi soldati che lui
aveano renduto vincitore di tanti nemici, levargli la vita con
improvvisa sedizione[2453]. I motivi de' loro disgusti erano il
vedersi sempre d'una in altra fatica da lui impiegati senza mai goder
posa nè quartieri, dicendo egli _che il soldato non dovea mangiare il
pane a tradimento_; siccome ancora l'essergli scappato un giorno _che
sperava di ridurre in tale stato di quiete la repubblica, che non vi
fosse bisogno di soldati_; detto inverisimile in bocca di un sì saggio
imperadore. Ma quel che più irritò molti d'essi militari, fu, che
desiderando egli di accrescere e rendere più fecondo il territorio di
Sirmio sua patria, ordinò a molte migliaia di soldati di cavar una
fossa, per seccare una vasta palude in quelle parti. Per questo
inferociti coloro, un dì se gli scagliarono addosso[2454]; ed ancorchè
egli fuggisse nella torre ferrata, pur questa non fu sufficiente a
sottrarlo al loro furore e a salvargli la vita. Credesi che succedesse
la morte sua nell'agosto di quest'anno, correndo l'anno settimo del
suo imperio, e che egli non avesse più che cinquanta anni d'età[2455],
principe degno di lunghissima vita, perchè in valore non la cedeva ad
alcuno de' suoi predecessori, e nella clemenza moltissimi ne superò;
e, trovata la romana repubblica in cattivo stato, la rimise
nell'antica sua potenza di onore, più sempre pensando al pubblico che
al privato suo bene. Non si sa ch'egli avesse o lasciasse figliuoli;
si tiene che avesse moglie, ma senza che se ne possa assegnare con
sicurezza il nome. Perciò non intendiam bene ciò che significhi
Vopisco[2456] con dire che i di lui posteri si ritirarono da Roma, e
andarono ad abitare nel territorio di Verona verso i laghi di Garda e
di Como. Fu eretto dipoi dai soldati un magnifico sepolcro a Probo con
iscrizione denotante lui veramente principe dabbene, e vincitor delle
nazioni barbare e dei tiranni. Giunta a Roma la nuova della di lui
morte, inconsolabile si fece conoscere il dolore del senato e popolo
romano, non tanto per avere perduto un ottimo principe, quanto per
paura che a questa perdita tenessero dietro dei gravissimi guai,
siccome in fatti avvenne. Niuno vi fu degli onori anche sacrileghi,
che Roma pagana sapesse decretare alla memoria dei loro Augusti, di
cui restasse privo il defunto Probo, essendo egli stato deificato,
innalzati templi al suo nome, e stabiliti ogni anno da farsi i giuochi
circensi in onore di lui.
Prefetto del pretorio di Probo era _Marco Aurelio Caro_, e non pochi
furono coloro che sospettarono aver egli tenuta mano all'uccision del
suo principe. Vopisco[2457] da simil taccia il difende, allegando
l'integrità de' costumi di esso Caro, e l'aver egli fatta dipoi severa
giustizia di chi avea tolta la vita a quell'insigne imperadore. Ma non
seppe Vopisco assegnare qual fosse la vera patria di Caro, facendolo
alcuni nato in Roma, altri nell'Illirico ed altri in Milano. I due
Vittori[2458], Eutropio[2459] ed Eusebio[2460] cel rappresentano nato
in Narbona nella Gallia. Egli nondimeno pretendeva che i suoi maggiori
fossero di patria Romani. Per varii gradi militari era egli salito
all'eminente di prefetto del pretorio, e fu sommamente amato e
stimato, non men da Probo che dall'armata tutta, ancorchè, secondo
Giuliano Apostata[2461], egli fosse di genio melanconico e severo. Di
due suoi figliuoli il primogenito fu _Marco Aurelio Carino_, la cui
infame vita, troppo diversa da quella del padre, la vedremo fra poco.
L'altro si crede appellato _Marco Aurelio Numeriano_, di costumi
saggio e di maniere molto amabile. In due iscrizioni da me date alla
luce[2462] egli porta il nome di _Marco Numerio Numeriano_; e però è
da vedere se sieno legittime certe medaglie[2463] spettanti a lui, o
se il difetto fosse in tali iscrizioni. Ora, tolto di vita Probo,
concorsero i voti dei più dell'imperiale armata nella persona di esso
_Caro_, e il proclamarono _Augusto_, giudicandolo più d'ogni altro
meritevole di quell'eccelsa dignità, e volendo con ciò rimettere in
piedi l'uso negli eserciti di creare gl'imperadori, senza riceverli
dalle mani del senato. Portata questa nuova a Roma, tanto il senato
che il popolo se ne rattristarono forte, non perchè non sapessero
ch'egli era un buon uomo, benchè troppo inferiore a Probo[2464], ma
perchè ognun temeva _Carino_, di lui figliuolo, troppo screditato per
li suoi vizii. Nè tardò già Caro a dichiarar Cesari amendue i suoi
figliuoli, cioè _Carino_ e _Numeriano_. Poscia perchè il minore troppo
giovane non parea proprio per governar popoli, inviò il maggiore, cioè
_Carino_, nelle Gallie[2465], dandogli facoltà di comandar a quelle
provincie, ed insieme all'Italia, all'Illirico, alle Spagne, alla
Bretagna, come se fosse Augusto; giacchè esso Caro imperadore avea già
presa la risoluzione di passar in Oriente contra dei Persiani. Ma si
mostrò sempre scontentissimo di non avervi potuto inviar _Numeriano_,
perchè ben conosceva le ribalderie di Carino; anzi fu creduto che, se
vivea un poco di più, avrebbe levato ad esso Carino il titolo di
Cesare, per non lasciare un pessimo successore a sè stesso e
all'imperio. Mandandolo nondimeno nelle Gallie, gli mise a' fianchi
de' consiglieri onorati e saggi, rimedio di poca utilità, qualora nei
principi si unisca debolezza di testa ed inclinazione cattiva.
NOTE:
[2452] Bucher., in Cycl.
[2453] Vopiscus, in Probo. Julianus, de Caesaribus.
[2454] Aurelius Victor, in Epitome. Eutrop., in Breviario. Eusebius,
in Chronico.
[2455] Johannes Malala, in Chronogr.
[2456] Vopiscus, in Probo.
[2457] Idem, in Caro.
[2458] Aurelius Victor, in Epitome.
[2459] Eutrop., in Breviario.
[2460] Euseb., in Chronic.
[2461] Julianus, de Caesaribus.
[2462] Thesaurus Novus Inscription., pag. 256, num. 7, et 461, num. 5.
[2463] Mediobarb., in Numismat. Imperat.
[2464] Vopiscus, in Probo.
[2465] Vopiscus, in Carino.
Anno di CRISTO CCLXXXIII. Indizione I.
EUTICHIANO papa 9.
CAIO papa 1.
CARO imperadore 2.
CARINO imperatore 1.
NUMERIANO imperadore 1.
_Consoli_
MARCO AURELIO CARO AUGUSTO e MARCO AURELIO CARINO CESARE.
Ne' Fasti pubblicati dal Noris e presso Anastasio bibliotecario, _Caro
Augusto_ è detto _console per la seconda volta_. Perchè gli altri
Fasti e varie leggi non accennano questo suo secondo consolato, nè pur
io ho ardito di metterlo per cosa certa. Il Panvinio[2466] nondimeno
reca un'iscrizione, in cui Caro è chiamato CONSVL II. Aggiugne che nel
luglio furono sustituiti con _Numeriano Cesare_ e _Matroniano_,
adducendo l'autorità di Vopisco. Presso di questo storico non ne trovo
io vestigio. Nella Cronica Alessandrina[2467] sotto quest'anno, oltre
Caro e Carino, sono chiamati consoli _Diocleziano_ e _Basso_. Di
questi due consoli sustituiti pare che s'incontri memoria in un marmo
da me pubblicato[2468]. Noi vedremo in fatti fra poco _Diocleziano
console per la seconda volta_: segno di un precedente consolato. Fu in
quest'anno prefetto di Roma _Titurio Robusto_ o _Roburro_. Alcune
leggi ci fan vedere _Carino_ e _Numeriano_ decorati col titolo
d'Imperadori Augusti: il che vien confermato da Zonara[2469]; ma è
incerto il mese in cui dal padre fossero presi per colleghi
dell'imperio. La mente di Probo, terrore de' Barbari, avea fatto calar
l'orgoglio ai Sarmati. Ma da che costoro il seppero estinto, si
prepararono di nuovo per invadere l'Illirico e la Tracia, con
isperanza ancora di maggiori progressi. Mossi dalle lor contrade,
trovarono lo Augusto Caro coll'armi in mano, il quale lasciò loro un
buon ricordo del valore romano[2470], con ucciderne sedici mila, e
farne venti mila prigionieri. Di più non vi volle a rimettere la pace
nell'Illirico. Forse avrebbe fatto di più Caro, se i movimenti de'
Persiani non l'avessero chiamato in Oriente a quell'impresa che già
era disegnata da Probo, e desiderata dall'esercito suo, per isperanza
di fare maggior bottino quivi che nei paesi dei Barbari
settentrionali. Non si sa che egli, prima d'imprendere il viaggio di
Levante, venisse a Roma. Ne dà qualche indizio Vopisco[2471], con dire
che _Diocleziano_, udendo lodar i giuochi teatrali e circensi, dati da
Caro in Roma, rispose _che Caro s'era ben fatto ridere dietro
nell'imperio suo_. Ma anche in lontananza di esso Caro si poterono far
quegli spettacoli. Quel ch'è certo, si portò Caro col suo esercito
nella Mesopotamia, ed essendosene ritirati i Persiani, senza
difficoltà la ricuperò tutta. Di là entrato nel territorio persiano,
arrivò sino a Ctesifonte, capitale allora della Persia. Eutropio[2472]
e Zonara[2473] scrivono ch'egli la prese insieme con Seleucia; per la
quale impresa gli fu dato il titolo di _Partico_. Vero è che da'
Persiani gli fu voltato addosso un canale del fiume Tigri; tuttavia
egli pieno di gloria si ritirò in luogo sicuro coll'esercito suo:
sicuro, dissi, dai nemici persiani, ma non già dai domestici, essendo
anche negli antichi tempi stato disputato di qual genere di morte
terminasse i suoi giorni[2474]. Ma comune opinione si è ch'egli in
vicinanza del fiume Tigri cadesse infermo, e sopraggiunto un temporale
sì nero, che dei suoi cortigiani uno non vedeva l'altro, scoppiò un
fulmine, da cui morisse soffocato, e che nello stesso tempo si
attaccasse il fuoco alla sua tenda. Altri dissero che i di lui
camerieri, disperati al mirarlo morto, appiccarono il fuoco alla tenda
medesima, ma ch'egli era mancato di vita per la malattia in quel
brutto frangente. Tal fu la relazion di sua morte inviata al prefetto
di Roma. Se in ciò intervenisse malizia alcuna umana, non v'ha che Dio
che lo sappia. Fu egli deificato[2475], secondo il sacrilego stile de'
Romani gentili. Fra le molte favole che s'incontrano nella Cronografia
di Giovanni Malala[2476], vi sono ancor queste, cioè che Caro diede il
nome di Caria ad una delle provincie di Oriente, siccome ancora il
nome alla città di Caras nella Mesopotamia; e ch'egli tornato a Roma,
nel far poi guerra contro gli Unni, restò ucciso, essendo consoli
_Massimo_ e _Gennaro_, cioè nell'anno 288. Verso il fine dell'anno
vien creduto che seguisse la morte di Caro, e per cagion di essa
restarono imperadori _Carino_ e _Numeriano_ suoi figliuoli. Fuor di
dubbio è che Numeriano si trovava con esso lui alla guerra contro ai
Persiani; e sembra che Carino tuttavia soggiornasse alle Gallie.
L'anno fu questo in cui _Eutichiano_ sommo pontefice diede fine al suo
vivere, ed ebbe per successore _Caio_ papa.
NOTE:
[2466] Panvin., in Fastis Consul.
[2467] Chron. Paschale, seu Alexandr.
[2468] Thesaurus Novus Inscripit., pag. 368, n. 1.
[2469] Zonaras, in Annalib.
[2470] Vopiscus, in Caro.
[2471] Vopiscus, in Carino.
[2472] Eutrop., in Breviar.
[2473] Zonaras, in Annalib.
[2474] Vopiscus. Aurel. Victor. Eutropius. Eusebius. Zonaras.
[2475] Mediobarbus, in Numism. Imperator.
[2476] Johannes Malala, in Chronograph.
Anno di CRISTO CCLXXXIV. Indizione II.
CAIO papa 2.
CARINO imperadore 2.
NUMERIANO imperadore 2.
DIOCLEZIANO imperadore 1.
_Consoli_
MARCO AURELIO CARINO AUGUSTO per la seconda volta e MARCO AURELIO
NUMERIANO AUGUSTO.
Il Panvinio[2477] e il Relando[2478], che mettono anche _Numeriano_
Augusto console _per la seconda volta_, lavorano sul supposto ch'egli
fosse sostituito console nell'anno precedente; il che dissi non aver
fondamento. Certamente tutti i Fasti e le leggi ed altre antiche
memorie parlano bensì del secondo consolato di Carino, ma ciò non
dicono di Numeriano. Così nelle medaglie[2479] il troviamo appellato
solamente CONSVL, e non già _consul II_. Puossi perciò riputar falso
quel marmo che vien citato dal Panvinio col _consul II_. Si trova
prefetto di Roma in questo e nel seguente anno _Caio Ceionio Varo_.
Riconosciuti furono per imperadori in Roma e in tutte le provincie i
due fratelli _Carino_ e _Numeriano_, ed abbiam leggi pubblicate in
quest'anno col nome di amendue. Resta tuttavia incerto s'essi
venissero a Roma. Si crederebbe di sì, all'udir Vopisco[2480], il
quale racconta di aver veduti dipinti i giuochi romani celebrati da
loro con rarità di musiche e divertimenti teatrali, e questi nella
città di Roma: tuttavia le apparenze sono che dalle Gallie non venisse
sì tosto in Italia Carino, e che a Numeriano[2481] non restasse tempo
di ritornarci. Imperciocchè mentre esso _Numeriano_ era in viaggio
alla volta dell'Italia, e, secondo Sincello[2482], si trovava in
Eraclea della Tracia, tolta gli fu la vita. Aveva egli presa in moglie
una figlia di _Arrio Apro_ prefetto del pretorio, cioè di un
personaggio che moriva di voglia di esser imperadore; e coll'autorità
del suo grado e colla confidenza di suocero, sperava facile l'ottenere
il suo intento, sagrificando il giovinetto Numeriano alla sua
ambizione. Costui lo aveva spinto ad inoltrarsi nel paese de'
Persiani, lusingandosi di farlo perire in quella impresa per man de'
nemici. Non ebbe effetto la mina. Avvenne[2483] che _Numeriano_ fu
sorpreso da mal d'occhi, per cui non si lasciava vedere, e viaggiava
chiuso in una lettiga, ritornando coll'armata dalla Persia. Si servì
di questa occasione Apro per uccidere il genero Augusto, conducendo
poi il di lui corpo per più giorni in quella lettiga, come se fosse
vivo, per fare intanto de' maneggi affin di salire sul trono. Non è sì
facile il capire come alla uffizialità si potesse per tanto tempo
nascondere un imperadore, morto, non nel suo palagio, ma in una
marcia. Finalmente il fetore del cadavere scoprì il fatto, ed
accorgendosi ognuno che non si poteva imputare se non a frode del
capitano delle guardie, cioè ad Apro, lo aver tenuta così occulta la
morte del principe, fu egli preso e condotto avanti alle insegne e
schiere messe in ordinanza. Si tenne un'assemblea di tutta l'armata,
ed, alzato un tribunale, si cominciò a trattar di eleggere un altro
che fosse buon principe, ed insieme giustissimo vendicatore della
morte di Numeriano. Concorsero i voti dei più nella persona di
_Diocleziano_, capitano allora della guardia a cavallo de' domestici,
di cui parleremo all'anno seguente. Dall'anno presente appunto prese
principio l'era di Diocleziano, appellata anche de' Martiri, e celebre
nella storia della Chiesa. Salito dunque _Diocleziano_ sul palco, e
proclamato Augusto, mentre i soldati faceano istanza di sapere chi
fosse stato l'uccisore del principe, giurò egli prima di non aver
avuta parte nella morte di lui; poi, messa mano allo stocco, lo piantò
nel petto ad Apro, con dire: _Costui è quegli che ha tolto di vita
Numeriano_. Gloriavasi egli dipoi[2484] di avere ucciso un Apro, cioè
un cignale. Il dire Giovanni Malala[2485] che Numeriano dopo la morte
del padre riportò delle vittorie contro i Persiani, può aver qualche
sembianza di verità; ma non già il soggiugnere che egli, assediato
nella città di Caras dai Persiani, fu preso da essi, ucciso e
scorticato, con tenere dipoi la di lui pelle come un trofeo di gloria
per loro, di vergogna per gli Romani. Son qui attribuite a Numeriano
le disgrazie di Valeriano Augusto. Zonara[2486] rapporta bensì questa
tradizione, ma aggiugne l'altra più fondata ch'egli fu ucciso da Apro.
Nella Cronica poi di Alessandria[2487] è corso doppio errore, perchè
_Carino_, e non già _Numeriano_, vien detto da' Persiani. Trovandosi
una legge di Diocleziano Augusto, data nel dì 15 di ottobre di
quest'anno[2488], se ne deduce che nel settembre accadesse la morte di
Numeriano e l'innalzamento di Diocleziano, con restar tuttavia vivo e
in forze l'imperadore _Carino_. Ed ecco due competitori Augusti, e,
per conseguente, guerra civile fra i Romani. Il peggio fu che anche un
terzo concorse a questo mercato, cioè _Giuliano Valente_[2489], il
quale essendo Correttore della Venezia, appena udì la morte di Caro
Augusto, che prese la porpora e il titolo d'_Imperadore_. Sicchè tre
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