Annali d'Italia, vol. 1 - 41

alle città che si governavano colle proprie leggi. Ma non durò molto
la collera del buon imperadore. Fra pochi mesi restituì loro tutto, e,
nel tornar dall'Egitto consolò quel popolo con visitare la loro città.
Mentre andava in Egitto, abbiamo da Ammiano Marcellino[1243], che fu
sì attediato in passando per la Palestina dai ricorsi e dai rissosi
cicalecci dei fetenti Giudei, che in fine esclamò: _O Marcomanni, o
Quadi, o Sarmati, ho pur una volta trovata gente più inquieta e noiosa
di voi!_ Ancorchè gli abitanti di Alessandria avessero incensato
Cassio con grandi elogi[1244], pure non si fece pregare per dar loro
il perdono. Quivi anche lasciò una sua figliuola, mentre andò alla
visita d'altre città dell'Egitto, per le quali tutte comparve sempre
vestito alla moda di quel paese, o pur con abito da filosofo. Durante
questo suo pellegrinaggio vennero i re dell'Oriente e gli ambasciatori
del re dei Parti ad inchinarlo, e a rinnovare i trattati di pace. In
somma lasciò questo Augusto per tutta l'Asia e per l'Egitto un gran
nome della sua saviezza e moderazione; nè persona vi fu che non
concepisse un grande amore e stima per lui. Venuto alle Smirne, imparò
ivi a conoscere il sofista[1245] _Aristide_, di cui restano le
orazioni. Arrivò ad Atene, e quivi, per provare la sua innocenza,
volle essere ammesso ai misteri di Cerere, e solo entrò in quel
sacrario. Accrebbe i privilegii a così illustre città, e specialmente
beneficò quelle scuole con assegnar buone pensioni a tutti i maestri
delle sette filosofiche, cioè Stoici, Platonici, Peripatetici ed
Epicurei. Poscia imbarcatosi, spiegò le vele alla volta di Italia, e
soffrì nel viaggio una gravissima tempesta di mare. Sbarcato che fu a
Brindisi, prese tosto la toga, cioè l'abito di pace, e con questa
ancora volle che marciassero tutte le milizie che lo scortavano. Entrò
dipoi in Roma colla solennità del trionfo a lui decretato per le
vittorie riportate in Germania[1246]. Nel dì 27 di novembre, impetrata
dal senato la dispensa dell'età per Commodo suo figliuolo, il disegnò
console per l'anno prossimo venturo. Ad amendue ancora nel dì 28 di
ottobre era stato conferito il titolo d'_Imperadori_ per la vittoria,
di cui parlammo di sopra; e se si ha da credere a Capitolino[1247], in
questa occasione fu che Marco Aurelio conferì al figliuolo la podestà
tribunizia. Ma siccome già accennai, in vigore delle medaglie che
abbiamo, il Noris e il Pagi pretendono conceduta a Commodo questa
podestà nell'anno precedente. Lascerò io qui combattere gli eruditi,
con dir solamente che non intendo io qui una regola del padre
Pagi[1248]. Egli vuole che gl'imperadori disegnassero prima consoli
poi Cesari ed Augusti i lor figliuoli; e pure certo è, che Commodo
prima del consolato portò il titolo di Cesare. Lampridio[1249] scrive,
che Commodo trionfò col padre _X Kalendas Amazionias_ nell'anno
corrente; e il padre Pagi spiega celebrato questo trionfo _X Kalendas
januarias_, seguendo l'opinion del Salmasio, che credette appellato
_Amazonio_ il gennaio; opinione non certa, scrivendo chiaramente
Capitolino, che il mese di _dicembre_ fu dal capriccioso Commodo
appellato _Amazonio_; e però quel trionfo, secondo lui, cadde nel dì
23 novembre dell'anno presente. Pretende esso padre Pagi dato in
quest'anno il titolo d'_Augusto_ al medesimo _Commodo_: punto
anch'esso imbrogliato dalle medaglie. Non me ne prenderò io altro
pensiero; e solamente dirò, che sarebbe da desiderare che tutte le
medaglie fossero legittime, e tutte ben attentamente lette ed
accuratamente copiate. Perchè appunto son qui imbrogliati i conti, non
oserò io di dar principio all'epoca dell'imperio del sopraddetto
Commodo. Diede Marco Aurelio in occasion di tali feste un congiario al
popolo. In che consistesse questo donativo si ha da Dione[1250]. Nella
pubblica concione avendo egli detto, che era stato in pellegrinaggio
_otto anni_, il popolo gridò colle mani alzate _otto_, volendo dire,
che aspettava da lui il regalo di otto monete d'oro per persona.
Sorrise l'imperadore; e contuttochè non fosse mai giunto alcuno dei
suoi predecessori a donar tanto, pure tutta quella somma fece sborsare
al popolo. Per attestato di Capitolino[1251], diede anche degli
spettacoli maravigliosi: cosa dopo il danaro la maggiormente grata ai
Romani.
NOTE:
[1232] Antoninus, in Itinerario. Cellarius, in Geograph.
[1233] Dio, lib. 71.
[1234] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[1235] Petavius, de Doctrin. Temp.
[1236] Mediobarbus, in Numismat. Imperat.
[1237] Philostr., in Sophist., lib. 27.
[1238] Capitolinus, in Marco Aurelio.
[1239] Julianus, de Caesarib.
[1240] Mediobarbus, in Numismat. Imper.
[1241] Vulcat., in Avidio Cassio.
[1242] Capitol., in Marco Aurelio.
[1243] Ammianus, lib. 23, cap. 5.
[1244] Capitol., in Marco Aurel.
[1245] Philost., in Sophistis., c. 34.
[1246] Lampridius, in Commodo.
[1247] Capitolin., in Marco Aurelio.
[1248] Pagius, Crit. Baron. ad hunc annum.
[1249] Lampridius, in Commodo.
[1250] Dio, lib. 71.
[1251] Capitolinus, in Marco Aurelio.


Anno di CRISTO CLXXVII. Indizione XV.
ELEUTERIO papa 7.
MARCO AURELIO imperad. 17.
_Consoli_
LUCIO AURELIO COMMODO CESARE o pure AUGUSTO e QUINTILIO.

In una iscrizione del Gudio s'incontrano questi consoli disegnati: M.
AVRELIO ANTONINO COMMODO AVGVSTO ET QVINTILIO COS. Ma mi sia lecito il
ripetere, che l'appoggiarsi ai marmi gudiani, non è cosa sicura nei
punti controversi. Non v'ha dubbio, Commodo portò il prenome di
_Lucio_, e in onore del padre assunse quello di _Marco_. Vivente il
padre, il troviam quasi sempre nominato _Lucio_; anzi credono
uomini[1252] dottissimi, ch'egli solamente dopo la morte di esso suo
padre prendesse l'altro: laddove nel marmo del Gudio comparisce
_Marco_ in quest'anno. Quivi parimente vien chiamato _Quintilio_ il
secondo console, il cui cognome in tutti i fasti è _Quintillo_.
Vedemmo di sopra all'anno 159 console _Marco Plautio Quintillo_.
Questi forse fu suo figliuolo, e portò i medesimi nomi. S'aggiunge
l'aver alquanto del pellegrino nell'iscrizione gudiana quel GENIS DEF.
ET HERCVLI CVSTODI DELVBR. CAPIT. Abbiamo dunque il primo consolato di
_Commodo_ figliuolo di Marco Aurelio, al quale nell'anno presente
(altri credono nel seguente) il padre diede[1253] per moglie
_Crispina_ figliuola di _Bruttio Presente_, personaggio stato già
console. Le nozze furono celebrate alla maniera de' privati: e, ciò
non ostante, egli volle rallegrare il popolo con un nuovo congiario.
Di ciò v'ha qualche vestigio in una medaglia[1254], dove è segnata la
_Liberalità VIII_ d'esso Augusto, ma può dubitarsi se sia ben copiata.
Nel tempo ch'esso imperadore si fermò in Roma, levò via vari abusi
civili. Moderò le spese che si faceano nei giuochi dei gladiatori.
Osserva Dione[1255] una particolarità, sempre più comprovante quanto
egli fosse alieno dallo spargimento del sangue. Era impazzito il
popolo romano dietro ai gladiatori; quanto più sanguinosi erano i lor
combattimenti, tanto maggior piacere ne provavano i Romani. Marco
Aurelio ordinò che adoperassero nelle lor battaglie spade senza punta
e senza taglio, acciocchè si facessero onore colla destrezza, ma non
già coll'ammazzarsi. Fece ancora dei regolamenti per correggere il
soverchio lusso e la troppa libertà delle matrone e dei giovani
nobili. Stese[1256] eziandio la sua liberalità a tutte le provincie,
con rimettere ad ognuno i debiti che avevano coll'erario, non men suo
che della repubblica, e in mezzo alla piazza maggiore di Roma bruciò
le carte delle loro obbligazioni.
Pareva intanto, che per la pace riportata a Roma da Marco Aurelio,
tutti si promettessero una durevol serenità, quando si scompigliarono
di nuovo gli affari della Germania, se pur questi si erano mai
acconciati daddovero. Sappiamo da Dione[1257], che i Quadi, dappoichè
l'imperadore fu passato in Oriente, si burlarono degli accordi fatti
con lui. Deposero essi il re, verisimilmente dato loro dal medesimo
Augusto, ed alzarono al trono _Ariogeso_. Al vedere Marco Aurelio
sprezzata così l'imperiale autorità, e violati i patti, contra il suo
solito andò sì fattamente in collera che mise fuori una taglia,
promettendo mille scudi d'oro a chi gli desse vivo in mano _Ariogeso_,
e cinquecento a chi gliene portasse la testa. Vero è nondimeno che
essendogli poi riuscito di averlo prigione, altro male non gli fece,
che di mandarlo in esilio ad Alessandria. Qualche altra turbolenza
maggiore dovette accadere al Danubio, e tale ch'egli spedì (a mio
credere nell'anno presente) a que' romori i due _Quintilii_, uomini
amendue di molto volere e di non minore sperienza nella guerra. Ma
perchè nulla profittavano essi, anzi doveano camminar poco bene gli
affari di essa guerra, nell'anno seguente credette l'infaticabile
Augusto necessaria la sua persona a quell'impresa, ed egli stesso vi
andò, siccome vedremo. Crede il padre Pagi[1258] rotta solamente nel
seguente anno la pace e ricominciata la guerra; ma ben più verisimile
è che ciò avvenisse nell'anno presente, perchè Dione riconosce che i
due Quintilii aveano prima comandata in quelle parti l'armata, nè
riusciva loro di mettere al dovere que' Barbari: il che non si potè
fare in poco tempo. Secondo Dione, questa seconda guerra non fu contro
i Germani, ma bensì contro gli Sciti. Capitolino all'incontro
asserisce[1259], che Marco Aurelio di nuovo guerreggiò coi Marcomanni,
Hermunduri, Sarmati e Quadi.
NOTE:
[1252] Noris, Epistol. Consular. Pagius, in Critic. Baron. Bimard.,
Epistol., pag. 122. Tom. 1. Thesaur. Novus. Inscript. Mur.
[1253] Capitolinus, in Marco Aurel.
[1254] Mediobarb., in Numism. Imperat.
[1255] Dio, lib. 71.
[1256] Euseb., in Chron.
[1257] Dio, in Excerpt. Vales.
[1258] Pagius, in Crit. Baron.
[1259] Capitol., in Marco Aurel.


Anno di CRISTO CLXXVIII. Indizione I.
ELEUTERIO papa 8.
MARCO AURELIO imperad. 18.
_Consoli_
ORFITO e RUFO.

Il Panvinio[1260] per conghiettura diede i nomi a questi due consoli,
de' quali ho io posto il solo cognome, ch'è assicurato dal consenso
de' fasti e da Lampridio. Il cardinal Noris[1261] li rifiutò, e con
ragione. Credette egli poi, conghietturando, che il secondo fosse
_Gavio Orfito_, e il primo _Giuliano Rufo_, a cagion di una iscrizione
in cui i consoli di quest'anno sono _Orfito_ e _Giuliano_. Ma chi ci
assicura che Giuliano non sia stato console sostituito a _Rufo_?
Perciò non ho io osato di scrivere di più. Lampridio[1262], citando
gli atti pubblici, attesta che _Commodo_ imperadore nel dì 3 del mese
_Commodio_, essendo consoli _Orfito_ e _Rufo_, cioè nell'anno
presente, andò di nuovo alla guerra. Pretende il Salmasio che questo
fosse il mese di agosto, ma non è ben certo. Potè anche essere luglio.
Abbiamo poi da Dione[1263] che _gl'imperadori_ per necessità
marciarono in Germania. Sicchè a quest'anno si dee riferir l'andata
dell'Augusto Marco Aurelio col figliuolo, tuttochè Capitolino[1264]
scriva ch'egli per tre anni guerreggiò di nuovo in quelle parti. Era
ben poca la sanità, meschina di molto la complessione di questo
principe: tuttavia sì gli stava a cuore il pubblico bene e il dovere
dell'uffizio suo, che niun privato riguardo il potè ritenere. Ito egli
in senato, propose l'andata sua, e dimandò ai padri aiuto dall'erario
pubblico, senza volerlo prendere di sua autorità, come usarono altri
imperadori; _perchè_ (siccome egli disse in parlando ai medesimi)
_quel danaro e tutti gli altri beni sono del senato e popolo romano,
in maniera tale, che nulla noi possediamo del proprio, ed è vostra fin
quella casa dove abitiamo._ Ciò detto, presa l'asta insanguinata, a
lui recata dal tempio di Marte, in segno di dichiarar la guerra, la
scagliò verso il settentrione. Portossi ancora al Campidoglio, dove
protestò con giuramento che da che egli regnava, niun senatore era
stato ucciso d'ordine suo, o con sua contezza, e ch'egli avrebbe anche
perdonato ai ribelli, se non fossero stati uccisi prima ch'egli lo
sapesse. Noi troviamo nelle medaglie[1265] di quest'anno a lui dato
per _la nona volta_ il titolo d'_Imperatore_, e _per la terza_ a
Commodo Augusto suo figliuolo, per qualche vittoria al certo
guadagnata dai Romani, e forse da che i due imperadori furono giunti
al campo. Ma la storia non ci somministra lume per poterne dire di
più. Il console _Orfito_ diede il nome in questo anno al
Senatusconsulto[1266], per cui i figliuoli dell'uno e dell'altro
sesso, benchè passati per adozione in altre famiglie, furono ammessi
alla successione delle loro madri morte ab intestato. Ciò non si
praticava, o era proibito in addietro; e le adozioni, oggidì si rare,
ben frequenti erano presso gli antichi Romani.
NOTE:
[1260] Panvin., in Fast. Consular.
[1261] Noris, Epistola Consulari.
[1262] Lampridius, in Commodo.
[1263] Dio, lib. 71.
[1264] Capitolin., in Marco Aurel.
[1265] Mediobarbus, in Numism. Imperat.
[1266] Institut., lib. III, cap. 4.


Anno di CRISTO CLXXIX. Indizione II.
ELEUTERIO papa 9.
MARCO AURELIO imperad. 19.
_Consoli_
LUCIO AURELIO COMMODO AUGUSTO per la seconda volta e PUBLIO MARZIO
VERO.

Due iscrizioni sono presso il Grutero[1267], spettanti all'anno
presente. Nell'una il secondo console è chiamato _Tito Annio Vero per
la seconda volta_; nell'altra _Aurelio Vero per la seconda volta_.
Perciò il cardinal Noris[1268], il Pagi[1269], il Relando[1270] ed
altri gli han dato il nome di _Tito Annio Aurelio Vero_. Ma da che il
sig. Bimard[1271], barone della Bastia, ed uno dell'Accademia reale di
Parigi, ha prodotto un marmo esistente in Aosta, che si legge nel
primo tomo delle mie iscrizioni, e posto IMP. COMMODO II. P. MARTIO
VERO II. COS., credo io che si abbia a preferir questo nome, ricavato
da un'iscrizione d'indubitata legittimità, alle due del Grutero che
son dubbiose e non concordi tra loro. Anzi apocrife le giudica esso
Bimard, perchè la famiglia Annia solamente si unì coll'Aurelia in
quella degli Antonini; nè alcuno vi era allora che portasse tal nome.
All'incontro _Publio Marzio Vero_ celebre fu in questi tempi, come si
ha da Capitolino[1272] e da Dione[1273]; e noi l'abbiamo veduto di
sopra il primo mobile di Marco Aurelio Augusto nella ribellione di
Cassio. Bolliva intanto la guerra barbarica al Danubio, avvalorata
dalla presenza dei due imperadori Marco Aurelio e Commodo. La
resistenza dei Barbari era grande[1274], quando Marco Aurelio ordinò a
_Paterno_ di andare ad assalirli con tutto il nerbo delle milizie
romane. Di _Tarrutenio Paterno_, prefetto del pretorio sotto Commodo,
parlano Lampridio[1275] e Dione. Durò l'atroce battaglia, per
attestato d'esso Dione, un'intera giornata, e finì colla totale
sconfitta delle nazioni nemiche. Per questa insigne vittoria fu
proclamato Marco Aurelio _Imperadore per la decima volta_, e Commodo
_per la quarta_[1276]. Trovasi questa lor denominazione nelle medaglie
coniate nell'anno presente, nel quale, secondo la testimonianza
d'Eusebio[1277], la città di Smirna restò smantellata da un furioso
tremuoto. Dione sembra mettere questa disavventura all'anno
precedente. Ne parla ancora Aristide[1278] in una delle sue orazioni,
con farci intendere la mirabil carità usata verso quell'illustre città
da tutte l'altre della Grecia e dell'Asia, perchè ognuna fece a gara
per dare ricetto a quei che erano rimasti in vita. Certamente i
Cristiani molto dilatati in quelle contrade, siccome allevati nella
scuola della carità, saranno stati i primi e i più abbondanti in recar
loro soccorso, ed avran servito di esempio anche ai Gentili. Ne
scrisse il suddetto Aristide[1279] ai due Augusti una compassionevol
lettera, che tuttavia esiste, pregandoli di risarcire l'infelice
città, siccome aveano fatto per tante altre di Italia in somiglianti
sciagure. Non potè ritener le lagrime il buon imperador Marco Aurelio
in leggendo la catastrofe di così rinomata città[1280]; e senza
aspettare che arrivassero i di lei deputati a pregarlo d'aiuto, con
viscere paterne ne scrisse al popolo rimasto in Smirna una lettera
consolatoria; mandò gran somma di danaro, acciocchè rifabbricassero le
case; gli esentò per dieci anni dai tributi; raccomandò con sue
lettere al senato romano di dar loro altri soccorsi, onde potesse
risorgere l'abbattuta città.
NOTE:
[1267] Gruterus, Thesaur. Inscript., p. 65, n. 9, et 77, n. 3.
[1268] Noris, Epist. Consul.
[1269] Pagius, in Critic. Baron.
[1270] Reland., in Fastis.
[1271] Bimard, Epist., pag. 120. Tom. 1 Thesaur. Nov. Inscript.
[1272] Capitolin., in Marco Aurelio.
[1273] Dio, lib. 71.
[1274] Idem, ibidem.
[1275] Lampridius, in Commodo.
[1276] Mediobarbus, in Numismat. Imper.
[1277] Euseb., in Chron.
[1278] Aristid., Or. 21.
[1279] Aristid., Or. 20.
[1280] Philost., in Sophist., cap. 35.


Anno di CRISTO CLXXX. Indizione III.
ELEUTERIO papa 10.
COMMODO imperadore 1.
_Consoli_
CAJO BRUTTIO PRESENTE per la seconda volta, e SESTO QUINTILIO
CONDIANO.

Fondato il cardinal Noris[1281] sopra un'iscrizione gruteriana[1282],
ch'egli nondimeno riconosce per difettosa, diede al primo console il
nome di _Lucio Fulvio Bruttio Presente per la seconda volta_, nel che
fu seguitato dal Pagi[1283], dal Relando[1284] e da altri. Ma chiunque
esaminerà meglio quel marmo, non avrà difficoltà a chiamarlo
un'impostura, e però appoggiati que' nomi ad un fondamento che non
regge. Ho io prodotta un'iscrizione[1285], dove _Cajo Bruttio
Presente_ vien detto _console per la seconda volta_. Era questi padre
di _Crispina_ moglie di _Commodo_ Augusto. Se non vogliamo ammettere
ch'egli fosse per la prima volta console nell'anno 153, sarà almeno
stato in alcuno de' susseguenti anni console straordinario ed
ordinario nel presente. Certamente motivo bastevole abbiamo di così
credere, finchè si disotterri altra memoria che tolga ogni dubbio.
Avea già l'Augusto Marco Aurelio ridotta a buon termine la guerra coi
Barbari. Erodiano[1286], che qui dà principio alla sua storia, scrive
che già alcuni di que' popoli s'erano a lui sottomessi, altri aveano
fatta lega con lui, ed altri fuggiti non comparivano più per paura
delle di lui vittoriose schiere. Ma non piacque a Dio di lasciargli
tanto di tempo per dar compimento all'impresa. Cadde egli
infermo[1287] nel marzo dell'anno presente, essendoglisi attaccata la
peste o sia l'epidemia, che già s'era introdotta nell'armata[1288].
Nel sesto giorno della sua malattia chiamò al suo letto gli amici, e
fece loro un discorso intorno alla vanità delle cose umane, facendo
assai conoscere di disprezzar la vicina morte. Piangevano essi, ed
egli, loro rivolto, disse: _Perchè piagnete me, invece di piagnere la
peste che va desolando l'armata?_ Erodiano gli mette in bocca una
bella orazione, con cui raccomandò a tutti _Commodo_, benchè
Capitolino scriva che non ne parlò, ma che solamente interrogato a chi
egli raccomandasse il figliuolo, rispose: _A voi e agli dii immortali,
se pur se ne mostrerà degno._ L'aveva egli sul principio del male
chiamato a sè, pregandolo di non partirsi se prima non era terminata
la guerra: al che rispose Commodo che più gli premeva la propria
sanità, e desiderar perciò di andarsene. Ma più del male e più
dell'imminente morte, si affliggeva l'ottimo imperadore al vedere che
lasciava dopo di sè un figlio troppo diverso da' suoi costumi. Ne avea
già osservata la perversa inclinazione, e gli correa per mente
l'immagine di Nerone, di Domiziano e d'altri principi giovinastri
scapestrati, che erano stati la rovina della lor patria. Ma rimedio
più non appariva. Egli era già imperadore Augusto, nè si poteva
disfare il fatto. Giuliano Apostata nella sua Satira[1289] scrisse che
Marco Aurelio dovea lasciar l'impero a _Claudio Pompejano_ suo genero,
personaggio di gran saviezza, più tosto che ad un figlio di natural sì
maligno. Ma l'affetto paterno, lusingandosi sempre che nel crescere
dell'età crescerebbe il senno del giovane Commodo, prevalse all'amor
della repubblica, che in lui certamente era sommo. Fu anche
sollecitato a ciò dal senato romano istesso, siccome attesta Vulcazio
Gallicano[1290]. Puossi ancor credere che Marco Aurelio, sperando vita
più lunga, si figurasse d'aver tempo da ridirizzar quella pianta, che
già minacciava frutti cattivi. Turbato poi da questo rammarico
l'infermo Augusto, nè sapendo come quetarlo, desiderò che
sollecitamente venisse la sua morte, e stette anche senza voler
prendere cibo. Nel settimo dì copertosi il capo, come se volesse
dormire[1291], spirò nella notte del dì 17 di marzo, secondo
Tertulliano[1292], in Sirmio, o pure, secondo Aurelio Vittore[1293],
in Vienna d'Austria, mentre era nell'anno cinquantanovesimo dell'età
sua. Dione scrive d'aver avuto riscontri accertati, esser egli stato
tolto dal mondo, non già dalla malattia, ma dai medici che Commodo
avea guadagnati per sì esecrabile azione. Forse l'odio universale, in
cui, siccome vedremo, incorse Commodo, diede origine e fomento a
questa voce.
L'afflizione dell'armata fu incredibile per la perdita di questo
principe, perchè quantunque egli fosse assai ritenuto a regalare i
soldati, e lontano da quelle esorbitanti liberalità che altri
imperadori aveano usato per tenersi ben affette le milizie; e tuttochè
egli volesse una rigida disciplina ed impiegati in continui esercizii
i soldati, pure teneramente era amato da tutti: frutto della sua gran
bontà e giustizia. Non fu minore l'affanno[1294] che ne provò Roma e
le provincie, gridando tutti che era morto il lor fortissimo capitano
e un principe che non avea pari. Portate a Roma le sue ceneri, furono
collocate verisimilmente nel mausoleo di Adriano, e fatta la di lui
deificazione secondo l'empio rito di allora. Venne poi riguardato qual
sacrilego, chi da lì innanzi non tenne la di lui immagine in
casa[1295], e restò sempre anche appresso i posteri in tal onore la di
lui memoria, come di principe ottimo, che fino il satirico Giuliano
Apostata[1296] il collocò in cielo sopra Augusto, sopra Trajano e
sopra gli altri rinomati regnanti. Non mancarono certamente dei
difetti in Marco Aurelio: e chi mai ne va senza? La stessa sua bontà,
e l'abborrimento ad ogni severità di gastigo non potò far di meno che
non cagionasse qualche disordine con abusarsene i cattivi. E il non
aver frenate le dissolutezze della moglie; l'aver eletto per suo
collega _Lucio Vero_, che nol meritava; ma sopra tutto l'aver voluto o
permesso che fosse successor suo nell'imperio chi n'era sì indegno,
recò non poca taccia al suo nome. Contuttociò tali e tante furono le
virtù sue, che tutti gli antichi scrittori s'accordano in iscusare
que' pochi difetti che in lui si osservarono. Imperocchè, oltre al
molto che ne ho già detto di sopra, il solo esempio del grave, onesto
e virtuoso suo vivere, servì, a riformar non poco i costumi sregolati
de' Romani. Suo uso fu anche di mettere negli uffizii chi egli credeva
più dabbene e più utile al pubblico; e perchè niuno ordinariamente si
trovava che fosse perfetto, diceva[1297]: _Essere impossibile a noi il
fare gli uomini, come noi li vorremmo; e che però conveniva valersi di
loro, come sono, cercando solamente i men difettosi fra gli altri._
Gli diede veramente la natura un corpo debole, o pure il provvide
bensì di assai vigore, perchè in gioventù era robusto, facea gli
esercizii militari, uccideva alla caccia i cignali; ma poi creduto fu
che l'applicazione agli studi l'indebolisse e gli cagionasse molti
incomodi di salute. Contuttociò al pari de' più vigorosi tollerava le
fatiche; e già si è veduto quanti viaggi egli facesse, e quanto tempo
restasse esposto agl'incomodi della guerra. La beneficenza gli stette
sopra tutto a cuore; a questa sognata deità eresse anche un tempio in
Roma. Da alcuni si desiderò in lui la magnificenza, e si sarebbe
voluto più liberale; ma con censura indebita, perchè egli non ammassò
mai pecunia per sè; ed era bensì buon economo del danaro, ma per
valersene solamente in bene del pubblico, senza mai accrescere gli
aggravi ai popoli, con isminuirli alle occorrenze e con soccorrere
sempre ne' bisogni le persone di merito. Non la finirebbe mai chi
volesse riandar le belle massime ch'ebbe questo principe per regolare
non men sè stesso che gli altri. Ne lasciò egli anche una perenne
memoria in dodici libri, che abbiam tuttavia, _delle cose sue_,
commentati da Merico Casaubono e da Tommaso Gatachero. Sono memorie
delle meditazioni sue, concernenti il meglio della filosofia stoica,
scritte in greco, come gli venivano in mente, con istile semplice, ma
purissimo, ed altamente commendato dagl'intendenti. Per questi libri,
ma più per la vita e per le azioni sue, egli si meritò il titolo di
_filosofo_, ed è specialmente conosciuto sotto nome di _Marco Aurelio
Antonino il Filosofo_. La vita, che si legge di lui, composta da
Antonio da Guevara, vescovo spagnuolo di Mondognetto, è un'impostura,
che nondimeno può esser utile a chi ne voglia far la lettura.
Fiorirono poi[1298] sotto questo letterato principe molte persone
dottissime, fra le quali io solamente rammenterò _Luciano
Samosatense_, il cui faceto, erudito e vivacissimo stile si ammira nei
suoi libri, ma che più sarebbe degno di stima, s'egli non facesse
un'aperta professione d'empietà. _Lucio Apulejo_, scrittore della
medesima tempra, si crede che fiorisse in questi tempi; ed è certo che
_Galeno_, o sia _Gallieno_, medico rinomatissimo, gran tempo visse
nella corte di Marco Aurelio. Così _Pausania_, _Aristide_, _Polieno_,
_Artemidoro_, _Aulo Gellio_, e forse _Sesto Empirico_, fiorirono in
questi tempi, e di loro ci restano libri, per tacere di tanti altri,
de' quali l'opere si son perdute. Restò dunque dopo la morte di _Marco
Aurelio_ al governo dell'imperio romano _Lucio Aurelio Antonino
Commodo_, molto prima dichiarato imperadore augusto, di cui parlerò
all'anno seguente. Ed io comincio ora a contare gli anni del suo
imperio, non avendo osato di farlo finora, perchè non parmi per anche
ben certo il principio del suo imperio augustale. Trovasi egli,
siccome già accennai, da qui innanzi nominato per lo più _Marco
Aurelio Commodo_, avendo egli assunto il prenome del padre, ma senza
avere ereditata alcuna delle di lui virtù che nel mostrassero degno
suo figlio.
NOTE:
[1281] Noris, Epist. Consul.
[1282] Gruterus, Thes. Inscript., p. 1095, n. 1.
[1283] Pagius, in Crit. Baron.
[1284] Reland., in Fastis.
[1285] Thesaurus Novus Inscription., p. 339, n. 5.
[1286] Herodianus, Histor., lib. 1.
[1287] Capitolinus, in Marco Aurelio.
[1288] Dio, lib. 71.
[1289] Julianus, de Caesarib.
[1290] Vulcat., in Commodo.
[1291] Dio, lib. 71.
[1292] Tertullianus, in Apologetico, cap. 25.
[1293] Aurelius Victor, in Epitome.
[1294] Herodianus, Histor., lib. 1.
[1295] Capitolinus, in Marco Aurelio.
[1296] Julianus, de Caesarib.
[1297] Dio, in Excerptis Vales.
[1298] Tillemont, Mémoires des Empereurs.


Anno di CRISTO CLXXXI. Indizione IV.
ELEUTERIO papa 11.
COMMODO imperadore 2.
_Consoli_
MARCO AURELIO ANTONINO COMMODO AUGUSTO per la terza volta, e LUCIO
ANTISTIO BURRO.

_Antistio Burro_ console in quest'anno era cognato di Commodo Augusto,
perchè marito di una di lui sorella. Imperciocchè Marco Aurelio avea
procreato da Faustina, oltre a Commodo, due o tre altri maschi, che
mancarono in tenera età, e varie femmine, cioè _Lucilla_ maritata a
_Lucio Vero_, poscia a _Claudio Pompejano_, e _Fadilla_ e _Vibia
Aurelia_ e _Domizia Faustina_, e forse alcun'altra. Una di esse fu
data in moglie al suddetto _Burro_, ed un'altra a _Petronio
Mamertino_, personaggi tutti scelti dal padre per generi in riguardo
della loro sperimentata saviezza. Assunse nell'anno precedente Commodo
Augusto il governo della romana repubblica. Era egli nato[1299] nel dì
31 d'agosto dell'anno 161, giorno natalizio anche del bestiale e