Annali d'Italia, vol. 1 - 34
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ed anche le spese in vita. Risaputosi ciò, l'altro dì vennero molti
vecchi a far lo stesso, sperando un egual trattamento. Ordinò Adriano
che si fregassero l'un l'altro. Fece molti buoni ordini. Che non fosse
lecito ai senatori il prendere nè direttamente nè indirettamente
appalto alcuno di gabelle. Che fosse vietato ai padroni l'uccidere i
loro servi, cioè gli schiavi (il che ne' tempi addietro era permesso
ai Romani) volendo che se si trovavano rei, fossero condannati dai
giudici. Soffrì nondimeno che tenessero prigioni private per li servi
e liberti. Voleva che i senatori, uscendo in pubblico, sempre
portassero la toga, eccettochè la notte. Tassò le sportole ai giudici,
riducendole all'antica moderazione. Ripudiò le eredità lasciategli da
persone ch'egli non conosceva; ed anche conoscendole, se v'erano de'
figliuoli, le rifiutò. Dilettossi forte della caccia, ed amò sì
fattamente alcuni de' suoi cavalli e cani, che fece far loro dei
sepolcri. Talvolta nelle cacce ammazzò orsi, lioni ed orse; tanta era
la sua destrezza. Non voleva che i suoi liberti avessero alcuna
autorità, nè si credesse che potessero qualche cosa presso di lui,
perchè attribuiva a questa sorta di gente la maggior parte dei
disordini passati sotto i precedenti Augusti. Osservò egli una volta,
che uno di costoro passeggiava in mezzo a due senatori. Mandò tosto
uno de' suoi domestici a dargli una guanciata, e a dirgli: _Guardati
di camminar del pari con persone, delle quali tu puoi tuttavia
divenire schiavo._ Mirabile eziandio parve la sua moderazione, perchè
quantunque infinite fabbriche facesse per tutto l'imperio romano, non
volle che si mettesse il suo nome, se non nel tempio alzato a Trajano.
Riedificò in Roma il Panteon, lo steccato del Campo Marzio, la
basilica di Nettuno, molti templi, la piazza di Augusto, il bagno di
Agrippa: contuttociò d'ordine suo fu ivi rimesso il nome dei primi
fondatori. Fabbricò sopra il Tevere il ponte chiamato di Adriano,
oggidì ponte sant'Angelo; e il suo sepolcro vicino al Tevere che ora
si chiama castello sant'Angelo; e il tempio della Buona Dea. Fece
anche un emissario al lago Fucino. Tutte queste azioni ho io raccolte
sotto quest'anno, benchè spettanti a vari tempi, acciocchè sempre più
si conosca qual imperadore fosse Adriano.
NOTE:
[950] Pagius, Critic. Baron.
[951] Dio, lib. 69.
[952] Spartianus, in Hadriano.
Anno di CRISTO CXXXVI. Indizione IV.
TELESFORO papa 10.
ADRIANO imperadore 20.
_Consoli_
LUCIO CEJONIO COMMODO VERO, e SESTO VETULENO CIVICA POMPEJANO.
_Lucio Cejonio_, primo fra questi due consoli, quel medesimo è che
Adriano adottò per suo figliuolo, e destinò alla succession
dell'imperio. Resta finora in disputa l'anno preciso, in cui seguisse
tale adozione. L'esser egli nominato _Lucio Cejonio Commodo_ nei fasti
e nelle inscrizioni, cioè portando egli i nomi propri della sua
famiglia sul principio di quest'anno, fa abbastanza intendere ch'egli
non era per anche giunto alla figliuolanza di Adriano. Adottato da
lui, prese il nome di _Lucio Elio Commodo_, e il titolo di _Cesare_.
Però sentenza è di alcuni, che in quest'anno solamente seguisse la di
lui adozione. Altri la riferiscono all'anno precedente, perchè nella
lettera che abbiam detto scritta allora da Adriano a suo cognato
Serviano, egli dice che gli Alessandrini aveano tagliati i panni
addosso anche _al mio figliuolo Vero_. E perchè a _Lucio Elio_ vien
dato il cognome di _Vero_ da Sparziano, di cui si crede che parlasse
Adriano. Io per me ne dubito al vedere che Lucio Vero (che fu poi
Augusto) di lui figliuolo, ricevè da Marco Aurelio, e non da suo padre
il cognome di _Vero_. Fu poi di parere il padre Pagi[953], che fin
dall'anno 130, Adriano adottasse il suddetto _Lucio Cejonio_, ma senza
conferirgli il titolo di _Cesare_, e senza destinarlo all'imperio: il
che poi fece nell'anno presente. E con questa idea pare che vada
d'accordo Sparziano[954]. Ma non si saprà mai ben intendere, come
_Lucio Cejonio Commodo_, se prima del presente anno entrò, per via
dell'adozione, nella famiglia _Elia_, comparisse negli atti pubblici
senza il nome di _Elio_: il che poi si osserva fatto nell'anno
seguente. Certo è che il testo di Sparziano in questo racconto ha
delle contraddizioni, e probabilmente degli errori. Ma lasciate da
banda queste liti, a noi basterà di sapere che _Cejonio Commodo_ fu
adottato dall'Augusto Adriano, e perciò da lì innanzi appellato _Lucio
Elio_, ed ebbe il titolo di _Cesare_, cioè la futura promessa
dell'imperio: il che credo io fatto solamente nell'anno presente.
Volle Adriano solennizzar questa elezione, con dare al popolo romano
un congiario, e ai soldati un regalo di sette milioni e mezzo, se
dicono il vero coloro che parlano dell'antica moneta. Si fecero
correre nel circo i cavalli, ed altri divertimenti si diedero, che
accrebbero l'allegrezza del popolo. Fu in oltre esso _Elio Cesare_
disegnato console per l'anno avvenire. Il dirsi da Sparziano, che
questo principe, appena adottato, fu creato pretore, e poscia andò al
governo della Pannonia, cagiona non poco imbroglio: perchè, secondochè
osserva il padre Pagi, esercitò egli la pretura nell'anno 130; il che
poi discorda da altre notizie recate dal medesimo storico. E veramente
sembra che lo stesso Sparziano, siccome lontano da questi tempi, non
sapesse ben quel che dicesse intorno a tali affari. Fors'anche non fu
lo stesso storico, il qual descrisse le gesta di _Adriano_ e la vita
di _Lucio Elio_. Sappiamo bensì di certo, che questo principe era di
cattiva complessione ed infermiccio; per altro di vita allegra, e data
a' piaceri anche illeciti, ornato di letteratura, di grazioso aspetto,
e tale che chi volea male ad Adriano, immaginò proceduta la di lui
elezione dal riflesso piuttosto alla bellezza del corpo, che alle
virtù dell'animo. Ma s'egli godeva poca sanità, anche Adriano cominciò
a sentire venir meno la sua; anzi Dione[955] e Sparziano[956] vanno
d'accordo in dire, che per cagione appunto di questi suoi malori
Adriano si risolvesse di eleggersi questo figliuolo, con disegno di
averlo per successore.
NOTE:
[953] Pagius, in Critic. Baron.
[954] Spartianus, in Hadriano et in Ælio Vero.
[955] Dio, lib. 69.
[956] Spartianus, in Hadriano.
Anno di CRISTO CXXXVII. Indizione V.
TELESFORO papa 11.
ADRIANO imperadore 21.
_Consoli_
LUCIO ELIO CESARE per la seconda volta, e LUCIO CELIO BALBINO VITULIO
PIO.
Cominciò, siccome accennai di sopra, a declinare la sanità
dell'imperadore Adriano: e fu creduto da alcuni originato questo
sconcerto dalle pioggie e dai freddi patiti in tanti suoi viaggi, e
massimamente perchè egli ebbe in uso per tutti i tempi di stare e di
andare colla testa scoperta. Soleva uscirgli di tanto in tanto il
sangue dal naso; questo cominciò a farsi più copioso. Non poca
inquietudine per altra parte gli recava l'osservare, quanto meschina
fosse anche la sanità dell'adottato suo figliuolo _Lucio Elio_, di
modo che dicono, che stette poco a pentirsi di aver messo gli occhi
sopra di lui, per farsi un successore. Certamente fu più volte udito
dire: _Ci siamo appoggiati ad una parete rovinosa, ed abbiam gittati
via dieci milioni_, dati al popolo e ai soldati per la di lui
adozione. Anzi coloro che scrissero la vita d'esso Adriano, e
nominatamente _Mario Massimo_, portarono opinione ch'egli sapesse non
dovergli sopravvivere questo figliuolo; e ciò per via della strologia,
di cui egli si dilettava forte, con dirsi insino, che Adriano, finchè
visse, andava scrivendo ciò che ogni dì gli dovea accadere. Noi
possiamo ben dispensarci dal prestar fede a queste fandonie, e v'ha
contraddizione tra il dire che lo voleva per successore, con sapere
nello stesso tempo che questo successore dovea mancare prima di lui.
Eppure aggiungono, aver più volte Adriano predetta la morte d'esso
_Lucio Elio_ e pensato a provvedersi di un altro successore. Intanto
Adriano, secondo il consiglio de' medici, i quali allorchè non han
rimedio ai mali, propongono la mutazion dell'aria, si ritirò a Tivoli,
sperando di migliorar di salute con quell'aria migliore. Se si ha da
credere a Sparziano, egli mandò Lucio Elio Cesare al governo della
Pannonia, dove si acquistò una convenevole riputazione. Ma chi mai può
persuadersi ch'egli malsano volesse allontanare da sè un figliuolo
anch'esso malconcio di sanità, e destinato a succedergli. Par ben più
verisimile, che Sparziano confondesse le azioni e i tempi, e che Lucio
Cejonio, prima d'essere adottato, esercitasse la pretura, e governasse
dipoi la Pannonia; e che creato Cesare attendesse al governo di Roma.
Attesta il medesimo storico, esser egli stato dopo l'adozione talmente
in grazia di Adriano, che tutto quel che voleva, lo impetrava
dall'imperadore, anche col solo scrivergli delle lettere: il che
suppone che potesse anche parlargli. In fatti Aurelio Vittore[957]
lasciò scritto che Adriano, ritiratosi a Tivoli, permise che Lucio
Elio Cesare restasse in Roma. Abbiamo parimente da esso Vittore, che
stando l'imperadore in Tivoli, quivi si applicò per divertirsi a
fabbricar dei palagi ed altri edifizii, ai quali diede il nome di
Liceo, Accademia, Pritaneo, Canopo, Tempe, ed altri. Attese ancora a
far de' buoni conviti, e delle gallerie di statue e pitture,
abbandonarsi anche alla lascivia, forse ad imitazione di Tiberio. Il
peggio fu che si lasciò trasportare ad imitar Tiberio anche nella
crudeltà: ma questo, a mio credere, appartiene solamente all'anno
seguente.
NOTE:
[957] Aurelius Victor, in Epitome.
Anno di CRISTO CXXXVIII. Indizione VI.
IGINO papa 1.
ANTONINO PIO imperadore 1.
_Consoli_
CAMERINO e NEGRO.
Non si è potuto finora accertare quai fossero i prenomi e nomi di
questi consoli. Da alcuni per sole conghietture furono appellati
_Sulpicio Camerino_ e _Quinzio Negro_; ma meglio fia l'aspettare che
si scuopra qualche marmo che meglio ci istruisca di questa faccenda.
Per quanto s'ha dalla cronica antichissima di Damaso[958], sul
principio di quest'anno _san Telesforo papa_ compiè il corso del suo
pontificato colla corona del martirio. Quantunque Adriano niun editto
nuovo pubblicasse contra de' Cristiani, pure in vigore delle
precedenti leggi, e per lo mal animo dei sacerdoti gentili, noi
sappiamo che sotto di lui moltissimi Cristiani col sangue loro
confermarono la fede di Gesù Cristo. Vero è che, per attestato di
Eusebio[959] e di san Girolamo[960], i santi _Quadrato_ ed _Aristide_
presentarono ad Adriano le loro apologie per la religione cristiana, e
che queste fecero un buon effetto. Contuttociò non mancavano allora
dei nemici del nome cristiano, che instigavano i giudici da infierire
contra i pastori della greggia di Cristo. A Telesforo succedette nella
cattedra di san Pietro _Igino_. _Lucio Elio_ Cesare figlio adottivo di
Adriano anche egli terminò i suoi giorni nel dì primo di quest'anno.
Pareva che i suoi malori gli avessero data posa in guisa tale, che
egli si era preparato per recitar nelle calende di gennaio in senato
un'orazione composta da lui, o dettata a lui da qualche maestro, in
rendimento di grazie ad Adriano _per la sua adozione_, come narra
Sparziano[961]. Dissi per la sua adozione: parole che non possono mai
accordarsi coll'opinione del padre Pagi[962], che il vuole adottato
fin dall'anno 130. V'ha chi crede ciò fatto nell'anno 136, non avendo
egli, come si figurano, per la sua poca salute potuto soddisfare nelle
calende dell'anno precedente. Ma nè pur nelle calende di quest'anno
gli fu permesso, perchè in quel medesimo giorno la morte il rapì.
Essendo quello il tempo, in cui si formavano i voti solenni per la
salute dell'imperadore, non volle Adriano che si facesse piagnisteo
alla sepoltura di lui. Avea _Lucio Elio_ avuta per moglie una
figliuola di _Domizio Negrino_, fatto uccidere da Adriano sui
principii del suo governo; ed essa gli avea partorito un figliuolo
appellato _Lucio Cejonio Commodo_. Verso questo fanciullo vedremo in
breve quanto continuasse l'amore e la beneficenza di Adriano Augusto.
Al vedere sconcertati i suoi disegni per la morte di Lucio Elio, andò
Adriano per qualche settimana pensando a riparar questa perdita
coll'elezione di un altro figliuolo; e per buona fortuna de' Romani
egli fermò il suo guardo sopra _Tito Aurelio Fulvio_ (o Fulvo)
_Bojonio Antonino_, che era stato console nell'anno 120. Egli è
chiamato _Arrio Antonino_ da Sparziano[963]. Giulio Capitolino[964]
gli dà i suddetti nomi, e vuole che _Arrio Antonino_ fosse avolo
materno di esso _Tito Aurelio_. Conosceva molto bene Adriano le rare
virtù di questo soggetto, giacchè egli era uno de' senatori del suo
consiglio; e però gli fece intendere il disegno da lui concepito di
adottarlo per figliuolo e successor nell'imperio, colla condizion
nondimeno, che, stante l'esser esso Antonino privo di prole maschile,
anch'egli volesse adottar per figliuolo _Marco Aurelio Vero_,
figliuolo di Annio Vero, cioè di un fratello di _Sabina Augusta_ sua
moglie; e _Lucio Cejonio Commodo_, che poco fa dicemmo nato da _Lucio
Elio Cesare_, fanciullo allora di circa otto anni, perchè nato
dell'anno 130. Fu dato tempo ad Antonino tanto da pensarvi, ed avendo
egli poi accettata la favorevol offerta fattagli, e le condizioni
prescritte, _Adriano Augusto_, la cui sanità andava di male in peggio,
nel dì 25 febbraio fece la solenne funzione di dichiararlo suo
figliuolo, con dargli il titolo di _Cesare_, e farlo suo collega nella
podestà tribunizia e nel comando proconsolare. Ch'egli ancora
ottenesse il titolo d'_Imperadore_, lo stimò il padre Pagi; ma non ne
abbiamo sufficiente fondamento. Presentò Adriano questo suo nuovo
figliuolo al senato, con dire, _che giacchè la morte gli avea tolto
Lucio Elio, ne avea trovato quest'altro, nobile, mansueto e prudente,
in età da non temere, ch'egli o per temerità male operasse, o per
debolezza trascurasse gli affari_. Parea pure che l'elezione di un sì
degno personaggio avesse da tirarsi dietro l'allegrezza e il plauso di
ognuno: e pure che non può l'ambizione? Moltissimi dell'ordine
senatorio, giacchè cadauno aspirava a sì gran dignità, se l'ebbero a
male; e sopra gli altri _Catilio Severo_, già stato console, ed allora
prefetto di Roma, che si teneva in pugno l'imperio. Perchè questi
dovette lasciar traspirare i suoi lamenti, Adriano gli levò quella
carica prima del tempo consueto. L'aver egli in tal congiuntura
scoperta una tal contrarietà a' suoi voleri, con parergli anche per la
sua malattia di essere oramai sprezzato dal senato, cominciò a farlo
prorompere in alcune azioni di crudeltà. Si credettero alcuni, che
naturalmente Adriano inclinasse a questo vizio, e se ne astenesse per
la sola paura, tenendo davanti agli occhi il fine di Domiziano. Ma
Dione[965] lo niega, e da quanto abbiam detto finora, può apparire che
solamente per qualche esaltazion di bile incrudelì. Si aggiunse in
questi tempi una fastidiosa malattia, che gli svegliò il mal umore e
la rabbia non solamente contra degli altri, ma infin contra di sè
stesso: il perchè venne meno in lui la mansuetudine e la clemenza.
Si sa ch'egli fece morire _Serviano_ suo cognato, cioè marito di
_Paolina_ sua sorella già defunta[966]. Fin qui l'aveva egli amato ed
onorato sopra gli altri; l'avea promosso al terzo consolato, e sempre
usciva ad incontrarlo fuori della camera, ognivoltachè sapeva il di
lui arrivo al palazzo. Ma dappoichè fu compiuta l'adozione di
Antonino, nacque sospetto in Adriano, che Serviano, benchè vecchio di
novant'anni, meditasse di salire sul trono, deducendolo dall'aver egli
mandata la cena ai servi della corte; dell'essersi un dì messo a
sedere con gran possesso sulla sedia imperiale che stava a canto del
suo letto, e dall'esser entrato pettoruto nel quartier de' soldati,
quasi per farsi conoscere tuttavia atto al comando. Dione[967]
espressamente scrive, che _Serviano_ e _Fosco_ di lui nipote si
risentirono per l'elezione di Antonino, credendosi aggravati perchè
Adriano avesse anteposto chi non era parente ad un nipote di sua
sorella. Perciò Adriano li fece uccidere amendue. Raccontano che
Serviano prima di essere strangolato, si fece portar del fuoco, e
messovi dell'incenso, come in atto di sacrifizio, disse: _Voi
immortali dii, che ho per testimoni della mia innocenza, prego di una
sola grazia, cioè che Adriano, benchè ardentemente brami la morte, non
possa morire._ Forse fu una frottola inventata per quello che poscia
avvenne. Di altri che fossero uccisi per ordine di Adriano, non parla
Dione, che pur fu più vicino a questi tempi. Ma Sparziano scrive che
parecchi altri furono levati dal mondo o scopertamente o per insidie;
e corse fin voce, che _Sabina Augusta_, la qual forse finì di vivere
in questi tempi, per veleno datogli da Adriano terminasse i suoi
giorni. Sparziano la tien per una favola. In fatti niuno è più
soggetto alle dicerie del popolo che i gran signori. Aurelio
Vittore[968], benchè più lontano da questi tempi, arrivò a scrivere
che Adriano, prima di morire, fece ammazzar molti senatori; che Sabina
per gli strapazzi a lei usati dal marito, volontariamente si diede la
morte; e ch'ella pubblicamente sparlava del genio crudele di Adriano,
con aggiungere di aver fatto il possibile di non restare gravida di
lui, temendo di partorire qualche mostro pernicioso al genere umano. È
a noi permesso il credere che con qualche verità sia mischiata una
buona dose di falso. E se non falla Capitolino[969] in dire, che
_Marco Aurelio_ adottato per ordine di Adriano da _Antonino_, era
figliuolo di un fratello di essa Sabina; non sembra già che Adriano
nudrisse così mal animo contro la moglie. Contuttociò convengono tutti
gli storici in dire, che il merito di tante belle azioni fatte da
Adriano parve un nulla al senato in confronto della morte da lui data
sul principio del suo governo ai quattro personaggi consolari, e agli
altri sul fin di sua vita, contro replicate promesse da lui fatte, di
maniera che si era messo in testa il medesimo senato di non voler
accordare gli onori consueti dell'empia gentilità ad Adriano defunto,
siccome vedremo fra poco.
Cresceva intanto la malattia di esso Adriano, e fu in fine dichiarata
idropisia, accompagnata da dolori e da un insoffribil tedio, non solo
del male, ma anche della vita[970]. Non si stendeva la potenza di un
imperadore a trovarvi rimedio; e quantunque egli ricorresse insino
alla magia, neppur questa potè aiutarlo. Disperato adunque, altro più
non desiderava, se non di potersi dar la morte da sè stesso, o di
riceverla con veleno o con pugnale da altri. Prometteva impunità e
danari a chi gli prestasse aiuto in questo; ma niuno si sentiva voglia
di ubbidirlo. Importunato con preghiere e minacce il suo medico,
questi amò meglio di uccidersi da sè stesso, che di abbreviare la vita
al suo principe. Al medesimo fine si raccomandò ad un servo, il quale
ne corse a dar l'avviso ad Antonino. Per animarlo alla pazienza, e
levargli di capo sì nere fantasie, entrò in sua camera esso Antonino
Cesare, accompagnato dai prefetti del pretorio. Veggendosi scoperto,
entrò nelle furie Adriano, e comandò che si ammazzasse quel servo.
Antonino il salvò, facendo poi credere ad Adriano che il suo ordine
era stato eseguito. Oltre a ciò gran guardia gli fece fare per questo,
con dire che crederebbe sè stesso reo di omicidio, se avesse
tralasciato di conservarlo vivo finchè si poteva[971]. Invenzione sua
anche fu il far venire una donna, che disse ad Adriano d'avere
ricevuto ordine da una deità di avvisarlo che sarebbe guarito: e
perchè ella non l'avea fatto, era divenuta cieca. Tornò poscia a
dirgli, d'avere inteso in altro sogno, che s'ella baciasse le
ginocchia ad Adriano, ricupererebbe la vista: e così con facilità
avvenne. Si finse ancora cieco nato un uomo, venuto dalla Pannonia,
che col toccare Adriano, tornò anch'egli a vedere. Servirono queste
imposture a quietare alquanto Adriano; e tanto più che per accidente,
o perchè gli fu fatto credere, gli cessò la febbre. Volle egli dipoi
essere portato a Baja; ma quivi nel dì 10 di luglio, in età di
sessantadue anni, dopo aver detto un assai famoso motto, cioè: _I
molti medici hanno ucciso l'imperadore_, e dopo aver recitato cinque
versi sopra l'anima sua, destinata agli orrori dell'inferno,
finalmente morì. Prima di morire, chiamò da Roma _Antonino_, che
giunse a tempo di vederlo vivo, sebben Capitolino[972] sembra dire
ch'egli andò colà solamente per riportarne le ceneri a Roma. Scrive
Sparziano, che Adriano odiato da tutti, fu seppellito in Pozzuolo
nella villa di Cicerone, dove il suo successore Antonino gli fabbricò
un tempio, come ad una deità, dandogli de' Flamini ed altri sacri
ministri. Capitolino, per lo contrario, attesta che le di lui ceneri
furono portate a Roma da Antonino, esposte nel giardino di Domizia, e
riposte nel suo mausuleo (oggidì castello sant'Angelo), perchè in
quello di Augusto non v'era più luogo. Succedette a lui nell'imperio
_Antonino Pio_, di cui parleremo all'anno seguente. E si vuol ben qui
ripetere che le lettere fiorirono non poco sotto Adriano imperadore
letterato. Abbiam di sopra fatta menzione di _Favorino_ sofista, di
_Epitteto_ insigne filosofo della scuola stoica, di _Arriano_ suo
discepolo e di _Flegonte_ liberto d'esso Adriano. Oltre ad altri
scrittori vivuti allora, de' quali si son perdute l'opere, furono e
son tuttavia in gran credito _Svetonio Tranquillo_, autore delle vite
de' dodici primi imperadori, e massimamente _Plutarco_, le cui opere
meritano di essere appellate un dovizioso magazzino dell'erudizione
greca e latina, e dell'antica filosofia.
NOTE:
[958] Anastas. Bibliothecarius.
[959] Eusebius, Hist. Ecclesiast., lib. 4, c. 3.
[960] Hieron., de Viris Illustr.
[961] Spartianus, in Hadriano.
[962] Pagius, Critic. Baron.
[963] Spartianus, in Hadriano.
[964] Capitolinus, in Tito Antonino.
[965] Dio, lib. 69.
[966] Spartianus, in Hadriano.
[967] Dio, lib. 69.
[968] Aur. Victor, in Epitome.
[969] Capitolin., in Antonino Pio.
[970] Dio, lib. 69. Spartianus, in Hadr. Aurelius Victor, in Epit.
[971] Spartianus, in Hadrian. Aurel.
[972] Capitolin., in Marco Aurelio.
Anno di CRISTO CXXXIX. Indizione VII.
IGINO papa 2.
ANTONINO PIO imperadore 2.
_Consoli_
TITO ELIO ADRIANO ANTONINO AUGUSTO per la seconda volta, e CAJO
BRUTTIO PRESENTE per la seconda.
Ebbe il console _Presente_ il prenome di _Cajo_, ciò risultando da una
greca iscrizione che si legge nella mia raccolta[973]. Così da
un'altra pubblicata dal Fabretti[974] apparisce che avendo _Antonino
Augusto_ deposto il consolato, a lui fu sostituito _Aulo Giunio
Rufino_. Morto Adriano imperadore nell'anno precedente, prese le
redini del governo _Antonino Pio_, ed ebbe il titolo d'_Imperadore_
(se non l'avea ottenuto prima), d'_Augusto_ e di _Pontefice Massimo_.
Era egli della famiglia _Aurelia_, originaria di Nimes, città della
Gallia, e il suo primo nome fu quello di _Tito Aurelio Fulvo_ o
Fulvio[975]. L'avolo suo, che portava lo stesso nome, tre volte ebbe
l'onore dei fasti consolari: due volte il di lui padre. _Arria
Fadilla_, sua madre, figliuola fu di _Arrio Antonino_, stato anch'esso
console, ed uno de' più illustri senatori d'allora. Tito Aurelio
suddetto si vede poi nominato _Arrio Antonino_ con indizio, che
l'avolo materno l'avesse adottato per figliuolo; e certamente fu erede
del ricco di lui patrimonio. Nacque egli nell'anno 89 della nostra Era
nella villa di Lanuvio. Nell'anno 120 dal suo merito fu portato al
consolato, imperciocchè si univano in lui la bella presenza, un
ingegno penetrante, ma insieme placido e sodo, molta letteratura,
maggiore eloquenza, e sopra tutto una rara saviezza, sobrietà ed
amorevolezza. Era liberale in donare il suo, lontano dal volere quel
d'altri, il tutto sempre operando con misura e senza giattanza. Tale
in somma comparve agli occhi dei Romani nella vita privata, e molto
più divenuto imperadore, che i saggi l'assomigliavano, e con ragione,
a Numa Pompilio. Da Adriano fu scelto per uno de' quattro consolari
che reggevano l'Italia. Proconsole dell'Asia fece un sì bel governo,
che ne riportò plauso da ognuno. Poscia ammesso nel consiglio di
Adriano, costumò in tutto ciò che era messo in consulta, di eleggere
la sentenza più mite. Stimarono alcuni, che l'avere Adriano veduto
Antonino entrar nel senato dando di braccio al d'_Annia Galeria
Faustina_ sua moglie, tanto si compiacesse di quell'atto, che per
questo il volle suo successore. Ma è ben più da credere che a tale
elezione si sentisse mosso Adriano dalla conoscenza e sperienza del
senno e delle tante virtù che concorrevano in esso Antonino.
Dappoichè egli ebbe riportate a Roma le ceneri di Adriano[976], trovò
il senato così irritato contro la memoria di Adriano per le crudeltà
sul principio e nell'ultimo di sua vita usate verso l'ordine
senatorio, che non solamente stava forte in negargli i creduti onori
divini, ma era in procinto di cassar ancora tutti i di lui atti e
decreti. Entrò in quella illustre assemblea il novello imperadore, che
per la sua adozione fu da lì innanzi nominato _Tito Elio Adriano
Antonino_, e colle lagrime agli occhi perorò in favore del defunto
padre così vivamente, che avrebbe potuto muovere ogni più duro cuore.
Vedendo tuttavia i senatori mal disposti a compiacerlo, venne
all'ultima batteria con dire, che dunque non volevano nè pur lui per
imperadore, giacchè se pensavano d'abolir tutti gli atti d'Adriano,
come di un principe cattivo e nemico, fra questi entrava anche la sua
adozione. A tali parole si piegò il senato, non tanto per riverenza ad
Antonino, quanto per timore de' soldati che erano per lui; decretando
che Adriano potesse aver luogo fra gli dii, benchè personaggio da lor
tenuto per sanguinario e crudele. Puntualmente pagò Antonino[977] di
sua propria borsa alle milizie il regalo promesso loro dal padre, e
diede al popolo un congiario fors'anche vivente lo stesso Adriano.
Restituì e condonò interamente alle città d'Italia l'oro coronario,
cioè la contribuzione o sia il donativo esibito per la sua adozione, e
ne rilasciò la metà alle provincie fuori d'Italia. Rientrato poi in sè
stesso il senato, e conoscendo che bel regalo avesse fatto Adriano con
dare alla repubblica romana un sì buono, un sì degno successore,
rivolse le sue applicazioni ad onorar Antonino, e a renderselo grato.
Gli diede il titolo di _Pio_, che comincia tosto a comparire nelle di
lui medaglie[978]. Crede il Tillemont[979], che questo nome
significasse _Buono_, e a lui fosse accordato per denotare la singolar
sua amorevolezza verso il padre, verso i parenti e la patria. Anche
gli antichi[980] ne cercarono il motivo; chi il credette appellato
così pel suo rispetto alla religione; altri perchè avea salvata la
vita a molti condannati all'ultimo supplicio da Adriano infermo e
furioso, ch'egli nascose, e dopo la di lui morte rimise in libertà: il
che par ben più credibile, che il dirsi da Dione ciò fatto, perchè sul
principio del suo governo molti furono accusati per varii reati, ed
egli non volle che alcun fosse gastigato. Il lasciare impuniti certi
delitti, che turbano la pubblica quiete, non suol essere molto
glorioso ne' principi, ed è nocivo al pubblico. Per altro la clemenza
è una bella gemma della lor corona, e per questo crede Eutropio
ch'egli meritasse il titolo di Pio. Le medaglie ancora[981] battute in
quest'anno ci possono assicurare che fu onorato Antonino col bel nome
di _Padre della Patria_, pel qual fece un bel ringraziamento ai Padri.
Inoltre il senato fece alzar delle statue ai genitori, all'avolo
paterno e materno e ai fratelli già defunti del medesimo Antonino. Non
ebbe discaro esso Augusto che il senato desse anche ad _Annia Galeria
Faustina_ sua moglie il titolo di Augusta; accettò ancora i giuochi
circensi decretati dallo stesso senato per solennizzare il di lui
giorno natalizio, che correva nel dì 19 di settembre; ma rifiutò ogni
altra pubblica dimostrazione. Da lì a qualche anno determinò il
medesimo senato, che i mesi di settembre e di ottobre in onor suo e di
vecchi a far lo stesso, sperando un egual trattamento. Ordinò Adriano
che si fregassero l'un l'altro. Fece molti buoni ordini. Che non fosse
lecito ai senatori il prendere nè direttamente nè indirettamente
appalto alcuno di gabelle. Che fosse vietato ai padroni l'uccidere i
loro servi, cioè gli schiavi (il che ne' tempi addietro era permesso
ai Romani) volendo che se si trovavano rei, fossero condannati dai
giudici. Soffrì nondimeno che tenessero prigioni private per li servi
e liberti. Voleva che i senatori, uscendo in pubblico, sempre
portassero la toga, eccettochè la notte. Tassò le sportole ai giudici,
riducendole all'antica moderazione. Ripudiò le eredità lasciategli da
persone ch'egli non conosceva; ed anche conoscendole, se v'erano de'
figliuoli, le rifiutò. Dilettossi forte della caccia, ed amò sì
fattamente alcuni de' suoi cavalli e cani, che fece far loro dei
sepolcri. Talvolta nelle cacce ammazzò orsi, lioni ed orse; tanta era
la sua destrezza. Non voleva che i suoi liberti avessero alcuna
autorità, nè si credesse che potessero qualche cosa presso di lui,
perchè attribuiva a questa sorta di gente la maggior parte dei
disordini passati sotto i precedenti Augusti. Osservò egli una volta,
che uno di costoro passeggiava in mezzo a due senatori. Mandò tosto
uno de' suoi domestici a dargli una guanciata, e a dirgli: _Guardati
di camminar del pari con persone, delle quali tu puoi tuttavia
divenire schiavo._ Mirabile eziandio parve la sua moderazione, perchè
quantunque infinite fabbriche facesse per tutto l'imperio romano, non
volle che si mettesse il suo nome, se non nel tempio alzato a Trajano.
Riedificò in Roma il Panteon, lo steccato del Campo Marzio, la
basilica di Nettuno, molti templi, la piazza di Augusto, il bagno di
Agrippa: contuttociò d'ordine suo fu ivi rimesso il nome dei primi
fondatori. Fabbricò sopra il Tevere il ponte chiamato di Adriano,
oggidì ponte sant'Angelo; e il suo sepolcro vicino al Tevere che ora
si chiama castello sant'Angelo; e il tempio della Buona Dea. Fece
anche un emissario al lago Fucino. Tutte queste azioni ho io raccolte
sotto quest'anno, benchè spettanti a vari tempi, acciocchè sempre più
si conosca qual imperadore fosse Adriano.
NOTE:
[950] Pagius, Critic. Baron.
[951] Dio, lib. 69.
[952] Spartianus, in Hadriano.
Anno di CRISTO CXXXVI. Indizione IV.
TELESFORO papa 10.
ADRIANO imperadore 20.
_Consoli_
LUCIO CEJONIO COMMODO VERO, e SESTO VETULENO CIVICA POMPEJANO.
_Lucio Cejonio_, primo fra questi due consoli, quel medesimo è che
Adriano adottò per suo figliuolo, e destinò alla succession
dell'imperio. Resta finora in disputa l'anno preciso, in cui seguisse
tale adozione. L'esser egli nominato _Lucio Cejonio Commodo_ nei fasti
e nelle inscrizioni, cioè portando egli i nomi propri della sua
famiglia sul principio di quest'anno, fa abbastanza intendere ch'egli
non era per anche giunto alla figliuolanza di Adriano. Adottato da
lui, prese il nome di _Lucio Elio Commodo_, e il titolo di _Cesare_.
Però sentenza è di alcuni, che in quest'anno solamente seguisse la di
lui adozione. Altri la riferiscono all'anno precedente, perchè nella
lettera che abbiam detto scritta allora da Adriano a suo cognato
Serviano, egli dice che gli Alessandrini aveano tagliati i panni
addosso anche _al mio figliuolo Vero_. E perchè a _Lucio Elio_ vien
dato il cognome di _Vero_ da Sparziano, di cui si crede che parlasse
Adriano. Io per me ne dubito al vedere che Lucio Vero (che fu poi
Augusto) di lui figliuolo, ricevè da Marco Aurelio, e non da suo padre
il cognome di _Vero_. Fu poi di parere il padre Pagi[953], che fin
dall'anno 130, Adriano adottasse il suddetto _Lucio Cejonio_, ma senza
conferirgli il titolo di _Cesare_, e senza destinarlo all'imperio: il
che poi fece nell'anno presente. E con questa idea pare che vada
d'accordo Sparziano[954]. Ma non si saprà mai ben intendere, come
_Lucio Cejonio Commodo_, se prima del presente anno entrò, per via
dell'adozione, nella famiglia _Elia_, comparisse negli atti pubblici
senza il nome di _Elio_: il che poi si osserva fatto nell'anno
seguente. Certo è che il testo di Sparziano in questo racconto ha
delle contraddizioni, e probabilmente degli errori. Ma lasciate da
banda queste liti, a noi basterà di sapere che _Cejonio Commodo_ fu
adottato dall'Augusto Adriano, e perciò da lì innanzi appellato _Lucio
Elio_, ed ebbe il titolo di _Cesare_, cioè la futura promessa
dell'imperio: il che credo io fatto solamente nell'anno presente.
Volle Adriano solennizzar questa elezione, con dare al popolo romano
un congiario, e ai soldati un regalo di sette milioni e mezzo, se
dicono il vero coloro che parlano dell'antica moneta. Si fecero
correre nel circo i cavalli, ed altri divertimenti si diedero, che
accrebbero l'allegrezza del popolo. Fu in oltre esso _Elio Cesare_
disegnato console per l'anno avvenire. Il dirsi da Sparziano, che
questo principe, appena adottato, fu creato pretore, e poscia andò al
governo della Pannonia, cagiona non poco imbroglio: perchè, secondochè
osserva il padre Pagi, esercitò egli la pretura nell'anno 130; il che
poi discorda da altre notizie recate dal medesimo storico. E veramente
sembra che lo stesso Sparziano, siccome lontano da questi tempi, non
sapesse ben quel che dicesse intorno a tali affari. Fors'anche non fu
lo stesso storico, il qual descrisse le gesta di _Adriano_ e la vita
di _Lucio Elio_. Sappiamo bensì di certo, che questo principe era di
cattiva complessione ed infermiccio; per altro di vita allegra, e data
a' piaceri anche illeciti, ornato di letteratura, di grazioso aspetto,
e tale che chi volea male ad Adriano, immaginò proceduta la di lui
elezione dal riflesso piuttosto alla bellezza del corpo, che alle
virtù dell'animo. Ma s'egli godeva poca sanità, anche Adriano cominciò
a sentire venir meno la sua; anzi Dione[955] e Sparziano[956] vanno
d'accordo in dire, che per cagione appunto di questi suoi malori
Adriano si risolvesse di eleggersi questo figliuolo, con disegno di
averlo per successore.
NOTE:
[953] Pagius, in Critic. Baron.
[954] Spartianus, in Hadriano et in Ælio Vero.
[955] Dio, lib. 69.
[956] Spartianus, in Hadriano.
Anno di CRISTO CXXXVII. Indizione V.
TELESFORO papa 11.
ADRIANO imperadore 21.
_Consoli_
LUCIO ELIO CESARE per la seconda volta, e LUCIO CELIO BALBINO VITULIO
PIO.
Cominciò, siccome accennai di sopra, a declinare la sanità
dell'imperadore Adriano: e fu creduto da alcuni originato questo
sconcerto dalle pioggie e dai freddi patiti in tanti suoi viaggi, e
massimamente perchè egli ebbe in uso per tutti i tempi di stare e di
andare colla testa scoperta. Soleva uscirgli di tanto in tanto il
sangue dal naso; questo cominciò a farsi più copioso. Non poca
inquietudine per altra parte gli recava l'osservare, quanto meschina
fosse anche la sanità dell'adottato suo figliuolo _Lucio Elio_, di
modo che dicono, che stette poco a pentirsi di aver messo gli occhi
sopra di lui, per farsi un successore. Certamente fu più volte udito
dire: _Ci siamo appoggiati ad una parete rovinosa, ed abbiam gittati
via dieci milioni_, dati al popolo e ai soldati per la di lui
adozione. Anzi coloro che scrissero la vita d'esso Adriano, e
nominatamente _Mario Massimo_, portarono opinione ch'egli sapesse non
dovergli sopravvivere questo figliuolo; e ciò per via della strologia,
di cui egli si dilettava forte, con dirsi insino, che Adriano, finchè
visse, andava scrivendo ciò che ogni dì gli dovea accadere. Noi
possiamo ben dispensarci dal prestar fede a queste fandonie, e v'ha
contraddizione tra il dire che lo voleva per successore, con sapere
nello stesso tempo che questo successore dovea mancare prima di lui.
Eppure aggiungono, aver più volte Adriano predetta la morte d'esso
_Lucio Elio_ e pensato a provvedersi di un altro successore. Intanto
Adriano, secondo il consiglio de' medici, i quali allorchè non han
rimedio ai mali, propongono la mutazion dell'aria, si ritirò a Tivoli,
sperando di migliorar di salute con quell'aria migliore. Se si ha da
credere a Sparziano, egli mandò Lucio Elio Cesare al governo della
Pannonia, dove si acquistò una convenevole riputazione. Ma chi mai può
persuadersi ch'egli malsano volesse allontanare da sè un figliuolo
anch'esso malconcio di sanità, e destinato a succedergli. Par ben più
verisimile, che Sparziano confondesse le azioni e i tempi, e che Lucio
Cejonio, prima d'essere adottato, esercitasse la pretura, e governasse
dipoi la Pannonia; e che creato Cesare attendesse al governo di Roma.
Attesta il medesimo storico, esser egli stato dopo l'adozione talmente
in grazia di Adriano, che tutto quel che voleva, lo impetrava
dall'imperadore, anche col solo scrivergli delle lettere: il che
suppone che potesse anche parlargli. In fatti Aurelio Vittore[957]
lasciò scritto che Adriano, ritiratosi a Tivoli, permise che Lucio
Elio Cesare restasse in Roma. Abbiamo parimente da esso Vittore, che
stando l'imperadore in Tivoli, quivi si applicò per divertirsi a
fabbricar dei palagi ed altri edifizii, ai quali diede il nome di
Liceo, Accademia, Pritaneo, Canopo, Tempe, ed altri. Attese ancora a
far de' buoni conviti, e delle gallerie di statue e pitture,
abbandonarsi anche alla lascivia, forse ad imitazione di Tiberio. Il
peggio fu che si lasciò trasportare ad imitar Tiberio anche nella
crudeltà: ma questo, a mio credere, appartiene solamente all'anno
seguente.
NOTE:
[957] Aurelius Victor, in Epitome.
Anno di CRISTO CXXXVIII. Indizione VI.
IGINO papa 1.
ANTONINO PIO imperadore 1.
_Consoli_
CAMERINO e NEGRO.
Non si è potuto finora accertare quai fossero i prenomi e nomi di
questi consoli. Da alcuni per sole conghietture furono appellati
_Sulpicio Camerino_ e _Quinzio Negro_; ma meglio fia l'aspettare che
si scuopra qualche marmo che meglio ci istruisca di questa faccenda.
Per quanto s'ha dalla cronica antichissima di Damaso[958], sul
principio di quest'anno _san Telesforo papa_ compiè il corso del suo
pontificato colla corona del martirio. Quantunque Adriano niun editto
nuovo pubblicasse contra de' Cristiani, pure in vigore delle
precedenti leggi, e per lo mal animo dei sacerdoti gentili, noi
sappiamo che sotto di lui moltissimi Cristiani col sangue loro
confermarono la fede di Gesù Cristo. Vero è che, per attestato di
Eusebio[959] e di san Girolamo[960], i santi _Quadrato_ ed _Aristide_
presentarono ad Adriano le loro apologie per la religione cristiana, e
che queste fecero un buon effetto. Contuttociò non mancavano allora
dei nemici del nome cristiano, che instigavano i giudici da infierire
contra i pastori della greggia di Cristo. A Telesforo succedette nella
cattedra di san Pietro _Igino_. _Lucio Elio_ Cesare figlio adottivo di
Adriano anche egli terminò i suoi giorni nel dì primo di quest'anno.
Pareva che i suoi malori gli avessero data posa in guisa tale, che
egli si era preparato per recitar nelle calende di gennaio in senato
un'orazione composta da lui, o dettata a lui da qualche maestro, in
rendimento di grazie ad Adriano _per la sua adozione_, come narra
Sparziano[961]. Dissi per la sua adozione: parole che non possono mai
accordarsi coll'opinione del padre Pagi[962], che il vuole adottato
fin dall'anno 130. V'ha chi crede ciò fatto nell'anno 136, non avendo
egli, come si figurano, per la sua poca salute potuto soddisfare nelle
calende dell'anno precedente. Ma nè pur nelle calende di quest'anno
gli fu permesso, perchè in quel medesimo giorno la morte il rapì.
Essendo quello il tempo, in cui si formavano i voti solenni per la
salute dell'imperadore, non volle Adriano che si facesse piagnisteo
alla sepoltura di lui. Avea _Lucio Elio_ avuta per moglie una
figliuola di _Domizio Negrino_, fatto uccidere da Adriano sui
principii del suo governo; ed essa gli avea partorito un figliuolo
appellato _Lucio Cejonio Commodo_. Verso questo fanciullo vedremo in
breve quanto continuasse l'amore e la beneficenza di Adriano Augusto.
Al vedere sconcertati i suoi disegni per la morte di Lucio Elio, andò
Adriano per qualche settimana pensando a riparar questa perdita
coll'elezione di un altro figliuolo; e per buona fortuna de' Romani
egli fermò il suo guardo sopra _Tito Aurelio Fulvio_ (o Fulvo)
_Bojonio Antonino_, che era stato console nell'anno 120. Egli è
chiamato _Arrio Antonino_ da Sparziano[963]. Giulio Capitolino[964]
gli dà i suddetti nomi, e vuole che _Arrio Antonino_ fosse avolo
materno di esso _Tito Aurelio_. Conosceva molto bene Adriano le rare
virtù di questo soggetto, giacchè egli era uno de' senatori del suo
consiglio; e però gli fece intendere il disegno da lui concepito di
adottarlo per figliuolo e successor nell'imperio, colla condizion
nondimeno, che, stante l'esser esso Antonino privo di prole maschile,
anch'egli volesse adottar per figliuolo _Marco Aurelio Vero_,
figliuolo di Annio Vero, cioè di un fratello di _Sabina Augusta_ sua
moglie; e _Lucio Cejonio Commodo_, che poco fa dicemmo nato da _Lucio
Elio Cesare_, fanciullo allora di circa otto anni, perchè nato
dell'anno 130. Fu dato tempo ad Antonino tanto da pensarvi, ed avendo
egli poi accettata la favorevol offerta fattagli, e le condizioni
prescritte, _Adriano Augusto_, la cui sanità andava di male in peggio,
nel dì 25 febbraio fece la solenne funzione di dichiararlo suo
figliuolo, con dargli il titolo di _Cesare_, e farlo suo collega nella
podestà tribunizia e nel comando proconsolare. Ch'egli ancora
ottenesse il titolo d'_Imperadore_, lo stimò il padre Pagi; ma non ne
abbiamo sufficiente fondamento. Presentò Adriano questo suo nuovo
figliuolo al senato, con dire, _che giacchè la morte gli avea tolto
Lucio Elio, ne avea trovato quest'altro, nobile, mansueto e prudente,
in età da non temere, ch'egli o per temerità male operasse, o per
debolezza trascurasse gli affari_. Parea pure che l'elezione di un sì
degno personaggio avesse da tirarsi dietro l'allegrezza e il plauso di
ognuno: e pure che non può l'ambizione? Moltissimi dell'ordine
senatorio, giacchè cadauno aspirava a sì gran dignità, se l'ebbero a
male; e sopra gli altri _Catilio Severo_, già stato console, ed allora
prefetto di Roma, che si teneva in pugno l'imperio. Perchè questi
dovette lasciar traspirare i suoi lamenti, Adriano gli levò quella
carica prima del tempo consueto. L'aver egli in tal congiuntura
scoperta una tal contrarietà a' suoi voleri, con parergli anche per la
sua malattia di essere oramai sprezzato dal senato, cominciò a farlo
prorompere in alcune azioni di crudeltà. Si credettero alcuni, che
naturalmente Adriano inclinasse a questo vizio, e se ne astenesse per
la sola paura, tenendo davanti agli occhi il fine di Domiziano. Ma
Dione[965] lo niega, e da quanto abbiam detto finora, può apparire che
solamente per qualche esaltazion di bile incrudelì. Si aggiunse in
questi tempi una fastidiosa malattia, che gli svegliò il mal umore e
la rabbia non solamente contra degli altri, ma infin contra di sè
stesso: il perchè venne meno in lui la mansuetudine e la clemenza.
Si sa ch'egli fece morire _Serviano_ suo cognato, cioè marito di
_Paolina_ sua sorella già defunta[966]. Fin qui l'aveva egli amato ed
onorato sopra gli altri; l'avea promosso al terzo consolato, e sempre
usciva ad incontrarlo fuori della camera, ognivoltachè sapeva il di
lui arrivo al palazzo. Ma dappoichè fu compiuta l'adozione di
Antonino, nacque sospetto in Adriano, che Serviano, benchè vecchio di
novant'anni, meditasse di salire sul trono, deducendolo dall'aver egli
mandata la cena ai servi della corte; dell'essersi un dì messo a
sedere con gran possesso sulla sedia imperiale che stava a canto del
suo letto, e dall'esser entrato pettoruto nel quartier de' soldati,
quasi per farsi conoscere tuttavia atto al comando. Dione[967]
espressamente scrive, che _Serviano_ e _Fosco_ di lui nipote si
risentirono per l'elezione di Antonino, credendosi aggravati perchè
Adriano avesse anteposto chi non era parente ad un nipote di sua
sorella. Perciò Adriano li fece uccidere amendue. Raccontano che
Serviano prima di essere strangolato, si fece portar del fuoco, e
messovi dell'incenso, come in atto di sacrifizio, disse: _Voi
immortali dii, che ho per testimoni della mia innocenza, prego di una
sola grazia, cioè che Adriano, benchè ardentemente brami la morte, non
possa morire._ Forse fu una frottola inventata per quello che poscia
avvenne. Di altri che fossero uccisi per ordine di Adriano, non parla
Dione, che pur fu più vicino a questi tempi. Ma Sparziano scrive che
parecchi altri furono levati dal mondo o scopertamente o per insidie;
e corse fin voce, che _Sabina Augusta_, la qual forse finì di vivere
in questi tempi, per veleno datogli da Adriano terminasse i suoi
giorni. Sparziano la tien per una favola. In fatti niuno è più
soggetto alle dicerie del popolo che i gran signori. Aurelio
Vittore[968], benchè più lontano da questi tempi, arrivò a scrivere
che Adriano, prima di morire, fece ammazzar molti senatori; che Sabina
per gli strapazzi a lei usati dal marito, volontariamente si diede la
morte; e ch'ella pubblicamente sparlava del genio crudele di Adriano,
con aggiungere di aver fatto il possibile di non restare gravida di
lui, temendo di partorire qualche mostro pernicioso al genere umano. È
a noi permesso il credere che con qualche verità sia mischiata una
buona dose di falso. E se non falla Capitolino[969] in dire, che
_Marco Aurelio_ adottato per ordine di Adriano da _Antonino_, era
figliuolo di un fratello di essa Sabina; non sembra già che Adriano
nudrisse così mal animo contro la moglie. Contuttociò convengono tutti
gli storici in dire, che il merito di tante belle azioni fatte da
Adriano parve un nulla al senato in confronto della morte da lui data
sul principio del suo governo ai quattro personaggi consolari, e agli
altri sul fin di sua vita, contro replicate promesse da lui fatte, di
maniera che si era messo in testa il medesimo senato di non voler
accordare gli onori consueti dell'empia gentilità ad Adriano defunto,
siccome vedremo fra poco.
Cresceva intanto la malattia di esso Adriano, e fu in fine dichiarata
idropisia, accompagnata da dolori e da un insoffribil tedio, non solo
del male, ma anche della vita[970]. Non si stendeva la potenza di un
imperadore a trovarvi rimedio; e quantunque egli ricorresse insino
alla magia, neppur questa potè aiutarlo. Disperato adunque, altro più
non desiderava, se non di potersi dar la morte da sè stesso, o di
riceverla con veleno o con pugnale da altri. Prometteva impunità e
danari a chi gli prestasse aiuto in questo; ma niuno si sentiva voglia
di ubbidirlo. Importunato con preghiere e minacce il suo medico,
questi amò meglio di uccidersi da sè stesso, che di abbreviare la vita
al suo principe. Al medesimo fine si raccomandò ad un servo, il quale
ne corse a dar l'avviso ad Antonino. Per animarlo alla pazienza, e
levargli di capo sì nere fantasie, entrò in sua camera esso Antonino
Cesare, accompagnato dai prefetti del pretorio. Veggendosi scoperto,
entrò nelle furie Adriano, e comandò che si ammazzasse quel servo.
Antonino il salvò, facendo poi credere ad Adriano che il suo ordine
era stato eseguito. Oltre a ciò gran guardia gli fece fare per questo,
con dire che crederebbe sè stesso reo di omicidio, se avesse
tralasciato di conservarlo vivo finchè si poteva[971]. Invenzione sua
anche fu il far venire una donna, che disse ad Adriano d'avere
ricevuto ordine da una deità di avvisarlo che sarebbe guarito: e
perchè ella non l'avea fatto, era divenuta cieca. Tornò poscia a
dirgli, d'avere inteso in altro sogno, che s'ella baciasse le
ginocchia ad Adriano, ricupererebbe la vista: e così con facilità
avvenne. Si finse ancora cieco nato un uomo, venuto dalla Pannonia,
che col toccare Adriano, tornò anch'egli a vedere. Servirono queste
imposture a quietare alquanto Adriano; e tanto più che per accidente,
o perchè gli fu fatto credere, gli cessò la febbre. Volle egli dipoi
essere portato a Baja; ma quivi nel dì 10 di luglio, in età di
sessantadue anni, dopo aver detto un assai famoso motto, cioè: _I
molti medici hanno ucciso l'imperadore_, e dopo aver recitato cinque
versi sopra l'anima sua, destinata agli orrori dell'inferno,
finalmente morì. Prima di morire, chiamò da Roma _Antonino_, che
giunse a tempo di vederlo vivo, sebben Capitolino[972] sembra dire
ch'egli andò colà solamente per riportarne le ceneri a Roma. Scrive
Sparziano, che Adriano odiato da tutti, fu seppellito in Pozzuolo
nella villa di Cicerone, dove il suo successore Antonino gli fabbricò
un tempio, come ad una deità, dandogli de' Flamini ed altri sacri
ministri. Capitolino, per lo contrario, attesta che le di lui ceneri
furono portate a Roma da Antonino, esposte nel giardino di Domizia, e
riposte nel suo mausuleo (oggidì castello sant'Angelo), perchè in
quello di Augusto non v'era più luogo. Succedette a lui nell'imperio
_Antonino Pio_, di cui parleremo all'anno seguente. E si vuol ben qui
ripetere che le lettere fiorirono non poco sotto Adriano imperadore
letterato. Abbiam di sopra fatta menzione di _Favorino_ sofista, di
_Epitteto_ insigne filosofo della scuola stoica, di _Arriano_ suo
discepolo e di _Flegonte_ liberto d'esso Adriano. Oltre ad altri
scrittori vivuti allora, de' quali si son perdute l'opere, furono e
son tuttavia in gran credito _Svetonio Tranquillo_, autore delle vite
de' dodici primi imperadori, e massimamente _Plutarco_, le cui opere
meritano di essere appellate un dovizioso magazzino dell'erudizione
greca e latina, e dell'antica filosofia.
NOTE:
[958] Anastas. Bibliothecarius.
[959] Eusebius, Hist. Ecclesiast., lib. 4, c. 3.
[960] Hieron., de Viris Illustr.
[961] Spartianus, in Hadriano.
[962] Pagius, Critic. Baron.
[963] Spartianus, in Hadriano.
[964] Capitolinus, in Tito Antonino.
[965] Dio, lib. 69.
[966] Spartianus, in Hadriano.
[967] Dio, lib. 69.
[968] Aur. Victor, in Epitome.
[969] Capitolin., in Antonino Pio.
[970] Dio, lib. 69. Spartianus, in Hadr. Aurelius Victor, in Epit.
[971] Spartianus, in Hadrian. Aurel.
[972] Capitolin., in Marco Aurelio.
Anno di CRISTO CXXXIX. Indizione VII.
IGINO papa 2.
ANTONINO PIO imperadore 2.
_Consoli_
TITO ELIO ADRIANO ANTONINO AUGUSTO per la seconda volta, e CAJO
BRUTTIO PRESENTE per la seconda.
Ebbe il console _Presente_ il prenome di _Cajo_, ciò risultando da una
greca iscrizione che si legge nella mia raccolta[973]. Così da
un'altra pubblicata dal Fabretti[974] apparisce che avendo _Antonino
Augusto_ deposto il consolato, a lui fu sostituito _Aulo Giunio
Rufino_. Morto Adriano imperadore nell'anno precedente, prese le
redini del governo _Antonino Pio_, ed ebbe il titolo d'_Imperadore_
(se non l'avea ottenuto prima), d'_Augusto_ e di _Pontefice Massimo_.
Era egli della famiglia _Aurelia_, originaria di Nimes, città della
Gallia, e il suo primo nome fu quello di _Tito Aurelio Fulvo_ o
Fulvio[975]. L'avolo suo, che portava lo stesso nome, tre volte ebbe
l'onore dei fasti consolari: due volte il di lui padre. _Arria
Fadilla_, sua madre, figliuola fu di _Arrio Antonino_, stato anch'esso
console, ed uno de' più illustri senatori d'allora. Tito Aurelio
suddetto si vede poi nominato _Arrio Antonino_ con indizio, che
l'avolo materno l'avesse adottato per figliuolo; e certamente fu erede
del ricco di lui patrimonio. Nacque egli nell'anno 89 della nostra Era
nella villa di Lanuvio. Nell'anno 120 dal suo merito fu portato al
consolato, imperciocchè si univano in lui la bella presenza, un
ingegno penetrante, ma insieme placido e sodo, molta letteratura,
maggiore eloquenza, e sopra tutto una rara saviezza, sobrietà ed
amorevolezza. Era liberale in donare il suo, lontano dal volere quel
d'altri, il tutto sempre operando con misura e senza giattanza. Tale
in somma comparve agli occhi dei Romani nella vita privata, e molto
più divenuto imperadore, che i saggi l'assomigliavano, e con ragione,
a Numa Pompilio. Da Adriano fu scelto per uno de' quattro consolari
che reggevano l'Italia. Proconsole dell'Asia fece un sì bel governo,
che ne riportò plauso da ognuno. Poscia ammesso nel consiglio di
Adriano, costumò in tutto ciò che era messo in consulta, di eleggere
la sentenza più mite. Stimarono alcuni, che l'avere Adriano veduto
Antonino entrar nel senato dando di braccio al d'_Annia Galeria
Faustina_ sua moglie, tanto si compiacesse di quell'atto, che per
questo il volle suo successore. Ma è ben più da credere che a tale
elezione si sentisse mosso Adriano dalla conoscenza e sperienza del
senno e delle tante virtù che concorrevano in esso Antonino.
Dappoichè egli ebbe riportate a Roma le ceneri di Adriano[976], trovò
il senato così irritato contro la memoria di Adriano per le crudeltà
sul principio e nell'ultimo di sua vita usate verso l'ordine
senatorio, che non solamente stava forte in negargli i creduti onori
divini, ma era in procinto di cassar ancora tutti i di lui atti e
decreti. Entrò in quella illustre assemblea il novello imperadore, che
per la sua adozione fu da lì innanzi nominato _Tito Elio Adriano
Antonino_, e colle lagrime agli occhi perorò in favore del defunto
padre così vivamente, che avrebbe potuto muovere ogni più duro cuore.
Vedendo tuttavia i senatori mal disposti a compiacerlo, venne
all'ultima batteria con dire, che dunque non volevano nè pur lui per
imperadore, giacchè se pensavano d'abolir tutti gli atti d'Adriano,
come di un principe cattivo e nemico, fra questi entrava anche la sua
adozione. A tali parole si piegò il senato, non tanto per riverenza ad
Antonino, quanto per timore de' soldati che erano per lui; decretando
che Adriano potesse aver luogo fra gli dii, benchè personaggio da lor
tenuto per sanguinario e crudele. Puntualmente pagò Antonino[977] di
sua propria borsa alle milizie il regalo promesso loro dal padre, e
diede al popolo un congiario fors'anche vivente lo stesso Adriano.
Restituì e condonò interamente alle città d'Italia l'oro coronario,
cioè la contribuzione o sia il donativo esibito per la sua adozione, e
ne rilasciò la metà alle provincie fuori d'Italia. Rientrato poi in sè
stesso il senato, e conoscendo che bel regalo avesse fatto Adriano con
dare alla repubblica romana un sì buono, un sì degno successore,
rivolse le sue applicazioni ad onorar Antonino, e a renderselo grato.
Gli diede il titolo di _Pio_, che comincia tosto a comparire nelle di
lui medaglie[978]. Crede il Tillemont[979], che questo nome
significasse _Buono_, e a lui fosse accordato per denotare la singolar
sua amorevolezza verso il padre, verso i parenti e la patria. Anche
gli antichi[980] ne cercarono il motivo; chi il credette appellato
così pel suo rispetto alla religione; altri perchè avea salvata la
vita a molti condannati all'ultimo supplicio da Adriano infermo e
furioso, ch'egli nascose, e dopo la di lui morte rimise in libertà: il
che par ben più credibile, che il dirsi da Dione ciò fatto, perchè sul
principio del suo governo molti furono accusati per varii reati, ed
egli non volle che alcun fosse gastigato. Il lasciare impuniti certi
delitti, che turbano la pubblica quiete, non suol essere molto
glorioso ne' principi, ed è nocivo al pubblico. Per altro la clemenza
è una bella gemma della lor corona, e per questo crede Eutropio
ch'egli meritasse il titolo di Pio. Le medaglie ancora[981] battute in
quest'anno ci possono assicurare che fu onorato Antonino col bel nome
di _Padre della Patria_, pel qual fece un bel ringraziamento ai Padri.
Inoltre il senato fece alzar delle statue ai genitori, all'avolo
paterno e materno e ai fratelli già defunti del medesimo Antonino. Non
ebbe discaro esso Augusto che il senato desse anche ad _Annia Galeria
Faustina_ sua moglie il titolo di Augusta; accettò ancora i giuochi
circensi decretati dallo stesso senato per solennizzare il di lui
giorno natalizio, che correva nel dì 19 di settembre; ma rifiutò ogni
altra pubblica dimostrazione. Da lì a qualche anno determinò il
medesimo senato, che i mesi di settembre e di ottobre in onor suo e di
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