Amelia Calani ed altri scritti - 14

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SERMIDE

Padri, madri, spose, figli, sacerdoti, campagnuoli, cittadini, ricchi e
poveri, uditemi tutti; io vi parlo la voce della patria, — la voce di
Dio.
Voi lo sapete, Sermide, terra confinante col Modanese fu presa e arsa;
vi si commisero stragi e stupri tali da fare inorridire la faccia
mansueta di Cristo. La mezza luna di Maometto non apparve mai tanto
insanguinata quanto gli artigli del giovane duca di Modena. Dal frutto
riconosco l'albero. I Turchi adesso si fanno pietosi udendo le immanità
dei Cristiani esercitate sopra teste battezzate.
A Peschiera venne ucciso un ulano; o sacerdoti, sapete voi che cosa gli
fu trovato nel sacco? Una pianeta, e _una pisside_.
A Cremona non si contentano mettere il popolo nello strettojo e
spremergli moneta; ma strappano tutti gli uomini validi di 18 a 40 anni
da ogni cosa più caramente diletta, per mandarli dove? — A coltivare
forse i campi boemi o croati: essi bagneranno dei loro sudori una terra
che produrrà frutti per padroni spietati; la condizione nostra diventerà
peggiore degli iloti e degli ebrei sotto Faraone. — Le lamentazioni di
Geremia parranno suono troppo fievole per esprimere le nostre miserie. O
Dio, perchè hai rivolto altrove i tuoi giusti occhi?
O piuttosto gli mescoleranno nelle loro milizie, e li costringeranno con
mano parricida a trarre contro i loro parenti. Noi credevamo che simili
pensieri allignassero appena nella mente di Satana; spettava a noi
vedere che da Cristiani concepisconsi, e da Cristiani mandansi ad
esecuzione.
E i Tedeschi si dolgono se da noi si chiamano barbari! Certo, il nome di
barbari è troppo poco per loro. E questa arte iniqua non è nuova per
essi. Federigo svevo assediando anticamente Tortona appese prigioni alle
torri che moveva ai danni delle mura, onde gli assediati non vi
avventassero dardi e fiamme. Così i Tortonesi o dovevano lasciare che
illese le torri alle mura si accostassero, o combattendole correre
pericolo di mandare in brani le membra di fratelli, di patri e di figli.
Erravano mugghiando cotesti forti infelici per angoscia lungo i
ballatoj, ma la pietà della patria gli rese spietati contro il proprio
sangue... quello che facessero, — io non lo posso dire.
O lettori, il palpito del vostro cuore ve lo ha già detto abbastanza!...
Tali furono e tali si mantengono i Tedeschi, per cui dai nostri incliti
uomini cotesta loro crudeltà gelida e calcolata era detta _tedesca
rabbia_[19].
[19]
. . . . E ben delle Alpi schermo
Fece tra noi e la _tedesca rabbia_.
PETRARCA
O voi gente del popolo, o voi campagnuoli che vi reputate stranieri a
questi strazii e andate dicendo; «_che importa a noi?_» Io vi domando:
non preme il vostro sangue a voi? Voi dalla necessità siete incatenati
nella terra che vi vide nascere: i ricchi possono tramutarsi altrove.
Ora dunque considerate come la barbarica invasione deva premere
piuttosto a voi che a loro.
E dico: deve premere più a te, o popolo povero, che ai doviziosi, perchè
tu, o popolo, possiedi un tesoro solo, — quello dei tuoi affetti. —
Ma poveri e ricchi formano un popolo solo; tutti hanno occhi per
piangere, cuore per gemere, e mani per difendersi. Silenzio agl'infami
clamori! Stringiamoci a disperata difesa.
Adesso uditemi bene. I Piemontesi o male contando le proprie e le altrui
forze, o non soccorsi come fidavano, o abbandonati come non si
attendevano, o trattenendosi per impotenza, o come pure piuttosto per
cupidi consigli, hanno dovuto ritirarsi dall'Adige e dall'Oglio. Adesso
stanno a Lodi: dicesi che re Carlo Alberto voglia chiudersi in Milano,
e, prima che rendersi, seppellirsi sotto le sue rovine. Sangue italiano
è Carlo Alberto, e noi lo estimiamo capace di farlo. Se tale fu il suo
proponimento io gli presagisco due cose: che nè egli morrà, e che prima
volga il presente anno al suo termine la corona di Monza premerà le sue
chiome reali.
La Francia interverrà o no nelle cose d'Italia? Considerando la materia,
parrebbe avesse a moversi e tosto. La Francia è odiata in Europa. Di là
emana la luce che illumina il mondo e spaventa i tiranni. Di là lo
esempio e i conforti dello agitarsi inquieto dei popoli anche sotto la
verga: 34 milioni di uomini aborrenti da ogni dispotismo nello ombilico
della Europa la commovono sempre come donna soprappresa dai dolori del
parto; — e il portato è la libertà, che già maturo vuole e deve
prorompere anche a pericolo della operazione cesarea. Sbigottiti per
ora, i patroni dello assolutismo le appresteranno una cintura di
bajonette. Se la Francia ci lascia perire, dove andrà a cercare i suoi
ajuti? Forse tra i morti?
I morti hanno voce e braccia, ma non l'ode, nè le vede altri che Dio per
vendicarli di coloro che gli hanno traditi. Ed oltre questa ecci
un'altra ragione. Il popolo di Francia venne concitato a non
comportabili speranze: adesso con la forza si costringe a starsi
contento: ma la forza si consuma, e si assomiglia a un argine lungo di
fiume riottoso. Guai se in un punto solo l'argine s'indebolisce; le
acque allagano e annegano tutto il rimanente, comunque rimasto illeso!
Arte di Stato li consiglia a fare sì che egli sfochi le ardenti voglie
altrove, ad allontanarlo dai luoghi che ravvivano in lui memorie, dolori
e desio di vendetta, a convertire in gloriose le feroci passioni, —
insomma a mandarlo alla guerra. Conciossiachè in tutte le rivoluzioni si
sviluppi un soverchio di energia, il quale è forza o che prorompa in
guerra straniera, o scompigli internamente il paese. E questa per
avventura mi sembra la ragione per cui Austria inferma e cadente
comparisca come provveduta di sangue nuovo ai nostri danni. Forse se
l'Austria rimanevasi quieta mancava in lei la energia insolita che le
abbiamo veduto esercitare. Quando i politici non avevano anche pensato
alla fratellanza dei popoli dicevano: un popolo in rivoluzione sta più
presso a conquistare che ad essere conquistato. Adesso quest'altra
sentenza è vera: _i popoli insorti per la libertà hanno a soccorrere la
libertà degli altri popoli sotto pena di vedersela spenta in casa_. La
Francia di Luigi Filippo lo conobbe a prova.
Dunque per me credo che i Francesi scenderanno, e ne abbiamo notizie che
pajono sicure; ma se non venissero, commetterebbero errore insanabile. E
se Carlo Alberto accettasse mediazione prima che un tedesco non cessasse
di calcare la Italia, la sua stella tramonterebbe dietro un protocollo
per non rilevarsi più mai.
Ora i Tedeschi possono venire in due maniere tra noi, o grossi, o scarsi
di numero.
Non temo grossi perchè nel sospetto che i Piemontesi si riordinino, i
Francesi scendano, i Lombardi soccorrano, non vorranno distrarre grossa
mano di esercito dissipandola in presidii senza prò, e, non sicuri alle
spalle, non si potrebbero avventurare innanzi.
Potrebbero molto bene venire in poco numero a imporre taglie, a rapire
uomini e straziare il paese; a mo' di fiera azzannare una preda e
andarsene a divorarla a bello agio nella caverna. A questa _razzia_ da
beduini molto bene, pure che si faccia presto, possiamo riparare noi.
Facile è la difesa degli Appennini. Dodici mila uomini e venti pezzi
d'artiglieria bastano per respingere il doppio con molta agevolezza. La
guerra pei monti non si fa ordinata, e vi si adattano ottimamente
persone use a poca disciplina. Uniamoci per tanto al principe,
preghiamolo a darci un ministero di fiducia comune, e che talenti allo
universale; si abbandoni senza riguardo nelle braccia del popolo; di che
cosa teme egli? Getti via il sospetto che gli hanno insinuato nel cuore.
Noi non lo abbiamo mai confuso nelle colpe e negli errori dei suoi
ministri. Egli lo dovrebbe sapere. S'egli sta con noi, e noi con lui,
non possiamo essere vinti. La salute nostra è a questo patto. Uomini
impopolari, già più che mezzo logori nella pubblica opinione, se non
torranno affatto la fiducia nel principe, ne differiranno il
ristabilimento; — la quale cosa sarebbe nelle attuali necessità supremo
pericolo.


I MODERATI
Tu vedi, lettore, se i Moderati del 1848-49 sieno, ed in che
disformi ai Moderati del 1859-60.

Allora possiamo augurare bene della Libertà, quando almeno gli uomini
ardiscono aprire i labbri al vero; non protervo, non petulante, ma pure
dignitoso e schietto.
Noi non vediamo, e con dolore inestimabile il diciamo, che ai tempi
nostri si porga testimonianza alla verità. Alcuni piaggiando, una cosa
pensando ed un'altra manifestandone, si avvisano per virtù di arte
giungere al segno; altri si ravviluppano in cupissime ambagi, donde, non
che ad altri, a loro stessi non riuscirebbe poi ripescare il proprio
concetto.
Pessimo principio pei Popoli nuovi nel cammino della Libertà, che avendo
speranza rinvenire ingenua la forma ai concepiti istinti, consultano gli
scritti dei pubblicisti, e non vi trovando quello che cercavano,
smarrisconsi o sconfortati cadono nel dubbio, — il dubbio, verme
dell'anima!
Affermarono alcuni che le condizioni presenti mossero dai Monarchi;
questo è falso. — I Monarchi si valsero dei Popoli come leva a
rovesciare il temuto loro tiranno Napoleone. Non essi lo vinsero, ma la
Libertà che promisero ai Popoli; e poi li tradirono. La storia è lì per
provarlo a cui nega. I bisogni e i desiderii dei Popoli conoscevano
dunque di lunga mano i Principi; si erano eziandio obbligati a
soddisfarli, — leggete i proclami dei tempi. Come ai giuramenti
adempissero — leggetelo nei trattati di Vienna.
Immersi negli ozii deliziosi delle ville e dei palazzi sovente giunse a
sturbarli un suono lontano come di mare in burrasca, e domandarono ai
cortigiani: ch'è questo? I cortigiani risposero: Nulla; — è il rumore
del Popolo che piange....
Come le acque del diluvio crebbe il tesoro dell'odio del Popolo, e un
giorno venne fremente a battere alla soglia della Reggia, — Ch'è questo?
domandò il Re, e i Cortigiani: Sire, è il Popolo che minaccia. —
Minaccia? — Mandategli contro i miei fanti e i miei cavalieri,
stringetelo di catene, gittatelo nelle caverne, cacciatelo sotto terra a
scavare le mie miniere. — Sire, sotto i piedi del Popolo si vede una
massa informe di fango insanguinato, — cotesti sono i tuoi fanti e i
tuoi cavalieri. — Gittategli dunque i rilievi del mio festino reale, —
apritegli gli atrii e i giardini, — versategli vino, inebbriatelo.... —
Sire, il Popolo ha sete, ma non di vino; — il Popolo ha fame, ma non dei
tuoi rilievi.... — Or dunque che pretende egli? La mia corona forse?
Ebbene, a voi, ecco la mia corona, lanciatela fuori del balcone alla
furia del Popolo. — Sire, la tua corona non basta...!
Quando sotto la impressione del terrore si adempie in parte la
prepotente volontà altrui, — questo non si chiama concedere.
Il perdono del Papa non fu egli concessione? — Non fu concessione. I
Pontefici salendo al soglio costumano pubblicare indulto parziale o
generale dei colpevoli, ladri, grassatori, bestie feroci insomma. Come
se fosse soverchia la gioia che sentiva il popolo romano per
l'assunzione di un papa, scatenavano cotesto flagello, che in breve
faceva piangere; era acqua di dolore destinata a temperare il vino della
pazza esultanza. Mastai non perdonò, adempì dopo qualche esitanza un
dovere di cittadino e di cristiano. Se presso lui fosse stato delitto
amare la Patria, non avrebbe proseguito egli la tirannide di Gregorio?
La tirannide di Gregorio non poteva protrarsi più oltre: — dopo la
enciclica contro i cattolici, la Chiesa di Gregorio si era fatta con le
proprie mani uno sfregio sopra la faccia: — era caduta in ludibrio dei
popoli.
Per le mani del suo vicario Cristo un'altra volta con la corona di
spine, e lo scettro di canna, era stato esposto allo schiaffo delle
Genti.
Meglio per la Italia se non avessero concesso nulla: o non ci saremmo
levati a speranza, o ci saremmo levati più forti e più uniti. — Il
comune pericolo, le comuni ferite, i dolori comuni avrebbero accordato i
timidi e gli animosi: avrebbero chiuso il campo alla vanità, — _erba
parietaria che presto si appiglia, e presto copre le anime leggiere o
corrotte_.
Tutti quelli, che da tempo antico sono usi a militare sotto la insegna
della Libertà, conobbero la Meretrice che ne assumeva la larva: per essi
non hanno virtù le arti magiche di Alcina: conoscono tutti
gl'incantesimi e i veleni della tirannide.
Le tanto allora vantate ed oggi irrise Riforme potevano paragonarsi al
mutare della pelle che fanno le serpi in primavera: — la pelle muta, la
serpe rimane.
Il dispotismo rimaneva sempre in trono come un idolo mostruoso degli
antichi Messicani; le Riforme pareano gli anelli, i monili, le borchie,
con le quali cotesti barbari reputando aggraziare lo idolo lo rendevano
più deforme che mai.
Ma alle Riforme crederono tre maniere di gente, gl'ignoranti, i timidi e
gli ambiziosi: questi si divisero dalla nostra schiera, mutandosi in
barbacane del cadente edifizio.
Il popolo lo ricordi bene; giorno e notte se lo ripeta: _cotesti
Sicofanti gli ribadirono le catene che era vicino a spezzare_.
Essi infusero nuovo olio nella lampada della Tirannide prossima ad
estinguersi.
Quello che fu scritto è scritto, — quello che fu fatto è fatto: — non
giova negarlo. Del passato non è padrone nè anche Dio.
Il meglio per voi sta in questo, che oscuri e inetti prima di morire i
vostri nomi saranno dati in oblio. La storia aborre raccogliere
immondezze.
Voleste instituire una forza per adoperarla ai vostri fini; e non vi
riuscì concepire uno scopo, nè determinarlo con una forma qualunque; nè
le mani vi bastarono a stringere cotesta forza; — voi fabbricaste un
patibolo, e per non esserne vittime, consentiste a diventare carnefici.
Voi sorgeste come una nebbia per adombrare il Dispotismo, ma appena ne
riceveste i raggi diventaste quasi una aureola di gloria intorno al capo
della Tirannide.
Fu allora che ostentando amore di Patria incominciaste il turpe
soffocamento degli spiriti generosi che voi non conosceste mai, e
spargevate paure di sopravvegnenti Austriaci; — come se una servitù non
valesse l'altra: come se la servitù conoscesse specie, o famiglie
diverse. La servitù è una come una è la Libertà, — come la vita e la
morte, — come lo inferno e il paradiso.
E poi, campisanti eravamo, cimiterii con voi rimanevamo: — hanno essi
paura i morti del sentirsi calpestati?
E un ministro, che forma tuttodì le delizie vostre, vi assicurava che
gli Austriaci non vi avrebbero mosso guerra, e prometteva ancora
un'altra cosa, che dove la guerra si rompesse egli e i figli suoi
sarebbero volati contro il nemico.
Non importava che costoro volassero, bastava andassero di passo. I
Tedeschi ci hanno rotto la guerra, o noi l'abbiamo rotta a loro. Dov'è
il ministro dai vanti superbi, dove sono i suoi figli? La Toscana lo sa.
Ma questo poco importa. Quello che importa si è che i popoli avevano un
concetto certo. I governi anch'essi lo avevano certo. I _Sicofanti_, gli
svelti, gli eterni trecconi delle rivoluzioni si cacciarono in mezzo per
imbrogliare.
Questi si fanno chiamare _moderati_, fingendo temperare gl'impeti del
popolo e dei principi: in sostanza — libidinosi d'imperio senza
possederne la capacità, vani di fama che si sentono disperati acquistare
gentile, sopra tutto stretti dal bisogno o dalla cupidigia di possedere
dovizie, si cacciano in mezzo per convertire la cosa pubblica in bottega
di vanità o di pecunia. A loro poco, anzi nulla importa che vada in
fiamme il mondo, purchè riescano a raccogliere qualche tizzo per
riscaldarsi le mani intirizzite: — del cuore non parliamo, — essi non
hanno cuore. Qualunque governo prevalga si studieranno sempre rimanere a
galla; quando vi riuscissero considerateli come gavitelli che indicano i
luoghi, dove giacciono le àncore: essi sopra una bugiarda superficie di
Libertà ammoniscono che quivi sotto covano sempre e infamia, e viltà, e
menzogna, e servaggio.
Il popolo intendeva dovesse essere Italia unita così che formasse stato
solo sotto principe solo.
Questo non talentava a nessun principe; essi voleano rimanere come
stavano; e proclamarono confederazione.
I Moderati eccoli entrare fra mezzo, e inventare la parola Unione. Giani
dalla doppia faccia; ai popoli susurrano con una bocca dentro un
orecchio: — siamo intesi; tutti vogliamo la Unità, ma a poco per volta;
la Confederazione è un mezzo termine, una cosa transitoria per avviarci
alla Unità; — ai principi con l'altra bocca mormorano nell'orecchio: —
state fermi, egli è l'uragano dello Atlantico; ammainate le vele,
mettetevi in panna; nel suo passaggio vi romperà qualche albero, vi
strapperà il sartiame; col tempo e sartie e alberi voi rifarete più
belli.
Il popolo intendeva essere la Italia Indipendente, cosicchè non un solo
Tedesco rimanesse in Italia. I principi all'opposto per Indipendenza
tenevano essere liberi dallo aspetto, non già dal patrocinio imperante
dell'Austria. I Moderati si posero tra mezzo a immaginare la Guardia
Civica; e dire al popolo: «ecco, tu hai le armi, con queste difendi i
tuoi diritti e la tua patria;» e ai principi: «imponete a questa milizia
per capi uomini provati per lunga servitù, o uomini inetti e tristi,
falsi liberali, nostri amici, che noi vi garantiamo per capacissimi e
dispostissimi a sostenervi; vinceteli con qualche carezza; non fanno
mestieri le incantagioni di Circe per renderli vostri; già più che mezzo
tramutati essi sono... Istituitela per modo che al generoso faccia
imbarazzo il vano, o il tristo. I pochi prestanti stringete con la
organizzazione come dentro pastoie di ferro. Poi andate a casa della
Paura; è nostra amica anch'essa; v'insegneremo la strada; le scriveremo
commendatizie per voi perchè vi presti uno spauracchio terribile che non
ha forme e le assume tutte, vero Proteo della Paura; — ora ha sembianza
d'incendio, ora di saccheggio, ora di stupro, ora di sacrilegio, ora di
strage cittadina, — e dopo avere agghiacciato le anime di terrore,
irridendo va via a guisa di tristo fanciullo, che si diletta spaventare
per burla; — questo spauracchio ha nome ORDINE.»
Ahimè! madama Roland condotta al patibolo, inchinatasi davanti alla
statua della Libertà, esclamava: — O Libertà, quanti mai delitti vengono
commessi nel tuo nome santissimo! — A uguale ragione noi possiamo
gridare: O Ordine, quante infamie, quante turpitudini, quanta tirannide
si esercitano con lo spauracchio del tuo nome!
L'ordine sovente salva la Libertà, più sovente assai la perde. E qui tra
noi — fin qui — parve la camicia insanguinata di Cesare scossa da Marco
Antonio davanti agli occhi del popolo romano, onde perpetuargli la
servitù.
Così noi abbiamo armi, ma non per la Libertà; — abbiamo armi, ma non per
la Indipendenza.
E non le potevamo avere.
Perchè il principio che anima, o a meglio dire una volta animò i popoli,
discorda dal principio del governo.
Pei popoli la guerra doveva assumere indole nazionale e di offesa.
Pei governi di provinciale e di difesa.
I popoli sentono, o, a meglio dire, sentivano la necessità del
combattere la guerra comune, se comuni poi hanno da essere i benefizi e
i destini.
I governi concepirono la mancanza di tornaconto in guerra tale, ove
nulla guadagnano, molto scapitano. Il re di Napoli, come quello che
guadagna meno e scapita più degli altri, stravolto dal turbine popolare,
ha finto cedere. — La sua azione può rassomigliarsi a quella di
Damosseno siracusano, il quale nella lotta con Creugante da Durazzo
finse tirarsi indietro, ma il fece per percoterlo proditoriamente nel
fianco, e penetrargli nel corpo onde straziarne le viscere[20].
[20] Pausania. _In Arcad._ Canova ha scolpito le statue
colossali di Creugante e Damosseno.
Il papa non potè smentire il severo intelletto di Machiavello che lasciò
scritto ai Posteri: i papi essere stati sempre la rovina d'Italia.
Meglio per Pio IX se non avesse mai mutato le orme dal sentiero dei suoi
predecessori. I popoli si sarebbero levati più tardi forse, ma più
animosi, e solo fidenti nel brando romano, non già nelle infule del
sacerdote. Roma ha da coprirsi il sacro capo dell'elmo, non già della
tiara; imbracciare lo scudo, — lo scudo risonante di guerra, non il
pastorale simbolo eterno di gregge, — e i popoli cessarono di essere
greggi. Oh! perchè mai, Pio IX, salisti tanto alto nello amore delle
genti, se ciò non doveva giovarti ad altro che a rendere più dolorosa la
tua caduta? O Stella mattutina, come sei presto sparita dai campi dei
cieli! Noi saremmo eternamente sconsolati, se al tuo venire meno non
subentrava la levata di un sole che non tramonterà più dallo emisfero
italiano, — il sole della Libertà. Invano il calcolo del mortale ti
fanno i tuoi consiglieri nascondere sotto il manto del sacerdote; i
preti re non trovano vantaggio in una guerra che non si combatte per
loro, ma forse per proprio danno, commecchè lontano. Se la veste
pontificale ha virtù di farti dimenticare i doveri di figlio, la pietà
di padre, l'amore di fratello, il furore di Patria; la veste che
indossasti, o Pio, potrebbe convertirsi in tappeto funerario del papato
temporale; — e gioverebbe che fosse così; dacchè vediamo con gli esempii
della storia che papi tristi riuscirono a bastanza prestanti re, i papi
eccellenti poi tristissimi re. Come potevano non mostrarsi vere le cose
sottilmente considerate da cotesti due fieri intelletti di Machiavello e
di Dante? Corrono già cinque secoli che questi cantava:
Dì oggimai, che la chiesa di Roma
Per confondere in sè due reggimenti
_Cade nel fango, e sè brutta e la soma_[21].
[21] Purg c. XVI.
Roma dei Papi per tradizione antica la Indipendenza non ama nè la
Libertà. E ve ne porgano testimonio Crescenzio, e Arnaldo, e Cola di
Renzo, i Franchi, i Bavari e i Tedeschi chiamati, e per lei non istette
se non venissero i Britanni, e barbari di ogni maniera. Alessandro per
un momento si legò co' popoli contro a Federigo, ma subito dopo renunziò
a cotesta lega come a cosa per lui snaturata. Ora via, italiani uomini,
_gentil sangue latino_, che cosa aspettate più? Dite pur franchi a
Samuele; _tu se' divenuto vecchio, — costituisci dunque sopra noi un re
che ci giudichi, come hanno tutte le altre nazioni_, e il Signore
ordinerà a Samuele: _acconsenti alla voce del popolo in tutto ciò
ch'egli ti dirà_[22].
[22] Samuele, c. 8, n. 5.
Di Toscana parlammo, e indarno. Come Timante dipinse Agamennone col velo
sopra gli occhi al sacrificio d'Ifigenia, ormai giova che tali ci
veliamo noi; principe abbiamo di animo mite ma appunto per la bontà sua,
per animo alieno a ingrandirsi, per la congiunzione alla casa che
dovrebbe combattere, pel nessuno vantaggio, anzi pel danno inestimabile
che risentirebbe a favorire uno stato, che amico lo rende vassallo,
nemico l'opprime, non deve desiderare la guerra. Chi lo circonda fa
quasi comparire sapienza la stupidezza di Claudio. Fra tanti tristi che
cosa può fare il solo principe nel punto in cui abbisognerebbe pel
maggiore scopo di uomini pronti e animosi? La discordanza del concetto
fra il governo e la Nazione basterebbe sola, quando non concorressero
come pur troppo concorrono altri semi pestiferi, a insinuare il languore
nelle imprese guerresche.
Vinceremo noi, o cadremo per non risorgere più mai? — Intendete, uomini
italiani, per non risorgere più mai! Le ossa degli antichi trapassati
fremono dolorose nelle secolari sepolture, e voi non vi commovete! Carlo
Alberto combatte solo. Noi non siamo amici di re, e meno di Carlo
Alberto, ma chi siete voi che in segreto lo coprite d'infamia, mentre in
palese, ginocchioni, a mani giunte come santo protettore lo supplicate?
Forza è però dirlo; senza lui, a questa ora il becco dell'Aquila
imperiale si pascerebbe delle nostre viscere.
L'Aquila di Savoia non si mostra Aquila generosa, — tutte le Aquile sono
_rapaci_.
Il re di Savoja procede gagliardo sopra la guerra, — perchè difende la
sua mercede; ella è troppo bella, perchè non si provi a tentare lo
estremo di sua forza per conservarla.
Della Libertà non favelliamo. Noi l'abbiamo velata di nero. Così avendo
mancato a noi stessi per colpa della maledetta stirpe dei codardi che
hanno nome di _Moderati_, vediamo: la _Unità_ della Italia allontanata,
la _Indipendenza_ in pericolo, le Libertà in procinto di tornare alla
beata sua sede, ch'è il cielo.

FINE
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