Alla finestra: Novelle - 18

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Ugo mi dice sempre: se ci fosse la _materia prima_, che buoni piattini
uscirebbero dalle tue mani! Ma quella che egli chiama la materia prima
non c'è.... Qualche volta, in confidenza, sui venticinque o ventisei
del mese, c'è alla mattina una preoccupazione nuova, curiosa, vale a
dire se ci sarà da pranzo. Vi confesso che questo dubbio produce un
effetto strano....
— Povera Margherita! — esclamò con voce flebile e con un gemito la
signora Gertrude.
Il dottore, sospendendo un momento la sua lettura, rivolse gli occhi
dalla parte ove si trovava il signor Massimiliano. Ma egli continuava
ad essere nascosto dietro la _Gazzetta_.
«A ogni modo si arriva al giorno dello stipendio. Un bello stipendio
in verità! Con quella gioia della trattenuta ci restano 75 lire e 45
centesimi al mese....
— Peggio per lei! — gridò il Nebioli facendo la voce grossa. — Perchè
ha lasciato la sua casa? perchè ha lasciato i suoi genitori?
«E con 75 lire e 45 centesimi al mese un pover'uomo deve insegnare
a sessanta bimbi, asini e cocciuti, provvisti di babbi più asini e
più cocciuti di loro. Il segretario comunale ha levato il saluto a
mio marito perchè non giudicò degno del premio suo figlio che in
un anno non aveva ancora imparato a scrivere _caro_ senza l'_h_.
E il sagrestano lo guarda in cagnesco perchè egli osò mettere in
burla il suo illustre rampollo, il quale un giorno in iscuola disse
che il Tevere è la capitale d'Italia. C'è finalmente il barbiere,
che attribuisce la caduta del suo primogenito all'esame a _mene
consortesche_! Ho proprio paura che abbia ragione il brigadiere dei
carabinieri, un lombardo, che quando mi vede mi dice sempre: _Che la mi
creda, signora, l'è minga un paes per lee._
«Ho dovuto, volere o non volere, far la conoscenza delle _signore_ del
luogo. Ne conosco una ventina; dieci di esse non sanno leggere affatto;
dieci leggono soltanto lo stampato, quattro anche il manoscritto. Che
sappiano scrivere non ce ne sono che tre. Al mio arrivo s'è fatto un
gran mormorare perchè ero troppo _elegante_, e un giorno in chiesa,
mentre il curato predicava contro il lusso, tutti gli sguardi si sono
rivolti su me. Avevo ancora l'abito di _piquet_ violetto che mi hai
fatto fare nel settembre dell'anno passato.... Adesso, sta tranquilla,
mamma, che non pecco per eccesso di vanità. Ho venduto a un merciaiuolo
ambulante il vestito violetto, il mio spillone a mosaico, i miei
coralli.... ah i miei coralli m'è costato a venderli; me li avevi
regalati tu quando compivo diciott'anni; ma come si fa?... C'erano
spese indispensabili, urgenti.... Insomma sono ormai come le altre,
quantunque mi facciano l'onore di dirmi che ho qualchecosa che non
hanno le altre. Ho il _chic_, sentenziò la moglie del pretore che sa
due parole di francese.
«A proposito di francese, il babbo non mi rimprovererebbe più di aver
sempre libri francesi per le mani. Qui non vi sono libri in nessuna
lingua quando se ne levi qualche libro di devozione, e la cabala
del lotto. Al caffè ci sono due giornali, ma un terzo ne riceviamo
noi altri (è l'unico nostro lusso) e indovinate che giornale è? Il
_Rinnovamento_, a cui Ugo s'è fatto associare da un suo amico di costì
per compiacermi. Quando quel foglio arriva a questo romitorio dopo due
giorni di viaggio, mi par che capiti un amico a darmi novelle della mia
Venezia, de' miei parenti, e benedico a chi ha inventato i giornali.
Guardo lo stato civile, i matrimonii, le morti, guardo i pettegolezzi,
le feste da ballo, le baruffe, le serenate sul Canal Grande, e vivo
ancora nella mia piazza, nelle mie calli, nei miei campi, negli sfondi
misteriosi de' miei _rii_. E sento venirmi le lagrime agli occhi,
ma le asciugo presto, perchè i poveri, e ormai sono povera anch'io,
non hanno tempo da piangere, non hanno tempo da cullarsi in fantasie
malinconiche. Adesso poi....
«Ah sì, avevo il capriccio di darvela soltanto per poscritto la grande
novella, ma non posso indugiare di più e quasi quasi la penna scrive da
sè...
Il dottore Beverani fece una piccola pausa; la signora Gertrude lo
guardò con trepida ansietà e il signor Massimiliano tese gli orecchi.
«La grande novella è questa, che al 15 del passato mese di novembre,
alle 9 precise di sera, ho dato alla luce un bambino....»
Il Nebioli lasciò cader di mano la _Gazzetta_, sua moglie si alzò in
piedi e appoggiandosi alla spalliera della sedia del medico cercò di
leggere nel foglietto ch'egli teneva spiegato davanti; ma i suoi occhi
indeboliti e velati dal pianto non vedevano che una gran confusione
nella fitta e scapigliata calligrafia della figliuola.
— Un bambino! — esclamò il signor Massimiliano, — come mai?
— Probabilmente come le altre donne, — rispose ironicamente il dottore.
— Ma forse dirà ella stessa qualche cosa di più.
E riprese la frase interrotta.
«...... Un bambino il quale sebbene nato in sette mesi....»
— Quando s'è maritata la Margherita? — chiese il vecchio brontolone in
tuono aspro a sua moglie.
— Non lo sai? In maggio, — disse la signora Gertrude.
— Già, il mese.... ah stavo per dirla grossa. Maggio, giugno, luglio,
agosto, settembre, ottobre, novembre.... Per fare i sette mesi bisogna
metterci della gran buona volontà....
— Via, mettetecela, — disse il dottore. E continuò:
«..... Il quale sebbene nato in sette mesi è vispo e robusto e a cui ho
dato il nome di Massimiliano.»
Il signor Nebioli fece spalluccie in segno di indifferenza, ma nello
stesso tempo si soffiò due volte il naso rumorosamente, e alzatosi
dalla sedia si mise a passeggiare per la stanza.
— Massimiliano, — disse con accento commosso la signora Gertrude, — la
senti? Gli ha dato il tuo nome.
— Commedie! commedie!
— Dottore, interponga lei una buona parola, — soggiunse a mezza voce la
povera donna. Ma egli le accennò ch'era meglio finir la lettura.
«Voi non vi aspettavate di diventar nonni così presto, e giudicherete
strano che nelle altre due lettere scrittevi io non vi annunziassi
quello che si preparava. È giusto, ma non so perchè, io m'ero fitta
in capo di farvi un'improvvisata a cose compiute. Speravo davvero
che questa creaturina sarebbe stata un maschio (noi donne siamo
tanto sfortunate) e pensavo che forse anche il babbo, se avessi
potuto dirgli: ti è nato un nipotino, avrebbe spianato la sua fronte
severa. Per amore di lui, babbo, se non per amor mio, perocchè egli,
poveretto, colpe non ne ha. Le sue manine sono pure, i suoi occhi
sono innocenti come quelli degli altri bimbi; o perchè dunque troverà
egli, al suo entrare nel mondo, meno affetto, meno sorrisi, meno baci
ad accoglierlo? Se il vostro cuore dev'essermi chiuso per sempre, oh
non sia chiuso almeno per esso. Io gli insegnerò ad amarvi, le prime
preghiere che i suoi labbri di rosa alzeranno al Signore saranno per
voi; fate che io possa dirgli che voi pure gli volete bene, che voi
pure qualche volta, tra le pareti della casa ov'io nacqui, pronunciate
con dolcezza il suo nome e gli inviate un saluto per mezzo degli
uccelli che volano, delle nubi che passano, e lo raccomandate al buon
Dio che protegge i bambini.
— Oh dottore, dottore, non ne posso più, — esclamò la signora Gertrude
rompendo in un pianto dirotto.
— Già le donne non sanno altro che piangere, — urlò il Nebioli che
voleva mostrarsi impassibile. — Lascialo finire, per Dio.... Avanti,
avanti, Beverani... La mia signora figliuola ha la penna spedita come
la lingua.
E continuò a misurare in lungo ed in largo il salotto, guardando di
tratto in tratto la sua ombra sulla parete e dando segni frequenti di
essere molto infreddato.
Il dottore indirizzò una parola affettuosa alla signora Gertrude, indi
proseguì:
«Assicurano ch'egli mi somiglia; io non lo so, so che mi par tanto
bello. Potete immaginarvi che lo allatto io stessa; a trovare una balia
si dovrebbe girar mezza provincia, e poi dove ci sarebbero i quattrini
da pagarla? Già in questi paesi è sempre necessario applicare il
proverbio: _Chi si aiuta Dio l'aiuta_. Se la mamma fosse qui, gliene
racconterei di curiose circa al gran momento in cui il signorino è
nato. Figuratevi che di levatrici non ce ne sono, ma c'è almeno una
dozzina di femmine le quali in questi casi offrono i loro servigi e
assordano con le loro grida e coi loro consigli. E siccome non vanno
d'accordo fra loro, finiscono quasi sempre coll'attaccar briga e col
tirarsi per i capelli. Ugo ha dovuto usar la violenza per cacciarle di
camera; egli ha dovuto fare una _carica a fondo_ come quand'era soldato
di _Savoia cavalleria_. Quando fummo rimasti soli noi due, egli era
pallido, aveva la febbre addosso, e mi chiese: — Margherita, come si
fa? Quasi quasi richiamerei qualcheduna di quelle megere. — No, per
carità, — gli risposi — spicciamoci fra noi altri. — E stringevo la sua
mano nella mia mano, e lo guardavo, ed egli guardava me con occhi pieni
di lagrime, e diceva con un filo di voce: — Margherita! Margherita! —
Di fuori intanto origliavano all'uscio due o tre delle più ostinate
comari e gridavano ad Ugo: Signore, faccia così. — No, faccia in
quest'altra maniera. — Insomma, com'egli facesse lo ignoro, so che di
lì a poco ho provato una calma di paradiso e ho inteso un vagito che mi
disse: sei madre.
«Da quel momento (e passarono omai venticinque giorni) sono come
un'altra persona e capisco che tutto quel che si dice dell'amor materno
è al disotto del vero, o piuttosto non si può dirne nulla finchè non
si è madri. Faccio mille castelli in aria, mi sento più ricca e non
desidero ormai che due cose: di ricevere il vostro perdono e di vedere
Ugo meno sfiduciato. Egli ha perduto una gran parte del buon umore che
gli rendeva tollerabile la sua posizione, si affanna per l'avvenire
mio, per l'avvenire del nostro Massimiliano e rimane qualche volta col
bimbo in collo senza proferir parola. Ah! sento i suoi passi. Credevo
di finir questa lettera oggi, ma la finirò domani.
. . . . . . .
«Ripiglio la penna ancora tutta sbalordita da una risoluzione che
abbiamo presa con Ugo,... È una risoluzione assai grave, ma Ugo dice:
a mali estremi, estremi rimedi.
«Ieri egli era più mesto del consueto. Andò alla cuna del bimbo che
dormiva e si chinò a baciarlo poi mi fissò gli occhi in viso due,
tre volte, come se volesse parlare e gliene mancasse il coraggio. —
Ugo, gli diss'io in tuono di rimprovero, avresti segreti per me? —
Ascoltami, egli rispose, e mi passò il braccio intorno al collo: qui
non ci posso più vivere, mi ci logoro la salute e l'ingegno, e del
resto m'è insidiato anche lo scarso pane che guadagno. Il segretario
comunale e alcuni consiglieri sono miei nemici e cospirano per
togliermi il posto e mettere in vece mia una loro creatura che non avrà
il torto massimo di essere forestiero. La mia dignità mi costringe
a dar le mie dimissioni. — E tu dàlle — io proruppi. Egli sorrise
tristamente. — E poi? — E poi, replicai, si cerca un altro nido. —
Senti amor mio, egli ripigliò, se per qualche mese, se per qualche
tempo io dovessi girare il mondo in traccia di fortuna, credi tu che i
tuoi genitori darebbero asilo a te e a nostro figlio?»
— Sì, sì, — esclamò la signora Gertrude fra i singhiozzi.
— Che ne sai tu? — interruppe suo marito con la usata ruvidezza. — Sono
io che devo decidere.... Vuoi scommettere intanto che quel Lucifero
della nostra figliuola non si degnerebbe d'entrare in casa senza
il suo illustre consorte?.... Oh! ma del resto è successo ciò ch'io
prevedeva.... è successo appuntino... doveva finire così.... Quando si
sposa un disperato, un....
— Volete lasciarmi continuare? — disse il dottore. — Siamo ormai alle
ultime pagine!
«Io debbo essere diventata assai pallida perchè Ugo si affrettò a farmi
sedere e mi supplicò che mi calmassi. Ma io m'ero aggrappata alla sua
persona e gli gridavo con voce affannosa che non avrei consentito a
staccarmi da lui nè per un giorno, nè per un'ora, nè per un minuto,
che dovunque egli andasse sarei andata anch'io, che il godere gli agi
della casa paterna mi sarebbe parso un delitto, lui lontano, povero,
ramingo, che perfino la gioia del vostro perdono mi sarebbe stata tolta
non avendolo al fianco.
— Ero sicuro che avrebbe risposto così, — disse il signor Massimiliano.
— È nel suo carattere.
— Un bel carattere, confessatelo, — soggiunse il dottore senza staccar
gli occhi dalla lettera.
— Ma dunque, per carità, che cosa è succeduto? — chiese ansiosamente la
signora Gertrude.
— Or ora vedremo, — replicò il medico.
«La sua fisonomia — così proseguiva Margherita — si fece raggiante,
sparirono le nubi della sua fronte, sparirono dalle sue guance i
solchi che le assidue cure vi avevano scavato, egli tornò splendido di
bellezza e di gioventù come nel primo giorno in cui gli diedi il mio
cuore. — Me lo aspettavo, egli disse baciandomi. Tu dunque, fuor che
dell'essere divisa da me, non ti sgomenteresti di nulla? — Di nulla. —
Mi seguiresti anche fuori d'Italia.? — In capo al mondo. — Hai paura
del mare? — No. — Egli trasse allora di tasca una lettera scrittagli
da un suo buon amico di Genova al quale egli si era raccomandato per
un impiego. _Vuoi andare a Buenos Ayres? gli chiedeva l'amico, c'è
un posto presso una casa italiana. Diecimila franchi di stipendio e
alloggio e vitto per te e per la tua famiglia. Se accetti, preparati a
partire col vapore che salpa da qui, il 28 di questo mese._
— Vanno a Buenos Ayres! Vanno in America? — gridò disperatamente la
signora Gertrude. — Massimiliano, ciò non è possibile.... Massimiliano,
rispondi per carità.
Il signor Massimiliano aveva smesso di passeggiare e s'era avvicinato
al dottore. — Taci un momento, Gertrude, — egli disse a sua moglie, —
sentiamo il resto.
L'inflessione della sua voce era diversa del solito, egli che non
parlava mai che per imporre, pareva quasi voler pregare, sua moglie
afferrò una delle sue mani, e coprendola di baci e di lagrime tornò
alla carica: — Massimiliano, per carità, dimmi che non lascierai che la
tua unica figlia vada in quei paesi remoti....
Il naturale violento del Nebioli riprese il disopra. — Vuoi tacere, per
Dio? Vuoi lasciar finire questa disgraziata lettera?
La signora Gertrude aveva tanto l'abitudine di obbedire che non seppe
ribellarsi nemmen questa volta; ella fece silenzio, ma continuò a tener
stretta nelle sue la mano di suo marito.
«Ho pensato subito a voi, — lesse il dottore con accento commosso, — e
dissi ad Ugo: — E i miei genitori? — Non ti hanno essi chiusa la porta
della loro casa? egli replicò. — È vero. — Non hanno lasciato senza
risposta tutte le tue lettere? — È vero, pur troppo, è vero. Stetti
in forse ancora un istante; poi mi decisi. — Accetto e occupiamoci dei
preparativi della partenza. — Egli mi gettò le braccia al collo e....
— Ed egli è uno scellerato, — scoppiò come un fulmine il signor
Massimiliano svincolandosi da sua moglie e gettando a terra con gran
fracasso tutto ciò che gli capitava davanti. — Non gli basta di averci
rubata la figlia, vuol portarcela anche di là dai mari, vuol farla
morire di fatiche, di stenti.... Un mese dopo il parto, con un bambino
da latte, le fa imprendere un viaggio a cui non reggono talvolta
nemmeno i più vigorosi. E non c'è galera per questi delitti, e non c'è
forca.... Ma voi, Beverani, voi lo compatirete, voi lo difenderete, non
è vero? Non si può saperla la vostra opinione?
— La mia opinione, — rispose il medico, — è di leggere la mezza
paginetta che manca a compiere la lettera; poi vi dirò quel che farei
nel caso vostro.
— Oh ci saranno le frasi d'uso.... Quelle tenerezze ridicole a cui
corrisponde sì bene l'effetto.... Morale moderna!
«Egli mi gettò le braccia al collo, — riprese il Beverani rileggendo
la frase già letta, — e mi susurrò con un bacio: tu sei un angelo. —
No, diss'io, sono una donna che ti ama. Una cosa però è forza che tu mi
conceda. Anticipiamo di ventiquattr'ore la nostra partenza e passiamo
un giorno a Venezia. Prima di abbandonar l'Europa per non tornarvi
forse mai più è necessario che io tenti almeno di vedere un'ultima
volta i miei genitori. Egli mi ribaciò e accondiscese al mio desiderio.
Abbiamo fatto tutti i nostri conti. Oggi è il 19, sabato. Noi partiremo
di qui lunedì e saremo a Venezia mercoledì alle cinque pomeridiane.
— Posdomani? — esclamarono a una voce il signor Massimiliano e la
signora Gertrude.
— Mercoledì abbraccierò la mia padroncina — gridò battendo festosamente
le mani, la cameriera che s'era introdotta pian piano nel salotto.
Il signor Massimiliano si voltò per sgridarla ma non seppe aprir bocca.
— Non ci sono ormai che due sole righe, — osservò il dottore. E lesse:
«Ci faremo condurre a un albergo, poi verremo da voi, e io non suppongo
neppure che non vogliate riceverci, e vi mando in anticipazione mille
baci. Ah! la mia lettera è un gran pasticcio, ma non ho più tempo di
rifarla perchè ho da attendere ai miei bauli. Addio, addio, anche da
parte di Ugo.... Il mio bimbo si sveglia e mi chiama con vagito....
Forse vuol mandarvi a salutare anche lui.
«MARGHERITA.»
— Dunque Margherita sarà qui posdomani... farà il Natale con noi, —
disse la signora Gertrude che di tutta la lettera non ricordava ormai
che questa notizia e quasi non credeva a sè stessa.
— E viene anche _lui_? E bisognerà accogliere anche lui? — soggiunse
come parlando fra sè il signor Massimiliano. — Quel cane che vuol
portarla a Buenos Ayres!...
— Che Buenos Ayres? — interruppe il dottore alzandosi in piedi. —
Sapete che vi ho da dire?... Che l'alloggio di vostra figlia e di
vostro genero dev'essere la vostra casa e non un albergo, che quando
essi sian qui non dovete più lasciarli andar via, che la parte del
tiranno l'avete fatta anche troppo a lungo, e che la vostra Margherita
l'avete castigata anche troppo.
— Dovevo anzi premiarla?
— La si è maritata a suo modo, e ha fatto male, non c'è dubbio, ma in
fin dei conti le ragazze si sposan per loro e non per uso dei genitori
e la Margherita trovò almeno un galantuomo....
— Non mi fate dire spropositi, Beverani. Un galantuomo che seduce una
fanciulla....
— E la sposa.
— Sì, contando sul perdono del padre babbeo.
— Ci contava tanto poco che stava per andare in America.
— Baie! Non credo più al viaggio in America
— Non ci credete? Allora vi dirò che vostra figlia mi scrive
supplicandomi di prestare a suo marito 1000 lire che gli mancano a
pagare i posti sul vapore.
— E voi li presterete?
— Sicuro, a meno che voi non vi decidiate a farla finita, dando a
vostra figlia la dote che le avevate destinata e lasciandola vivere
agiatamente con lo sposo ch'ella si è scelto.
— O corpo.... E come avviene che tutto questo zelo vi capita da un
momento all'altro?
— Mio Dio, perchè trovavo giusto in passato che la condotta di
Margherita avesse la sua punizione, e trovo adesso che quella giovine
ha espiato largamente i suoi falli.
— Già, voi avete la sapienza di Salomone, — brontolò il signor
Massimiliano.
La signora Gertrude era esterrefatta. Ella non aveva mai inteso alcuno
a parlare con tanta libertà a suo marito e non sapeva intendere
com'egli, malgrado tutto il rispetto pel dottore Beverani, non
prorompesse in una di quelle sfuriate che le facevano venir la pelle
d'oca.
Ma la cameriera Marina la confortava dicendole, — Vedrà che cede....
Il padrone è così.... A esser conigli non ci si guadagna con lui.... E
poi, la padroncina è stata sempre il suo occhio destro.
Il signor Massimiliano fece ancora quattro giri per la stanza torcendo
fra le mani il fazzoletto; indi si piantò ritto ed immobile davanti
a sua moglie. — Invece di mandar acqua da tutte le parti come una
fontana, mi sembra che potreste almeno pensare a far allestire le
camere....
— Oh Massimiliano, — esclamò la povera signora, — tu dunque acconsenti?
— Io? Io! E lei, _madama_? In tutto il tempo dacchè nostra figlia è
partita s'è mai potuto sentir da lei un'opinione franca?... Lamenti,
piagnistei, sospiri e niente più di così....
— Ma mi lasciavi forse parlare?
— Via, via, non vi bisticciate, chè s'ha da stare allegri. Beninteso
che voglio guadagnarci qualche cosa anch'io. Per la vigilia di Natale
verrò a pranzo con voi altri, — disse il Beverani.
— Oh dottore, sia benedetto, venga, venga. Le si deve tutto, — replicò
la signora Gertrude prendendogli la mano.
— Come volontieri le darei un bacio! — soggiunse in un trasporto
d'entusiasmo la cameriera che adorava la sua padroncina.
— Troppo tardi, Marina, — rispose ridendo il dottore. — Bisognava
risolversi vent'anni fa quando ve l'ho domandato....
— Che cosa va a tirar fuori! — replicò la donna facendosi rossa.
— Non c'è punto da arrossire, perchè mi avete detto di no.... Ma voi
Massimiliano, non mi offrite niente?
— Scusate, ma non so raccapezzarmi.... Darei la testa nei muri....
Quella lettera, quelle vostre parole... insomma penso alla bella
figura che faccio io dopo tante proteste, dopo tante dichiarazioni di
fermezza.... Sia pure.... ci vuol pazienza.... Marina?
— Comandi.
— Va a pigliare una bottiglia di Cipro stravecchio.
— Oh questa è una risoluzione che mi piace. Non c'è quanto un
bicchierino di Cipro per far passare le ubbie. Posdomani poi a
quest'ora ne beveremo un altro con la Margherita....
— Margherita, Margherita, quanto mi hai fatto soffrire e quanto bene
ti voglio ancora! — disse il Nebioli. E si coprì il viso colle palme,
e scoppiò in un pianto dirotto, irrefrenabile. Non vi voleva di più per
far piangere nuovamente anche la signora Gertrude.
— Sta a vedere che finisco col fare il terzo — osservò il Beverani
passandosi la mano sugli occhi.
Per buona ventura entrò intanto la cameriera col Cipro. Aveva ella pure
una gran voglia di commuoversi, ma il Beverani la sollecitò a non far
bambinate e a sturare la bottiglia senza romperla. Quando il liquore fu
mesciuto, il medico vuotò il primo bicchierino gridando: — Alla salute
degli sposi e del bimbo!
Il signor Massimiliano si rasciugò in fretta le lagrime e bevette. Dopo
di lui la signora Gertrude e la Marina.
— Sia ringraziato il cielo! La pace è fatta! — concluse il dottore.
Era per andarsene quando sentì la mano del Nebioli nella sua.
— Sarà per la povera famiglia di cui ci avete discorso prima, —
disse il ruvido vecchio lasciando scivolar fra le dita del medico un
biglietto di banca di cinquanta lire. — E fate che preghino....
— Pei vostri peccati? — chiese il Beverani ch'era un po' scettico....
— No, ma perchè il Signore mi dia la forza di accogliere bene
_colui_.... mi capite.... Vi assicuro.... non so ancora persuadermi....
— Oh si persuaderà, — ripetè il dottore scendendo le scale.


LA PAGINA ETERNA
(MONOLOGO D'UN LETTERATO).

_Excelsior_ (era questo il nome di battaglia d'un giovine letterato)
aveva scritto quella sera la sospirata parola fine a' piedi dell'ultima
facciata di un nuovo romanzo. E s'era messo poi a svolgere con mano
convulsa i 475 foglietti del suo lavoro, ch'egli doveva trasmettere la
mattina seguente ad un editore. Egli correva con l'occhio su quelle
pagine che gli erano costate tanti mesi di fatiche e di veglie,
s'arrestava alquanto sui punti più drammatici, ripeteva ad alta voce
alcune frasi, e cercava d'indovinar l'effetto ch'esse produrrebbero
nell'animo dei lettori. Intanto passavano le ore, il petrolio si
abbassava nella lucerna, e quando _Excelsior_ fu giunto al termine
della sua revisione, erano già le due dopo mezzanotte. Egli alzò la
testa dalle sue carte, fece puntello delle palme al mento, e rimase
a lungo immobile, pensoso. A poco a poco una tristezza infinita gli
si dipinse sul viso; egli balzò dalla sedia e si mise a passeggiar
concitato su e giù per la stanza.
— E anche tu, — egli esclamò rivolgendo lo sguardo al manoscritto che
giaceva sulla scrivania, — anche tu farai la fine dei tuoi fratelli
maggiori. Uscirai nel mondo in mezzo a un mormorio lusinghiero;
sarai salutato da alcuni articoli benevoli inspirati probabilmente
dall'editore; mi procurerai la stretta di mano di qualche lettrice
gentile;... e poi.... e poi troverai una sepoltura onorata negli
scaffali delle biblioteche. Era dunque per questo ch'io ho tanto
meditato, tanto studiato, nudrito con sì grande amore il fuoco
sacro dell'ideale? Era per questo che ho assunto il pseudonimo di
_Excelsior_? Meno male che la mia anima è meno orgogliosa del mio nome
di guerra!
— C'è pur qualche cosa di tragico nel destino della maggior parte
dei libri che passano come ombre davanti agli occhi del pubblico, e
pare abbiano sul labbro il grido dei gladiatori romani: _Ave, Caesar,
morituri te salutant._ Morituri! Sì, questa è la parola. Morituri!
Ma non sono gladiatori, non lottano prima di morire. Che? Muojon di
lattime.
— Ah se quei topi che si chiaman bibliotecari fosser gente di spirito,
che salati epigrammi potrebbero fare di mano in mano che ricevono
e registrano queste primizie! Dovrebb'esserci per esse una rubrica
apposita, come c'è nello stato civile pei nati-morti. Che amara
ironia per un libro trovarsi lì con la sua legatura fresca, con le
sue carte ancora umide, col suo formato snello, elegante, col suo bel
frontespizio che porta una data recentissima, trovarsi lì accanto ai
volumi tarlati di qualche secolo addietro, e dover dire: io non ho
che un anno, non ho che un mese, un giorno, forse, e son già morto e
sepolto, mentre fra quei centenari ci son i giovani eterni, ci son gli
immortali!
— C'è dunque fra i libri questa razza d'immortali, ci son questi
privilegiati che traversano i secoli col fronte raggiante d'un'olimpica
luce, questi amici, questi confortatori di tutte le generazioni?
— Oh se ci sono!
_Excelsior_ diede un'occhiata alla sua biblioteca e non tardò a
distinguere, tra la folla degli altri, i venti o trenta volumi di cui
egli stesso svolgeva più frequentemente le pagine.
— E il segreto della vostra vitalità, — egli soggiunse riprendendo
il suo monologo, — me lo sapreste rivelare? Fra i libri che non si
leggono più da gran tempo non c'era nessuno che valesse quanto voi?
Non ce ne sarà nessuno tra i libri che si scrivono oggi e non si
leggeranno più di qui a un lustro? La fortuna, il caso c'entrerebbe
anche nella gloria? O la celebrità è proprio figlia del merito? E s'è
così, ond'è spirato il soffio che vi salva dalla putrefazione? Dalla
mente o dal cuore? Dall'affanno o dalla gioia? Dall'amore o dall'odio?
Dalla fede o dallo scetticismo? Dalla calma o della procella? Chi
può dirlo? C'è forse una legge che governi a un sol modo tutti gli
uomini, che faccia sbocciar nelle identiche condizioni il fiore del
loro ingegno? L'uno trovò nell'intelletto profondo ciò che l'altro
trovò nell'anima candida. Per l'uno furono fonte d'ispirazione i
dolori provati, gli oltraggi sofferti, il desiderio della vendetta,
lo sfregio dell'esiglio, il pungolo della fame; l'altro ha sentito
spuntar l'ali alla sua fantasia in mezzo a una quiete profonda, nel
santuario della casa, tra il cinguettìo allegro dei bimbi. L'uno si
sentiva più grande nella preghiera, l'altro nel dubbio. L'uno aveva
bisogno dell'austerità monastica e l'altro aveva bisogno della donna.
Ma la donna non significava per tutti la stessa cosa. Era Beatrice,
era Laura, ed era Fiammetta. Era la materia e lo spirito. Per molti la
donna voleva dire _le donne_. Goethe e Byron non avrebbero saputo che
fare dell'amore ideale che bastò alla musa del Petrarca. Attraverso
le più disparate vicende, obbedendo ai più dissimili criteri d'arte,
sconcertando i canoni di tutte le scuole, è nato il capolavoro, è nato
il libro immortale....
_Excelsior_ si fermò in mezzo della stanza con aria meditabonda,
tacque per un momento, e poi come colto da un pensiero improvviso,
soggiunse: — Il libro immortale! Non sarebbe più giusto di dire _la
pagina eterna_? Sì, qui è la chiave di tutto. L'immortalità dei libri è
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