Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 01

Total number of words is 4201
Total number of unique words is 1662
30.9 of words are in the 2000 most common words
44.9 of words are in the 5000 most common words
52.5 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.


LUIGI BARZINI

AL FRONTE
_(maggio-ottobre 1915)_

MILANO
FRATELLI TREVES, EDITORI
1915

=Terzo migliaio.=


PROPRIETÀ LETTERARIA.
_I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per
tutti i paesi, compresi la Svezia, la Norvegia e l'Olanda._
Copyright by Fratelli Treves, 1915.
Si riterrà contraffatto qualunque esemplare di quest'opera che
non porti il timbro a secco della Società Italiana degli Autori.
Milano — Tip. Treves.


PREFAZIONE.

Questo libro, che rispecchia gli aspetti della nostra guerra nei primi
quattro mesi del suo svolgimento, dagli ultimi giorni di maggio agli
ultimi giorni di settembre, è il frutto di varî periodi di residenza
al fronte. Ma è stato partecipando al viaggio dei corrispondenti
dei giornali nelle zone di operazione, viaggio durato quasi cinque
settimane, che l'autore ha potuto raccogliere la materia essenziale del
volume.
La pagina con la quale egli concludeva sul _Corriere della Sera_ i
resoconti di quella lunga gita e riassumeva il senso delle cose vedute,
viene ad essere anche una specie di commento del libro stesso, ne
compendia il significato e ne delinea il carattere. Essa ci appare come
la prefazione più naturale del lavoro, e la riproduciamo qui. Mettiamo
all'inizio quello che fu scritto alla fine. Del resto la prefazione è
sempre l'ultima cosa che si scrive di un libro. Essa è un epilogo che
si finge programma.
Nella loro visita al fronte i rappresentanti della stampa hanno cercato
di portare all'anima aspettante della Nazione una conoscenza diretta
e sentita, per quanto manchevole e sommaria, della lotta eroica che si
snoda per vette e per valli su quasi seicento chilometri, dai ghiacciai
del Cevedale e dell'Adamello al Golfo di Trieste.
Tutto quello che giornalisti di ogni regione e di ogni opinione
hanno scritto dai campi di battaglia, non può non avere dato al paese
argomenti infiniti di fierezza, di orgoglio, di conforto. Le cronache
frettolose e disordinate dei corrispondenti di guerra, sospinti
dall'incalzare del tempo, sono risultate come una documentazione
vissuta, umana, spesso palpitante e commossa, dell'entusiasmo guerriero
e lieto delle truppe e del loro valore indomabile che la sapienza e la
volontà del comando conduce.
Abbiamo visto come si combatte sull'eterno gelo delle più alte
montagne, come si issano cannoni fino all'inaccessibile, come si creano
per tutto nuove strade tagliate spesso nella viva roccia fino ai nevai,
come si distruggono fortezze nemiche, come si lanciano ponti sotto
al bombardamento, come si assaltano e si conquistano le posizioni più
formidabili, come si respingono e si sfanno gli attacchi del nemico,
abbiamo ammirato la cooperazione perfetta di tutte le armi, lo spirito
di sacrificio di tutti i corpi, la concatenazione serrata delle azioni,
la prontezza delle manovre, la vastità e la esattezza dei servizi.
Se da tutte queste visioni della guerra, che la stampa ha diffuso,
la Nazione ha tratto una conoscenza più profonda della sua forza, la
Nazione deve sentirsi più forte, deve cioè contemplare l'avvenire con
rinnovata e ferma fiducia.
I racconti dei giornalisti al campo hanno finito per costituire
una specie di riassunto della guerra. Quello che i corrispondenti
vedevano era così legato a quello che era successo, il passato della
guerra mostrava tracce così profonde, parlava così forte nel tumulto
del presente, che la cronaca diventava un po' storia, una storia
delle operazioni rintracciata sui luoghi, illustrata dai racconti
di combattenti stessi, commentata dall'azione in corso, fusa, dalla
continuità della lotta agli avvenimenti attuali e vissuti. Ebbene,
una cosa è apparsa subito evidente da queste narrazioni: ed è la
esattezza dei comunicati ufficiali. Le azioni appurate dalla indagine
giornalistica si identificavano una per una alle azioni enunciate nei
bollettini. Il lavoro dei corrispondenti ha finito per essere un ampio
commentario della parola laconica e calma del notiziario dello stato
maggiore.
Questa constatazione può sembrare superflua, se non presuntuosa. Il
Paese conosce quali uomini reggono il destino delle sue armi, e in
tale conoscenza riposa. Per noi, grazie a Dio, le virtù militari non
possono apparire disgiunte da virtù civili; siamo fatti all'antica, e
la fede nostra in un condottiero è fede nella sua parola; la lealtà è
nell'anima guerriera quello che la dirittura del taglio è nella spada.
Sentiamo la verità intera nella calma, laconica, semplice e chiara
dicitura dei bollettini. Anche per portare una nuova testimonianza,
raccolta dai corrispondenti di tutti i giornali d'Italia, sarebbe quasi
insolente insistere sulla fredda e precisa sincerità dei comunicati che
portano la firma di Cadorna.
Abbiamo voluto accennarvi solo perchè, tornando dalla fronte,
dove tutto è fede e tutto è forza, strane voci si odono sussurrare
nell'ombra, lontano da ogni fervore di lotta, lontano dai luoghi
dove si vede e dove si crede, da gente che alla Patria non dà che la
sua maldicenza. Arrivando di là si sente con indignante violenza la
stupidità velenosa della calunnia, spesso incosciente, che cerca di
annebbiare splendori dei quali, chi ha vissuto al campo, ha ancora
pieni gli occhi e l'anima. Vi sono persone, assai poche per fortuna,
che sembrano seriamente preoccupate dall'annunzio che tutto va bene, e
provano la necessità di dubitare e di comunicare intorno i loro dubbi.
Bisognerebbe affidare costoro alla giustizia dei soldati.
Bisognerebbe portare i colpevoli su quelle stesse posizioni che
erano oggetto della malevola diceria, e dire alle truppe: «Mentre
voi vi battevate e vincevate, queste persone, per le quali anche
versavate il vostro sangue, cercavano di derubarvi della riconoscenza
e dell'ammirazione della Patria, cercavano di indebolire la fiducia
e l'amore del Paese per voi, tentavano di isolarvi alle spalle, vi
insultavano, vi defraudavano del premio più ambito, facevano a voi un
male più grande di quello che il nemico possa mai farvi: ora sono nelle
vostre mani, giudicatele e punitele!»
Da quello che i corrispondenti al campo hanno visto, saputo e narrato,
è possibile trarre qualche conclusione, estrarre come un bilancio
sommario delle operazioni nei primi quattro mesi di guerra. Il nostro
esercito è stato fra i più attivi nel conflitto delle nazioni, ed
ha raggiunto alcuni risultati positivi che le condizioni difficili
del terreno e la studiata e intensa preparazione del nemico rendono
mirabili.
Di tutte le fronti della guerra europea, la nostra è senza paragone
la più aspra. Dei giornalisti francesi e inglesi che conoscevano
i campi di battaglia di Francia, di Russia e dei Dardanelli, il
corrispondente del _Bund_ di Berna, ufficiale nell'esercito svizzero
e perciò competente della guerra di montagna, gli _attachés_ militari
degli eserciti alleati, hanno tutti, senza riserve, espresso il
loro profondo stupore e la loro ammirazione avanti allo spettacolo
inaudito delle difficoltà che il nostro esercito ha superato e
supera. Eravamo all'inizio dominati e minacciati da ogni parte dalle
posizioni avversarie. La nostra avanzata è stata ovunque un'ascesa,
una scalata, un assalto a giogaie, a pendici, a declivî, a vette, e le
forme più moderne della guerra, abilmente applicate dal nemico, hanno
sovrapposto alle asperità prodigiose della terra barriere formidabili
di fortificazioni continue.
La tattica nuova, i mezzi che l'industria attuale fornisce alla
guerra, la possibilità di nascondere le fanterie nel cemento e
nell'acciaio e di proteggerle con reticolati senza fine, con mine
senza numero, con cordoni fulminanti, ha moltiplicato le forze di
resistenza delle difese. L'esempio più luminoso delle possibilità di
una difesa si è avuto nei primi mesi della guerra europea, quando l'ala
destra dell'esercito tedesco, fresca ancora, forte di ventiquattro
o venticinque corpi di armata, presa Anversa si gettò sulle facili
pianure fiamminghe, coperte da un'immensa rete di strade, cercando un
varco verso Calais, e non passò. Aveva contro di sè forze inferiori e
assai meno armate, ma chiuse in un cordone di trincee. La trincea fermò
definitivamente l'offensiva germanica.
Anche noi abbiamo urtato nella lotta di trincea, ma su ben altro
terreno, e non ci siamo fermati che dove intendevamo fermarci. Trincee
nella neve, trincee nelle rocce, trincee sulle spalle dei monti,
trincee sul bordo dei fiumi, trincee sui campi, trincee nei boschi,
e abbiamo assalito, conquistato, avanzando sempre. Nella fronte
dell'Isonzo, verso Plezzo e sulle pendici del Monte Nero, verso Tolmino
e sulle alture di Plava, verso Gorizia e sull'altipiano Carsico, la
nostra offensiva ha progredito espugnando opere ad ogni passo, ha
progredito lentamente ma sistematicamente, tenace, infaticabile,
ardente. Il nostro esercito dà prova di una energia costante,
magnifica, che ha finito per trovare un riconoscimento negli stessi
paesi nemici. È già una grande e indistruttibile vittoria.
Sono finite le ingiurie degli avversarî contro il soldato italiano;
i nostri assalti hanno spazzato anche il disdegno e il disprezzo che
il nemico sentiva o mostrava di sentire verso di noi. Si è dissipata
quella avvilente atmosfera di sfiducia e di disistima che ci soffocava,
che veniva un po' anche dai paesi amici, dove non ci si immaginava
così soldati, e che ci svalutava. All'inizio della guerra la folla in
Francia credeva che quattro corpi di armata francesi fossero venuti a
combattere in Italia, e approvava. Eravamo il popolo che ha bisogno di
aiuto. L'eroismo italiano cominciò ad essere ammesso dai bollettini
austriaci come una prova di ebbrezza alcoolica; dovevamo essere
ubbriachi per batterci così. Poi i bollettini hanno cambiato tono. Ora
ammettono il valore della nostra truppa. I corrispondenti della stampa
tedesca con l'esercito austriaco hanno dimenticato i «suonatori di
mandolino» e parlano gravemente dell'ardimento dei nostri, discutendo
su di noi con il rispetto che si ha per i forti. L'esercito ha dato
alla nostra Patria in mezzo alle nazioni in lotta una autorità e
una grandezza che non aveva mai avuto in mezzo alle nazioni in pace.
L'Italia ha conquistato una posizione morale inespugnabile.
Certo i progressi della nostra offensiva possono sembrare lenti a chi
non li considera in loro stessi e guarda sulla carta la distanza tra
il fronte attuale e gli obbiettivi finali della guerra. Ma un grande,
prezioso obbiettivo la guerra ha già raggiunto: quello di aver chiuso
la porta di casa nostra, della quale il nemico teneva disserrati i
battenti spingendo un piede sulla soglia. Non soltanto noi combattiamo
oltre le vecchie frontiere, non soltanto risparmiamo al suolo nazionale
gli orrori e i pesi della lotta, ma siamo arrivati ad insediarci
quasi per tutto su posizioni dalle quali possiamo contemplare con
tranquillità la prospettiva di una potente offensiva nemica. Non si
passa più facilmente. Un terribile incubo è finito.
Il Paese non sa fino a quale punto l'invasione austriaca fosse
preparata. Percorrendo la fronte, attraverso le terre conquistate,
si ha per tutto lo spettacolo degli apprestamenti austriaci contro di
noi, e si prova qualche cosa che somiglia a quelle paure postume che
assalgono chi si accorge di essere scampato da un pericolo mortale. Già
la vecchia frontiera per sè stessa dava al nemico gli sbocchi d'Italia,
formava un saliente ad ogni valle, scendeva quasi alle nostre pianure,
minacciava le nostre comunicazioni più vitali. Questi vantaggi naturali
non bastavano all'Austria, che voleva agire con la massima rapidità e
la massima sicurezza, senza pericoli di controffensive.
Ogni nazione ha il diritto di garantire la difesa dei suoi confini, ma
i lavori immensi che l'Austria aveva compiuto e stava compiendo, ai
quali nulla o ben poco si contrapponeva, costituiscono i preparativi
meticolosi di una aggressione destinata a schiacciarci. Non vi era
nemmeno una preoccupazione per la insolente evidenza degli scopi di
tanta attività militare, l'aggressione era discussa apertamente in
Austria, era patrocinata da Conrad e dall'Arciduca Ereditario, era
confessata, e si apprestava secondo un inesorabile programma. La
preparazione era per sè stessa una intimidazione. Noi non potevamo
parlarne in Parlamento e sui giornali senza passare per provocatori. Ci
sentivamo già vinti un poco dalla sola minaccia. Sembravamo occupati a
rassicurare continuamente il sopraffattore come la pecora rassicurava
il lupo. Deprimendo l'esercito, non proporzionando le spese militari,
chiudendo le orecchie al grido della italianità assassinata oltre la
frontiera, rassegnandoci, acquiescendo, dimostravamo la nostra volontà
di pace. E il nemico lavorava.
Erigeva fortezze su fortezze, sbarrava ogni valico, costruiva reti
sterminate di strade militari per unire le valli, per raggiungere
delle vette dove appostamenti di artiglieria pesanti, già preparati,
dominavano tutti i nostri vecchi forti. Ad ogni nodo di viabilità,
caserme nuove, ospedali, depositi di munizioni, di viveri, di carri,
di slitte, panifici elettrici capaci di nutrire intere divisioni. Si
era pensato persino all'acqua sulle strade della montagna, dove ogni
due o tre chilometri mormora una fonte per la beverata. Vasti campi
trincerati erano pronti. Nelle più selvagge vallate potrebbero ora
vivere, spostarsi e agire masse di armati. Persino sulle più alte
cime, sulle rocce nude, sulle distese candide dei ghiacciai, capanne,
ricoveri, rifugi alpini, alberghi, costruiti apparentemente per un
improvviso furore sportivo, si sono rivelati ora per posti di vedetta,
basi di avanguardie, caserme, tutto un sistema di edificî eretti
in posizioni strategiche, destinati a mantenere in ogni stagione il
dominio dell'alta montagna.
La Nazione ignorava la realtà nelle sue vere proporzioni, quella realtà
che angosciava le autorità militari, l'allarme delle quali non trovava
che una mediocre e saltuaria attenzione nell'ambiente politico. I piani
della difesa si fondavano sull'abbandono di vaste zone. La frontiera
era indifendibile nella sua integrità. Era fatalmente ammesso che
l'invasione entrasse. Ora la catena delle nostre posizioni ha anche un
grande valore di difesa. La guerra ci ha dato una tranquillità nuova.
Le zone più vulnerabili erano la sponda meridionale del Garda e la
pianura di Vicenza. Fra l'Idro e il Garda la frontiera si spingeva
per la valle Toscolana ad una sola giornata di marcia da una delle
nostre massime arterie di comunicazione, la ferrovia Milano-Venezia.
La possibilità di un colpo di mano austriaco contro il grande viadotto
di Desenzano è stata considerata e discussa durante la pace dallo
stato maggiore italiano. Si sono fatte persino delle esperienze;
reparti alpini hanno percorso di notte, a marcia forzata, la distanza
che separa la frontiera dal viadotto. Un colpo di mano sarebbe forse
stato di difficile esecuzione, ma la debolezza delle nostre posizioni
contro all'impeto insistente di una offensiva appariva in una terribile
evidenza. Adesso una offensiva troverebbe una solida barriera sulla
valle del Ledro e sulla valle Daona; lo sbocco della Giudicaria è
chiuso.
Arsiero era anche ad un giorno di marcia dalla frontiera, e Arsiero
è la soglia della piana vicentina. L'Austria aveva preparato
accuratamente il forzamento rapido di tutti i passi, dal Friuli al
Trentino, minacciava una irruzione irrefrenabile sullo Judrio, sul
Fella, sul Tagliamento, sul Piave, sul Brenta, sull'Adige, ma è sopra
tutto per le valli che fiancheggiano l'altipiano dei Sette Comuni che
il pericolo dell'invasione austriaca si affacciava più impellente,
perchè più vicino alla mèta. La frontiera metteva l'offensiva austriaca
in posizioni che, con dei confini meno iniqui, essa non avrebbe potuto
raggiungere se non dopo lunghe lotte accanite, fortunate e definitive.
Cioè, la frontiera, qui più che altrove, equivaleva per l'Austria ad
una guerra già quasi vinta. Parlando della Vallarsa e della Valsugana
le corrispondenze dalla fronte hanno descritto che cosa l'Austria
aveva saputo accumulare di opere militari lì intorno; erano nuclei
di forti moderni, centinaia di chilometri di nuove strade, ampie basi
di operazione. La famosa questione sul possesso della Cima Dodici era
legata a questo sistema di sfondamento.
La lunga lotta di grosse artiglierie sull'altipiano di Asiago, di
cui così spesso parlarono i bollettini ufficiali, la distruzione dei
forti di Luserna, di Busa Verle, di Spitz Verle, la presa del monte
Pasubio, dominante la Vallarsa e la Val Pòsina, la presa del Civaron,
dell'Armentera, del Salubio, in Valsugana, e l'azione attuale sugli
altipiani di Lavarone e di Folgaria, sono tutte fasi della nostra opera
ardita e incessante di consolidamento, di arginatura, di chiusura.
Le posizioni che ci minacciavano sono nelle nostre mani, con le loro
strade militari, le loro basi, i loro appostamenti. Siamo noi che
battiamo al di là e portiamo la minaccia su Rovereto e verso Trento.
Anche la questione di uno sfondamento delle nostre difese verso Arsiero
era di quelle che durante la pace angosciavano lo stato maggiore
italiano. Delle manovre parziali erano state più volte eseguite per
studiare la possibilità di impadronirsi rapidamente del Pasubio,
il cui possesso avrebbe solo potuto consolidare la difesa sopra un
importante settore. I resultati delle manovre erano scoraggianti.
Quella alta montagna, il cui declivio era italiano e la cui vetta era
austriaca, appariva inespugnabile. Ed è stata conquistata, e su di lei
è imperniata la nostra fortunata azione iniziale.
L'Austria non ha fatto in tempo a difendere efficacemente il Pasubio,
come non ha fatto in tempo a difendere l'Altissimo, e il Corada, e il
Quarino, e il Medea, e tanti altri monti e passi e selle e varchi, sui
quali si è insediata fulmineamente la nostra fronte, solidificandosi.
Non è stata sorpresa dalla guerra l'Austria, oh no!, ma è stata
sorpresa dalla rapidità del movimento.
Non si aspettava il balzo immediato in avanti, che ha portato subito
la guerra sulle sue seconde linee. Ha sbagliato i calcoli del tempo, ha
commesso un errore di quindici giorni — errore che poi le inondazioni e
le piene immobilizzandoci hanno in parte corretto. L'Austria si basava
sui dati da lei conosciuti della nostra organizzazione militare, per
concludere che la nostra mobilizzazione e la concentrazione del nostro
esercito necessitavano un mese di tempo. Questa almeno era l'opinione
più volte espressa dallo stato maggiore austriaco. Sapendo che la
mobilizzazione era già in corso col sistema delle chiamate personali,
l'Austria credè di essere nel giusto riducendo il tempo della metà.
Alla dichiarazione di guerra suppose che le operazioni attive sarebbero
cominciate verso il sette di giugno. A dire il vero, il calcolo
non era del tutto errato; senonchè noi ci muovemmo audacemente in
piena mobilizzazione, concentrando e completando i corpi in azione,
organizzando i servizi nella mutabilità di spostamenti impreveduti.
Così fu possibile strappare alla sorte vantaggi immediati che una lotta
eroica, ardente, aspra e ostinata è andata poi ampliando e rassodando,
in un progresso lento ma costante, contro gli ostacoli più formidabili
che siano stati mai superati in una guerra. E per la forza delle armi
l'Italia ha liberato le sue soglie invase e puntellato le sue opere
minacciate. Si respira.
Ma un esame dei risultati delle operazioni italiane sarebbe incompleto
se non si considerasse l'importanza che la nostra guerra ha avuto
ed ha nel conflitto internazionale, la somma che essa rappresenta
nell'attivo dell'Intesa. Non si misura l'entità del contributo dato
per il trionfo finale della nostra causa comune, la causa della Libertà
dei popoli, dalle distanze percorse ma dagli effetti e dalla intensità
dello sforzo. Se così non fosse, si dovrebbe concludere che la Francia
non ha fatto nulla, poichè il suo fronte è rimasto quasi immobile sul
territorio francese, e che la Russia perdendo terreno è diventata una
passività nella lotta. Anche l'immobilità assoluta potrebbe avere un
valore per conseguenze lontane, su altri fronti.
Quando ai primi di settembre la controffensiva russa ha strappato
settantamila prigionieri agli eserciti nemici e fermato momentaneamente
i loro progressi, il ministro della guerra russo, stringendo la
mano dell'_attaché_ militare italiano che si congratulava con lui,
gli avrebbe detto effusamente: «Grazie, grazie, il successo è anche
vostro!» Ed era realmente anche nostro. La vittoria delineandosi in
qualsiasi punto dell'immane conflitto porterebbe al raggiungimento
degli obbiettivi speciali di ogni singola lotta.
Quale influenza non ha avuto la nostra guerra nella salvezza
dell'esercito russo? Gli Imperi centrali avevano preparato contro la
fronte orientale una offensiva destinata a schiacciare la Russia, a
costringerla alla pace, ad eliminarla dal conflitto, per definire poi
la guerra rapidamente sulla fronte occidentale. Fin dal marzo scorso
a Bruxelles si udivano degli ufficiali dello stato maggiore tedesco
prevedere per il giugno la pace generale, la pace germanica. Erano
sicuri dell'annientamento degli eserciti dello Zar. Tutto era studiato,
tutto era previsto, il piano di azione gigantesco, apparentemente
irresistibile.
Non diciamo che il piano sarebbe riuscito, se, mentre esso era in
pieno sviluppo, l'Italia non fosse entrata in guerra, richiamando
imperiosamente forze ingenti dal centro e dall'ala destra degli
eserciti austro-tedeschi; ma non è temerario affermare di aver
contribuito a dissipare quella disfatta che ha sfiorato l'eroica
Russia, che è stata così vicina, così imminente, che è stata la nostra
angoscia per un mese, e che avrebbe forse portato con sè la catastrofe
del mondo latino e la schiavitù dell'Europa.
La Russia ha arginato l'avanzata nemica, resiste, contrattacca,
e si riorganizza. La Francia e l'Inghilterra hanno potuto passare
all'offensiva, conquistare le prime linee e attaccare le seconde
linee nemiche. Sarebbe possibile questo se vi fossero cinquecentomila
avversari in più sopra una fronte o sull'altra? Osservando i
confortanti risultati locali della nostra stupenda lotta, che s'impone
alla ammirazione del mondo, e che progredisce sempre, aspra ma sicura,
da successo a successo, non dimentichiamo dunque le influenze che essa
esercita sulle sorti del conflitto delle nazioni.
E non soltanto noi tratteniamo un esercito austriaco, ma lo battiamo. È
ben altro. C'è un logoramento che conta. Il nemico, per la sua tattica
e per la natura della guerra, perde enormemente più di noi. Sulle due
fronti di Francia e di Russia cadono in media trecentomila nemici al
mese. Lo spreco di uomini che i nostri avversarî fanno per arrivare
rapidamente ad un successo definitivo è inaudito. Pure a questa lotta
di usura la nostra guerra dà un largo contributo.
Un progresso costante verso la nostra mèta; una fronte inattaccabile;
un aiuto possente ai nostri alleati: ecco in riassunto la situazione
militare. Ma chi torna da una residenza al campo porta poi in sè
ben altro che questi freddi ragionamenti; porta nel cuore come una
sensazione di vittoria, sente una fede attinta alle gloriose visioni
della guerra, all'entusiasmo, all'ardore in mezzo ai quali ha vissuto.
Si ha quasi l'impressione di una certezza irragionata, naturale,
istintiva, come sotto allo splendore del sole estivo si è sicuri che le
messi maturano.
_Milano, 13 ottobre 1915._


AL FRONTE.


AL FRONTE.
_2 giugno 1915._

Ho vissuto i primi sei giorni della guerra sulla fronte friulana. Al
settimo giorno tutte le persone che non abitano permanentemente quelle
terre, giornalisti compresi, sono state invitate a ritirarsi. In questo
momento e nelle condizioni attuali la misura è giustificata.
L'opinione pubblica non interpreti l'allontanamento della stampa dai
campi di battaglia come un provvedimento di politica interna. Sento il
dovere di dirlo subito, altamente, onestamente: il popolo non si lasci
trascinare da quel fondo vago di diffidenza che è nel nostro carattere
per immaginare che il momentaneo esilio dei corrispondenti dalla guerra
abbia lo scopo di nascondere alla nazione dei possibili mali. Vi sono
molte cose da nascondere, è vero, ma al nemico. E per celarle a lui
bisogna celarle a tutti.
All'inizio delle ostilità ha persistito sulle zone di guerra la
libertà della pace, e prima che la circolazione in quelle regioni
venisse vietata, chiunque poteva recarvisi sotto un vago mandato di
giornalismo, o anche senza nessun mandato. Sono avvenuti incidenti
spiacevoli dovuti all'inesperienza e alla leggerezza di corrispondenti
di guerra improvvisati, giunti in folla dai più reconditi angoli di
provincia. Di fronte ai grandi benefici che la stampa può rendere in
un paese in guerra, dando all'anima nazionale un alimento di verità
illuminatrice, stanno i pericoli che possono scaturire da indiscrezioni
involontarie, inapparenti, celate talvolta in un innocente episodio.
Il servizio giornalistico sul campo di battaglia deve essere quindi
soggetto ad una disciplina, anche perchè la presenza non controllata
d'un numero illimitato di persone estranee all'esercito può generare
confusioni al movimento esatto della grande macchina militare. Ora,
i servizi di guerra sono organizzati nell'ordine della loro utilità;
conveniamo che lo Stato Maggiore ha, nel primo inizio della lotta,
delle cose più urgenti da fare. Il servizio della stampa verrà presto,
crediamo. Ma, per adesso, la proibizione assoluta doveva essere
logicamente una misura indispensabile.
Rientriamo dunque anche noi corrispondenti di guerra nella nazione
aspettante. Ma vi rientriamo con un ardore più grande di entusiasmo e
di confidenza che viene dalle cose vedute. Il Paese ha la fede: noi,
testimoni del magnifico principio, abbiamo la certezza. Sappiamo più di
ogni altro, forse, come la marcia alla vittoria sarà lenta, ponderata,
faticosa, dura, ma sappiamo pure che sarà irresistibile, sicura, e,
pensando all'avvenire, in fondo alle tormentose emozioni dell'attesa,
sentiamo come gonfiarsi in noi un palpito di gioia trionfale. Il
destino d'Italia è nelle mani dell'esercito come un ferro incandescente
nelle tenaglie del fabbro, e conosciamo quale forza vigorosa e sicura
lo forgia.
Perchè dunque, ridiscesi dalle posizioni irte d'armi italiane, ruggenti
di cannonate e festose d'entusiasmo, sentiamo qua e là nella folla un
soffio d'ansia? Nessuno meglio di chi arriva dalla guerra può conoscere
la falsità assoluta e ributtante di certe notizie che, giorno per
giorno, circolano misteriosamente, celandosi vergognose nel sussurrio
della calunnia.
Da dove vengono? C'è della gente che ha interesse a pungere così la
nostra sensibilità, per stancarci, per indebolirci. Essa sbaglia il
calcolo, e insistendo ci renderà il beneficio di guarirci di questa
eccessiva sensibilità che ci tortura. L'acciaio si tempra tuffandolo
caldo nell'acqua fredda. Scoprendo ogni giorno che il «si dice»
affannoso di ieri era un'ignobile bugia, che era un bagno freddo
offerto alla nostra anima ardente, ci tempereremo. Diventeremo saldi e
freddi come l'acciaio. Grazie, nemico.
Perchè c'è puzza di nemico nei «si dice».
Ricordiamoci che è un principio dell'ineffabile «Manuale di
Guerra» dello Stato Maggiore tedesco colpire le _risorse morali_
dell'avversario. La prima e più grande risorsa è la fiducia, la
compattezza, la serenità. La sicurezza nella vittoria è l'elemento
fondamentale della vittoria. E se v'è un popolo che deve sentirsi
sicuro del trionfo, questo popolo è il nostro. In guardia, italiani,
contro l'insidia della fandonia austriaca!
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 02
  • Parts
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 01
    Total number of words is 4201
    Total number of unique words is 1662
    30.9 of words are in the 2000 most common words
    44.9 of words are in the 5000 most common words
    52.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 02
    Total number of words is 4289
    Total number of unique words is 1772
    29.4 of words are in the 2000 most common words
    43.9 of words are in the 5000 most common words
    50.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 03
    Total number of words is 4329
    Total number of unique words is 1834
    29.0 of words are in the 2000 most common words
    43.2 of words are in the 5000 most common words
    51.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 04
    Total number of words is 4286
    Total number of unique words is 1733
    29.8 of words are in the 2000 most common words
    43.0 of words are in the 5000 most common words
    49.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 05
    Total number of words is 4432
    Total number of unique words is 1824
    30.8 of words are in the 2000 most common words
    45.7 of words are in the 5000 most common words
    53.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 06
    Total number of words is 4401
    Total number of unique words is 1626
    26.7 of words are in the 2000 most common words
    40.4 of words are in the 5000 most common words
    48.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 07
    Total number of words is 4329
    Total number of unique words is 1759
    30.4 of words are in the 2000 most common words
    44.6 of words are in the 5000 most common words
    52.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 08
    Total number of words is 4393
    Total number of unique words is 1711
    26.7 of words are in the 2000 most common words
    39.6 of words are in the 5000 most common words
    47.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 09
    Total number of words is 4433
    Total number of unique words is 1728
    27.3 of words are in the 2000 most common words
    40.6 of words are in the 5000 most common words
    47.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 10
    Total number of words is 4381
    Total number of unique words is 1741
    28.4 of words are in the 2000 most common words
    43.3 of words are in the 5000 most common words
    50.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 11
    Total number of words is 4439
    Total number of unique words is 1650
    28.1 of words are in the 2000 most common words
    41.1 of words are in the 5000 most common words
    49.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 12
    Total number of words is 4346
    Total number of unique words is 1744
    26.9 of words are in the 2000 most common words
    40.1 of words are in the 5000 most common words
    47.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 13
    Total number of words is 4354
    Total number of unique words is 1737
    28.2 of words are in the 2000 most common words
    42.3 of words are in the 5000 most common words
    49.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 14
    Total number of words is 4406
    Total number of unique words is 1752
    27.0 of words are in the 2000 most common words
    40.5 of words are in the 5000 most common words
    47.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 15
    Total number of words is 4314
    Total number of unique words is 1708
    27.6 of words are in the 2000 most common words
    41.6 of words are in the 5000 most common words
    49.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 16
    Total number of words is 4328
    Total number of unique words is 1628
    28.1 of words are in the 2000 most common words
    40.9 of words are in the 5000 most common words
    48.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 17
    Total number of words is 4400
    Total number of unique words is 1674
    29.1 of words are in the 2000 most common words
    43.6 of words are in the 5000 most common words
    51.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 18
    Total number of words is 4401
    Total number of unique words is 1657
    31.3 of words are in the 2000 most common words
    45.7 of words are in the 5000 most common words
    55.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 19
    Total number of words is 4384
    Total number of unique words is 1729
    28.5 of words are in the 2000 most common words
    41.9 of words are in the 5000 most common words
    50.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 20
    Total number of words is 4341
    Total number of unique words is 1660
    27.7 of words are in the 2000 most common words
    42.5 of words are in the 5000 most common words
    50.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Al fronte (maggio-ottobre 1915) - 21
    Total number of words is 3983
    Total number of unique words is 1568
    30.4 of words are in the 2000 most common words
    44.5 of words are in the 5000 most common words
    51.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.